L'omofonia1 del termine "incarichi" usato dal legislatore delegato
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Dott. Riccardo LASCA (per www.ptpl.altervista.org - 25.06.2014) L'omofonia1 del termine “incarichi” usato dal legislatore delegato pro TRASPARENZA e anti CORRUZIONE. Corretto? Mica tanto. Semmai: due pesi e due misure per la stessa finalità! Ma c'è comunque tanto da dire su entrambi i versanti normativi! Sintesi: Stranamente in ambito di TRASPARENZA (D.Lgs. n. 33/2013) e quanto a prevenzione della CORRUZIONE e quindi a sostegno dell'INTEGRITA' (D.Lgs. 39/2013 anche, non solo L. 190/2012) la parola “incarichi” (rispettivamente agli art. 14 del T.U. TRASP. e art. 4 T.U. INCONF.) assume un significato stranamente diverso: rispettivamente ampio, nel primo caso, e, stando all'ANAC, significativamente più ristretto nel secondo caso. Evidenziazione del problema e formulazione del quesito: un errore interpretativo dell'ANAC o pura verità e quindi discutibile scelta del legislatore? Argomentazioni giuridiche a sostegno della corretta interpretazione del termine “incarichi” nelle suddette due circostanze normative, anche ai fini di una esaustiva tecnica redazionale dei modelli standard di dichiarazioni che i politici/gli amministratori/i dirigenti (ma solo “esterni”), eletti e/o nominati, debbono rendere all'Ente/Società/Fondazione per finalità di trasparenza e/o previa verifica di attribuibilità di certi incarichi amministrativo-gestionali di vertice “che pesano”. Il quadro è caotico: serve orientarsi, per non perdersi e fare scelte interpretative chiare, anche con l'ausilio dell'ANAC quando normativamente fondato. Sommario: § 01 – Premessa: redigere la modulistica delle dichiarazioni tipo pro TRASPARENZA ed INCONFERIBILITA' non è una passeggiata. § 02 – Il termine “incarichi” di cui alla lett. e) comma 1 art. 14 del D.Lgs. n. 33/2013. § 03 – Il termine “incarichi” secondo l'art. 1 comma 2 lett. e) del D.Lgs. n. 39/2013 e la sua applicazione all'art. 4 del medesimo D.Lgs.: esemplifichiamo. § 04 – Diagnosi finale e prognosi con prescrizione: curioso caso di omofonia del termine “incarichi” usato dal Legislatore in due testi normativi (D.Lgs. 33/2013 e D.Lgs. n. 39/2013) aventi lo stesso DNA: un errore? *** § 01 – Premessa: redigere la modulistica delle dichiarazioni tipo pro TRASPARENZA ed INCONFERIBILITA' non è una passeggiata. 1 Omofonia: in linguistica, l'omofonia (dal greco homóphōnos, composto di homós «simile» e phōné «suono») è la relazione che c'è tra due parole che hanno la stessa pronuncia ma significato diverso [così in http://it.wikipedia.org/wiki/Omofonia_(linguistica)] 1
Il dipendente, pubblico se presso una P.A. o privato di una privata società solo “partecipata” o addirittura “controllata” da una P.A., ma anche lavorante presso “fondazioni e associazioni private in controllo pubblico” (v. a fine articolo Scheda 1 “Sintesi” in riquadro: riassunto della Circ. n. 1/2014 DFP su ambito soggettivo d'applicazione del D.Lgs. n. 33/2013), che si occupa professionalmente dell'applicazione pratica del D.Lgs. n. 33/2013 (TRASPARENZA) e del D.Lgs. n. 39/2013 (CAUSE DI INCONFERIBILITA'/INCOMPATIBILITA') spesso è costretto a dover elaborare una modulistica standard da sottoporre a vari soggetti per acquisire le varie dichiarazioni obbligatorie imposte dalla Legge: dichiarazioni da rendersi (sovente - correttamente - anche ai sensi e per gli effetti - anche penali! - artt. 47 e 76 del DPR 445/2000) e da pubblicarsi poi on web a cura del dipendente pubblico avente la funzione di “EDITOR” (si spera per avvenuta2 nomina/attribuzione formale di tale responsabilità di processo), cioè da colui cui solo si applica il severo regime delle responsabilità ex art. 46 D.Lgs. n. 33/2013 per gli inadempimenti totali e parziali a detrimento/tradimento della Sezione Amministrazione Trasparente. In tanto si è “responsabili per inadempimento totale o parziale” in quanto si è “obbligati” ad un determinato facere amministrativo: quindi niente nomina ut EDITOR, nessuna responsabilità; responsabilità che resta ex L. 241/1990 in capo al Dirigente ...che non ha disposto. Ma anche in caso di nomina resta sempre ferma la responsabilità del Dirigente per culpa in vigilando verso il subordinato EDITOR inadempiente. La necessità di redigere questa “modulistica standard” per talune delicate dichiarazioni obbligatorie (da rendersi obbligatoriamente a cura del dichiarante non “a naso” - con leggerezza e superficialità - pena l'applicazione della sanzione di cui all'art. 47 del medesimo D.Lgs. n. 33/2013, che deve essere applicato alla lettera e non “a spanne” come par di udire anche dalle parti di Roma!) non è un vezzo da Funzionario-burocrate ottocentesco, ma è dovuta alla estrema complessità della normazione spesso assolutamente ignorata o parzialmente incomprensibile dal/al dichiarante, che giammai sarebbe in grado da sé di elaborare una soddisfacente (nel senso di esaustiva ex lege) dichiarazione. La stessa modulistica per la Dichiarazione dei redditi curata (stampata) dal MEF ogni anno ne è un esempio! Ma se il dichiarante spesso è ignorante - solo nel senso sopra appena esposto! - però non è stupido o sprovveduto, vuole “sapere cosa esattamente si firma”: capita allora che dinanzi a certe dichiarazioni standard, redatte (a livello di modulistica) con un mero rinvio a questo o quell'altro articolo di legge individuanti in modo generico una data situazione personale, il politico (magari un Avvocato, un Ingegnere, un Medico, etc.) dichiarante chieda: “ 'incarichi' di che tipo ?” . E già: 2 In mancanza di tale formale nomina/responsabilizzazione, ex L. 241/1990 risponde sempre ed unicamente il Dirigente del Settore che ha prodotto l'atto oggetto (in sé o per dati pertinenti a mezzo 'tabella') di pubblicazione obbligatoria: s-i-c-u-r-a-m-e-n-t-e ! 2
