La musica strumentale nel XVII secolo
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
La musica strumentale nel XVII secolo
Girolamo Frescobaldi (1583– 1643) è il primo compositore di rilievo ad aver legato la propria fama ad una produzione quasi esclusivamente strumentale (la sua prima pubblicazione, però, consistette in un volume di madrigali polifonici, secondo le consuetudini dell’epoca). Gli impieghi stabili da lui ricoperti lo videro sempre alla tastiera dell’organo: organista a Ferrara, poi a Roma dove nel 1608 venne assunto come organista della Cappella Giulia in San Pietro, incarico che mantenne fino alla morte. La produzione di Girolamo Frescobaldi per strumenti a tastiera si distribuisce su tre versanti: a) quello più strettamente contrappuntistico (fantasie, canzoni, ricercari), riconducibile a quello della prima pratica; b) quello toccatistico, ovvero improvvisativo, c) quello basato su bassi ostinati (sopra i quali Frescobaldi costruisce affascinanti serie di variazioni, chiamate Partite) o forme di danza, riconducibili entrambi alla seconda pratica.
L’apporto più decisivo di Frescobaldi è stato però nel genere della toccata, al quale Frescobaldi dedicò due libri: il primo del 1615 (Toccate e partite d’intavolatura di cimbalo), il secondo del 1627. Con le Toccate il progetto di Frescobaldi era quello di ricreare con uno strumento a tastiera quei molteplici “affetti cantabili” che i “madrigali moderni” producevano con tanta efficacia e varietà; in altre parole si trattava di introdurre la rivoluzione monteverdiana della “seconda prattica” anche all’interno della musica strumentale.
Avvertimenti alla seconda edizione del Primo Libro di Toccate (1616)
Ecco gli “Avvertimenti” completi
Audio
La prima edizione (1615) delle Toccate di Frescobaldi comprendeva, oltre a dodici Toccate, otto Partite sopra Rugiero e dodici sopra la Romanesca e sei sopra la Monicha. Si tratta di serie di variazioni in cui affiora una peculiarità frescobaldiana nell’uso della tecnica variativa: ossia non più semplice arricchimento melodico del tema (addizione) ma struttura cumulativa in cui ciascuna comparsa del tema è funzionale a un progetto architettonico più ampio. Tale concezione si concretizzerà compiutamente con le Cento partite sopra gli passacagli uno dei vertici della letteratura clavicembalistica di ogni tempo. Frescobaldi sembra essere il primo autore ad aver basato interamente una composizione strumentale autonoma su bassi ostinati.
L’ultima delle raccolte complete pubblicate durante la vita di Frescobaldi fu quella dei Fiori Musicali (1635). Si tratta di un compendio di tutti i generi di musica tastieristica che il ferrarese aveva coltivato lungo l’intera vita: toccata, canzone, capriccio, ricercare e versetti per organo. I Fiori contengono musiche organistiche destinate all’uso liturgico distribuite in tre messe: della domenica, degli apostoli e della Madonna. Lo schema che segue mostra il contenuto e la collocazione liturgica delle composizioni comprese nella Messa degli apostoli. Nelle sezioni Kyrie/Christe di ciascuna delle tre messe l’autore utilizza le melodie gregoriane relative o come cantus firmus a valori lunghi, oppure come fonte del materiale tematico imitativo (vedi schema seguente).
Altri generi di musica strumentale Abbiamo visto come la musica strumentale del Cinquecento fosse tendenzialmente legata a quella vocale. Già però nel corso dello secolo vediamo numerosi esempi svincolati da questa, quali le Danze e la Sonata. Musica per la danza Per secoli la musica per la danza era stata trasmessa oralmente, essendo affidata a esecutori che improvvisavano su moduli musicali tradizionali. Nel corso del Cinquecento si fa strada la tendenza ad abbinare danze lente e veloci, come nel caso della pavana e della gagliarda. Questa tendenza si acutizzò nel corso del Seicento fino alla nascita di vere e proprie Suites ossia “successioni” di danze (generalmente tre o più), alternativamente lente e veloci o viceversa, unificate dall’uso di una medesima tonalità.
