La Tunisia due anni dopo: sfide e opportunità - MED&GULF EXECUTIVE BRIEFING Palazzo Clerici, 10 luglio 2013
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MED&GULF EXECUTIVE BRIEFING La Tunisia due anni dopo: sfide e opportunità Palazzo Clerici, 10 luglio 2013 Dossier a cura del Programma Mediterraneo dell’ISPI L’incontro è realizzato nell’ambito del progetto promosso da
INDICE POLITICA Quadro politico Il Partito Ennahda L’opposizione parlamentare ed extra-parlamentare ECONOMIA I rapporti con l’Unione europea Quadro macroeconomico Interscambio commerciale Investimenti esteri L’opportunità libica FOCUS BUSINESS Business in Tunisia Fare impresa in Tunisia Vendere in Tunisia I Tecnopoli
Quadro Politico A due anni e mezzo dalla Rivoluzione dei Gelsomini, la Tunisia sta attraversando una difficile transizione politica ed economica. Il governo di Ali Larayedh è succeduto in marzo a quello di Hamadi Jabali. Quest’ultimo aveva dato le dimissioni dopo le sommosse popolari seguite all’omicidio di Chokri Belaid, leader della sinistra laica assassinato lo scorso gennaio da alcuni estremisti religiosi. L’esecutivo è sostenuto dalla stessa coalizione del suo predecessore, composta dall’alleanza fra il Partito islamista moderato Ennahda – vincitore delle elezioni del 2011 – e due partiti laici: la formazione di centro-sinistra Ettakatol e il liberale Congresso per la Repubblica, il cui leader è Moncef Marzouki, l’attuale presidente della Repubblica. Larayedh, come Jabali, fa parte del partito Ennahda (“rinascita”), formazione islamista a lungo perseguitata durante la dittatura di Ben Ali. Poco dopo la cacciata di quest’ultimo, il leader storico Rachid Ghannouchi è Rachid Ghannouchi Rachid (REUTERS) Ghannouchi tornato trionfalmente dal suo esilio europeo e ha guidato il partito, ora legalizzato, alla vittoria elettorale dell’ottobre 2011 nella quale ha ottenuto 89 seggi su 217 dell’Assemblea Costituente. L’Assemblea funge anche da parlamento ad interim in attesa che venga ultimata la nuova Costituzione e che si tengano nuove elezioni legislative, che sono previste tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Il dibattito sulla costituzione è stato molto acceso, e su alcuni nodi fondamentali come la laicità dello stato e la libertà di espressione ci sono state forti polemiche tra l’ala islamista dell’Assemblea e quella più laica. L’opposizione è rimasta finora piuttosto frammentata e incapace di organizzare una efficace attività sull territorio simile a quella delle formazioni islamiste. Un nuovo partito, Nida Tunis, è però emerso alla fine del 2012. Raccoglie membri della sinistra e dell’area liberale, comprese alcune figure dell’era di Ben Ali. Il leader Beji Caid el-Sebsi, è stato presidente ad interim all’inizio del 2011, subito dopo la caduta dell’ex dittatore. Il problema principale per la stabilità è però rappresentato dall’economia: le nuove formazioni politiche non sono riuscite ad arginare la crisi che ha colpito il paese in seguito alla rivolta del 2011 e ciò sta contribuendo a esacerbare il malcontento popolare. Nei sondaggi disponibili tutti e tre i partiti della Ali Larayedh (REUTERS) coalizione governativa appaiono in crisi di consensi, mentre prendono forza Nida Tunis e i gruppi più estremisti dell’arco islamista. I primi ad approfittare del continuo deterioramento dell’economia sono intatti le organizzazioni salafite, le quali hanno messo in piedi reti di welfare informale nelle campagne e nelle zone periferiche delle grandi città, assicurandosi così un crescente supporto da parte delle classi sociali più povere. In questo modo i L'Assemblea Costituente gruppi salafiti – di cui il più radicato è Ansar al-Sharia – stanno crescendo in capacità di reclutamento e Ennahdha negli ultimi mesi si sono scontrati anche violentemente sia con i gruppi laici sia con gli attivisti di 29% Ettakol Ennahda. Recentemente il governo ha cominciato a vietare le manifestazioni di questi gruppi e ad aumentare le misure repressive nei loro confronti, alzando notevolmente il livello di scontro con questi 41% Congresso per la gruppi. Nel breve periodo l’azione dell’esecutivo sembra aver frenato sensibilmente le attività dei gruppi Repubblica radicali, ma la mancanza di miglioramenti in campo economico rischia nel lungo periodo rinforzarli Blocco 17% democratico nuovamente e di sfociare in una possibile deriva terroristica di queste organizzazioni. 7% 6% Altri
