LA STORIA DELL'ARTE E DELLA TUTELA DEI BENI ARCHEOLOGICI E IL TERRORISMO JIHADISTA

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LA STORIA DELL'ARTE E DELLA TUTELA DEI BENI ARCHEOLOGICI E IL TERRORISMO JIHADISTA
LA STORIA DELL’ARTE E DELLA TUTELA DEI BENI
  ARCHEOLOGICI E IL TERRORISMO JIHADISTA
                                       Paolo Seminara

(tesi Master in “Geopolitica della sicurezza”, Università degli Studi Niccolò Cusano UNICUSANO
– a.a. 2016-2017 – relatore Prof. Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte)

Introduzione

CAPITOLO I - LA DISTRUZIONE E LA DEPREDAZIONE DEL PATRIMONIO
CULTURALE: DA IERI AD OGGI
1.1 Il saccheggio nella storia
1.2 IS: lo Stato del terrore
1.3 La pulizia culturale
1.4 Palmira: la sposa del deserto
1.5 Il mercato nero delle opere d'arte
1.6 Come avvengono i saccheggi?
1.7 Andrew Keller: l'aspetto finanziario dell'IS

CAPITOLO II - LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE NEL DIRITTO
INTERNAZIONALE
2.1 Lo sviluppo della protezione culturale: prima della Seconda Guerra Mondiale
2.2 1954: la Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato
2.3 1972: la Convenzione per il patrimonio mondiale
2.4 2001: la distruzione dei Buddha di Bamiyan e di Timbuktu
2.5 Siria e Mosul e l’evoluzione del proprio patrimonio culturale

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2.6 La risposta Internazionale agli attacchi dello Stato Islamico

CAPITOLO III - CASCHI BLU DELLA CULTURA
3.1 Il ruolo svolto dall'UNESCO per promuovere e garantire la tutela del patrimonio naturale e
culturale dell'umanità
3.2 L'azione politica italiana in favore della protezione del patrimonio culturale
3.3 L'intesa con l'UNESCO per la creazione di una Task Force italiana
3.4 L'Accordo con l'UNESCO per la creazione del Centro di formazione Internazionale
3.5 Dal primo intervento svolto dai Caschi Blu della Cultura al loro ruolo di difesa del Patrimonio
Culturale distrutto o saccheggiato dai gruppi terroristi
Conclusioni
Bibliografia

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INTRODUZIONE

La presente tesi, è il risultato di un lavoro di ricerca che ha l’obiettivo sia di analizzare
il fenomeno, sviluppatosi notevolmente negli ultimi anni, della distruzione,
dispersione, depredazione ed esportazione illecita di opere d’arte e siti archeologici di
valore inestimabile nei territori occupati dall’islam dello Stato Islamico (IS), sia di
analizzare le iniziative adottate nell'ambito della comunità internazionale volte alla
tutela ed alla protezione del Patrimonio Culturale Mondiale.
Il primo capitolo della tesi esamina il fenomeno storico del furto di opere e beni
culturali, che ha visto protagonisti figure di spicco quali Napoleone Bonaparte e più
recentemente, durante il secondo conflitto mondiale, Adolf Hitler, per poi passare ad
esaminare le azioni devastanti di gruppi estremisti di matrice islamica che, in virtù di
una logica dettata da fanatismo religioso, mette in atto la distruzione fisica non soltanto
delle popolazioni dei territori occupati, ma anche dei siti archeologici più
rappresentativi dell’età del politeismo preislamico, periodo aborrito dagli jihadisti.
Soffermandosi in particolare sulle azioni commesse da IS , dopo un’elencazione ed
analisi delle azioni distruttive commesse a danno di diversi siti culturali presenti in
Siria ed in Iraq, come il museo archeologico di Mosul o il sito archeologico di Palmira,
vengono esaminate anche le motivazioni che muovono la cosiddetta “pulizia culturale”
proclamata dai militanti dell’IS che inneggiano ad una lotta all’idolatria da attuarsi su
scala mondiale.
Pertanto, diversi studi e ricerche, come ad esempio quelli svolti dal giornalista del
National Geographic Ingo Gilmore e da Andrew Keller, del Dipartimento di Stato
degli affari economici e commerciali degli Stati Uniti d’America, hanno messo in luce
l’esistenza di un vero e proprio mercato nero delle opere d’arte trafugate da parte
dell’IS, il quale rappresenta un’importante entrata finanziaria per lo Stato Islamico.
Il commercio delle opere trafugate da parte dell’IS è divenuto, infatti, la terza attività
di autofinanziamento del Califfato, dopo la vendita del gas e del petrolio.
Il secondo capitolo della tesi esamina lo sviluppo del diritto internazionale per la tutela
del patrimonio storico-culturale mondiale partendo dal 1899, anno in cui venne firmata
la Convenzione dell’Aja su leggi e costumi della guerra terrestre, che contiene le prime
disposizioni in materia, fino ad arrivare allo scenario attuale che vede una risposta
internazionale alle devastazioni dei siti archeologici da parte dello Stato Islamico.
Nel dettaglio sono state esaminate, la Convenzione per la Protezione dei Beni culturali
in caso di Conflitto Armato, approvata nel 1956 dall’United Nation Educational,
Scientific and Cultural Organization (UNESCO), in risposta alle devastazioni della
Prima e della Seconda Guerra Mondiale e la Convenzione del 1972, approvata

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dall’UNESCO, per la Protezione del Patrimonio Mondiale, Culturale e Naturale
dell’Umanità. Sebbene entrambe le Convenzioni rappresentino le colonne portanti del
diritto internazionale per la salvaguardia del Patrimonio
Culturale Mondiale, attualmente, si sono dimostrate inefficaci a fronteggiare gli
attacchi che l’IS sta sferrando nel corso degli ultimi anni a danno del patrimonio
artistico in Iraq e Siria.
L’ultima parte del secondo capitolo evidenzia come nonostante le diverse iniziative
proposte dall’UNESCO, dall’ONU e dagli Stati Uniti d’America, come ad esempio la
riunione d’emergenza, convocata dall’UNESCO il 30 settembre 2014, sia diventata
improcrastinabile un'azione congiunta e condivisa a livello internazionale per il
rafforzamento della protezione di quei siti e beni culturali divenuti obiettivi dei gruppi
armati del radicalismo religioso.
Il terzo capitolo della tesi è dedicato all’esposizione e valutazione dell’Accordo
stipulato tra il Governo Italiano e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per
l’Educazione la Scienza e la Cultura per la creazione di una Task Force Italiana.
La preoccupazione per la distruzione e la perdita del patrimonio culturale sono alla
base delle trattative tenutesi per ben due anni e concluse con la stipula dell’Accordo tra
l’UNESCO ed il Governo Italiano per la creazione di una Task Force in grado di
intervenire nelle aree di crisi per la Tutela del Patrimonio Culturale Mondiale.
La Task Force è la prima unità di pronto intervento in grado di intervenire in qualsiasi
momento, su richiesta di uno Stato membro che si trovi ad affrontare una crisi o una
catastrofe naturale, per valutare i danni provocati al patrimonio culturale e naturale
colpito.
Nello stesso capitolo viene anche esaminato l’Accordo con l'UNESCO per l'istituzione
a Torino di un nuovo centro di formazione (ITRECH) concluso, contestualmente, al
Memorandum per la creazione della Task Force italiana.
La parte conclusiva del terzo capitolo è dedicata al primo intervento dei "Caschi Blu
della Cultura", i quali, addestrati per intervenire presso la città di Palmira all’indomani
della distruzione del sito archeologico, sono stati chiamati per un primo pronto
intervento presso la città di Amatrice dopo la scossa sismica avvenuta il 24 agosto del
2016 con lo scopo di monitorare lo stato del Patrimonio Culturale nelle zone colpite
dal terremoto.

