La Cultura 1416 - Il Saggiatore

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La Cultura
  1416
Marco Franzoso

Il grande libro della scrittura
     Manuale pratico, avventuroso
e filosofico per scrivere qualsiasi storia
Esperite le pratiche per l’acquisizione dei diritti di pubblicazione delle
immagini, la casa editrice rimane a disposizione di quanti avessero a
vantare ragioni in proposito.

© il Saggiatore S.r.l., Milano 2020
Sommario

Incipit                                                  15
Prima premessa: il libro giusto per l’isola deserta      17
Seconda premessa: sopravvivere nell’isola                21
Terza premessa: la regola del surf, assecondare l’onda   27
Quarta premessa: si salpa                                31

primo atto
1. Cos’è una storia                                      35
2. La posta in gioco                                     42

secondo atto
3. Il metodo di scrittura: le fasi della scrittura       53
   i. Alcune considerazioni sulle fasi di lavoro         54
   ii. Le fasi di scrittura                              56
     1. La bozza di un’idea                              56
     2. Le 25 parole                                     60
     3. Il soggetto                                      64
     4. La scaletta                                      67
     5. La scrittura                                     70
4. La ricerca sul campo                                  71
5. Prima stesura, seconda stesura, terza stesura, quarta stes…    84
   i. Prima stesura                                               86
   ii. Seconda stesura                                            92
   iii. Terza stesura                                             97
6. La struttura in Tre Atti                                       99
   i. Alcune considerazioni generali                              99
   ii. I Tre Atti                                                107
       1. Primo Atto. L’uscita dal mondo                         112
       2. Secondo Atto. Il viaggio                               118
        a. La chiamata                                           120
        b. La prima parte del Secondo Atto                       121
        c. Il Secondo punto di svolta                            124
        d. La seconda parte del Secondo Atto                     126
        e. Il climax                                             129
     3. Terzo Atto. Nostos, il ritorno a casa.                   131
  iii. Il finale                                                 134
7. La storia come contenitore: la teoria dell’imbuto             139
8. Le fasi del racconto (e la lingua con cui affrontarle)        152
   i. Storia e Discorso                                          152
   ii. Il Discorso per fasi                                      157
     1. Esordio e Incipit                                        158
     2. Prima parte                                              180
     3. Primo punto di svolta                                    187
     4. Seconda parte e Secondo punto di svolta (climax)         189
     5. Finale: il ritorno a casa                                190
     7. La «cadenza» in musica                                   200
     8. Conclusione                                              203
     9. Finale del capitolo                                      204
9. Storia e sottostorie                                          205
10. La struttura e le corrispondenze interne                     216
  i. Le corrispondenze                                           216
  ii. Le corrispondenze esterne                                  216
iii. Le corrispondenze interne                                      217
      1. Corrispondenze simbolico‑metaforiche                         217
      2. Corrispondenze strutturali                                   222
11. I motori della storia                                             268
  i. Premessa                                                         268
  ii. La tensione narrativa                                           269
  iii. La suspense                                                    273
  iv. Il colpo di scena                                               277
  v. Il conflitto                                                     282
  vi. «E se?»                                                         286
12. Il personaggio                                                     290
  i. Prima parte                                                       290
      1. Qualche passo indietro (molto indietro)                       290
      2. La persona nella narrazione                                   297
      3. Chi è il personaggio                                          299
      4. Breve storia del personaggio                                  299
  ii. Seconda parte                                                    314
      1. L’arco di trasformazione del personaggio                      314
         a. Personaggio a due dimensioni e personaggio a tutto tondo 316
             a.1 – Personaggio a due dimensioni                        316
             a.2. – Personaggio a tutto tondo                          318
         b. Personaggio a due dimensioni e personaggio a tutto tondo in
         funzione della loro posizione narrativa                       319
      2. La costruzione del personaggio                                323
         a. Le caratterizzazioni esteriori                             323
         b. Le caratterizzazioni interne                               330
         c. Le caratterizzazioni in base agli eventi e agli incontri   335
         d. Il suo mondo: come si muove nelle scene cui partecipa      337
         e. I livelli: il personaggio e i suoi strati                  341
         f. Il conflitto dentro il personaggio                         344
      3. Caratterizzare un personaggio attraverso gli altri personaggi 345
      4. I nomi dei personaggi                                         354
      5. Le parti e il tutto                                           360
6. Il personaggio come sguardo: il narratore interno e esterno   361
     7. Le funzioni dei personaggi nella storia                       365
     8. Proiezioni, specchi                                           384
13. Le ambientazioni                                                  392
14. La scena, l’Aggregatore e i raccordi                              401
  i. La scena                                                         401
     1. La scena nel flusso del romanzo                               401
     2. La scena in sé                                                403
  ii. L’Aggregatore                                                   408
  iii. I raccordi                                                     434
15. I dialoghi                                                        440
16. I tre pilastri della narrazione                        471
  i. Primo pilastro. Il tempo verbale                      471
      1. Una premessa per sgombrare il campo a malintesi   471
      2. Prima parte: il senso espressivo del verbo        474
      3. Seconda parte: i tempi verbali                    497
         a. Indicativo presente                            497
            a.1 – Presente nel tempo della narrazione      500
            a.2 – Presente nel tempo della vicenda narrata 501
         b. Il passato                                     505
            b.1 – Presente storico                         505
            b.2 – Passato remoto                           506
            b.3 – Imperfetto511
            b.4 – Passato prossimo                         525
            b.5 – Infinito presente                        527
      4. Considerazioni finali                             528
  ii. Secondo pilastro. La persona verbale                 529
      1. Una premessa                                      529
      2. La persona verbale: un gioco                      531
         a. Prima persona singolare                        536
         b. Seconda persona singolare                      537
         c. Terza persona singolare                        540
d. Prima persona plurale                                540
        e. Seconda persona plurale                              542
        f. Terza persona plurale                                543
     3. Conclusione                                             543
  iii. Terzo pilastro. Il narratore e il punto di vista         544
      1. Alcune considerazioni                                  544
      2. Punto di vista vs narratore                            548
         a. Narratore esterno onnisciente                       551
         b. Narratore interno onnisciente                       553
         c. Narratore esterno parziale                          558
         d. N
             arratori plurimi.
            Prime persone e/o terze persone alternate           559
         e. Narratore interno di vicenda vissuta al passato     564
            e.1 – Narratore testimone                           564
            e.2 – Narratore confessore                          569
         f. Narratore interno di vicenda vissuta al presente    573
         g. Narratore inesistente
            g.1 – M
                   anoscritto ritrovato, diario, epistolario   574
            g.2 – Monologo interiore                            579
            g.3 – Flusso di coscienza                           582
         h. Narratore indefinibile                              584
         i. Narratore inattendibile                             593
         j. Oltre il narratore (e oltre il lettore)             594
17. Il montaggio                                                597
18. Stile vs storia                                             609
  i. Stile come percorso                                        609
  ii. Alcuni spunti                                             622
  iii. Conclusione                                              632
  iv. La «bella frase»                                          634
19. Alcuni trucchi del mestiere e qualche consiglio             636
20. L’editing                                                   643
terzo atto
21. La vita dello scrittore                        649
  i. Gli esordi                                    649
  ii. La pagina bianca                             653
  iii. Le droghe, l’alcol e la vita spericolata    655
  iv. Il problema dei soldi per lo scrittore       662
  v. La frustrazione dello scrittore               663
  vi. La vita dello scrittore                      664
22. 126 consigli di lettura                        666

