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L'economia della montagna: scenari futuri e opportunità di sviluppo Relazione presentata al Primo seminario di “Montagne di Toscana” Le attività produttive nelle zone montane Pitigliano (Grosseto) 14 luglio 2006
RICONOSCIMENTI Il presente rapporto è stato redatto da Renata Caselli. L’allestimento editoriale è stato curato da Elena Zangheri. Il rapporto è disponibile su Internet nel sito dell’IRPET: http://www.irpet.it 2
Indice INTRODUZIONE 5 1. L’EVOLUZIONE DEMOGRAFICA 7 1.1 La dinamica degli anni Novanta 7 1.2 Gli anni più recenti 10 1.3 Tendenze future 12 2. L’EVOLUZIONE DELL’INDUSTRIA E DEL TERZIARIO 13 2.1 La dinamica degli anni novanta 13 2.2 Gli anni più recenti 14 2.3 L’artigianato 16 2.4 Il commercio 19 2.5 Il turismo 20 3. L’ATTIVITÀ AGRICOLO-FORESTALE 25 3.1 L’agricoltura nelle comunità montane 25 3.2 L’attività produttiva forestale 30 3.3 Agricoltura biologica 34 3.4 Agriturismo 35 4. PROSPETTIVE FUTURE 39 3
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INTRODUZIONE L’assetto socioeconomico delle aree montane della Toscana ha registrato, nel corso degli ultimi decenni, notevoli cambiamenti. Se negli anni sessanta e settanta i comuni montani erano prevalentemente caratterizzati come aree marginali nel processo di sviluppo regionale, negli anni successivi questa connotazione è andata via via svanendo con l’affermarsi di nuovi e diversificati percorsi di crescita. La deindustrializzazione ha frenato la proliferazione di insediamenti produttivi industriali al di fuori dei nuclei originari dello sviluppo; la terziarizzazione ha rafforzato il ruolo produttivo dei centri urbani maggiori e costieri; le ampie zone appartenenti all’“altra Toscana” sono state però progressivamente favorite, dopo il grande spopolamento della fase di industrializzazione, da un flusso migratorio di ritorno indotto, da un lato, dalle crescenti pressioni demografica, abitativa, ambientale delle città e, dall’altro, dalla contestuale e generalizzata riscoperta dei valori paesaggistico-ambientali di questa parte della regione. Come vedremo, si tratta di aree dove più che altrove si è anche rafforzata la componente produttiva manifatturiera. È un fatto assodato oramai che le fortune della Toscana risiedano proprio nella sua dualità territoriale per cui, ad aree insediative più dinamiche, in genere più ricche, si affiancano aree, quelle rurali e montane, meno vivaci economicamente ma dove i valori naturali, culturali, storici costituiscono una risorsa di grande pregio e quindi fonte di attrattività turistica. Come è stato segnalato nei precedenti rapporti sulla montagna, pur in presenza di alcune importanti criticità che richiedono soprattutto interventi volti ad adeguare l’assetto economico e infrastrutturale (si ricordino le sfide per la montagna proposte dalla Comunità Europea), la cosiddetta questione della montagna ha molto attenuato la sua stringente specificità. Analisi sul benessere della popolazione hanno mostrato, negli anni recenti, una sostanziale omogeneità sia nelle condizioni di vita della popolazione montana e non montana, sia nella loro percezione del benessere. Alcuni differenziali restano ancora e sono legati alla strutturale differenza di opportunità economiche offerte da assetti naturali e antropici così diversi. I dati presentati in seguito costituiscono un aggiornamento delle dinamiche che hanno caratterizzato le vicende demografiche ed economiche delle comunità montane negli anni più recenti. Un primo contributo questo da integrare a quelli sul sistema infrastrutturale, sul welfare, sull’ambiente che seguiranno nei prossimi mesi e che costituiranno -insieme- materiale per costruire una rilettura complessiva dell’evoluzione a oggi delle montagne della Toscana. Un’area particolare della regione che per popolazione e peso economico risulta in un certo senso contenuta, ma per estensione e patrimonio naturale e biodiversità è tra i più importanti dell’Italia. 5
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1. L’EVOLUZIONE DEMOGRAFICA 1.1 La dinamica degli anni Novanta I segnali della rivitalizzazione della montagna si trovano anzitutto sul piano demografico. Nel corso degli anni Novanta infatti, rispetto a un andamento negativo del totale della popolazione regionale (-0,9%) e di quella dei comuni non montani (-1,1%), la popolazione nei comuni montani ha registrato un dato di sostanziale stabilità e comunque di segno inverso (+0,1%). Come per tutta la regione, questa stazionarietà è totalmente riconducibile alla componente naturale e quindi alla caduta dei tassi di fecondità. È però importante ricordare che, nei comuni montani si rileva anche una variazione della componente migratoria superiore rispetto a quella del resto della regione: +6,7% a fronte del +4,7% regionale e del 4,3% dei comuni non montani. Grafico 1.1 DINAMICA DELLA POPOLAZIONE TOTALE E STRANIERA. 1991-2001 Variazioni percentuali 7,5 +6,7 6,0 +4,3 +4,7 Variazioni % 4,5 3,0 1,5 +0,1 -1,1 -0,9 0,0 -1,5 Comuni montani Comuni non montani TOSCANA Popolazione totale Componente migratoria Fonte: Elaborazioni IRPET su dati ISTAT Quello che è stato talvolta indicato come la fine dell’esodo è in realtà un fenomeno che non ha coinvolto tutte le aree montane e comunque le ha toccate in misure e forme diverse. Le aree che più delle altre hanno mostrato, fino al 2001, dinamiche demografiche positive sono quelle della fascia nord orientale dell’arco appenninico: Pratomagno (+14,1%), Montagna Fiorentina (+6,6%), Mugello (+6%), Casentino (+5,7%) e, in misura meno marcata, Val di Bisenzio (2,6%). A queste aree si possono aggiungere quelle considerate atipiche ovvero l’Arcipelago toscano (4,3%) e l’Alta Versilia (+0,2), ma anche la Val di Merse che, pur mantenendo una densità demografica molto bassa, hanno registrato tra gli incrementi di popolazione più marcati (6,9%). Le altre zone montane hanno invece registrato diminuzioni demografiche: le zone del nord- nordovest (Appennino pistoiese, Lunigiana, Garfagnana e Valle del Serchio), la Valtiberina e Cetona con tassi più contenuti; le zone del centro sud (Amiata grossetano e senese, Colline metallifere, Colline del Fiora, Alta Val di Cecina) con tassi più marcati. 7
