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La risoluzione pratica dei problemi (problem solving) come la pianificazione, richiede l’integrazione di: – Visione a) come funziona il mondo b) come vorremmo che il mondo funzionasse. – Strumenti e analisi appropriati alla visione – Implementazione appropriata alla visione
LA VISIONE L’AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE “Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” è il documento adottato dai Capi di Stato in occasione del Summit sullo Sviluppo Sostenibile del 25-27 settembre 2015, che fissa gli impegni per lo sviluppo sostenibile da realizzare entro il 2030, individuando 17 Obiettivi (SDGs - Sustainable Development Goals) e 169 target. L’Agenda 2030 riconosce lo stretto legame tra il benessere umano e la salute dei sistemi naturali e la presenza di sfide comuni che tutti i paesi sono chiamati ad affrontare. Nel farlo, tocca diversi ambiti, interconnessi e fondamentali per assicurare il benessere dell’umanità e del pianeta: dalla lotta alla fame all’eliminazione delle disuguaglianze, dalla tutela delle risorse naturali all’affermazione di modelli di produzione e consumo sostenibili. Gli SDGs hanno carattere universale - si rivolgono cioè tanto ai paesi in via di sviluppo quanto ai paesi avanzati - e sono fondati sull’integrazione tra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economica), quale presupposto per sradicare la povertà in tutte le sue forme.
L’Agenda individua nel Foro politico di Alto Livello - High Level Political Forum il consesso globale per monitorare, valutare e orientare l’attuazione degli SDGs. Per supportare tale attività e garantire la comparabilità delle valutazioni, la Commissione Statistica delle Nazioni Unite ha costituito l’Inter Agency Expert Group on SDGs (IAEG-SDGs), con il compito di definire un insieme di indicatori per il monitoraggio dell’attuazione dell’Agenda 2030 a livello globale. Ogni anno, gli Stati possono presentare lo stato di attuazione dei 17 SDGs nel proprio paese, attraverso l’elaborazione di Rapporti Nazionali Volontari – Voluntary National Reviews. Sottoscrivendola, l’Italia si è impegnata a declinare e calibrare gli obiettivi dell’Agenda 2030 nell’ambito della propria programmazione economica, sociale e ambientale. Ha presentato il primo rapporto presso l’High Level Political Forum nel luglio 2017.
Goal 17: Strengthen Means of Implementation and revitalize the global partnership for sustainable development. Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ", compresi i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), è stata adottata il 25 settembre 2015 dai capi di Stato e di governo in occasione di un vertice speciale delle Nazioni Unite per raggiungere uno sviluppo sostenibile entro il 2030 in tutto il mondo, assicurando che nessuno resti indietro. L'adozione dell'Agenda 2030 è stata un risultato fondamentale, fornendo una visione globale condivisa verso uno sviluppo sostenibile per tutti.
Obiettivo 1. Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo 1.1 Entro il 2030, sradicare la povertà estrema per tutte le persone in tutto il mondo, attualmente misurata sulla base di coloro che vivono con meno di $ 1,25 al giorno 1.2 Entro il 2030, ridurre almeno della metà la quota di uomini, donne e bambini di tutte le età che vivono in povertà in tutte le sue forme, secondo le definizioni nazionali 1.3 Implementare a livello nazionale adeguati sistemi di protezione sociale e misure di sicurezza per tutti, compresi i livelli più bassi, ed entro il 2030 raggiungere una notevole copertura delle persone povere e vulnerabile 1.4 Entro il 2030, assicurare che tutti gli uomini e le donne, in particolare i più poveri e vulnerabili, abbiano uguali diritti alle risorse economiche, insieme all'accesso ai servizi di base, proprietà privata, controllo su terreni e altre forme di proprietà, eredità, risorse naturali, nuove tecnologie appropriate e servizi finanziari, tra cui la microfinanza 1.5 Entro il 2030, rinforzare la resilienza dei poveri e di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità e ridurre la loro esposizione e vulnerabilità ad eventi climatici estremi, catastrofi e shock economici, sociali e ambientali 1.a Garantire una adeguata mobilitazione di risorse da diverse fonti, anche attraverso la cooperazione allo sviluppo, al fine di fornire mezzi adeguati e affidabili per i paesi in via di sviluppo, in particolare i paesi meno sviluppati, attuando programmi e politiche per porre fine alla povertà in tutte le sue forme 1.b Creare solidi sistemi di politiche a livello nazionale, regionale e internazionale, basati su strategie di sviluppo a favore dei poveri e sensibili alle differenze di genere, per sostenere investimenti accelerati nelle azioni di lotta alla povertà
Obiettivo 2. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile 2.1 Entro il 2030, porre fine alla fame e garantire a tutte le persone, in particolare ai poveri e le persone più vulnerabili, tra cui neonati, un accesso sicuro a cibo nutriente e sufficiente per tutto l'anno 2.2 Entro il 2030, porre fine a tutte le forme di malnutrizione; raggiungere, entro il 2025, i traguardi concordati a livello internazionale contro l’arresto della crescita e il deperimento nei bambini sotto i 5 anni di età; soddisfare le esigenze nutrizionali di ragazze adolescenti, donne in gravidanza e allattamento e le persone anziane 2.3 Entro il 2030, raddoppiare la produttività agricola e il reddito dei produttori di cibo su piccola scala, in particolare le donne, i popoli indigeni, le famiglie di agricoltori, i pastori e i pescatori, anche attraverso un accesso sicuro ed equo a terreni, altre risorse e input produttivi, conoscenze, servizi finanziari, mercati e opportunità per valore aggiunto e occupazioni non agricole 2.4 Entro il 2030, garantire sistemi di produzione alimentare sostenibili e implementare pratiche agricole resilienti che aumentino la produttività e la produzione, che aiutino a proteggere gli ecosistemi, che rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, a condizioni meteorologiche estreme, siccità, inondazioni e altri disastri e che migliorino progressivamente la qualità del suolo 2.5 Entro il 2020, mantenere la diversità genetica delle sementi, delle piante coltivate, degli animali da allevamento e domestici e delle specie selvatiche affini, anche attraverso banche di semi e piante diversificate e opportunamente gestite a livello nazionale, regionale e internazionale; promuovere l'accesso e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti
Obiettivo 6. Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie 6.1 Ottenere entro il 2030 l’accesso universale ed equo all'acqua potabile che sia sicura ed economica per tutti 6.2 Ottenere entro il 2030 l'accesso ad impianti sanitari e igienici adeguati ed equi per tutti e porre fine alla defecazione all'aperto, prestando particolare attenzione ai bisogni di donne e bambine e a chi si trova in situazioni di vulnerabilità 6.3 Migliorare entro il 2030 la qualità dell'acqua eliminando le discariche, riducendo l'inquinamento e il rilascio di prodotti chimici e scorie pericolose, dimezzando la quantità di acque reflue non trattate e aumentando considerevolmente il riciclaggio e il reimpiego sicuro a livello globale 6.4 Aumentare considerevolmente entro il 2030 l'efficienza nell'utilizzo dell'acqua in ogni settore e garantire approvvigionamenti e forniture sostenibili di acqua potabile, per affrontare la carenza idrica e ridurre in modo sostanzioso il numero di persone che ne subisce le conseguenze 6.5 Implementare entro il 2030 una gestione delle risorse idriche integrata a tutti i livelli, anche tramite la cooperazione transfrontaliera, in modo appropriato 6.6 Proteggere e risanare entro il 2030 gli ecosistemi legati all'acqua, comprese le montagne, le foreste, le paludi, i fiumi, le falde acquifere e i laghi 6.a Espandere entro il 2030 la cooperazione internazionale e il supporto per creare attività e programmi legati all'acqua e agli impianti igienici nei paesi in via di sviluppo, compresa la raccolta d'acqua, la desalinizzazione, l'efficienza idrica, il trattamento delle acque reflue e le tecnologie di riciclaggio e reimpiego 6.b Supportare e rafforzare la partecipazione delle comunità locali nel miglioramento della gestione dell'acqua e degli impianti igienici
Obiettivo 7. Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni 7.1 Garantire entro il 2030 accesso a servizi energetici che siano convenienti, affidabili e moderni 7.2 Aumentare considerevolmente entro il 2030 la quota di energie rinnovabili nel consumo totale di energia 7.3 Raddoppiare entro il 2030 il tasso globale di miglioramento dell’efficienza energetica 7.a Accrescere entro il 2030 la cooperazione internazionale per facilitare l’accesso alla ricerca e alle tecnologie legate all’energia pulita - comprese le risorse rinnovabili, l’efficienza energetica e le tecnologie di combustibili fossili più avanzate e pulite - e promuovere gli investimenti nelle infrastrutture energetiche e nelle tecnologie dell’energia pulita 7.b Implementare entro il 2030 le infrastrutture e migliorare le tecnologie per fornire servizi energetici moderni e sostenibili, specialmente nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari e negli stati in via di sviluppo senza sbocco sul mare, conformemente ai loro rispettivi programmi di sostegno
Obiettivo 8. Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti 8.1 Sostenere la crescita economica pro capite in conformità alle condizioni nazionali, e in particolare una crescita annua almeno del 7% del prodotto interno lordo nei paesi in via di sviluppo 8.2 Raggiungere standard più alti di produttività economica attraverso la diversificazione, il progresso tecnologico e l’innovazione, anche con particolare attenzione all’alto valore aggiunto e ai settori ad elevata intensità di lavoro 8.3 Promuovere politiche orientate allo sviluppo, che supportino le attività produttive, la creazione di posti di lavoro dignitosi, l’imprenditoria, la creatività e l’innovazione, e che incoraggino la formalizzazione e la crescita delle piccole-medie imprese, anche attraverso l’accesso a servizi finanziari 8.4 Migliorare progressivamente, entro il 2030, l’efficienza globale nel consumo e nella produzione di risorse e tentare di scollegare la crescita economica dalla degradazione ambientale, conformemente al Quadro decennale di programmi relativi alla produzione e al consumo sostenibile, con i paesi più sviluppati in prima linea 8.5 Garantire entro il 2030 un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per donne e uomini, compresi i giovani e le persone con disabilità, e un’equa remunerazione per lavori di equo valore 8.6 Ridurre entro il 2030 la quota di giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di studio o formazione 8.7 Prendere provvedimenti immediati ed effettivi per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani e garantire la proibizione ed eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, compreso il reclutamento e l’impiego dei bambini soldato, nonché porre fine entro il 2025 al lavoro minorile in ogni sua forma
8.8 Proteggere il diritto al lavoro e promuovere un ambiente lavorativo sano e sicuro per tutti i lavoratori, inclusi gli immigrati, in particolare le donne, e i precari 8.9 Concepire e implementare entro il 2030 politiche per favorire un turismo sostenibile che crei lavoro e promuova la cultura e i prodotti locali 8.10 Rafforzare la capacità degli istituti finanziari interni per incoraggiare e aumentare l’utilizzo di servizi bancari, assicurativi e finanziari per tutti 8.a Aumentare il supporto dell’aiuto per il commercio per i paesi in via di sviluppo, in particolare i meno sviluppati, anche tramite il Quadro Integrato Rafforzato per l’assistenza tecnica legata agli scambi dei paesi meno sviluppati 8.b Sviluppare e rendere operativa entro il 2020 una strategia globale per l’occupazione giovanile e implementare il Patto Globale per l’Occupazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Obiettivo 9. Costruire infrastrutture resilienti e promuovere l'innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile 9.1 Sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti – comprese quelle regionali e transfrontaliere – per supportare lo sviluppo economico e il benessere degli individui, con particolare attenzione ad un accesso equo e conveniente per tutti 9.2 Promuovere un'industrializzazione inclusiva e sostenibile e