LA STORIA DI GIORGIO PERLASCA IN SCENA AL GIOVANNI DA UDINE MARTEDI 14 GENNAIO 2020 - Il Discorso

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LA STORIA DI GIORGIO PERLASCA IN SCENA AL GIOVANNI DA UDINE MARTEDI 14 GENNAIO 2020 - Il Discorso
LA STORIA DI GIORGIO PERLASCA
IN SCENA AL GIOVANNI DA UDINE
MARTEDI 14 GENNAIO 2020
  Perlasca. Il coraggio di dire no” sarà in scena martedì 14
  gennaio 2020 con doppia recita: matinée per le scuole con
 inizio alle 10.30 e poi, alle 20.45, per tutti (pubblico in
                            palco)

Udine, 10 gennaio 2020 – Un eroe dei nostri giorni, una
persona semplice e normale. È dedicato al commerciante
italiano che in Ungheria, nel 1944, salvò oltre 5200 persone
dalla deportazione lo spettacolo Giorgio Perlasca. Il coraggio
di dire no, in scena al Teatro Nuovo Giovanni da Udine martedì
14 gennaio 2020 con doppio appuntamento: alle 10.30 in una
matinée per le scuole e alle 20.45 (recita con pubblico in
palco).

Protagonista sulle tavole del palcoscenico e autore del testo
è Alessandro Albertin, diretto da Michela Ottolini in un
racconto travolgente, che suona come un avvertimento per tutti
noi affinché restiamo uomini e donne liberi dall’orrore della
guerra e dalle ingiustizie. Siamo a Budapest, è il 1944. Un
commerciante di carne italiano, Giorgio Perlasca, è ricercato
dalle SS perché ha rifiutato di aderire alla Repubblica di
Salò. Ma in tasca ha un salvacondotto, una lettera che lo
invita a rifugiarsi presso una qualunque ambasciata spagnola
in caso di bisogno. È il suo cavallo di Troia: Perlasca si
spaccia per un ambasciatore, sfodera un coraggio da leone,
salva migliaia e migliaia di ebrei (ma non solo) perseguitati.
Di tutto questo, una volta rientrato in Italia, Perlasca non
parlerà con nessuno, per decenni. Soltanto nel 1988,
rintracciato da una coppia di ebrei ungheresi che gli deve la
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vita, la sua storia e quella delle tante persone che ha
salvato dai campi di concentramento diventano di dominio
pubblico. Ora il suo nome si trova a Gerusalemme, tra i Giusti
fra le Nazioni, e un albero a suo ricordo è piantato sulle
colline che circondano il Museo dello Yad Vashem.

“Davanti a qualcosa di terribile si può reagire in due modi:
commentare la cosa, oppure occuparsi della cosa –
spiega Alessandro Albertin nelle note di regia -. La prima
soluzione è quella più comoda e ci conduce inesorabilmente al
tasto “mi piace” di Facebook. La seconda soluzione è quella
più scomoda, richiede coraggio ed eroismo. E umiltà. A
commentare siamo capaci tutti. Per occuparsi di un problema e
risolverlo, serve la volontà di farlo. Questa è la grande
lezione che ci ha lasciato Giorgio Perlasca. E da qui siamo
partiti per raccontare al meglio questa storia meravigliosa.
Lo facciamo con uno spettacolo semplice, senza fronzoli.
Affidandoci alla straordinarietà degli eventi e ad
un’interpretazione che mescola tecnica ed emotività,
accompagnandoci per mano alla scoperta di un capitolo della
nostra storia che è necessario conoscere. In quanto italiani.
In quanto uomini.”

Perlasca. Il coraggio di dire no, in scena al Giovanni da
Udine per la rassegna “Tempi Unici”, è prodotto da Teatro de
gli Incamminati con il patrocinio della Fondazione Giorgio
Perlasca. Luci di Emanuele Lepore.

Diplomatosi attore alla Scuola d’Arte drammatica Paolo Grassi
di Milano, Alessandro Albertin ha lavorato, tra gli altri, con
Gianrico Tedeschi, Andrée Ruth Shammah, Gigi Proietti,
Alessandro Gassmann, Damiano Michieletto, Giuseppe Emiliani e
Franco Branciaroli. È autore dei testi di Overlord Teatro.

Biglietteria del Teatro Nuovo Giovanni da Udine aperta dal
martedì al sabato dalle 16.00 alle 19.00. Chiuso il lunedì e
giorni festivi. L’acquisto dei biglietti è possibile anche
online su www.teatroudine.it e www.vivaticket.it, nei punti
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vivaticket e alla Libreria Feltrinelli di Udine (Via
Canciani), il venerdì mattina dalle 9.30 alle 13.00. Per info:
tel. 0432 248418 e biglietteria@teatroudine.it. Previste
speciali riduzioni per i possessori della G-Teatrocard.

TEATRO NUOVO GIOVANNI DA UDINE

martedì 14 gennaio 2020 – ore 20.45 (pubblico in placo)
martedì 14 gennaio 2020 – ore 10.30 recita riservata alle
scuole

PERLASCA. Il coraggio di dire no

scritto e interpretato da Alessandro Albertin

luci Emanuele Lepore

regia Michela Ottolini

produzione Teatro de gli Incamminati

con il patrocinio della Fondazione Giorgio Perlasca

 E.L.

LAMEZIA TERME: MOSTRA VIDE
Viaggio Dell’Emozione Fino al
29 febbra
LAMEZIA TERME

Città: Lamezia Terme (Catanzaro)
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Nome del Museo: Museo archeologico lametino

Nome del reperto: Hydrìa di Cerzeto

Datazione: 380-370 a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nel mondo
femminile tra realtà e mito

L’Hydrìa è nota per il suo
ricco apparato figurativo
che rimanda con forza al
tema del mondo femminile
greco.     Le    immagini
principali   rappresentano
scene di toilette e alludono
alla sfera nuziale e alla
preparazione per il primo
incontro d’amore. Dopo un
bagno rituale all’aperto
presso una rocciosa fonte
sacra, la protagonista,
avvolta in un sottile abito
trasparente e adorna di
gioielli, si rimira allo
specchio per verificare la
conquista di quel potere di
seduzione che le permetterà
di abbandonare lo status di adolescente per diventare
finalmente sposa (in greco nymphe) e poi madre. Suggestiva è
l’ipotesi di identificarla con la ninfa Terina, dea locale da
cui i crotoniati trassero il nome della loro colonia,
spostando il nostro viaggio dal mondo reale a quello
dell’immaginario mitico.