D’altra parte, per quanto riguarda i flussi migratori, fatta eccezione per l’Alta Val di Cecina e per l’Amiata senese, dove di fatto c’è una sostanziale stabilità, in tutte le altre comunità montane si registrano incrementi anche molto marcati. Al 2001 lo spopolamento non emerge più quindi come fenomeno generalizzato, riconducibile in modo univoco alle aree montane; ma resta tuttavia fenomeno che interessa ancora alcune aree caratterizzate generalmente dalla più bassa densità abitativa (nella quasi totalità dei casi inferiore ai 30 abitanti per km2). Questo aspetto è interessante sul piano interpretativo perché consente di ipotizzare che la ripresa demografica delle aree (è il caso delle comunità confinanti con i distretti) e gli interventi di valorizzazione economica operati nel corso degli anni Novanta con la promozione di alcuni insediamenti industriali (Mugello, Casentino), hanno contribuito a ridare dinamicità alle aree. Nel complesso, le aree cresciute demograficamente tra il 1991 e il 2001 interessano circa la metà della popolazione montana (48,5%). Grafico 1.2 DINAMICA DELLA POPOLAZIONE TOTALE. 1991-2001 Variazioni percentuali Pratomagno Val di Merse Montagna fiorentina Mugello Casentino 48,5% Elba e Capraia popolazione montana Val di Bisenzio Alta Versilia Valtiberina Appennino Pistoiese Cetona 51,5% popolazione Lunigiana montana Valle del Serchio Garfagnana Colline del Fiora Colline Metallifere Amiata Senese Amiata Grossetano Alta Val di Cecina -15 -10 -5 0 5 10 15 Fonte: Elaborazioni IRPET su dati ISTAT A proposito delle opportunità di effettiva riattivazione economica delle aree, una criticità che permane è quella del progressivo invecchiamento della popolazione che, per quanto interessi tutta la regione, assume caratteri più accentuati nelle zone montane e rurali. Rispetto alla media 8
regionale, la quota di popolazione con più di 65 anni, pari a 24,1%, è nel 2001 superiore di 1,6 punti percentuali. Al contrario la quota di bambini con meno di 5 anni è lievemente inferiore (solo di 0,2 punti). Fanno eccezione a questo dato medio le comunità che si sono mostrate, nel decennio, più dinamiche demograficamente: la montagna a nordorientale, l’Alta Versilia e l’Arcipelago. Tabella 1.3 POPOLAZIONE PER CLASSI DI ETÀ Incidenza % e variazioni % 2001/1991 Incidenza % sul totale Variazione % 2001-1991 Pop. > 65 anni Pop. < 5 anni Pop. > 65 anni Pop. < 5 anni Comuni montani 24,1 3,7 11,9 0,9 Comuni non montani 22,1 3,9 14,4 5,4 TOSCANA 22,5 3,9 13,9 4,6 Fonte: Elaborazioni IRPET su dati ISTAT • Popolazione straniera e turisti residenti La popolazione straniera ha costituito nel corso del decennio infracensuario la componente che maggiormente ha contribuito alla crescita demografica. Un rapido richiamo a quanto emerso dall’analisi dei dati al 2001 è importante per inquadrare alcune specificità di queste aree. Nel 2001 gli stranieri residenti nelle aree montane sono circa il 17% del totale presente nella regione (18.000 unità); questo numero risulta cresciuto, rispetto al 1993, del 176% a fronte di un 140% medio regionale. Anche rispetto a questo fenomeno, occorre segnalare la differenziazione tra i territori della regione che ripropone il primato dell’arco appenninico a nordest di Firenze come area di maggiore attrazione migratoria: la comunità che accoglie in quell’anno il numero più elevato di stranieri è il Casentino (2.200), seguito da Mugello, Montagna fiorentina e Val di Bisenzio, con oltre 1000 unità; analoga presenza migratoria si rileva in Lunigiana, Alta Versilia, Val Tiberina, Colline metallifere e Val di Merse. È importante richiamare la provenienza degli stranieri perché strettamente connessa con la motivazione della loro presenza. Circa ¼ del totale è proveniente infatti da paesi ricchi dell’Europa occidentale (Germania, Gran Bretagna, Svizzera), spinti prevalentemente dall’attrattività ambientale e paesaggistica della regione. Si tratta di una componente che può essere assimilata a forme di turismo permanente che risultano più diffuse nelle aree di maggior richiamo ambientalistico: Colline metallifere, Colline del Fiora, Alta Val di Cecina, Amiata grossetano. L’incidenza di questa componente straniera è, nelle aree montane, il doppio rispetto a quanto si registra nel resto della regione. L’altro tipo di migrazione straniera, quella più consistente, è proveniente da paesi poveri. Di questi, il 42% è originario dei paesi dell’est europeo (il 20% dell’Albania), alla ricerca di occupazione che, nel caso degli uomini, trova spesso occupazione in agricoltura, nella zootecnia e nel settore edile; nel caso delle donne, gli impieghi sono invece riconducibili ai servizi alla persona e a quelli domestici. Questa componente migratoria prevale in Casentino, Valtiberina, Mugello e nelle aree del centro sud della regione. L’incidenza complessiva è del 42% del totale. Altro importante bacino di provenienza è quello africano (il 19% del totale) che interessa prevalentemente le comunità montane dell’alta Versilia e della Val di Bisenzio. Le altre componenti migratorie sono quella asiatica, che incide per circa l’8% del totale (essendo invece una componente di popolazione molto consistente nelle maggiori aree urbane e industriali, dove costituisce mediamente il 26% del totale), e quella centro e sudamericana (5%). 9
Grafico 1.4 POPOLAZIONE STRANIERA PER PROVENIENZA. 2001 Composizione % Europa occidentale Comuni non montani Europa Centro-orientale Africa Asia Comuni montani America centro-meridionale 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fonte: Elaborazioni IRPET su dati ISTAT 1.2 Gli anni più recenti Dal 2001 in poi le dinamiche demografiche hanno mantenuto segni generalmente positivi. Al 2004, l’aumento medio registrato in Toscana è del 2,9%. A questo andamento ha contribuito esclusivamente la componente migratoria che, come nel periodo precedente, ha interessato tutto il territorio regionale. Ancora una volta, però, si rileva molta variabilità tra le aree. Complessivamente, sono sempre quelle a maggiore attrattività economica a registrare gli andamenti più favorevoli. La popolazione delle aree montane cresce in media del 2,1%, mentre nelle altre aree l’aumento è lievemente superiore e pari al 3%. Si riduce consistentemente il numero di comunità montane che registrano diminuzioni: solo l’Alta Val di Cecina e la Garfagnana perdono popolazione e con tassi molto ridotti (in media dello 0,9%). Le altre comunità, mostrano in alcuni casi dinamiche molto positive (superiori alla media regionale); si tratta delle aree già emerse nel corso degli anni Novanta (l’appennino a nord- nordest della regione, l’Arcipelago e la Val di Merse), cui si aggiunge anche l’Appennino pistoiese. L’aumento medio della popolazione è, in questo insieme di Comunità, del 4%. Le altre segnano variazioni positive ma di minore entità (e comunque inferiori alla media regionale); il tasso medio di crescita è, in questo caso, dell’1%. 10