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CAPITOLO I
         LA DISTRUZIONE E LA DEPREDAZIONE DEL PATRIMONIO
                    CULTURALE: DA IERI AD OGGI.

1. IL SACCHEGGIO NELLA STORIA
La dispersione del patrimonio culturale per la mercificazione dei beni, tramite
saccheggi organizzati o occasionali di siti archeologici, è un'odiosa sventura senza
tempo.
Questa attività illecita è documentata fin dagli inizi della civiltà urbana, almeno per
quanto concerne la valle del Nilo, in modo sporadico per le più antiche tombe reali del
mondo faraonico e per le più vistose ed affascinanti sepolture reali del Nuovo Regno1.
Un fenomeno che si è ripetuto infinite volte nel corso della storia antica, medioevale e
moderna sotto ogni tipo di forma, senza mai arrestarsi completamente nel Ventesimo
ma soprattutto nel Ventunesimo secolo. Un saccheggio che ha visto come protagonisti
lo stesso Napoleone e Hitler.
Napoleone ha trovato nel saccheggio il modo per poter compensare i suoi eserciti.
Hitler, da parte sua, saccheggiava le opere d'arte ma soprattutto distruggeva migliaia di
libri e opere poiché ritenute contrarie alla sua etica e "against his aesthetic or Aryan-
genetic preferences"2.
I bombardamenti della seconda guerra mondiale hanno provocato una devastazione
senza fine del Patrimonio Culturale di tutti i Paesi europei coinvolti nel conflitto. Sono
stati gravemente danneggiati o distrutti singoli monumenti come la Basilica di San
Lorenzo a Roma, l'abbazia di Montecassino, opere artistiche, interi centri storici come
quello di Coventry e di Dresda.
Per ignobili motivi sono stati demoliti luoghi simbolo, per cause che non possono
essere accettate nemmeno sotto la logica della guerra. Le ragioni della distruzione e
saccheggio durante la seconda guerra mondiale sono varie come ad esempio,
terrorizzare un'intera popolazione attraverso la minaccia e la devastazione totale
incurante di ogni tipo di perdita culturale, umiliare l'orgoglio e la memoria di un popolo
tramite la cancellazione di un simbolo della sua eredità culturale o annientare
interamente una città e i suoi abitanti per costringerli ad una resa incondizionata.
La seconda guerra mondiale è stata una spaventosa realizzazione di sofferenza, di
distruzione, una guerra di dimensioni inconcepibili che è costata la vita di decine di

1
  Matthiee P., Distruzione, saccheggi e rinascite. Gli attacchi al patrimonio artistico dall'antichità all'Is,
Mandadori Electa, Roma, 2015.
2
  Ferri P. G., Terrorism and cultural heritage. Terrorists’ departments for antiquities and their fun activities
through cultural goods selling, 2015, documento fornito dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

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milioni di esseri umani. Una guerra che ha portato con sé un grande disastro del
Patrimonio Culturale, che gli uomini di tutto il mondo pensavano non si sarebbe mai
potuto ripetere. Un'attività che purtroppo non è mai cessata.
Nel corso degli ultimi anni il culmine dei saccheggi, indisturbati e sistematici, dei siti
archeologici è stato raggiunto nei paesi del Vicino Oriente sconvolti da crisi interne e
da nascosti o dichiarati interventi esterni che hanno sempre comportato una grave
diminuzione con susseguente annullamento del controllo del territorio da parte delle
forze dell'ordine.
Un fenomeno riscontrabile, ad esempio, durante la guerra civile libanese, combattuta
nel territorio tra il 1975 e il 1980, che ha visto quasi tutte le regioni del Paese colpite
da bande di scavatori clandestini che riuscivano ad operare senza alcun rischio,
distruggendo e massacrando necropoli di eccezionale importanza storica, come quella
del Tiro, e in alcuni casi annientando quasi integralmente siti antichissimi di grande
rilievo storico.
Molto più gravi sono state le distruzioni di siti archeologici antichissimi presenti nelle
regioni dell'Iraq meridionale. Depredazioni avvenute soprattutto durante l'intervento
militare anglo-americano del 2003 per rovesciare il regime di Saddam Hussein e negli
anni più recenti in diverse aree della Siria sconvolta dalla gravissima crisi ancora
irrisolta.
Un'altra importante demolizione è quella avvenuta in Babilonia, la vasta regione
compresa tra Baghdad e Bassora, dove gli scavi clandestini sistematici, certamente
commissionati da organizzazioni internazionali collegate al mercato illecito di reperti
archeologici, hanno ridotto a sterminati campi città di grandissimo interesse storico3.
I danni, i rischi e i saccheggi che il patrimonio culturale, soprattutto in Iraq e in Siria,
sta subendo per il controllo del territorio sono essenzialmente originati da tre cause
maggiori.
La prima è riscontrabile negli scavi clandestini, che in passato erano su scala ridotta e
occasionale, ma che ora sono diventate pratiche molto diffuse, sistematiche e
organizzate con mezzi tecnologicamente avanzati per mano di bande armate, collegate,
spesso, a organizzazioni internazionali del mercato dell'antiquariato.
La seconda causa è l'uso di siti archeologici per ospitare accampamenti di comandi
regionali militari, di milizie, depositi di armamenti ed esplosivi, con la conseguenza
che tali siti archeologici diventino probabili bersagli di bombardamenti o attacchi
devastanti, come si è visto anche durante la seconda guerra mondiale.

