L'ESTREMA SINISTRA DOV'È? CON - LA SARDINE! di Leonardo Mazzei

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L'ESTREMA SINISTRA DOV'È? CON - LA SARDINE! di Leonardo Mazzei
L’ESTREMA SINISTRA DOV’È? CON
LA   SARDINE!   di  Leonardo
Mazzei

[ martedì 10 dicembre 2019 ]

La foto accanto ritrae la ASSEMBLEA UNITARIA DELLE SINISTRE
D’OPPOSIZIONE —promossa da Pcl, Pci e Sinistra
anticapitalista — svoltasi a Roma il 7 dicembre scorso, presso
il Teatro de Servi, a Roma. Un luogo tetro assai, per una
sinistra “antagonista”non meno cupa, lunare, smarrita. Chi non
ci crede provi a sorbirsi come sono andati i lavori. Mal
comune, mezzo gaudio… Mai si era vista una processione che
abbia mobilitato tutte le diverse parrocchie e confraternite
dell’estrema sinistra: oltre ai tre promotori c’era
Rifondazione con le sue frazioni, Potere al Popolo, Eurostop,
Sì Cobas, Risorgimento socialista, i Carc, una pletora di
collettivi locali e, per la prima volta sugli schermi, il
PMLI…

                          *    *   *

             LA SINISTRA SARDINATA
                      di Leonardo Mazzei
L'ESTREMA SINISTRA DOV'È? CON - LA SARDINE! di Leonardo Mazzei
Al peggio non c’è limite. Al ridicolo neppure. Tuttavia, il
passaggio dal movimento operaio a quello delle “sardine”
qualche problema lo dovrebbe porre. E invece no. Mentre la
Cgil organizza autobus per portare i pensionati in queste gite
ittiche euro-plaudenti, anche nella sinistra sinistrata ci si
dà da fare per non essere da meno.

Vediamo quel che scrivono:

 «Condividiamo il sentimento di fondo che anima tante piazze
 di giovani. Partecipiamo a queste piazze. Sentiamo anche noi
 la stessa nausea profonda per le culture xenofobe, misogine,
 reazionarie dei Salvini e delle Meloni, la loro vocazione
 autoritaria, il loro uso cinico dei sentimenti religiosi con
 tanto di esibizione di croci e di madonne, il loro disprezzo
 per le donne e per i soggetti LGBTQIA+ (presto non gli
 basterà più l’alfabeto!), il loro militarismo tricolore in
 abito di polizia».

Le piazze di cui si parla in questo volantino — e alle quali
orgogliosamente si partecipa — sono ovviamente quelle delle
“sardine”. Ma chi è l’autore del testo di cui sopra? Chi è che
ha tanta voglia di entrare in un bel banco di sardine per
finire in pasto ai pescecani che se ne nutrono? Bene, questo
aspirante suicida altro non è che il Partito comunista dei
lavoratori (Pcl)! Sta forse scritto da qualche parte che per
battersi contro la destra reazionaria si debba per forza di
cose accompagnarsi a questi piddini di complemento, che per il
loro perbenismo e la loro ipocrisia sono talvolta perfino
peggio dell’originale? A leggere i sinistrati, parrebbe
proprio di sì.

Il caso più interessante è però quello di Sinistra
Anticapitalista. Con un articolo firmato da Francesco
Locantore e Franco Turigliatto, qui si toccano vette degne di
qualche commento.

Senza neppure sentirsi sfiorati dal minimo senso del ridicolo,
i due iniziano parlando di:

 «grandi manifestazioni di piazza delle sardine». Un
 entusiasmo motivato dal fatto che: «Oggi il sentimento
 democratico e antirazzista, per fortuna ancora ben presente,
 trova una nuova espressione, più ampia e di massa, nelle
 manifestazioni delle sardine». I due, essendo tipi
 riflessivi, aggiungono poi che: «Come tutte le mobilitazioni
 e i movimenti di massa, anche quello delle sardine presenta
 numerose sfaccettature sociali e politiche, limiti e
 contraddizioni, ma anche potenzialità che le forze
 anticapitaliste devono sapere leggere per svolgere un ruolo
 positivo».