di che tipo? Esattamente quali? Si fa presto a dire: “incarichi” ! E qui scatta il panico del Funzionario/addetto alla ricezione della dichiarazione: sul modulo standard non c'è scritto nulla, nessuna esemplificazione da Roma e/o dal proprio Ente, nessuna nota esplicativa: zero! Nessuna direttiva dirigenziale scritta a supporto del processo lavorativo 'acquisizione dichiarazioni ex art 14 D.Lgs. n. 33/2013' (direttive che, se esistenti e scritte, devono anche essere pubblicate ex art. 12, comma 13) e ….. allora che si fa? Si dovrebbe aver studiato molto e bene prima, essersi formati insomma, e, cosa che non guasta e non dispiace mai, aver ricevuto formali atti di indirizzo (direttive, se non addirittura redatto moduli più chiarissimi e non ermetici, esaustivi insomma) da parte di chi agisce a nome e per conto dell'Ente: la Dirigenza. Ma la Dirigenza ha altro da fare che non il “giurista” 18h su 24, eppure l'Italia di oggi impone anche questo al Dirigente: poi però i politici lo chiamano “burocrate”, quando invece sono loro (i politici) a renderlo tale con leggi assurde/incomprensibili/stiracchiabili ...a piacimento e molto esponente a personali responsabilità, professionali e patrimoniali, mica da ridere! Però i Magistrati...quelli no, non debbono rispondere del loro operato in violazione di legge: ne va di mezzo la loro indipendenza; mentre l'art. 97 comma 1 della Costituzione sarebbe stato scritto per dei servitori delle PP.AA. di serie “B”, ne deduco, stante il tenore dell'art. 28 Cost.: possibile?! Chi professionalmente si occupa, anche quale cultore della materia e di formazione professionale della TRASPARENZA in senso lato e quindi anche della c.d. INTEGRITA', come chi scrive, sa bene che detta giusta, spontanea e più che legittima domanda del politico/amministratore dichiarante, spesso ben istruito e non agevolmente liquidabile con vaghe o parafrasanti risposte, apre in Italia un baratro sull'abisso della assoluta imponderabilità giuridica, sull'incertezza del diritto insomma e quindi getta tutti (Funzionario prima e dichiarante poi) nella giungla dei possibili censuranti rilievi ispettivi di organi amministrativi e giurisdizionali - ma anche certa Stampa non scherza! - in cui le varie menti umane elaborano ciascuna una sua definizione ad es. del concetto di “incarico” all'uopo pertinente o più conveniente a seconda dello scopo che si prefigge: il fine giustifica i mezzi, insomma. Una cosa è certa: siffatte premesse in punto di diritto non lasciano presagire in Italia nessuna TRASPARENZA ed INTEGRITA': insomma un autentico fallimento del Legislatore che tanto a promesso a certi organismi ed investitori internazionali! Insomma: cara Italia, “Ut semenetem feceris ita metes (Mieterai a seconda di ciò che avrai seminato)”! 3 Che recita in modo cristallino: “Sono altresì pubblicati le direttive, le circolari, i programmi e le istruzioni emanati dall'amministrazione e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti ovvero nei quali si determina l'interpretazione di norme giuridiche che le riguardano o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse, ivi compresi i codici di condotta.” 3
§ 02 – Il termine “incarichi” di cui alla lett. e) comma 1 art. 14 del D.Lgs. n. 33/2013. Veniamo al caso pratico, concreto. Partiamo dal diritto però, immanentemente porto di partenza di qualunque escursione teorico-operativa: le Circolari ed i Pareri istituzionali vanno s-e-m-p-r-e letti dopo! Ebbene, secondo l'art. 14, comma 1 lett. e) del D.Lgs. n. 33/2013 - articolo che si applica anche ai soggetti non pubblici in apertura richiamati grazie al disposto dell'art. 22, comma 34 del medesimo D.Lgs.) - il politico, eletto dal Popolo sovrano (1° potere dello Stato) o nominato dal politico, deve rendere una specifica dichiarazione circa esattamente (si fa per dire!): “e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;”, incarichi che si distinguono (e si devono tenere distinti!) da quelli sfocianti in/relativi a “cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti” di cui alla precedente lett. d)! Quindi il politico dichiarante non sprovveduto vuole esattamente sapere, dal Funzionario smarrito di cui sopra, quali “incarichi ” deve dichiarare nel modulo standard ex art. 14/1 lett. e) D.Lgs. 33/2013 senza incorrere in omissioni (v. sanzioni art 47!): e sì perché il concetto di “con oneri a carico della finanza pubblica” gli (e non solo a lui!) risulta alquanto facile: incarichi remunerandi da parte di una Pubblica Amministrazione italiana, che per l'appunto gestisce risorse finanziarie pubbliche (anche europee: una volta accreditate divengono italiane). Invero, anche la locuzione “compensi spettanti” pone non pochi problemi, ma di quelli ce ne occuperemo in un separato approfondimento avendo sollecitato ad hoc l'ANAC con apposito quesito e proposte risolutive (v. in fondo riquadro Scheda 2 “Testo quesito inviato all'ANAC su “compensi spettanti”.) A questo punto del quotidiano lavoro da/da “burocrate”, i Funzionari italiani si dividono in due categorie: quelli, del tipo Azzecca-garbugli che conoscendo a memoria tutta la Prassi (Circolari, Pareri, FAQ, etc., la Gr. Un po' meno!) lanciano subito al cervello l'ordine mentale del “trova” nella Prassi (Circolari/Pareri/FAQ) la 4 Che così recita: “3. Nel sito dell'amministrazione e' inserito il collegamento con i siti istituzionali degli enti di cui al comma 1, nei quali sono pubblicati i dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo e ai soggetti titolari di incarico, in applicazione degli articoli 14 e 15.” modo un po' joyciano (da Joyce James, autore tra l'altro de l'Ulisse, così definito su http://www.scuolissima.com/2012/08/Ulisse-Joyce-Riassunto.html “Romanzo sperimentale per definizione, Ulisse vuole descrivere i personaggi senza veli e la vita umana in ogni suo aspetto. A tale scopo adotta la particolare tecnica narrativa del monologo interiore, esasperato fino al flusso di coscienza (stream of consciousness) interamente dalla psiche stessa dei personaggi: mancano indicazioni chiare di spazio e tempo, manca uno sviluppo narrativo coerente; tutto si riduce a una serie ininterrotta di impressioni, ricordi, immagini e libere associazioni mentali.” . Praticamente la fotocopia del modo tutto italiano di scrivere le leggi dal 1992 (fine della I Repubblica) ad oggi (2014) inizio della III. 4
