L'innevamento naturale delle Alpi piemontesi e le condizioni meteorologiche favorevoli alla produzione di neve programmata

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L'innevamento naturale delle Alpi piemontesi e le condizioni meteorologiche favorevoli alla produzione di neve programmata
L’innevamento naturale delle Alpi piemontesi e le condizioni
meteorologiche favorevoli alla produzione di neve programmata
L'innevamento naturale delle Alpi piemontesi e le condizioni meteorologiche favorevoli alla produzione di neve programmata
Indice
1.     Premessa.............................................................................................................3
2.     Analisi delle serie storiche di lungo periodo.............................................................5
     2.1.    Effetti dei cambiamenti climatici recenti sull’innevamento in Piemonte ...........................5
     2.2.    Effetti sulla temperatura ........................................................................................... 16
     2.3.    Effetti sullo zero termico ........................................................................................... 22
3.     Le condizioni dell’ultimo decennio ........................................................................ 24
     3.1.    La neve al suolo nel periodo Dicembre-Marzo............................................................. 24
     3.2.    Le condizioni meteorologiche per la produzione di neve programmata ......................... 32
4.     Prospettive future............................................................................................... 35
5.     Considerazioni conclusive .................................................................................... 36
6.     Bibliografia ........................................................................................................ 39

Contributo tecnico scientifico di Arpa Piemonte - Area Previsione e Monitoraggio Ambientale
Via Pio VII, 9 – 10135 Torino – Tel. 011-1968 1340 – fax 011-1968 1341 – E-mail: sc05@arpa.piemonte.it
Autori
Dott. Stefano Bovo
Dott. Marco Cordola
Dott.ssa Renata Pelosini
Dott.ssa Mariaelena Nicolella
Dott. Christian Ronchi
Dott.ssa Elena Turroni

Il paragrafo «Effetti dei cambiamenti climatici recenti sull’innevamento in Piemonte» è stato curato dalla
Società Meteorologica Subalpina (L. Mercalli, D. Cat Berro)
Castello Borello - 10053 Bussoleno (TO) – Tel. 0122 641726, info@nimbus.it.

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1. Premessa
Per l’analisi del sistema dei comprensori sciistici piemontesi, in relazione alla sua sostenibilità e possibilità di
sviluppo nel contesto socio-economico della regione, si è ritenuto importante considerare il quadro climatico
dell’innevamento in Piemonte riferito agli ultimi cinquanta anni ed in particolare al periodo 1990-2007.
L’analisi è stata svolta con riferimento a quattro settori geografici alpini della regione, caratterizzabili dal
punto di vista geografico e da quello climatico e così rappresentati (Figura 1.1):
    -   Settore Nord (Alpi Lepontine e Pennine): Ossola, Valsesia e Biellese;
    -   Settore Nord-Ovest (Alpi Graie): Canavese e Valli di Lanzo;
    -   Settore Ovest (Alpi Cozie): Valle di Susa, Monviso e Valle Maira;
    -   Settore Sud (Alpi Marittime): Valle Stura – Valle Vermenagna, Monregalese.

              Figura 1.1 – Individuazione dei settori alpini oggetto dello studio
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L’analisi dell’innevamento sulle Alpi Piemontesi è stata integrata attraverso lo studio di alcuni indicatori
strettamente legati alle temperature dell’aria registrate al suolo. I parametri analizzati sono la quantità di
neve fresca, l’altezza della neve al suolo, la temperatura al suolo, lo zero termico e la temperatura di bulbo
umido, quest’ultima, come meglio spiegato in seguito, legata alle condizioni meteorologiche per la
produzione della neve programmata.
Allo scopo di caratterizzare in modo sintetico ed efficace le condizioni d’innevamento relative alla possibilità
di praticare lo sci nordico e lo sci alpino, sono state effettuate elaborazioni relative all’altezza della neve al
suolo per tre valori di soglia: 10 cm (valore rappresentativo della presenza di neve al suolo), 40 cm (valore
minimo per la preparazione delle piste per lo sci nordico) e 70 cm (valore minimo per la preparazione delle
piste per lo sci alpino).
Si è scelto di riferire il quadro dell’innevamento medio per ogni singolo settore alpino indagato a un valore di
giornate di funzionamento di una località sciistica pari a 100, considerandolo, sulla base di informazioni tratte
dalla bibliografia di settore, il numero minimo di giorni utile a garantire la funzionalità del comprensorio.
Per ogni singolo anno delle serie di dati considerate è stato analizzato il periodo stagionale compreso tra
dicembre e marzo, in quanto ritenuto significativo per valutare l’innevamento funzionale alla pratica dello sci.
Alcune variabili, come ad esempio la neve fresca, sono state analizzate anche sull’intero anno, per avere una
visione complessiva dell’entità delle variazioni.
Le serie storiche di lungo periodo analizzate hanno permesso di inquadrare l’evoluzione delle precipitazioni
nevose sull’arco alpino piemontese su un periodo più che cinquantennale, evidenziandone alcune tendenze
caratteristiche.

Analoga indagine è stata condotta sull’andamento delle temperature, riferite a tre fasce altimetriche
significative per la caratterizzazione dei comprensori sciistici.
Al fine di caratterizzare i periodi dell’anno favorevoli alla produzione di neve programmata, infine, è stato
svolto uno studio sui parametri meteorologici che ne influenzano la produzione, riferito ad alcune stazioni
significative per ogni singolo settore alpino analizzato.
Nelle conclusioni il documento fornisce alcune considerazioni relative alle problematiche che, da un punto di
vista di adattamento ai cambiamenti climatici, devono essere affrontate in una prospettiva di sostenibilità
delle attività connesse alla pratica dello sci sul territorio montano piemontese.

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2. Analisi delle serie storiche di lungo periodo

     2.1.    Effetti dei cambiamenti climatici recenti sull’innevamento in Piemonte

 L’attuale fase di riscaldamento globale è ormai ben documentata dalle misure meteorologiche strumentali, e
 la comunità scientifica internazionale è sostanzialmente concorde nell’attribuire la responsabilità di tale
 tendenza in buona parte all’attività umana, come espresso nel IV rapporto IPCC (Intergovernmental Panel
 on Climate Change) pubblicato nella primavera 2007, che attualmente costituisce la fonte più aggiornata,
 completa e autorevole in tema di cambiamento climatico.
 Quale effetto di tale riscaldamento, su quasi tutto il pianeta si assiste a una riduzione dell’innevamento, in
 termini di quantità di neve caduta, ma anche di spessore e durata del manto nevoso al suolo.
 In Piemonte è possibile studiare l’evoluzione recente del manto nevoso, sia in pianura sia lungo le Alpi
 occidentali, grazie a numerose stazioni nivometriche dotate di oltre 70 anni di misure giornaliere
 continuative, in gran parte ubicate presso impianti idroelettrici del gruppo ENEL e di IRIDE Energia.
 Di seguito si propongono grafici e tabelle che descrivono l’entità delle variazioni intervenute nella quantità di
 neve fresca e nello spessore medio del manto nevoso nel periodo recente 1990-2007 rispetto al precedente
 periodo 1961-1989, comune a tutte le stazioni considerate, e rappresentativo della fase di maggiore sviluppo
 dei comprensori per la pratica degli sport invernali.