Il Partito Ennahda Il partito Ennahda viene fondato nel 1981 sulla scia della formazione di numerosi partiti di stampo islamista che ha caratterizzato gli anni successivi alla Rivoluzione iraniana. Inizialmente ispirato alla Fratellanza musulmana e a pensatori ad essa legati come Qutb e Maududi, il movimento si focalizza ben presto sulla realtà politica tunisina portando in secondo piano le aspirazioni pan-islamiche. Già nel 1984 Ennahda (che prima del 1989 si chiamava Movimento della tendenza islamica) è fatta bersaglio di una dura repressione. Il suo leader Rachid Ghannouchi viene messo agli arresti insieme a molti altri membri e tre anni dopo condannato a morte. Viene graziato dal “golpe bianco” di Ben Ali, che nel 1987 depone Habib Bourguiba (ormai mentalmente incapace), concedendo l’amnistia a numerosi prigionieri politici. Nel 1989 Ennahda assume il suo nome attuale e partecipa alle elezioni politiche dello stesso anno. Anche se non formalmente autorizzato a partecipare, i suoi membri si candidano come indipendenti H abib Bourghiba ottenendo un discreto successo. Le fonti governative parlano di una percentuale che va dal 10 al 17 percento, mentre le fonti interne a Ennahda parlano di un risultato ben maggiore, anche se impossibile da misurare con precisione vista la mancanza di una lista unica a cui fare riferimento. Due anni più tardi, nel 1991, il regime di Ben Ali dichiara il movimento fuorilegge arrestando migliaia di membri e costringendo all’esilio i leader, tra cui Ghannouchi. Quest’ultimo passerà i successivi 20 anni in Francia, dove più volte darà prova della moderazione del suo movimento attraverso ripetuti richiami contro la lotta armata. Dopo la repressione dei primi anni Novanta il partito sparisce quasi totalmente dalla scena politica tunisina. Molti dei suoi leader più carismatici si rifugiarono in esilio, mentre in patria ne restano altri più legati all’attività di organizzazione diretta sul territorio. È a questo periodo che viene fatta risalire la divisione che sta emergendo nel partito in questi due anni: da una parte, i leader tornati dall’esilio i quali hanno tendenzialmente una visione più ideologica e meno incline al compromesso, e dall’altra coloro che sono rimasti nel paese negli anni della clandestinità e che hanno intessuto legami con gli altri partiti di opposizione allora illegali, anche laici, sviluppando così un approccio più pragmatico e meno dogmatico. L’ex-premier Jabali, appartenente proprio a questo secondo gruppo, è stato costretto alle dimissioni dai “falchi” del partito dopo che aveva proposto la formazione di un governo di unità nazionale con le forze di opposizione. H amadi al-Jabali
L’opposizione parlamentare ed extra-parlamentare I principali sfidanti di Ennahda L’opposizione politica tunisina ha subito un'importante evoluzione dopo le elezioni dell’ottobre 2011 e il terremoto politico causato dall’assassinio dell’esponente della sinistra tunisina Chokri Belaid. Pur nell’ambito di uno scenario tuttora segnato dalla significativa influenza dell’asse governativo Ennahda – Congresso per la Repubblica – Ekkatol, l’opposizione di orientamento non islamista pare aver posto le basi per il superamento di quella frammentazione che aveva costituito una delle cause principali del successo di Ennahda nel 2011. Centrale, a tal proposito è stata la rapida ascesa di Nidaa Tunis, una piattaforma fondata nel giugno 2012 con l’obiettivo di riunire all’interno di una base programmatica di impronta progressista e secolare un ampio spettro di forze politiche appartenenti non solo al campo liberale, ma anche alla sinistra e alle ali più moderate (e meno compromesse col precedente regime) del Raggruppamento Costituzionale Democratico di Ben Ali. Nonostante la propria eterogeneità, il movimento ha trovato nell’ottantaseienne Beji Caid Essebsi – esponente politico di primo piano negli anni della presidenza Bourghiba, finito poi ai margini con l’ascesa di Ben Ali – una figura di riferimento in grado di trasformare in pochi mesi Nidaa Tunis in quello che viene considerato il principale avversario di Ennahda per le prossime elezioni. Tale ruolo è stato ulteriormente confermato nel gennaio 2013 dalla nascita dell’Unione per la Tunisia, un fronte composto da cinque partiti che, oltre a Nidaa Tunis, annovera al suo interno il progressista Hizb al-Joumhouri, il Partito Socialista, il Partito Patriotico Democratico del Lavoro e il movimento di sinistra al-Massar, e che sembra godere anche del sostegno dei principali gruppi sindacali del paese. Secondo recenti sondaggi (maggio 2013) B eji Caid Essebsi l’Unione potrebbe contare su indici di gradimento estremamente elevati, stimati addirittura attorno al 30-40%. Al di là della validità di tali dati, è evidente come il movimento