Il ruolo della giustizia penale internazionale - Dott.ssa Jessica Denti - Ministero della ...

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CENTRO ALTI STUDI                             CENTRO MILITARE
  PER LA DIFESA                              DI STUDI STRATEGICI

                    Dott.ssa Jessica Denti

  Il ruolo della giustizia penale internazionale

                                                         ∞
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I.          Introduzione

II.         La Giustizia Penale Internazionale ..................................................................... 1

      I     Storia della Giustizia Penale Internazionale e dei Tribunali Internazionali                                         1
      II    L’oggetto della Giustizia Penale Internazionale : Nozione di crimine
       internazionale                                                                                                           7
      III   Crimine di guerra                                                                                                   8
      IV    Crimini contro l’umanità                                                                                          11
      V     Crimine di genocidio                                                                                              13
      VI    Crimini contro la pace                                                                                            14
      VII Il caso Cefalonia: processo ad Alfred Stork                                                                         15
      VIII L’evoluzione della responsabilità penale internazionale dell’individuo commesse
            nel corso di guerre civili                                                                                        16
      IX    Le difficoltà delle autorità nazionali: immunità, prescrizione, amnistia                                          18

III.        Gli Organi della Giustizia Penale Internazionale: La Corte Penale
            Internazionale .................................................................................................... 20

      I     L’istituzione della Corte Penale Internazionale                                                                   20
      II    Gli organi della Corte Penale Internazionale                                                                      21
      III   Caratteri generali della Corte Penale Internazionale (CPI)                                                        23
      IV    Principio di complementarità                                                                                      28
      V     Le fonti                                                                                                          29
      VI    Il procedimento: indagini, giudizio, determinazione della pena, impugnazioni                                      30

IV.         Il terrorismo internazionale............................................................................... 31

      I     Il terrorismo internazionale                                                                                      31
      II    Il terrorismo ieri e oggi                                                                                         33
      III   Il califfato islamico                                                                                             36
      IV    Strumenti del terrorismo: crimini in rete                                                                         41
      V     Le lacune italiane: la prevenzione                                                                                42
      VI    La cooperazione come risposta al terrorismo                                                                       44
      VII Le convenzioni in materia di terrorismo                                                                             46
      VIII Terrorismo e responsabilità penale internazionale                                                                  48
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V.      Conclusioni ........................................................................................................ 51

VI.     Bibliografia ......................................................................................................... 54

VII.    Riferimenti normativi ......................................................................................... 56

VIII.   Sitografia ............................................................................................................ 56
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I.           Introduzione

     La Giustizia Penale Internazionale è il complesso di regole ed istituzioni che
 organizzano la sanzione alla quale vengono sottoposti gli individui responsabili di gravi
 violazioni del diritto internazionale. Si riferisce in sostanza ai procedimenti di repressione
 di crimini internazionali. Il Diritto Penale Internazionale è l’insieme di norme statali e
 internazionali che disciplinano tale repressione, connotando fattispecie, istituti e principi
 generali e il processo attuato contro i responsabili.1 Esso è un diritto ibrido che ha una
 doppia natura: un elemento è costituito dal Diritto Internazionale Penale e l’altro è
 rappresentato dal Diritto Penale; la difficoltà sta proprio nel combaciare il settore penale e
 il Diritto Internazionale, il primo solitamente è legato allo Stato e alla delimitazione
 dell’azione sul territorio, mentre il diritto internazionale è per definizione non legato a un
 territorio nazionale,          inoltre, il Diritto Penale ha una struttura verticale composta da
 autorità-individuo, mentre il secondo presente una struttura orizzontale, composta dal
 complesso Stato-Stato. Questa natura ibrida manifesta una logica giuridica molto
 complessa.2 Un’altra difficoltà che incontra il Diritto Penale Internazionale è il suo essere
 plurale, infatti è luogo di dialogo tra culture giuridiche.
     La norma, in fase di elaborazione, deve infatti tener conto di tante realtà e culture
 giuridiche e giudiziarie. Questa pluralità emerge anche in fase interpretativa.
     La comunità internazionale cerca da sempre di dare delle risposte preventive ed efficaci
 per disciplinare la punizione dei responsabili.3 Tale sistema è basato su tre pilastri, uno
 costituito dalle disposizioni che definiscono i crimini internazionali e prevedono la
 punizione dei responsabili; il secondo è rappresentato da regole relative alla competenza
 dei giudici nazionali di ogni Stato a giudicare crimini internazionali; infine l’ultimo pilastro è
 rappresentato da norme organizzative concernenti l’istituzione e il funzionamento dei
 Tribunali Internazionali.4 Il Diritto Penale Internazionale è un nuovo sistema giuridico
 penale che prende corpo come nuovo ordinamento, unico e mondiale. Esso ha
 caratteristiche peculiari rispetto gli altri ordinamenti. Il Diritto Penale è un diritto senza
 Stato, sussidiario agli Stati aderenti. Non essendo espressione di uno Stato vigente, il