 Neve fresca
 In conseguenza dell’aumento della temperatura invernale, la quantità media di neve fresca è fortemente
 diminuita ovunque in Piemonte, ma in modo più evidente al di sotto dei 1000-1500 m di altitudine.
 In pianura la riduzione della nevosità è stata impressionante. A Torino, dove le misure nivometriche sono
 iniziate al 1787, nel periodo recente 1990-2007 si è registrata una quantità media annua di neve fresca di 17
 cm, -36% rispetto a quanto rilevato nel periodo storico di riferimento 1961-89. Anche Cuneo (Figura 2.1.1)
 ha fatto registrare una forte riduzione, pari al -35%.

Figura 2.1.1 – Quantità di neve fresca cumulata sull’anno idrologico (1 ottobre-30 settembre) per le stazioni
di Cuneo (dal 1877-78 al 2006-07), a sinistra, e Balme (dal 1929-30 al 2006-07), a destra. La linea rossa
rappresenta la media mobile di ordine 5.

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Interessante notare, dalla Figura 2.1.1, come a Cuneo, l’inverno 2006-07 sia stato il meno nevoso dall’inizio
  delle misure.
  In montagna, benché meno pronunciata in termini percentuali, la riduzione della nevosità è stata comunque
  molto importante, quasi ovunque variabile da -18% al Lago Saretto (1540 m, alta Valle Maira) a -32% a
  Entracque (900 m, Valle Gesso, Figura 2.1.2).
  Solo la stazione del Lago Toggia (2200, Val Formazza), probabilmente per la sua posizione settentrionale
  esposta anche alle nevicate provenienti da Nord e Nord-Ovest, mostra un calo più modesto, pari a -10%.

Figura 2.1.2 – Quantità di neve fresca cumulata nei periodi 1961-1989 (linea blu) e 1990-2007 (linea rossa) in
quattro stazioni nivometriche, rappresentative dei quattro settori alpini individuati.

  Per avere un’informazione di sintesi sulle Alpi Occidentali e sui quattro settori alpini individuati nel presente
  studio, sono stati realizzati i grafici dell’indice standardizzato di anomalia SAI della quantità di neve fresca
  cumulata sull’intero anno idrologico (1 ottobre - 30 settembre), mediato sulle stazioni di misura disponibili
  (Figura 2.1.3). L’indice SAI positivo indica una quantità di neve superiore alla media, mentre un indice
  negativo è legato ad un deficit di neve fresca; le anomalie sono espresse in termini di multipli di deviazione
  standard.

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Figura 2.1.3 – Indice Standardizzato di Anomalia della quantità di neve fresca cumulata sull’intero anno
idrologico valutato sulle serie delle singole stazioni mediate (in alto, dal 1865 al 2007) su tutto il Nord-Ovest e
per i quattro settori alpini individuati (dal 1926 al 2007). La linea nera rappresenta la media mobile di ordine 5.

   Come si evidenza dalla Figura 2.1.3, pannello in alto, sul Nord-Ovest italiano (stazioni sia di pianura, sia di
   montagna), l’anomalia negativa di innevamento (barrette rosse) registrata dalla fine degli Anni 1980 è la più
   pronunciata dal 1865, e l’inverno 2006-07 è stato in assoluto il meno nevoso di tutti (SAI
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Il numero di stazioni utilizzate per l’elaborazione degli indici delle singole sottoregioni varia da un minimo di
    5 (settore sud, zona Monregalese-Stura) fino a un massimo di 15 (settore nordovest, zona Lanzo-Orco).
    Al fine di analizzare i deficit di precipitazione nevosa nel periodo dicembre-marzo, su cui si focalizza il
    presente studio, sono stati realizzati gli indici SAI per alcune singole stazioni sull’intero anno idrologico e sul
    periodo dicembre-marzo (Figura 2.1.4).

Figura 2.1.4 – Indice Standardizzato di Anomalia della quantità di neve fresca cumulata sull’intero anno idrologico
(a sinistra) e sul periodo dicembre-marzo (a destra) per tre stazioni Lago Piastra (1927-2007), Moncenisio (1940-
2007) ed Oropa (1926-2007).

    La tendenza alla riduzione della quantità di neve fresca appare del medesimo ordine di grandezza sia
    considerando l’intero anno idrologico, sia considerando i soli mesi centrali dell’inverno alpino, da dicembre a
    marzo, i più importanti per la formazione del manto nevoso utile alla pratica degli sport invernali.

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La tabella sottostante (Tabella 2.1.1) rappresenta le variazioni assolute e percentuali dei deficit di neve
fresca annuali per la stazioni considerate.
                   Riepilogo delle variazioni di innevamento osservate sulle Alpi piemontesi
                             tra i periodi 1961-1989 e 1990-2007 – NEVE FRESCA
                                                        Totale annuo neve fresca     Variazione Percentuale
                                                Quota             (cm)               del totale annuo di neve
                   Località
                                                  (m)    1961 -        1990 -                  fresca
                                                          1989          2007

                    Torino                         250         27             17                -36%

                    Cuneo                          565        126             83                -35%

          Entracque (Valle Gesso, CN)              900        301            206                -32%

          Formazza (Val Formazza, VB)             1280        423            293                -31%

           Balme (Valli di Lanzo, TO)             1440        408            282                -31%

          Lago Saretto (Val Maira, CN)            1540        398            313                -18%

      Ceresole Reale (Valle Orco, TO)             1579        359            273                -24%

    Lago Rochemolles (Val di Susa, TO)            1926        432            335                -22%

      Lago Toggia (Val Formazza, VB)              2200        726            656                -10%

     Lago Valsoera (Valle Orco, TO) (*)           2440        737            574                -22%

                     Media                                                                      -26%

Tabella 2.1.1 – Riepilogo delle variazioni assolute e percentuali del totale annuo di neve fresca osservate
su alcune stazioni delle Alpi piemontesi tra i periodi 1961-1989 e 1990-2007.

Le riduzioni più importanti della quantità di neve fresca caduta riguardano la pianura e i settori alpini centro-
meridionali del Piemonte, mentre diminuzioni più contenute si sono osservate in Val Formazza.

Spessore della neve al suolo
Ancora più drastica appare la riduzione dello spessore medio della neve al suolo, che risulta quasi ovunque
dimezzato negli ultimi 17 anni. In questo caso, infatti, agli effetti della diminuzione della neve fresca, si
sommano quelli della fusione più accelerata del manto nevoso dovuta alle temperature invernali e primaverili
più elevate.
Pressoché ovunque sulle zone montuose piemontesi, nel periodo 1990-2007 i valori medi annui di spessore
nevoso al suolo si sono circa dimezzati rispetto al precedente periodo 1961-1989, con riduzioni per lo più
comprese tra -45% al Lago Valsoera (2440 m, Valle Orco) e -54% a Entracque (900 m, Valle Gesso, Figura
2.1.5).

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Come già evidenziato per la quantità di neve fresca, solo le stazioni più settentrionali di Formazza (1280 m)
  e Lago Toggia (2200 m) mostrano diminuzioni di spessore più contenute, seppure ancora notevoli,
  rispettivamente pari a -33% e -18%.
  Per la zona di pianura non sono disponibili dati di spessore nevoso al suolo.

Figura 2.1.5 –Spessore medio giornaliero della neve al suolo nel periodo 1961-1989 (linea blu) e 1990-2007
(linea rossa) in quattro stazioni nivometriche, rappresentative dei quattro settori alpini individuati.

