Il vero fashion è slow - Silvia Zamboni
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V E R T E N Z E & C A M PA G N E sostenibilità Il vero fashion è slow Dall’impatto ambientale dei vestiti “usa la produzione di abiti, calzature e accessori; allungarne il tempo e getta” alle alternative possibili per una di vita; chiudere correttamente il ciclo post consumo. «L’economia circolare è sulla bocca di tutti – osserva ancora moda disinquinata e durevole. I numeri, Campione – peccato che dietro questa bella etichetta si nasconda le campagne e le imprese che stanno il sogno impossibile dell’industria della moda di poter risolvere il cambiando l’industria dell’abbigliamento problema del consumo eccessivo di risorse riciclando tutto. E la promozione di questo mito potrebbe avallare un iper-consumismo di vestiario privo di remore». Semmai, suggerisce Greenpeace, per garantire la gestione appropriata dei rifiuti tessili a fine vita an- { di Silvia Zamboni } drebbe introdotta, come si è fatto in Svezia, la Extended producer L’ responsability (Epr), la responsabilità estesa del produttore, che industria della moda è uno dei comparti a maggio- imponga il ritiro obbligatorio dei capi usati, evitando che finiscano re impatto ambientale. Stando ai dati pubblicati dal in discarica o all’inceneritore. Una destinazione che, stima l’asso- Boston consulting group nel rapporto “The Pulse of ciazione, nei Paesi ad alto consumo di vestiario inghiotte l’80% fashion”, presentato lo scorso maggio durante la “set- dei rifiuti tessili. Quanto ai programmi di raccolta degli abiti usati timana della moda” di Copenaghen, nel solo 2015 la attivati in alcune catene di fast fashion, «il problema è che solo una produzione mondiale tessile ha impiegato 79 miliardi di metri cubi minima percentuale del riciclato rientra nella nuova produzione; d’acqua e ha emesso in atmosfera 92 milioni di tonnellate di CO2. tutto il resto è materiale di pessima qualità con cui si fabbricano Una pressione destinata ad aumentare: il rapporto stima che, di pannelli isolanti e componenti per l’industria automobilistica, o questo passo, il previsto incremento della popolazione mondiale stracci senza valore». farà aumentare il consumo di capi di abbigliamento, al 2030, del C’è poi un ulteriore aspetto inquietante: i tessuti sintetici, come 63%, portandolo dagli attuali 62 milioni di tonnellate a 103 milioni. ad esempio il poliestere, sia nella fase di produzione che di lavaggio Numeri allarmanti che confermano il giudizio di Chiara Cam- domestico, possono rilasciare dei frammenti di microfibre plastiche pione, senior corporate strategist della campagna di Greenpeace che si accumulano in fiumi e oceani. Di fronte a un quadro così per una moda disinquinata e durevole: «La moda, in particolare la problematico come reagisce l’industria della moda? «Alcuni mar- fast fashion usa-e-getta dei grandi marchi internazionali, è di fron- chi di abbigliamento sportivo si fanno belli e “verdi” con scarpe e te a un bivio: o imbocca la strada della sostenibilità, o continuerà giacche a vento prodotti con plastica riciclata, che però viene dal a incrementare lo sperpero di materiali e risorse, la produzione di riciclo delle bottiglie di pet e non dei capi d’abbigliamento sinteti- rifiuti tessili e l’impatto ambientale dovuto all’impiego di sostanze ci dismessi», lamenta Campione. In questo scenario, una risposta chimiche tossiche nei processi di lavorazione», ad esempio di tes- positiva, che tiene conto anche della riduzione complessiva degli situra e tintura dei tessuti. Non ha dubbi in proposito: «Bisogna impatti ambientali, è rappresentata dalla fibra in nylon riciclato premere con forza il pedale del freno: ci vuole una moda slow». Econyl, prodotta in Italia da un’industria, la Aquafil, che recupera Che tradotto in obiettivi, secondo Greenpeace vuol dire: rallentare e ricicla reti da pesca abbandonate in mare o non più utilizzabili. 60 / DICEMBRE 2017 FOTO: © THOMAS VICTOR E WENDI WU / GREENPEACE