     1
         Amati E., Caccamo V., Costi M., Fronza E., Vallini A., Introduzione al diritto penale internazionale,
     Giuffrè, 2010, pag. 24.
     2
         Ivi pag. 25.
     3
         Zappalà S., La giustizia penale internazionale, Il Mulino, 2005. Pag. 7
     4
         Ivi p. 7
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Diritto Penale Internazionale risulta essere l’applicazione delle norme da parte del singolo
Stato. Contemporaneamente si afferma con propria autonomia, allorché, qualora i singoli
Stati non lo applicassero, minacciandone l’esistenza, necessita di una base portante
consolidata. Alcuni elementi di carattere penalistico hanno trovato sviluppo in regole,
dando vita al Diritto Consuetudinario.
     Lo Stato non è soggetto a sanzione in caso di inadempienza, tuttavia è soggetto
all’obbligo di cooperare con l’organo, chiamato a dar vita al Diritto Penale Internazionale,
ovvero, la Corte Penale Internazionale.5 Quindi la sfida più grande del nuovo sistema
penale internazionale è affermare la sua esistenza anche contro gli Stati che ne hanno
accompagnato la sua nascita, avvenuta con il Trattato di Roma. Gli Stati facenti parte
hanno adottato lo Statuto di Roma rendendolo consono ai propri ordinamenti statali.
     I crimini, oggetto del Diritto Penale Internazionale sono maggiormente crimini di Stato,
da qui la necessità di un organo sopranazionale, terzo, che garantisca una disciplina.
Tuttavia lasciare solo allo Stato il compito di attuare tale diritto potrebbe voler dire operare
affinché continui a non esistere.6
     Nel corso della ricerca definirò il termine crimine internazionale, distinguendone le
tipologie principali. I passi mossi nel XX secolo, per organizzare la disciplina in materia di
crimini internazionali, hanno avuto difficoltà soprattutto nella definizione di protezione da
parte dei governanti delle comunità statali. Tali protezioni innescano difficoltà, in quanto
rispecchiano alcuni valori della comunità internazionale, risultando difficile giungere ad un
equilibrio tra giustizia e il rischio di screditare gli organi sovrani dello Stato.
     Giustizia e politica sono soggetti a contrasti continui; con il termine Giustizia Penale
Internazionale ci si riferisce inevitabilmente ad un settore della vita pubblica nel quale i
comportamenti criminosi sono commessi. Essi abbracciano anche l’autorità statale, in
modo diretto o indiretto.7
     Nell’ultimo decennio del secolo scorso la comunità internazionale ha dato vita a forme
di giurisdizione penale internazionale con l’intento di favorire processi di pacificazione e
transizione politica, in casi di violazione dei diritti dell’uomo e di conflitti armati fra gruppi
etnico religiosi, concretizzata nelle istanze giurisdizionali miste.