  La tabella sottostante (Tabella 2.1.2) riassume le variazioni della neve al suolo in termini di spessore e di
  numero di giorni con suolo innevato per alcune stazioni considerate. Per quanto riguarda gli spessori medi,
  questi si sono pressoché dimezzati quasi ovunque, salvo sul Piemonte settentrionale, dove le variazioni sono
  state dell’ordine di -20 ÷ -35%.

  Anche il numero di giorni con presenza di neve al suolo è diminuito in tutte le stazioni, anche se in modo
  meno rilevante rispetto allo spessore. Inoltre tal numero si è ridotto maggiormente al di sotto dei 1600 m, e
  in misura minore al di sopra di tale quota. Tale riduzione è attribuibile soprattutto all’anticipo del periodo di
  fusione, ben evidenziato dai grafici soprastanti.

   Riepilogo statistico dei principali parametri medi di innevamento sulle Alpi piemontesi nei periodi 1961-
                                       1989 e 1990-2007 – NEVE AL SUOLO

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Media annua spessore neve al          Numero annuo giorni con suolo
                            Quota               suolo (cm)                            innevato
        Località
                             (m)      1961 -   1990 -                       1961 -  1990 -
                                                        Variazione %                         Variazione %
                                       1989     2007                          89     2007

         Torino              250         *          *            *             *        *                *

         Cuneo               565         *          *            *             *        *                *

Entracque (Valle Gesso,
                             900        13          6          -54%           104       81           -22%
         CN)

Formazza (Val Formazza,
                             1280       29         20          -33%           157      136           -14%
          VB)

  Balme (Valli di Lanzo,
                             1440       24         12          -50%           142      105           -26%
          TO)

Lago Saretto (Val Maira,
                             1540       24         12          -49%           156      118           -24%
         CN)

  Ceresole Reale (Valle
                             1579       24         13          -48%           152      133           -13%
       Orco, TO)

Lago Rochemolles (Val di
                             1926       49         27          -46%           188      177           -6%
       Susa, TO)

    Lago Toggia (Val
                             2200       97         80          -18%           247      231           -7%
     Formazza, VB)

  Lago Valsoera (Valle
                             2440       92         50          -45%           243      226           -7%
     Orco, TO) (*)

         Media                                                 -43%                                  -15%

Tabella 2.1.2 – Riepilogo delle variazioni assolute e percentuali dello spessore medio della neve al suolo e
del numero di giorni annuo con suolo innevato su alcune stazioni delle Alpi piemontesi nei periodi 1961-
1989 e 1990-2007.

Anche la frequenza giornaliera di osservazione di spessori nevosi al suolo di almeno 10, 40 e 70 cm è
ovunque in diminuzione, come visibile dai grafici (Figure 2.1.6, 2.1.7 e 2.1.8) e dalla Tabella 2.1.3.
Anche in questo caso si confermano tendenze meno evidenti oltre i 1800-2000 m ed in alta Val Formazza,
mentre a bassa quota, e specialmente per quanto riguarda la soglia dei 70 cm, le riduzioni sono molto
marcate (-73% di giorni con almeno 70 cm a Entracque).

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Figura 2.1.6 – Frequenza percentuale di osservazione dell’altezza di neve al suolo superiore a 10 cm nel
periodo 1961-1989 (linea blu) e 1990-2007 (linea rossa) in quattro stazioni nivometriche, rappresentative dei
quattro settori alpini individuati.

 Per la soglia dei 10 cm (Figura 2.1.6), scelta come rappresentativa della presenza della neve al suolo,
 consentendo un discreto margine di errore, la riduzione appare notevole per il settore sud ed il settore
 nordovest, in particolare nei mesi di febbraio-marzo. Interessante è osservare che per tutte e quattro le
 stazioni considerate vi sia concordanza nell’anticipo della riduzione del manto nevoso a fine stagione, mentre
 sembrerebbe meno influenzato l’inizio della stagione invernale. Come per altri parametri meteorologici, si
 osserva una maggiore variabilità nella curva relativa al periodo più recente.

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Figura 2.1.7 – Frequenza percentuale di osservazione dell’altezza di neve al suolo superiore a 40 cm nel
periodo 1961-1989 (linea blu) e 1990-2007 (linea rossa) in quattro stazioni nivometriche, rappresentative dei
quattro settori alpini individuati.

 Per la soglia dei 40 cm (Figura 2.1.7), scelta come rappresentativa della possibilità di praticare lo sci nordico,
 la riduzione risulta percentualmente maggiore, ed i settori sud e nordovest, continuano ad essere i più
 penalizzati, seguiti dal settore ovest. Anche per questa soglia l’anticipo a fine stagione è evidente.

 La maggiore riduzione della frequenza di osservazione delle soglie di 10 e 40 cm nei settori Sud e
 Nord-Ovest in realtà è dovuta non tanto alla posizione geografica, ma soprattutto alla scelta di stazioni poste
 a quote inferiori ai 1500-2000 m in questi settori (Entracque e Ceresole).

 Per la soglia dei 70 cm (Figura 2.1.8), ad eccezione della stazione rappresentativa del settore nord, posta a
 quota più elevata, la diminuzione del numero di giorni con spessore nevoso superiore ai 70 cm, sebbene
 continui ad essere più rilevante nei mesi di febbraio-marzo, si evidenzia nel corso di tutta la stagione
 invernale.

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Figura 2.1.8 –Frequenza percentuale di osservazione dell’altezza di neve al suolo superiore a 70 cm nel
periodo 1961-1989 (linea blu) e 1990-2007 (linea rossa) in quattro stazioni nivometriche, rappresentative dei
quattro settori alpini individuati.

 La tabella sottostante (Tabella 2.1.3) riassume le variazioni del numero di giorni con altezza della neve al
 suolo superiore ai 10, 40 e 70 cm per alcune stazioni considerate nel periodo 1961-1989 e 1990-2007, in
 termini di valori assoluti e valori percentuali.
 Per tutte le soglie considerate, le variazioni intervenute nel periodo 1990-2007 rispetto al 1961-1989 sono
 ovunque negative, ma in modo nettamente più marcato alle quote medio-basse. Soprattutto la soglia di 70
 cm mostra le diminuzioni più importanti, pari a -73% ai 900 m di Entracque.
 Invece oltre i 1900 m le riduzioni nell’osservazione della soglia di 10 cm sono ancora molto modeste, poiché
 in alta montagna – nonostante le forti diminuzioni dello spessore medio – per gran parte dell’inverno
 l’altezza della neve rimane ancora al di sopra di tale soglia.
 I deficit negativi percentuali aumentano all’aumentare dell’altezza della neve al suolo, confermando come la
 variazione principale sia dovuta alla quantità di neve ad alle condizioni che ne favoriscono la permanenza al
 suolo.