risposta esatta e trovatala la applicano acriticamente e quelli che, critici, ragionano e tentano in primis di dare un significato giuridico logico e telelogico al termine come l'art. 12 delle preleggi impone, poi verificano cosa dicono Prassi-Circolari-FAQ, etc.. I secondi, d'altra tempra mentale, ragioneranno più o meno così: “incarico” = indica atecnicamente (già perché in verità indica l'oggetto della prestazione) un contratto (negozio giuridico) stipulato per rendere una prestazione di lavoro resa in forma di lavoro autonomo, una prestazione ex art. 2222 ss. c.c.: assolutamente no in modo subordinato, a prescindere dal suo contenuto, in favore di una P.A. p-a-g-a-n- t-e (se è resa gratuitamente: no, non rileva!), secondo una delle seguenti modalità possibili secondo il vigente ordinamento giuridico italiano, stante il silenzio del legislatore: - nella modalità professionale (sempre con P.IVA, ma con o senza Albo): c.d. professionista; - da prestatore d'opera non professionale o occasionalissimo in quanto non ancora abituale/professionale (senza P.VA, ma pur sempre autentico e vero lavoratore autonomo anch'esso: ad oggi - AD. 2014 DC - quando diventi obbligato ad aprire la P.IVA lo sa solo la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Entrate! Vergogna tipicamente italiana e foriera anche di una certa corruzione diffusa anche tra i controllori, pare!); - nella forma/modalità del Co.Co.Co. (la modalità “Pro.” = Co.Co.Pro. la si deve escludere trattandosi di committenza pubblica...che paga con denari5 erariali), anche se di tipo similari alle c.d. mini (quella senza obbligo di progetto: sempre di lavoro autonomo si tratta6: certo di tipo “collaborante”) di cui alla specificazione contenuta agli artt. 409/1 n. 3) c.p.c. e basta senza l'aggiunta cioè degli artt. 61 ss. del D.Lgs. 276/2003: per le PP.AA. Italiane committenti c'è la sola forma classica della Co.Co.Co. originaria ex art. 409/1 n. 3) c.p.c., che però alla luce di quanto dispone l'art. 7, co. 6 ss. del D.Lgs. n. 165/2001 ha alle spalle molto più di un misero 5 La moneta d’argento dell’antica Roma era il DENARIUS. Alla domanda "si dice denari o danari?", però, potreste rispondere citando come corrette entrambe le forme. La variante più indicata è ovviamente la prima, per ragioni legate alla base, dunque di tipo etimologico (molti dubbi vengono risolti proprio facendo riferimento alla storia della lingua italiana in relazione al latino, la sua lingua madre). così su: http://www.linkuaggio.com/2011/09/si-dice-denari-o-danari-la-storia-della.html 6 Per una riprova autorevole della riconducibilità/appartenenza anche dei CoCoCo. al genus del LAVORO AUTONOMO vedasi la voce “Lavoro a progetto” pag. 264 sul dizionario “Diritto del Lavoro” a cura di Pietro Lambertucci Ed. Giffrè 2010, §1: - Il Codice civile, nel dedicare al 'lavoro autonomo' il Tit. III del Libro V, detta la disciplina del contratto d'opera e del contratto d'opera intellettuale, ma non prende in considerazione fattispecie di lavoro autonomo continuativo. La ragione di questa omissione dipende probabilmente dalla convinzione da parte dei compilatori del codice, che non vi fosse spazio per tipi legali di lavoro continuativo al di là del lavoro subordinato e dei contratti di lavoro autonomo tipizzati nel Libro V delle obbligazioni. Tuttavia, negli ultimi anni, l'opportunità di dettare una autonoma disciplina anche per il lavoro autonomo continuativo è stata al centro di un intenso dibattito dottrinale ….” che vede nella disciplina del lavoro in regime di Co.Co.Co. ex art. 409, co, 1 n. 3 c.p.c. e artt. 61 ss. Del D.Lgs. n. 276/2003 il suo “epilogo normativo”. 5
“Progetto” ! Ratio della norma è: mettere in evidenza il fatto/la circostanza che uno stesso politico vive grazie a due tipi di compensi: a) quelli percepiti presso la PA ove è stato eletto/nominato; b) quelli ulteriori che percepisce però da altre PP.AA. grazie al suo lavoro remunerato: foss'anche un lavoratore autonomo occasionale puro* (*senza P.IVA). Poi ciascuno (organi ispettivi statali, OIV/NdV, Magistratura, Stampa, Cittadini elettori, etc.) fa le sue considerazioni ed adotta gli atti/comportamenti di competenza. Chiuso il ragionamento focalizzante sul termine “incarichi” senza condizionamenti. Fine. Poi - ora ci sta! - uno sguardo a cosa dice l'ANAC non guasta. Ebbene, in materia l'ANAC, evidentemente sollecitata da qualche Funzionario giustamente timoroso (di errare) o forse stressato da qualche politico che non riteneva di dover far conoscere i suoi affari professionali con le PP.AA. italiane al Mondo intero sul web, ha così chiarito in merito al significato del termine “incarichi” ora in esame con la FAQ sub TRASPARENZA n. 5.18: “5.18 [ndA: Domanda] Tra gli altri incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, da pubblicare ai sensi dell’art. 14, c. 1, lett. e), del d.lgs. n. 33/2013, rientrano anche le attività svolte in qualità di libero professionista? [ndA:Risposta] Gli incarichi svolti in qualità di libero professionista devono essere pubblicati laddove la relativa spesa gravi sulla finanza pubblica. Ad esempio, gli incarichi conferiti da parte di amministrazioni statali, Regioni, Province e Comuni, quali difesa in giudizio, consulenza tecnica etc., rientrano, qualora sia previsto un compenso [ndA: che un Avv. Lavori gratis è raro ma possibile: comunque è vero, la norma fa emergere i soli incarichi remunerati!], nella categoria degli incarichi gravanti sulla pubblica finanza per i quali sussiste, ai sensi dell’art. 14, c. 1, lett. e), del d.lgs. n. 33/2013, l’obbligo di pubblicazione.” Insomma il politico anche professionista, ad es. Avv./Ingegnere, Medico etc., deve far sapere al Mondo intero tutti i lavori che svolge per le PP.AA. committenti ove remunerati. Per sapere, poi, cosa (gli) succede se se non li comunica, serve leggere bene l'art. 47 del D.Lgs. n. 33/2013, cosa che pochi, pare ad oggi, hanno fatto, ma ce ne occuperemo in altro approfondimento ad hoc! E sin qui la risposta data dall'ANAC sul caso concreto del politico “professionista”, ergo lavoratore autonomo ordinariamente lavorante con lo schema negoziale del “lavoro autonomo” ex art. 2222 ss. c.c., nel caso di specie “professionale”, cioè “abituale” (con P.IVA), collima (rientra nella) con la nozione generale sopra elaborata dal Funzionario critico (raziocinante) e preparato; ed è addirittura apprezzabile l'esemplificazione fatta dall'ANAC per due distinte ipotesi, ovvero: - sia per il caso della prestazione “difesa in giudizio”, una autentica 'prestazione di servizio', obbligatoria per la PA, resa dall'operatore economico 6