Potenzialità ragazzi, potenzialità. E pure anticapitaliste,
mica balle. Ma che razza di somari saran quelli (come il
sottoscritto) che in quelle piazze vedono solo conformismo,
spirito di conservazione, distacco dai veri problemi del
popolo, disprezzo per chi chiede protezione: in una parola,
élitarismo diffuso a sostegno di quel partito degli ottimati
tanto amico di Bruxelles?

Ad un certo punto dello scritto anche i due autori sembrano
volersi porre qualche interrogativo. Leggiamo ad esempio:

 «Certo colpisce il fatto che, in primis i suoi animatori
 (delle sardine, ndr), non colgano la dimensione della
 ingiustizia sociale presente nella società».
No, ragazzi, non fate così, è solo un’impressione, vedrete che
diventeranno degli anticapitalisti duri e puri. E’ solo
questione di volantinare un po’.
  «Sul piano politico istituzionale è evidente che ci sia un
  interesse elettorale da parte del Partito Democratico e delle
  forze politiche del governo».

Ma no, mica si può sempre pensar male!
  «Non è un caso che le sardine siano nate in Emilia Romagna e
  che alcuni dei promotori abbiamo dato indicazione di voto per
 le liste che sostengono Bonaccini».

Ah, non è un caso! Grazie per averli sgamati, che ci stavamo
cascando!

Ebbene, dopo queste sensazionali scoperte dell’acqua calda,
qual è la conclusione di Turigliatto e Locantore? Udite, udite
(e, se ci riuscite, non ridete):
  «La sinistra di classe che si muove nell’ambito
  dell’anticapitalismo, deve avanzare proposte e muoversi
  congiuntamente, tenendo insieme battaglia sociale e battaglia
  democratica e quindi trovare le strade per entrare in
  sintonia con i sentimenti democratici di massa che animano le
  mobilitazioni delle sardine».

Dunque:

 «I militanti e le militanti di Sinistra Anticapitalista sono
 nelle piazze delle sardine in questi giorni, non rinunciando
 a portare i propri contenuti».

Bravi, non rinunciate, che prima o poi li convincerete tutti…
A questo punto, prima di concludere, devo scusarmi per
l’ironia. Che in effetti qui, più che ridere, ci sarebbe da
piangere… Ad ogni modo non siamo arrivati sin qui solo per
farci qualche risata.
Tornando seri, cosa ci insegna allora questa infatuazione per
dei pesci destinati a finire in scatola? Loro, i pesci, di
quella brutta fine sono del tutto incolpevoli; ma chi li vuole
imitare non vedendone la funzione auto-assegnatasi, quella per
cui stanno nelle piazze, quella fine se la meritano.

Tre cose in conclusione

Ma cosa c’è, al fondo, nell’atteggiamento di questa sinistra
“sardinata”?

C’è, in primo luogo, un penoso tardo-movimentismo che porta a
scambiare lucciole per lanterne. C’è l’idea che tutto ciò che
si muove sia positivo a prescindere. C’è il non (voler) vedere
che la società è spaccata, che non c’è solo una maggioritaria
(per quanto ancora confusa) spinta al cambiamento. C’è anche,
e non potrebbe essere diversamente, una controspinta alla
conservazione degli strati sociali che meglio reggono la crisi
e gli effetti della globalizzazione. Ma questo conservatorismo
non è quello delle croci e delle madonne, quanto piuttosto
quello della “modernità”, del cosmopolitismo giovanilista, del
viva l’Europa!, della meritocrazia e del politicamente
corretto. In breve, di tutto ciò che piace, anima e
contraddistingue le cosiddette “sardine”.