      Variazione del numero di giorni con spessore nevoso pari o superiore alle soglie di 10, 40 e 70 cm

                                               10 cm                        40 cm                     70 cm
                              Quota
          Località                     1961-    1990-     Variaz.   1961-   1990-   Variaz.   1961-   1990-   Variaz.
                               (m)
                                       1989     2007        %       1989    2007      %       1989    2007      %
          Entracque
                               900       85         55     -35       47      20      -57       26      7       -73
      (Valle Gesso, CN)
          Formazza
                              1280      147         111    -24      106      74      -30       70      39      -44
     (Val Formazza, VB)

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Balme
                             1440     134      88      -34       85      39      -54   45     17      -62
    (Valli di Lanzo, TO)
       Lago Saretto
                             1540     139      100     -28       87      48      -45   51     19      -63
      (Val Maira, CN)
      Ceresole Reale
                             1579     140      104     -26       97      47      -52   51     20      -61
     (Valle Orco, TO)
    Lago Rochemolles
                             1926     178      163      -8      141     106      -25   105    55      -48
    (Val di Susa, TO)
       Lago Toggia
                             2200     239      219      -8      215     193      -10   191    172     -10
    (Val Formazza, VB)
      Lago Valsoera
                             2440     230      227      -1      187     164      -12   161    118     -27
     (Valle Orco, TO)

Tabella 2.1.3 – Riepilogo delle variazioni assolute e percentuali del numero di giorni con altezza della neve
al suolo superiore a 10, 40 e 70 cm su alcune stazioni delle Alpi piemontesi nei periodi 1961-1989 e 1990-
2007.

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2.2.     Effetti sulla temperatura
La valutazione dello stato del manto nevoso invernale sulle Alpi Piemontesi può essere integrata attraverso
lo studio di alcuni indicatori strettamente legati alle temperature dell’aria registrate al suolo. Il calcolo di
qualsiasi indicatore di tipo climatologico deve partire necessariamente da una efficace rappresentazione e
raccolta del parametro fisico da cui essi derivano. Per questi scopi, a partire dalle stazioni automatiche
appartenenti alla rete meteoidrografica di Arpa Piemonte e dalle stazioni meccaniche e manuali della rete
storica dell’ex Ufficio Idrografico e Mareografico, è stato realizzato un dataset di temperature massime e
minime giornaliere a partire dal dicembre 1957 fino ad oggi, distribuite su un grigliato regolare di lato 15 km
circa che copre l’intera regione. L’assimilazione e la spazializzazione dei dati derivanti dalle due differenti reti
di misura è stata effettuata attraverso tecniche definite di “optimal interpolation”, con particolare cura nel
garantire e conservare l’omogeneità temporale delle singole serie storiche relative a ciascun punto griglia del
dataset, anche attraverso l’integrazione dei dati misurati, con i dati di ri-analisi ERA40 forniti da ECMWF
(Centro Europeo per la Previsione a Medio Termine).
I punti griglia totali sull’arco alpino piemontese a disposizione per il calcolo di indicatori climatologici derivati,
ai quali è associata una quota superiore ai 1000 m, sono 53 sull’intero arco alpino piemontese, così suddivisi
per area:
    -   Settore Nord: 19 punti;
    -   Settore Nord-Ovest: 11 punti;
    -   Settore Ovest: 19 punti;
    -   Settore Sud: 11 punti.
Al fine di comprendere come sia variata storicamente la temperatura dell’aria nelle zone di interesse di
questo studio e come possa aver potenzialmente influito sullo stato del manto nevoso naturale, sono stati
calcolati due indicatori climatologici legati alle condizioni favorevoli per la persistenza della neve al suolo e
alle condizioni favorevoli alla durata del manto stesso nella stagione di transizione primaverile.
I due indicatori scelti per le analisi statistiche sono rispettivamente:
    -   il numero di giorni, compresi tra dicembre e marzo, con temperatura massima inferiore agli 0°C;
    -   la data di inizio di un periodo di 6 giorni consecutivi con temperatura media superiore a 1°C.
Per ciascuno dei due indicatori sono state analizzate le tendenze lineari sull’intero periodo coperto dal
dataset mediando i punti sia sull’intera regione alpina piemontese sia sulle quattro sotto-aree identificate in
questo studio. Le tre fasce di altimetriche (1000-1500 m, 1500–2000 m, superiore 2000 m) sono state quindi
trattate singolarmente.

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Figura 2.2.1 – Serie storiche (dal 1957 al 2007) del numero di giorni con temperatura massima minore di
0°C, nel periodo dicembre-marzo, mediati sull’arco Alpino Piemontese e divisi per tre fasce di quota: tra
1000 m e 1500 m (in nero), tra 1500 m e 2000 m (in rosso) e sopra i 2000 m (in blu). Nel grafico è
disegnata anche la tendenza lineare per ciascuna fascia (in verde) e la media mobile di 5 elementi (in
arancione).
Il grafico relativo al numero di giorni con temperatura massima 2000 m                -0.60 +/-0.09         0.47        -6.6            43.9             30+/-5
      1500 m           -0.58 +/- 0.10        0.40        -5.7            32.1             29+/-5
      > 1000 m < 1500 m           -0.34 +/- 007         0.35        -5.1            26.0             17+/-3
Tabella 2.2.1 – Tendenze lineari di giorni di gelo sull’arco alpino divisi per fasce altimetriche: coefficiente
della retta, valori dei test di R2, test t di student, test F di fisher e stima dei giorni persi in 50 anni. Tutti i
test statistici hanno dato valori significativi a livello di confidenza del 99%.

Se consideriamo che le giornate con temperature massime sotto lo zero sono potenzialmente favorevoli alla
produzione di neve programmata, dai dati si evince la tendenza ad una diminuzione di circa 30 giorni alle
quote sopra i 1500 m metri negli ultimi 50 anni, che si traduce, per gli ultimi 10 anni, in una perdita di circa

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il 27% di giornate di gelo rispetto agli anni 60-70. Nelle quote comprese tra i 1000 m e 1500 m viceversa, la
tendenza generale è meno accentuata (circa 17 giorni di gelo in meno sui 50 anni), tuttavia la perdita
percentuale dell’ultimo decennio rispetto agli anni 60-70 è stimabile in circa il 50% dei giorni di gelo. Il
complessivo riscaldamento invernale della montagna, ed indirettamente, la capacità di conservazione del
manto nevoso naturale, coinvolge quindi tutte le fasce altimetriche e penalizza maggiormente l’alta
montagna. Il grafico mette inoltre bene in rilievo gli inverni particolarmente caldi occorsi negli ultimi 50 anni,
ossia le stagioni invernali 1973-74, 1988-89 e 2006-07.

Figura 2.2.2 – Serie storiche (dal 1957 al 2007) del numero di giorni con temperatura massima
minore di 0°C, nel periodo dicembre-marzo, mediati sulle quattro sotto-aree di interesse e
divisi per tre fasce di quota: tra 1000 m e 1500 m (in nero), tra 1500 m e 2000 m (in rosso) e
sopra i 2000 m (in blu). Nel grafico è segnata anche la tendenza lineare per ciascuna fascia (in
verde).

Osservando la situazione divisa per le quattro sotto-aree (Figura 2.2.2), si nota una sostanziale concordanza
con la media dell’arco alpino. In particolare si evince che il numero di giorni di gelo è calato in maniera più
marcata alle altitudini al sopra i 2000 m per quanto riguarda il settore sud-occidentale, dove il numero totale
dei giorni di gelo nell’ultimo decennio, si attesta attorno al 65% delle giornate totali disponibili nel periodo
dicembre-marzo.

