Kosovo - Massimo Ghirelli

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Kosovo
  LA DISTRUZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE IN KOSOVO

Dalla fine della crisi in Kosovo, la situazione culturale, sociale e politica si rivela
particolarmente complessa.In questa piccola regione della Repubblica Federale Jugoslava
attualmente sono presenti vari gruppi "etnici" e religiosi, tutti separati e non assolutamente
integrati fra loro.
Gli edifici di culto ed i simboli architettonici storici caratteristici delle due culture e religioni
principali sono stati distrutti.La pubblica amministrazione è ora affidata all’organizzazione
internazionale UNMIK "United Nation Mission in Kosovo", che sta tentando di organizzarsi,
unitamente ad esponenti locali, in vari settori amministrativi e gestionali. Nel frattempo
provvede al solo pagamento dello stipendio base degli impiegati statali, che lamentano di
essere sottopagati, insoddisfatti, demotivati ed annichiliti dal conflitto bellico, che è stato
d’inaudita violenza, e si mostrano confusi, impotenti, impauriti, frustrati, ma dignitosamente
desiderosi di riprendere le loro originali funzioni sociali.
Non esistono forze dell'ordine locali, ma solo Polizia UN, la polizia ed i diversi corpi
paramilitari serbi, oltre a deportare ed a massacrare la popolazione kosovaro-albanese,
con sistemi analoghi a quelli impiegati in Bosnia tra il 1992 ed il 1995 (come gli stupri di
massa), hanno saccheggiato e devastato proprietà private e pubbliche del "nemico", quali
moschee o madrase.Inoltre, non pochi danni sono stati inferti, dai missili della NATO, alla
popolazione civile ed ai monumenti.
Recenti ed irrimediabili violazioni al patrimonio monumentale kosovaro sono imputabili,
invece, all'attuale fase di ricostruzione post bellica, sovente messa in atto con tecniche e
metodologie errate e prive di logica.Senza dubbio il conflitto in Kosovo ha comportato il
deterioramento e la corruzione della quasi totalità della cultura locale mediante la
distruzione fisica di edifici cultuali e culturali (biblioteche, teatri, cinema etc.);
Riportiamo di seguito le città e i monumenti maggiormente compromessi dal lungo periodo
di crisi:
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Pristina: Nel capoluogo della provincia autonoma del Kosovo il solo monumento che
abbia subito danni particolari è la Moschea di Mehmet Fatih (del 1460).Il National Museum
of Kosovo, pur non essendo stato fisicamente danneggiato dalla guerra, è stato totalmente
"distrutto" nella sua funzione museale in quanto le collezioni archeologiche in esso
originariamente contenute sono state quasi del tutto trasferite a Belgrado dalle truppe
serbe.Al momento vi è allestita una mostra di dubbio gusto con foto ed immagini che
esaltano l’attività dei partigiani dell’UCK.La vecchia città è costituita da un nucleo storico in
discreto stato di conservazione, benché necessiti di urgentissime azioni di tutela contro
l’abusivismo, come evidenziano i numerosi immobili in costruzione che stano stravolgendo
il delicato equilibrio ambientale ed urbano.Prizren: La bella cittadina ai piedi e sulle
pendici di un colle è dominata dalle rovine della fortezza turca Kalijaia.Il centro, integro, è
caratterizzato da un complesso di moschee, da un ponte in pietra, da stradine pedonali, da
piazzette, da un hammam e da alcune chiese, fra le quali la Laviska Church, chiusa,
transennata e protetta dal contingente tedesco.Il solo monumento incendiato dolosamente
durante la recente crisi è la Casa di Adem Aga Gjoni che, di gusto tipicamente kosovaro-
albanese, risaliva al XVIII sec.Ancora una volta la maggiore "distruzione fisica culturale"
posta in atto risulta essere lo "svuotamento" del piccolo museo archeologico, che versa in
un profondo stato di degrado e di abbandono.
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Chiesa della S.Vergine                           Monastero della SS. Trinità
Musutiste: È uno dei villaggi maggiormente pregiudicati dal conflitto. In diversi momenti
sono stati distrutti la moschea contemporanea, la Chiesa della S. Vergine (risalente al
1315) ed il Monastero della SS. Trinità (del XIV sec.).Le rovine di quest’ultimo sono
addirittura state prese di mira da alcuni estremisti che le hanno incendiate per dimostrare il
proprio rancore ed il proprio odio etnico-religioso.