Fino a pochi anni fa si attribuiva al compositore tedesco, allievo di Frescobaldi, Johann Jakob Froberger (Stoccarda, 18 maggio 1616 – Héricourt, 7 maggio 1667) il merito di aver ordinato le danze della Suite nello schema divenuto classico: Allemanda Corrente Sarabanda Giga In realtà oggi sappiamo che non è così: basti dire che nelle sue trenta Suites solo in una l’organista tedesco ha disposto le quattro danze nell’ordine che abbiamo visto. Lo schema si affermerà solo dopo la morte del compositore. L’altro fattore importante è che nel corso del Seicento la Suite iniziò a suscitare l’interesse dei più importanti compositori : in tal senso è indicativo l’interesse dimostrato nei suoi confronti da Frescolbadi e Froberger. Ciò si spiega col fatto che in epoca barocca anche le classi più elevate si dimostravano interessate alla musica di danza. Il loro interesse, però, non si fermava alla sola musica scritta in funzione delle danze ma era esteso anche un uso più astratto della Suite, limitato cioè al solo ascolto. Nacque allora la suite artistica, svincolata cioè da un uso pratico ma in funzione di un nobile passatempo.
Cenni storici sulle principali danze della Suite ALLEMANDA Danza di probabile origine tedesca, di carattere processionale (il termine viene probabilmente dal tedesco Alewandler, “tutti marciano”), in tempo pari e moderato. In età barocca entrò a far parte della suite, della partita e della sonata da camera. L’allemanda viene solitamente danzata da una o più coppie (fino a quattro) in quadrato. COURANTE o CORRENTE Danza di origine italiana, in voga nei secoli XVI e XVII. Di carattere vivace, dapprima era in tempo binario, poi ternario, ed entrò a far parte della suite e della partita strumentale. Si distinsero un tipo di corrente francese, più contenuto nell’andamento, e uno italiano, di carattere più rapido ed impetuoso.
SARABANDA Danza di probabile origine orientale, apparsa in Spagna e poi diffusasi in Europa alla fine del secolo XVI. In tempo ternario, ebbe dapprima carattere sfrenato e licenzioso ed era ballata da sole donne, ma nel secolo XVII venne stilizzandosi in Francia e in Germania in una danza d’andamento lento e severo, sopra un caratteristico ritmo ternario che finì per imporsi come uno dei tempi della suite strumentale. Il carattere lento di questa danza favorì la nascita del double, ossia ripetizione fiorita di una stessa danza. GIGA o JIG Danza in tempo ternario e di andamento veloce, in uso nei secoli XVII e XVIII. Di origine forse irlandese (celtica), ebbe larga diffusione in tutta Europa, entrando a far parte della suite strumentale, di cui costituiva il tempo mosso finale. Dal tempo originale di 3/8 veloce derivarono in seguito le gighe nei tempi composti di 6/8 e 12/8, i cui peraltro rimase caratteristica la suddivisione ternario del tempo. Una danza popolare denominata giga - e che non ha nulla a che fare con la forma colta - era diffusa nell’Appennino settentrionale, e sopravvive sporadicamente nell’Appennino pavese e bolognese.
A seconda dei Paesi la Suite venne denominata in modi diversi: in Germania è detta partiten (da "forma divisa in sezioni" oppure forma "ripartita") o anche partien; in Francia la Suite è detta anche ordre; in Inghilterra si parla di lessons o suites of lessons; in Italia sovente coincide con la Sonata da camera. In Francia prevalgono le suites di danze destinate a uno strumento solista: liuto o clavicembalo. Il più antico compositore di rilievo fu Champion de Chambonnières (1602 ca.- 1672) al quale seguiranno alcuni tra i più brillanti clavicembalisti del tempo, come Louis Couperin (1626-1661) e Jean-Henri d'Anglebert (1628 ca. - 1691). François Couperin (1668-1733) fu il massimo compositore francese. L'originalità di Couperin (che con Rameau e Daquin (1694-1772) resero grande la fama della scuola clavicembalistica francese) risiede nelle opere per clavicembalo. In questo campo acquistò fama immediata. Couperin ha scritto in tutto 27 ordres, ossia raccolte assai estese di pezzi, che, accanto alle danze tradizionali della Suite, presentano brani descrittivi, riccamente ornati di appoggiature, trilli ecc. uniti dal vincolo dell'unica tonalità.