finale
23. Il senso della letteratura                     673
24. Alla fine, come un arrivederci                 676
25. Un ultimo consiglio prima di andare per mare   703

Bibliografia                                       705
Ringraziamenti                                     711
Il grande libro della scrittura

                   a mia madre
Mi compiaccio per il tuo esordio su Tempo Nuovo. Ma per‑
ché non hai scelto un tema serio? La forma è ottima, ma
i personaggi sono legnosi, il soggetto, poi, è insulso. In
quinta ginnasio si può pretendere di più… Prendi qualcosa
dalla vita reale, di ogni giorno, senza trama e senza finale.
    Anton Čechov, da una lettera al fratello Aleksandr

Cedi le redini ad ogni impulso, fai tutti gli errori di stile,
grammatica, gusto, sintassi. Riversa in massa. Rovesciati.
Lascia andare la rabbia, l’amore, la satira con tutte le pa‑
role che riesci a cogliere, costringere o creare, con qual‑
siasi metrica, prosa, poesia o borbottio che ti viene. Così
imparerai a scrivere.
                                         Virginia Woolf
Incipit

Perché alcune storie di fantasia, ambientate in luoghi e tempi lontani
dai nostri, vissute da personaggi a noi estranei – oltre che palesemen‑
te inesistenti – ci commuovono e ci turbano e possono cambiare le
nostre esistenze, quando certi fatti orribili, struggenti o sentimental‑
mente coinvolgenti, e comunque reali, letti sul giornale o raccontati
attraverso la violenza cruda delle immagini televisive o, peggio anco‑
ra, visti o vissuti in prima persona, ci lasciano alle volte indifferenti?
    Il manuale che state leggendo nasce con l’intento di rispondere a
questa domanda.
Prima premessa: il libro giusto per l’isola deserta

Quando mi chiedono che libro porterei su un’isola deserta nella mia
mente scorrono subito pochissimi titoli. L’Ulisse di James Joyce (è
sempre il primo a cui penso anche se non è un romanzo che amo
particolarmente), poi Guerra e pace di Lev Tolstoj, e infine Voi non
sapete che cos’è l’amore di Raymond Carver.
    Questi tre.
    Non sono certo i miei testi preferiti ma, per motivi che mi sfug‑
gono, la mia mente d’impulso indicherebbe tra questi la scelta estre‑
ma di un unico libro che mi accompagni per il resto della vita. e mi
sorprendo ogni volta per il fatto che non ci sia alcuna relazione tra i
romanzi a cui penso e quelli che mi riguardano davvero e mi com‑
muovono nel profondo.
    Per motivi del tutto personali, se dovessi nominare i libri che mi
hanno più influenzato e a cui sono più legato, infatti, penserei (non
lo rileggo da anni, chissà perché) alla Gelosia di Alain Robbe‑Grillet,
alle Onde di Virginia Woolf, o a Assalonne, Assalonne! di William
Faulkner, oppure, unico italiano, alla Luna e i falò di Cesare Pavese.
    Poi, però, rotto l’argine dei primi titoli, verrei invaso dal mondo
degli altri romanzi che sentirei subito di dovere difendere per l’emo‑
zione che mi hanno regalato e la forza con cui si sono impressi nel‑
la mia mente. Eccoli. Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders
di Daniel Defoe. I Nove racconti, di Jerome David Salinger, Alla ri‑
cerca del tempo perduto di Marcel Proust, I quarantanove racconti
18   Il grande libro della scrittura