3
    Matthiee P., Distruzione, saccheggi e rinascite, cit.

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L'ultima causa è il feroce, spietato odio verso "l'altro" e verso la sua cultura ed è proprio
in nome di questo odio che monumenti, opere, siti archeologici diventano elementi
sistematici di abbattimento, che intende essere un totale disfacimento da parte di quei
gruppi fondamentalisti fanatici i quali sono caratterizzati da un'identità culturale e
religiosa estremista, senza alcun tipo di tolleranza e rispetto verso "l'altro"4.
Il problema degli scavi clandestini e del conseguente commercio illegale è ormai un
problema di dimensioni globali, che non è stato risolto e non può essere risolto da una
singola, pur autorevolissima iniziativa, anche se promossa da un'importante
organizzazione mondiale.
In Siria, in particolar modo, è presente un disperato eroico impegno per la protezione
dei siti archeologici, che finora è stato soddisfacente solo per la protezione dei materiali
dei musei del Paese, ma è del tutto impotente di fronte al moltiplicarsi di scavi
clandestini.
Il saccheggio, la distruzione, e il conseguente mercato mondiale delle antichità, sono
diventate le attività più frequenti di bande organizzate, con la complicità di potenti
organizzazioni, che permettono la vendita sicura di tali beni e dei proventi
soddisfacenti per finanziare l'acquisto di armamenti e il reclutamento di milizie.
Tra le diverse bande organizzate, una in particolare ha preso nel corso degli anni
sempre più piede, seminando terrore e violenza con ferocia sanguinaria tra le
popolazioni.
Questo gruppo armato ha assunto nel giugno del 2014 il nome di Stato Islamico 5.

                            2. IS: LO STATO DEL TERRORE
          " Ci sono due tipi di terrore, buono e cattivo. Quello che pratichiamo noi è un
          terrore buono. Non cesseremo mai di uccidere loro e chiunque li appoggi" .
                                                                         Osama Bin Laden

Questa "nuova organizzazione”, si è resa responsabile di gravissime distruzioni nei
confronti dei beni culturali, ma non è stato il primo gruppo islamico a compierle.
Nel 2001, i Talebani afghani distrussero con la dinamite i monumentali Buddha di
Bamiyan, due enormi statue alte 55 e 33 metri scolpite nella pietra a 230 chilometri da
Kabul. Uno dei crimini più odiosi contro uno dei Patrimoni dell'Umanità dichiarati
dall'Unesco di cui si sono macchiati i Talebani sotto la guida del Mullah Omar, che

4
    Ibidem, pp. 236-237
5
    Stato Islamico, abbreviato IS, è il nome che si è dato un'organizzazione jihadista salafita

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considerava ''simboli pagani'' quelle rappresentazioni d’inestimabile valore.
Rispondendo alla denuncia globale per la distruzione dei Buddha, i Talebani risposero
che l'azione era stata decisa per protestare contro l'attenzione che la comunità
internazionale dimostrava per le statue mentre il popolo afghano soffriva la fame,
riducendoli ad un cumulo di polvere e macerie e distruggendo due opere
rispettivamente di 1.500 e 1.800 anni d’età.
Distruzioni importanti di beni culturali sono state compiute negli anni scorsi anche
dall’ala africana di Al Qaeda, AQMI, in particolar modo a monumenti di carattere
storico e religioso a Timbuctu, conosciuta come la “Città dei 33 Santi”.
Timbuctu è stata per diversi secoli – soprattutto tra il XIII° e il XVI° secolo – uno dei
più importanti centri culturali dell’Islam, in cui studiavano decine di migliaia di
studenti islamici.
Nel 2012 gruppi islamisti che controllavano l'antica città nella parte nord occidentale
del Mali distrussero alcuni siti di Timbuctu, città del Mali, dichiarata patrimonio
dell’umanità dall’Unesco. Vennero danneggiati importanti mausolei dei santi
musulmani e l’ingresso di una moschea, applicando in questo modo la loro
interpretazione estremista della sharia che considera vietato il ricordo e la venerazione
dei santi.
Tornando allo Stato Islamico, va detto che negli ultimi anni ha cambiato molto spesso
nome: originariamente questo gruppo armato faceva parte di Al Tawhid al Jihad, per
poi cambiare nome e diventare ISI (lo Stato islamico in Iraq) e affiliarsi
successivamente ad Al Qaeda, prendendo il nome di al Qaeda in Iraq.
Nel 2013, infine, mirando all’annessione della branca siriana del gruppo jihadista
affiliato ad al Qaeda, l'organizzazione prese il nome di ISIS o ISIL (Stato Islamico
dell'Iraq e del Levante al-Sham). Conseguentemente alla proclamazione, da parte di
Abu Bakr al-Baghdadi, della nascita del Califfato nel giugno 2014, l'IS è diventato lo
Stato Islamico (IS).
Per la prima volta, dopo la seconda guerra mondiale, una forza armata di grandi
potenzialità ha cercato di ridisegnare i confini geografici del Medio Oriente che furono
delineati nel corso della storia dai francesi e inglesi.
Lo Stato Islamico ha combattuto una guerra di conquista e di fatto cancellato i confini
fissati dall'Accordo Sykes-Picot6 firmato il 16 maggio 1916. Quel che discerne l'IS e il
suo successo da ogni altro tipo di organizzazione è la sua modernità e il suo
pragmatismo. "L'incubatrice dello Stato Islamico sono state la globalizzazione e la

6
    www.movisol.org/sykes-Picot.pdf, 10 febbraio 2016.

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tecnologia moderna"7. Nessuna organizzazione armata mediorientale aveva mai
promosso nel passato un potere politico di queste dimensioni, specialmente con i
finanziamenti del Golfo.
L'IS è una macchina del terrore, una minaccia che viene avvertita specialmente dalle
Nazioni confinanti con la Siria e l'Iraq e nel luglio 2014 ha fatto la sua comparsa nei
villaggi giordani, occupando perfino la città di Arsal.
Un potere politico basato soprattutto sulla paura, che vieta di fumare, di utilizzare la
macchina fotografica, che obbliga le donne ad andare in giro completamente coperte
non potendo indossare pantaloni, che vieta alla donna di poter viaggiare se non in
presenza di un famigliare maschio. Un potere che al tempo stesso è impegnato in una
pulizia religiosa attuata mediante una forma di proselitismo molto aggressiva. In nome
di questa pulizia religiosa l'IS giustifica le azioni terroristiche promuovendo il nome di
Allah, con l'intento di riportare l'Islam alla sua gloria passata.
L'importanza della religione islamica è visibile nella stessa bandiera nera che viene
sventolata dai membri di questo Stato, una bandiera che è legata all'Islam fin dalla sua
nascita. Secondo la tradizione, infatti, Maometto sedeva sotto uno stendardo nero
ricavato dal velo della moglie Aisha per diffondere la parola ai suoi seguaci.

         «testimonio che non c'è altro dio all'infuori di Dio e testimonio che Maometto è il suo profeta»8.

La scritta in arabo riportata sulla parte alta della bandiera è la shahada, la professione
di fede islamica. «Ašhadu an lā ilāha illā Allāh wa ašhadu anna Muḥammad rasūl
Allāh», ovvero «Testimonio che non c'è divinità se non Dio (Allāh) e testimonio che
Maometto è il Suo Messaggero »8.