Chiesa Ortodossa della SS. Trinità di Djacova
Djacova (Djakovica): L'intero centro commerciale turco-albanese, la cinquecentesca
Moschea di Hadum (con l'archivio e la biblioteca) e la Madrasa sono stati demoliti durante
la seconda fase del conflitto.Nel luglio 1999, invece, la chiesa ortodossa della SS. Trinità è
stata rasa al suolo per rappresaglia ed i suoi resti sono protetti dai militari della KFOR.
Nivokaz: È un centro rurale di tipo kosovaro-albanese caratterizzato dalla presenza di
numerose culah, databili tra il XVII ed il XVIII sec., tutte danneggiate o rase al suolo
durante la seconda fase del conflitto (tranne una).All'interno di molti campi e di alcune
culah, sono ancora presenti mine ed ordigni esplosivi, che quotidianamente attentano alla
vita dei numerosi bambini di Nivokaz.
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Peja (Peć): Interessante città del Kosovo, tra le più segnate dalla guerra. Benché i lavori di
ricostruzione dei tetti e delle case procedano rapidamente, il centro storico è ancora
gravemente danneggiato. Fra i monumenti principali emerge la Moschea di Haxhi Beut,
del 1462, data alle fiamme dalla fazione serba.L'edificio ha subito principalmente danni
interni.

Monastero di Dečani: A pochi chilometri da Peja sorge il Monastero di Dečani, datato alla
metà del XIV secolo. Per la straordinaria importanza storico-artistica il complesso è stato
proposto per l’inserimento nella Cultural Heritage List dell’UNESCO.Come per l'area del
Patriarcato, anche quella di Dečani è protetta dai militari della KFOR ed i religiosi
ortodossi, per gli spostamenti al di fuori del monastero, devono servirsi dei mezzi e della
scorta militare.Periodicamente, forse a scopo intimidatorio, sono indirizzati nelle adiacenze
del monastero colpi di mortaio.
Bijelo Polje: Era un piccolo villaggio serbo nei pressi di Peja. È stato completamente raso
al suolo, anche da parte dei profughi serbi desiderosi di non cedere al "nemico" le proprie
dimore. La chiesa dedicata alla Presentazione della Vergine, risalente al XVI sec. e
ricostruita nel XIX sec., è stata incendiata e saccheggiata.
 Drsnik: In questa piccola frazione, nei pressi della città di Klina, la Chiesa di S.
Paraskeva (databile intorno al XVI sec.) è stata depredata, devastata ed incendiata. I suoi
resti sono oggi presidiati dai militari della KFOR.
Dolac: La Chiesa della Presentazione della Vergine (inizi del XVII sec.), che era il
principale monumento di questo piccolo villaggio nelle adiacenze di Klina, è stata
completamente distrutta.
Vucitrn: Si tratta di un piccolo borgo agricolo, nei pressi di Pristina, particolarmente
dissestato. A seguito del recente conflitto il minareto della Moschea di Gazi Ali Bey (la cui
edificazione originaria è del 1410) è stato minato e, nel crollo, ha distrutto quasi
completamente l’edificio. Danneggiati anche i nišan delle sepolture.Di particolare interesse
storico-artistico è l’Hammam (del XVI sec. circa), che versa in un profondo stato di
degrado.Durante la terza fase del conflitto la Chiesa di S. Elia (del XIX sec.), oggi
presidiata dai militari del KFOR, è stata saccheggiata.
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(Il presente articolo è tratto dallo speciale di Fabio Maniscalco, Kosovo. La memoria
distrutta, pubblicato nella rivista "Archeologia Viva", n. 84, n.s., nov.-dic. 2000)

                                                    Halawathage R. Camillo Perera

                                                                         Soscia Elisa
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