Grafico 1.5 DINAMICA DELLA POPOLAZIONE NELLE COMUNITÀ MONTANE. 2001-2004 Variazione percentuale Pratomagno Arcipelago Val di Merse Mugello Appennino Pistoiese Val di Bisenzio Casentino Montagna fiorentina Media +4% Cetona Colline del Fiora Alta Versilia Valtiberina Colline Metallifere Area Lucchese Media Valle del Serchio Amiata Grossetano Lunigiana Media +1% Amiata Val d'Orcia Alta Val di Cecina Media -0,9% Garfagnana Totale Comunità +2,1% Resto Toscana +3,0% TOSCANA +2,9% -+2,0% -+1,0% +0,0% +1,0% +2,0% +3,0% +4,0% +5,0% +6,0% Fonte: Elaborazioni IRPET su dati ISTAT Queste dinamiche non portano miglioramenti sostanziali all’articolazione per classi di età demografica. Gli andamenti sono, sotto quest’aspetto, analoghi sia nelle aree montane che nelle altre. Si rileva, più in particolare una minore crescita nelle classi di età più anziane cui si affianca però una minor crescita delle classi più giovani. Grafico 1.6 POPOLAZIONE PER CLASSI DI ETÀ Variazioni % 2004/2001 9% 6% 3% 0% -3% 0-19 anni 20-39 anni 40-54 anni 55-64 anni 65-74 anni 75+ TOTALE Comunità Non montani non comunità TOSCANA Fonte: Elaborazioni IRPET su dati ISTAT 11
L’indice di vecchiaia delle aree montane peggiora lievemente rispetto al 2001 (+1%); questo dato caratterizza la maggior parte delle comunità montane ad eccezione della Val di Merse (-6%), dell’Appennino pistoiese (-3%), dell’Amiata grossetano (-2%), del Mugello e delle Colline metallifere (-1%). 1.3 Tendenze future Le tendenze future della popolazione delle comunità montane sono state stimate in base a 3 differenti scenari in cui si ipotizzano differenti tassi di immigrazione, di fecondità e quindi di ricomposizione per classi di età. Nel complesso, al 2024, le variazioni che emergono passano da un minimo dello 0,2%, a un tasso intermedio del 3,1%, a uno massimo del 5,6%. Grafico 1.7 SCENARI DEMOGRAFICI AL 2024 Comunità montane 850.000 823.545 820.000 785.002 790.000 780.029 804.585 781.834 760.000 764.207 730.000 1971 1981 1991 2001 2004 2009 2014 2019 2024 Alto Centrale Basso Fonte: Stime IRPET Rispetto al resto della Toscana, le variazioni risultano generalmente più contenute. Ad esempio, nello scenario intermedio, alla variazione del 3,1% corrisponde un aumento di popolazione del 5,7% nelle aree non montane e del 4,4% come media regionale. Riguardo all’evoluzione della componente straniera, nello scenario intermedio si stima che vi sia un aumento progressivo che porta a una presenza media in Toscana del 14,8%, di misura lievemente inferiore nelle comunità montane (13,6%). Tabella 1.8 PRESENZE STRANIERI RESIDENTI AL 2024 Quote sul totale della popolazione residente (scenario intermedio) 2004 2009 2014 2019 2024 Comunità montane 4,8% 7,2% 9,5% 11,5% 13,6% Comunità non montane 5,5% 8,2% 10,7% 12,9% 15,2% TOSCANA 5,4% 8,0% 10,4% 12,6% 14,8% Fonte: Stime IRPET 12
2. L’EVOLUZIONE DELL’INDUSTRIA E DEL TERZIARIO 2.1 La dinamica degli anni Novanta Gli anni Novanta hanno registrato, a livello regionale, la prosecuzione di dinamiche di lungo periodo già avviate nel corso del decennio precedente: una lenta e continua deindustrializzazione, caratterizzata da uno spostamento relativo di risorse dal settore tradizionale della moda verso quello della meccanica; una riduzione del commercio, determinato principalmente da una graduale ristrutturazione del comparto che ha portato a una crescita consistente della produttività del settore grazie alla presenza più incisiva della grande distribuzione; una crescita consistente, per quanto molto più contenuta che nel resto d’Italia, del resto del comparto terziario. Rispetto a questo andamento generalizzato, le aree montane della regione hanno confermato il segno delle variazioni ma queste sono avvenute con intensità piuttosto differenziate. In primo luogo, la riduzione degli addetti all’industria (-0,6%) è stata, tra il 1991 e il 2001, molto meno marcata che nel resto della Toscana (–4,6%), evidenziando una maggiore tenuta della componente manifatturiera delle aree. In secondo luogo, la riduzione degli addetti nel commercio è stata, al contrario, molto più consistente (-11,4% a fronte di -3,7% nelle altre aree); quest’ultimo dato sarebbe dovuto alla ristrutturazione del commercio in favore della GDO, maggiormente presente nei maggiori centri urbani della regione e quindi fenomeno non neutrale nel territorio. Infine, per quanto riguarda la terziarizzazione, che è stata in Toscana più debole che nel resto del paese (gli addetti sono cresciuti mediamente del 17,7% contro il +33%a scala nazionale), la dinamica degli anni Novanta si è rivelata ancor più debole nelle aree montane (+11,5%). Tabella 2.1 VARIAZIONE % DEGLI ADDETTI 1991-2001 Industria Commercio Altri Servizi TOTALE Comuni montani -0,6 -11,4 11,5 1,8 Comuni non montani -4,6 -3,7 18,6 5,3 TOSCANA -3,9 -4,8 17,7 4,7 ITALIA -2,6 -4,5 33,1 7,8 Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT Questo ritardo relativo del processo di terziarizzazione delle aree montane va messo in relazione alla più forte tenuta della componente manifatturiera. In queste aree infatti la quota di addetti all’industria risulta nel 2001 il 45% del totale extra-agricolo, mentre nel resto della Toscana questa quota scende al 35%. Come è stato anticipato, se da un lato gli anni Novanta chiudono la fase di generalizzata marginalità della montagna, dall’altro si rilevano marcate differenze evolutive, sia per intensità che per modalità dello sviluppo. Le aree più forti sono quelle che anche sul piano demografico si sono mostrate più dinamiche. La Val di Bisenzio, la Valle del Serchio, la Valtiberina e il Casentino hanno registrato i tassi di variazione più marcati in ambito manifatturiero, mentre le Comunità di Cetona, l’Appennino pistoiese e l’Arcipelago toscano hanno registrano le dinamiche più 13
sostenute nel comparto terziario, grazie al contributo determinante delle attività connesse al turismo. Più in particolare, sono proprio le aree montane forti, propaggini produttive delle aree urbane e distrettuali più importanti della regione, a presentare discreti livelli di specializzazione industriale: - la Val di Bisenzio nell’attività tessile; - la Valle del Serchio nel settore cartario, nel settore della gomma e nella lavorazione di minerali metalliferi; - la Valtiberina nell’industria alimentare, nel tessile-abbigliamento, nell’industria del legno; - il Casentino nella lavorazione di minerali non metalliferi (industria del cemento, calce e gesso), nel tessile, nel legno e in altre attività industriali (prodotti in metallo). Altre aree hanno mostrato dinamiche economiche positive consolidando la propria base manifatturiera, è il caso -nel sud della Toscana- della Val di Merse (produzione chimica, gomma e plastica), dell’Amiata senese (pelletteria e legno), dell’Amiata grossetano (industria alimentare). Tabella 2.2 QUOZIENTI DI SPECIALIZZAZIONE MANIFATTURIERA 2001 Toscana=1 Minerali non Meccanica Elettronica Pelletteria Alimentari Gomma e metalliferi trasporto TOTALE Chimica Minerali plastica Petrolio Tessile Legno Mezzi Carta Altre met. Lunigiana 0,8 0,1 0,0 1,2 0,3 0,4 0,2 0,0 0,2 0,7 0,1 0,7 0,1 0,2 0,3 Valle del Serchio 0,6 0,1 0,6 2,6 8,9 0,0 2,6 6,1 2,3 3,1 0,9 0,2 0,0 0,3 1,5 Garfagnana 0,6 0,3 0,1 0,9 1,6 0,0 2,3 0,5 0,7 0,4 0,3 0,7 