5
    Amati E., Caccamo V., Costi M., Fronza E., Vallini A., Introduzione al diritto penale internazionale, Giuffrè,
2010, pag. 15
6
    Ivi pag. 15
7
    Panella L., Zanghì C., Cooperazione giudiziaria in materia penale e diritti dell’uomo, Ghiappichelli editore,
Messina 2002, pag. 11.
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La prima parte dell’analisi sarà rivolta a ripercorrere le fasi storiche della giustizia
penale internazionale, la nascita dei Tribunali Internazionali e le loro funzioni.
L’inquadramento storico è diviso in quattro tappe, dai processi di Norimberga e Tokyo alle
Convenzioni di Ginevra, alla nascita dei tribunali per l’Ex Jugoslavia e Ruanda fino
all’istituzione della Corte Penale Internazionale, di cui tratterò analizzando la sua struttura
e le sue funzioni.
  Successivamente cercherò di marcare una linea tra lo Stato e gli organi internazionali,
definendo il ruolo statale e il suo obbligo di cooperazione.
  La comunità internazionale ha sentito l’esigenza di stabilire ulteriori garanzie dei diritti
rispetto a quella dei singoli ordinamenti nazionali, attualmente tale garanzia ha la
necessità di ricercare maggiore efficacia rispetto alla crescente domanda di libertà. La
cooperazione giudiziaria degli Stati in materia di Diritto Penale Internazionale richiede una
definizione condivisa e comune dei diritti.
  La collaborazione tra Stati comprende sia l’estradizione, elemento più significativo della
cooperazione giudiziaria, sia l’assistenza giudiziaria. 8
  Nel corso della trattazione emergerà inevitabilmente come la disciplina non è ancora
consolidata, attende di essere forgiata, presentando limiti e carenze. 9
  Agli inizi degli anni Novanta l’obiettivo prioritario degli Stati era il perseguimento dei
crimini internazionali, permessa dalla piena conoscenza e conoscibilità di principi che sono
alla base della convivenza pacifica dei popoli. Non si può prescindere dal parlare del
Diritto Penale Internazionale senza fare riferimento al Diritto Internazionale dei diritti
umani, la giurisdizione di una è collegata all’altra. Il primo qualifica come crimini quei
comportamenti che costituiscono anche violazioni di norme sui diritti umani. Gli anni
Novanta rappresentano il periodo cruciale circa il coinvolgimento della società civile nelle
questioni internazionali. Viene rilanciata la pratica dell’ingerenza di Stati e di
organizzazioni internazionali per la protezione dei diritti fondamentali dell’uomo, un
ingerenza umanitaria, una contromisura mossa da violazioni di norme internazionali, a cui
si aggiungono iniziative non governative.10

  8
      Ivi pag. 14.
  9
      D’Agostino D., Il diritto penale internazionale: dalla genesi dei crimini internazionali alla istituzione della
  Corte penale internazionale, Tesi individuale, a.a. 2012-2013.
  10
       De Stefani P., Profili di diritto penale internazionale nella prospettiva dei diritti umani, Università di
  Padova Centro di studi e di formazione sui diritti della persona e dei popoli.
Esaminando la Corte Penale Internazionale e lo Statuto che la disciplina mi soffermerò
nel corso della ricerca su alcuni punti contorti di tale normativa, sollevando questioni
inerenti agli articoli della stessa. Oltre alla risoluzione di processi che attuano delle
sanzioni il ruolo della Giustizia Penale Internazionale è l’attività di prevenzione.
   Il nascente problema che destabilizza la sicurezza internazionale è il terrorismo,
fenomeno riadattato ai nuovi contesti mondiali, che assume nuove forme e scelte
strategiche diverse. Dopo aver connotato le forme assunte e le problematiche politiche e
sociali, analizzerò le soluzioni adottate dagli Stati per farne fronte. Con la nascita di
problemi nuovi la Corte deve ampliare le sue competenze? Deve assumere un carattere
innovativo?
   Parlare di terrorismo significa associare alcuni fattori politici, economici, religiosi e
legislativi. Tale fenomeno si è allargato a dismisura trovando la propria strada mediante le
vie di una criminalità organizzata. L’ONU dal canto suo cerca di individuarlo nel senso più
generale e tutelando i diritti umani. La centralità della tutela dei diritti umani si deve alla
connessione con la questione di asilo politico.
   Tale termine porta con se un corollario: quello di definire il fenomeno stesso. Le
normative nazionali introducono il reato di terrorismo.
   Nasce anche la necessità di rafforzare la cooperazione internazionale tra gli Stati, le
organizzazioni e le istituzioni internazionali e regionali. La definizione del terrorismo
internazionale compare con la “Dichiarazione sulle misure destinate a eliminare il
terrorismo internazionale” e la “Dichiarazione” che la completa.
   Gli Stati cercarono di inizializzare azioni appropriate con la “Conferenza Ministeriale del
Movimento dei Paesi non Allineati” tenutasi l’8 aprile 2000 da cui emerse l’ingiustificabilità
degli atti criminali volti a provocare terrore nella popolazione. Per prevenire il terrorismo si
cercano, inoltre, di adottare nuove misure assicurando strumenti giuridici effettivi,
intensificando lo scambio di informazioni evitando di diffondere notizie inesatte o non
verificate.
   Tutti gli stati si impegnano nella lotta contro il terrorismo ed è necessario che facciano
tutto ciò che è in loro potere per contrastarlo. Inoltre, questo fenomeno è fortemente legato
al traffico illegale di armi e di materie nucleari.
   Esso è definito come una serie di atti criminali conosciuti o calcolati per terrorizzare
l’insieme di una popolazione, un gruppo dentro la popolazione o certe persone ai fini
politici.11 Inoltre si caratterizza come forza alternativa allo scontro aperto e alla lotta di
resistenza, in quanto ha obiettivi non militari e chi agisce si giustifica in nome della
religione avvalendosi della nuova tecnologia.
  Una delle precauzioni prese dagli Stati riguarda il divieto di attività illegale di persone,
gruppi e organizzazioni che inducono alla perpetrazione del sequestro di ostaggi.
  Nella Conferenza Ministeriale dei paesi non allineati, si afferma la necessità di un
coordinamento di misure amministrative. Viene raccomandato agli Stati di adeguare la
propria giurisdizione sopra a tutte le fattispecie di reato. L’articolo 8 dello Statuto nato
durante tale conferenza, sottolinea l’obbligo statale all’azione penale garantendo un
processo leale che rispetti i diritti di trattamento.12
  Il fenomeno del terrorismo considerato di mera natura politica non è di competenza
della Corte penale internazionale, tuttavia assistiamo alla nascita di un terrorismo globale,
gli Stati, a tal proposito, potrebbero considerare l’opportunità di rivedere tale decisione e
creare un tribunale speciale.