persona fisica Avvocato Tizio (riconducibile p-a-c-i-f-i-c-a-m-e-n-t-e in punto di diritto nell'alveo del D.Lgs. n. 163/2006 v. Allegato IIB); - sia -non essendo la difesa in giudizio una consulenza in senso proprio/oggettivo- per il caso della prestazione consistente in una “consulenza” che, pur essendo sempre in sé una prestazione di servizi, è però da ricondursi (pubblicisticamente/proceduralmente) nelle gabbie di protezione e prevenzione dettate dai commi 6 e ss. Dell'art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001 (lì devono confluire tutti (ma solo!) gli “studi-consulenze-ricerche” commissionati dalle PP.AA. italiane in quanto beni intermedi ad acquisizione discrezionale da parte delle stesse e quindi con rischio di sperpero dei pubblici denari, come insegna l'insuperabile ed insuperata (a tutto il 2014) delibera C.d.C. sezione Riunite del Controllo n. 6/2005: (Allegato alla delibera n. 6/2005) “Linee di indirizzo e criteri interpretativi sulle disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) in materia di affidamento d’incarichi di studio o di ricerca ovvero di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)” (omissis) Non rientrano, invece, nella previsione dei commi 11 e 42: le prestazioni professionali consistenti nella resa di servizi o adempimenti obbligatori per legge, qualora non vi siano uffici o strutture a ciò deputati; la rappresentanza in giudizio ed il patrocinio dell’amministrazione; gli appalti e le “esternalizzazioni” di servizi, necessari per raggiungere gli scopi dell’amministrazione. Non rientrano, in sostanza, nella previsione gli incarichi conferiti per gli adempimenti obbligatori per legge, mancando, in tali ipotesi, qualsiasi facoltà discrezionale dell’amministrazione.” Sempre stando agli insegnamenti dell'ANAC, sconcerta, invece, l'indiretta definizione che l'ANAC stessa s-e-m-b-r-a dare al medesimo termine “incarichi” ora in esame nella FAQ n. 5.19 sempre sub TRASPARENZA: “5.19 Tra gli altri incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, da pubblicare ai sensi dell’art. 14, c. 1, lett. e), del d.lgs. n. 33/2013, rientrano anche le attività svolte in qualità di medico di base e di pediatra di libera scelta? No, per le attività svolte in qualità di medico di base e di pediatra di libera scelta non sussiste l’obbligo di comunicazione e pubblicazione ai sensi dell’art. 14, c. 1, lett. e), del d.lgs. n. 33/2013, atteso che non si è in presenza di un incarico di collaborazione o consulenza. Infatti, i corrispettivi attribuiti ai medici di base e ai pediatri di libera scelta, pur con le relative specificità, sono assimilabili a quelli derivanti da lavoro dipendente. I dati ad essi relativi sono resi trasparenti attraverso la pubblicazione della dichiarazione dei redditi disposta dal medesimo art. 14, c. 1, lett. f).” La risposta è indubbiamente esatta, tuttavia qualche maldestro addetto ai lavori, anche professionale, potrebbe trarne la seguente erratissima equazione definitoria: gli “incarichi” di cui alla lett. e) comma 1 art. 14 D.Lgs. n. 33/2013 = (non a tutte indistintamente le prestazioni di lavoro autonomo: come sta scritto alla FAQ 5.18, ma) alle sole prestazioni di lavoro autonomo consistenti in 7
incarico di collaborazione* [*= solo Co.Co.Co./Pro., tutte a prescindere dal loro contenuto] o [ndA: di] consulenza* [= cioè alle prestazioni di lavoro aventi ad oggetto solo studi-consulenze-ricerche] ovverosia i d-u-e t-i-p-i d-i o-g-g-e-t-t-i di prestazioni di lavoro autonomo richiesti dalle PP.AA. italiane più perseguitati/attenzionati/monitorati dal Legislatore negli ultimi 10 anni perché causa di favoritismi e sperpero di denaro pubblico: vero, ma non ci azzeccano con la ratio alta dell'art. 14 D.Lgs. n. 33/2013! No, decisamente no, le cose non stanno in siffatta visione/interpretazione riduttiva/parziale, così come parrebbe evincersi dalla FAQ 5.19, anche perché allora non si comprenderebbe più la FAQ 5.18. Indubbiamente trattasi di uno scivolone espositivo-esemplificativo, fortunatamente evidente (minus dixit quam voluit!) dell'ANAC i cui pareri restano e sono comunque di indiscussa utilità, dinanzi a siffatta oscura normazione statale, scritta in modo atecnico e decisamente approssimativo, insomma che usa più termini da Stadio bar / TG7 del 20,00, che di diritto. Utilissimo, ben scritto e condivisibile, sul fronte della questione temporale (questione del tempus regit actum) è la FAQ 5.23 sempre in materia di “incarichi” sub TRASPARENZA: “5.23 Con riguardo alla pubblicazione, ai sensi dell’art. 14, c. 1, lett. e), del d.lgs. n. 33/2013, degli incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, sono da includersi solo gli incarichi conferiti a partire dall’entrata in vigore del decreto o dall’elezione/nomina del titolare di incarico politico? Ai sensi dell’art. 14, c. 1, lett. e), del d.lgs. n. 33/2013, le amministrazioni sono tenute a pubblicare i dati relativi agli incarichi conferiti a partire dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013, ovvero dal 20 aprile 2013. Tuttavia, laddove un incarico, pur conferito precedentemente a tale data, mantenga i suoi effetti anche successivamente ad essa, le amministrazioni sono tenute a pubblicarlo.” Quindi a questo punto è ben chiaro che cosa debba intendersi per “incarichi” ex art. 14, co. 1 lett. e) del D.Lgs. n. 33/2013: potremmo dire che sul punto la FAQ 5.18 dell'ANAC docet, ma anche la FAQ. n. 5.23 non va dimenticata operativamente. Allora, una corretta modulistica, che consenta al politico/amministratore dichiarante di dichiarare bene ed esaustivamente senza remore o dubbi tutto quello che “deve” dichiarare/comunicare all'Ente/Società ai sensi dell'art. 14, co. 1 lett. e) ed art. 22, comma 4 del D.Lgs. n. 33/2013 non può, ma deve, esemplificare sul punto (sul termine “incarichi” [1]) più o meno come segue, magari in nota: 7 Vogliamo parlare delle innumerevoli volte in cui giornalisti della RAI, pagati profumatamente con pubblici denari, usano il termine “rescissione” del contratto al posto di “risoluzione” del contratto? Tanto uno vale l'altro....per loro ! Ma per chi percepisce dai 3000 ai 5000 €. netti di stipendio al mese ..una simile superficialità è inaccettabile: è un non servizio pubblico! Chi si occupa del controllo qualità alla RAI ? Esiste? Alle PP.AA. Regioni ed EE.LL. È imposto! 8