COSENZA

Città: Cosenza
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Nome del Museo: Galleria nazionale di Cosenza

Nome dell’opera: Riposo durante la fuga in Egitto, Francesco
De Rosa detto Pacecco

Datazione: 1645 ca

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio come
salvezza

Il tema del viaggio, generalmente inteso come piacere di
scoprire luoghi nuovi, è declinato, nel dipinto Riposo nella
fuga in Egitto di Pacecco De Rosa, come “itinerario” indicato
da Dio per la salvezza del suo Figlio unigenito: è così che la
Sacra Famiglia, in fuga verso la terra straniera d’Egitto,
scampa all’atroce strage di innocenti ordinata da Erode e
trova un momento di pace. Il dipinto manifesta grande
intensità di accenti e, per intelligenza emotiva, figura
a pieno titolo nell’ambito del “naturalismo affettivo” messo a
fuoco dalla critica per questa fase della pittura napoletana.

AMENDOLARA

Città: Amendolara (Cosenza)

Nome del Museo: Museo archeologico nazionale di Amendolara

Nome del reperto: Aegyptiaca

Datazione: VIII-VII sec. a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Un viaggio lungo
rotte commerciali e scambi culturali nel Mediterraneo

Dalle terre d’Oriente alle coste della Sibaritide, navi
mercantili di provenienza greca e fenicia trasportavano
amuleti d’imitazione di tipo egizio, oggetti ritenuti magici
poiché legati alle credenze della cultura faraonica della
tutela, della fecondità femminile e della salute infantile.
Tali oggetti erano destinati all’aristocrazia locale e
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conservati per generazioni come cimeli. La loro presenza
nell’area di Amendolara è una testimonianza inequivocabile
degli scambi culturali che direttamente o indirettamente
attraverso i commerci, ponevano l’antico centro preellenico
tra gli scali delle rotte battute da naviganti lungo le coste
del Mediterraneo.

SIBARI

Città: Cassano all’Ionio (Cosenza)

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale della
Sibaritide

Nome del reperto: Pettorale in oro e argento

Datazione: 599-575 a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio degli
Achei e la fondazione della colonia di Sibari

Ritrovato nell’area di Stombi, il prezioso oggetto faceva
parte di un antico pettorale utilizzato probabilmente come
ornamento per una veste rituale. Tale reperto riassume nella
propria materia d’oro e argento e nella lavorazione
decorativa, formata da coppie di palmette a sette petali
contrapposte a fiori di loto, i fasti di Sybaris, la città
fondata dagli Achei nel 720 a.C., che tra il VII e il VI sec.
a.C. conquistò, grazie alla sua floridezza, la supremazia
sulle città di confine. Tale ruolo fu perduto dopo due secoli
di splendore, quando decadde a seguito della dolorosa
sconfitta infertale dall’esercito dei Crotoniati guidati
dall’atleta Milone.

VIBO VALENTIA

Città: Vibo Valentia

Nome del Museo: Museo archeologico nazionale “Vito Capialbi”
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Nome del reperto: Laminetta orfica di Hipponion

Datazione: IV sec. a.C.

Descrizione relativa       al   tema   del   viaggio:   Il   viaggio
nell’oltretomba

Piccole lamine d’oro databili fra IV e III sec. a. C. venivano
create per essere seppellite insieme al defunto e per
accompagnare la sua anima nel viaggio verso l’oltretomba.
Legate al culto orfico, tali laminette possono essere
considerate delle vere e proprie istruzioni di guida sul
percorso da seguire nel viaggio finale. Tra queste, quella di
Hipponion è la più completa. Ritrovata sul petto di una donna,
ripiegata quattro volte su se stessa, presenta un’iscrizione
greca incisa su sedici righe. Grazie alle indicazioni
descritte, l’anima, aiutata dalla dea memoria Mnemosyne non si
sarebbe accostata alla prima fonte che avrebbe trovato lungo
il cammino, la fonte dell’oblio, ma avrebbe proseguito fino
alla fonte della memoria, da lì avrebbe pronunciato le sacre
parole alle porte degli Inferi che l’avrebbero condotta
finalmente nell’aldilà.

BOVA

Città: Bova Marina (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico “Archeoderi”

Nome del reperto: Colonna miliaria proveniente dalla località
Amigdalà

Datazione: 306-367 d. C.

Descrizione relativa al tema del             viaggio:   Strade   per
viaggiare, strade per dominare

A partire dal II sec. a.C., Roma, divenuta ormai una grande
potenza, aveva sentito l’esigenza di costruire delle strade
per agevolare i collegamenti al Sud; così nacquero la via
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Capua-Regium, meglio nota come via Popilia, e sulla costa
ionica l’asse viario che collegava Reggio con Taranto. Lungo
questi tratti, furono costruite delle stazioni di sosta
(stationes) che permettevano ai viaggiatori di rifocillarsi e
cambiare i cavalli. Uno di questi punti di sosta, denominato
Scilleum o Sileum, secondo l’Itinerario Guidonense, era
situato nella vallata del S. Pasquale, in località Deri di
Bova Marina. Su questo sistema stradale si colloca la colonna
miliaria monolitica di calcare granitico locale, frammentata
alle due estremità, che conserva due iscrizioni contrapposte,
indice del suo riutilizzo in età successiva, una con dedica
all’imperatore Massenzio e l’altra agli imperatori
Valentiniano e Valente.

GIOIA TAURO

Città: Gioia Tauro (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Museo archeologico Metauros

Nome del reperto: Anfora di produzione calcidese

Datazione: 550-500 a.C.