aumentare significativamente, entro il 2030, le quote di occupazione nell'industria e il prodotto interno lordo, in linea con il contesto nazionale, e raddoppiare questa quota nei paesi meno sviluppati 9.3 Incrementare l'accesso delle piccole imprese industriali e non, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ai servizi finanziari, compresi i prestiti a prezzi convenienti, e la loro integrazione nell'indotto e nei mercati 9.4 Migliorare entro il 2030 le infrastrutture e riconfigurare in modo sostenibile le industrie, aumentando l'efficienza nell'utilizzo delle risorse e adottando tecnologie e processi industriali più puliti e sani per l'ambiente, facendo sì che tutti gli stati si mettano in azione nel rispetto delle loro rispettive capacità 9.5 Aumentare la ricerca scientifica, migliorare le capacità tecnologiche del settore industriale in tutti gli stati – in particolare in quelli in via di sviluppo – nonché incoraggiare le innovazioni e incrementare considerevolmente, entro il 2030, il numero di impiegati per ogni milione di persone, nel settore della ricerca e dello sviluppo e la spesa per la ricerca – sia pubblica che privata – e per lo sviluppo 9.a Facilitare lo formazione di infrastrutture sostenibili e resilienti negli stati in via di sviluppo tramite un supporto finanziario, tecnico e tecnologico rinforzato per i paesi africani, i paesi meno sviluppati, quelli senza sbocchi sul mare e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo
9.b Supportare lo sviluppo tecnologico interno, la ricerca e l'innovazione nei paesi in via di sviluppo, anche garantendo una politica ambientale favorevole, inter alia, per una diversificazione industriale e un valore aggiunto ai prodotti 9.c Aumentare in modo significativo l’accesso alle tecnologie di informazione e comunicazione e impegnarsi per fornire ai paesi meno sviluppati un accesso a Internet universale ed economico entro il 2020.
Obiettivo 10. Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le nazioni 10.1 Entro il 2030, raggiungere progressivamente e sostenere la crescita del reddito del 40% della popolazione nello strato sociale piùbasso ad un tasso superiore rispetto alla media nazionale 10.2 Entro il 2030, potenziare e promuovere l’inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, stato economico o altro 10.3 Assicurare pari opportunità e ridurre le disuguaglianze nei risultati, anche eliminando leggi, politiche e pratiche discriminatorie e promuovendo legislazioni, politiche e azioni appropriate a tale proposito 10.4 Adottare politiche, in particolare fiscali, salariali e di protezione sociale, per raggiungere progressivamente una maggior uguaglianza 10.5 Migliorare la regolamentazione e il monitoraggio di istituzioni e mercati finanziari globali e rafforzare l’attuazione di tali norme 10.6 Assicurare una migliore rappresentanza che dia voce ai paesi in via di sviluppo nelle istituzioni responsabili delle decisioni in materia di economia e finanza globale e internazionale, per creare istituzioni più efficaci, credibili, responsabili e legittimate 10.7 Rendere più disciplinate, sicure, regolari e responsabili la migrazione e la mobilità delle persone, anche con l’attuazione di politiche migratorie pianificate e ben gestite 10.a Attuare il principio del trattamento speciale e differente riservato ai paesi in via di sviluppo, in particolare ai meno sviluppati, in conformità agli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio 10.b Incoraggiare l’aiuto pubblico allo sviluppo e i flussi finanziari, compresi gli investimenti diretti esteri, per gli stati più bisognosi, in particolar modo i paesi meno sviluppati, i paesi africani, i piccoli stati insulari in via di sviluppo e i paesi in via di sviluppo senza sbocco al mare, in conformità ai loro piani e programmi nazionali 10.c Entro il 2030, ridurre a meno del 3% i costi di transazione delle rimesse dei migranti ed eliminare i corridoi di rimesse con costi oltre il 5%
Obiettivo 12. Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo 12.1 Attuare il Quadro Decennale di Programmi per il Consumo e la Produzione Sostenibili, rendendo partecipi tutti i paesi, con i paesi sviluppati alla guida, ma tenendo presenti anche lo sviluppo e le capacità dei paesi in via di sviluppo 12.2 Entro il 2030, raggiungere la gestione sostenibile e l’utilizzo efficiente delle risorse naturali 12.3 Entro il 2030, dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto 12.4 Entro il 2020, raggiungere la gestione eco-compatibile di sostanze chimiche e di tutti i rifiuti durante il loro intero ciclo di vita, in conformità ai quadri internazionali concordati, e ridurre sensibilmente il loro rilascio in aria, acqua e suolo per minimizzare il loro impatto negativo sulla salute umana e sull’ambiente 12.5 Entro il 2030, ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo 12.6 Incoraggiare le imprese, in particolare le grandi aziende multinazionali, ad adottare pratiche sostenibili e ad integrare le informazioni sulla sostenibilità nei loro resoconti annuali 12.7 Promuovere pratiche sostenibili in materia di appalti pubblici, in conformità alle politiche e priorità nazionali12.8 Entro il 2030, accertarsi che tutte le persone, in ogni parte del mondo, abbiano le informazioni rilevanti e la giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura
12.a Supportare i paesi in via di sviluppo nel potenziamento delle loro capacità scientifiche e tecnologiche, per raggiungere modelli di consumo e produzione più sostenibili 12.b Sviluppare e implementare strumenti per monitorare gli impatti dello sviluppo sostenibile per il turismo sostenibile, che crea posti di lavoro e promuove la cultura e i prodotti locali 12.c Razionalizzare i sussidi inefficienti per i combustibili fossili che incoraggiano lo spreco eliminando le distorsioni del mercato in conformità alle circostanze nazionali, anche ristrutturando i sistemi di tassazione ed eliminando progressivamente quei sussidi dannosi, ove esistenti, in modo da riflettere il loro impatto ambientale, tenendo bene in considerazione i bisogni specifici e le condizioni dei paesi in via di sviluppo e riducendo al minimo i possibili effetti negativi sul loro sviluppo, in modo da proteggere i poveri e le comunità più colpite.