costituisca uno degli attori più rilevanti dello spettro politico tunisino, che non si esaurisce però solamente in Ennhada e nell’Unione della Tunisia. Al di là dell’importanza di queste formazioni “centriste”, un ruolo determinante nel futuro assetto politico del paese potrebbe essere giocato dalle ali più estreme, tanto di “sinistra” (in particolare il Fronte Popolare), quanto di “destra” (con un ampia gamma di movimenti salafiti che hanno accettato di prendere parte alle elezioni), ognuna delle quali – secondo alcuni opinionisti – potrebbero contare sul sostegno del 10% della popolazione. L’opposizione extra-parlamentare Proprio in campo salafita si colloca quella che è considerata come una delle principali formazioni extra- parlamentari del paese: Ansar al-Sharia (AS). Fondato formalmente nel 2011, il movimento è riuscito nel giro di breve tempo a ottenere il sostegno di decine di migliaia di membri, grazie ad un network di servizi sociali fortemente sviluppato e a un’impostazione dottrinale in grado di attrarre segmenti comunque rilevanti della società. Pur non riconoscendo la legittimità della via parlamentare e palesando posizioni quantomeno ambigue in relazione alle modalità di implementazione del progetto di reislamizzazione del paese, l’organizzazione ha formalmente condannato l’uso della violenza e chiamato invece i propri aderenti a concentrarsi sulla predicazione (da’wa) e sul rispetto della legge coranica (shari’a). L’opacità dottrinale di Ansar al-Sharia e il suo rifiuto della violenza hanno spinto Ennahda ad evitare uno scontro diretto che avrebbe potuto comportare la rottura con le proprie ali più vicine al campo salafita. Tale posizione si è però rivelata insostenibile nel lungo periodo e ha portato alla nel maggio 2013, in seguito all’arresto del portavoce di AS, alla mancata autorizzazione del meeting annuale di AS e alla messa al bando dell’organizzazione a causa anche dei presunti legami con cellule jihadiste vicine alla galassia qaidista. M ilitanti di Ansar al--Sharia (Fonte: Reuters)
I rapporti con l’Unione europea I rapporti con l’Unione europea (Ue) sono da decenni il cardine della politica estera tunisina. In qualità di membro del Partneriato euro-mediterraneo la Tunisia è stato il primo partner della sponda sud del Mediterraneo, a firmare nel 1995 l’Accordo di Associazione con l’Unione europea, poi entrato in vigore nel 1998. Con l’entrata in vigore nel 2008 degli accordi di libero scambio per i prodotti industriali le relazioni tra Tunisi e l’Unione Europea hanno subito un’ulteriore accelerazione, sostenuta anche dalla messa a punto nel 2009 di meccanismi giuridici volti a risolvere dispute sorte in ambito commerciale. L’Ue è il primo partner commerciale della Tunisia. Nel 2012 l’interscambio è stato pari a oltre 20 miliardi di euro, con esportazioni tunisine pari a 9,5 miliardi di euro e importazioni per un valore di 11 miliardi di euro. Le principali esportazioni tunisine verso la Ue comprendono per il 66,4 % manufatti (principalmente abbigliamento e macchinari), prodotti energetici (16,2%) e chimici (3,9%). In seguito alle rivolte del 2011 l’Unione europea ha cercato di sostenere i tentativi di democratizzazione del governo provvisorio e ha seguito con estrema attenzione gli sviluppi e le sfide della transizione tunisina. In tale contesto, l’Unione ha incrementato notevolmente i finanziamenti nell’ambito dell’Enpi (lo strumento di partenariato e vicinato) per il biennio 2011-2013, per la Tunisia inizialmente fissati a 240 milioni di euro, portandoli a 400 milioni di euro. Buona parte dei fondi sono destinati al supporto delle riforme socio-politiche necessarie al successo della transizione tunisina. In particolare i 100 milioni di euro destinati allo SPRING Program sono mirati a promuovere riforme dei sistemi di governance e nella giustizia, mentre circa 80 milioni di euro sono destinati allo stimolo dell’economia e alla lotta contro le disparità sociali. L ’inviato s peciale dell’Unione europea per il Mediterraneo m eridionale Bernardino Leon