7
    Napoleoni L., Is lo Stato del Terrore, cit., p. 14.
8
    http://www.lettera43.it/capire-notizie/is-il-significato-della-bandiera_43675176615.htm

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Ed è sempre in nome di Allah, in nome di questa Pulizia religiosa, che l'Is compie
periodicamente atti atroci di violenza come attacchi terroristici, attacchi suicidi nei
confronti di obiettivi civili, decapitazioni, depredazioni di beni culturali 9.

                                   3. LA PULIZIA CULTURALE

Una delle tante attività promosse dallo Stato Islamico è proprio l'abolizione di quel
Patrimonio Culturale che racconta la nostra storia, le nostre conquiste, le nostre culture,
ciò che costituisce la ricchezza di una popolazione.
       "Cultural heritage is an important component of the cultural identity of
communities, groups and individuals, and of social cohesion, so that its intentional
destruction may have adverse consequences on human dignity and human rights”10.
Come i nazisti prima di loro, oggi i gruppi terroristici fondamentalisti islamici
distruggono l'arte che oltraggia i loro valori, con la scusa di proteggere le persone
dall'influenza corrosiva dell'arte.
Nella logica di un fanatismo religioso così estremo, non può meravigliare il fatto che
il furore distruttivo dell'IS si sia accanito contro monumenti, opere, siti archeologici,
presenti in Siria e in Iraq, i quali appartengono all'età più odiosa e detestabile del
politeismo preislamico11.
Come abbiamo visto, in passato anche i talebani se la presero con le opere d'arte
distruggendole, come ad esempio le statue di Buddha abbattute nel 2001 mentre al
Qaeda distrusse operazioni contro la moschea di Timbuctu avvenuta nel luglio del
2012.
La differenza, però, tra l'IS e le organizzazioni jihadiste passate sta nel fatto che la lotta
all'idolatria svolta per mano dei talebani e di Al Qaeda era una dei tanti moventi dietro
alla devastazione delle opere d'arte mentre per lo Stato Islamico sembra quasi essere il
movente principale.
In particolar modo, una delle differenze principali sta nel rapporto che esse hanno con
il passato. Gli altri jihadisti si limitavano a ispirarsi ai primi anni dell’Islam, l’IS da
parte sua, invece, vuole letteralmente portare indietro il mondo arabo al VII secolo.
Gruppi come, ad esempio, quello di Al-Qaeda guardavano ai tempi del profeta e dei
suoi immediati successori come un modello irraggiungibile da imitare, senza mai voler

9
  Napoleoni L., Is lo Stato del Terrore, cit.
10
   Ferri P. G., Terrorism and cultural heritage, cit.
11
   Matthiee P., Distruzione, saccheggi e rinascite, cit

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ricreare quel mondo. Lo Stato islamico, al contrario, si propone proprio di ricostruire,
nel Ventunesimo secolo, la società degli immediati successori di Maometto.
Quando ha dichiarato la nascita del “Califfato”, il gruppo jihadista intendeva
esattamente questo, ossia, la creazione di un equivalente contemporaneo del regno dei
cosiddetti “Califfi ben guidati”, i quattro successori di Maometto che guidarono la
comunità musulmana tra il 632 e 66112.
Il loro estremismo ha portato ad una vera e propria "Pulizia Culturale", ovvero, una
strategia internazionale che mira a distruggere la coesione sociale ed eliminare la
diversità culturale attraverso attacchi liberi contro quelle persone che vengono
identificate in base al loro background culturale, etnico o religioso e tramite degli
attacchi diretti a distruggere i loro luoghi di culto e di memoria.
Questa pulizia culturale, che può essere riscontrata specialmente in Siria e in Iraq, viene
attuata tramite attacchi contro beni culturali, quindi contro quelle espressioni fisiche,
costruite della cultura, quali monumenti ed edifici ma anche nei confronti delle
minoranze e delle espressioni immateriali della cultura, come usi, costumi e credenze.
Una vera e propria "protesta globale"13 guidata dai militanti dello Stato Islamico che
demoliscono monumenti antichi tramite esplosivi, mazze, picconi, armi automatiche,
martelli pneumatici e bulldozer.
Atti che vengono ripresi dagli stessi membri dell'IS, i quali documentano, tramite foto
e video, il loro lavoro, la loro "opera d'arte"14. Massimo esempio fu il video girato
quando i militanti dello Stato Islamico hanno attaccato e distrutto con gli esplosivi gran
parte delle antiche mura della città assira di Ninive, in Iraq e le due statue leonine alle
porte di Raqqa, in Siria, capitale dello Stato islamico.

Antiche mura della città di Ninive15

12
   Matthiee P., Distruzione, saccheggi e rinascite, cit
13
   Napoleoni L., Is lo Stato del Terrore, cit., p. 27.
14
   Ferri P. G., Terrorism and cultural heritage, cit.
15
   Spiana bulldozer antiche mura.

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Nel febbraio del 2015 gli attacchi sono continuati con le riprese sulla distruzione delle
opere esposte nel museo archeologico di Mosul, situato in Iraq, in gran parte
provenienti dalle rovine della città assira di Hatra.
Per poi proseguire il 5 marzo 2015 con la dichiarazione di abbattimento, tramite
bulldozer, dell'antica città assira di Nimrud, la cui costruzione risaliva al XIII secolo
a.C. in Iraq, non lontano dal sito archeologico di Mosul.
La loro pulizia culturale, nel marzo del 2015, è stata inarrestabile. Un furore che si è
scagliato contro qualsiasi traccia della civiltà preislamica, di religioni concorrenti,
come quella sciita ma anche contro i mausolei islamici considerati una forma di
idolatria in contrasto con l’interpretazione massimalista della Sunna.
Le aggressioni al Patrimonio Culturale sono proseguite con l'assalto della antica città
assira di Hatra, la quale venne distrutta con pesanti martellate e a colpi di kalashnikov.
La furia dell'IS, documentata da una ripresa fatta da un militante, si abbatte sulle statue
e le maschere presenti sulle mura della città16.

                                                                     Statua della città di Hatra distrutta a picconate17

                            4. PALMIRA: LA SPOSA DEL DESERTO

La collera dello Stato Islamico ha raggiunto la sua vetta più alta il 20 maggio del 2015
con la conquista, nell'area siriana, di Palmira, uno dei complessi archeologici di più
straordinario significato e suggestione a scala mondiale.