F. Couperin Premier livre (1713): Ordres 1 - 5 1er ordre, sol m/sol M: Allemande L’auguste; Première courante; Seconde courante; Sarabande La majestueuse; Gavotte; La Milordine, gigue; Menuet (et double); Les silvains; Les abeilles; La Nanète; Les sentimens, sarabande; La pastorelle; Les nonètes (Les blondes, Les brunes); La bourbonnoise, gavotte; La Manon; L’enchanteresse; La fleurie, ou La tendre Nanette; Les plaisirs de St Germain en Laÿe 2e ordre, re m/re M: Allemande La laborieuse; Premiere courante; Seconde courante; Sarabande La prude; L’Antonine; Gavote; Menuet; Canaries (avec double); Passe-pied; Rigaudon; La Charoloise; La Diane; Fanfare pour la suitte de la Diane; La Terpsicore; La Florentine; La Garnier; La Babet; Les idées heureuses; La Mimi; La diligente; La flateuse; La voluptueuse; Les papillons 3e ordre, do m/do M: La ténébreuse, allemande; Premiere courante; Seconde courante; La lugubre, sarabande; Gavotte; Menuet; Les pélerines; Les laurentines; L’Espagnolète; Les regrets; Les matelotes provençales; La favorite, chaconne; La lutine
Audio
Couperin – Ascolti Baricades Mysterieuses pdf Audio Tharaud pf Le Tich– Toch – Choc pdf Video Sokolov
In Germania durante tutto il XVII secolo si produce molta musica per danza. Una delle più importanti raccolte di danze fu il Banchetto musicale di J.H. Schein (1586-1630) pubblicato a Lipsia nel 1617. Il Banchetto Musicale contiene venti suites in cinque parti: ogni suite consiste di una padouana, una gagliarda, una corrente e una allemanda con una tripla (una variazione in ritmo ternario dell'allemanda). Alcune Suite sono costruite su un'idea melodica che ricorre in ogni danza in forma variata; in altre suite invece, l'idea melodica vi compare solo come un accenno. Tutte le danze di una Suite sono legate fra loro dal vincolo della tonalità. Altri compositori: Isaac Posch compone Suites di 4 e 5 danze; Neubaur adotta invece una Suite a 6 movimenti, oltre al già citato Froberger.
La Sonata Fin dal 1500 il termine Sonata s’impone per tutto quel repertorio musicale destinato agli strumenti. Un brano da “sonar” è, nello specifico, un brano la cui destinazione esula completamente dall’ambito vocale. Paradossalmente, però, questo termine risulta interscambiabile con l’espressione – per noi più ambigua – di canzona o canzone da sonar. Verso il 1600 – 1630, però, canzona da sonar e Sonata, andarono sempre più differenziandosi poiché divennero appannaggio di due diverse categorie di compositori: la canzona da sonar era preferita dai compositori organisti, mentre la Sonata dai compositori violinisti. Sicché la canzona da sonar, pur nella sua declinazione strumentale, mantenne contatti con la polifonia barocca, diventando un diretto antecedente della fuga per via della sua trama polifonica. La Sonata, invece, proprio perché libera da vincoli compositivi forti, divenne terreno privilegiato per lo sviluppo del virtuosismo strumentale con particolare riguardo alle tecniche violinistiche.