  11
       Risoluzione Assemblea Generale 60/43 , 6 gennaio 2006.
  12
       Balbo P., Il terrorismo. La fattispecie di un reato in evoluzione nelle disposizioni italiane e internazionali,
  Halley, La prefazione.
II.          La Giustizia Penale Internazionale

      I.         Storia della Giustizia               Penale        Internazionale         e    dei    Tribunali
                 Internazionali

      Il primo embrione del Diritto Penale Internazionale consisteva in regole di natura
  consuetudinaria o pattizia destinate a disciplinare i conflitti armati e proteggere la
  popolazione civile. Convenzionalmente la storia della Giustizia Penale Internazionale
  risale alla fine della Prima Guerra Mondiale. L’articolo 228 del Trattato di Pace di
  Versailles permise agli Stati di imporre al governo tedesco di riconoscere alle potenze
  alleate il diritto di condurre davanti a Tribunali Militari individui accusati di aver commesso
  violazioni delle leggi e consuetudini. Tale decisione ebbe un ruolo riformatore.
      I processi vennero poi esaminati dalla Corte Suprema di Lipsia. Prima di allora solo lo
  Stato che soccombeva alla guerra attuava atti di riparazioni. Con il Trattato di Versailles
  del 1919 si diede vita al processo di Guglielmo II, accusato di aver indotto alla guerra, con
  riferimento a responsabilità personali diverse da quelle statali. Il primo tentativo di giustizia
  penale non ebbe esito positivo, in quanto il paese si rifiutò di consegnare l’imputato che
  scappò in esilio in Olanda.
      Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale a seguito del genocidio che vide protagonisti
  gli Ebrei sorse, l’idea di far valere la responsabilità penale dell’individuo che ricopre alte
  autorità statali, attuata con l’istituzione dei Tribunali Militari Internazionali di Norimberga e
              13
  Tokyo.           Venne firmato a Londra, nell’agosto 1945, tra le potenze alleate, un Accordo
  istitutivo dello Statuto della Corte di Norimberga. Il Tribunale avrebbe giudicato e punito i
  massimi responsabili dei crimini nazisti contro la pace, crimini di guerra e crimini contro
  l’umanità.14 Essi avevano competenze parziali, erano chiamati a giudicare solo i crimini
  commessi da una delle parti del conflitto, occupandosi solo dei maggiori responsabili.
      Gli Alleati non giunsero ad un accordo circa lo strumento da adottare per punire i
  responsabili dei crimini internazionali. La Gran Bretagna ad esempio non desiderava
  l’avvio di un processo ma un arresto ed un’esecuzione diretta perché lo ritenevano un