Dati: FMI Quadro macroeconomico L’instabilità politica e la debole ripresa europea potrebbero compromettere in parte la performance economica tunisina per il 2013 e, forse, anche per il 2014. La crescita dell’economia ha fatto registrare un timido +2,9% nel 2012 e dovrebbe superare di poco il 4% nel 2013, Il Fondo Monetario stima che per assistere ad una diminuzione significativa della disoccupazione il paese avrebbe bisogno di un tasso di crescita di vicino al 6% L’instabilità politica e la debolezza dell’esecutivo hanno provocato una complessiva mancanza di incisività negli interventi necessari per riavviare l’economia. Per evitare un aumento ulteriore del malcontento sociale, infatti, il governo ha rimandato più volte un serio programma di taglio per i sussidi, responsabili di gran parte del deficit di budget. Dati: FMI Vanno inoltre a rilento anche gli investimenti strutturali nelle aree più povere del sud e dell’interno, dove si registrano i livelli più alti di disoccupazione. A contenere l’aumento del deficit sono intervenute nuove entrate tributarie risultate dalla cancellazione dell’esenzione fiscale per molte grandi aziende private di proprietà di uomini d’affari vicini all’ex dittatore Ben Ali. Ciò ha permesso di contenere l’aumento del deficit che ha registrato un tasso del 2,7% del Pil nel 2012 e che non dovrebbe andare oltre il 6% nel 2013. Esso ha comunque causato un aumento del debito pubblico, finanziato sia sul mercato estero sia su quello interno, e che è arrivato a quasi il 50% del Pil. Nonostante le forti pressioni delle forze politiche per ridurre i tassi di interesse e aumentare la moneta disponibile, la Banca centrale tunisina è riuscita a resistere nella sua politica di tassi alti per evitare un eccessivo aumento dell’inflazione che nel 2012 è rimasta sul 6%. La stabilità della moneta e del budget statale sono anche garantiti dall’arrivo di aiuti finanziari esterni in primis dai paesi occidentali e soprattutto dal sostegno del Fondo monetario internazionale che all’inizio di giugno ha approvato un prestito per la Tunisia di Fonte: FMI 1,75 miliardi di dollari. Nel frattempo anche nel 2012 si è appesantito il deficit di partita corrente tunisino causato soprattutto dalla scarsa domanda europea – principale mercato dei prodotti tunisini – e dagli alti prezzi del greggio di cui la Tunisia importa gran parte del suo fabbisogno. Il miglioramento dell’andamento del settore turistico a partire da quest’anno dovrebbe però migliorare la bilancia dei servizi che, accompagnata dall’abbassamento dei prezzi del petrolio, dovrebbe portare a una diminuzione del deficit della partita corrente. In generale i fondamentali economici tunisini dovrebbero vedere un netto miglioramento con la ripresa dell’economia europea e la stabilizzazione del panorama politico interno dopo le elezioni di fine anno (o inizio 2014). Un altro importante fattore positivo potrebbe inoltre essere la forte ripresa economica libica, la quale potrebbe assorbire da quest’anno centinaia di migliaia di lavoratori tunisini alleviando così il pesante tasso di disoccupazione. Fonte: FMI
Provenienza dell'Import tunisino Interscambio commerciale 20,8% Francia Italia La Tunisia è un paese che a causa della sua industrializzazione in via di sviluppo e della 47,7% sua dipendenza dalle importazioni di idrocarburi è caratterizzato da un notevole deficit 17,5% Germania di bilancia commerciale, solo parzialmente compensato dal comparto dei servizi. Nel 7,7% Cina 2009-2010 tale deficit ha toccato il 10% del Pil ed è atteso un ulteriore peggioramento. Fonte: UNCTAD 6,3% Fonte: ICE Altri Le esportazioni (13 miliardi di euro – dati ICE) tunisine sono piuttosto diversificate. Fonte: UNCTAD Esse vanno dal settore agricolo – fra cui una nascente ma promettente industria agricola biologica – al settore manifatturiero, che grazie alla fortunata posizione geografica a poche ore di navigazione dalle coste europee e alla manodopera qualificata e a basso costo è caratterizzata da produzioni destinate primariamente all’esportazione. Fra queste spiccano i semilavorati destinati alle aziende europee, ma anche prodotti tessili e alimentari. A rendere particolarmente vantaggioso l’export dalla Tunisia all’Europa è l’accordo di libero scambio in vigore dal 2008 con l’UE che abbatte pressoché a zero i costi in entrata di numerose tipologie di merci tunisine sul mercato dell’Unione. Non sorprende che siano quindi i paesi europei i primi importatori dalla Tunisia, con Francia (24,7%) e Italia (15,1%) nelle prime due posizioni. Le importazioni tunisine (17,5 miliardi di euro) sono composte soprattutto da beni strumentali, semilavorati e beni di consumo. Le prime due categorie – soprattutto i beni semilavorati – riflettono la forte interconnessione fra l’industria tunisina all’interno delle filiere delle industrie straniere, e soprattutto europee. A questi si devono aggiungere le importazioni energetiche, non essendo il paese dotato di risorse proprie. Ancora una volta i principali paesi di provenienza delle merci dirette verso la Tunisia sono quelli europei, con Francia (20,8%) e Italia (17,5%) ai primi due posti.