Descrizione   relativa    al   tema   del   viaggio:   Il   viaggio
nell’oltretomba: le necropoli di Mètauros

L’antica Métauros fu fondata dagli abitanti di Zancle (odierna
Messina) per motivi espansionistico-commerciali e nel VI
secolo a.C. passò sotto l’influenza della colonia magno-greca
di Locri. L’intensa urbanizzazione del secolo scorso non ha
permesso la conduzione di indagini approfondite ed in
estensione nella zona di Pian delle Fosse, sede probabile
dell’abitato antico: solo quelle condotte lungo la fascia
litoranea hanno restituito numerosi dati di conoscenza della
necropoli in uso tra VII e V secolo a.C. I ricchi corredi
attestano anche gli stretti legami di Métauros con i centri di
Mylae, Zancle e Rhegion. Da segnalare, l’anfora con scena di
auriga su biga, una delle numerose testimonianze di produzione
ceramica calcidese rinvenute nel corso delle indagini.

LOCRI

Città: Locri (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Musei e Parco archeologico nazionale di Locri
– Museo del territorio di Palazzo Teotino Nieddu del Rio

Nome del reperto: Modellini di ninfei e reperti dal Santuario
di Grotta Caruso

Datazione: dal VI sec. a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nel
territorio ionico: tra elementi naturali e rituali

Gli antichi vedevano le risorse naturali come elementi vitali
per la sopravvivenza della comunità e l’acqua, elemento
rigenerante presente nei miti di fondazione della terra,
occupa un posto importante anche in occasione di cerimonie
sacre in luoghi di culto dedicati a diverse divinità. A Locri,
la scoperta di Grotta Caruso che presentava alle pareti una
serie di nicchie e un bacino lustrale raggiungibile attraverso
sette gradini, ne è una chiara testimonianza. Vi erano
venerate le Ninfe, legate tradizionalmente ai luoghi d’acqua,
che sovrintendono ai riti prenuziali con il passaggio dalla
condizione di fanciulla vergine a quella di sposa. Frequentato
dagli inizi del IV sec. a.C. fino alla metà del II secolo
a.C., il suggestivo luogo di culto ha restituito un ricco
deposito votivo di terrecotte: modellini di grotte-ninfeo in
terracotta, figurine femminili nude sedute, piccoli rilievi
(erme) con le teste delle Ninfe.

MONASTERACE

Città: Monasterace Marina (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico dell’Antica Kaulon
Nome del reperto: I kadoi

Datazione: I sec. a.C. – I sec. d.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio
nell’antica colonia di Kaulonía, tra mare e zona aspromontana

I Kadoi erano particolari contenitori in terracotta utilizzati
per la conservazione e per il trasporto della pece. E’ un
rinvenimento abbastanza raro e non altrimenti documentato in
Calabria che attesta come nell’antichità venissero sfruttate
alcune delle risorse a disposizione. La città di Kaulonía,
grazie alla sua localizzazione tra mare e zona aspromontana,
offriva ai suoi abitanti e a quanti risiedevano nel suo
territorio, la possibilità di procurarsi legname e pece,
quella pece perfettamente conservata nei Kadoiesposti al
museo, utilizzata oltreché per i fabbisogni quotidiani anche
per uso commerciale. Va ricordato infatti, che il centro acheo
era inserito nei circuiti commerciali       marini   dell’area
mediterranea sia in età greca che romana.

SCOLACIUM

Città: Borgia (Catanzaro)

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale di
Scolacium

Nome del reperto: Reperti provenienti dalla Necropoli Sud-Est

Datazione reperti: fine I sec. a.C. – I sec. d.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Ultra limina leti –
Oltre le porte della morte. L’ultimo viaggio dei cittadini di
Scolacium​

Le necropoli di Scolacium testimoniano l’importanza del centro.
Con la crescita economica e sociale della città si
organizzarono e iniziarono ad estendersi anche le “città dei
morti”. Le ricerche archeologiche hanno permesso di scoprire
le diverse tipologie di sepolcri, dalle inumazioni alle tombe
ad incinerazione, fino ai mausolei monumentali che, lungo le
vie e sotto gli occhi dei cittadini, plasmavano la fisionomia
del suburbio e erano uno dei punti di riferimento per i
viaggiatori. Il contesto proposto per rappresentare l’ultimo
viaggio proviene dalla necropoli sud-est, che ha restituito
sepolture databili tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C.:
una tomba ad inumazione in cassone di mattoni e due urne
cinerarie (in terracotta e in lamina di piombo) con i loro
corredi, manufatti in vetro deposti insieme alla salma e
alcuni oggetti rinvenuti fusi all’esterno delle tombe, in
relazione ai rituali post mortem.

MILETO

Città: Mileto (Vibo Valentia)

Nome del Museo: Museo statale di Mileto

Nome dell’opera: Turibolo in argento

Datazione: fine XV sec. – inizi XVI sec.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Viaggio alla
riscoperta di un artigianato locale

Proveniente dal Tesoro dell’antica Cattedrale, il turibolo è
il vaso metallico utilizzato per bruciare l’incenso e
diffonderne il profumo durante le celebrazioni eucaristiche.
Interrogare questo antico manufatto significa arretrare fino
al XII secolo, al viaggio compiuto dall’abate Gioacchino da
Fiore alla volta di Longobucco, sede di miniere in argento,
per la fornitura di un calice. Tale notizia, ricavata dalla
biografia del religioso, è stata di fondamentale importanza
per stabilire l’esistenza e l’attività di una “scuola
argentaria” nei pressi di Longobucco, e quindi collegare anche
la realizzazione dell’incensiere di Mileto all’operosità di
qualche officina locale e non già alla scuola napoletana. Il
viaggio di Gioacchino da Fiore, quindi, è il viaggio alla
riscoperta di un artigianato locale di lontanissime origini,
ancora difficile da documentare, ma sicuramente esistito.

CROTONE

Città: Crotone

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale di Capo
Colonna

Nome del reperto: Parti di statue in marmo raffiguranti
cavalli

Datazione: secondo quarto del V secolo a. C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: La figura del
cavallo come compagno di viaggio

Gli elementi equini esposti a Capo Colonna rappresentano parti
considerevoli di gruppi statuari raffiguranti presumibilmente
i carri delle divinità. Essi componevano l’apparato decorativo
dei frontoni del grande tempio di ordine dorico eretto nel
475-460 a.C., di cui oggi si conservano le enormi fosse di
fondazione del basamento ed una delle sei colonne del lato
orientale, affacciata sul mare, che dà oggi nome al sito, Capo
Colonna.