“[1] “Trattasi di qualunque attività di lavoro autonomo remunerata, comunque resa dal politico/amministratore eletto/nominato (con contratto di Co.Co.Co, con contratto di prestazione d'opera ex art. 2222 ss. c.c. sia resa professionalmente con PIVA emettendo fattura sia non abitualmente cioè senza P.IVA rilasciando nota-quietanza), in favore di una Pubblica Amministrazione italiana: detta dichiarazione va resa in riferimento a tutti gli incarichi ricevuti dopo il 20.4.2013 nonché per quelli anteriori per i quali il dichiarante deve ancora ricevere il pagamento del compenso e/o stia ancora erogando le proprie prestazioni lavorative autonome.” Un consiglio: l'eventuale dichiarazione negativa deve essere resa non per le vie brevi, con oscuri rinvii per relationem, ma esclusivamente su di un modulo siffatto, con una tale nota inequivoca, al fine di non sentirsi dire poi dal dichiarante, colto in dichiarazioni omesse o parziali, “ma io non sapevo che ...” : dinanzi a siffatto modulo non lo potrà dire! § 03 – Il termine “incarichi” secondo l'art. 1 comma 2 lett. e) del D.Lgs. n. 39/2013 e la sua applicazione all'art. 4 del medesimo D.Lgs.: esemplifichiamo. Passiamo ora ad altro caso concreto di uso e significato del termine “incarichi” ma questa volta scaturente dall'applicazione del D.Lgs. n. 39/2013 (o presunto T.U. INCONFERIBILITA' / INCOMPATIBILITA'), le cui utilissime definizioni d'apertura date dal Legislatore all'art. 1 ben potrebbero aver ingenerato una “interferenza mentale logico-giuridica sul piano operativo” nel cervello del suddetto Funzionario di secondo tipo (quello critico = “raziocinante” e non meramente commentatore/applicatore “parafrasante”! E di tal specie ve n'è di gran copia tra gli Autori anche della carta stampata a tiratura nazionale). Ebbene, all'art. 1, comma 2 lett. e)8 detto T.U. INCONFERIBILITA' così recita nell'individuare una pregressa circostanza/condizione rilevante pro inconferibilità “Ai fini del conferimento di incarichi dirigenziali e di responsabilita' amministrativa di vertice > nelle pubbliche amministrazioni, >> negli enti pubblici e >>> negli enti di diritto privato in controllo pubblico”: “e) per «incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati», [ndA: si deve intendere esclusivamente] (pregresse attività ope legis presunte siccome interferenti = confliggenti = conflitto di interessi) 8 Regola dettata sempre da una lettera “e)” le possibilità di interferenza e confusione logico-giuridica aumentano! 9
- le c-a-r-i-c-h-e di presidente* con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato**, - le p-o-s-i-z-i-o-n-i di dirigente***, - lo s-v-o-l-g-i-m-e-n-t-o stabile di attivita' di c-o-n-s-u-l-en-z-a a favore dell'ente (MEMENTO, SOLO: in enti di diritto privato regolati o finanziati);” [ndA: professionista “stabile”]****; insomma 4 (v. n. asterischi in ordine progressivo) distinte tipologie di attività pregresse. Orbene, se è vero che una norma deve essere intesa ed applicata in maniera collimante con le finalità/scopi che con essa il Legislatore si è prefisso di raggiungere (“l'intenzione del Legislatore”) con essa, è pur vero che però prima di tutto - sul piano logico/temporale, anche per evitare di sostituirsi al Legislatore (attività recentemente molto in voga in Italia!) - viene (v. art. 12 preleggi al c.c.) “il significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” (e qui v'è da dire che talvolta un buon ripasso dell'analisi grammaticale e del periodo della lingua italiana non farebbe male a nessun interprete, anche togato; ma in primis de iure condendo neppure a chi le leggi le scrive, magari dentro qualche ufficio amministrativo come capita per il Decreti Legislativi!) E allora, sempre il suddetto Funzionario di secondo tipo, quello critico- raziocinante, così dovrebbe ragionare (più o meno): a) che cosa sia l'attività di “consulenza” (visto che il Legislatore scrive “consulenziale”) propriamente detta (cioè escludendo che il Legislatore usi un gergo atecnico o addirittura da Stadio bar) è ….... presto detto: la prestazione di una vera e propria “c-o-n-s-u-l-e-n-za” (in senso ampio si potrebbe dire : studio-consulenza- ricerca? Chi scrive dubita!) quale oggetto finale atteso dal committente costituito da - in questo caso solo - solo enti di diritto privato regolati o finanziati (da prodursi da parte del prestatore): esattamente di quel tipo di prestazione oggetto del contratto di lavoro autonomo ex art. 2222 ss. c.c. tanto odiato dal Legislatore, perché trattasi di bene [l'oggetto della prestazione: cioè la c-o-n-s-u-l-e-n-z-a (il contenuto) e non il contratto (l'involucro: il contenente!) ex art. 2222 s.s. c.c. !!!] ad acquisizione discrezionale da parte delle PP.AA. (già aventi al loro interno soggetti pagati mensilmente all'uopo preposti: Dirigenti/Funzionari apicali!) dietro il quale spesso si cela(va!) un autentico sperpero di pubblici denari, se non addirittura integrante anche dei reati. I più bravi ne ricorderanno la definizione puntuale data dalla Corte dei Conti a Sez. Riunite del controllo nell'arcinota delibera n. 6/2005 che gettava luce sulla c.d. “lenzuolata del Ministro Bersani” (così definita dalla stampa dell'epoca) del Luglio del 2004 (DL 168/2004), ove sta scritta la seguente definizione precisa: “Le consulenze, infine, riguardano le richieste di pareri ad esperti.” ben diverse da: 10
- “Gli incarichi di studio possono essere individuati con riferimento ai parametri indicati dal D. P. R. n. 338/1994 che, all’articolo 5, determina il contenuto dell’incarico nello svolgimento di un’attività di studio, nell’interesse dell’amministrazione. Requisito essenziale, per il corretto svolgimento di questo tipo d’incarichi, è la consegna di una relazione scritta finale, nella quale saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte.” - “Gli incarichi di ricerca, invece, presuppongono la preventiva definizione del programma da parte dell’amministrazione.” Su tale distinguo nessuno oggi s'arrabbi: Corte dei Conti Sez. Controllo nella sua massima espressione (superiore anche alla CdC Autonomie) docet ! Giova infine rilevare, per completezza, come il legislatore delegato nell'accennare al pregresso svolgimento delle “c-o-n-s-u-l-e-n-z-e” (pur dette...”s-t- a-b-i-l-i”) nulla dice sulla condizione esatta del prestatore: cioè se debba trattarsi di prestatore d'opera occasionale o abituale (professionale): ma in fondo cosa cambierebbe ? Bene ha fatto a non dire nulla e a puntare solo sulla prestazione = “una consulenza”, ,a resta il nodo di definire quando è “stabilmente” resa (!); mentre ubi voluit dixit....vedi infra § n. 3 a commento del D.Lgs. n. 39/2013; b) ma cosa sia una ...(che tipo) e quando detta …. “consulenza” possa considerarsi/definirsi ….. “s-t-a-b-i-l-e” (così, a spanne, la definisce il Legislatore) nessuno lo sa con esattezza, mancando sia nel D.Lgs. n. 39/2013 sia in tutto l'ordinamento giuridico italiano scritto una nozione espressa delle caratteristiche temporali/economiche di una attività remunerata “s-t-a-b-i-l-e”: chi è / quando si è l'/un incaricato “stabile”, che stabilmente eroga “consulenze”? Che razza di soggetto giuridico è un incaricato (= prestatore di lavoro a-u-t-o-n-o-m-o) che lavora s-t-a- b-i-l-m-e-n-t-e pro un dato committente? I redattori del c.c. del 1942 direbbero un dipendente, cioè un lavoratore subordinato........ ma i tempi cambiano e....il diritto decade, cioè diventa s-c-a-d-e-n-te! Mutatis mutandis sovviene allo scrivente la questione della “abitualità” nella coltivazione del terreno o nell'allevamento del bestiame del coltivatore diretto, necessaria per ottenere l'iscrizione all'INPS: in tal caso il legislatore all'art. 3 della L. n. 9/1963 così chiarisce inequivocabilmente: “Con decorrenza dall'entrata in vigore della presente legge, il requisito della abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi o nell'allevamento e nel governo del bestiame, previsto dagli articoli 1 e 2, L. 26 ottobre 1957, n. 1047, e dall'art. 1, L. 22 novembre 1954, n. 1136, si ritiene sussistente quando i soggetti indicati nelle suddette norme si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività. Per attività prevalente, ai sensi di cui al precedente comma, deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell'anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito.” Quindi quando il Legislatore vuole, chiarisce ! Da qui, da queste paludi/nebbie normative, nasce l'odiosa Prassi (Circolari/Pareri) “normativa” (le c.d. Circolari normative che sono illegittime e quando contra legem....semplicemente eversive, da sanzionarsi con la massima 11
severità a giudizio di chi scrive sino ad arrivare alla previsione di specifica causa di decadenza, Ministri inclusi!) ed anche il germe/l'occasione della corruzione a ben vedere, ma ad alti/altissimi livelli! Già a chi scrive par di leggere la nozione agognata: “Un incarico consulenziale è da ritenersi stabile quando chi lo eroga si obbliga a produrlo al committente in un arco temporale superiore a giorni …......in assoluto o forse...all'anno, ..”c'è da dar libero sfogo alla fantasia italiana: ovviamente non vado oltre e non scrivo i giorni perché la situazione sta diventando decisamente ridicola in punto di diritto e non voglio prestare il fianco ad una legislazione indegna di siffatto nome; c) quanto alla questione del “regime” economico di detti incarichi, remunerato o meno cioè, v'è da dire che poiché la norma non distingue, parrebbe proprio esatto sostenersi che rilevano anche gli “incarichi” ...stabili....gratuiti ! Sarà il caso che l'Ente che riceve la dichiarazione dia espressamente per iscritto, in sede di modulistica, una sua nozione di “stabile”? Tanto per non usare 2 pesi e 2 misure a seconda del soggetto dichiarante e dell'oggetto della prestazione! Chi scrive pensa di sì ! Ora - venendo immediatamente ad un aspetto operativo non secondario - che detta strampalata normazione-definitoria data dal Legislatore non possa essere presa sotto-gamba il bravo Funzionario raziocinante lo ricava subito, sulla sua pelle, ad es. dall'applicazione dell'art. 4 del medesimo D.Lgs. 39/2013 che così recita (ovvero: la bellezza del diritto ….. quando passa dalla teoria v. art. 1 alla pratica in campo aperto v. art. 4): “Art.4 Inconferibilita' di incarichi nelle amministrazioni statali, regionali e locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati 1. A coloro che, nei due anni precedenti [ndA: rispetto alla data di efficacia del conferendo incarico***: v. sotto i tre ***], abbiano [A] svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico ovvero [B] abbiano svolto in proprio attivita' professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti: [NdA: incarichi = poltrone non copribili, a fronte delle pregresse attività sub lett. A e B sopra elencate separatamente] a) gli incarichi*** amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali; b) gli incarichi*** di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale; c) gli incarichi*** dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell'amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento.” Ora, è evidente come in siffatto art. 4 del D.Lgs. 39/2013 il legislatore 12
delegato (Governo) individui precisamente due blocchi (v. sopra lett. [A] e lett. [B]) di pregresse (ma nei soli due anni ante nuovo incarico attribuendo), uno dei quali, quello sub lett. B privo di una definizione all'art. 1: invero l'art. 1 non dà assolutamente la nozione di “attività professionale” introdotta da un bel “ovvero + verbo”! Ma probabilmente non la dà ...perché non v'è bisogno* di darla! (anche se per chi scrive avrebbe fatto meglio a darla!). Eppure alla lett. g) del medesimo art. 1 comma 2 sta scritta la seguente nozione di condizione di “inconferibilità” che guarda caso ripesca anche lo svolgimento di attività genericamente definita siccome “professionale”: “g) per «inconferibilita'», la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi previsti dal presente decreto a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attivita' professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico;”, quindi per il legislatore delegato questo pregresso svolgimento di attività professionale.....è sospetto! Ora, quanto alla pregressa condizione determinante inconferibilità sub lett. A (abbiano [A] svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico), una volta letto bene quanto sopra commentato ed esposto/chiarito dallo scrivente, il buon Funzionario sa già tutto e l'unico scoglio resta definire quando esattamente ricorre il requisito della “s-t-a-b-i-l-i-t-à” nell'erogazione delle sole “c-o-n-s-u-l-e-n-z-e”. Quanto alla pregressa e diversa (lo si ripete: la norma reca una II parattatica introdotta dall'incipit “ovvero abbiano svolto.....” ) condizione determinante parimenti inconferibilità sub lett. B ( ….ovvero [B] abbiano svolto in proprio attivita' professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico), in assenza di una definizione normativa infra D.Lgs. 39/2013, non resta che ricercare nella Prassi e nella Gr: si dice “professionale” (v. innumerevoli pareri dell'Agenzia delle Entrate e pronunce delle Commissioni Tributarie) quando l'esercente non la svolge in modo occasionale ed esattamente si può dire che una attività è svolta in modo non occasionale, e quindi (è svolta all'opposto..) in modo abituale o “professionale”, quando (così su http: //www.fiscooggi.it/attualita/articolo/lavoro-occasionale-parasubordinato-e- autonomo-con-partita-iva-5) “Il termine abituale nel contesto delle regole fiscali è esclusivamente abbinato al termine della professionalità a prescindere dall'organizzazione. Quest'ultima, infatti, ha rilevanza per stabilire se le abituali prestazioni di servizi, non rientranti nell'articolo 2195 del c.c. e, quindi, intrinsecamente autonome sul piano civile, siano di impresa o di lavoro autonomo sul piano fiscale. L'elemento dell'abitualità, abbinato a quello della professionalità, starebbe a delimitare perciò una attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Naturalmente, l'abitualità dell'attività di lavoro autonomo che non significa esclusività, è perfettamente compatibile con il parallelo esercizio di un'attività di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e 13