0,0 0,3 0,5 Mugello 1,4 0,3 0,5 0,7 1,0 0,2 0,7 2,3 0,7 1,9 1,2 0,8 1,5 0,7 0,9 Montagna fiorentina 1,5 0,3 2,6 0,9 0,5 0,0 2,8 0,7 0,6 1,1 0,6 0,5 0,5 0,4 1,0 Alta Val di Cecina 0,6 0,1 0,0 0,5 0,1 0,0 2,9 0,1 1,7 0,9 1,5 0,0 0,0 0,1 0,5 Casentino 0,9 1,4 0,9 2,7 1,3 0,0 0,3 0,5 3,3 2,1 0,6 1,6 0,3 3,3 1,5 Valtiberina 3,1 1,6 0,2 1,6 0,4 0,0 0,5 1,1 0,7 0,6 0,6 1,0 0,1 1,4 1,0 Amiata Grossetano 3,7 0,1 0,5 1,2 0,0 0,0 0,1 0,2 0,3 0,7 0,1 0,2 0,0 0,1 0,5 Amiata Senese 0,8 0,1 4,2 6,1 0,1 0,0 0,0 0,1 0,8 0,5 0,1 0,7 0,0 1,0 1,1 Elba e Capraia 0,8 0,0 0,0 0,7 0,1 1,7 0,0 0,0 0,1 0,2 0,1 0,4 0,8 0,1 0,2 Alta Versilia 0,7 0,0 0,1 1,7 0,1 0,0 0,1 0,4 3,4 0,8 0,6 0,4 0,7 0,2 0,6 Appen. Pistoiese 0,7 2,0 0,1 1,0 2,2 0,0 0,3 0,6 0,7 1,8 0,5 0,3 0,5 0,2 1,0 Val di Bisenzio 0,5 14,6 0,1 0,8 0,3 0,0 0,9 1,5 0,1 0,9 2,5 0,4 0,0 0,4 3,6 Pratomagno 0,7 0,8 3,2 2,6 0,8 0,0 0,3 0,3 2,3 0,8 0,6 1,0 0,0 3,2 1,4 Colline Metallifere 1,1 0,3 0,1 0,7 0,2 0,0 0,1 0,5 0,6 0,5 0,1 0,0 0,0 0,3 0,3 Colline del Fiora 1,8 0,2 0,0 0,5 0,1 0,0 0,1 0,0 0,2 0,3 0,2 0,1 0,0 0,1 0,3 Cetona 1,4 0,3 0,0 0,7 0,3 0,0 0,2 0,4 1,1 0,5 0,1 0,1 0,0 0,2 0,4 Val di Merse 1,4 0,1 0,0 1,8 0,2 3,0 3,9 5,9 0,6 1,1 2,5 0,4 0,0 0,4 0,9 COMUNI MONTANI 1,1 1,3 0,6 1,4 1,1 0,2 0,9 1,1 1,2 1,1 0,7 0,5 0,4 0,7 0,9 Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT 2.2 Gli anni più recenti Gli anni più recenti sono stati caratterizzati da una sostanziale stagnazione dell’economia. Il rallentamento delle dinamiche ha peraltro assunto una connotazione strutturale, legata prevalentemente alle caratteristiche specifiche della regione (specializzazione, dimensione d’impresa, scarsa diffusione dell’industria nel territorio). 14
Tra il 2001 e il 2004, la variazione del PIL a prezzi costanti è stata del +0,8% in Toscana, dell’1,1% nella Toscana non montana, del -0,6% nelle comunità montane, che hanno quindi risentito maggiormente delle ripercussioni negative del ciclo. Rispettivamente, le variazioni delle unità di lavoro sono state dell’1%, dell’1,2% e del -0,2%. Nel periodo, il comparto produttivo maggiormente penalizzato è stato quello industriale che ha segnato variazioni negative nella gran parte dei settori, fatta eccezione dell’industria alimentare, della produzione e distribuzione di energia e delle costruzioni. Le riduzioni più consistenti sono riconducibili al settore della moda; ma significative sono state anche quelle dell’estrazione dei minerali non energetici, della meccanica e, tra le altre industrie, dell’industria cartaria. Tabella 2.3 VA E UL NELL’INDUSTRIA TOSCANA Variazioni % 2004/01 Variazioni % VA 2004/01 Variazioni % UL 2004/01 Comunità Resto TOSCANA Comunità Resto TOSCANA montane Toscana montane Toscana Estrazione min. non energetici -9,0 -7,1 -7,8 -19,6 -18,2 -18,7 Alimentari, bevande e tabacco 6,7 8,7 8,3 5,5 7,9 7,4 Moda -23,2 -24,2 -24,0 -16,6 -17,7 -17,5 Meccanica e mezzi trasporto -4,1 -2,3 -2,5 -5,2 -4,9 -4,9 Altre industrie -5,5 -4,7 -4,9 -5,1 -4,4 -4,5 INDUSTRIA -10,6 -9,4 -9,6 -9,3 -8,8 -8,9 ENERGIA 13,8 17,3 16,8 -14,0 -5,5 -7,0 COSTRUZIONI 6,2 5,1 5,3 2,6 2,1 2,2 TOTALE ECONOMIA -0,6 1,1 0,8 -0,2 1,2 1,0 Fonte: Stime IRPET Nel comparto terziario, le dinamiche sono state positive, ma non tali da compensare la recessione industriale del periodo: il valore aggiunto corrispondente è aumentato in Toscana del 3,1%, nelle aree non montane del 3,3%, nelle comunità montane del 1,8%. In particolare il commercio, che registra una crescita della produzione del 4%, conferma la sua minore dinamicità nelle aree montane. Riguardo al turismo, che, al contrario, segna tassi di variazione negativi in tutte le aree della regione, occorre segnalare che tali andamenti cumulano le perdite del settore successive alla crisi del settembre 2001 con la congiuntura negativa del 2004. Come si mostrerà in seguito, il 2005 ha segnato invece una svolta importante che imprime alle attività turistiche (specialmente di collina e di montagna) rinnovata dinamicità. Tabella 2.4 VA E UL NEL TERZIARIO TOSCANA Variazioni % 2004/01 Variazioni % VA 2004/01 Variazioni % UL 2004/01 Comunità Resto TOSCANA Comunità Resto TOSCANA montane Toscana montane Toscana Commercio 2,1 4,3 4,0 4,2 4,7 4,6 Alberghi e ristoranti -7,6 -7,1 -7,2 -3,1 -3,8 -3,7 Informatica, ricerca, altre attività prof. -0,4 3,0 2,8 11,1 12,4 12,3 Altri servizi 3,9 4,1 4,0 4,3 4,5 4,4 TERZIARIO 1,8 3,3 3,1 3,6 4,7 4,6 TOTALE ECONOMIA -0,6 1,1 0,8 -0,2 1,2 1,0 Fonte: Stime IRPET 15
2.3 L’artigianato In una fase critica come quella degli ultimi quattro anni, un focus sull’artigianato nelle aree di montagna rischia di oscurare la molteplicità di aspetti che contribuiscono in modo decisivo a connotare la qualità del tessuto produttivo del territorio. Dal 2001 in poi, tutto il comparto, senza eccezioni significative, ha registrato dinamiche negative sia di fatturato che occupazionali. Le imprese minori sono infatti quelle che, in virtù della loro maggiore flessibilità, reagiscono più rapidamente alle oscillazioni congiunturali; nelle fasi negative registrano dunque le perdite maggiori. Occorre però segnalare che, pur in presenza di forti criticità, diffuse anche sul piano settoriale, permane negli anni una crescita netta positiva del numero delle imprese artigiane. Anzi, confrontando l’andamento dei tassi di queste imprese con quelli del totale delle imprese, emerge proprio una maggiore variabilità numerica delle prime -indice di una maggiore reattività alle fluttuazioni del mercato- ma intorno a un valore medio più alto (1,7% a fronte di un 1,6%). Si noti anche che mentre lo sviluppo del totale delle imprese risulta sempre più modesto nelle comunità montane, se si considera solo l’universo delle artigiane, si rileva al contrario che proprio in queste aree i tassi di crescita sono dal 2002 in poi più alti. Grafico 2.5 NUMERO DI IMPRESE IN TOSCANA. 2000-2004 Variazioni % nette 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 2000 2001 2002 2003 2004 Totale comunità montane Resto Toscana TOSCANA Fonte: Registro delle imprese Grafico 2.6 NUMERO DI IMPRESE ARTIGIANE IN TOSCANA. 2000-2004 Variazioni % nette 3,3 2,6 1,9 1,2 0,5 2000 2001 2002 2003 2004 Totale comunità montane Resto Toscana TOSCANA Fonte: Registro delle imprese 16