16
     Dati forniti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
Reparto Operativo.
17
     Iraq, liberata l’antica città di Hatra, patrimonio Unesco - http://www.askanews.it/video/2017/04/26/iraq-
     liberata-lantica-citt%C3%A0-di- hatra-patrimonio-unesco-20170426_video_17042831/

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Palmira è famosa, fin dall'antichità, per i suoi templi religiosi e per le altre strutture
grandiose ed è uno dei più importanti centri culturali del mondo antico e il suo sito
archeologico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO.
La città è conosciuta tra gli studiosi di storia antica soprattutto per essere stata la
capitale del Regno di Palmira sotto il governo della regina Zenobia.
Il regno di Palmira fu uno dei territori periferici dell’Impero romano dotato di maggiore
autonomia dove la regina Zenobia fu l’unico vero personaggio femminile rilevante in
una posizione di potere nella storia dell’Impero romano.
Palmira fu un importante nodo commerciale già ai tempi degli Assiri ma la sua
importanza crebbe specialmente sotto la dinastia dei Seleucide (323 a.C) e sotto il
governo dell'Impero Romano, che ne fecero una loro provincia, prima di diventare il
Regno indipendente governato da Zenobia.
La città è stata per lungo tempo un vitale centro carovaniero per i viaggiatori che
attraversavano il deserto siriaco per collegare l'Occidente, dove si trovavano le
principali città dell'Impero Romano, con l'Oriente tanto da essere soprannominata la
"Sposa del Deserto".

Matthiee P., Distruzione, saccheggi e rinascite, cit., pp. 241-24718.

Una Sposa del Deserto che è stata tenuta in ostaggio per dieci mesi dallo Stato Islamico.
L'IS impossessatasi della città nel maggio del 2015, nell'agosto iniziò la sua "pulizia
culturale" nel sito archeologico, facendo esplodere e radendo al suolo uno dei gioielli
dell'architettura di Palmira, il Tempio di Baalshamin, il quale fu costruito tra il I e il II
secolo d.C.

18
     Matthiee P., Distruzione, saccheggi e rinascite, cit., pp. 241-247

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Tempio di BaalShamin prima e dopo la sua distruzione19

Le devastazioni proseguirono in giugno, con l'abbattimento del Leone di Al-lat,
importantissima statua, la quale raffigurava sotto forma leonina la dea Allat, una dea
del pantheon arabo preislamico.

Ricostruzione del Leone di Al-lat.20

La sua furia non si arrestò ma continuò con la distruzione del Tempio di Bel, costruito
durante il regno di Tiberio per proseguire con l'abbattimento di alte torri funerarie della
necropoli, dopo essere state saccheggiate delle decorazioni presenti.
Nell’ottobre dello stesso anno l'IS ha proseguito con la distruzione di un altro
importante edificio antico della città di Palmira, l'arco di Trionfo. Edifico chiamato
anche Arco di Settimo Severo dal nome dell'imperatore romano sotto il cui regno fu
costruito.

19
     www.repubblica.it
20
     www.wikipedia.org

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Palmira - Arco di Trionfo prima della distruzione21.

Una Sposa del Deserto che era ammirata da milioni di visitatori di ogni paese, una
bellezza fuori dal tempo in uno spazio ammaliante, celebre per i tramonti rosseggianti
che facevano irradiare le tipiche pietre rosate dei suoi monumenti e una città diventata,
oramai, martire del Patrimonio Culturale Mondiale.
La brutalità dell'IS fu inarrestabile, raggiungendo culmini inimmaginabili. Nell'agosto
i militanti dello Stato Islamico resero pubblica l'esecuzione, presso Palmira della
decapitazione di un alto funzionario del Ministero della Cultura, il quale fu il
responsabile per quarant'anni delle antichità di Palmira.
Tramite questa azione è possibile osservare l'inciviltà dello Stato Islamico il quale non
si ferma solo al Patrimonio Culturale.
Tuttavia, l'atteggiamento dell'IS verso il patrimonio culturale è di una singolare e
paradossale duplicità. I militanti dello Stato Islamico hanno provocato una "protesta
globale"22 attaccando i monumenti storici, difendendo la distruzione dei manufatti
culturali con la scusa che esse rappresentavano culture pre-islamiche.
Dietro le quinte, però, lo Stato Islamico ha saccheggiato e rivenduto, tranquillamente,
i piccoli oggetti antichi originari dall' Iraq, Siria e altri territori, guadagnando milioni
di dollari23.

                   5. IL MERCATO NERO DELLE OPERE D'ARTE

Il mercato nero delle opere d'arte e dei reperti archeologici è sempre esistito nella storia.
Come i nazisti prima, oggi lo Stato Islamico distrugge ogni tipo di forma artistica che

21
   Palmira - Arco di trionfo. (Palmira, dal nome greco , Palmyra (Παλμύρα), dall'originale aramaico, Tadmor,
che significa 'palma', II millennio a.c.) - webitmag.it
22
   Ibidem, nota 13.
23
   Matthiee P., Distruzione, saccheggi e rinascite, pp. 241-247

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oltraggia i suoi valori ma, successivamente, le opere, derivanti dagli scavi illeciti,
vengono vendute sul mercato antiquario internazionale per finanziare le attività dello
stesso IS, compreso naturalmente l'acquisto di armamenti.
Qualsiasi cosa genuina, preziosa e abbastanza piccola da poter essere trasportata è
venduta dai militanti dello Stato Islamico. Il commercio delle opere trafugate da parte
dell'IS è divenuto sempre più organizzato grazie alla conquista di più territori. Il
"Califfato" dispone di diverse attività di autofinanziamento, come quella del gas e del
petrolio, incorporando negli ultimi anni le sue entrate finanziare con l'attività degli
scavi clandestini.
La vendita dei reperti archeologici, secondo i funzionari iracheni, è stata la seconda più
importante attività del gruppo terroristico, dopo la vendita di petrolio, che permette ai
militanti di guadagnare decine di milioni di dollari.
Un commercio che rappresenta una delle principali fonti di autofinanziamento per
molti gruppi armati. Un’attività che non risulta essere una novità in questi territori. Lo
stesso Al-Qaeda e i talebani erano, infatti, protagonisti ben noti del commercio illegale
dell'arte24.
Lo Stato Islamico saccheggia sistematicamente la Siria e l'Iraq per tranne profitto, tale
attività, a causa anche degli attacchi aerei statunitensi che hanno danneggiato le
infrastrutture, ha quasi sostituito il commercio del petrolio e del gas.
L'IS ha saccheggiato siti antichissimi, dando alle fiamme diverse librerie e ha demolito
vecchie città irachene e siriane.
Questa pulizia culturale si è diffusa come un virus che va oltre l’Iraq e la Siria per
infettare Libia, Yemen, Mali, e l'Egitto, minacciando anche il Libano e la Giordania.
Quello che i saccheggiatori non distruggono vendono per finanziare le loro operazioni
e diffondere ulteriormente l'estremismo islamico. Attualmente il Califfato possiede il
controllo di oltre un terzo dei siti archeologici iracheni e siriani25.

                         6. COME AVVENGONO I SACCHEGGI?

Per i militanti dell'IS è usuale riprendersi durante i loro atti barbarici, documentando in
questo modo la distruzione di siti archeologici, di musei, decapitazioni e altre scorrerie,
come parte di quello che viene definita "guerra su falsi idoli".