CROTONE

Città: Crotone

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale di
Crotone

Nome dell’opera: Museruola in bronzo

Datazione: seconda metà del IV secolo a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: La figura del
cavallo come compagno di viaggio
Si tratta di una museruola per cavallo che doveva fungere da
offerta votiva all’interno del santuario collocato
nell’attuale località Vigna Nuova. Tale santuario rappresenta
uno dei principali luoghi di culto di epoca greca individuati
in corrispondenza dell’antica area urbana. La scelta di un
tema legato al cavallo vuole mettere in collegamento due musei
che convivono nello stesso Comune, Crotone. Mezzo di trasporto
sin dall’antichità più remota ma anche segno di prestigio
sociale, il cavallo verrà raccontato in maniera da porre in
risalto le sue varie funzioni nel corso della storia, con
particolare riguardo alle peculiarità che lo mettono in
relazione con le culture greca e italica pre-romana in genere.

ISOLA DI CAPO RIZZUTO

Città: Isola di Capo Rizzuto (Crotone)

Nome del sito: Le Castella

Nome dell’architettura: Fortezza di Le Castella

Datazione: XIII – XVI secolo

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio tra terra
e mare. Le Castella crocevia di popoli e di epoche

L’isolotto su cui sorge la fortezza di Le Castella è
localizzato all’estremità orientale del golfo di Squillace.
Collegato alla costa da un sottile lembo di terra, realizza
una suggestiva simbiosi scenografica tra architettura
costruita e architettura naturale. L’impianto del XIII secolo,
costruito su preesistenze di epoca greca, rientrava nella
politica di difesa del litorale attuato dagli angioini
all’acquisizione del regno meridionale. Gli aragonesi ne
entrarono in possesso dalla fine del XV secolo, trasformando
la fortificazione, della quale la torre cilindrica costituiva
il nucleo originario, adeguata alle nuove esigenze di difesa
contro le armi da fuoco. Intorno al 1520 nacque a Le Castella
Giovanni Dionigi Galeni, meglio conosciuto come Uluç Alì
Pascià, corsaro dal nome turco da cui deriva il nostro
“Uccialì” o “Occhialì”, figura esemplare per rappresentare il
tema del viaggio come intreccio di relazioni, scambi,
interazioni e migrazioni da sempre esistito nel mar
Mediterraneo e in territorio calabrese.

GERACE

Città: Gerace (Reggio Calabria)

Nome del sito: Chiesa di San Francesco d’Assisi

Nome dell’architettura: Chiesa di San Francesco d’Assisi

Datazione: fine XIII – inizio XIV secolo

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nella
spiritualità francescana

Importante esempio di architettura dell’ordine mendicante in Italia
meridionale, la Chiesa, costruita tra la fine del Duecento e gli inizi
del Trecento sui resti di un precedente edificio romanico, apparteneva ad
un complesso conventuale di cui rimangono il pozzo e una parte del
chiostro. Nonostante le trasformazioni di età barocca, conserva nelle
sobrie forme la volontà di aderire ai dettami pauperistici dei suoi
fondatori. Attraverso un monumentale portale trecentesco con decorazioni
di ispirazione arabo-normanna si accede all’ampia aula rettangolare,
coperta da tetto a capriate e illuminata da una serie di monofore.
Arricchisce l’interno il magnifico altare seicentesco a tarsie marmoree,
che disegnano mirabili elementi paesaggistici, fitomorfi e zoomorfi, fra
cui un grazioso uccellino che sembra evocare il messaggio del fraticello
d’Assisi “Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature”.

STILO

Città: Stilo (Reggio Calabria)

Nome del sito: La Cattolica

Nome dell’architettura: La Cattolica
Datazione: fine X – inizio XI sec.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nella
spiritualità bizantina

Inserita in un suggestivo contesto paesaggistico, la Cattolica
di Stilo è il monumento simbolo della Calabria bizantina. Di
esigue dimensioni, è impostata su una pianta a croce greca
inscritta in un quadrato con tre absidi orientate. L’interno è
suddiviso in nove spazi da quattro colonne di spoglio e la
luce vi filtra enfatizzandone la dimensione mistica. Le pareti
e le cupole sono affrescate con immagini sacre che per il
culto bizantino rappresentano una “…finestra aperta sul mondo
soprannaturale al di là del tempo e dello spazio”. Colpiscono
i vibranti colori degli affreschi, tra cui quelli della scena
dell’Annunciazione, in cui Maria nel momento del concepimento,
divenendo “…cielo senza cessare di rappresentare la terra…”,
permise il riavvicinamento tra il divino e l’umano.

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MOSTRA

VIDE Viaggio Dell’Emozione

Fino al 29 febbraio 2020

Nasce   la                   Academy                  Woman
Cycling
 La neonata società ciclistica femminile nasce da un progetto
promosso e curato dai dirigenti della società forlivese ReArtù
 General System. L’obiettivo primario è promuovere l’attività
ciclistica nel territorio, ponendosi come punto di riferimento
per quelle ragazze che fanno della passione per lo sport del
   ciclismo l’opportunità di crescita sportiva e personale.

Forli – 9 gennaio 2020 – Con il ritiro di inizio anno,
tenutosi a Fratta Terme (FC) presso l’Hotel Romagna, la nuova
società di ciclismo femminile giovanile Academy Woman Cycling
ha iniziato la programmazione dell’attività per la nuova
stagione in cui si pone come punto di riferimento nel
territorio romagnolo per quelle ragazze che fanno della
passione per lo sport del ciclismo l’opportunità di crescita
sportiva e personale. In realtà di nuovo c’è soltanto il nome
della società.

Il collaudato staff è guidato dal Team Manager Nanni Fausto,
dal Presidente Silvagni Andrea, la Vice presidente Villa
Caterina, e i consiglieri Filippi Stefano e Pregnolato
Gabriella con la doppia mansione in quanto con il D.S. Orlati
Mauro gestiscono insieme agli altri componenti dello staff dei
D.S. la preparazione e la gestione dell’attività agonistica.
Terminata la campagna acquisti le squadre Esordienti, Allieve
e Juniores, hanno iniziato la preparazione invernale e il
ritiro di inizio gennaio è servito per dare l’opportunità a
tutte di fare conoscenza sia con le compagne di squadra che
con il personale che le accompagneranno nell’avventura 2020.