Confrontando le varie comunità montane, si osserva che la crescita netta del numero di imprese oscilla tra valori compresi tra l’1% e il 3%. Si registra una riduzione, peraltro molto lieve, nella sola comunità della Val di Bisenzio (particolarmente colpita dalla crisi del tessile), mentre i tassi più elevati si rilevano, invece nella Val di Merse, nel Mugello e nelle Colline metallifere, già segnalate in precedenza tra le più dinamiche. Grafico 2.7 NUMERO DI IMPRESE NELLE COMUNITÀ MONTANE. MEDIA 2000-2004 Variazioni % nette Lunigiana Media Valle del Serchio Garfagnana Mugello Montagna fiorentina Alta Val di Cecina Casentino Valtiberina Amiata Grossetano Amiata Val d'Orcia Arcipelago Toscano Alta Versilia Appennino Pistoiese Val di Bisenzio Pratomagno Colline Metallifere Colline del Fiora Cetona Val di Merse Area Lucchese TOTALE COM. MONT. RESTO TOSCANA -0,3 0,0 0,3 0,7 1,0 1,4 1,7 2,0 2,4 2,7 3,1 3,4 Fonte: Registro delle imprese Dall’ultimo rapporto sull’artigianato, relativo all’anno 2005, è possibile trarre qualche indicazione riguardo all’articolazione settoriale delle variazioni degli addetti e del fatturato rispetto all’anno precedente, tenendo conto anche della differenziazione tra aree montane e non. Il Rapporto ha illustrato, ancora una volta, una situazione particolarmente critica. Quest’anno infatti non solo il fatturato risulta in diminuzione nella gran parte dei settori produttivi, ma anche l’occupazione. Si considerino, in primo luogo, le variazioni del numero degli addetti alle imprese artigiane. Complessivamente, la diminuzione è stata in Toscana dello 0,9%, ma mentre nelle aree non montane si è registrato un -0,6%, nelle aree montane la riduzione è stata ben più marcata e pari a -2,5%. Questo risultato è dovuto principalmente alle criticità persistenti nei settori più tradizionali del comparto manifatturiero, fatta la sola eccezione della meccanica. Anche il settore delle costruzioni registra nel 2005 un andamento particolarmente negativo cui si affianca 17
quello del terziario che per la prima volta registra in media segni negativi in tutta la regione (meno marcati nelle comunità montane). Grafico 2.8 ADDETTI DELLE IMPRESE ARTIGIANE Variazione % 2,5 0,0 -2,5 -5,0 Moda Meccanica Altre manif. Tot. Manif. Edilizia Servizi TOTALE Totale comunità montane Resto Toscana TOSCANA Fonte: Indagine Osservatorio dell’artigianato Per quanto si riferisce al fatturato la situazione appare più critica nelle aree non montane, dove appaiono più consistenti le perdite nei vari settori di attività. Meno critica risulta la situazione delle imprese nelle aree montane, dove plausibilmente una maggiore diffusione di microimprese ha consentito di scaricare sul lavoro dipendente gli effetti della crisi, contenendo invece gli effetti negativi sul livello del fatturato. In controtendenza il fatturato della meccanica nelle imprese della montagna che registra un aumento del 2,6% a fronte di una riduzione di quello relativo alle imprese del resto della Toscana di pari entità. Grafico 2.9 FATTURATO DELLE IMPRESE ARTIGIANE Variazione % 3 0 -3 -6 -9 Moda Meccanica Altre manif. Tot. Manif. Edilizia Serv izi TOTALE Totale comunità montane Resto Toscana TOSCANA Fonte: Indagine Osservatorio dell’artigianato Vi sono aree che registrano, in questo quadro complessivamente difficile, andamenti positivi: nel Mugello e nel Casentino, il fatturato della meccanica cresce del 8,6% e del 4,3% rispettivamente; nella Val di Merse e nell’Amiata grossetano si registra un buon andamento del fatturato dell’edilizia e dei servizi che contribuisce a un aumento complessivo del fatturato del 6,4% e del 4,2% rispettivamente; buoni risultati complessivi si rilevano anche nei fatturati delle imprese artigiane delle Colline del Fiora (+6,5%), dove fanno da traino la meccanica e i servizi. 18
2.4 Il commercio L’attività commerciale è stata oggetto, nel corso degli anni Novanta, di una radicale ristrutturazione settoriale che ha determinato una progressiva riduzione del numero degli addetti. Il fenomeno, riconducibile alla crescente incidenza della grande distribuzione, ha penalizzato maggiormente l’attività commerciale delle aree più decentrate della regione dove, rispetto a una difficoltà di tenuta dei piccoli esercizi, non vi è stato l’effetto compensativo portato dalla GDO. In queste aree infatti la riduzione del numero degli addetti è stata, in questi anni, più consistente (-11% rispetto al -4,8% del totale regionale). L’effetto più rilevante del processo di riassetto strutturale del settore è stato la crescita avvenuta, dalla metà degli anni Novanta, nella produttività del lavoro. Infatti, a fronte di un progressivo contenimento del lavoro impiegato, tra il 1995 e il 2000, il valore aggiunto del settore (a prezzi costanti) è aumentato in Toscana del 10% e, nelle aree montane, del 12,5%. La produttività è passata in questo periodo da 34.000 a 36.000 euro per unità di lavoro e la progressione è stata piuttosto omogenea nelle diverse aree del territorio. Grafico 2.10 VALORE AGGIUNTO, UNITÀ DI LAVORO E PRODUTTIVITÀ NEL COMMERCIO Variazioni % 2000/1995 e 2004/2001 Comunità montane Resto Toscana TOSCANA Var. % 2000/95 Valore aggiunto 12,50 9,94 10,27 Unità di lavoro 7,44 3,99 4,43 Produttività 4,71 5,72 5,59 Var. % 2004/01 Valore aggiunto 2,07 4,30 4,00 Unità di lavoro 4,20 4,69 4,63 Produttività -2,04 -0,38 -0,60 Fonte: Stime IRPET Negli anni più recenti, invece, la prolungata stagnazione dell’economia ha portato anche nel comparto commerciale un forte rallentamento dell’attività; tra il 2001 e il 2004, l’aumento del valore aggiunto è stato più contenuto dell’aumento delle unità di lavoro e questo ha determinato una riduzione della produttività del lavoro. Il dato è più accentuato nelle aree montane, dove il fenomeno della GDO assume un ruolo più marginale. Nelle aree montane infatti il 60% degli esercizi è di piccola dimensione mentre la grande distribuzione costituisce il 28% del totale (il 35% nel resto della Toscana). Grafico 2.11 IMPRESE ATTIVE DEL COMMERCIO 2004 Incidenza % sul totale del commercio Dettaglio 60,2 54,0 5 5 ,2 Ingrosso 28,1 35,8 3 4 ,3 Altro 11,7 10,2 10 ,5 0% 20% 40% 60% 80% 100% Comunità montane Resto Toscana TOSCANA Fonte: Registro delle imprese 19
È importante dunque considerare le dinamiche che ancora oggi operano nel comparto distributivo regionale: tra il 2003 e il 2006, i tassi di variazione trimestre su trimestre dell’anno precedente risultano sempre positivi, per quanto decrescenti, nell’ambito della GDO; al contrario lo stesso indicatore risulta sempre negativo nel caso dei piccoli esercizi. Il processo di razionalizzazione è ancora in corso e potrà ancora condizionare le condizioni di sviluppo delle aree decentrate. Grafico 2.12 VENDITE AL DETTAGLIO PER FORMA DISTRIBUTIVA. 