Obiettivo 13. Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico* 13.1 Rafforzare in tutti i paesi la capacità di ripresa e di adattamento ai rischi legati al clima e ai disastri naturali 13.2 Integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali 13.3 Migliorare l’istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, l’adattamento, la riduzione dell’impatto e l’allerta tempestiva 13.a Rendere effettivo l’impegno assunto dai partiti dei paesi sviluppati verso la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, che prevede la mobilizzazione – entro il 2020 – di 100 miliardi di dollari all’anno, provenienti da tutti i paesi aderenti all’impegno preso, da indirizzare ai bisogni dei paesi in via di sviluppo, in un contesto di azioni di mitigazione significative e di trasparenza nell’ implementazione, e rendere pienamente operativo il prima possibile il Fondo Verde per il Clima attraverso la sua capitalizzazione 13.b Promuovere meccanismi per aumentare la capacità effettiva di pianificazione e gestione di interventi inerenti al cambiamento climatico nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, con particolare attenzione a donne e giovani e alle comunità locali e marginali
• Il quadro per le politiche dell'energia e del clima all'orizzonte 2030 è stato presentato dalla Commissione il 22 gennaio 2014. Si tratta di una comunicazione che definisce un quadro per le politiche dell'energia e del clima dell'UE per il periodo dal 2020 al 2030. Il quadro è inteso ad avviare discussioni su come proseguire queste politiche al termine dell'attuale quadro per il 2020. • Il quadro all'orizzonte 2030 si prefigge come obiettivo di aiutare l'UE ad affrontare diverse questioni, ad esempio: • il passo successivo da compiere in vista dell'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050 • gli elevati prezzi dell'energia e la vulnerabilità dell'economia dell'UE ai futuri aumenti di prezzo, specialmente per petrolio e gas • la dipendenza dell'UE dalle importazioni di energia, spesso da regioni politicamente instabili • la necessità di sostituire e aggiornare le infrastrutture energetiche e fornire un quadro normativo stabile per i potenziali investitori • la necessità, per l'UE, di concordare un obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra per il 2030 nel quadro del suo contributo agli imminenti negoziati per un nuovo accordo globale sui cambiamenti climatici
Obiettivo 15. Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ ecosistema terrestre. Diversi Target del Goal 15 della Agenda 2030 hanno come scadenza l’anno 2020, e su questi target l’Italia è in forte ritardo. La piena attuazione delle previsioni della Strategia Nazionale per la Biodiversità 2011-2020 potrebbe ancora consentire il rispetto dei target al 2020, ma ciò richiede una forte accelerazione delle politiche programmate e una stringente coerenza con tutte le politiche che incidono e influenzano la gestione del territorio e della biodiversità. A conferma della scarsa importanza attribuita a questi temi dalla politica si segnala che ancora non si è concluso l’iter di approvazione della Legge sul consumo di suolo (Ddl As 2383), la quale tocca trasversalmente diversi Target del Goal 15 come il Target 15.3 “Entro il 2030, combattere la desertificazione, ripristinare i terreni degradati ed il suolo, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, e sforzarsi di realizzare un mondo senza degrado del terreno” e il 15.5 “Adottare misure urgenti e significative per ridurre il degrado degli habitat naturali, arrestare la perdita di biodiversità e, entro il 2020, proteggere e prevenire l’estinzione delle specie minacciate”, anche se, nell’attuale formulazione, non ne garantirebbe il conseguimento. Al consumo di suolo si aggiungono fenomeni, come quelli avvenuti nel corso dell’estate 2017, di siccità e incendi che dipendono dagli effetti dei cambiamenti climatici e da un’inadeguata capacità preventiva e gestionale da parte delle istituzioni a diversi livelli. Il fenomeno degli incendi, nelle prime quantificazioni, risulta in forte aumento rispetto al precedente anno 2016. Dal Dossier incendi 2017 di Legambiente dalla metà di giugno 2017 al 12 luglio 2017 “sono andati in fumo ben 26.024 ettari di superfici boschive, pari al 93,8% del totale della superficie bruciata per dolo o colpa in tutto il 2016”.
Importanti criticità legate alla corretta preservazione della biodiversità (tutelata dal Target 15.5), una delle basi fondamentali del nostro capitale naturale, sono presenti nella legge di modifica della “Legge Quadro” sulle aree protette, ancora in discussione al Senato. La proposta di modifica prevede l’esclusione dallo status di aree protette, considera la possibilità di finanziare il parco con attività estranee agli obiettivi di conservazione, quali le concessioni per la produzione energetica e attività estrattive in aree contigue al parco, la non necessaria preparazione scientifica specifica in tema di conservazione della natura per ricoprire il ruolo di Direttore del Parco. Il Rapporto ASviS (Alleanza per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile) del 2017 propone che il Governo adotti urgentemente una roadmap basata anche sulle raccomandazioni contenute nel Rapporto sul Capitale Naturale, che assicuri la coerenza delle politiche settoriali attraverso: la definizione di una procedura di valutazione ex-ante di sostenibilità alla luce dell’Agenda 2030 del Documento di Economia e Finanza (Def) e del Piano Nazionale di Riforma (Pnr); l’integrazione del capitale naturale nelle vigenti procedure di valutazione preventiva di piani, programmi e progetti, verificando la loro compatibilità con il conseguimento dei singoli Target dell’Agenda 2030; la formalizzazione di un piano per la fuoriuscita dagli incentivi dannosi per l’ambiente e la riforma della fiscalità ambientale; il rafforzamento delle competenze della pubblica amministrazione con riferimento alla gestione del capitale naturale e dei servizi ecosistemici, attraverso la predisposizione e l’adozione di Linee guida per la quantificazione preventiva degli impatti e dei danni attesi, nonché dei benefici derivanti da interventi di ripristino, gestione e valorizzazione ambientale. Va poi definito un piano specifico per combattere la desertificazione, ripristinare i terreni degradati e sforzarsi di evitare futuri degradi, come richiesto dalla Convenzione per la lotta alla desertificazione. Il Rapporto ASviS più recente: https://asvis.it/rapporto-asvis-2020/
L’ITALIA E GLI OBIETTIVI DELL’AGENDA 2030 Valutazione qualitativa del “posizionamento” dell’Italia rispetto ai 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (indice da 1 a 3).
PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA
AREE PROTETTE E CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITA’
Gli scopi delle Aree Protette • Conservare le bellezze naturali (yellowstone, Fontainebleau) • Garantire il lascito alle future generazioni di un patrimonio comune (Yellowstone… • Garantirne una fruizione “sostenibile” (Yellowstone… • Proteggere i “monumenti naturali” (Pro Montibus,.. • Proteggere flora e fauna (Riserve… • Ricostruzione ambiente naturale (Engadina) • Ambienti agricoli e antropizzati (Giappone, Germania, Olanda, Inghilterra: Countriside Act 1949) • Formazione di una coscienza scientifica ed educazione alla natura
Gli scopi delle Aree Protette • Conferenze internazionali sui Parchi Londra 1933, Washington 1940 etc., Nuova Delhi 1969 etc. • Iucn 1949 (Bourdelle) • Cercano di stabilire principi comuni per classificare le aree protette
Gli scopi delle Aree Protette IUCN (International Union for Conservation of Nature)
Gli scopi delle Aree Protette Categorie di Aree Protette IUCN 1994
Gli scopi delle Aree Protette Categorie di Aree Protette IUCN 1994
Gli scopi delle Aree Protette Categorie di Aree Protette IUCN 1994
Convenzioni internazionali • Accordi liberamente contratti dagli Stati le cui norme divengono parte della legislazione nazionale quando vengono ratificate con specifici atti. • 1950 Convenzione di Parigi sugli uccelli selvatici (amplia una delle più antiche convenzioni preesistenti all’ONU: la convenzione di Parigi sugli uccelli utili all’agricoltura del 1902) • 1971 Convenzione di Ramsar per la conservazione delle zone Umide di importanza internazionale • 1972 WCH Parigi: Convenzione per Salvaguardia patrimonio naturale e culturale • 1973 CITES Washington: Convenzione sul commercio int. specie in pericolo • 1979 Convenzione di Bonn: protezione specie di avifauna migratoria • 1979 Convenzione di Berna: conservazione vita selvatica in Europa
Convenzione di Ramsar
Una strategia mondiale per la conservazione • La conservazione: “gestione dell’utilizzazione umana della biosfera in modo tale da trarne i maggiori vantaggi mantenendone il potenziale perché possa far fronte ai bisogni e alle aspirazioni delle generazioni future.” • “non abbiamo ereditato la terra dai nostri genitori, ma l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”
Una strategia mondiale per la conservazione IUCN con UNEP e WWF
Una strategia mondiale per la conservazione Fondamenti tecnici per una migliore conservazione “Le dimensioni, la distribuzione e la gestione delle aree protette dovrebbero essere determinate secondo le esigenze degli ecosistemi e delle comunità vegetali ed animali che devono essere protette”
Il futuro di noi tutti rapporto della commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo 1987 (rapporto Bruntland) • “Gestire le specie e gli ecosistemi insieme è con ogni evidenza la maniera più razionale di affrontare la questione ambientale e son disponibili numerosi esempi di possibili soluzioni per i problemi locali” (pag 190, Bompiani 1989) • “In passato ci siamo preoccupati degli impatti che la crescita economica aveva sull’ambiente; oggi siamo costretti a preoccuparci degli impatti delle tensioni ecologiche (degrado di terreni, regimi idrici, atmosfera e foreste) sulle nostre prospettive economiche.” (p.28) • Valori economici legati all’utilizzazione delle specie animali e vegetali (medicina, agricoltura etc)
Convenzione Biodiversità Rio de Janeiro1991 • (…) • CONSAPEVOLI del valore intrinseco della diversità biologica e dei valori ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi, culturali, ricreativi ed estetici della diversità biologica e delle sue componenti, • CONSAPEVOLI anche dell'importanza della diversità biologica per l'evoluzione e la conservazione dei sistemi vitali della biosfera, • AFFERMANDO che la conservazione della diversità biologica è un problema comune dell'umanità (…) • CONSAPEVOLI della generale mancanza di informazioni e di cognizioni relative alla diversità biologica e della necessità urgente di sviluppare capacità scientifiche, tecniche ed istituzionali per ottenere le conoscenze basilari grazie alle quali programmare ed attuare opportuni provvedimenti, • OSSERVANDO quanto sia di vitale importanza anticipare, prevenire ed attaccare alla fonte le cause di significativa riduzione o perdita di diversità biologica, • OSSERVANDO INOLTRE che, laddove ci sia una minaccia di riduzione rilevante o di perdita della diversità biologica, non si deve addurre la mancanza di una completa sicurezza scientifica come motivo per differire le misure che permetterebbero di evitare o di ridurre al minimo questa minaccia (…) Preambolo della Convenzione
Convenzione Biodiversità Rio de Janeiro1991 • La conservazione della diversità biologica, • L'uso durevole delle sue componenti, e • La giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche, grazie a un giusto accesso alle risorse genetiche, attraverso un appropriato trasferimento delle tecnologie pertinenti in considerazione di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie e grazie ad adeguati finanziamenti
Convenzione Biodiversità Rio de Janeiro1991 • Cooperazione internazionale (art5) • Sviluppo strategie, piani, programmi nazionali per la conservazione della biodiversità (art.6a) • Integrazione della conservazione e dell’uso sostenibile delle risorse nei piani settoriali (art6b)
Convenzione Biodiversità Rio de Janeiro1991 • Identificazione e controllo (art7) • ogni parte contraente: • a) identifica gli elementi importanti della diversità biologica ai fini della sua conservazione e di una utilizzazione durevole, tenendo presente l'elenco indicativo di categorie di cui all'allegato I; • b) controlla, mediante campionamento ed altre tecniche, gli elementi costitutivi della diversità biologica prestando particolare attenzione a quegli elementi che richiedono urgenti misure di conservazione e a quelli che offrono maggiori identificati in applicazione della lettera a), possibilità di utilizzazione durevole; • c) identifica i processi e le categorie di attività che hanno o rischiano di avere gravi impatti negativi sulla conservazione e l'utilizzazione durevole della diversità biologica, e sorveglia i loro effetti prelevando campioni ed utilizzando altre tecniche; • d) conserva e gestisce, con qualsiasi mezzo, i dati derivati dalle attività di identificazione e di controllo, di cui alle lettere a), b) e c) del presente articolo.