continuativa o di socio di società in genere, in quanto anche un'attività autonoma effettuata per poche ore al giorno o saltuariamente e, al limite, anche nei confronti di un solo committente, ma con costanza nel tempo, dando quindi l'idea di rappresentare per il prestatore il suo modo ordinario di esercitare la propria attività di lavoro indipendente, e anche senza una particolare organizzazione e anche se poco remunerata, realizzano il presupposto soggettivo per l'apertura della partita Iva, dovuto a presenza appunto dell'abitualità.” E, sempre la stessa rivista FISCOGGI, precisa altresì, correttamente (per qualche previdenzialista improvvido giurista sul campo civilistico) che se nel caso di prestatori d'opera al contempo iscritti in Albi Professionali l'abitualità è praticamente provata in re ipsa, “Al di fuori di tale situazione, e cioè in presenza di attività per le quali non sia prescritta l'iscrizione in albi o elenchi ufficiali, stabilire invece se l'attività sia o meno abituale diventa un problema di più difficile soluzione, in quanto non esistono regole o parametri quantitativi fiscali che consentono di individuare in maniera netta le differenza che distinguono le attività abituali da quelle occasionali. L'unico parametro attualmente vigente è quello contributivo. Ma esso vale solo per stabilire se il soggetto lavoratore autonomo occasionale per natura debba iscriversi o meno alla Gestione separata Inps, ma non ci spiega ancora se il soggetto che svolge prestazioni ripetute nel corso dell'anno, anche se al limite sotto la fascia di 5mila euro, debba aprire o meno la partita Iva. Orbene, nonostante sul tema in esame ultimamente si sia innestato anche l'aspetto contributivo, sul piano fiscale nulla sembra essere cambiato; rimangono pertanto valide le puntualizzazioni fino a ora effettuate dall'Amministrazione finanziaria a partire da quella, ribadita in più occasioni, che, essendo incerta la distinzione tra abitualit e occasionalit , la valutazione circa l'esistenza dell'uno o dell'altro elemento deve essere fatta caso per caso sulla base delle fattispecie concrete che di volta in volta vengono in considerazione, non esistendo cioè soluzioni a priori.” Nozione ed avvertenze sottoscrivibili per chiarezza ed onestà intellettuale!!! Le cose stanno proprio così da più di 30 anni: è assolutamente “incerta la distinzione tra abitualit e occasionalit ” . Evviva l'Italia, patria del Diritto, ma non di quello “certo” ! Da qui ispezioni, accertamenti, grandi Circolari, Pareri sopraffini, molto lavoro nelle aule giudiziarie e poi ci si accorge che siamo uno dei Paesi col più alto tasso di contenzioso: ma no!? Tenersi invece lontani, lontanissimi, da definizioni fuorvianti (recte: improvvisate) del tipo seguente rinvenibili in INTERNET, anche fornite da professionisti, che confondono le mini Co.Co.Co. (ex art. 61 comma 2 D.Lgs. n. 276/2003 + art. 409. co. 1 n. 3 c.p.c.) con le prestazioni occasionali non C.Co.Co. ex art. 2222 ss. c.c. (come sta scritto a chiare lettere nella Circ. Min. Lav. n. 1/20049): 9 Circolare n. 1/2004 del Min. Lavoro a commento del D.lgs. 276/2003 ove sta scritto: “La disciplina che emerge dall'art. 61 è, come detto, finalizzata a impedire l'utilizzo improprio o fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative. Al di fuori del campo di applicazione dell'art. 61 si collocano, con tutta evidenza, fattispecie che non presentano significativi rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro. Occorre, peraltro, ribadire che sia l'introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto sia la previsione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, non hanno certamente comportato l'abrogazione delle disposizioni del contratto d'opera di cui all'art. 2222 e ss. del codice civile. Ne consegue che, ad esempio, nel caso di un prestatore d'opera che superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due limiti previsti dall'art. 61, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, non necessariamente dovrà veder qualificato il proprio rapporto come collaborazione a progetto o a programma, ben 14
“Lavoro autonomo occasionale Quando un'attività non è “abituale”, si definisce di tipo "occasionale". Quindi L’obbligo di apertura della partita IVA dipende dal carattere di abitualità o di occasionalità con cui viene svolta l’attività (art. 5 D.P.R. n. 633/72): Nel caso di abitualità occorre aprire la partita IVA Nel caso di occasionalità non occorre aprire partita IVA Quindi, in caso di attività saltuaria non c'è obbligo di apertura di partita IVA, ma solo quello di denunciare i relativi redditi nella dichiarazione annuale (730 o Unico). Ma come si fa a distinguere tra attività abituale e attività occasionale? Sebbene non esista una legge che definisca in modo preciso come stabilire se un’attività è occasionale o continuativa, la legge delega n. 30/2003 (c.d. "Legge Biagi") ha introdotto il concetto di lavoro "occasionale" che stabilisce dei limiti perché l’attività sia da considerare "occasionale" e cioè: prestazione di durata inferiore a 30 giorni importo annuo massimo di 5.000 euro Se una delle due condizioni non è soddisfatta, allora si parla di attività abituale, per la quale occorre aprire la partita IVA (il riferimento alla legge Biagi è citata sia dall'INPS nella definizione di lavoro autonomo occasionale, che dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in tema di lavoro accessorio). ” Indubbiamente una erratissima nozione. Stop. A questo punto, prima di chiedere al Ns. superiore gerarchico (il Ns. Dirigente) una sua Direttiva esplicativo-operativa in merito, assumendosi così in prima persona la responsabilità del corretto operato dell'EDITOR (e prima ancora del c.d. CREATOR ex D.Lgs. 33/2013), sarà bene vedere se l'ANAC sul punto possa essergli/esserci d'ausilio, come sopra fatto per l'altro termine “incarichi” utilizzato dentro il D.Lgs. 33/2013. Non è più prematuro, allora, leggere e commentare la FAQ ANAC in materia di Anticorruzione (recte: Integrità) proprio relativa all'art. 4 suddetto del D.Lgs. n. 39/2013: qualcosa c'è tra le FAQ dell'ANAC, , è il n. 7.26 che così recita: “7.26 [ndA: Domanda] L’art. 4 del d.lgs. n. 39/2013 trova applicazione alle prestazioni d’opera occasionale? [ndA: Risposta] L’art. 4 del d.lgs. n. 39/2013 n-o-n t-r-o-v-a a-p-p-l-i-c-a-z-i-o-n- e alle prestazioni d’opera occasionale, non avendo le stesse il carattere della continuità esplicitamente previsto per chi abbia svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico.” potendosi verificare il caso che quel prestatore abbia reso una o più prestazioni d'opera ai sensi dell'art. 2222 e seguenti del codice civile.” 15