Nel corso del Seicento prende particolarmente piede la Sonata a tre, così chiamata in quanto scritta su tre pentagrammi: due per le parti acute, uno per il basso continuo. Di solito queste Sonate erano destinate a due violini e a una viola da gamba, che poteva essere raddoppiata o sostituita da uno o più strumenti per il basso continuo (arciliuto, cembalo ecc). Sappiamo tuttavia che non solo i tre archi potevano essere sostituiti da flauti, cornetti, oboi e fagotti ma che le singole parti potevano essere raddoppiate fino a prevedere una destinazione per piccola orchestra di questi brani. A fianco della Sonata a tre si sviluppa parallelamente la Sonata a due, ossia per strumento solo e basso continuo, detta anche Sonata a solo. Soprattutto questo tipo di Sonata diverrà terreno d’approfondimento del virtuosismo strumentale. Fra i primi compositori di Sonate all’inizio del Seicento ricordiamo Giovanni Paolo Cima e Biagio Marini che attraverso la loro produzione hanno sottolineato l’importanza della Lombardia e del Veneto nello sviluppo di questo genere. Più tardi (intorno alla metà del Seicento), avranno un ruolo guida le città di Modena e Bologna con Cazzati, Vitali, Bononcini, Torelli e soprattutto Arcangelo Corelli.
Verso la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, si affermano due modelli di Sonata, distinti sulla base di una diversa destinazione sociale: la Sonata da chiesa la Sonata da camera La Sonata da chiesa e quella da camera si distinguono, oltre per il fatto d’essere destinate rispettivamente alla chiesa e alla corte, anche per il numero di movimenti, per l’organico e per le tecniche compositive impiegate. Numero di movimenti La Sonata da chiesa è in quattro movimenti: a) un movimento lento b) un movimento veloce c) un movimento lento d) un movimento veloce esempio: Grave – Allegro – Adagio – Allegro
La Sonata da camera, invece, è in un numero variabile di movimenti, e questi movimenti ricalcano, assai liberamente, la struttura della Suite. Esempio: Allemanda – Corrente – Giga oppure: Allemanda – Gavotta – Giga o altri schemi possibili Organico L’organico varia soprattutto nello strumento impiegato per il basso continuo: nelle Sonate da chiesa questo strumento è l’organo, mentre in quelle da camera è di norma il clavicembalo. Tecniche compositive Le Sonate da chiesa presentano generalmente una scrittura più severa rispetto a quelle da camera. Le Sonate da chiesa mostrano infatti una ricchezza di spunti contrappuntistici assenti in quelle da camera. Va però sottolineato che, a dispetto della maggior severità di quelle da chiesa su quelle da camera, non è infrequente trovare anche nelle prime, dei veri e propri movimenti di danza non dichiarati (per es. dei rapidi movimenti finali in tempo composto, indicati con Presto o Allegro ma che nella realtà sono vere e proprie gighe).
Arcangelo Corelli (1653– 1713) costituisce un punto di riferimento imprescindibile sia riguardo al repertorio della sonata, sia per ciò che concerne il concerto grosso. La sua produzione è numericamente limitata e molto regolare nella sua organizzazione interna. 1. sonate da chiesa op.1 1681 2. sonate da camera op.2 1685 3. sonate da chiesa op.3 1689 4. sonate da camera op.4 1694 5. sonate a violino e violone o cembalo op.5 1700 6. concerti grossi op.6 1714
Sonata op. 2 n. 6
Audio
Audio
Corelli Sonata da chiesa op. 3 n. 2 Audio
Audio
Adagio
Allegro
Audio Corelli, Sonata op. 2 n. 1 Gavotta finale (la variazione è implicita)
Corelli op. V n 12 Spartito completo Audio – Folia
I Concerti Grossi E’ a Roma che vanno rintracciate le origini di un altro genere che dominò a fianco della sonata fra Sei e Settecento: il concerto grosso. Forse la sua origine va ricondotta alla pratica di eseguire gli oratori con compagini strumentali sempre più ampie, fin dal 1670. Gli oratori del compositore Alessandro Stradella, ci mostrano una divisione dell’organico in concertino (soli) e concerto grosso (tutti). Gli strumenti del concertino sono i medesimi di quelli della Sonata a tre, ovvero due violini e basso continuo; il concerto grosso, invece, ha una struttura a quattro parti destinate a violino, viola contralto, viola tenore e basso continuo. Al gruppo del concertino, polarizzato sulla tessitura più acuta, spettarono sempre più compiti virtuosistici. Inoltre, proprio la diversa consistenza numerica dei due gruppi, determinava un contrasto dinamico del tipo forte – piano già applicato alle canzoni policorali di Gabrieli.