Convenzione Biodiversità Rio de Janeiro1991 • Conservazione in situ (art8) • a) sistema di zone protette o zone in cui si devono adottare misure speciali per conservare la diversità biologica; • b) direttive per la selezione, la creazione e la gestione di zone protette o di zone in cui si devono adottare misure speciali per conservare la diversità biologica; • c) regolamenta o amministra le risorse biologiche importanti per la conservazione della diversità biologica, sia all'interno che all'esterno delle zone protette, per garantirne la conservazione ed un'utilizzazione durevole; • d) promuove la protezione di ecosistemi e habitat naturali ed il mantenimento di popolazioni vitali di specie nel loro ambiente naturale; • e) promuove uno sviluppo ecologicamente innocuo e durevole nelle zone adiacenti alle zone protette, con l'obiettivo di rafforzare la protezione di queste ultime; • f) riabilita e ripristina gli ecosistemi degradati e promuove il recupero di specie minacciate, mediante, tra l'altro, l'elaborazione e l'applicazione di programmi o altre strategie di gestione; • g) stabilisce o mantiene i mezzi per regolare, amministrare o controllare i rischi connessi con l'utilizzazione o l'emissione di organismi viventi modificati dalla biotecnologia, che rischiano di avere impatti sfavorevoli sull'ambiente e quindi di influire sulla conservazione e l'utilizzazione durevole della diversità biologica, tenuto conto anche dei rischi per la salute umana; • h) vieta di introdurre specie esotiche oppure le controlla o le elimina, se minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie; • i) garantire la compatibilità tra le utilizzazioni attuali e la conservazione della diversità biologica e l'utilizzazione durevole dei suoi elementi costitutivi; • j) rispetta, preserva e mantiene le conoscenze, le innovazioni e le pratiche delle comunità autoctone e locali per la conservazione e l'utilizzazione durevole della diversità biologica, e ne promuove una più vasta applicazione con l'accordo e la partecipazione dei detentori di tali conoscenze, innovazioni e pratiche, e incoraggia la ripartizione equa dei benefici derivanti dall'utilizzazione di tali conoscenze, innovazioni e pratiche; • k) adotta o mantiene in vigore le disposizioni legislative e le altre disposizioni regolamentari necessarie per proteggere le specie e le popolazioni minacciate; • l) qualora sia stato accertato, in applicazione dell'articolo 7, un rilevante effetto negativo per la diversità biologica, regolamenta o gestisce i processi e le categorie di attività pertinenti; • m) coopera fornendo un sostegno finanziario o di altro tipo per la conservazione in situ,
Convenzione Biodiversità Rio de Janeiro1991 Conservazione ex situ (art.9) misure, impianti e ricerca per la conservazione ex situ elementi costitutivi della diversità biologica, preferibilmente nei paesi d'origine dei suddetti elementi (paesi in via di sviluppo); misure per il ricupero, la ricostituzione e reintroduzione nei loro habitat delle specie minacciate regolamentazione e controllo della raccolta di risorse biologiche negli habitat naturali ai fini della conservazione ex situ, cooperazione e sostegno finanziario o di altro tipo per la conservazione Utilizzazione durevole degli elementi costitutivi della diversità biologica (art10) Incentivi (art 11) Ricerca e formazione (art.12) Istruzione e sensibilizzazione del pubblico (art13) Valutazione di impatto e riduzione degli effetti nocivi (art14) Accesso alle risorse genetiche (art 15) Accesso alla tecnologia e trasferimento di tecnologia (art16) … Conferenza delle parti (art23)
Convenzione Biodiversità Rio de Janeiro1991 • COP Decision VI (The Hague 2002): Piano Strategico al 2010 per la Convenzione sulla biodiversità • COP decision VII (Kuala Lumpur 2004) e VIII (Curitiba 2006) definizione di uno schema per facilitare la valutazione dei progressi ottenuti sugli obiettivi della convenzione e sulla comunicazione.