24
 Ferri P. G., Terrorism and cultural heritage, cit
25
 Dati forniti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
Reparto Operativo.

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In aree di crisi sono presenti, comunemente, cercatori esperti o dilettanti di opere d'arti.
I saccheggiatori sono alla disperata ricerca di un reddito e desiderosi di vendere quello
che possono, di solito attraverso Beirut o, sempre più spesso, tramite i confini turchi e
la Giordania. Per evitare il rilevamento e per mantenere un basso rischio, i beni culturali
sono nascosti in Turchia, Siria e Iraq.
Nelle aree controllate dall'IS erano presenti ricche zone di siti archeologici e
l'autoproclamato "califfato" ha implementato, nel suo territorio, un sistema basato sulla
tassazione del bottino di guerra. Un sistema in passato basato sulla supervisione ma
che ha poi previsto un totale controllo da parte dell'IS.
Secondo le prove finora raccolte, l'IS impone una tassa del 20 percento del valore dei
beni presenti nei siti archeologici che vengono rubati. Gli scavatori clandestini per
poter operare, nei territori controllati dallo Stato Islamico, necessitano di una
autorizzazione da parte di questi e solo successivamente possono iniziare i "lavori"26.
Essenzialmente vengono qualificati due tipi di distruzioni che portano a due tipi di
vendite nel commercio illegale delle opere d'arti.
Delle volte lo Stato Islamico distrugge falsi reperti archeologici rivendendo,
successivamente, il reperto originale nel mercato nero, così le loro attività illegali sono
finanziate da frammenti di opere che risultano essere una manovra di riciclaggio
particolarmente insidiosa27.
Questo tipo di condotta è molto utile per i contrabbandieri e gli intermediari che
operano in questo campo considerato che un oggetto frammentato risulta essere più
facilmente nascondibile.
In generale, i frammenti non attirano l'attenzione dei controlli di polizia, poiché viene
attribuito loro poco valore. Attraverso questa prassi, paradossalmente, l'organizzazione
criminale guadagna maggiori profitti in termini economici, creando un contatto forte
con gli acquirenti.
Nonostante la distruzione sia un’azione svolta dal terrorismo per principi ideologici,
questa pratica diventa una politica di vendita studiata e intenzionale da parte dei
mediatori e dei trafficanti. Per gli stessi acquirenti questa pratica risulta essere più
sicura poiché l'acquisto di grandi opere procurerebbe un maggior sospetto.
       "The purchasers of fragments appear to be 'meritorious' for having contributed
to save a cultural object condemned to disappear"28.

26
   Ferri P. G., Terrorism and cultural heritage, cit
27
   Dati forniti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
Reparto Operativo
28
   Ferri P. G., Terrorism and cultural heritage, cit., p. 4.

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Il mercato nero delle opere d'arte segue delle vie ben definite e delle rotte commerciali
ben note. Grazie a degli studi effettuati e grazie a delle interviste recentemente
pubblicate, affiora che le opere trafugate dallo Stato Islamico passano attraverso la
Turchia per poi passare tramite la Bulgaria per approdare in Occidente.
Grazie ad un documentario-inchiesta di Ingo Gilmore29, da parte della National
Geographic, viene avvalorata la presenza di un gruppo di attivisti siriani sotto
copertura, chiamati 'Monuments Men' moderni, i quali sono riusciti a filmare i militanti
dello Stato Islamico violare la terra come se fosse una caccia al tesoro. I monuments
men hanno il compito di registrare non solo il reperto in sé ma anche dargli una
collocazione geografica, poiché risalire alla provenienza del monumento rimosso
risulta essere un'operazione complessa.
Attraverso le scoperte fatte dalla National Geografiphic Society30 risulta possibile,
sulla base di diverse testimonianze, che i beni trafugati dalle diverse distruzione per
mano dell'IS siano trasportati in Occidente essenzialmente tramite il passaggio per la
Turchia e la Bulgaria poiché grazie alla sua posizione geografica di quest’ultima è
ormai da tempo l'accesso ai ricchi mercati europei. Essa è ben nota come punto di
transito di bande criminali che trafficano armi, droghe e reperti archeologici.
I manufatti di contrabbando viaggiano molto spesso tramite conducenti di fiducia e
delle volte anche tramite profughi disperati che, scappando dalla guerra, raggiungendo
l'Europa.
I tradizionali punti di ingresso nell'Unione Europea, per questo tipo di contrabbando,
sono la Bulgaria, Cipro, la Grecia e l'Italia. Quando un bene culturale arriva in Europa,
il rivenditore deve cercherà di creare uno status giuridico di importazione.
A questo proposito, i beni culturali provenienti da zone di crisi sono molto spesso
soggetti a manipolazioni reali o fittizi volti sia a rimuovere o oscurare la loro vera
provenienza e la loro esportazione illecita.
Attraverso lo svolgimento di diverse indagini, si è riscontrata la presenza di diversi
beni culturali provenienti dall'abbattimento del sito archeologico di Palmira, in
Turchia.
Non si hanno, tuttavia, grandi ritrovamenti di reperti trafugati venduti dall'IS. Un
possibile reperto sottratto e venduto da questi fantasmi terroristici è un rilievo funerario

29
   La National Geographic Society (NGS) è una delle più grandi istituzioni scientifiche ed educative non
profit al mondo, la cui sede si trova a Washington, negli Stati Uniti.
30
   L'obiettivo storico della National Geographic Society è da sempre quello di «incrementare e diffondere la
conoscenza geografica e allo stesso tempo di promuovere la protezione della cultura dell'umanità, della storia
e delle risorse naturali - Documentario: Il Mercato nero dell'Arte, National Geographic, 2016. »

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trovato dal comando operativo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale
italiano in Lombardia.

     Rilievo funerario di Palmira rappresentante tre personaggi (probabilmente il padre al centro e i due figli ai lati) che
                         solenni nei loro sguardi assorti, poggiano le mani sul panneggio dell'abito31

Tale rilievo appartiene alla Torre di Elahbel era una torre di quattro piani, a base
approssimativamente quadrata, costituita da grandi blocchi di arenaria. Il piano terra
era leggermente più grande, andando a restringersi salendo verso i piani superiori. Era
presente un'unica porta sul lato meridionale del piano terra. A sovrastare l'ingresso si
trovavano un'iscrizione e una nicchia sormontata da un arco a tutto sesto, simile a un
piccolo balcone, con finestra. All'interno gli ambienti erano decorati con
pilastri corinzi e soffitti a cassettoni.
La torre era suddivisa in loculi che andavano ad accogliere i sarcofagi dei defunti di
Palmira ogni cella era sigillata con un'immagine intagliata e dipinta, raffigurante il
defunto. Fu parzialmente ricostruita dopo la visita dell'archeologa Gertrude Bell nel
1900, rendendo accessibili la camera superiore e il tetto della torre tramite una scala.
Questo rilievo funerario, in particolare, rientra nella tipologia delle lastre figurate
utilizzate come elemento di chiusura dei loculi presenti nelle grandi tombe a camera
presenti nelle tombe più ricche della cosiddetta "Valle delle Tombe" di Palmira”.