di Ernest Hemingway, tutti i romanzi di Patrick Modiano e di John
Maxwell Coetzee, e anche, perché no?, It di Stephen King.
    Così.
    Anzi, se devo essere sincero, funziona sempre in questo modo.
Prima vengono indipendenti alcuni titoli, ma poi subito si apre la
voragine dei romanzi davvero amati perché, terza fase, vengo som‑
merso dal caos di tutti (tutti) i romanzi che ho letto, come se ciascu‑
no di essi non fosse che la sfaccettatura di un unico grande romanzo
originario che ogni volta si rinnova, e si rinnova appunto nella ma‑
terialità di quello specifico testo.
    Tutti i romanzi infatti, non sono che versioni parziali, sfaccetta‑
ture, elementi compositivi di quell’unico grande e inesausto roman‑
zo che è la narrazione.
    Un caos verbale, un mare di parole sulle quali galleggio come un
naufrago – appunto – prima di annegare o approdare coi vestiti la‑
ceri sulla mia isola deserta con qualche libro e un sacco di tempo li‑
bero davanti a me.
    Perché i libri sono sempre stati il mio salvagente nei confronti
della vita, e se anche la confusione regna sovrana, le parole e i testi
che amo fanno fiorire quella cosa che mi tiene vivo attraverso il rac‑
conto: la memoria. L’unica possibilità per trovare un po’ di chiarez‑
za e costruirsi un’identità nella quale riconoscersi.
    Il mare. L’oceano.
    Di nuovo la domanda. Mi è appena stata posta in una piccola bi‑
blioteca di provincia, annessa alle scuole elementari, di fianco al vec‑
chio Municipio, dove ho da poco finito di presentare il mio ultimo
romanzo. È giunto il tempo delle domande. Anzi, della domanda:
«Che libro porterebbe con sé su un’isola deserta?».
    Questa volta non rispondo di impulso. È successo due giorni fa,
in una bella serata di novembre, in un paesino perso sui colli vicen‑
tini coperto dalla prima nebbia dell’anno. In sala molta gente che ha
sfidato il tempo in una fredda e umida serata come questa, ed è usci‑
ta per venire qui a sentire me, proprio me. Ci sono anche dei ragazzi.
Sono molto attenti, fanno domande pertinenti. Mi emoziona sem‑
pre il loro entusiasmo.
    Prima di rispondere mi prendo una pausa, e mi guardo in giro. In
Prima premessa: il libro giusto per l’isola deserta   19

sala c’è silenzio, le persone mi studiano incuriosite. Alcuni hanno gli
occhi stanchi per la giornata appena trascorsa, il lavoro, la famiglia,
altri sono svegli e attenti, felici di essere qui. Una ragazza con matita
e bloc‑notes prende appunti da un’ora e scriverà la mia risposta che,
magari, un giorno rileggerà.
    Respiro. Bevo un po’ di acqua, sorrido. Nella mia mente scorrono
centinaia di titoli, libri letti e riletti, oppure solo sfogliati. I primi tre
che ho citato prima. Poi la valanga degli altri. Migliaia. Brevi frasi,
incipit, finali, personaggi che mi si sono impressi dopo la prima let‑
tura, recensioni si contendono lo spazio della mia mente. Ma questa
sera non so davvero cosa rispondere e quale sia il libro che sintetizza
tutto ciò che sento e che penso della scrittura narrativa.
    Eppure è una domanda che deve avere una risposta e almeno io,
che come attività scrivo, dovrei averla elaborata. Una risposta. Io so‑
no uno scrittore, la dovrei conoscere.
    Ma.
    Ma non so, questa sera no.
    Indugio. Mi guardo in giro ancora per qualche secondo. Intorno
a me si è formata una barriera di silenzio perfetto e io so che la mia
risposta sarà a suo modo importante. O almeno alcune persone la
considereranno tale. Tutti, anche quelli nelle ultime file pendono per
alcuni istanti dalle mie labbra. C’è della magia in questo silenzio vi‑
centino e autunnale.
    La verità è che non vorrei rispondere, per questo cerco con gli oc‑
chi una via di fuga oltre la finestra.
    Ma nulla cambia, non serve, a un certo punto della vita gli ali‑
bi e le finestre non bastano più, e allora sorrido ancora. Un sorriso
di circostanza, stampato sul mio viso opaco, come se la sapessi lun‑
ga, anche se non è vero. Nessuno scrittore la sa mai lunga. Gli scrit‑
tori non sanno niente.
    In fondo non si tratta che di definire la mia linea, che problemi
ci sono?
    La mia linea letteraria, certo, ne avrò pur una anch’io, o no?
    Tempo scaduto.
    Forse non ce l’ho.
    «Un manuale di pesca!» esclamo a quel punto.
20   Il grande libro della scrittura

