Integrazione europea, decentramento amministrativo e bilancio degli enti locali - Riservato agli studenti delle classi che adottano il testo C ...

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Integrazione europea, decentramento amministrativo e bilancio degli enti locali - Riservato agli studenti delle classi che adottano il testo C ...
Integrazione europea, decentramento
    amministrativo e bilancio degli enti locali

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      Riservato agli studenti delle classi che adottano il testo
C. Bianchi P. Maccari, E. Perucci, Sistema economia 2, Paramond
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L’Unione europea e i suoi obiettivi

L’Unione Europea (Ue) è una organizzazione
sovranazionale costituita da 27 Paesi che, rinunciando a
parte della propria sovranità, hanno dato vita a organismi
dotati di poteri pubblici che perseguono obiettivi comuni,
delineati nel Trattato sull’Unione.

• Dal punto di vista politico, l’UE promuove la pace ed i
valori ad essa legati oltre che il benessere dei suoi popoli.

• Dal punto di vista economico, l’UE si impegna ad
operare per “lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su
una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei
prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente
competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso
sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento
della qualità dell’ambiente”.
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Il percorso dell’integrazione europea
• Trattato di Roma (1957): stabilisce la creazione di 3 Comunità
(Cee, Ceca, Euratom) tra i 6 Paesi fondatori (B, F, D, I, L e NL).
• Atto unico europeo (1986): definisce la realizzazione di un
mercato comune europeo, che diventa operativo dal 1993, per la
libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali.
• Trattato di Maastricht (Trattato sull’Unione europea (1992):
riunisce le 3 Comunità precedenti e istituisce l’Ue, fissando
l’obiettivo di realizzare una moneta unica nel 1999; definisce altresì
i requisiti necessari per accedervi ed infine stabilisce
organizzazione, obiettivi e vincoli della Bce.
• Patto di stabilità e crescita (1997): stabilisce che i requisiti di
Maastricht devono valere anche dopo l’accesso alla moneta unica e
che il saldo di bilancio dei Paesi membri debba essere vicino al
pareggio o positivo nel medio-termine.
• Six pack (2011): un pacchetto di sei provvedimenti (cinque
regolamenti e una direttiva) per evitare eccessivi squilibri di bilancio
e garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche.
• Fiscal compact (2012): introduce la regola del pareggio di
bilancio strutturale, superando così il Trattato di Maastricht.
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Requisiti per l’accesso alla moneta unica europea

Il Trattato di Maastricht stabilisce i seguenti requisiti o
parametri di convergenza necessari per accedere
all’Unione Economica e Monetaria Europea (Uem),
creata nel 1999, e caratterizzata da una moneta unica
(euro) e da una politica monetaria comune (Bce):
    tasso di inflazione ≤ media dei 3 Paesi più virtuosi
     + 1,5%;
    tasso di interesse a lungo termine ≤ media dei 3
     Paesi più virtuosi + 2%;
    tasso di cambio stabile per almeno 2 anni prima
     dell’accesso all’Uem;
    finanze pubbliche ordinate, con un rapporto
     deficit/Pil ≤ 3% e un rapporto debito/Pil ≤ 60%,
     oppure in continua discesa e tendente a tale valore di
     riferimento.
L’Unione economica e monetaria europea

                 L’Eurozona è oggi un
                  vero mercato unico
                        interno

 Introduzione
   dell’Euro

                  Promuove la stabilità
                  del sistema dei prezzi
                   grazie all’assenza di
                    rischi connessi alla
                   volatilità dei tassi di
                           cambio
L’Unione monetaria europea

La Banca centrale europea (Bce) è l’unico
soggetto autorizzato a compiere interventi di politica
monetaria, nell’interesse di tutti i Paesi membri.
La politica fiscale, per contro, rimane prerogativa
dei singoli Paesi membri, sulla base del principio di
sussidiarietà, anche se recentemente si sono fatti
sforzi crescenti per un maggiore coordinamento delle
politiche nazionali.
La teoria delle aree valutarie ottimali
             Analisi di Mundell (1999)
La teoria stabilisce che è conveniente per più Paesi
aderire ad una unione monetaria ed adottare una
moneta unica se esistono le seguenti condizioni, che
definiscono un’area valutaria ottimale:
   • sufficiente flessibilità dei salari;
   • sufficiente mobilità dei lavoratori.
In effetti solo tali condizioni, in presenza di shock
asimmetrici, permettono un riequilibrio del sistema,
senza svalutazioni del cambio, impossibili in un’area
con moneta unica.
In assenza di tali condizioni vi è rischio di
insostenibilità dell’unione monetaria, senza
trasferimenti intergovernativi dai Paesi forti a quelli
deboli.
L’Uem è un’area valutaria ottimale?