2003-2006 Variazioni % su trimestre corrispondente anno precedente 8 6 4 2 0 -2 -4 -6 I/03 II/03 III/03 IV/03 I/04 II/04 III/04 IV/04 I/05 II/05 III/05 IV/05 I/06 Grande distribuz. Piccola distribuz. TOTALE Fonte: Unioncamere 2.5 Il turismo L’attività turistica è un’importante risorsa economica delle aree montane e assume caratteristiche molto variegate a seconda delle specificità dei vari territori. Generalmente, anche se con qualche eccezione (ad esempio, il turismo invernale dell’Appennino pistoiese), il turismo in montagna si distingue da quello di massa prevalente nelle altre aree della Toscana (maggiori centri urbani e aree balneari), risultando maggiormente diluito nel territorio. Il rilievo che quest’attività assume rispetto all’economia della montagna può essere rappresentato dal peso del valore aggiunto prodotto rispetto al totale del corrispondente sistema economico: nelle aree montane tale incidenza è del 6,3% del PIL, mentre nel resto della Toscana risulta inferiore e pari al 3,6%. I primi anni del decennio sono stati per l’attività turistica della Toscana piuttosto difficili. Crisi internazionali, rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro, prezzi elevati delle strutture hanno contribuito a rallentare l’arrivo dei turisti, sia italiani che stranieri. Rispetto a questa situazione, il 2005 ha segnato però un importante svolta, registrando le migliori performance dell’ultimo quinquennio. Di questo buon andamento è stata proprio l’area collina-campagna ad avvantaggiarsi maggiormente. Le presenze turistiche nelle aree montane sono state di oltre 8,2 milioni di unità, corrispondenti al 21,6% del totale regionale. Di queste presenze, circa 2/3 sono italiani mentre l’altro terzo è costituito da stranieri. La distribuzione tra le due componenti è diversa nel resto della Toscana dove, invece, il totale delle presenze si equidistribuisce tra le due categorie. 20
Rispetto a un aumento di presenze in Toscana del 7,6% (7,1% nelle aree non montane), le comunità montane hanno segnato un +9,7%; gli stranieri sono aumentati del 13,7% (del 8,5% in Toscana, del 7,5% nel resto della regione) e gli italiani del 7,5% (rispettivamente del 6,8% e del 6,6%). Tabella 2.13 PRESENZE TURISTICHE NEI COMUNI DELLA TOSCANA. 2005 Valori assoluti e incidenze percentuali Comunità montane Resto Toscana TOSCANA Valori assoluti Italiani 5.234.079 14.999.385 20.233.464 Stranieri 3.016.464 15.000.984 18.017.448 TOTALE 8.250.544 30.000.369 38.250.912 Incidenze percentuali Italiani 13,7 39,2 52,9 Stranieri 7,9 39,2 47,1 TOTALE 21,6 78,4 100,0 Variazioni % 2005/2004 Italiani 7,5 6,6 6,8 Stranieri 13,7 7,5 8,5 TOTALE 9,7 7,1 7,6 Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT Questa ripresa del 2005 è stata importante perché arriva dopo un periodo di oscillazioni con segno negativo negli ultimi due anni, di particolare intensità nelle aree montane; questa forte risalita porta però le presenze a un livello lievemente inferiore a quello del 2000. A livello regionale invece il numero dei turisti torna ad allinearsi al livello più alto del periodo (quello del 2001, superiore del 3% al livello del 2000), mentre nelle aree non montane, dove si registrano i maggiori benefici, si supera anche quel livello. Grafico 2.14 PRESENZE TURISTICHE IN TOSCANA. 2005 Numeri indice (2000 = 100) 105 100 95 90 85 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Comunità montane: - 2% Resto Toscana: + 4% TOSCANA: + 3% Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT 21
Se si considera ora l’articolazione territoriale delle presenze turistiche nelle varie comunità montane emerge una significativa ricomposizione dei flussi: le tre aree a maggiore incidenza, l’Arcipelago, Cetona e l’Alta Versilia, nonostante i segni positivi dell’ultimo anno, registrano le maggiori riduzioni rispetto al 2000; in particolare la Comunità del Cetona passa da 1,7 milioni di presenze a poco più di 1,3 milioni (-22,6%). Al contrario, aumentano significativamente la loro consistenza le comunità montane dell’Amiata senese (+35,3%) e la Val di Merse (+36,1%); entrambe si assestano su un totale di presenze dell’1% del totale regionale, pari a circa il 5% del totale montano. Un aumento eccezionale si registra nelle Colline metallifere che, con tassi sempre sopra il 30% annuo (ad eccezione del nefasto 2004, -21%) passa dalle 81 mila presenze del 2000 alle 210 mila del 2005. Tabella 2.15 PRESENZE TURISTICHE NELLE COMUNITÀ MONTANE. 2005 Valori assoluti, incidenze percentuali e variazioni % 2005/2000 Valori assoluti Incidenza % 2005 Variazioni % Variazioni % 2005 Su Toscana Su Com.Mont. 2005/04 2005/00 Elba e Capraia 2.925.561 7,6 35,5 4,0 -9,2 Cetona 1.337.187 3,5 16,2 17,4 -22,6 Alta Versilia 572.283 1,5 6,9 2,4 -15,2 Amiata Senese 407.444 1,1 4,9 47,7 35,3 Montagna fiorentina 380.433 1,0 4,6 21,7 4,4 Mugello 363.292 0,9 4,4 10,6 -0,4 Val di Merse 340.215 0,9 4,1 19,9 36,1 Appennino Pistoiese 314.485 0,8 3,8 10,4 17,8 Alta Val di Cecina 271.775 0,7 3,3 -1,1 5,4 Colline del Fiora 258.826 0,7 3,1 7,0 27,0 Colline Metallifere 210.481 0,6 2,6 32,1 158,3 Amiata Grossetano 178.701 0,5 2,2 11,6 36,6 Valle del Serchio 172.653 0,5 2,1 -4,4 16,5 Casentino 127.935 0,3 1,6 -6,8 -4,4 Garfagnana 127.781 0,3 1,5 2,0 64,9 Lunigiana 104.491 0,3 1,3 4,5 11,2 Valtiberina 88.254 0,2 1,1 1,8 -6,1 Pratomagno 39.574 0,1 0,5 11,8 -8,1 Val di Bisenzio 19.709 0,1 0,2 11,7 40,8 Area Lucchese 9.464 0,0 0,1 32,7 35,1 TOTALE COMUNITÀ MONTANE 8.250.544 21,6 100,0 9,7 -2,4 RESTO DELLA TOSCANA 30.000.369 78,4 7,1 4,3 TOTALE TOSCANA 8.250.544 100,0 7,6 2,8 Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT La distribuzione nel territorio delle presenze straniere, dopo le oscillazioni dei 5 anni considerati, resta all’incirca invariata: il 17% nelle aree montane, l’83% nel resto della Toscana. Si registra ancora una riduzione nelle aree tradizionali (Arcipelago, Cetona, Alta Versilia), in favore della Val di Merse (che diviene la terza comunità per importanza), dell’Amiata senese e delle Colline metallifere. 22
Grafico 2.16 PRESENZE STRANIERI NELLE COMUNITÀ MONTANE. 2000 E 2005 Incidenze percentuali Elba e Capraia Cetona Val di Merse Montagna Alta Versilia Amiata Senese Alta Val di Cecina Mugello Colline Metallifere Appennino Amiata Grossetano Valle del Serchio Garfagnana Colline del Fiora Casentino Lunigiana Pratomagno 2000 Valtiberina Area Lucchese 2005 Val di Bisenzio 0 1 2 3 4 5 6 Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT Le tendenze viste, seppure oscillanti, evidenziano chiaramente almeno due aspetti. Il primo è che il turismo resta una risorsa che può trainare il sistema economico soprattutto in anni come l’ultimo trascorso in cui il resto dell’attività economica ha registrato performance molto deludenti. In questo caso sono tutte le aree regionali ad avvantaggiarsi; e quelle montane in particolare, data la maggiore debolezza dei sistemi economici locali. Il secondo aspetto riguarda la ricomposizione territoriale del fenomeno turistico che, spostandosi gradualmente verso forme meno tradizionali, finisce per coinvolgere sempre più le aree di alto pregio artistico e culturale. La misura con cui le opportunità fornite da queste attività saranno sfruttate dalle aree montane e rurali della regione dipenderà dalla capacità delle stesse di puntare sulla qualificazione dei servizi e sul loro adeguamento alle mutevoli forme che sta assumendo la domanda potenziale. 23