Gli hashtag di Greenpeace nella produzione di jeans e abbigliamento casual, lavora sul rap- Tornando alla fast fashion, come se ne esce? Tre gli hashtag lan- porto emozionale e sull’attaccamento affettivo ai propri indumen- ciati da Greenpeace all’industria tessile per tracciare la nuova ti. L’offerta prevede un periodo di garanzia sui prodotti acquistati, rotta della moda sostenibile: “make it last, make it right, make e servizi gratuiti sia di riparazione e di rimodellamento, sia di it different”. Ovvero: produci capi di qualità che durino a lungo, compravendita dei capi usati e di riciclo di quelli irrecuperabili. produci senza inquinare, adotta modelli di business e di marketing Se con il “make it last” le nuove parole d’ordine diventano che favoriscano l’uso prolungato e l’attaccamento anche affettivo “conserva, ripara, recupera, ricicla”, per poter riciclare in sicurezza ai propri abiti, realizzando così un’autentica inversione rispetto occorre anche che i tessuti non contengano sostanze tossiche alla fast fashion, che invece stimola gli acquisti compulsivi quale altrimenti, afferma Campione, «il sogno del riciclo si trasforma scorciatoia per la felicità effimera a buon mercato. nell’incubo del riciclo tossico». Ed è a questo punto che interviene Utopia? Nient’affatto: la buona notizia è che nel mondo ci sono il “make it right”. già quasi 400 marchi che vanno nella giusta direzione. Li ha censiti In Italia si è già formata una pattuglia di oltre cinquanta im- la stessa Greenpeace nello studio “Fashion at the crossroads”, che prese che “fanno la cosa giusta” e hanno intrapreso il percorso ha presentato a settembre a Milano in occasione della “settimana Detox, sviluppato da Greenpeace, in massima parte associate al della moda”. Si tratta di aziende di taglia medio-piccola, le cui Consorzio implementazione Detox, come abbiamo raccontato sul strategie sono però replicabili su larga scala. Come Vaude, un mar- numero di ottobre di Nuova Ecologia. Nel mondo di aziende in fase chio tedesco di abbigliamento per la montagna, l’escursionismo di detossificazione se ne contano un’ottantina, compresi grandi e il ciclismo sportivo che sta investendo in servizi ai clienti per marchi come Zara e H&m. Ma si stanno affermando anche real- allungare la vita dei capi, disegnati per essere riparati con facilità. tà come Orange fiber, l’azienda fondata da un gruppo di giovani O Nudie jeans, azienda svedese che impiega solo cotone biologico imprenditrici siciliane che ha brevettato un tessuto ottenuto dal riciclo degli scarti dell’agroindustria degli agrumi. Simile alla seta, con la collezione Sfruttati dell’Est “Ferragamo”, questa fibra è approdata nella Sottopagati e in povertà. Il rapporto della Clean clothes campaign sui lavoratori vetrina dell’alta moda. della moda in Europa orientale Un esempio di “make it different” è quello di Herbe Rouge, un piccolo brand Non ci sono solo le questioni ambientali tra le criticità dell’industria della moda. parigino, presentato a Milano, che defini- Nell’ultimo rapporto della Clean clothes campaign, Europe’s sweatshops, vengono sce la propria linea “ecofrugale”, si occupa denunciati salari da fame e pessime condizioni di lavoro nell’industria tessile e calzaturiera dell’intera filiera produttiva, utilizza addi- dell’Est e Sudest d’Europa. Molti lavoratori in Ucraina, per esempio, nonostante gli straordinari tivi chimici atossici e propone capi con- guadagnano appena 89 euro al mese in un Paese in cui un salario dignitoso dovrebbe essere fezionati in cotone, lino e lana biologici. almeno cinque volte tanto. L’azienda inoltre impiega energia da fon- Sono diversi i brand del settore che enfatizzano l’appartenenza al “made in Europe” per ti rinnovabili e rispetta le linee guida del suggerire, rispetto ad altre aree di produzione, una loro attenzione alle condizioni di lavoro commercio equo e solidale. Riflettori pun- eque nelle fabbriche impegnate a produrre scarpe o capi d’abbigliamento. In realtà, secondo il tati anche su Kleiderei, un marchio fondato rapporto, molti dei 1,7 milioni di lavoratori e lavoratrici di queste regioni vivono in condizioni di nel 2012 ad Amburgo da due amiche poco povertà, con situazioni di lavoro pericolose, anche per il ricorso a straordinari di fatto forzati. E più che ventenni. Una coppia di “quasi ri- spesso devono convivere con gravi indebitamenti familiari. voluzionarie”, come si descrivono, che una FOTO: © TOMAS VICTOR E WENDI WU / GREENPEACE DICEMBRE 2017 / 61
V E R T E N Z E & C A M PA G N E sostenibilità ITALIA C ERCASI { Ermete Realacci } piccola rivoluzione nel marketing l’ha realizzata davvero: abiti e La lezione di Slow food accessori si possono acquistare in leasing. Il servizio funziona così: ci si abbona con un versamento mensile o semestrale e ogni mese si riceve un pacchetto di cinque nuovi capi d’abbigliamento, scelti online o nei negozi della catena, capi che il mese seguente il cor- ‘Lo spazio dell’Europa è quello del soft riere incaricato da Kleiderei ritirerà consegnandone di nuovi. Un power: un potere che si basa sulla modo per rinnovare il proprio guardaroba senza la necessità di capacità di convincere e affascinare possedere abiti e accessori, e che prevede il recupero dell’usato. più che sulla forza della quantità’ Piattaforma