Ma la sinistra sinistrata sta in quelle piazze anche per un
secondo motivo. Perché vede il Pd solo come un partito tra gli
altri. Da qui le lamentazioni di Turigliatto e Locantore che
abbiamo citato, sempre speranzosi però di poter lucrare
qualcosa dalla crisi di quel partito. Il problema è che il Pd
non è banalmente un partito. E’ qualcosa di meno — si pensi
alla patetica figura del suo segretario politico —, ma è
soprattutto qualcosa di più: il vero perno di un sistema che
fa della sua sudditanza all’oligarchia eurista l’alfa e
l’omega della propria ragion d’essere. Prodi, uno dei padri
dell’euro, non è iscritto al Pd ma è Pd. Monti non è del Pd,
ma è Pd. Mattarella non è iscritto al Pd, ma è Pd. E si
potrebbe a lungo continuare con una lunga sfilza di nomi, oggi
tutti — guarda caso — spinti sostenitori delle sardine. E
questo per il semplice motivo che le sardine non sono
semplicemente ascrivibili al Pd come partito, ma sono senza
dubbio Pd nel senso del super-partito sistemico della
conservazione eurista. Tra l’altro, se il Pd andasse in piazza
con le proprie bandiere riceverebbe solo sputi negli occhi, se
ci va invece sotto mentite spoglie riesce ancora a mettere
insieme una forza certo non trascurabile. Che la sinistra
“sardinata” abbia deciso di contribuire a questa operazione è
un fatto che si commenta da solo.

C’è però un terzo elemento che spiega l’incredibile cantonata
di costoro. Ed è che la sinistra sinistrata vede il pericolo
del fascismo, che oggi si vorrebbe rappresentato da Salvini,
mentre nega quello ben più concreto della dittatura
eurocratica. Purtroppo, la “storia è maestra ma non ha
scolari”. Come non ricordare le piazze antiberlusconiane che
portarono ad applaudire Monti nel 2011? Allora il pericolo per
la democrazia sembrava il Buffone d’Arcore, peccato che si
aprì così la strada al governo più antipopolare della storia
repubblicana. Sono trascorsi appena otto anni, ed eccoci
adesso al passaggio dall’antiberlusconismo — oggi talmente
superato che perfino la Pascale annuncia che andrà in piazza
con le sardine — all’antisalvinismo, ultima frontiera di chi
non vuol vedere di quale morte stia morendo il Paese.

Del resto, che la sinistra sinistrata — ed oggi ampiamente
“sardinata” — non voglia vedere qual è il vero nemico, ci
viene confermato dall’assemblea della cosiddetta “sinistra di
opposizione” che si è tenuta sabato scorso a Roma. Da
quell’incontro è uscita la solita lista di obiettivi ambiziosi
e altisonanti — dall’uscita dalla Nato al ritiro delle truppe
all’estero, dalle nazionalizzazioni alla riduzione dell’orario
di lavoro, dalla cancellazione dei decreti sicurezza
all’abolizione della Fornero — ma non volendo vedere come
tutto ciò sia semplicemente impossibile senza una lotta senza
quartiere contro l’Unione europea, la sua moneta, le sue
regole ammazza-Stati come quelle del Mes.

Siamo cioè al massimo dell’astrattezza. Nel Paese c’è oggi una
nuova consapevolezza su ciò che rappresenta l’Unione europea e
costoro guardano altrove. Si cita il Mes come una cosa
secondaria, contro la quale forse ci si mobiliterà ma non si
sa come, mentre è oggi il cuore di ogni battaglia di
opposizione dotata di senso. Si agitano grandi obiettivi senza
vedere la prigione in cui si trova l’Italia, fingendo di
ignorare che senza una liberazione da questa gabbia non c’è
alcun risultato sociale che possa essere credibilmente
perseguito e raggiunto.

Non solo, come se ciò non bastasse, si amoreggia pure con le
sardine, cioè con quella parte della società che vuol
conservare un esistente nel quale evidentemente non si trova
poi così male. Il bello è che poi costoro, incapaci di
comprendere il perché nessuno più li segua (tantomeno nelle
classi popolari), passano buona parte del loro tempo a
lamentarsi del “destino cinico e baro”, non avvedendosi
neppure di come la loro stessa deriva contribuisca nel piccolo
a portar acqua al mulino salviniano.

«Chi è causa del suo mal pianga se stesso», così dice in
generale la saggezza popolare. Ma di fronte alla sinistra
“sardinata”, questo mesto spettacolo di fine anno di una
sinistra sinistrata sempre più allo sbando, anche questo detto
appare insufficiente. Del resto, si sa, la realtà supera
talvolta l’immaginazione.

Peccato avvenga spesso verso il peggio.

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