    E mi sento sollevato, liberato, leggero, e anche quelli delle ultime
file sembrano sollevati, liberati e leggeri, e tirano il fiato. Certo, di
quello avrò bisogno per sopravvivere in un’isola deserta dopo il nau‑
fragio, di un buon manuale per non morire di fame.
    La ragazza scrive «manuale di pesca» sul suo bloc‑notes e annui­
sce con la testa.
    Un manuale di pesca, niente di più. Ecco la verità. E non sto smi‑
nuendo la narrativa, anzi.
    Questo mi hanno insegnato i migliori romanzi che ho letto. A
comprendere in ogni momento che cosa è davvero importante nel‑
la vita, per stilare l’ordine delle priorità, e a sapere in ogni momento
che la narrativa serve alla vita, è dentro la vita, e quando parla al di so‑
pra, o dietro, o ai lati della vita, non serve, non significa, non esprime.
    Alle volte c’è bisogno solo di un buon manuale di pesca. E la buo‑
na letteratura è lì per farcelo comprendere e apprezzare.
Seconda premessa: sopravvivere nell’isola

Così. Tuttavia ci sono persone che per sopravvivere nell’isola, cioè il
mondo nel quale abitiamo, hanno bisogno di leggere e di scrivere. È
il loro modo di stare in questo luogo e fa parte della loro identità, li
costituisce. E, visto che non abitiamo su un’isola deserta ma, appun‑
to, nel mondo, non basta sempre un manuale di pesca per costituirsi
come persona. In un mondo complesso come il nostro, alle volte, un
manuale di pesca potrebbe anche trarci in inganno. Per questo, qui,
un buon romanzo è molto, molto più utile.
     E poi, nel nostro mondo, la vita si svolge e identifica anche in
quanto ha a che fare coi valori, con il senso, con gli scopi personali e
quelli collettivi, coi sentimenti, con le emozioni, con la felicità uma‑
na e con il dolore, con il guardare dentro e il guardare oltre le cose.
Con il mondo simbolico. Con l’uomo. Con noi. Con me.
     Queste persone hanno un rapporto diretto, intimo, con la scrit‑
tura, come lo si può avere con il proprio volto o un proprio piede. A
loro è dedicato questo libro.
     Ed è per questo che non desidero scrivere solo un manuale di pe‑
sca o di sopravvivenza, cioè. Con questo manuale non intendo otte‑
nere solo un libro di tecniche narrative come in giro ce ne sono molti
e che, in sostanza, «insegnano» scrittura narrativa con lo stesso ca‑
lore con cui illustrerebbero il modo in cui annodare una lenza in‑
torno a un amo.
     Al contrario, è il calore, che cerco.
22   Il grande libro della scrittura

    D’altra parte non vorrei nemmeno che questo fosse solo un ma‑
nuale di «scrittura creativa». Ce ne sono già tanti, e anche molto uti‑
li e ben fatti. Che bisogno ci sarebbe di altro?
    Piuttosto mi piacerebbe disegnare e intraprendere insieme un
viaggio. Un viaggio primordiale ma che si rinnova oggi per l’enne‑
sima volta come se fosse la prima, come quello di un naufrago che
parte con le migliori intenzioni per il nuovo mondo ma poi si perde
e si risveglia in fin di vita su un’isola deserta dove in breve deve im‑
parare a ricostruirsi, e a ricostruire il mondo, se vuole sopravvivere.
    Deve reinventarsi un rapporto con lo spazio e con il tempo e tro‑
vare il proprio posto in quello spazio e in quel tempo.
    Vorrei pertanto che questo testo fosse un piccolo viaggio per ma‑
re, fianco a fianco, noi due, attraverso una distesa di acqua che ci
sembra di conoscere ma che a ogni piè sospinto ci riserva sorprese
più o meno gradite, e che ci porta infine ad approdare su una riva
sabbiosa e poi a percorrere segretamente la nostra nuova isola che,
sì, ci sembra già di amare e che ci ha salvato la pelle, ma che ancora
non conosciamo e nella quale rischiamo di perderci.
    Un percorso. Mille percorsi possibili. Già mille volte compiuti,
ma ogni volta rinnovati.
    Desidero scrivere la prima guida per orientarsi e conoscere il mo‑
do in cui alcuni scrittori hanno affrontato i territori e gli oceani can‑
gianti della narrativa, studiando come si sono mossi, e cercando di
comprendere le scelte fatte e le strade intraprese. E soprattutto, gra‑
zie a questo, desidero compiere un percorso ulteriore e scoprire in‑
sieme il senso che sta dietro e dentro la narrativa.
    Che questa guida sia un manuale di sopravvivenza, quindi, che
altro è in fondo un buon romanzo?
    È importante, visto che la scrittura è innanzitutto artigianato. E
chi ha deciso di intraprendere questo bellissimo viaggio (la scrittu‑
ra) possa trovare le prime regole per galleggiare e nuotare, e poi, una
volta approdato sull’isola, anche i consigli per la vita di tutti i giorni,
cioè come si erige una capanna, come ci si procura il cibo e si racco‑
glie l’acqua. È fondamentale imparare a costruire un amo con la li‑
sca di un pesce, produrre un’esca appetibile coi pesci che abitano le
Seconda premessa: sopravvivere nell’isola   23