Fra i più importanti compositori del tempo figura anche Arcangelo Corelli i cui dodici concerti grossi op. VI rispecchiano altresì la divisione sociologica imperante nella sonata a tre: i primo otto, infatti, sono da chiesa (con movimenti di carattere fugato), mentre gli ultimi quattro sono da camera (con movimenti in ritmo di danza).
1. Largo – 2. Allegro – 3. Grave Corelli, concerto grosso op. 6 n 3 4. Vivace – 5. Allegro
La musica strumentale nell’età del barocco VIVALDI E IL CONCERTO SOLISTICO
Antonio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741) La vita di Vivaldi è scarsamente documentata poiché nessun biografo si è occupato di ricostruirne gli episodi salienti prima del XX secolo. Numerose lacune ed inesattezze falsano ancora la sua biografia; alcuni periodi della sua vita rimangono completamente oscuri, come i molti viaggi supposti o realmente intrapresi in Italia e in Europa. Si è fatto riferimento dunque alle rare testimonianze dirette dell'epoca, in particolare quelle di Charles de Brosses, di Carlo Goldoni, dell'architetto tedesco Johann Friedrich Armand von Uffenbach che incontrarono il compositore. Altre notizie biografiche provengono da alcuni manoscritti e dai documenti di altra natura ritrovati in diversi archivi in Italia e all'estero. Per dare due esempi concreti: è soltanto nel 1938 che si è potuta determinare con esattezza la data della sua morte, sull'atto ritrovato a Vienna e nel 1963, quella della sua nascita identificando il suo atto di battesimo (prima, l'anno di nascita 1678 era soltanto una stima dedotta dalle tappe conosciute della sua carriera ecclesiastica).
All'età di dieci anni era stato indirizzato verso la vita ecclesiastica frequentando la scuola della sua parrocchia. Da questo momento in poi non abbiamo più notizie del giovane Antonio fino al 18 settembre 1693, quando raggiunse l'età minima per avere la tonsura (rito tramite il quale il fedele diventava chierico) per mano del Patriarca di Venezia Cardinal Badoaro. Iniziò quindi a studiare teologia nella chiesa di San Geminiano e nella chiesa di San Giovanni in Oleo; in questo periodo viveva con la sua famiglia nella parrocchia di San Martino. Non abbandonò la musica; anzi l'abilità con cui suonava il violino fece sì che già nel 1696 fosse violinista soprannumerario durante le funzioni natalizie presso la cappella della basilica di San Marco; questa fu la sua prima apparizione in pubblico come violinista. Contemporaneamente faceva parte del gruppo Arte dei sonadori. Il 4 aprile 1699 ebbe gli ordini minori del suddiaconato nella chiesa di San Giovanni in Oleo, e il 18 settembre 1700 il diaconato. Il 23 marzo 1703 fu ordinato sacerdote e fu subito soprannominato il prete rosso per il colore della sua capigliatura; continuò a vivere con la sua famiglia ed a lavorare strettamente con il padre. Nel 1704 ottenne una dispensa per motivi di salute dalla celebrazione della Santa Messa; soffriva infatti di quella forma d'asma della quale aveva presentato i sintomi sin dalla nascita.