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3. L’ATTIVITÀ AGRICOLO-FORESTALE 3.1 L’agricoltura nelle comunità montane Nell’evoluzione di lungo periodo dell’economia regionale, si è registrata una progressiva perdita di quota del settore primario. Complessivamente, l’incidenza percentuale del valore aggiunto del comparto sul totale del PIL regionale è passata dal 2,4% del 1995 al 2,1% del 2004. In realtà, dopo una riduzione piuttosto continua -per quanto lenta- registrata negli anni Novanta e fino al 2001, hanno avuto inizio alcune oscillazioni che sembrano stabilizzare il peso del comparto intorno appunto al 2%. Si ricorderà infatti che il 2003 è stato un anno particolarmente difficile per le avverse condizioni climatiche, cui ha seguito al contrario un 2004 eccezionalmente positivo, tanto che il comparto ha rappresentato il maggiore contributo alla pur contenuta crescita del PIL toscano. L’agricoltura toscana è però una componente del sistema regionale che svolge un ruolo molto differenziato sul piano territoriale. In particolare, per quanto si riferisce alle comunità montane, il suo peso in termini del corrispondente valore aggiunto, pur diminuendo, passa dal 4,6% al 4,3%, mentre nel resto della regione l’incidenza è sempre inferiore al 2%. Grafico 3.1 VALORE AGGIUNTO IN AGRICOLTURA. 1995-2004 Incidenza percentuale sul PIL della Toscana 5 4 3 2 1 0 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Comunità montane Resto toscana TOSCANA Fonte: Stime IRPET Si consideri inoltre che le 51 mila aziende agricole presenti nelle aree montane realizzano il 28% del valore aggiunto prodotto a livello regionale e il 31% delle unità di lavoro, utilizzando una superficie agricola che corrisponde al 47% del totale regionale. La dimensione media delle aziende agricole montane (15 ha) è maggiore della media regionale (12% ha) anche se, data l’asperità morfologica dei terreni, la superficie effettivamente utilizzata a fini produttivi è mediamente minore. Quest’ultimo aspetto fa si che la redditività delle aziende in montagna sia, rispetto alle altre, inferiore: 487 euro contro 781 euro. 25
Tabella 3.2 VALORE AGGIUNTO E UNITÀ DI LAVORO IN AGRICOLTURA. 2004 Valori in milioni di euro e unità Valore aggiunto Unità di lavoro Valori assoluti Incidenza % Valori assoluti Incidenza % Comunità montane 402,28 28,43 17.938 31,36 Resto Toscana 1.012,77 71,57 39.262 68,64 TOSCANA 1.415,05 100 57.200 100 Fonte: Stime IRPET Tabella 3.3 CARATTERISTICHE DELLE AZIENDE AGRICOLE Numero aziende, superficie, reddito lordo standard Aziende Superficie Reddito lordo standard N. Incidenza % N. Incidenza % per ha (euro) Comunità montane 50.910 36 767.515 47 487 Resto Toscana 88.962 64 859.946 53 1.043 TOSCANA 139.872 100 1.627.461 100 781 Fonte: ISTAT Le comunità montane che incidono maggiormente nella produzione del valore aggiunto agricolo sono le Colline del Fiora (specializzata nell’allevamento di ovini e caprini e nelle produzioni foraggiere), l’Appennino pistoiese (coltivazioni legnose e in particolare di castagni), le Colline metallifere (piante da foraggio, coltivazioni di castagni, allevamenti ovini e caprini), Cetona (coltivazioni di cereali), l’Amiata grossetano (piante da foraggio, castagni, allevamento di ovini, caprini e bovini), la Lunigiana (legnose in particolare castagni, allevamenti bovini). Grafico 3.4 VALORE AGGIUNTO AGRICOLO RISPETTO AL TOTALE REGIONALE. 2004 Incidenza % Lunigiana Valle del Serchio Garfagnana Mugello Montagna fiorentina Alta Val di Cecina Casentino Valtiberina Amiata Grossetano Amiata Senese Elba e Capraia Alta Versilia Appennino Pistoiese Val di Bisenzio Pratomagno Colline Metallifere Colline del Fiora Cetona Val di Merse Area Lucchese 0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 Fonte: Stime IRPET 26
L’indagine ISTAT svolta sulle strutture produttive agricole nel 2003, fornisce un’ulteriore conferma riguardo alla dimensione media delle imprese agricole in termini di superficie occupata: emerge con chiarezza infatti la maggiore incidenza di imprese aventi le superfici maggiori (oltre 25 ha) in corrispondenza delle zone altimetriche più alte (montagna e collina). Grafico 3.5 AZIENDE AGRICOLE PER CLASSI DI SUPERFICIE. 2003 Incidenze % < 1 ha Montagna 1 - 2 ha Collina 2 - 5 ha 5 - 10 ha Pianura 10 - 20 ha 20 - 50 ha TOSCANA 50 - 100 ha > 100 ha 0% 20% 40% 60% 80% 100% Fonte: ISTAT Occorre però considerare, come si è anticipato, che le potenzialità e le specializzazioni produttive delle aziende agricole in montagna sono condizionate fortemente dai fattori climatici e morfologici. In generale, ad esempio, le aziende agricole sono caratterizzate da una quota maggiore di superfici boscate e, al contrario, da una quota inferiore di SAU (superficie agricola utilizzata). Le superfici a coltivazioni legnose e a seminativi per unità di SAU risultano dunque inferiori. Grafico 3.6 UTILIZZAZIONE DEI TERRENI Composizione % Boschi su superficie azienda SAU su superficie azienda Prati e pascoli su SAU Coltiv azioni legnose su SAU Seminativ i su SAU 0 10 20 30 40 50 60 70 Comuni montani Comuni non montani Fonte: ISTAT Il quadro più aggiornato delle principali produzioni agricole della montagna risale al Censimento del 2000. 27
Rispetto al totale regionale, in montagna si coltva circa il 40% delle superfici destinate a seminativi: quelle che incidono maggiormente sono le foraggere (54,6%), le coltivazioni industriali costituiscono invece il 27,2% del totale regionale. Tra le produzioni legnose, che costituiscono mediamente il 34,8% del totale regionale, la produzione di frutti è quella che assume una maggiore incidenza, utilizzando circa la metà della superficie dedicata a scala regionale. Le superfici a viti sono il 32,1% e quelle a olivi il 31,6%. Infine, nelle aree montane, si trova il 53% e il 60% delle superfici destinate rispettivamente all’allevamento di bovini, di ovini e caprini. Tabella 3.7 AZIENDE E SUPERFICI A SEMINATIVI Incidenze % Cereali Piante industriali Foraggiere TOTALE SEMINATIVI AZIENDE Comunità montane 33,3 25,6 38,2 36,9 Resto Toscana 66,7 74,4 61,8 63,1 TOSCANA 100,0 100,0 100,0 100,0 SUPERFICI Comunità montane 39,3 27,2 54,6 40,0 Resto Toscana 60,7 72,8 45,4 60,0 TOSCANA 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: ISTAT Tabella 3.8 AZIENDE E SUPERFICI A COLTIVAZIONI LEGNOSE Incidenze % Vite Olivo Fruttiferi Vivai Altri TOTALE LEGNOSE AZIENDE Comunità montane 32,1 31,6 49,7 16,8 26,8 34,8 Resto Toscana 67,9 68,4 50,3 83,2 73,2 65,2 TOSCANA 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 SUPERFICI LEGNOSE AGRARIE Comunità montane 26,0 28,2 66,9 11,7 16,6 31,8 Resto Toscana 74,0 71,8 33,1 88,3 83,4 68,2 TOSCANA 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: ISTAT Tabella 3.9 AZIENDE E SUPERFICI ZOOTECNICHE Incidenze % Bovini Ovini e caprini Avicoli e conigli TOTALE ALLEVAMENTI AZIENDE Comunità montane 61,0 59,7 37,1 41,5 Resto Toscana 39,0 40,3 62,9 58,5 TOSCANA 100,0 100,0 100,0 100,0 SUPERFICI TOTALE Comunità montane 53,0 59,6 26,8 31,2 Resto Toscana 47,0 40,4 73,2 68,8 TOSCANA 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: ISTAT 28