Il roster della squadra Esordienti è costituito dall’imolese
Andrenacci Alena, dalle cesenati Candela Sara e Casadei
Aurora, della ravennate Dollaku Nikol che insieme alla
confermata Di Pilato Alessia formano il quintetto di giovani
speranze.
Le nove ragazze della squadra Allieve formata dalle confermate
nella categoria Bolognesi Gaia, Malucelli Sara e Mazzotti Amy,
a cui si sono aggiunte le ragazze che sono approdate
quest’anno nella categoria. Capellari Sara, Guglielmi Elena,
Lazzari Camilla, Ostolani Anna, Urbinati Melissa e Zanzi
Valentina.

La novità della stagione 2020 è la squadra Juniores, il sogno
nel cassetto che si è avverato dopo tanti anni e che
impegnerà, la società e lo staff tecnico, a fondo per gestire
le dieci ragazze che ne fanno parte, dalle torinesi Caudera
Beatrice e Colombo Francesca, alla reggiana Beltrami Matilde,
le ravennati Cassandra Chiara e Pedrelli Chiara, la forlivese
Cipressi Carlotta, la savignanese Pepoli Melany, la riccionese
Morelli Margherita, le marchigiane Gorini Sara e Palazzi
Alice.

La società sta organizzando l’attività e i programmi futuri
per ottimizzare la preparazione in vista dell’inizio delle
gare con ritiri, allenamenti di squadra organizzando al meglio
possibile il ciclismo e gli impegni scolastici.
Metropolis, il capolavoro di
Fritz Lang che nel 1929 creò
un nuovo immaginario nel
cinema di fantascienza

Pochi film hanno lasciato un impronta così profonda
nell’immaginario collettivo come Metropolis, del 1927, di
Fritz Lang. Una pellicola costata una cifra iperbolica in
quegli anni, che alla sua uscita costituì un fiasco
commerciale che mise a rischio bancarotta la UFA, compagnia di
produzione tedesca, destinata a diventare un organo della
propaganda nazista. Ma il tempo ha reso onore a questo
capolavoro del cinema.

La storia narrata è una distopia, che vede gli abitanti di
Metropolis suddivisi in due categorie: i ricchi, che vivono
una vita idilliaca rinchiusi nei loro maestosi palazzi, e i
poveri, destinati a spaccarsi la schiena nei sotterranei della
città, trascinandosi lungo un’esistenza miserevole.

Ma la stratificazione verticale della città del futuro è
ancora più articolata: il creatore di Metropolis, Joh
Fredersen, vive nell’edificio più alto e imponente dell’area
urbana, l’immaginifica New Tower of Babel, mentre, nelle
catacombe che si celano sotto la città dei lavoratori,
avvengono delle riunioni segrete, nelle quali una giovane
donna, Maria, esorta gli operai ad avere fede nella venuta di
un mediatore, destinato a porre rimedio alle differenze di
classe inumane esistenti nella città.

  La città dei ricchi (a destra), sulla quale svetta la New
  Tower of Babel, e la città dei lavoratori (a sinistra)

Il figlio di Joh, Freder, rimane affascinato dalla figura di
Maria, che ha l’ardire di fargli vedere le miserevoli
condizioni dei bambini poveri, da lei portati negli
immaginifici Eternal Gardens, dove il rampollo del creatore di
Metropolis vive una vita dorata, in una sorta di harem
ipertecnologico.

Ma Joh Fredersen sorveglia suo figlio, e quando si rende conto
che esiste un pericolo per l’ordine costituito, non esita a
rivolgersi a Rotwang, figura e metà strada tra l’alchimista e
lo scienziato, chiedendogli di dare le sembianze di Maria e un
robot da lui costruito, per incitare i lavoratori alla rivolta
e giustificare in tal modo la loro repressione.

Le cose vanno in modo diverso da quanto calcolato dal padre,
perché i lavoratori, distruggendo le macchine che li rendevano
schiavi, provocano l’inondazione dei sotterranei e la
distruzione della principale centrale energetica della città,
mettendo a repentaglio l’esistenza della stessa Metropolis.

Alla fine ci sarà una riconciliazione tra Joh e i lavoratori,
nella cattedrale della città, che vede suo figlio Freder nel
ruolo di mediatore. Nel film vengono mescolate simbologie
religiose e esoteriche, che convivono in un’ambientazione
futuristica.

Rotwang: un nuovo immaginario per la scienza e lo
scienziato
Il personaggio di Rotwang è particolarmente interessante,
perché portatore di una nuova iconografia della scienza,
destinata ad avere un duraturo impatto nel cinema di
fantascienza successivo al capolavoro di Lang. Al di là
dell’acconciatura scapigliata, destinata a caratterizzare la
figura di innumerevoli scienziati nei decenni successivi, esso
personifica il prototipo del mad doctor, che mette il suo
sapere al servizio del potere e dei propri capricci personali.

                Lo scienziato Rotwang

La sua casa-laboratorio è l’unica in Metropolis a non essere
in stile moderno o futuribile. Sembra quasi un relitto di un
passato ormai dimenticato. Si tratta di un piccolo edificio
isolato, dal tetto spiovente, privo di finestre, la cui porta
di ingresso è marchiata con la stella a cinque punte. Nel
laboratorio, pieno di macchine dal funzionamento misterioso,
c’è il robot creato dal genio di Rotwang, inizialmente
progettato per dare una nuova vita a Hem, avvenente donna di
cui lo scienziato è innamorato, ma che è morta nel dare alla
luce il figlio di Joh.

Ma nei sotterranei della casa si nasconde anche un accesso
segreto alle catacombe della città. In pratica la casa di
Rotwang è una sorta di elemento di congiunzione tra il mondo
ipertecnologico di Metropolis e la religiosità che ancora è
ben viva nel sottosuolo, sia pure in modo non percepibile dai
palazzi dei ricchi.

                 La  casa-laboratorio     di
                 Rotwang

Rotwang stesso è una figura ambigua, nella quale la convivenza
tra scienza ed esoterismo trova la sua massima espressione nel
film. È capace di costruire un robot utilizzando macchinari
dal funzionamento incomprensibile, ma la sua dimora è piena di
simboli esoterici. Non indossa un camice bianco, segno
distintivo degli scienziati dagli anni trenta in poi, ma, come
il successivo dott. Frankeinstein, ha un aiutante deforme.