Anonimo: Ritratto di Antonio Vivaldi (1700 circa) - Bologna, Museo Bibliografico Musicale
L’attività presso l’Ospedale della Pietà Benché giovane la sua fama iniziava a diffondersi e nel settembre 1703 fu ingaggiato come maestro di violino dalle autorità del Pio Ospedale della Pietà, dove iniziò la sua attività il 1° dicembre 1703 con uno stipendio di 60 ducati annuali; qui rimase sino al 1740. Fondato nel 1346 era il più prestigioso dei quattro istituti religiosi veneziani dove, a somiglianza degli ospedali napoletani, trovano assistenza per lo più gratuita orfani, figli illegittimi, bambini di famiglie molto povere, bambini malati. I ragazzi imparavano un mestiere e lasciavano l'istituto all'età di 15 anni, mentre le ragazze ricevevano un'educazione musicale; quelle dotate di maggior talento rimanevano e diventavano membri dell'ospedale. Vi era una gerarchia fatta dalle differenti capacità tra le ragazze musicanti, dalle inferiori figlie di coro, alle più esperte dette privilegiate di coro, fino alle maestre di coro che svolgevano attività d’insegnamento.
Gabriele Bella: La cantata delle putte delli Ospitali (1720 circa) - Venezia, Palazzo Querini Stampalia
L’Ospedale della Pietà sulla Riva degli Schiavoni
Impresario d’opera al Teatro S. Angelo Nella Venezia del primo XVIII secolo l'opera era l'intrattenimento musicale più popolare e più redditizio per i compositori. C'erano parecchi teatri in concorrenza fra loro. Vivaldi iniziò la sua carriera operistica in sottotono: il suo primo lavoro teatrale, Ottone in villa (RV 729), fu rappresentato al Teatro delle Grazie di Vicenza nel maggio del 1713. L'anno seguente Vivaldi divenne sia impresario che direttore delle musiche al Teatro Sant'Angelo di Venezia, dove allestì la sua seconda opera, l'Orlando finto pazzo (RV 727). Tuttavia il dramma sembra non aver avuto il successo sperato e per "salvare" la stagione Vivaldi presentò l' Orlando di Giovanni Alberto Ristori, già dato l'anno precedente, con ulteriori ritocchi e aggiunte di propria mano. Nel 1715 mise in scena un pasticcio, il Nerone fatto Cesare (RV 724, perduto), con le musiche di vari compositori e 11 arie dello stesso Vivaldi. Il lavoro ebbe successo e per la stagione seguente Vivaldi pianificò di rappresentare un'opera completamente scritta di suo pugno: Arsilda, regina di Ponto (RV 700). Però il censore di stato bloccò la messa in scena dello spettacolo; la causa della censura fu l'oggetto della trama: Arsilda, il personaggio principale, s'innamora di un'altra donna, Lisea, la quale finge di essere un uomo. Vivaldi riuscì comunque ad allestire il dramma l'anno successivo mentre il Teatro San Moisè gli commissionava un'altra opera, La costanza trionfante degli amori e degl'odii (RV 706).
In quanto rappresentante più in vista del moderno stile operistico, Vivaldi fu uno dei bersagli del pamphlet satirico Il teatro alla moda, pubblicato anonimo nel 1720 ma notoriamente scritto dal musicista e letterato Benedetto Marcello. Benedetto Marcello, patrizio e magistrato veneziano, nonché musicista stimato da molti suoi contemporanei (incluso Johann Sebastian Bach), era sostenitore di una visione aristocratica ed elitaria della musica, ed era poco incline ad apprezzare gli aspetti più "popolari" della produzione operistica della sua epoca. L'unico riferimento esplicito a Vivaldi nel Teatro alla moda, peraltro, è nascosto nel frontespizio, dove una serie di anagrammi celano i nomi di personaggi ben noti all'epoca: fra questi, "ALDIVIVA" si riferisce chiaramente a Vivaldi. Nello stesso frontespizio è rappresentato un gruppo di personaggi su una peata, e la figuretta alata che indossa un cappello da prete e suona il violino potrebbe essere una caricatura di Vivaldi. Per il resto, l'opera si propone di criticare e ridicolizzare aspetti del teatro musicale che erano estremamente diffusi all'epoca (come attestato, ad esempio, dalle Memorie di Carlo Goldoni) e non sono specificamente riconducibili all'attività di Vivaldi.