Ora, si può dire evidentemente (anche senza aver letto il quesito posto nella sua versione originale) che chi risponde presso l'ANAC al quesito da cui è scaturita la suddetta FAQ, che ci è dato leggere solo così, non ha letto bene l'art. 4 del D.Lgs. n. 39/2013 e non solo: più precisamente non ha capito - come sopra chiarito da chi scrive - che l'art. 4 traccia/definisce due distinte situazioni di inconferibilità (v. sopra lett. A e B) e, a ben vedere, non ha letto bene le definitorie lett. e) e g) del comma 2 dell'art. 1 del D.Lgs. n. 39/2013 ove la questione dello svolgimento pregresso di attività professionale si aggiunge (e non specifica!) alle attività della lett. e), finendo col confondere il tutto e concentrarsi solo sul concetto dello “svolto in proprio attivita' professionali,” che è uno solo (quello della lett. B) dei due corni della norma in esame castrante, ostativa a certi incarichi, e - v'è da dire - che limitatamente ad esse in sé e per sé (le “attività professionali”) l'ANAC non sbaglia nella definizione, ma trattasi di un parere monco, anzi confondente sul cit. art. 4 in esame! Oppure è una risposta decisamente mal sintetizzata da qualcuno presso l'ANAC. Oppure si vuole sostenere la tesi che il legislatore delegato alla lett. g) del comma 2 dell'art. 1 del D.Lgs. n. 39/2013 con l'inciso “o svolto attivita' professionali ” non vuole aggiungere nient'altro a quanto già detto alla lett. e) ? Chi scrive non ritiene corretta questa tesi...confondente, unificante e riduttiva: insomma, secondo tale tesi rileverebbero, in funzione preclusiva, solo le “c-o-n-s-u-l-e-n-z- e” ...”s-t-a-b-i-l-i” e non anche qualunque attività, anche occasionale, purché - però – professionalmente resa dall'incaricando, anche diverse dalle consulenze in senso stretto (si pensi ad una difesa in giudizio) Quale sarebbe la ratio di tale interpretazione restrittiva? Al contrario trattandosi di causa di inconferibilità, la ratio della norma, fa propendere per la fondatezza dell'esistenza delle due distinte due distinte situazioni di inconferibilità (v. sopra lett. A e B). Quindi, venendo alla modulistica, alla dichiarazione standard, che il povero (a questo punto tale aggettivo è d'obbligo) Dirigente/Funzionario burocrate addetto alla ricezione della correlata (al cit. art. 4 del D.Lgs. n. 39/2013) dischiarazione10 (sperando che sia tale veramente: dischiarante), essa dovrà recare: a) integralmente il testo dell'art. 4 cit. e non semplicemente rinviare ad essa (dando rilievo al solo biennio pregresso di riferimento!); b) sviluppare, - sia la situazione pregressa sub lett. A con una nota [1] del seguente tenore all'incirca: “Trattasi delle condizioni di cui alla lett. e) del comma 2 art. 1 dello stesso D.Lgs. n. 39/2013 e quindi 'le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo 10 Esatto: “dischiarazione” ... da dischiarare v. tr. [der. di chiaro], ant. – Dichiarare (una sentenza, un concetto), rendere chiaro, chiarire., così in http://www.treccani.it/vocabolario/dischiarare/, solo che non è verbo che si trova in tutti vocabolari, questione d'eleganza verbale. 16
svolgimento stabile di attivita' di consulenza a favore dell'ente;' ove per attività di consulenza si intende l'aver reso p-a-r-e-r-i in qualità di esperto, anche gratuiti, mediante contratti di lavoro autonomo di ogni tipo (Co.Co.Co./Prestatore d'opera occasionale sia professionale sia non professionale) in modo stabile, ricorrendo il requisito della stabilità* …..” (* e qui serve molta fantasia: bisogna sostituirsi al legislatore delegato latitante!); - sia la situazione pregressa sub lett. B con una nota [2] del seguente tenore all'incirca, che invero ingloba anche la lett. A: “Sussiste condizione di inconferibilità dell'incarico di … in caso di avvenuto espletamento di qualunque tipologia di prestazione di lavoro autonomo svolta in modo professionale (cioè con P.IVA), attività regolata, finanziata o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico.” Davvero un gran brutto modello di dichiarazione, derivante da un combinato disposto (artt. 1, co. 2 lett. e) + g) e art. 4 del D.Lgs. 39/2013) ai limiti del delirante. Comunque, tranquilli: in nessun sito di P.A. italiana ed in nessuna dichiarazione esaminata curiosando qua e la tra i siti di importanti PP.AA., anche ad altissimi livelli, ho trovato siffatti (pur dovuti) chiarimenti/esaustività/consapevolezze. E come hanno dichiarato gli interessati? All'italiana: ovvero al buio! Un ultimo consiglio: l'eventuale dichiarazione negativa deve essere resa non per le vie brevi, con oscuri rinvii per relationem, ma esclusivamente su di un modulo siffatto, con tali note inequivoche, al fine di non sentirsi dire poi dal dichiarante, colto in dichiarazioni omesse o parziali, “ma io non sapevo che ...” : dinanzi a siffatto modulo non lo potrà dire! § 04 – Diagnosi finale e prognosi con prescrizione: curioso caso di omofonia del termine “incarichi” usato dal Legislatore in due testi normativi (D.Lgs. 33/2013 e D.Lgs. n. 39/2013) aventi lo stesso DNA: un errore? A questo punto della trattazione, ripensando e digerito, anche sul piano tecnico, quanto scritto sopra ai §§ nn. 2 e 3, emerge in tutta la sua stridente evidenza l'omofonia del termine “incarichi” usato dall'ordinamento italiano dentro il D.Lgs. n. 33/2013 pro attuazione TRASPARENZA nonché dentro il D.Lgs. n. 39/2013 in funzione pro individuazione situazioni (pregresse) di INCONFERIBILITA': uno stesso termine che si sostanzia in diversi significati a seconda del contesto normativo in cui è usato.....potrebbe esserre una cosa normale, ma se si pensa bene al fatto/circostanza che sia il D.Lgs. 33/2013 sia il D.Lgs. n. 39/2013 cercano di prevenire lo stessa bestia nera dell'Italia, la CORRUZIONE, ciascuno a suo modo, secondo il diversificato agire delle PP.AA. e delle c.d. società private ed enti “parapubblici”, non si comprende quale sia la ratio di tale diversità di significato tecnico-operativo sul piano concreto. 17
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