Lo scienziato ha una mano finta, e si vanta di averla persa
nel tentativo di creare l’uomo artificiale, il lavoratore del
futuro. Quella della disabilità dello scienziato è un tema che
ritornerà spesso nel cinema. Basta pensare a Serizawa nel
primo Godzilla, del 1954, al dottor Stranamore del capolavoro
di Kubrick, del 1964, o al Dr. Everett Scott in The Rocky
Horror Picture Show, del 1975.

Disabilità che può essere vista come un problema nel gestire
la conoscenza, e la responsabilità che da essa deriva. Ma è
forse la separazione della scienza dal corpo sociale nel quale
dovrebbe operare che costituisce l’origine del male. La casa-
laboratorio di Rotwang è infatti senza finestre, e lo stesso
inventore intima a Joh di lasciarlo solo, quando deve dare al
suo robot le sembianze di Maria.

Il mad doctor realizza le sue creazioni mostruose chiuso nella
solitudine del suo laboratorio, lontano dalle istituzioni che
dovrebbero porre un freno alla sua attività. Lo stesso schema
verrà ripetuto in innumerevoli film successivi a questa
pellicola. Basta pensare a quanto accede in Frankenstein, di
James Whale, del 1931, o al molto più recente Dr. Brenner,
della serie Stranger Things, ormai diventata un cult. La
scienza è positiva quando è al servizio della società, ma
quando si isola, o lavora nell’ombra, genera mostri, che in
genere si rivoltano contro il loro creatore.

Uno dei robot più famosi nella storia del cinema
Anche se molti sostengono che quello presente in Metropolis
sia il primo robot nella storia del cinema, in realtà ci sono
dei precedenti. Il primo è nel cortometraggio Gugusse et
l’Automaton, purtroppo andato perduto, prodotto e diretto nel
lontano 1897 da Gergoes Méliès, da molti ritenuto essere il
vero padre della fantascienza cinematografica.

                 Il robot tra Joh Fredersen
                 (a destra) e Rotwang, il suo
creatore (a sinistra)

Nel 1921 viene poi girato L’uomo Meccanico, scritto, diretto e
interpretato dal comico francese André Deed, meglio noto come
Cretinetti. Oltre a essere uno dei primi film di fantascienza
a essere stato girato in Italia, è il primo conosciuto dove si
scontrano un robot buono e uno cattivo. Di questa pellicola
esiste solo una versione di 26 minuti, restaurata nel 1992
dalla Cineteca di Bologna.

Mentre questi due precedenti hanno lasciato poche tracce di
sé, molto più duratura è l’impronta lasciata dalla creatura di
Rotwang nel cinema di fantascienza contemporaneo. Basti
pensare che la struttura fisica del celebre robot C-3PO (D-3BO
nella versione italiana), personaggio dell’universo
fantascientifico di Star Wars, è chiaramente ispirata alla
creatura di Metropolis. Un robot che è stato presente in tutti
gli episodi della saga di Guerre Stellari, dal primo fino
all’ultimo, mediocre, Star Wars: l’ascesa si Skywalker,
mantenendo viva nell’immaginario collettivo un’immagine che
proviene dagli anni Venti. Potere del cinema.

                   C-3PO di Star Wars e il
                   robot di Metropolis

In generale, nella fantascienza, esistono due strade tramite
le quali l’uomo cerca di duplicare sé stesso o di creare nuova
vita: quella meccanica e quella biologica. Il robot di
Metropolis è l’antesignano più famoso della prima via, mentre
quello più celebre della seconda è la creatura del dott.
Frankenstein. Entrambe le strade portano al baratro, quando
vengono percorse in solitudine dallo scienziato, che si isola
dalla società al cui servizio dovrebbe invece operare.

Qualunque sia la via scelta, bisogna sottolineare come la
fantascienza sia di fatto un espediente narrativo per rendere
giustificabile l’accadimento di fatti che la scienza ufficiale
considera impossibili. Da questo punto di vista la
fantascienza è alla fin fine un tipo di magia, tollerabile
dall’uomo moderno. Un trucco che rende possibile la
sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore, che,
davanti all’esposizione di qualche oscuro macchinario, decide
di credere, almeno per la durata del film, che quanto sta
vedendo sia verosimile.

In Metropolis, Rotwang conserva dei caratteri riconducibili al
mondo magico-esoterico. Gli scienziati che lo seguiranno
tenderanno a perdere questa componente, come accade solo
quattro anni dopo nell’ormai mitico Frankeinstein di James
Whale, del 1931, dove lo studioso indossa un impeccabile
camice bianco, muovendosi in un laboratorio che molto deve
all’immaginario creato da Metropolis.

Ma, in fondo, gli scienziati del cinema di fantascienza
rimarranno sempre degli apprendisti stregoni e, se il film è
fatto bene, rimarrà sempre un piacere perdersi nella
narrazione, non importa quanto inverosimile possa sembrare la
storia al di fuori della sala cinematografica. Magie del
cinema!
Il 18 gennaio agli Alisei di
Lignano   Pineta  per   dare
speranza ai bambini malati
Una serata benefica che unisce i costumi e il gusto tipico
della Carnia all’atmosfera unica del mare, per portare lo
spirito montano fino alle spiagge di Lignano Pineta che
prenderà vita anche d’inverno con i colori degli abiti
tradizionali carnici e i sapori della cucina di montagna. È
questo l’obbiettivo degli organizzatori dell’avvenimento che
si terrà sabato18 gennaio, dalle ore 19, nelle sale del
Ristorante Alisei di Lignano Pineta, un locale sempre
impegnato nel sociale e nella valorizzazione della città
balneare. L’incasso derivato dalle specialità dolciarie sarà
devoluto all’Associazione Genitori Malati Emopatici
Neoplastici. “Quando non avrai più niente da dire vieni nei
nostri boschi in Carnia, siediti e ascolta la loro pace, dopo
vedrai quante cose avrai da raccontare!” Questa frase di
Raffaella     Ferrari,     una   delle
organizzatrici dell’evento, riassume il
tema della serata lignanese che vuole
favorire il dialogo e la sensibilità
nel sociale attraverso il gusto.
L’A.G.M.E.N. FVG è nata nel 1984 per
iniziativa di alcuni genitori che, dopo
la dolorosa esperienza della malattia
subita dai loro figli, hanno deciso di
impegnarsi affinché tutti i bambini che
stanno percorrendo lo stesso cammino
abbiano garantita dentro e fuori
l’Ospedale una qualità di vita migliore. L’A.G.M.E.N. si
adopera affinché tutti i bambini possano essere curati
nell’ambiente più idoneo e meno traumatizzante per loro e si
incarica di migliorare gli spazi di degenza, le attrezzature
sanitarie, l’informazione e di garantire l’aspetto scolastico
e ludico-ricreativo. Inoltre favorisce la ricerca e lo studio
nel campo dei tumori infantili e promuove, soprattutto con
particolare attenzione all’aspetto psicologico e sociale,
un’assistenza globale, non solo dei bambini ma anche del
nucleo familiare sia durante la malattia sia a guarigione
avvenuta.