Investimenti esteri La Tunisia ha cercato di incrementare nel primo decennio degli anni Duemila la propria capacità di attrarre investimenti diretti esteri (Ide) attraverso investimenti infrastrutturali, accordi internazionali e riforme legislative. Tali riforme hanno avuto il merito di portare il paese al 50° posto del Doing business index 2013 di Banca mondiale, di gran lunga il migliore posizionamento dei paesi nordafricani. Il numero delle aziende straniere o a capitale misto operanti nel paese è più che raddoppiato dal 1997 a oggi mentre il volume complessivo di Ide diretti verso la Tunisia è passato da circa 400 milioni di dinari tunisini (1€/1,984DNT – circa 200 milioni di euro) nel 1997 a oltre due miliardi e mezzo nel 2012 (più di un miliardo di euro). Questo aumento progressivo ha subito uno stop nel 2011 a seguito delle rivolte che hanno portato alla caduta dell’ex presidente tunisino Ben Ali. Se però da una parte durante i mesi successivi alla rivolta non si sono registrati nuovi afflussi di capitali, è necessario sottolineare che dall’altra non si è registrata neanche una fuga significativa degli investimenti già presenti. Molte aziende, al contrario, dopo aver chiuso momentaneamente hanno ripreso la produzione facendo addirittura registrare un aumento delle esportazioni nel 2011 rispetto al 2010. Nel 2012 in effetti il livello di investimenti del paese è tornato repentinamente ai livelli del 2010, superandoli addirittura per la fine dell’anno. Gli investimenti stranieri in Tunisia si concentrano soprattutto in attività destinate all’esportazione (76% del totale), visti i notevoli vantaggi comparati che il paese presenta. L’accordo di libero scambio tra la Tunisia e l’Ue permette infatti alle aziende operanti nel paese di esportare verso i paesi europei molti tipi di prodotti senza pagare dazi in entrata. La Tunisia è inoltre un’ottima base per le aziende che vogliono operare in Libia, grazie ai solidi legami economici esistenti tra i due paesi. Infine, oltre ad un costo del lavoro significativamente più economico rispetto all’Europa, la manodopera tunisina presenta uno dei livelli medi di formazione tecnica e universitaria più alti dell’Africa e del mondo arabo. Gli Ide negli anni Duemila si sono concentrati primariamente nel settore energetico e manifatturiero, nel turismo e nei servizi. L’Italia gioca un ruolo di primo piano, posizionandosi ai primi posti tra gli investitori in Tunisia (325,6 milioni di dinari, circa 150 milioni di euro), insieme al Regno Unito e alla Francia, ex potenza coloniale TABELLA: Investimenti diretti esteri per settore ( Fonte:Investintintunis.tn) Sectors 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Manufacturing 347,4 485,7 641,6 771,6 573,6 330,6 531,67 Energy 940.3 1,359.0 1,933.9 1,233.5 1,317.1 1,063,41 886,0 Tourism and 18,3 72,0 198,6 85,5 95,0 22,9 77,0 real estate Agriculture 14,1 7,7 20,1 16,9 2,8 2,3 4,6 Services and 3.082,8 146,4 604,5 171,2 176,5 196,7 1,004,8 others Total FDI 4.402,9 2.070,9 3.398,7 2.278,7 2.165 1.615,9 2.504.1
L’opportunità libica Libia e Tunisia condividono oltre 450 chilometri di confine, e specialmente dal punto di vista economico si possono considerare su molti fronti complementari. La Libia, paese enorme ma sottopopolato, gode infatti di ingenti risorse energetiche che ne determinano una ricchezza pro-capite di molto superiore agli altri paesi del Nord Africa (oltre 18.000 dollari nel 2010 contro 8.700 dollari della Tunisia e 5.600 dell’Egitto). Soffre però di una cronica mancanza di manodopera, per la quale ricorre da decenni ad immigrati da diverse zone sia dell’Africa sub-sahariana sia del Nord Africa. Prima dell’inizio del conflitto risiedevano in Libia circa 60.000 cittadini tunisini, i quali erano impiegati nei settori economici più disparati. Oltre alla manodopera, la Tunisia fornisce alla Libia anche notevoli quantità di prodotti alimentari che compensano la scarsa produzione agricola libica. Durante il conflitto del 2011 e la conseguente totale interruzione della produzione libica, la Tunisia ha triplicato le proprie forniture di prodotti alimentati verso il paese vicino, che hanno quasi totalmente compensato il crollo delle esportazioni negli altri settori. La Tunisia infatti fornisce alla Libia tradizionalmente anche prodotti industriali, quali materiale elettrico, meccanico e lubrificanti, oltre che beni di consumo quali prodotti in cuoio e scarpe. Dei cittadini tunisini residenti in Libia, molti sono occupati in settori come manodopera poco qualificata nelle costruzioni, mentre molti altri lavorano negli uffici delle numerose aziende tunisine Il confine tra Tunisia e Libia (stimate in circa 1200) che commerciano con la Libia. Molti vedono nella ricostruzione post-bellica libica una enorme opportunità per la Tunisia. Nonostante i persistenti problemi di stabilità, il nuovo esecutivo libico ha infatti dimostrato