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tra 1000 m e 1500 m              tra 1500 m e 2000 m                 Sopra i 2000 m

                      gg/anno            R2            gg/anno             R2            gg/anno            R2

Settore Nord        -0.46 +/- 0.12      0.22         -0.68+/- 0.17        0.24        -0.59+/- 0.11        0.35

Settore Nord-Ovest -0.40 +/- 0.08       0.33        -0.74+/- 0.14         0.36        -0.67+/- 0.13        0.35

Settore Ovest      -0.53 +/- 0.09       0.43        -0.83+/-0.12          0.48        -0.78+/-0.10         0.56

Settore Sud         -0.31 +/- 0.09      0.21        -0.65+/-0.12          0.37        -0.93+/-0.13         0.51

Tabella 2.2.2 – Tendenze lineari di giorni di gelo sull’arco alpino divisi per fasce altimetriche ed aree:
coefficiente della retta, valori dei test di R2. I valori in grassetto sono statisticamente significativi al
livello di confidenza del 99%.

Andando ulteriormente in dettaglio (vedi Tabella 2.2.2), la decrescita lineare è statisticamente significativa a
tutte le quote per i settori occidentali mentre a nord e sud risulta tale solo in alta montagna. Inoltre nei
settori delle Alpi occidentali e meridionali, per quote inferiori ai 1500 m, il numero di giorni di gelo medi
dell’ultimo decennio si è ridotto a circa un terzo delle giornate totali disponibili nel periodo dicembre-marzo.

L’altro indicatore climatologico considerato in questa analisi storica è la data di inizio di un periodo di sei
giorni con temperatura media superiore a 1°C, che potremmo ragionevolmente considerare come l’inizio di
una risalita delle temperature giornaliere tale da favorire la fusione del manto nevoso naturale.

Figura 2.2.3 – Confronto tramite grafici “box plot” della data di inizio di 6 giorni consecutivi con Tmed
>1°C sulle Alpi piemontesi tra il ventennio 1958-77 (box vuota) e quello 1988-07 (box piena) suddiviso
per fasce di quota. Il cerchio centrale mostra la media, la barra orizzontale la mediana, l’ampiezza del
parallelogramma la variabilità in termini di media +/- una deviazione standard e le barre rispettivamente
il 5° e il 95° percentile.

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Anche in questo caso (Figura 2.2.3), l’analisi dell’indicatore mostra un generale anticipo nel calendario della
data di inizio dell’episodio più precoce di fusione del manto nevoso per tutte le fasce di altitudine prese in
considerazione: per le quote inferiori ai 1500 m, l’anticipo tra i due ventenni è statisticamente significativo
(le devianze dalla media sostanzialmente non si sovrappongono) mentre per le quote sopra i 2000 m, non vi
è una evidenza statistica solida. In media l’anticipo sulle Alpi Piemontesi è di circa tre settimane e mezzo,
che per la fascia più bassa significa uno spostamento da fine febbraio a fine gennaio, mentre per la fascia
intermedia da fine marzo a fine febbraio. In generale si evince anche una maggiore variabilità nel
posizionamento della data di inizio dell’episodio più precoce di fusione del manto nevoso dell’ultimo
ventennio rispetto al primo.

Figura 2.2.4 – Confronto tramite grafici “box plot” della data di inizio dell’episodio più precoce di
fusione del manto nevoso nei quattro settori delle Alpi Piemontesi tra il ventennio 1958-77 (box
vuota) e quello 1988-07 (box piena) suddiviso per fasce di quota. Analogo del grafico 2.2.3.

Analogamente alla situazione media, lo studio di dettaglio dell’indicatore sulle quattro sotto-aree (Figura
2.2.4) mostra una concordanza nell’anticipo nel calendario della data di inizio dell’episodio più precoce di
fusione del manto nevoso, caratteristica questa comune anche se in misura differente a tutte le fasce
altimetriche. Come ci si poteva attendere, vi è una differenziazione latitudinale tra rilievi settentrionali e
meridionali ma non eccessivamente marcata, data l’estensione relativamente contenuta della regione: in
questo senso una fusione significativa del manto nevoso si innesca tra le due e le tre settimane prima a sud
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rispetto a nord, a seconda della quota. Per quanto riguarda le singole fasce altimetriche, si può notare che
nel confronto tra i due ventenni considerati, alle latitudini più alte solo il settore occidentale mostra un
marcato anticipo della fine stagione, tanto che la media nel 1958-77 corrisponde circa alla data di fusione più
“tardiva” nell’ultimo ventennio. Alle quote intermedie tale situazione si riproduce in tutte le sotto-aree con
una particolarità nel settore nord-occidentale dove addirittura l’indicatore mostra come la fine degli inverni
più “brevi” nel primo ventennio corrisponda alla fine degli inverni più “lunghi” negli ultimi venti anni. Alle
quote più basse infine, tale sfasamento marcato tra i due ventenni, si riproduce identico su tutte e quattro le
sotto-aree.

In conclusione, l’analisi degli indicatori climatologici legati alle temperature dell’aria al suolo suggerisce una
tendenza generale (che coinvolge in misura lievemente diversa le sotto-aree) ad avere stagioni invernali
meno fredde (tra i venticinque e trentacinque “giorni di gelo” in meno) e che mediamente terminano prima
(tra tre e quatto settimane di anticipo della data di inizio dell’episodio più precoce di fusione del manto
nevoso nel calendario). Nel dettaglio:
    -         nel settore Nord delle Alpi piemontesi il “riscaldamento” è minore e l’anticipo meno marcato (in
              particolare alle alte quote);
    -         nel settore Nord-Ovest il numero di giorni di gelo è diminuito quasi uniformemente a tutte le
              quote (circa mezza giornata all’anno) ed è marcato l’anticipo della “fine inverno” alle basse
              quote;
    -         nel settore Occidentale è molto evidente la diminuzione dei giorni di gelo al di sopra dei 1500 m
              e l’anticipo della fine inverno si attesta attorno al mese;
    -         sui rilievi meridionali si riscontra la riduzione più netta dei giorni di gelo, specie alle alte quote.

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2.3.    Effetti sullo zero termico
Accanto ad uno studio storico del comportamento di variabili meteorologiche quali precipitazione nevosa e
temperatura (e di indicatori climatologici ad essi associati) rilevati al suolo, una valutazione di prospettiva
dell’innevamento naturale in ambito alpino, non può prescindere dall’analisi anche di parametri calcolati nella
libera atmosfera, laddove condizioni micro-climatiche legate alla vicinanza con la superficie terrestre, e
quindi caratteristiche di un particolare sito di misura, hanno minore influenza.
In tal senso, il parametro maggiormente interessante, soprattutto per quanto riguarda le zone montuose, è
la quota dello zero termico, ossia l’altitudine nella atmosfera libera alla quale si registra una temperatura di
0°C, poiché ad essa è strettamente legata la quota alla quale le precipitazioni assumono carattere nevoso.
Inoltre lo zero termico è rappresentativo della temperatura della massa d’aria che caratterizza una certa
zona ed è pertanto un buon indicatore dell’effetto di fusione del manto nevoso.
Infatti, considerando le medie stagionali di tale parametro, è possibile avere un’indicazione indiretta della
persistenza del manto nevoso naturale al suolo.
Per queste ragioni sono state analizzate le serie storiche dell’altezza media dello zero termico nel periodo di
interesse del presente studio (dicembre-marzo) calcolato in corrispondenza alcune località distribuite
sull’arco alpino Piemontese.
I dati utilizzati appartengono all’archivio di analisi e ri-analisi (ERA40) dell’atmosfera forniti da ECMWF
(Centro Europeo per la Previsione a Medio Termine): una volta calcolata la serie storica giornaliera
dell’altezza dello zero termico alle ore 12 UTC per tre località (Macugnaga, Ceresole Reale e Sestriere)
appartenenti all’arco alpino Piemontese, è stato valutato lo zero termico medio fra i tre siti e l’anomalia del
periodo dicembre-marzo.