acque meno profonde, intrecciare corde resistenti alle intemperie uti‑
lizzando le foglie presenti proprio e solo nella nostra isola personale.
    Man mano che proseguiamo nel viaggio (che entriamo dentro la
storia), poi, dobbiamo imparare a difenderci dagli insetti e dai pre‑
datori notturni. Poi il resto, certo, c’è da imparare in fretta le rego‑
le per abitare l’isola deserta e, finalmente, da quel momento viverla,
cosa che, per uno che ama la narrativa, significa scriverla.
    Dopo aver letto il manuale, infatti, il resto lo dobbiamo fare noi.
    Voglio dire che per quanto un manuale sia dettagliato, a un cer‑
to punto lo dobbiamo chiudere (non si mangiano le pagine e non si
pesca dentro un libro) per inoltrarci di persona nella boscaglia del‑
la nostra isola o lungo una certa linea di acqua, altrimenti saprem‑
mo realizzare un amo e una corda in teoria, certo, ma questa teoria
non ci servirebbe a catturare il pesce e a costruire una capanna. Po‑
tremmo conoscere la differenza tra bacche buone e bacche velenose,
ma questo non ci aiuterà a sfamarci.
    Dobbiamo mollare tutto, anche il manuale, e andare, da soli.
Questo deve insegnarci un buon manuale, ad abbandonarlo quan‑
do è il momento.
    Così andiamo, perché la fame e la sete stringono.
    E quando, alla ricerca di bacche e frutti entreremo nella bosca‑
glia che si apre dietro una baia rocciosa, vi troveremo anche le fo‑
glie per realizzare le funi, scopriremo che quelle foglie sono molto
simili a quelle descritte nel manuale, ma non sono uguali. Sono un
po’ più corte, un po’ più grosse e ruvide e dure (questo lo scoprire‑
mo solo avendole per le mani, non dalla foto nel manuale). E allora
starà a noi, adattarle.
    Questo, mi piacerebbe. Che il manuale insegnasse a scoprire che
le cose sono sempre un po’ diverse da come le abbiamo lette.
    Un buon manuale ci rende indipendenti.
    Il manuale di sopravvivenza insegnava come costruire la nostra
capanna con dei tronchi, ma noi scopriamo che dietro una pozza
d’acqua nascosta dai rovi, nella nostra isola si apre un boschetto di
bambù. Perché non provare con quelli? Nessuno ci aveva mai par‑
lato del bambù. Mai nel nostro manuale avevamo sentito nomina‑
re quella pianta.
24   Il grande libro della scrittura

    Probabile che chi ha scritto il manuale non ne conoscesse nem‑
meno l’esistenza. È una nostra scoperta personale. Ci emozioniamo!
Perché non provare a verificare la tenuta di questi legni così lunghi e
flessibili? Magari oltre che per costruirci la capanna funzionano an‑
che come canne da pesca.
    Sì! Scopriamo che il bambù è resistente e solido, ed è anche leg‑
gero e facile da trasportare e tagliare, rispetto al legno di cui ci par‑
lava il manuale. Fantastico.
    Ci mettiamo subito all’opera. Strappiamo un po’ di canne e men‑
tre le lavoriamo – il sole scende, una leggera brezza oceanica ci
rinfresca il viso – veniamo colti dalla nostalgia e ricordiamo un mo‑
mento del passato.
    Che bei tempi, eravamo ragazzi.
    Con il boschetto di bambù dietro di noi ci regaliamo una pau‑
sa anche se si sta facendo tardi. Il sole sta calando, eccolo, davanti a
noi sempre più basso, il riflesso sulle acque oceaniche è un balugi‑
nio giallo, blu e rosso. Che bellezza. Sì. Siamo soli nell’isola e venia‑
mo colti dalla nostalgia per le persone care che abbiamo lasciato sul
continente.
    Dovremmo lavorare, eppure un ricordo ci sorprende, e noi ci la‑
sciamo sorprendere. E ci fermiamo per gustarci quel ricordo.
    Avevamo undici anni, nostro fratello tredici. Che bei tempi. Die‑
tro casa nostra, a separare i campi coltivati a granoturco, c’era un ca‑
nale stretto e lungo e dritto che non finiva mai. Una volta abbiamo
costruito una zattera con taniche di metallo e cassette della frutta,
ma quando ci siamo saliti sopra era instabile e siamo caduti nel ca‑
nale. Ne siamo usciti con il corpo imbrattato di fango e sanguisughe,
ma era il nostro posto preferito e ci siamo divertiti a toglierci le san‑
guisughe, e il giorno dopo ci saremmo tornati.
    Mio fratello mi prendeva in giro, io ero piccolo e ho iniziato a
piangere. Il sole stava calando come ora, che ricordi. Ma era il no‑
stro posto e ci tornavamo sempre per pescare, anche se non tirava‑
mo su niente. Eppure stavamo lì delle ore, il barattolo coi vermi al
nostro fianco, il galleggiante fatto con un turacciolo di sughero, le
canne da pesca.
Seconda premessa: sopravvivere nell’isola   25