La scelta di creare l’Uem si basava sul presupposto
che le economie dei Paesi membri fossero molto
simili tra loro, o comunque che lo sarebbero
diventate grazie al rispetto dei requisiti di Maastricht
per l’ingresso nell’Uem.
La crisi iniziata nel 2010 ha messo in evidenza che
ciò non è vero e la sopravvivenza stessa dell’Uem è
stata messa in discussione.
Si sono quindi dovuti adottare provvedimenti
straordinari ed istituire fondi e meccanismi ad hoc,
come soprattutto il fondo salva-Stati (Esm) o lo
scudo anti-spread (Omt) della Bce per salvare
l’Uem.
Il futuro dell’Uem
I meccanismi di salvaguardia messi in atto (firewall),
ma soprattutto gli interventi della Bce, con acquisti
consistenti di titoli di Stato dei Paesi in difficoltà sul
mercato secondario, hanno permesso la
sopravvivenza dell’Uem nella crisi dei debiti sovrani.
I vari Paesi però hanno dovuto adottare misure fiscali
restrittive che hanno generato una severa recessione
e accentuato il problema della disoccupazione.
Ciò ha dimostrato l’inadeguatezza della struttura
istituzionale europea.
Per garantire un futuro all’Uem diventa necessario
promuovere una maggiore integrazione e l’adozione
di misure e strumenti di politica fiscale a livello
comunitario.
Il bilancio europeo

Il bilancio dell’Ue è predisposto dalla Commissione e
approvato dal Consiglio e dal Parlamento europei.
Il bilancio annuale fa parte di un piano di spese a lungo
termine, detto quadro finanziario, della durata di 7
anni.
Poiché l’Ue non può emettere debito e la Bce non può
concedere finanziamenti monetari, il bilancio deve
essere rigorosamente in pareggio.
La dimensione del bilancio europeo è piuttosto
modesta, essendo pari a poco più dell’1% del Pil
dell’Unione.
Nel febbraio 2013, al vertice di Bruxelles, si è registrato
un fallimento dell’obiettivo di una maggiore integrazione
europea, con un taglio dei fondi di bilancio all’1% dei
Pil.
Il bilancio europeo

Le aree di spesa del bilancio dell’Ue sono organizzate in
tre fondi principali:
• Fondo europeo di sviluppo regionale, per
correggere gli squilibri fra le regioni e ridurre le
disuguaglianze nell’Ue;
• Fondo sociale europeo, per migliorare l’occupazione
e le prospettive di impiego nell’Ue valorizzando il
capitale umano;
• Fondo di coesione, per fornire assistenza agli Stati
membri con un reddito nazionale lordo inferiore al 90%
della media comunitaria.
I programmi di spesa perseguono 3 obiettivi:
• convergenza;
• competitività regionale e occupazione;
• cooperazione territoriale.
Il bilancio europeo

Le fonte di entrata del bilancio dell’Ue sono costituite
da:
• quarta risorsa, prelievo in proporzione al Pil di
ciascun Paese membro (0,73%), che ammonta a circa
3/4 delle entrate;
• dazi agricoli (o prelievi), comprendenti anche
l’imposta sulla produzione di zucchero;
• dazi doganali sulle importazioni di prodotti
dall’esterno dell’Ue;
• Iva comunitaria, pari ad una percentuale della base
imponibile armonizzata dell'imposta sul valore aggiunto
(Iva) di ciascun paese dell'Ue.
L’articolazione territoriale dell’intervento pubblico

 L’intervento pubblico, a livello territoriale, può essere
 articolato su due livelli:
 • centrale, con una struttura decisionale di tipo
 statale o federale;
 • periferico, con l’attribuzione di potere decisionale
 a enti decentrati, come le amministrazioni locali.

