Il terremoto di Kobe: analisi di una catastrofe - PROTECTAweb
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emergenze Il terremoto di Kobe: Ma torniamo al punto da cui eravamo partiti. Perché tanti terremoti? La rispo- sta a questa domanda ha diverse sfac- analisi di una catastrofe cettature. Innanzitutto si deve osservare che solo i terremoti che avvengono in terraferma, o vicino alla terraferma, e comunque in zone non desertiche, fan- Il Giappone si trova, dal punto di vista sismico, in uno dei no «notizia». Al contrario, i cataloghi punti più attivi del pianeta, mentre l’Italia è sita in una re- sismici moderni sono pieni di terremoti gione in cui l’acme dei processi geodinamici è stato toc- che avvengono in pieno oceano o al lar- cato diversi milioni di anni fa ed ora si assiste ad una fa- go di isolette popolate da piccolissime comunità in genere perfettamente abi- se di «assestamento» tuate al fenomeno sismico. Di questi terremoti ovviamente si parla poco, ma Enzo Boschi questa forma di «cinismo» dei mezzi di informazione non fa che riproporre un A pochi giorni dall’ennesimo forte e di divulgarle nel breve volgere di po- fenomeno che ha radici antiche. Infatti, terremoto che ha devastato il Giappone chi minuti. E grazie alle reti di comuni- i cataloghi storici di tutto il mondo centrale la notte di lunedì 16 gennaio cazione globali come la InterNet, le comprensibilmente riportano solo terre- l’opinone pubblica e i mezzi d’informa- informazioni sugli eventi catastrofici moti avvenuti in prossimità delle città zione si chiedono e ci chiedono: perché naturali possono essere trasmesse in importanti all’epoca dell’evento. Anche tanti terremoti in Giappone? Perché tutto il mondo via calcolatore. Oltre ad in Italia, ad esempio, sappiamo molto tante vittime e tanti crolli? Potrebbe aver registrato la scossa con la propria più di terremoti che hanno prodotto succedere anche in Italia? Le risposte a rete sismica nazionale, l’Istituto Nazio- danni in grandi città come Roma, Na- queste domande richiedono informazio- nale di Geofisica ha ricevuto, tramite il poli, Catania, che non di quelli che han- ni che in altri tempi avrebbero richiesto suo nodo informatico, una grande mole no interessato solo zone montuose. La mesi o anni per essere raccolte, elabora- di informazioni e dati inviati diretta- disponibilità di secoli e secoli di notizie te e divulgate. Oggi le cose sono diver- mente dai suoi corrispondenti in Giap- sui terremoti e il fatto che i principali se. Molti reti sismiche, tra cui quella pone. L’aspetto più incredibile di questa insediamenti italiani abbiano tutti una dell’Istituto Nazionale di Geofisica, so- nuova possibilità offerta dalle reti di co- storia plurisecolare ha fatto ritenere per no in grado di effettuare, in forma total- municazione telematiche è che i dati es- molto tempo che la nostra penisola mente automatica, le valutazioni fonda- senziali sul terremoto sono arrivati in avesse una propensione alla catastrofe mentali su un terremoto appena avve- Italia prima ancora che i nostri sismo- sismica elevatissima, e comunque su- nuto, ad esempio la localizzazione del- grafi cominciassero a registrare l’arrivo periore o confrontabile con quella di al- l’epicentro e la stima della magnitudo, delle onde sismiche. tre nazioni come ad esempio il Giappo- ne. In questo secolo, poi, questa pro- spettiva è progressivamente cambiata, e negli ultimi venti anni persino i mezzi di informazione e l’opinione pubblica hanno potuto constatare che il livello della sismicità in regioni come il Giap- pone, la California, il Messico, la Tur- chia, l’Iran, è sostanzialmente superiore a quello della nostra penisola. Oggi, la valutazione di quanto una regione sia propensa a generare forti terremoti non si affida più alla semplice testimonian- za storica ma può contare su strumenti molto più moderni e soprattutto oggetti- vi. Il principale di questi è proprio la Tettonica delle Placche, il grande im- pianto concettuale ideato all’inizio de- gli anni ‘60 per spiegare e quantificare la dinamica del nostro pianeta. Il moto relativo della placche, di cui i terremoti sono l’unica manifestazione tangibile alla scala umana e naturalmente anche la più appariscente, viene oggi misurato 50 - protecta n. 3/4 . 1995