l’intenzione di usare la grande rendita petrolifera di cui gode il paese in modo molto più generoso Esportazioni tunisine in Libia nel periodo pre-conflitto divise per settori (in milioni di dinari tunisini) rispetto al regime precedente per investimenti interni. Ciò dovrebbe quindi andare ben oltre la ricostruzione e concentrarsi nello sviluppo di nuove infrastrutture e di settori a più alto contenuto Settori Dati relativi al 2010 tecnologico e di innovazione come le telecomunicazioni. Tali sviluppi si potrebbero rivelare un volano per la ripresa anche dell’economia tunisina, soprattutto dal punto di vista dell’occupazione. La Prodotti agricoli e alimentari 186,34 Banca africana per lo sviluppo stima infatti che il nuovo programma di investimenti libico potrebbe Cuoio e scarpe 53,06 arrivare ad occupare fino a mezzo milione di cittadini tunisini, anche in settori ad alto contenuto Lubrificanti e prodotti energetici 16,59 tecnologico, andando quindi anche ad alleggerire la pressione della disoccupazione fra i laureati della Tunisia. Al momento i maggiori ostacoli ad un tale scenario risiedono nella burocrazia necessaria per Industria meccanica ed elettrica 187,13 ottenere un visto di lavoro regolare in Libia. A causa di tali difficoltà, molti cittadini tunisini sono infatti impiegati nel settore informale, reso ulteriormente incontrollabile dalla porosità del lungo Prodotti misti 346,62 confine fra i due paesi. Inoltre, per le compagnie tunisine è molto difficile ottenere linee di credito Tessile e vestiario 10,1 finanziario da parte delle banche per progetti in territorio libico. Per un investitore straniero la Tunisia rappresenta quindi anche un ottimo luogo strategico nel quale Esportazioni totali tunisine verso 747,33 la Libia installare impianti di produzione rivolti non solo ai vicini mercati europei ma anche a quello libico, il quale, nonostante l’instabilità attuale, ha notevoli potenzialità di ampliamento.
Business in Tunisia I principali settori di esportazione dell’Italia verso la Tunisia (dati in La Tunisia presenta notevoli opportunità di business sia per coloro che desiderano vendere i propri 1000 di euro) prodotti nel paese sia per coloro che desiderano aprire una filiale o una intera società. Prodotti petroliferi raffinati 559.787 Pur essendo un paese relativamente piccolo (circa 10 milioni di abitanti) la Tunisia si è dimostrata un Tessuti 249.261 mercato in grado di generare un discreto giro d’affari per le aziende italiane attestatosi a più di 3 Metalli di base 240.882 miliardi di euro nel 2012 (dati ICE). L’Italia si posiziona seconda alle spalle della Francia occupando oltre il 17% del mercato. La prima voce dell’export italiano verso la Tunisia è costituita dai prodotti Macchine per impieghi speciali 144.816 energetici raffinati, mentre alle prime posizioni si attestano i tessuti, i metalli di base, le macchine per Motori, generatori 128.394 impieghi speciali e i motori. Da sottolineare come l’Italia sia tradizionalmente un fornitore di beni intermedi per l’industria tunisina, settore che negli ultimi anni vede però una competizione crescente Cuoio conciato o lavorato 127.287 da parte di alcune potenze industriali asiatiche come la Cina e la Corea del Sud. Notevole è anche l’attività delle imprese italiane che scelgono di aprire una filiale o una sussidiaria nel Fonte: ICE paese. Anche in questo caso la presenza italiana si posiziona seconda alle spalle di quella francese, con 747 aziende operanti in territorio tunisino. Grazie alla posizione strategica e un buon sistema infrastrutturale di trasporto, la Tunisia risulta una piattaforma ideale per l’esportazione sia verso l’Unione europea (con la quale sono in vigore alcuni trattati molto favorevoli agli scambi commerciali – Vedi scheda rapporti con l’Unione europea), sia verso altri mercati del Nord Africa. Gli imprenditori che desiderino aprire un’attività in Tunisia possono usufruire di una legislazione sugli investimenti riformata più volte durante il decennio Duemila e che offre notevoli vantaggi all’imprenditore estero tra i quali alcuni importanti incentivi fiscali di cui riportiamo i più importanti: - Esenzione totale per i primi 10 anni per: x Redditi da esportazione x Progetti di sviluppo agricoli x Progetti di sviluppo regionale - Riduzione del 50% della base imponibile per: x Redditi da esportazione a partire dall’undicesimo anno e per un periodo illimitato x Progetti di sviluppo regionale per ulteriori 10 anni - Riduzione del 10% della base imponibile per: x Progetti nel settore dell’educazione, dell’insegnamento e della formazione professionale x Progetti nell’ambito della protezione ambientale - Fino al 35% di deduzione sull’imposta per gli utili reinvestiti - L’esenzione dai dazi e dell’IVA per tutte le attrezzature importate. Il porto di Rades, Tunisi Sono inoltre riservati incentivi specifici a seconda del settore industriale.