Quanti anni sono trascorsi, e quanti chilometri ci tengono ora lon‑
tani dalla nostra famiglia.
    Riandiamo con la memoria a quei tempi della nostra fanciullez‑
za e scopriamo che anche il ricordo è utile per sopravvivere nell’i‑
sola deserta. La vita non è solo mangiare e dormire, è anche sentire.
    E poi, tra l’altro, scopriamo che le nostre esperienze passate so‑
no determinanti per sopravvivere nel presente, non è solo il manua‑
le che può insegnarci a sopravvivere.
    Pescavamo, allora, da bambini, certo, e adesso, memori di quei
tempi eroici della nostra giovinezza, ripetiamo gli stessi gesti. Sa‑
pevamo pescare, sapevamo infilzare un verme all’amo, sapevamo
aspettare, e adesso facciamo tesoro delle nostre esperienze passate.
Sono impagabili nessun manuale le può sostituire. Niente è più uti‑
le di una esperienza vissuta direttamente, per sopravvivere nell’iso‑
la deserta.
    Manuale e esperienza personale, questo sarà il nostro bagaglio.
    Quindi useremo le canne di bambù più robuste per la capanna, le
altre per la pesca, come da bambini. E funzionava.
    È un istante, ma capiamo che il manuale non può dirci tutto.
    Anzi. Capiamo presto che dopo averlo letto dobbiamo abbando‑
narlo, perché a un certo punto diventerebbe di intralcio.
    Ed è vero, possiamo avere letto tutti i manuali di scrittura del
mondo ma, come ha insegnato Robinson Crusoe, il primo grande
protagonista della narrativa moderna, a un certo punto dobbiamo
costruirci da soli il nostro strumento di sopravvivenza. Dobbiamo
elaborare da soli le nostre storie e inventarci da soli la lingua con cui
raccontarle.
    È questo il mio obiettivo, qui. Aiutarvi a lavorare da soli, dopo
aver letto questo testo.
    Ogni nuovo romanzo, se è sincero, è un viaggio in terre poco bat‑
tute dove si tratta di adattare gli strumenti portati da casa.
    Ho letto molto, sì. Ho studiato molti manuali, certo. Ho ascolta‑
to molti consigli, chiaro, ma a un certo punto se voglio progredire
devo mollare gli approdi e mettermi nel mare aperto per vedere co‑
me e dove condurre la mia barca, e che tipo di mare avrò il piace‑
re di solcare.
26   Il grande libro della scrittura

    Scrivere è esplorare, e le vere scoperte le facciamo sempre da soli.
    Pertanto mi piacerebbe che questo manuale vi mostrasse quanto
bello può essere farlo; scrivere, intendo.
    È l’unico modo concreto per esplorare la nostra isola, cioè per
scrivere una storia che sia davvero nostra. Che significa capire dav‑
vero di che pasta siamo fatti.
    E poi, pensiamo a quanto sia bello e a quanta esperienza possia‑
mo fare ora che camminiamo da soli.
    Mentre ci avventuriamo dentro la foresta vera (non quella de‑
scritta nel manuale), rimarremo incantati dai colori degli uccelli tro‑
picali e dai loro canti striduli. Ci sono dei conigli, lì, in fondo, vicino
a un cespuglio, seminascosti nell’ombra e, sopra la nostra testa, un
avvoltoio. (Non gliela daremo vinta, è una promessa.)
    Abbiamo appena trovato la pozza d’acqua cercando dei legni per
costruire la capanna. Che sorpresa, trovare qualcosa mentre cerca‑
vamo qualcosa d’altro. È solo la prima delle scoperte fatte cammi‑
nando da soli.
    Perché è così, la scrittura, quando è buona. Un viaggio di scoper‑
ta, che è salvezza, per chi scrive.
    Mi piacerebbe mostrarvi quanto può essere affrontato con piace‑
re e senza paura. Sapendo che procedendo impareremo molte cose
sull’isola (la storia), ma soprattutto su noi stessi (l’autore).
    Capiremo chi siamo davvero, e attraverso i nostri protagonisti
conosceremo meglio come vincere le nostre paure (il loro viaggio
è anche il vostro viaggio) e affrontare i nostri desideri. E quanto, in
fondo, pur se molto dettagliate, non fossero che generiche indicazio‑
ni teoriche quelle scritte nel manuale. Ma non poteva che essere co‑
sì. Il manuale al massimo ci indica una strada, ma poi la dobbiamo
percorrere da soli.
    Siamo noi a camminare.
    Buon viaggio, quindi.
    Scoprirete che grande isola sarete in grado di scoprire e attraver‑
sare quando lo desideriate davvero.
Terza premessa: la regola del surf, assecondare l’onda

I manuali e i corsi di scrittura creativa sono abbastanza noiosi. Nes‑
sun dubbio. Nessuno, per esempio, che io abbia letto riesce a sfug‑
gire all’idea che scrivere un romanzo sia innanzitutto un’attività
chirurgica. C’è un corpo (il romanzo) e questo è costituito di tante
tessere o ingranaggi (dialoghi, descrizioni, scene, monologhi ecc.),
che vanno prima isolati e poi aggiustati insieme come faremmo nei
confronti di un puzzle o di un orologio. Bene, per scrivere un ro‑
manzo non si tratterebbe quindi di far altro che illustrare il fun‑
zionamento degli organi, del cuore (personaggio principale), del
cervello (l’idea), dei polmoni (le descrizioni) e del sistema cardio‑
circolatorio (il percorso narrativo) e, poi, di rimontarli insieme. A
quel punto il gioco è fatto.
    Ecco qua, bello che sfornato, il nostro romanzo pronto per la
stampa. Il problema è che non va mai così.
    Io credo al contrario che il romanzo, piuttosto, sia un sistema or‑
ganico, e che funzioni quando tutti gli elementi si mettono a dispo‑
sizione dell’obiettivo finale: il senso, la posta in gioco. Solo in quel
momento sorge qualcosa che è superiore alla somma delle parti di cui
è composto e, soprattutto, quel qualcosa può vivere di vita propria.
    Scrivere bei dialoghi (ma incoerenti con il senso complessivo) non
significa niente, e non trasmette niente, se non che l’autore non ha le
idee molto chiare. Scrivere una bella (bella?) descrizione è un’attivi‑
tà che non ha alcun senso. Ha senso trovare attraverso la scrittura le
28   Il grande libro della scrittura