 Funzione redistributiva
                                     Governo centrale
   e di stabilizzazione

  Funzione allocativa                 Amministrazioni
 (beni pubblici locali)                   locali
L’articolazione territoriale dell’intervento pubblico

                 Modello politico di Stato

   • Unitario (Francia): struttura fortemente gerarchica
   dove la redistribuzione delle funzioni e delle risorse è
   decisa solo dal centro;
   • Federale (Stati Uniti): gli enti territoriali godono di
   elevata autonomia e la redistribuzione delle funzioni è
   disciplinata costituzionalmente ed è modificabile solo
   con un accordo tra le parti;
   • Decentrato (Italia): modello ibrido dove la
   redistribuzione delle funzioni e delle risorse è decisa
   dal centro ma si promuove un ampliamento
   dell’autonomia di spesa e di entrata degli enti locali.
Le ragioni del decentramento

                       Le ragioni economiche

• Teorema di Oates: i governi locali, grazie alla legittimazione diretta
dei cittadini della propria giurisdizione, raccolgono informazioni sulle
preferenze individuali (che sono eterogenee) e le soddisfano al meglio;
• Teoria di Tiebout (“Teoria del voto con i piedi”): individui
perfettamente liberi di muoversi sceglieranno di vivere nella comunità
che meglio soddisfa le proprie preferenze. La mobilità geografica
sostituisce il meccanismo della votazione nello scegliere l’allocazione
più efficiente delle risorse;
• Teoria dei club (Buchanan): le forme di governo locale sono
assimilabili ai club associativi: ciascun individuo decide di vivere in una
comunità pagando le imposte vigenti ma può decidere in ogni momento
di cambiare residenza per un’altra comunità che meglio soddisfa le
proprie esigenze;
• Scuola di Public Choice: lo Stato è come un mostro (il Leviatano)
che massimizza le imposte per incrementare le risorse a disposizione. Il
decentramento funziona come controllo e vincolo all’espansione statale.
Le ragioni del decentramento

                   Le ragioni politiche

• Partecipazione dei cittadini: i cittadini sono stimolati a
partecipare al processo decisionale e a tutte le altre forme
di manifestazione delle idee rafforzando la democrazia;
• Composizione sociale della popolazione: il
decentramento educa all’amministrazione, nel senso che il
cittadino è indotto a prendere parte al governo locale e gli
amministratori locali sono più facilmente controllati dai
cittadini.

                  Responsabilizzazione
                    (accountability)
                     dei governanti
Le criticità del decentramento

   Il principio di corrispondenza richiede la coincidenza tra
   la giurisdizione amministrativa e l’area a cui si estendono i
   benefici del bene pubblico locale
                                    Ma

• Effetti di traboccamento (esternalità per altre giurisdizioni,
con rischio di comportamenti opportunistici);
• Economie di scala e di funzione potrebbero spingere ad
accorpamenti degli enti locali per ricerca dimensione ottima
(servizi pubblici a rete vs. servizi puntuali con effetti di densità);
• Possibile imperfetta informazione e mobilità dei
cittadini;
• Peso dei gruppi di pressione.

           Incertezza sulla dimensione territoriale
             ottima dell’amministrazione locale
Le criticità del decentramento: una possibile sintesi

  Alle ragioni precedenti di incertezza si aggiungono
  considerazioni di carattere organizzativo, per cui un
  accentramento eccessivo può generare disordine, mentre un
  decentramento spinto costi elevati.
  Il principio di sussidiarietà può costituire una soluzione al
  problema della dimensione territoriale ottima: esso
  afferma che l’attribuzione delle funzioni pubbliche dovrebbe
  avere come termine di riferimento istituzionale il livello
  minore di governo, passando ai livelli superiori solo quando
  la presenza di economie di scala o di funzione, di esternalità
  e di esigenze di uniformità lo renda necessario.
  A livello dell’Ue, ad esempio, l’applicazione del principio in
  questione ha sinora portato a centralizzare la politica
  monetaria nelle mani della Bce, lasciando la politica fiscale in
  capo ai singoli Stati nazionali.
Tipologie di finanziamento degli enti locali

I livelli inferiori di governo si finanziano attraverso:
• Tariffe;
                                   Entrate proprie
• Tasse e/o contributi;
• Imposte (autonome, in compartecipazione e/o addizionali);
• Trasferimenti dal centro e da altri enti locali.