Fare impresa in Tunisia L’ordinamento tunisino offre all’investitore non residente una ampia gamma di scelte circa la forma di investimento. Esse vanno dall’apertura di un ufficio di rappresentanza alla costituzione di una società. Di seguito vengono elencate alcune delle modalità più comuni per fare impresa nel paese Società a Responsabilità Limitata (SARL) La s.a.r.l. è una forma di società in cui nessuno dei soci risponde personalmente in misura superiore alla propria partecipazione al capitale sociale. È una società commerciale e, in quanto tale, soggetta alle norme e agli usi previsti in materia commerciale. Essa può avere dai 2 ai 50 soci e qualsiasi oggetto sociale, ma non può svolgere attività finanziaria (assicurazioni, banche e altre istituzioni finanziarie). Per esser costituita una SARL non deve avere un capitale sociale minimo e può essere detenuto al 100% da soggetti stranieri. La s.a.r.l. ha l’obbligo di pubblicare annualmente il proprio bilancio. Le decisioni dei soci vengono prese in assemblea e vengono adottate con il voto favorevole di un numero di soci minimo che rappresenti la maggioranza del capitale sociale della società, tranne per le modifiche statutarie per le quali è necessario che venga rappresentato almeno il 75% del capitale sociale. Il consiglio di amministrazione è nominato dall’assemblea dei soci e gli amministratori possono essere sia stranieri sia non residenti nel paese. Società per Azioni (Società Anonima) La società anonima è una società in cui i soci (minimo 7) rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente al capitale sociale sottoscritto. Il capitale sociale dev’essere di minimo 5.000 dinari (3.000 euro) e può essere posseduto al 100% da investitori stranieri. Le azioni non possono avere valore inferiore a un dinaro e possono essere al portatore o nominative. L’assemblea adotta decisioni in prima convocazione purché sia presente almeno un terzo delle azioni conferenti diritto di voto e con la maggioranza dei voti degli azionisti presenti o rappresentati. In seconda convocazione non è previsto alcun quorum costitutivo. Le modifiche di statuto possono essere deliberate solo dall’assemblea straordinaria che decide anche riduzioni e aumenti del capitale sociale. Gli azionisti hanno diritto di prelazione sulle azioni di nuova emissione. Il consiglio di amministrazione nominato dall’assemblea dei soci deve avere dai 3 ai 12 membri che rimangono in carica il tempo indicato nello statuto, ma comunque non più di tre anni. Il cda nomina il proprio presidente che ha la carica di presidente e direttore generale e deve essere socio della società. La Filiale La filiale è una struttura di collegamento che, contrariamente all’ufficio di rappresentanza, consente l’esercizio di attività economica diretta, sia produttiva che commerciale e, comunque, tale da produrre reddito di impresa. Il trattamento impositivo è analogo a quello delle società di diritto tunisino, anche se di fatto essa resta una società di diritto straniero essendo dipendente dall’impresa madre. Essa può comunque beneficiare dal sistema di incentivi previsto dal codice tunisino per gli investimenti. L’Ufficio di Rappresentanza Si tratta di una struttura di collegamento con la società madre che non consente l’esercizio di alcuna attività economica diretta e che legittima la sola attività economica di promozione e ricerca di mercato, ai fini della vendite della società madre. La costituzione è subordinata a una autorizzazione da parte della Direzione del Commercio Interno ed alla concessione di una licenza. Il personale deve essere residente in Tunisia ma il responsabile può essere non residente. Le spese inerenti l’attività devono essere versate in valuta straniera, trasmessi dalla società madre titolare dell’ufficio. L’ufficio non è autorizzato a produrre reddito di impresa e non è sottoposto ad alcuna imposta societaria. Solo i salari sono soggetti a imposta locale sui redditi.