Frontespizio del Teatro alla Moda di Benedetto Marcello
La vita di Vivaldi, come quelle di molti compositori del suo tempo, finì con non poche difficoltà finanziarie. Le sue composizioni non venivano più particolarmente stimate a Venezia; i veloci cambiamenti dei gusti musicali lo posero fuori moda e Vivaldi, in risposta a tutto questo, scelse di vendere un considerevole numero dei suoi manoscritti a prezzi insignificanti per finanziare una sua migrazione a Vienna. È alquanto probabile che Vivaldi andò a Vienna per mettere in scena alcune sue opere al Kärntnertortheater. Ma l’esplodere della Guerra di successione austriaca, oltre ad aver portato all'immediata chiusura di tutti i teatri viennesi sino all'anno successivo, lasciò il compositore senza protezione reale e fonte di reddito. Forse perché troppo malato e troppo povero, Vivaldi decise di non tornare a Venezia e di rimanere a Vienna. Per tirare avanti dovette quindi svendere altri suoi manoscritti e infine tra la notte del 27 e il 28 luglio 1741 morì d' infezione intestinale (o forse a causa di asma bronchiale, forma della quale aveva sempre sofferto) nell'appartamento affittato presso la vedova Maria Agate Wahlerin. La casa, situata strategicamente vicino al Kärntnertortheater, era conosciuta anche come Satlerisch Haus; fu distrutta nel XIX secolo. Il 28 luglio fu sepolto in una fossa comune al Spettaler Gottesacker di Vienna
Il catalogo delle opere di Vivaldi Il catalogo delle opere di Vivaldi è particolarmente vasto e complesso. La grande fama di cui godette in tutta Europa portò alla dispersione dei suoi manoscritti fino agli angoli più remoti del vecchio continente. Non è quindi raro che, in seguito al riordino delle collezioni di manoscritti di una biblioteca si rintraccino composizioni inedite delle quali si era persa notizia da secoli, come accaduto recentemente a Dresda. Altro elemento di confusione è l'esistenza di diversi cataloghi delle sue opere, del tutto discordanti fra loro per ciò che riguarda la numerazione e la cronologia delle opere, fra i quali, solo di recente il Catalogo Ryom (contraddistinto dalla sigla RV) sembra aver raggiunto lo status di riferimento universale. Non è tuttavia raro imbattersi tuttora in pubblicazioni musicali che fanno riferimento ad una catalogazione diversa. Il "corpus" delle composizione vivaldiano consta in circa 600 fra concerti e sonate, quasi 300 dei quali per uno o più violini, 30 circa per violoncello, 39 per fagotto, 25 per flauto, 25 per oboe etc. fino a toccare strumenti come il liuto, il mandolino ed altri strumenti molto raramente utilizzati in funzione concertistica, all'epoca. Alle composizioni strumentali, si affianca una notevole produzione di musica sacra, che consta di poco meno di un centinaio di composizioni; notevole anche la produzione di musica vocale, comprendente oltre cento cantate ed arie. Infine la sua attività di operista è stata recentemente riscoperta. Essa si compone di circa 45 titoli, di molti dei quali, purtroppo, si è perduta la parte musicale.
Opere Attualmente di Vivaldi ci giungono, parziali o complete, 21 opere, tutti drammi per musica, le quali dal punto di vista drammatico seguono i tipici canoni dell'opera seria dell'epoca. Inoltre non è raro trovare in alcuni "pasticci" della tarda maturità del Prete Rosso arie di altri compositori contemporanei, come Leonardo Leo, Geminiano Giacomelli, Johann Adolf Hasse e Giovanni Battista Pergolesi.