31
  Foto scattata alla mostra del "l'Arma per l'Arte e la Legalità", Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma
Palazzo Barberini, ottobre 2016

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Valle delle tombe di Palmira32

          7. ANDREW KELLER: L'ASPETTO FINANZIARIO DELL'IS

Nel settembre del 2015 il Vice Assistente Segretario per la Counter Threat Finance
and Sanctions (TFS), del dipartimento di Stato degli Affari Economici e Commerciali
(EB), Andrew Keller, ha tenuto una conferenza a New York per documentare il traffico
di antiquariato da parte dell'IS.
Andrew Keller, in qualità di co-leader per gli sforzi del Governo degli Stati Uniti
d'America per contrastare le finanze dell'IS, ha il compito di studiare e raccogliere il
maggior numero di dati riguardo tutti i tipi di flussi di reddito che entrano nelle tasche
dello Stato Islamico. In particolar modo la sua attenzione si è rivolta verso il flusso
ricavato dallo sfruttamento dei beni culturali33 .
Si presume, secondo alcuni studi riportati dal Governo americano, che lo Stato
Islamico, rispetto ad ogni altro tipo di organizzazione terroristica, si differenzia
essenzialmente per due fattori: in primo luogo ha un accumulo di ricchezza senza
precedenti e, in secondo luogo, è considerata l'unica organizzazione che non si basa su
donatori per raccogliere fondi. Tramite alcune statistiche riportate dal Governo
americano si può riscontrare come l'IS abbia guadagnato circa un miliardo di dollari
solo nel 2014.

32
   Keller A., Documenting ISIL's Antiquities Trafficking: The Looting and Destruction of Iraqi and Syrian
Cultural Heritage: What We Know and What Can Be Done, in "The Metropolitan Museum of Art", 29
settembre, 2015
33
    Keller A., Documenting ISIL's Antiquities Trafficking: The Looting and Destruction of Iraqi and Syrian
Cultural Heritage: What We Know and What Can Be Done.

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La maggior parte delle risorse derivano, infatti, dal loro controllo sul territorio, dalla
vendita di petrolio, dalle estorsioni e dal saccheggio delle risorse naturali sotto il suo
controllo. L'antichità è un'altra risorsa molto importante che ha acquisito sempre più
piede negli ultimi anni.
Lo Stato islamico, pertanto, si è esteso su una superficie che comprende ben 5000 siti
archeologici. Il Governo degli Stati Uniti ha riscontrato che l'IS abbia probabilmente
guadagnato diversi milioni di dollari dalla vendita di antichità nel 2014 ma la quantità
precisa non è nota, poiché probabilmente non si è in grado di dare un valore specifico
a questa attività. Certa è invece l'idea che l'IS sia coinvolto, con grande profitto, nel
traffico di antichità.
Il 16 maggio del 2015, le forze speciali degli Stati Uniti hanno fatto irruzione nel
'compound' siriano di Abd al-Rasul Sayyaf, il capo del petrolio e del gas dello Stato
Islamico, il quale è anche il responsabile della divisione e gestione dei reperti
archeologici.
I documenti che sono stati sequestrati in questo raid, dimostrano come l'IS sia ben
organizzato per il traffico di antichità saccheggiate, attività che assorbe notevoli risorse
amministrative e logistiche. Soprattutto tali documenti certificano i reali benefici che
lo Stato Islamico trae da questa attività.

            Schema che identifica la leadership ISIL Divisione Antichità nei governatorati occidentali34

Questo schema rappresenta un documento scritto dal capo ufficio amministrativo
(Diwan) che è stato ritrovato durante il raid, il quale esplica la divisione interna del

34
  Keller A., Documenting ISIL's Antiquities Trafficking: The Looting and Destruction of Iraqi and Syrian
Cultural Heritage: What We Know and What Can Be Done, in "The Metropolitan Museum of Art", 29
September 2015

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Reparto di Antichità che vede un'unità dedicate alla ricerca di siti noti, una dedicata
all'esplorazione di nuovi siti, una per la commercializzazione di antichità, una per gli
scavi ed infine una per l'amministrazione.
Da un altro documento ritrovato emerge come Abd al-Rasul Sayyaf sia stato anche
responsabile per il controllo e la divisone del petrolio e del gas siriano e che sia stato
nominato anche capo della Divisione Antichità in Al Sham Wilayahs.
Dal ritrovamento, attraverso un raid, di un vasto assortimento di manufatti reali, è stato
riscontrato che il militante Abd al-Rasul Sayyaf fosse a capo del reparto antichità.
La refurtiva comprendeva un assortimento di reperti archeologici e frammenti di
oggetti storici, articoli moderni e contemporanei e repliche di antichità.

                                 Ritrovamenti presso il reparto di Abu Sayyaf35.

Ogni azione intrapresa da parte dell'IS è ben divisa e articolata. Nel settore “vendita di
antichità” l'IS ha un totale controllo del traffico, imponendo una tassazione di vendita,
effettuata da altri, pari al venti percento.
I membri dello Stato Islamico hanno il potere di autorizzare alcuni individui per
scavare e supervisionare lo scavo di manufatti nei diversi territori controllati da IS nello
stesso tempo possono detenere chiunque sia alla ricerca di manufatti senza la
preventiva approvazione del Diwan delle risorse naturali.
I documenti scoperti dal raid presso il reparto di Abd al-Rasul Sayyaf confermano che
l'IS sta raccogliendo un 20 per cento, chiamato "Khums fiscale" sui proventi di
saccheggio, che il gruppo ha applicato su tutto il territorio che controlla.
Durante il raid fu ritrovato, inoltre, un libro contenete undici ricevute per la vendita di
antichità tra il 6 dicembre 2014 e il 26 marzo 201536. Le entrate sono firmate dai diversi
funzionari che lavorano nella Divisione Antichità.

35
 http://www.state.gov/e/eb/rls/rm/2015/247739.htm#OrgChart
36
 Dati forniti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
Reparto Operativo.