Nell’Unione Europea, i due pilastri della protezione della biodiversità sono: •- la Direttiva 79/409/CEE del Consiglio relativa alla “Conservazione degli uccelli selvatici”, conosciuta anche come DIRETTIVA UCCELLI. •- la Direttiva 92/43/CEE del Consiglio relativa alla “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche”, conosciuta anche come DIRETTIVA HABITAT. •LA DIRETTIVA UCCELLI •L’allegato I della Direttiva individua un elenco di Uccelli di interesse comunitario, la cui conservazione richiede misure urgenti di conservazione, fra le quali la designazione di Zone di Protezione Speciale (Z.P.S.). •Per la situazione particolarmente critica in cui versano, alcune delle specie sono state oggetto di Piani di azioni redatti dal Comitato Ornis e vengono di fatto considerate prioritarie. •Gli elenchi vengono periodicamente rivisitati in funzione dei progressi della conoscenza scientifica. •LA DIRETTIVA HABITAT •L’allegato I della Direttiva individua un elenco di habitat di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di Siti di Importanza comunitaria (S.I.C.), che, una volta validati, si trasformeranno in Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.). •L’allegato II della Direttiva individua un elenco di specie animali (esclusi gli uccelli) e vegetali di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.), che, una volta validati, si trasformeranno in Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.). •Alcuni habitat e alcune specie presentano uno status di conservazione particolarmente sfavorevole all'interno dell'Unione e quindi vengono designati come prioritari. •Gli elenchi di Habitat e Specie vengono periodicamente rivisitati in funzione dei progressi della conoscenza scientifica.
Direttiva habitat La direttiva Habitat (Direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche) è una direttiva approvata il 21 maggio 1992 dalla Commissione europea che ha lo scopo di promuovere il mantenimento della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nel territorio europeo. A tal fine viene individuata una serie di habitat di interesse comunitario i quali vengono tutelati concretamente nelle Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.), che a loro volta derivano da una iniziale designazione dei Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.). Questi vanno a costituire la rete di siti Natura 2000. Parallelamente si intende proteggere una serie di organismi animali e vegetali (elencati negli allegati successivi) di importanza primaria per rarità o ruolo chiave negli ecosistemi. Gli elenchi citati vengono aggiornati periodicamente secondo l'evolversi della situazione e delle conoscenze scientifiche, in coordinazione con la lista rossa europea. Tale direttiva è stata recepita dall'Italia nel 1997 tramite il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 modificato ed integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003.
Direttiva habitat • Lo scenario che ha portato alla formulazione della Rete Natura 2000 pone le sue basi di conoscenza scientifica nel progetto "CORINE Biotopes" che dal 1985 al 1991 ha portato ad una prima ricognizione, su base bibliografica, delle valenze naturalistiche presenti sul territorio europeo. • Il progetto CORINE, attraverso la costruzione di sistemi gerarchici di riferimento, ha avviato il processo di informatizzazione e standardizzazione dei dati provenienti dai diversi Paesi. Mentre per le specie era già acquisita la struttura univoca del binomio linneano (il sistema inventato da Linneo per descrivere piante e animali con i due nomi del genere e della specie), per ciò che riguarda gli habitat le difficoltà sono state maggiori poiché le conoscenze sono molto eterogenee. Tuttavia la tradizione europea della "fitosociologia" (scienza che descrive la vegetazione attraverso l'individuazione e la descrizione di tipologie ben definite) ha rappresentato un grande aiuto per la definizione degli ambienti naturali e seminaturali caratterizzati per lo più da tipologie vegetazionali. • La classificazione degli habitat del progetto CORINE è definita da un sistema gerarchico che, oltre a fornire una flessibilità strutturale (è possibile inserire facilmente nuove voci), permette di rispondere alle diverse realtà presenti sul territorio (sistemi costieri, praterie, foreste, ecc..). • Per la formulazione degli allegati della Direttiva "Habitat", un maggiore sforzo è stato compiuto per quegli habitat e specie particolarmente minacciati a livello comunitario e/o caratterizzati dalla presenza di specie di interesse comunitario, per i quali è stato istituito un nuovo codice di classificazione denominato "codice Natura 2000" .
Gargano ano r g Ga Mu rg e Foggia Landsat TM5 mosaic 2001
Landsat TM5 mosaic 2001 Murge ano r g Ga Uliveti Mu rg e Uliveti Gariga e macchia
CORINE Land Cover (2000) Classi CORINE aggregate in quattro categorie Natural areas Complex cultivation patterns Permanent cultivations Arable lands 100% 90% 80% 70% 60% 50 0 50 km 50%
Carta degli Habitat CORINE Cassano Altamura N Scala 1:126.000
Direttiva habitat • «Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato». (Art.2 par.1) • «Le misure adottate (…) sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e della specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario». (art 2, par 2) • queste misure «tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali». (art 2, par 3) • la rete Natura 2000 è «formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II»
Direttiva habitat • Habitat naturali di interesse comunitario: gli habitat che nel territorio di cui all'articolo 2: • i) rischiano di scomparire nella loro area di ripartizione naturale; ovvero • ii) hanno un'area di ripartizione naturale ridotta a seguito della loro regressione o per il fatto che la loro area è intrinsecamente ristretta; ovvero • iii) costituiscono esempi notevoli di caratteristiche tipiche di una o più delle sette regioni biogeografiche seguenti: alpina, atlantica, boreale, continentale, macaronesica, mediterranea e pannonica e steppica.
Direttiva habitat • È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell'allegato I e habitat delle specie di cui all'allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente (FAVORABLE), dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale (RANGE). • La rete «Natura 2000» comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE.