Antonio Vivaldi I CONCERTI E LA FORMA A RITORNELLO
Il rapporto tematico tra il "solo" e il "tutti" può assumere una varietà di soluzioni formali che si possono riassumere nei seguenti punti: 1. il solista introduce un'idea totalmente nuova senza alcun rapporto con i temi proposti nel ritornello 2. la parte solistica espone un'idea totalmente nuova, ma torna poi ai motivi del gruppo principale 3. il solista ripropone il motivo iniziale, spesso ornato, del ritornello e quindi lo sviluppa liberamente Inoltre: aumenta, con Vivaldi, il contrasto fra i tempi veloci e tempi lenti (i tempi veloci sono più veloci di quelli della media del suo tempo, mentre i tempi lenti sono più lenti); impiego sistematico del processo detto Fortspinnung; impiego di effetti violinistici (sordina, pizzicato ecc.) soprattutto nei concerti delle Stagioni.
Estro Armonico op. III n.2 – Primo movimento
Vivaldi, Concerto op. III (Estro Armonico) n. 8
Allegro 1 Larghetto 2 Partitura completa Allegro 3 Vivaldi, Concerto op. III (Estro Armonico) n. 8
Concerti delle Stagioni: La Primavera Audio
Musica strumentale nel XVIII secolo LA SONATA CLAVICEMBALISTICA IN ITALIA
La musica clavicembalistica italiana In Italia il campo della musica clavicembalistica è dominato (sino agli anni Venti), dalle personalità di Alessandro Scarlatti e di Bernardo Pasquini. Alessandro Scarlatti predilesse il genere della toccata. Il principale protagonista resta comunque Domenico Scarlatti (1685-1757), figlio di Alessandro, attivo prevalentemente in Spagna e Portogallo. Scarlatti è per eccellenza il compositore di sonate per cembalo: 555 ne conta il suo catalogo, ma stranamente poche furono stampate ai suoi tempi. Il problema capitale dell'esegesi scarlattiana è il problema della forma. E' fatto rilevante che il musicista eserciti la propria fantasia quasi a contatto con un'unica dimensione formale: la sonata bipartita in un sol movimento, nell'ambito della quale Scarlatti persegue il principio della sistemazione delle idee in zone tonali ben precise. Fattore emergente in questa sensibilità delle relazioni tonali è l'arco della modulazione dalla tonica alla dominante e del successivo ritorno alla tonica. Se le sonate bipartite in un solo tempo costituiscono la norma, non per questo si deve pensare alla mancanza di idee formali. Ma è sorprendente, ad esempio, che Scarlatti scarti il principio della variazione, così diffuso ai suoi tempi. Non mancano esempi di rondò né esempi di sonate in più movimenti. L'elemento coloristico ha importanza determinante; frequentissimi sono l'impiego di maniere proprie del folklore spagnolo, l'imitazione di strumenti popolari e non, gli effetti di eco, le note ribattute ecc.
La sonata scarlattiana può essere così riassunta: Questo schema corrisponde alla caratterizzazione tonale della struttura compositiva settecentesca. La fusione tonica-dominante si prospetta, in quel tempo, come una conquista dialettica, ma è soltanto con Scarlatti che questo tipo di organizzazione s'impone superando i limiti di un rigido schematismo; basta prestare attenzione all'inizio della seconda parte, dal momento che quanto viene esposto dopo il segno di replica è cosa nuova e svolge un'idea nuova o presenta un'elaborazione del tema iniziale talmente libera da introdurre l'ascoltatore in un'atmosfera del tutto diversa. E' proprio questo il momento di maggiore tensione della sonata di Scarlatti: si sviluppa qui un ampio giro di modulazioni che riconducono il movimento alla tonalità fondamentale. Naturalmente non si parla di un vero e proprio sviluppo, né il processo può essere avvicinato a quelle tecniche della progressione, dell'espansione, della sequenza tipiche dei suoi predecessori, bensì si tratta di una trasformazione tematica, ed espressiva, che se da un lato rivela il gusto per la bizzarria, dall'altro lato è l'immagine di un profondo ripensamento che conduce alle soglie del sonatismo moderno.
Puoi anche leggere