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Le ricevute di Khums fiscale ritrovate ammontano a più di $ 265.000 e suggeriscono
un totale delle transazioni di vendita del valore di oltre 1,25 milioni di dollari37.
Oltre alla concessione di licenze, saccheggi e la raccolta della tassa sulle vendite
Khums, l'IS è anche impegnata a prevenire la presenza di persone non autorizzate al
saccheggio.
Il memorandum amministrativo numero 5, del comitato di sorveglianza generale dell'IS
mostra come la struttura della Divisione Antichità sia ben organizzata e preveda delle
regole ben precise. Tale memorandum vieta, infatti, ai membri dell'IS lo scavo di siti
archeologici a meno che essi non abbiano ricevuto un permesso timbrato dalla stessa
Divisone Antichità.
Essa vieta i membri dell'IS, i quali non fanno parte di tale Divisione, di dare il permesso
di saccheggio. Questo memorandum delinea delle regole ben precise da rispettare e si
conclude avvertendo minacciosamente che chiunque disattenda l'ordinanza, sin dalla
sua data di emissione, è considerato disobbediente a questo ordine ed è soggetto a
sanzione in conformità alla legge della Sharia38.
“Lo Stato Islamico ha portato avanti un progetto di pulizia culturale e il patrimonio
artistico è ormai uno dei loro obiettivi primari. Il loro scopo è usare l'orrore per
paralizzarci. Sanno che colpendo luoghi storici, che sono davvero Patrimonio
dell'Umanità, tutti soffriamo. Dobbiamo reagire, trattare questi attacchi alla cultura alla
stregua di ogni altra questione di sicurezza internazionale, alla stregua di un'emergenza.
Perché è chiaro ormai che nella perversa strategia dei jihadisti si tratta della stessa cosa.
Il Patrimonio Culturale è legato all'identità dei popoli. Non è solo questione di vecchie
pietre, ma dei valori a esse connesse. Valori che parlano di tolleranza, di dialogo, di
convivenza e mutuo rispetto. All'inizio del conflitto in Siria, alla nascita dell'IS, le
preoccupazioni verso il Patrimonio Culturale non erano al centro delle agende. Si
pensava solo a come salvare le persone. Ora si è capito che non si tratta di scegliere tra
persone e pietre. Si tratta di un'unica battaglia"39.

37
   Documenting ISIL's Antiquities Trafficking, cit.
38
   Discorso tenuto nel 2015 dal Direttore Generale dell'Unesco Irina Bokova, tratto dal libro di Matthiee P.,
Distruzione, saccheggi e rinascite, cit., pp. 246-247
39
   Canino G., Il Ruolo Svolto dall'UNESCO nella Tutela del Patrimonio Culturale e Naturale Mondiale. In
Ciciriello M. C. ( a cura di), La protezione del patrimonio culturale e naturale a venticinque anni dalla
convenzione dell'UNESCO del 1972, Editoriale Scientifica, 1999.

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CAPITOLO II
                LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE
                      NEL DIRITTO INTERNAZIONALE

1. LO SVILUPPO DELLA PROTEZIONE CULTURALE: PRIMA DELLA
   SECONDA GUERRA MONDIALE

La pratica del “bottino di guerra” è sempre esistita durante ogni tipo di conflitto tra le
diverse nazioni. Tradizionalmente, infatti, il saccheggio era visto dalle nazioni come
un tributo della battaglia vinta. Un'attività che, tuttavia, è sempre stata denunciata fin
dalla sua nascita.
Sia i filosofi greci che romani denunciarono la distruzione di quei beni che venivano
usurpati solo per vendetta nei confronti dei nemici. Anche gli stessi membri della
chiesa cattolica condannarono quel tradizionale depredamento, richiedendo una
protezione delle chiese poiché ritenute dei luoghi sacri.
Tuttavia, soltanto molti secoli dopo, il Diritto Internazionale ha iniziato a proteggere i
diversi siti archeologici e i diversi beni culturali presenti nel mondo dai danni provocati
dalla guerra40.
Si conclusero i primi accordi Internazionali, ovvero le Convenzioni dell'Aja sulle leggi
e i costumi di guerra del 1899 e 1907 e nel patto di Washington del 15 aprile 1935.
Questi accordi, complementari l'uno all'altro, si riferiscono inter alia alla protezione
dei siti archeologici e culturali, un principio che doveva essere considerati come
imprescindibile e ispiratore per la pianificazione militare.
Le Convenzioni adottate all’Aja, in occasione delle Conferenze diplomatiche del 1899
e del 1907 sono state i primi strumenti giuridici internazionali a codificare le norme
che i belligeranti devono osservare durante le ostilità.
Fra le quindici Convenzioni che attualmente costituiscono il "diritto dell'Aja" si
ricordano: la II Convenzione internazionale dell'Aja 1899 sulle leggi e gli usi della
guerra terrestre e la Convenzione sulla protezione dei naufraghi durante la guerra
marittima e le Convenzioni V e XIII del 1907 che definiscono i diritti e doveri delle
Potenze e delle persone neutrali rispettivamente nella guerra terrestre e in quella
marittima.41

40
  Carnahan B. M., Lincoln, Lieber, and the Laws of War: The Origins and Limits of Principle of Military
Necessity, U.S War Department, General Orders, 1998
41

https://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/temi_globali/diritti_umani/il_diritto_internazionale_umanitario.ht
ml

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L’importanza della Convenzione dell'Aja stipulata nel 1899, è quella che i danni
arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano, costituiscono danno al
Patrimonio Culturale dell'Umanità intera, poiché ogni popolo contribuisce alla cultura
mondiale, considerando che la conservazione del Patrimonio Culturale ha grande
importanza per tutti i popoli del mondo e che interessa assicurarne la protezione
internazionale tutelando tutte le proprietà, d'arte e scientifiche, come proprietà private
e proibisce ogni tipo di saccheggio dei diversi beni culturali42.
Seguendo le orme della Convenzione del 1899, la Convenzione del 1907, specifica
nell’articolo 47 che il saccheggio è formalmente proibito e nell’articolo 56 i beni dei
comuni, quelli degli istituti consacrati ai culti, alla carità e all’istruzione, alle arti e alle
scienze, anche se appartenenti allo Stato, saranno trattati come la proprietà privata.
Ogni sequestro, distruzione o danneggiamento intenzionale di tali istituti, di
monumenti storici, di opere d’arte e di scienza, è proibito e dev’essere punito43.

                          Immagine rappresentante la Convenzione dell'Aja del 190744

Il vero obbiettivo della convenzione del 1907 è soprattutto visibile all'interno
dell'articolo 27 della stessa:
       "In sieges and bombardments all necessary steps must be taken to spare, as far
as possible, buildings dedicated to religion, art, science, or charitable purposes,
historic monuments, hospitals, and places where the sick and wounded are collected,
provided they are not being used at the time for military purposes.
       It is the duty of the besieged to indicate the presence of such buildings or places
by distinctive and visible signs, which shall be notified to enemy beforehand"45.

42
   Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato
43
   IV Convenzione dell'Aja 1907 concernente le leggi e gli usi della guerra per terra
44
   https://it.wikipedia.org/wiki/Convenzioni dell%27Aia del 1899 e del 1907
45
   Articolo 27, the 1907 IV Hague Regulations, Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra per
terra

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