Direttiva habitat Il cronoprogramma e gli step di attuazione (art.5)
Le aree protette in Puglia a no rg Ga % della Regione con valore di 21.5% Foggia conservatione % della Regione sotto tutela di 8.7% Bari protezione Mu r ge Brindisi Tipo Num Parco nazionale (Gargano) 1 Riserva nazionale 17 Taranto Riserva regionale 13 Aree protette proposte 42 Lecce (Natura2000 Network)
Gli habitat secondo le classificazioni Europee L’Unione Europea ha adottato vari sistemi di classificazione gerarchica dei sistemi naturali e antropici, adatti a rispondere alle esigenze di adeguamento dei dati prodotti dai vari Stati ai fini comunitari, relativamente alla protezione di specie e habitat. La documentazione sulla base della quale poter stabilire corrispondenze tra questi diversi sistemi di classificazione è disponibile nella banca dati dell'European Environmental Agency e nell’Interpretation Manual of European Union Habitats. Altra documentazione utile a supporto dello sviluppo di relazioni tra le unità in uso a livello nazionale, comprende il “Manuale Italiano per l’Interpretazione degli Habitat - Direttiva 92/43/CEE”, la trasposizione per l’Italia della classificazione EUNIS (versione 2004) “Gli habitat secondo la nomenclatura EUNIS: manuale di classificazione per la realtà italiana” e la classificazione in uso nel Sistema Carta della Natura. I diversi sistemi di classificazione sono stati sviluppati e aggiornati per l’Europa a partire dalla classificazione degli habitat effettuata nel 1991 nell’ambito del programma CORINE (Decisione 85/338/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985), in particolare nel Progetto CORINE Biotopes per l’identificazione e la descrizione dei biotopi di maggiore importanza per la conservazione della natura nella Comunità Europea. Nel 1993 fu rilasciata la Classification of Palaearctic habitats, con l’estensione della classificazione Corine Biotopes a tutto il Paleartico includendo la Nordic Classification Vegetation; questa classificazione è stata poi integrata nel 1995 con descrizioni di testo, unità fitosociologiche e riferimenti bibliografici e con il database PHYSIS. L’ulteriore sviluppo della Palaearctic classification, ha visto la realizzazione della classificazione EUNIS (European Nature Information System) da parte dell’ European Topic Centre for Nature Protection and Biodiversity (ECC/NPB, Parigi) per l’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environment Agency, EEA). Aggiornamenti della classificazione EUNIS sono stati effettuati nel 2004 (Davies et al 2004), nel 2007 e nel 2012. Il sistema informativo EUNIS è pensato per supportare la rete Natura2000 (Direttive Uccelli e Habitat), individuare e sviluppare una rete di indicatori ambientali, fornire un quadro sullo stato dell’ambiente. Permette di inserire in banche dati informative informazioni su specie, habitat e siti derivanti da inventari, progetti di ricerca, banche dati preesistenti. La classificazione ha come fine l’armonizzazione della descrizione e l’archiviazione di dati relativi agli habitat europei e assicura compatibilità con altri sistemi di classificazione degli habitat esistenti. Il sistema gerarchico di EUNIS segue criteri per l'identificazione degli habitat, analogo a quanto in uso per l'identificazione delle specie. I criteri sono stati sviluppati per i primi tre livelli gerarchici per gli habitat terrestri e per i primi cinque in ambito marino. La Direttiva (CEE) 92/43, relativa alla “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (G.U.C.E. n. L 206 del 22 luglio 1992), utilizza una codifica propria (habitat dell’Allegato I), che trae però origine e fa riferimento alla classificazione degli habitat CORINE Biotopes, nelle prime formulazioni, e Palaearctic, nelle versioni più recenti. Le informazioni per poter realizzare il riconoscimento degli habitat di Direttiva sul territorio europeo sono contenute nel Manuale di Interpretazione degli habitat europei, la cui ultima versione è stata rilasciata nel maggio del 2013.
Direttiva habitat definizioni • Conservazione habitat e specie (habitat e specie definizioni) • Stato di conservazione soddisfacente (problema: indicatori e parametri, valutazione, monitoraggio) • Esigenze ecologiche (problema: conoscenze scientifiche, ricerca, tecniche e metodi) • Degrado e perturbazione • Incidenze significative • Integrità del sito
Direttiva habitat “Misure” e “Piani” • «Per i SIC (siti di importanza comunitaria) e le zone speciali di conservazione (ZSC=SAC), gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano, all’occorrenza, appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti». (Art 6 par1)
• Ad oggi sono stati individuati da parte delle Regioni italiane 2347 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), 2278 dei quali sono stati designati quali Zone Speciali di Conservazione, e 630 Zone di Protezione Speciale (ZPS), 352 delle quali sono siti di tipo C, ovvero ZPS coincidenti con SIC/ZS
Alla sezione Schede e cartografie dei SIC, ZSC e ZPS (Ministero Ambiente e Tutela del Territorio) si possono visualizzare e scaricare tutti i dati aggiornati dei siti Natura 2000. La tabella seguente riporta, per ogni Regione, il numero, l'estensione totale in ettari e la percentuale rispetto al territorio complessivo regionale a terra e a mare, rispettivamente delle ZPS, dei SIC-ZSC, e dei siti di tipo C (SIC-ZSC coincidenti con ZPS).
Siti di Importanza Comunitaria (SIC)
Direttiva Habitat Prevenzione/Salvaguardia ZSC+ZPS • «Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva». (Art 6 par 2)
Norme tecniche Manuale di Gestione Schema di piano
Direttiva Habitat Valutazione di Incidenza • «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito, ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di un’opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica». Art.6 par 3
Direttiva Habitat Misure compensative «Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi i motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturali o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo o la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente, ovvero previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico». Art6 par4
Direttiva Habitat Reti ecologiche • Laddove lo ritengano necessario, nell'ambito delle politiche nazionali di riassetto del territorio e di sviluppo, e segnatamente per rendere ecologicamente più coerente la rete Natura 2000, gli Stati membri si impegnano a promuovere la gestione di elementi del paesaggio che rivestono primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche. • Si tratta di quegli elementi che, per la loro struttura lineare e continua (come i corsi d'acqua con le relative sponde, o i sistemi tradizionali di delimitazione dei campi) o il loro ruolo di collegamento (come gli stagni o i boschetti) sono essenziali per la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche. • Art 10 • Sviluppo di questo tema attraverso la Strategia per la conservazione della biodiversità (1998) e Fermare la perdità… (2006)
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