circolare A trenta anni dal manifesto dello Slow food, pub- A conferma che un’altra moda è possibile c’è la piattaforma blicato sul Gambero Rosso allora editato da il ma- fashionpositive.org, punto di riferimento internazionale per nifesto, considero l’università degli studi di Scienze aziende della moda che intendano adottare il modello di econo- gastronomiche di Pollenzo fondata da Carlo Petrini mia circolare certificato Cradle-to-cradle (C2c, in italiano “dalla uno dei tanti punti da cui l’Italia parla al mondo. Ero culla alla culla”). Con un doppio obiettivo dichiarato: realizzare anche tra i 13 firmatari (un numero che in quel caso una moda senza rifiuti e senza ha portato fortuna), insieme a personaggi molto più compromessi. L’approccio C2c, importanti di me, alcuni dei quali purtroppo scom- sviluppato da William McDo- parsi. Ha fatto premio in quell’occasione, oltre all’a- nough e Michael Braungart, micizia con Carlin, l’affinità del percorso che porta- nel settore tessile ha portato va Legambiente e il nascente Slow food a proporre alla produzione di materia- un’altra maniera di guardare il Paese. L’attenzione li e prodotti finiti che, fin dal non solo ai tanti problemi aperti – nel marzo 1986 ci concepimento in fase di de- fu lo scandalo del metanolo e ad aprile l’incidente sign, prevedono a fine vita il alla centrale nucleare di Chernobyl – ma anche alle riciclo di ogni componente. La persone, alle comunità, ai territori. vetrina di Fashionpositive.org Un’attenzione che segna oggi anche la “mia” espone nomi conosciuti del legge sui piccoli comuni, ispirata non a caso alla panorama modaiolo mondia- campagna Voler bene all’Italia di Legambiente. La le: si va da H&m, Kering, Stella convinzione che solo un’economia più a misura McCartney (marchio vegeta- d’uomo – si parli di cibo, di agricoltura, di made in riano che ha bandito l’impiego Nel solo 2015, la produzione mondiale tessile Italy, di cultura o di hi-tech – può aiutare un futuro di pelli e pellicce ma anche di ha impiegato 79 miliardi di m 3 di acqua migliore. In fondo un messaggio coerente, ante lit- materiali in pvc, e che ha adot- ed emesso 92 milioni di tonnellate di Co2 teram, con l’enciclica LaudatoSi’, di cui Carlo Pe- tato un codice etico per garan- trini è stato lo straordinario e atipico prefattore. Un tire condizioni di lavoro degne messaggio che con coraggio visionario Slow food agli occupati) alle t-shirt in cotone di C&a, che hanno conquistato international ha portato nel mondo con iniziative il grado “gold” della classificazione C2c. come “Terra mater”. E che facendolo ha reso un A oggi sono ventitre le fibre, i tessuti e i capi certificati C2c servizio all’Italia. Sono da tempo convinto, infatti, presenti sul sito del Cradle to cradle innovation institute. «Ma che lo spazio dell’Europa, e dell’Italia in particolare, in realtà ce sono molti di più », precisa Friederike Priebe, project sia quello del soft power: un potere che si basa sulla coordination textiles presso l’istituto amburghese di ricerche capacità di influenzare, convincere, affascinare, più ambientali Epea, parte della galassia C2c. Sulla campagna Detox che sulla forza della quantità, e magari delle armi. e sulla critica al modello consumista della fast fashion, Priebe E questo vale anche in economia: non a caso ho concorda con Greenpeace: «Dobbiamo dire addio per sempre chiamato Soft economy il primo libro, scritto con al modello di economia lineare “estrai, produci, butta”, ovvero Antonio Cianciullo, in cui ho provato a descrivere “dalla culla alla tomba”». Ma sul sogno del riciclo a tutto campo è e raccontare quest’idea di un’Italia che fa l’Italia. più possibilista: «Ci sarà sempre bisogno di abiti per proteggerci Ecco, penso che non si possa comprendere dal caldo e dal freddo, senza contare che con l’abbigliamento pienamente l’importanza dell’intuizione e del lavoro esprimiamo in parte anche la nostra personalità. L’esperienza di Carlo Petrini, e di quel gruppo di sognatori attenti di C2c ci suggerisce di puntare sul corretto design e sull’uso di alla concretezza nati in quel di Bra, se non li si con- materiali naturali e sintetici innocui per l’uomo e l’ambiente, di sidera anche sotto questo aspetto: un’eccezionale cui si conosca la composizione e che si possano riciclare ricon- espressione del soft power del nostro Paese. Un ducendoli a fine vita alla biosfera o alla sfera tecnologica dei beni messaggio destinato a durare. materiali. È un sogno in grande, certo. Ma ci sono gli strumenti per realizzarlo». l 62 / DICEMBRE 2017 FOTO: © ANDREA GUERMANI / GREENPEACE
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