proprie storie. Mettersi al servizio del romanzo, oltre che della scrit‑
tura. O, meglio, mettere la scrittura al servizio del romanzo.
    Per questo, prima di tutto per scrivere bisogna sapere ascoltare
e non forzare ciò che sentiamo. Se forziamo, se cioè imponiamo al
testo le regole rigidamente apprese, otterremo al massimo un’enti‑
tà simile alla creatura di Frankenstein: un essere realizzato con pez‑
zi cuciti l’uno sull’altro, ma che non possiamo definire certo «vivo».
    Noi siamo padroni e schiavi del nostro testo. Lo ideiamo, abbia‑
mo deciso di scriverlo, pensiamo di conoscerlo perfettamente in ogni
suo anfratto. Eppure, a un certo punto del lavoro dobbiamo avere la
forza di affidarci a lui, e non solo alle nostre conoscenze. Questo lo
possiamo ottenere solo se siamo stati molto precisi nell’idea che ci
spinge a desiderare che il testo fiorisca di vita. Solo allora possiamo
allentare le briglie delle regole che ci hanno insegnato e lasciare che i
personaggi parlino, vivano e ci accompagnino dove devono andare.
    Noi siamo i loro migliori amici, i personaggi devono a noi la loro
esistenza, li abbiamo creati, li abbiamo raccontati, ma se sono preci‑
si e vividi ci possono anche accompagnare a scoprire verità che pri‑
ma erano in penombra pure per noi.
    Un giorno d’estate di qualche anno fa un amico mi ha portato al
mare. Era sabato. Non avevo più di tanto da fare. Ero a casa da solo
e ho accettato. «C’è un vento imperdibile» ha detto. Voleva convin‑
cermi, ma non ce n’era bisogno. Io non avevo voglia di starmene in
città con 40 º. Avevo caldo, ero sudato e un bagno refrigerante segui‑
to da una birra erano quanto di meglio potessi desiderare. Mi sono
cambiato, pantaloncini, ciabatte, berrettino e asciugamano e insieme
siamo andati. Non era un gran periodo per lui, il matrimonio era al‑
lo sfascio e sua moglie se ne era andata in vacanza al Sud per quin‑
dici giorni con il figlio. Anche il mio amico era solo.
    Ci saremmo portati in una spiaggia vicino a un fiume, fuori dalle
traiettorie della massa e lì avremmo montato il suo surf.
    «Spiegami di questo surf» gli ho chiesto in auto.
    «È come andare a cavallo» mi ha spiegato. «La regola è questa. Tu
devi capire che non sei solo, ma siete in due: tu e l’onda. E non la de‑
vi forzare.»
    Mi piaceva ascoltarlo. Per strada poche auto, noi tenevamo i fi‑
Terza premessa: la regola del surf, assecondare l’onda   29

nestrini aperti, i gomiti fuori e, chilometro dopo chilometro, il pro‑
fumo della salsedine si faceva più intenso (una madeleine, per me,
ogni volta).
     «Come va?» gli ho chiesto.
     Era distratto, non mi ha risposto subito. Stava pensando ad altro
mentre i Beach Boys ci facevano sognare le onde della California sul
mare Adriatico.
     «Eh?»
     «Dicevo, come va?»
     «Bene» ha detto sovrappensiero. «Di cosa stavamo parlando?»
     «Onde» ho detto. «Onde e surf.»
     «Certo» si è ripreso quasi si fosse svegliato. «Perché tu non puoi
decidere tutto da solo ma devi imparare ad assecondare l’onda, non
puoi portare il surf dove vuoi senza tenere conto del tipo di onda che
hai sotto i piedi. Non devi mai forzare l’onda, altrimenti perdi il con‑
trollo della tavola e cadi. È come a cavallo, sei mai stato a cavallo?»
     «No.»
     «Be’, siete in due ma dovete diventare uno. Solo quando il tuo mo‑
vimento governando il cavallo si trasforma in cavallo, avrai il pieno
controllo della direzione e della velocità, cioè del movimento. Così
per la tavola da surf.»
     «Non capisco.»
     «Devi assecondare l’onda. Capisci? La puoi forzare, ma solo fino
a un certo punto, poi devi lasciare che sia lei a fare il lavoro per te.
Devi trasformarti in onda per fare del buon surf.»
     «No, non capisco.»
     «Te lo spiego io. Tu devi far fare all’onda ciò che vuoi, ma per que‑
sto devi conoscere bene l’onda, e sapere anche che ogni onda è diver‑
sa. A quel punto la puoi cavalcare. Un po’ decidi, un po’ lasci fare a
lei. Non è difficile. Il fatto è che in caso contrario, cadi.»
     «No. Non è difficile.»
     Stavo per chiedergli in che modo trovare l’equilibrio tra i tuoi de‑
sideri e l’essenza dell’onda quando gli è suonato il telefonino.
     «Pronto» ha detto. Era sua moglie. Sono volate parole grosse. In
breve ha riagganciato e io non ho fatto altre domande.
30   Il grande libro della scrittura