L’entrata propria è una qualsiasi forma di entrata in
riferimento alla quale l’ente locale, oltre a percepire le risorse
finanziarie, ha la podestà di manovrare almeno alcuni degli
aspetti applicativi essenziali: base imponibile, soggetti
coinvolti, aliquote, esenzioni, deduzioni ecc.
Tipologie di finanziamento degli enti locali
Tariffe: prezzi pagati per una prestazione dell’ente locale (es.
erogazione acqua potabile)
• Tasse e/o contributi: strumenti di entrata vincolati al
finanziamento di un determinato servizio (es. raccolta e
smaltimento rifiuti)
• Imposta: forme di entrata non legate al finanziamento di
uno specifico servizio o funzione, ma destinate al bilancio
generale dell’ente (es. addizionali Irpef e Imu)
• Trasferimenti: sono versamenti effettuati dal Governo
centrale o altri livelli di governo per finanziare l’attività degli
enti locali. Possono essere specifici (o vincolati) oppure
generici (e quindi non vincolati).

L’ente locale può finanziarsi, entro certi limiti, anche con
l’indebitamento. Tali limiti sono stabiliti da regole
costituzionali e vincoli quantitativi specifici, come quelli del
Patto di stabilità interno.
L’autonomia fiscale degli enti locali
L’autonomia fiscale (o di bilancio) è la facoltà di un ente
territoriale di definire e gestire l’insieme delle risorse a propria
disposizione e la loro destinazione. Il concetto riguarda sia
l’autonomia d’entrata sia quella di spesa.
La tabella seguente mostra il diverso grado di autonomia fiscale
nel nostro Paese con riferimento alle varie tipologie di entrate.
L’autonomia fiscale degli enti locali

        Casi estremi di struttura finanziaria

a) Sistema intergovernativo dotato di piena
  autonomia d’entrata: completa libertà nel
  determinare le basi imponibili, le aliquote, i soggetti
  percossi, le modalità di riscossione e la destinazione
  del gettito;
b) Sistema di piena centralizzazione (o di finanza
  locale derivata): il potere impositivo spetta
  soltanto al governo centrale e la spesa decentrata è
  finanziata da compartecipazioni e trasferimenti.

Tra i due casi estremi vi sono opzioni intermedie, in
   cui il grado di autonomia fiscale è più o meno
   marcato.
Gli svantaggi della autonomia fiscale

         Rischi e criticità dell’autonomia fiscale

• Competizione fiscale tra giurisdizioni: l’eccessiva
libertà degli enti decentrati può portare a forti diversità
nelle aliquote e nelle basi imponibili con una conseguente
redistribuzione delle risorse non auspicabile per il sistema
economico nel suo complesso;
• Esportazione fiscale: traslazione dei costi dei servizi
verso i residenti di altre giurisdizioni;
• Problemi di equità orizzontale se le basi imponibili
sono distribuite in maniera diseguale nei vari territori, con
trattamenti fiscali differenziati per contribuenti nelle stesse
condizioni economiche;
• Difficoltà nel perseguire gli obiettivi congiunturali e
redistributivi del governo centrale.
L’ottimo tributo locale

     Caratteristiche dell’ottimo tributo locale

• Fonti manovrabili, visibili e trasparenti;
• Fonti dotate di una certa elasticità automatica
rispetto a reddito e prezzi;
• Basi imponibili poco mobili;
• Corrispondenza fiscale tra contribuenti e beneficiari
dei servizi;
• Fonti con oneri amministrativi contenuti;
• Entrate compatibili con i principi equitativi generali;
• Fonti non troppo sperequate sul territorio.
Il Bilancio degli enti locali
Il sistema di bilancio è un atto politico ma con un
importante ruolo giuridico, essendo lo strumento
fondamentale della programmazione degli enti locali, ma
anche lo strumento del controllo e della valutazione ex
post del raggiungimento dei risultati promessi.

La programmazione di bilancio è costituita da molti
momenti e strumenti, ma due sono i passaggi cruciali:
• il bilancio di previsione;
• il rendiconto.