Vendere in Tunisia Code du Commerce La vendita diretta: La Tunisia non ha ratificato la Convenzione di Vienna sulla compravendita internazionale di beni art. 625: “L’agente commerciale è la persona che, senza mobili del 1980. Nel caso che il contratto di compravendita contenesse la clausola di legge essere legata da un contratto di locazione di servizi, si applicabile tunisina, non può essere quindi applicata la convenzione. impegna a preparare o a concludere in maniera abituale degli Se il venditore è di nazionalità tunisina, la legge applicabile sarà quella tunisina in virtù delle norme acquisti o delle vendite e più in generale ogni altra operazione di diritto internazionale privato locali e il diritto sostanziale di riferimento sarà quella contenuto nel commerciale in nome e per conto di un commerciante” Code des Obligations et des Contrats. Art. 626: “Il contratto di agenzia commerciale, stipulato per un periodo indeterminato, può esser risolto da entrambe le Contratto di Agenzia: parti senza osservare un preavviso conforme con l’uso, fatto Il contratto di agenzia in Tunisia è regolato dal Code du Commerce, art. 625 e art. 626. salvo il caso di colpa della controparte” L’attività di agente di commercio in Tunisia può essere esercitata solo alle persone giuridiche o fisiche di nazionalità tunisina. Occorre che l’azienda straniera stipuli un contratto scritto, non registrato ma legalizzato, di rappresentanza commerciale con il fornitore e che depositi presso l’amministrazione centrale del ministero del commercio e dell’artigianato una dichiarazione debitamente sottoscritta dall’agente di commercio. Le provvigioni sono calcolate in funzione del volume d’affari realizzato dall’agente; normalmente esse possono oscillare dal 5 al 10 percento degli importi delle vendite effettuate. In caso di risoluzione del contratto non è prevista alcuna indennità a favore dell’agente. Quest’ultimo ha diritto ad una indennità risarcitoria solo in caso di risoluzione anticipata per causa non a lui imputabile. È ammessa la facoltà delle parti di scegliere il diritto applicabile ai contratti di agenzia e distribuzione, oltre che la deroga del foro a giudici stranieri. Contratto di Distribuzione e Contratti di Franchising: Legge 2009-69 La normativa di riferimento per questi contratti è la legge 2009-69 del 12/08/2009. Essendo la legge molto generale, la gestione del contratto di franchising in Tunisia è molto Art 14: “Il contratto di franchising è un contratto con il generale, e può essere ampiamente regolata all’interno del contratto stipulato fra le parti, il quale ha quale il titolare di un marchio di fabbrica o commerciale il solo obbligo di essere in forma scritta. accorda ad una persona fisica o giuridica il diritto all’uso di Per quanto riguarda la distribuzione, invece, essa non è ancora un settore molto sviluppato in tale marchio perché lo utilizzi per la distribuzione di prodotti Tunisia, paese che si caratterizza ancora nel piccolo commercio al dettaglio. L’attività commerciale o la fornitura si servizi” non è subordinata al rilascio di autorizzazioni fatte salvo alcune categorie di prodotti e servizi come le bevande alcoliche, gli ascensori, la pubblicità e le agenzie immobiliari. Attualmente i contratti di distribuzione esclusiva sono vietati dalla legge.
I Tecnopoli Negli ultimi anni il regime di Ben Ali aveva iniziato una serie di riforme economiche finalizzate a trasformare il sistema produttivo tunisino – caratterizzato da industrie a basso contenuto tecnologico – verso un sistema maggiormente hi-tech. Questo obiettivo veniva perseguito con il duplice Poli Tecnologici in Tunisia scopo di abbassare l’allarmante livello di disoccupazione fra i giovani tunisini istruiti e di rendere i prodotti industriali più competitivi sul mercato mondiale. Tale strategia ha portato nel 2001 alla promulgazione della legge numero 2001-50 (poi modificata nel 2006 con la legge numero 2006-37) che istituiva i cosiddetti “poli tecnologici”, ovvero delle aree industriali regolamentate da leggi speciali in cui avrebbero dovuto operare aziende ad alto contenuto tecnologico. Queste aziende, soprattutto straniere, avrebbero avuto l’opportunità di operare e di investire con forti a agevolazioni in zone specificatamente create con i migliori servizi disponibili nel paese e connesse con le università e i centri studi tunisini, al fine di garantire la presenza di manodopera altamente specializzata. La legge prevedeva anche delle restrizioni per le aziende che decidono di investire in queste aree: i locali costruiti dall’investitore, infatti, possono essere ceduti in seguito soltanto a titolo gratuito; in caso contrario devono venire distrutti. Il primo di questi “tecnolopoli” è stato aperto nel 2002 a Ghazala ed è specializzato nelle industrie del settore delle telecomunicazioni. Al momento ospita circa un centinaio di imprese e filiali di grandi gruppi internazionali tra i quali Ericsson e Microsoft. I prodotti e i servizi realizzati in questo parco tecnologico sono destinati per il 70% all’esportazione. Il parco tecnologico ha prodotto sinora circa 2000 posti di lavoro. Oltre al parco di Ghazala, al momento il più grande e meglio funzionante, sono presenti nel paese altri 6 tecnopoli, ognuno di essi specializzato in attività tecnologiche specifiche: 1 – Borj Cedria: specializzato in energie rinnovabili e ambiente 2 – Sfax: specializzato in multimedia e informatica 3 – Sidi Thabet: specializzato in bioagricoltura e biotecnologia 4 – Sousse: specializzato in tecnologia elettronica e informatica 5 – Monastir el Fejja: specializzato nell’industria tessile 6 – Bizerte: specializzato nei prodotti agroalimentari
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