con tecniche di geodesia spaziale che consentono di «cucire» regioni distan- tissime tra loro. Ad esempio, è noto che la Placca Pacifica e la Placca delle Fi- lippine si stanno scontrando con la Placca Euroasiatica lungo la fossa del Giappone e la fossa di Nankai o meglio sono in «subduzione» sotto di essa, a velocità fino a 10 centimetri l’anno. Non sono molte le zone del mondo in cui si osservano velocità di questa por- tata. La faglia di Sant’Andreas, ad esempio, si muove a circa 5 cm l’anno, il Mar Egeo si contrae in senso Nord- Sud a 5-10 cm l’anno, mentre le defor- mazioni che si misurano nelle nostre re- gioni sono in genere contenute entro 1 cm l’anno. Basterebbe questa osserva- zione per spiegare come mai Giappone, California e Grecia siano accomunate da una sismicità molto più frequente di quella italiana, a prescindere da quello che ci dice, o sembra dirci, il «record» storico. In altre parole, il Giappone si trova in uno dei punti oggi più attivi del pianeta, mentre l’Italia si trova in una regione in cui l’acme dei processi geo- dinamici è stato toccato diversi milioni di anni fa e in cui oggi si assiste, per co- sì dire, ad una fase di «assestamento». Il destino del Giappone è dunque quello di dover fronteggiare terremoti Fonte: Istituto Nazionale di Geofisica come quello di gennaio con frequenza molto maggiore di quanto non succe- la progettazione antisismica ha funzio- del Messico, dove nel 1985 un terremo- derà in Italia. E per quanto riguarda le nato nella stragrande maggioranza dei to avvenuto ad oltre 300 chilometri di vittime e i danni che questi terremoti casi. Il terremoto dell’Irpinia del 1980 distanza ha causato diversi crolli e causeranno? Il fatto che i Giapponesi ebbe anche un bilancio di 3.000 vittime 10.000 vittime. Molti di questi centri siano il popolo più preparato di fronte circa, ma il totale della popolazione urbani sono oggi delle vere e proprie alle catastrofi naturali è un tradizionale esposta in quel caso era forse di bombe a tempo, e non solo per la loro assunto della cultura moderna che il ter- 200.000 persone, forse mezzo milione vicinanza ad importanti faglie sismoge- remoto di gennaio sembra rimettere in considerando anche Avellino, Potenza e netiche ma anche per la natura del loro discussione. Ma non è come sembra. Il Benevento, i capoluoghi della provincia sottosuolo. Nell’antichità le città veni- terremoto di gennaio è stato generato da più vicini. Certo, si tratta, come si è det- vano fondate e si sviluppavano sui rilie- una faglia localizzata a pochi chilometri to, di valutazioni crudemente statistiche vi piuttosto che in pianura. Oggi, venu- da Kobe, la «Nojima fault». Quasi 20 che nulla tolgono alla drammaticità del- te meno le motivazioni fondamentali milioni di persone abitano nel triangolo l’evento. Anzi, si ha come l’impressio- dell’arroccamento e vista la richiesta di che include Kobe, Kyoto e Osaka, ad ne che questi eventi siano tanto più grandi spazi, le città vengono costruite una distanza di non più di 50 chilome- drammatici quanto più ci si avvicina ai in pianura, su terreni che fatalmente ri- tri dalla faglia in questione. In termini nostri giorni. La spiegazione di nuovo sponderanno peggio della roccia viva puramente statici quindi le vittime di va ricercata nella storia della società e allo scuotimento sismico. questo terremoto, stimate in 5.100, rap- degli insediamenti, che ha avuto oggi in Dovendo ospitare 110 milioni di per- presentano lo 0,02% o poco più della tutto il mondo una accelerazione tre- sone in un territorio piccolo e montuoso popolazione esposta all’attività di quel- menda negli ultimi 10 o 20 anni. Oggi, come quello italiano, le città giapponesi la faglia. Rapportando l’incidenza dei di concentrazioni urbane che raccolgo- sono sorte quasi tutte su piccole piane ponti, dei viadotti e degli edifici crollati no 10 o più milioni di persone ne esisto- costiere dove la falda acquifera è molto sul totale delle infrastrutture esposte, si no parecchie, e molte di queste sono ab- superficiale se non addirittura su terreni otterrebbe probabilmente un risultato bastanza vicine ad una zona sismica da di riporto. Come si è visto, a Città del analogo, a dimostrazione del fatto che far prevedere il peggio. Si pensi a Città Messico nel 1985 e nel Marina District protecta n. 3/4 . 1995 - 51