Il bilancio di previsione è redatto in termini di
competenza finanziaria per l’anno successivo,
rispettando i principi di unicità, universalità e integrità,
veridicità, pareggio finanziario e pubblicità.
È strutturato in 2 parti, relative a entrate e spese, la cui
articolazione è mostrata dalle tabelle seguenti.
Il Bilancio degli enti locali: classificazione delle entrate
Il Bilancio degli enti locali: classificazione delle spese
Il Bilancio degli enti locali
Entrate:
   • Le entrate correnti corrispondono ai primi tre titoli del
   bilancio e si caratterizzano per la loro natura ricorrente e
   ripetitiva, adatta alla copertura di spese operative e di
   funzionamento;
   • Le entrate in conto capitale corrispondono ai titoli
   quarto e quinto del bilancio e sono normalmente destinate al
   finanziamento degli investimenti.

Spese:
   • I titoli definiscono la natura della spesa;
   • Le funzioni indicano le macroaree a cui la spesa è
   destinata;
   • I servizi indicano i singoli uffici ed aree organizzative
   dell’ente che gestisce le forme di spesa;
   • Gli interventi sono rappresentativi del fattore produttivo
   per cui la spesa è sostenuta.
Il Bilancio degli enti locali

Rendiconto
Documento a consuntivo della relazione contabile
relativa alla gestione dell’ente locale. Serve a “rendere
conto della gestione” (accountability) e quindi a dare
informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria e
sull’andamento economico dell’ente locale.
Comprende: il conto del bilancio, il conto economico e
il conto del patrimonio.
Il conto del bilancio evidenzia i risultati finali della
gestione finanziaria dell’ente locale, rispetto al bilancio di
previsione, accertando l’esistenza di un avanzo o
disavanzo di amministrazione.
Particolare rilievo assumono i residui, attivi o passivi,
corrispondenti rispettivamente a entrate accertate, ma non
incassate e a spese stanziate e quindi impegnate, ma non
pagate.
Il Bilancio degli enti locali
Due principali saldi di riferimento del rendiconto di
bilancio:

Saldo contabile di gestione (avanzo/disavanzo di
competenza):
• Pari alla differenza tra accertamenti di entrata e impegni
di spesa più il saldo dei residui di competenza maturali
nell’anno;
• Focalizza l’attenzione sul risultato di gestione dell’ultimo
anno oggetto di rendicontazione.

Saldo contabile di amministrazione (avanzo/
disavanzo di amministrazione finanziaria):
• Pari alla somma del saldo di competenza, del saldo di
gestione dei residui e del fondo cassa a inizio ano;
• Evidenzia il risultato di sintesi di tutta la gestione
finanziaria.
Il Bilancio degli enti locali

Conto economico:
• Descrive le risultanze positive e negative dell’attività
dell’ente locale secondo i principi della contabilità
economica.

Conto del patrimonio:
• Riassume la consistenza del patrimonio dell’ente al
termine dell’esercizio, in modo da evidenziare le variazioni
intervenute rispetto alla consistenza iniziale.

Prospetto di conciliazione :
• Illustra i collegamenti tra la contabilità finanziaria (conto
di bilancio) e quella economica.
• Ha stretto collegamento con il risultato economico di
esercizio, dato che quest’ultimo rappresenta la variazione
del patrimonio nel corso dell’esercizio.
Requisiti del Bilancio degli enti locali

Pareggio di bilancio:
Il totale delle spese deve essere coperto da un equivalente
ammontare di entrate; l’eventuale avanzo/disavanzo deve
essere coperto con provvedimenti compensativi
nell’esercizio successivo.
Regola aurea della finanza pubblica:
La spesa corrente deve essere coperta dalle entrate
correnti, mentre quella in conto capitale può essere coperta
dalle entrate in conto capitale e dall’indebitamento.
Copertura delle spese per investimento:
Il totale delle spese in conto capitale non può superare la
somma delle entrate da alienazioni e trasferimenti di
capitale più le accensioni di prestiti più l’eventuale avanzo di
amministrazione e l’avanzo di parte corrente.
Vincolo aggiuntivo sulla possibilità di indebitarsi:
Le spese per interessi passivi sui mutui non possono
superare una certa percentuale delle entrate correnti.
Indici di natura descrittiva e comparativa
         dei bilanci degli enti locali

Indice di autonomia tributaria = rapporto tra
il valore delle entrate tributarie (Titolo I) e il
totale delle entrate correnti

Indice di autonomia finanziaria = rapporto tra
la somma delle entrate tributarie (Titolo I) ed
extratributarie (Titolo III) e il totale delle entrate
correnti

Indice di dipendenza = rapporto tra il valore
delle entrate da trasferimenti (Titolo II) e il totale
delle entrate correnti
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