La rilevanza che ciascuna di queste produzioni e attività assumono in ambito montano e rappresentata nei seguenti grafici di composizione. Grafico 3.10 SEMINATIVI, COLTIVAZIONI LEGNOSE, ALLEVAMENTI Incidenze % SEMINATIVI COLTIVAZIONI LEGNOSE ALLEVAMENTI A ltri seminativi Co nigli Vivai B o vini 13% 13% 1% 4% Vite Ovini Frutiferi 21% 26% 26% Cereali Fo raggere 48% Caprini 26% 1% Ortive Equini 1% Legumi A vico li Suini 1% Olivo P iante 3% 57% 3% 47% industr. P atata B arbab 8% 0% 1% Fonte: ISTAT Rispetto alla situazione rilevata nel 2000 si sono verificati alcuni cambiamenti di rilievo del mix produttivo. Dal 2000 al 2004, ad esempio, sono aumentate le superfici destinate a cereali e più specificamente quelle a frumento duro (produzione che il sostegno comunitario rendeva particolarmente conveniente), mentre sono diminuite le piante industriali e le foraggere (queste ultime per effetto delle riduzioni nella zootecnia). Dal 2005 in poi invece ulteriori modificazioni sono state indotte dalle nuove politiche comunitarie. Il disaccoppiamento dei pagamenti da specifiche produzioni ha determinato (e sta ancora determinando) la riduzione delle produzioni precedentemente sostenute attraverso i sussidi comunitari. Tra il 2004 e il 2005, per i cereali autunno-vernini (grano duro e tenero), si è infatti registrata una diminuzione delle superfici del 27,5% (del 37,5% per il grano duro); tra il 2005 e il 2006 (dati previsivi) la riduzione è stimata in –17,9% (-23,4%). Al contrario, crescono le coltivazioni di cereali di semina primaverile (mais e sorgo) e le piante industriali (girasole, colza e sorgo). Inoltre, come si è anticipato, gli ultimi tre anni sono stati caratterizzati da forti oscillazioni delle produzioni agricole, a causa principalmente della variabilità dei fattori climatici. Dopo un 2003 molto difficile e un ottimo 2004, il 2005 ha mostrato, rispetto all’anno precedente, una flessione (in termini reali) del valore aggiunto agricolo del 6,3%. Questa riduzione ha interessato tutte le principali produzioni, in particolare, quelle vinicole, olivicole e cerealicole. E’ però importante segnalare che comunque il valore aggiunto dell’anno si colloca al di sopra della media triennale, a sostegno di una lettura orientata a identificare quell’andamento nel senso di una sostanziale stabilizzazione dei risultati economici. L’agricoltura toscana e quindi anche quella montana, dopo anni di significativi avvicendamenti che faranno sentire ancora i loro effetti nel prossimo futuro, sembra avviarsi verso il consolidamento delle sue più importanti produzioni, quelle olivicole e vinicole (anche il vivaismo che però non assume peso rilevante in aree montane). Anche il settore zootecnico, che è stato oggetto negli ultimi anni di ristrutturazioni importanti, ma anche di crisi di mercato determinate da fattori esogeni al sistema (mucca pazza, influenza aviaria), sembra stabilizzarsi su livelli produttivi di minore entità rispetto al passato ma con un rafforzamento delle strategie della qualità. Questo orientamento si fonda sulla scelta ormai esplicita di fare dell’ambiente 29
rurale e montano una risorsa dove si integrano più funzioni mirate alla qualificazione e alla tutela del territorio, a una maggiore diversificazione dell’attività produttiva, alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, alla promozione del tessuto produttivo tradizionale, al rafforzamento del presidio territoriale da parte delle popolazioni locali. Tutto questo puntando su strategie volte a fare emerge i prodotti di qualità valorizzando il contesto locale attraverso i suoi prodotti eno-gastrinomici, il suo artigianato, il suo patrimonio artistico e culturale. In questo senso, è cruciale rinnovare l’agricoltura, puntando a eliminare le criticità ancora presenti nel sistema. Occorre dunque intervenire per ridurre la frammentazione produttiva, per favorire il ricambio generazionale e quindi l’acquisizione di maggiori competenze professionali, per rafforzare e fare crescere le strutture produttive; occorre operare perché vengano adottate strategie di consolidamento delle reti di commercializzazione dei prodotti. Occorre infine reagire alle progressive dismissioni prodotte dal disaccoppiamento, disegnando scenari di riconversione delle produzione e del territorio che garantiscano un giusto equilibrio tra innovazione settoriale (e insediativa) e tutela della qualità ambientale e paesaggistica. 3.2 L’attività produttiva forestale Un ambito di attività che interessa in misura significativa le aree montane è quello forestale. La Toscana ha infatti un’estensione forestale superiore a tutte le altre regioni italiane. I maggiori coefficienti di boscosità si trovano nelle aree montane della Garfagnana (51%) e della Lunigiana (56%). Nella regione, l’82,9% dei boschi sono di proprietà privata; lo sono, in particolare il 76% delle fustaie, l’85% dei cedui semplici, l’88% dei cedui composti e il 78% della macchia mediterranea. L’87% dei boschi privati sono di proprietà di aziende agricolo-forestali che contengono al loro interno 643 mila ettari di bosco. Questo aspetto dunque connota ulteriormente le imprese che operano nel territorio montano della regione. Con 58 milioni di euro correnti la Toscana realizza il 14% del totale della produzione forestale nazionale. Nel 2004, ultimo dato disponibile, il settore forestale ha registrato, rispetto al 2003, una riduzione del 6,1% della produzione e del 7,5% valore aggiunto. Tabella 3.11 PRODUZIONE VALORE AGGIUNTO DELL’ATTIVITÀ FORESTALE Migliaia di euro correnti al 2004 Toscana Italia Incidenza Toscana su Italia Variazione Toscana 2004-2003 Produzione 58.160 414.588 14,03 -6,14 Valore aggiunto 48.679 342.048 14,23 -7,52 Fonte: Elaborazioni IRPET su dati ISTAT Tale contrazione si inserisce all’interno di un andamento lievemente crescente, anche se con forti fluttuazioni, che caratterizza il sistema forestale toscano dal 1994. La produzione selvicolturale della Toscana risulta seconda solamente a quella del Trentino e in linea con le produzioni di Lombardia e Lazio. Le quattro regioni citate coprono infatti oltre il 50% dell’intera produzione nazionale. Le produzioni forestali sono legate a tre principali settori di produzione, quello dei prodotti della silvicotura, quello dei prodotti del legno e il settore dei mobili. Il primo di questi settori ha registrato nel 2005 un saldo positivo, per quanto modesto, della bilancia commerciale con 30
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