    Anche nei rapporti di coppia funziona così. Quando li forzi si
spezzano, o prendono direzioni che tu non desideri.
    «Tutto bene?» mi ha chiesto.
    «Sì. Tu?»
    In fondo è comparso il mare, un luccichio continuo. L’azzurro che
si confondeva con il cielo. Eravamo arrivati. Era il mio mare, ci an‑
davo da bambino con mia madre, mio padre e mio fratello. Anche
in giornata, tornavamo la sera. Gli anni più belli.
    «Ottimo» ha concluso. «Sei pronto per cavalcare l’onda?» Aveva
dimenticato la telefonata con la moglie (si sarebbero separati a otto‑
bre, pochi mesi dopo), e era già lì, a cavallo del surf.
    È stata quella la mia prima vera esperienza di scrittura. E qualche
giorno dopo ho iniziato a scrivere il mio primo romanzo.
    Trasformarsi nell’onda, diventare tutt’uno con l’onda. Il corpo del
cavallo e quello del fantino.
    È la «Strategia del surf», o meglio imparare ad andare a cavallo
assecondando il cavallo.
    Trasformarsi in scrittura, quindi, non forzarla. Dirigerla, ma fi‑
no a un certo punto, per far sì che la scrittura parli attraverso di noi,
e non noi attraverso la scrittura.
    Imparare le regole, ma mai farsi sostenere dalle regole.
    Il risultato sarebbe un testo legnoso, goffo, infarcito di intenzio‑
ni. Insomma, non vivo.
Quarta premessa: si salpa

Bene, ora torniamo un po’ indietro. Non siamo ancora partiti e vo‑
gliamo controllare se c’è tutto.
    Ci diamo un’occhiata in giro, ai bagagli, ai vestiti, alle provviste
che abbiamo portato sulla nostra barca.
    Ma sì, c’è tutto. Se manca qualcosa, qualche dettaglio, pazienza.
    E allora partiamo, non aspettavamo che questo momento. Par‑
tiamo, sì, e in breve comprendiamo – manuale o non manuale – che
ciò che conta, ora che siamo per mare, è avere il timone in mano.
    Un manuale non ci può dire precisamente che tipo di onde dav‑
vero incontreremo nel nostro percorso reale (ogni percorso reale è
unico), o come soffierà il vento in quel momento, oppure quanto
scalderà il sole.
    Per questo è decisivo avere solida in mano una barra, una direzio‑
ne, un senso, e noi adatteremo di volta in volta il percorso e gli inciam‑
pi e le opportunità del percorso, a questo senso e a questa direzione.
    Un’ultima annotazione, finché siamo nelle acque ancora basse e
non corriamo rischi.
    Ho strutturato il testo in tre momenti, simili ai Tre Atti con cui
si costruisce ogni storia, perché desidero che anche questo manuale
rappresenti un piccolo percorso per chi legge.
    All’inizio le premesse e le primissime nozioni generiche (queste
righe che state leggendo proprio ora e quelle che leggerete nel pros‑
simo capitolo). Quindi le intenzioni, le idee di base.
32   Il grande libro della scrittura

    Poi il Secondo Atto, il viaggio vero e proprio dentro le strutture
narrative. Gli strumenti, la fatica, il percorso concreto.
    Infine il ritorno a casa, il Terzo Atto, in cui scopriremo che sì, sia‑
mo sempre noi, proprio noi che siamo partiti, ma che se il viaggio è
stato proficuo, siamo anche un po’ diversi e forse migliori rispetto a
quando eravamo partiti.
    Credo che ogni buona storia dovrebbe essere così. Ci fa tornare a
casa un po’ più ricchi e consapevoli.
    Ho pensato di scrivere in questo modo il mio manuale e di man‑
tenere tra le righe il senso di questi tre atti.
    Partiremo quindi da considerazioni generali e andremo man ma‑
no ad approfondire singoli temi anche molto specifici, in un percorso
di avvicinamento, alle volte, non lo nego, anche faticoso, soprattutto
nella seconda parte del Secondo Atto, quando parleremo nello spe‑
cifico delle tecniche di scrittura. Ma faticoso è anche il percorso del
protagonista in quella stessa parte del percorso, ed è lì che si deve
confrontare davvero e da solo con le difficoltà della vita, e riuscire a
superarle, come dovrete fare voi mentre scrivete.
    Quindi, non lo nego, ci saranno dei capitoli in cui è richiesta mag‑
giore attenzione da parte vostra. Forse farete difficoltà, forse no, ma
questo sforzo è necessario per approfondire e per poi, aprire la stra‑
da verso il finale. E alleggerire, e lasciarci andare, e liberare le ener‑
gie migliori che abbiamo raccolto per strada e trovato dentro di noi.
    Ma non indugiamo oltre.
    Spieghiamo subito le vele e andiamo avanti, mentre un bel vento
pacifico e di buon auspicio soffia alle nostre spalle.
    Sarà un bel viaggio, vedrete.
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