Figura 2.3.1 – Serie storica dell’anomalia di altezza dello zero termico, calcolata come media nel
periodo dicembre-marzo, dal 1959 al 2005, per tre località dell’arco alpino piemontese (barre
blu) e relativa alla media dell’intera serie storica. In rosso la tendenza lineare associata ai dati,
significativa a livello di confidenza del 95%.

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La Figura 2.3.1 mostra le anomalie di quota dello zero termico rispetto alla media sull’intero periodo 1959-
2005, negli ultimi 50 anni: si evidenza una tendenza positiva, statisticamente significativa, quantificabile in
un aumento di circa 250+/-70 m in 50 anni. E’ interessante notare come le anomalie cambino segno attorno
alla metà degli anni ’80 confermando la presenza di una tendenza positiva nei dati e come il decennio che va
dalla fine degli anni ’80 fino a metà degli anni ’90 abbia registrato anomalie positive particolarmente
superiori alla media.
Naturalmente l’esiguità dei siti a disposizione non permette una valutazione statisticamente esaustiva
dell’andamento temporale relativo all’intero arco alpino piemontese, tuttavia può fornire utili indicazioni da
collegare con le variazioni dei parametri al suolo che misurano la fruibilità sciistica del manto nevoso
naturale.

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3. Le condizioni dell’ultimo decennio

    3.1.    La neve al suolo nel periodo Dicembre-Marzo
Al fine valutare l’evoluzione delle condizioni di innevamento naturale nelle Alpi piemontesi nell’ultimo
decennio sono state effettuate delle elaborazioni dei dati rilevati dalle stazioni automatiche appartenenti alla
rete meteoidrografica di Arpa Piemonte, integrate da alcune stazioni manuali, in modo da avere un dataset il
più rappresentativo possibile dell’innevamento dei quattro quadranti e per diverse fasce altimetriche .
Sono state selezionate 46 stazioni nivometeorologiche automatiche e 8 manuali ubicate a quote comprese
tra 1200 e 2800 m, riferibili significativamente a località sciistiche delle rispettive valli di ubicazione, dal
Cuneese alla val Formazza, che dispongono di una serie storica sufficientemente estesa nel tempo (riferita
mediamente agli ultimi 10-15 anni, e maggiormente omogenea per gli ultimi 7 anni). L’elenco delle stazioni,
con la durata della serie è riportato nella Tabella 3.1.1, l’ubicazione in Figura 3.1.1

 Tipo di                                                                                            Periodo di
               Provincia             Comune                      Località                 Quota
stazione                                                                                           rilevamento
    A              CN                 Crissolo                 Pian Giasset               2150 m    2002-2008
   A               CN                Sampeyre               Pian delle Baracche           2135 m    1993-2008
   A               CN            Limone Piemonte                  Pancani                 2008 m    1993-2005
   A               CN           Roccaforte Mondovì        Rifugio Havis de Giorgio        1760 m   1999-2008
   A               CN                Argentera                   Argentera                1680 m   1997-2008
   A               CN                Acceglio                   Colombata                 1610 m    1999-2008
   A               CN              Pontechianale                  Castello                1575 m   1999-2008
   A               CN                Paesana                    Bric Barsaia              1265 m   1997-2008
   A               CN                  Elva                       Martini                 1770 m    2001-2008
   A               CN                 Valdieri               Terme di Valdieri            1390 m    1999-2008
   A               CN                Vernante               Palanfrè Gias Chiot           1625 m    2001-2008
   A               CN              Castelmagno                  San Magno                 1755 m    1997-2008
   A               CN                Entracque               Diga del Chiotas             2020 m    2001-2008
   A               CN                 Vinadio                 Colle Lombarda              2305 m    1997-2008
   A               CN                 Canosio                    Gardetta                 2337 m    2001-2008
   A               TO              Sauze d’Oulx                 Lago Pilone               2280 m    1993-2008
   A               TO            Cesana Torinese                Colle Bercia              2200 m   1997-2008
   A               TO                Pragelato               Clot della Soma              2150 m   1997-2008
   A               TO                Sestriere              Principi di Piemonte          2020 m   1996-2008
   A               TO                Usseglio                   Malciaussia               1800 m   2000-2008
   A               TO              Ceresole Reale                  Villa                  1581 m   1999-2008
   A               TO             Valprato Soana                Piamprato                 1555 m   1997-2008
   A               TO                  Praly                       Villa                  1385 m   1999-2008
   A               TO              Bardonecchia                 Prerichard                1353 m    1993-2008
   A               TO               Groscavallo               Forno Alpi Graie            1215 m   1999-2008

 Tipo di                                                                                            Periodo di
               Provincia             Comune                      Località                 Quota
stazione                                                                                           rilevamento

                           Arpa Piemonte – Area Previsione e Monitoraggio Ambientale                           24
                                          Società Meteorologica Subalpina
A                   TO          Colleretto Castelnuovo         Santa Elisabetta          1240 m   1999-2008
  A                   TO             Ceresole Reale                 Lago Agnel             2304 m   1997-2008
  A                   TO                 Locana                  Lago di Valsoera          2365 m   1999-2008
  A                   TO               Salbertrand                   Graviere              1010 m   1992-2008
  A                   TO                Giaglione                   Val Clarea             1135 m   2005-2008
  A                   TO                 Venaus                     Barcenisio             1525 m   1994-2008
  A                   TO                  Oulx              Rifugio Rey – Pra’ Menier      1800 m   2002-2008
  A                   TO             Sauze di Cesana              Valle Argentera          1840 m   1999-2008
  A                   TO               Salbertrand         Gran Bosco di Salbertrand- Le   1980 m   1992-2008
                                                                       Selle
  A                   TO                 Claviere           Claviere Mont Fort du Boeuf    2030 m   2001-2008
  A                   TO             Cesana Torinese          San Sicario Soleil Boeuf     2087 m   2001-2008
  A                   BI                 Trivero                 Alpe Camparient           1515 m   2000-2008
  A                   BI               Piedicavallo                 Piedicavallo           1040 m   1999-2008
  A                    VC            Alagna Valsesia           Bocchetta delle Pisse       2410 m   1993-2008
  A                    VC            Alagna Valsesia                  Miniere              1196 m   2001-2008
  A                    VB                Baceno                    Alpe Devero             1634 m   1997-2008
  A                    VB          Antrona Schieranco              Alpe Cheggio            1460 m   1997-2008
  A                    VB              Macugnaga                      Pecetto              1360 m   1999-2008
  A                    VB               Formazza                      Bruggi               1226 m   1999-2008
  A                    VB             Montecrestese              Diga di Larecchio         1860 m   1999-2008
  A                    VB               Formazza                Piano dei Camosci          2453 m   1997-2008
  M                    VB              Macugnaga                    Capoluogo              1300 m   1983-2008
  M                    VB                Antrona                    Alpe Cavalli           1500 m   1983-2008
  M                    VB               Formazza                   Lago Vannino            2177 m   1986-2008
  M                    VB                Alagna                     Capoluogo              1200 m   1983-2008
  M                   TO                Ceresole                    Lago Serrù             2296 m   1983-2008
  M                   TO              Bardonecchia                 Rochemolles             1975 m   1983-2008
  M                   CN            Limone Piemonte                 Limonetto              1300 m   1986-2008
  M                   CN                Entracque                     Chiotas              2010 m   1983-2008

    A= stazioni automatiche
    M= stazioni manuali

Tabella 3.1.1 - Elenco stazioni nivometriche automatiche e manuali utilizzate per le elaborazioni.