E,L.

Ritorna la Rassegna L’ENERGIA
DEI LUOGHI 5° Edizione – 2°
Parte – dal 12 gennaio al 29
febbraio 2020 organizzata
dall’associazione culturale
CASA C.A.V.E di Visogliano
Prende il via dal Comune di Duino Aurisina (Ts), domenica 12
gennaio 2020, la seconda parte della Rassegna “L’Energia dei
Luoghi” – 5° edizione” con importanti appuntamenti organizzati
dall’associazione culturale CASA C.A.V.E di Visogliano, nei
mesi di gennaio e febbraio, a Visogliano, Ceroglie, Sistiana,
Cervignano del Friuli e a Gorizia con la grande mostra
internazionale “EVVI UN’ALTRA PROSPETTIVA…“, ideata da Massimo
Premuda e co-curata con Eva Comuzzi. La Rassegna si conclude
sabato 29 febbraio, a Duino, con il Seminario NUOVE
DIMENSIONI, aperto a tutti, a cura della fisica Marina Cobal,
con importanti presenze internazionali del mondo dell’arte e
della scienza.

                      Il primo appuntamento della Rassegna
                      “L’Energia dei Luoghi” è previsto
                      domenica 12 gennaio 2020, allo
                      StudioMima di Visogliano n.1 con la
                      sezione SUONI E VISIONI. Alle ore 18.00,
                      è in programma l’inaugurazione mostra
                      fotografica “La terra vista dalla terra
                      – Lookdownart” del danese Steffen A.
                      Andersen,    un   artista    che   pone
                      particolare attenzione alla luce e alla
                      composizione delle forme e dei colori,
                      ricercando sentimenti di meraviglia,
mistero e fiaba in una nuova fotografia impressionista.

La mostra – visitabile sino al 19/01/2020 – dalle 18.00 alle
20.00 sarà accompagnata dall’intervento musicale della
pianista Beatrice Zonta, una grande prova di sensibilità e
abilità sull’antico Pokorni, pianoforte viennese, di fine
Ottocento.
Alle ore 19.00, seguirà l’incontro ”La scienza di Leonardo Da
Vinci: Platone all’incontrario” con il violoncellista Riccardo
Pes e il fisico Fabrizio Cocetti, ricercatore dell’Istituto E.
Fermi di Roma e presso il CERN di Ginevra. L’evento è
organizzato in collaborazione con l’associazione PianoFVG,
nell’ambito del Progetto “Quaderni Leonardiani”. La lectio
musicalis coniugherà la Musica, considerata da Leonardo
sorella minore della Pittura, con il sapere della Scienza e
della    Filosofia.      L’incontro     sarà    accompagnato
dall’installazione “Dodecafonia per il pianeta – Non sei mai
troppo piccolo per fare la differenza” di Fabiola Faidiga e
Madia Cotimboe sarà proiettato il video “Osserva” a cura di
Federica Pagnucco, Sara Beinat, Matteo Sabbadini.

Presso lo Studio Mima, continuerà in settimana il programma di
“SUONI E VISIONI”, a cura di Beatrice Zonta, con i seguenti
appuntamenti, sempre alle ore 19.00: Mercoledì 15 gennaio,
“Giovani pianisti” esibizione di alcuni allievi dell’istituto
musicale Glasbena matica. Venerdì 17 gennaio,”Musica
d’operetta e non solo…” con il soprano Daria Ivana Vitez.
Domenica 19 gennaio,“Artquiz“ indovinelli sull’arte e la
cultura.

Pollicino     del     Teatro
dell’Orsa in scena ad Arco,
in provincia di Trento Il 12
gennaio
Una storia di coraggio, da una delle più belle fiabe di
Charles Perrault: appuntamento imperdibile, per cuori di tutte
le taglie, nell’ambito della rassegna Teatro a gonfie vele.

«Anche i più piccoli, alti come Pollicino, possono raggiungere
grandi risultati. Basta avere un cervello fino, orecchie
aperte, e grandi stivali fatati»: Bernardino Bonzanidel Teatro
dell’Orsa cita un frammento di Pollicino, spettacolo di cui è
protagonista, che sarà in scena domenica 12 gennaio alle ore
16.30 al Cinema Auditorium Oratorio ad Arco, in provincia di
Trento, nell’ambito della rassegnaTeatro a gonfie vele.

«Pollicino è una storia che continua a parlarci di come, con
la creatività e una buona dose di solidarietà, si possa uscire
dalla povertà. Con questo spirito abbiamo voluto ideare e
realizzare le scenografie e gli oggetti dello spettacolo»
aggiunge l’attore e scenografo Franco Tanzi «Tutto è stato
creato con materiale di riciclo: legno, metalli, stoffe,
materie plastiche, persino lampade. Alla materia destinata
allo scarto e alla discarica è stata restituita un’anima e una
funzione in grado di comunicare ancora emozioni».

«Una fiaba per vincere la paura, un sentiero di molliche di
pane per entrare nel bosco, sapere chi siamo, essere forti
anche quando siamo piccoli» conclude Bernardino Bonzani «Come
Pollicino occorre ritrovare la strada di casa e, quando
proprio non si può fare altrimenti, si deve trovare il
coraggio di affrontare l’orco».

Il Cinema Auditorium Oratorio si trova in via del Pomerio 15
ad Arco (TN).

Posto unico non numerato € 4,00.

Prevendita biglietti: presso gli sportelli delle Casse Rurali
del Trentino.