LEGENDA ∗ Epicentro MTL = Linea Tettonica Mediana PHS = Placca del mare delle Filippine PAC = Placca Pacifica YB = Bacino di Yamato nella penisola. Infine, le faglie sismo- genetiche italiane tendono a concen- • 20 età radiometrica della crosta oceanica del mar del Giappone (Japan basin) trarsi lungo l’asse dell’Appennino e nell’area pedalpina lasciando quindi faglie e linee tettoniche da thrust una certa «distanza di sicurezza» ri- faglie trascorrenti spetto alle città maggiori. Ad esempio, l’epicentro del terremoto di Avezzano faglie normali del 1915 si trova a circa 80 chilometri zone in estensione attiva da Roma, e quello del terremoto del- l’Irpinia del 1980 a circa 80 da Napoli bacini miocenici e circa 50 da Salerno. Le cose cambia- no naturalmente per le città che si tro- vano lungo la dorsale appenninica, non molte fortunatamente, e particolar- mente in Calabria, dove la dorsale stessa si restringe notevolmente. Come ha dimostrato il catastrofico terremoto del 1908, Messina e Reggio Calabria sono proverbialmente le uniche, tra le grandi città italiane, (intendendo con queste le città con oltre 100.000 abi- tanti) ad essere localizzate sulla verti- cale di un’importante faglia sismoge- netica, esattamente come nel caso di Kobe, in Giappone. Ma questa condi- zione di Messina e Reggio ci sarebbe nota se non si fosse verificato il terre- moto del 1908? Probabilmente sì an- che se le valutazioni di questo tipo, che scaturiscono da una nuova disciplina nota come Previsione a Lungo Termi- ne, hanno cominciato ad essere dispo- nibili solo da pochi anni. Questa disci- plina punta a stabilire gli aspetti geo- metrici e spaziali delle principali faglie sismogenetiche, ovvero a stabilire do- ve si trovano e quale sarà il quadro dello scuotimento che produrranno in superficie, rimandando ad altre ricer- che il compito molto più impegnativo di stabilire anche quando esattamente produrranno un forte terremoto. In di San Francisco nel 1989, questi terre- delle istituzioni, esistono anche motivi Giappone un piano di questo tipo esi- ni amplificano il moto sismico, si com- storici, culturali e geodinamici. Innan- ste da tempo, e in virtù di tale piano la pattano, addirittura si liquefanno, tra- zitutto esistono ampie porzioni del ter- «Nojima fault» era stata ben identifi- scinando con sé gli edifici. Questo si è ritorio in cui il livello della sismicità è cata e classificata e ne era stato anche puntualmente verificato anche a Kobe, talmente basso da non richiedere una stimato il cosiddetto «tempo di ritor- Osaka e Kyoto, nonostante i primi dati progettazione con requisiti antisismici. no», pari a circa 1.000 anni. La possi- indichino che le accelerazioni del terre- Questa caratteristica del territorio può bilità che si muovesse quella faglia era no indotte dal terremoto non hanno su- essere «letta» negli stili edificativi e quindi ben presente ai sismologi giap- perato 0,3 g (dove «g» è l’accelerazione nell’urbanistica delle diverse città e, ponesi, una specie di «rischio calcola- di gravità). naturalmente, nella presenza e nel gra- to» in cui entrano altre faglie il cui E in Italia? Il nostro Paese natural- do di conservazione dei monumenti tempo di ritorno e la cui vicinanza ad mente non ha l’impalcatura antisismi- che vi si trovano. Inoltre, presi indivi- importanti centri urbani è anche più ca del Giappone, né gli italiani hanno dualmente i terremoti italiani tendono preoccupante che non nel caso del ter- la stessa forma mentis dei cittadini del ad essere piuttosto infrequenti, riflet- remoto del 16 gennaio. Sol Levante. Anche se in genere di tendo, come si è visto, la relativa len- Enzo Boschi questo si dà la colpa all’imprevidenza tezza dei processi geodinamici in atto Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica 52 - protecta n. 3/4 . 1995
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