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Figura 3.1.1 – Ubicazione delle stazioni nivometriche automatiche e manuali utilizzate per le elaborazioni.

                        Arpa Piemonte – Area Previsione e Monitoraggio Ambientale                        26
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Allo scopo di caratterizzare in modo sintetico ed efficace le condizioni d’innevamento medie sul periodo
Dicembre-Marzo, relative alla possibilità di praticare lo sci nordico e lo sci alpino, sono state effettuate
elaborazioni relative all’altezza della neve al suolo ed in particolare:
    1. numero di giorni con altezza della neve al suolo superiore a 10 cm (valore rappresentativo della
        presenza di neve al suolo);
    2. numero di giorni con altezza della neve al suolo superiore a 40 cm (valore minimo per la
        preparazione delle piste per lo sci nordico);
    3. numero di giorni con altezza della neve al suolo superiore a 70 cm (valore minimo per la
        preparazione delle piste per lo sci alpino).
Tali elaborazioni sono rappresentate per settore geografico e per tre diverse fasce altimetriche (1000-1500
m, 1500–2000 m, superiore 2000 m). Le considerazioni deducibili dalle elaborazioni si riferiscono a condizioni
medie dell’ultimo decennio, che ha visto una discreta variabilità nelle condizioni dell’innevamento, in
particolare nel mese di dicembre.

Figura 3.1.2 – Numero di giorni medio degli ultimi dieci anni, nel periodo Dicembre Marzo, con altezza
della neve al suolo superiore a 10 cm, 40 cm e 70 cm per ciascuno dei quattro settori e per quota
compresa tra 1000 e 1500 m. La linea rossa evidenzia i 100 giorni.

Per quanto riguarda i comprensori posti a quote più basse (Figura 3.1.2 e 3.1.3) si osserva un numero
limitato di giorni con innevamento naturale sufficiente alla pratica dello sci alpino e dello sci nordico. In
particolare i settori Ovest e Nord-Ovest presentano percentuali di giorni rispettivamente del 17 e dell’11%
con un innevamento naturale per la pratica dello sci nordico. Tali percentuali si riducono considerevolmente
per lo sci alpino. Nel settore Nord la percentuale di giorni con innevamento naturale sufficiente alla pratica
dello sci nordico è del 33% e sufficiente alla pratica dello sci alpino è del 13%.
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Figura 3.1.3 – Rappresentazione cartografica del n. medio di giorni con innevamento al suolo
superiore a 40 (a sinistra) e a 70 cm (a destra) per singolo settore alpino e per stazioni a quota
compresa tra 1000 e 1500 m.
Nel quadrante meridionale del Piemonte le condizioni sono più favorevoli, con percentuali che salgono
rispettivamente al 61 e al 40%. Considerando comunque 100 come il numero minimo di giorni in cui deve
essere garantita la funzionalità del comprensorio, anche nel quadrante con condizioni più favorevoli, è
necessaria la produzione di neve programmata per i 51 giorni in cui l’altezza di neve al suolo è inferiore ai 70
cm o i 26 giorni in cui l’altezza di neve al suolo è inferiore ai 40 cm. Il ruolo della produzione di neve
programmata per comprensori al di sotto dei 1500 m si rivela necessario per tutti e quattro i quadranti e
risulta essere per i settori Nord-Ovest ed Ovest la risorsa prevalente per garantire la pratica dello sci alpino.

Figura 3.1.4 – Numero di giorni medio degli ultimi dieci anni, nel periodo Dicembre Marzo, con altezza
della neve al suolo superiore a 10 cm, 40 cm e 70 cm per ciascuno dei quattro settori e per quota

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compresa tra 1500 e 2000 m. La linea rossa evidenzia i 100 giorni.

Per quanto riguarda i comprensori posti a quote tra i 1500 e i 2000 m (Figura 3.1.4 e 3.1.5) si osserva che
l’innevamento naturale garantisce una buona percentuale di giorni con altezza neve al suolo sufficiente alla
pratica dello sci alpino e dello sci nordico ad eccezione del settore Nord-Ovest. Interessante è notare come a
queste quote l’innevamento nel settore Ovest si avvicini a quello dei settori Sud e Nord. In particolare il
settore Nord- Ovest presenta una percentuale di giorni del 29% con un innevamento naturale per la pratica
dello sci nordico e del 6% per la pratica dello sci alpino. I settori Nord e Sud continuano ad essere le zone
con un maggior numero di giorni con innevamento naturale sufficiente alla pratica dello sci nordico e dello
sci alpino. In particolare per il settore Sud le percentuali (61% dei giorni con altezza della neve al suolo
superiore a 40 cm e 36% dei giorni con altezza neve al superiore a 70 cm) non sono dissimili da quelle
ottenute per le quote più basse.

Figura 3.1.5 – Rappresentazione cartografica del n. medio di giorni con innevamento al suolo
superiore a 40 (a sinistra) e a 70 cm (a destra) per singolo settore alpino e per stazioni a quota
compresa tra 1500 e 2000 m.
Considerando comunque 100 come il numero minimo di giorni in cui deve essere garantita la funzionalità del
comprensorio, anche nel settore Sud, è necessaria la produzione di neve programmata per i 56 giorni in cui
l’altezza di neve al suolo è inferiore ai 70 cm o i 26 giorni in cui l’altezza di neve al suolo è inferiore ai 40 cm.
Il ruolo della produzione di neve programmata per comprensori tra i 1500 e i 2000 m continua ad essere la
risorsa prevalente per il settore Nord-Ovest mentre risulta comunque necessaria negli altri tre settori.

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Figura 3.1.6 – Numero di giorni medio degli ultimi dieci anni, nel periodo Dicembre Marzo, con altezza
della neve al suolo superiore a 10 cm, 40 cm e 70 cm per ciascuno dei quattro settori e per quota
superiore a 2000 m. La linea rossa evidenzia i 100 giorni.

Per quanto riguarda i comprensori posti a quote superiori ai 2000 m (Figura 3.1.6 e 3.1.7) si osserva che
l’innevamento naturale garantisce una buona percentuale di giorni con altezza neve al suolo sufficiente alla
pratica dello sci alpino e dello sci nordico.

Figura 3.1.7 – Rappresentazione cartografica del n. medio di giorni con innevamento al suolo
superiore a 40 (a sinistra) e a 70 cm (a destra) per singolo settore alpino e per stazioni a quota
superiore a 2000 m.