Orario biglietteria teatro: un’ora prima dell’inizio dello
spettacolo.

Murder Ballad_Galleria Toledo
– 10-11-12 gennaio 2020

Omicidio in rock

Dopo il grande successo di critica e di pubblico della
stagione scorsa torna in Italia ad inizio 2020, MURDER BALLAD,
il rock musical statunitense ideato e scritto da Julia Jordan,
con i testi e le musiche di Juliana Nash: uno degli spettacoli
più originali degli ultimi vent’anni di produzione Off-
Broadway.

                                                        Un
triangolo amoroso, il rock e un omicidio: questi gli
ingredienti che compongono la miscela esplosiva di MURDER
BALLAD, rock musical dal sapore metropolitano e underground.
90 minuti di emozioni sull’onda di brani dal sapore
Newyorkese, per un viaggio nei labirinti della mente, tra eros
e thanatos, destino e libertà, alla ricerca di una
risoluzione, forse della verità. In scena un cast eccezionale,
diretto da Ario Avecone e Fabrizio Checcacci: Arianna
Bergamaschi, lo stesso Ario Avecone, Fabrizio Voghera, Myriam
Somma, Martina Cenere, Valentina Naselli e Jacopo Siccardi. La
direzione musicale è di Cosimo Zannelli. Il musical approda in
Italia grazie al regista, autore e produttore Ario Avecone,
ideatore del musical immersivo, che da 7 anni porta in scena
“Amalfi 839AD” e il suo seguito “Rebellion” presso l’Arsenale
della Repubblica di Amalfi, con grande successo di pubblico e
critica. Murder Ballad affronterà una tournée nazionale che lo
porterà nelle maggiori città italiane nei mesi di Gennaio e
Febbraio 2020.

Ideato e scritto da Julia Jordan

Musiche e testi di Juliana Nash
Adattamento teatrale: Ario Avecone
Traduzioni: Ario Avecone, Fabrizio Checcacci,            Arianna
Bergamaschi, Fabio Fantini, Myriam Somma

Regia di Ario Avecone e Fabrizio Checcacci
Direzione Musicale: Cosimo Zannelli

con
Arianna Bergamaschi Sarah
Fabrizio Voghera Michael
Ario Avecone Tom
Myriam Somma Narratore
Martina Cenere Cover narratore/swing
Valentina Naselli Destino/Alternate Sarah
Jacopo Siccardi LibertàScenografie di Giuseppe Palermo
Costumi di Myriam Somma
Luci di Alessandro Caso e Ario Avecone
Aiuto Regia e Dinamica scenica: Antonio Melissa
Responsabile di produzione: Dario Matrone
Ufficio Stampa: Maria Gabriella Mansi e Silvia Arosio
Foto: Eolo Perfido, Pino Falcone

Biglietteria:
posto unico: 20 euro
link per l’acquisto online: https://bit.ly/2MNxWPH
PRENOTAZIONE CONSIGLIATA!

BAZ in teatro a Milano la
città  che   l’ha  adottato
lunedì 20 gennaio 2020
Divenuto celebre per i suoi personaggi “BAZ il lettore
multimediale” ed il cantante autoriferito “Gianni Cyano”
l’artista sardo si cimenta in uno spettacolo dove “si toglie
la maschera” ed interpreta se stesso dall’inizio alla fine
dello show

                     Milano – Marco Bazzoni ‘torna’ a Milano,
                     la    città     che    l’ha    adottato
                     artisticamente, quando da Sassari si è
                     trasferito dall’Isola al Continente:
                     “Milano inizialmente è stata una tappa
                     obbligata, nei primi anni 2000 la
                     comicità era lì, rimanendo in Sardegna
                     non avrei avuto tutte le possibilità di
                     crescita che ho avuto a Milano“.

Dopo aver frequentato diverse scuole di recitazione,
improvvisazione e canto, le esperienze nei comici “La Corte
dei Miracoli” e il “CaffeTeatro” di Verghera di Samarate e
dopo diversi riconoscimenti, tra cui il primo premio al
“Festival del cabaret” di Martina Franca nel 2005, il Premio
“Ettore Petrolini” a Bravo Grazie 2006 e il Premio “Walter
Chiari” come rivelazione comica dell’anno, nel 2007 entra
stabilmente nel cast del programma di Italia 1 negli studi
milanesi di COLORADO e da lì inizia la sua grande popolarità.

Oggi, ne “La verità rende single“, Baz si mette “a nudo” non
solo per mostrarsi autentico e vero, ma soprattutto per
svelare con tanta ironia le ipocrisie di un mondo sempre più
artefatto e sempre più ambiguo.
Una significativa svolta alla carriera dell’artista che arriva
dopo un’intensa attività di live e dopo i suoi ultimi studi
sulla stand-up comedy fatti a Los Angeles, dove si è esibito
in diversi comedy club fino ad arrivare all’esordio nel tempio
mondiale della comicità, l’Hollywood Comedy Store.

Il Cantico dei                       cantici             di
Roberto Latini
La Stagione Teatro Contatto inaugura il 2020 con
l’artista Roberto Latini, straordinario autore, attore e
performer, in scena al Teatro S.Giorgio di Udine sabato 11
gennaio (ore 21) con la sua interpretazione di uno dei testi
più antichi e importanti di tutte le letterature, forse uno
dei più misteriosi: il biblico Cantico dei cantici. Prodotto
da Fortebraccio Teatro/Compagnia Lombardi-Tiezzi, lo
spettacolo è parte di un percorso di ricerca sulla live
performance, che prende la forma di ‘concerto per voce e
corpo’, in cui confluiscono, in un lavoro autoriale condiviso,
gli apporti di Roberto Latini, come performer, Gianluca
Misiti per la partitura di suoni e musica, e Max Mugnai, per
la parte visiva.
Lo spettacolo ha vinto due prestigiosi Premi Ubu nel 2017:
Roberto Latini come Miglior attore/performer e Gianluca Misiti
per il Miglior progetto sonoro.

Il Cantico dei cantici è un affascinante inno alla bellezza,
un bolero tra ascolto e relazione, un balsamo per corpo e
spirito: Roberto Latini si immerge con il respiro, la sua voce
e le sue temperature di raffinato interprete, in questo testo
pervaso di dolcezza e accudimento, di profumi e immaginazioni.
mtr
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