Il settore Nord-Ovest continua ad essere l’area più penalizzata con una percentuale di giorni del 39% con un
innevamento naturale per la pratica dello sci nordico e del 58% per la pratica dello sci alpino. Interessante è
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notare come nel settore Nord l’innevamento naturale a queste quote sia pressoché sufficiente anche alla
pratica dello sci alpino senza ricorrere all’innevamento programmato (75% dei giorni con altezza della neve
al suolo superiore a 70 cm).
I settori Ovest e Sud presentano un comportamento analogo seppur in quello meridionale il numero di giorni
con altezza di neve al suolo significativa risulta superiore.
Il ruolo della produzione di neve programmata per comprensori superiori a 2000 m risulta quindi di forte
necessità per il settore nord-occidentale, necessario per quello occidentale e meridionale e di supporto per
quello settentrionale negli inverni più secchi.

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3.2.    Le condizioni meteorologiche per la produzione di neve programmata
Negli ultimi anni tutte le stazioni sciistiche che ne hanno avuto la possibilità si sono dotate di impianti di
innevamento programmato, per innevare vaste superfici ma anche solo per assicurare la continuità del
manto nevoso nei punti meno favorevoli e più esposti.
La produzione di neve programmata dipende da fattori climatici vincolanti, e precisamente la temperatura e
l’umidità, che determinano la resa, e il vento che presenta una capacità di trasporto proporzionale al cubo
della velocità. Per tenere conto dei primi due parametri si considera la temperatura di bulbo umido, un
parametro dipendente da temperatura ed umidità relativa. Per definizione la temperatura di bulbo umido è
uguale alla temperatura dell’aria nel caso in cui l’aria sia satura, altrimenti è inferiore. Tanto più è umida
l’aria tanto meno umidità riesce ad assorbire e quindi la temperatura deve essere più bassa per poter
formare i cristalli di neve dalle sottili goccioline d’acqua. Dunque con una minore umidità dell’aria è più facile
per l’acqua evaporare dalla superficie dell’acqua nebulizzata e raffreddare maggiormente la goccia. In media
le migliori condizioni per la produzione della neve si trovano per temperature di bulbo umido al di sotto di –
4°C. Per temperature di bulbo umido comprese tra –4°C e –2°C è molto costoso produrre neve, mentre per
temperature di bulbo umido al di sopra di –2°C non è possibile la produzione di neve. La temperatura di
bulbo umido è stata calcolata per quattro stazioni prese come riferimento per ciascun settore della regione,
utilizzando i dati orari ed ipotizzando di poter produrre neve in qualsiasi momento della giornata.
Considerando la temperatura di bulbo umido, nella stazione di Alpe Devero (settore Nord), nel periodo
dicembre-marzo, si registra una frequenza del 33% di avere buone condizioni meteorologiche per produrre
neve, tale percentuale si attesta sul 20% se si fa riferimento ad una temperatura di bulbo umido inferiore a
–6°C (Figura 3.2.1).

Figura 3.2.1 – Alpe Devero (1634 m). Temperatura di bulbo umido riferite al periodo dicembre-marzo a
partire dalla stagione invernale 1997-98 al 2007-08. In rosso sono riportate le percentuali medie per i
diversi range di temperatura di bulbo umido.

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Nella stazione di Piamprato, stazione a quota relativamente bassa, ubicata nel settore Nord-Ovest della
regione, la percentuale di ore per produrre neve in buone condizioni scende al 20% e si abbassa al 9%
considerando invece le condizioni ottimali (Tw
Anche nel settore meridionale del Piemonte (stazione di Limone Pancani), così come nel settore occidentale,
si registra una frequenza del 26% di avere discrete condizioni per produrre neve, sebbene la frequenza di
produrla nelle migliori condizioni scenda al 14% (Figura 3.2.4).

Figura 3.2.4 – Limone Pancani (2008 m). Temperatura di bulbo umido riferite al periodo dicembre-marzo a
partire dalla stagione invernale 1997-98 al 2007-08. In rosso sono riportate le percentuali medie per i
diversi range di temperatura di bulbo umido.

In generale si può affermare che nei settori Nord, Nord-Ovest e Sud le condizioni meteorologiche per
produrre neve nel periodo dicembre-marzo si hanno nel 50% dei casi, tale percentuale scende al 37% nel
settore Nord-Ovest. Le migliori condizioni (Tw
4. Prospettive future

Oltre all’IPCC, anche altre autorevoli istituzioni internazionali tengono in ampia considerazione il problema
dei cambiamenti climatici attesi sulle Alpi durante il XXI secolo, e i relativi effetti.
Numerosi rapporti sono stati redatti focalizzando l’attenzione sull’area alpina, in cui l’evoluzione
dell’innevamento giocherà un ruolo-chiave nella gestione del turismo e dunque dell’economia.
Diversi studi e pubblicazioni scientifiche recenti, basate sulle proiezioni climatiche modellistiche, forniscono
scenari futuri per le Alpi caratterizzati da una diminuzione della quantità di neve ed una decisa riduzione
della durata della stagione sciistica.
Con un aumento di temperatura di 2°C si stima che solo il 61% dell’area alpina attualmente attrezzata per lo
sci alpino rimarrebbe tale naturalmente. Alcuni studi focalizzati sulle Alpi centrali (Beniston et al., 2003)
mostrano che un aumento della temperatura minima invernale superiore ai 4°C, alla fine del XXI secolo,
rispetto alla media 1961-1990, determinerebbe una riduzione nella durata della neve al suolo di un centinaio
di giorni in stazioni importanti svizzere come quelle di Santis e Arosa. In generale, la modificazione della
durata della neve al suolo nello spazio temperatura-precipitazione nel 2070 è ben al di fuori dell’intervallo di
variabilità naturale attuale.
Secondo il recente rapporto dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico)"I
cambiamenti climatici nelle Alpi: adattamento del turismo invernale e gestione dei rischi naturali" ad ogni
grado di aumento della temperatura media il limite dell’innevamento si innalza di 150 metri. In particolare il
contributo italiano al rapporto predisposto dal Ministero per l’Ambiente e l’EURAC mostra che la percentuale
di stazioni sciistiche italiane con un numero di giorni con neve naturale sufficiente alla pratica dello sci alpino
scenderebbe dal 66% attuale (167 comprensori su 251 esaminati) al 52% nel caso di aumento di 1°C della
temperatura media, al 35% nel caso di aumento di +2°C e addirittura al 12% nel caso di aumento di 4°C.
Se tali considerazioni forniscono indicazioni sugli scenari dal 2070 a fine secolo, molto più complesso è
produrre scenari affidabili per range temporali più brevi, dell’ordine di 15-20 anni.
La variazione delle forzanti, come il contenuto di anidride carbonica, che determinano il riscaldamento futuro
dell’atmosfera, non sono infatti valutabili con un elevato grado di confidenza così a breve termine e la
risposta del sistema terra-atmosfera a tali variazioni potrebbe essere caratterizzata da un periodo transiente
prima di raggiungere un nuovo equilibrio.
La migliore proiezione che, al momento, può essere fatta è la persistenza dei trend di precipitazione e
temperatura registrati, ove significativi. Per quanto riguarda la precipitazione totale, in termini di valori medi
ed intensità annuale e stagionale, non risultano trend statisticamente significativi negli ultimi 50 anni sulla
nostra regione, ad eccezione di un aumento della massima lunghezza dei periodi secchi e del volume di
precipitazione durante un evento piovoso. Per quanto riguarda la temperatura i trend sono positivi e
significativi. La loro distribuzione geografica nel periodo invernale, come si evidenzia nella Figura 4.1, mostra
valori più elevati sulle zone montuose, in particolare per la temperatura massima.

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