      13
           Zappalà S., La giustizia penale internazionale, Il Mulino, 2005.
      14
           Moreschi F., Lezioni di storia delle relazioni internazionali, Universitas Studiorum, Mantova, 2012, pag.
      80.
                                                                                                                  1
luogo di continuazione della propaganda nazista. Gli Stati Uniti, dall’altro lato, credevano
nella possibilità per i leaders tedeschi di avere un processo ricco di garanzie.
  Il primo processo venne istituito contro ventiquattro persone e sei organizzazioni
criminali. Tra i ventiquattro vi erano i capi del Partito Nazista, del Governo tedesco e il
personale ai vertici delle forze armate germaniche. Le sei organizzazioni criminali erano le
SS, le SA (squadre d’assalto), il Governo tedesco, lo Stato Maggiore, la Gestapo e il
Servizio di Sicurezza. Tale processo si concluse con dodici condanne a morte, a seguito
delle quali si attuarono processi minori, arrestati dal contesto della guerra fredda; l’astio
mondiale portò alla dissoluzione dei processi interrompendo la loro prosecuzione.15
  Il Tribunale Militare Internazionale per l’Estremo Oriente ebbe caratteristiche similari,
istituito nel 1946 dal Generale Mac Arthur, giudicò ventotto imputati accusati di crimini di
guerra e contro l’umanità, il processo conclusosi nel 1948 con sette condanne a morte e
sedici ergastoli.16 I due processi diedero vita a discussioni successive di natura storica
politica e giuridica. La loro costituzione fu un iniziativa statunitense e del Regno Unito. L’
intento alla base era quello di poter dar vita a processi giuridici con una fase istruttoria non
fittizia, dando all’ accusato la possibilità di difesa. La Corte era composta solo dalle
potenze vincitrici e per questo, spesso, venne criticata. I crimini vennero codificati in
seguito, prima di allora crimini simili alla persecuzione ebraica non erano inquadrati come
crimini di guerra perché non connessi all’evento bellico.
  Gli eventi accaduti durante la guerra conclusasi nel 1945, hanno stimolato la necessità
di codificare i crimini commessi dalla Germania nazista e dal Giappone e di poter punire
persone fisiche responsabili di tali atti.17 I due Tribunali contribuirono all’affermazione del
Principio di Giustizia Internazionale tra cui la responsabilità penale individuale per le più
grandi violazioni del Diritto Internazionale umanitario e della rilevanza di aver agito in
esecuzione di ordini.18 Per quanto concerne la responsabilità penale dell’individuo è un
concetto introdotto nel XX secolo, essendo lo Stato attore collettivo e principale
dell’ordinamento internazionale si fa carico delle azioni riconducibili ai suoi organi, l’atto
viene imputato allo Stato stesso ma nel campo dei crimini internazionali viene affiancato

  15
       Ivi pag. 81
  16
       Ivi pag. 82.
  17
       Ivi pag. 83.
  18
       Tuzi Vincenzo, L’esercizio dell’azione penale negli organi di giustizia internazionale: i tribunali ad hoc e
  la corte penale internazionale, Cemiss, pag. 3.
                                                                                                                 2
dalla logica del Diritto Penale, così responsabile della condotta diviene lo Stato e
l’individuo che ne risponde personalmente.19
  La fase successiva ai Tribunali Militari Internazionali vide un evoluzione del Diritto
Penale Internazionale, iniziata nel 1945 anno in cui vennero redatte alcune Convenzioni
Internazionali.
  La Convenzione sul crimine di genocidio, del 1948, definisce nell’art. 1 che il termine
non è prettamente legato al contesto bellico ma è considerato tale anche se commesso in
tempo di pace. L’art 2 definisce il termine genocidio come “l’intenzione di distruggere un
gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.20 Esso comprende anche gli individui
governanti, funzionari pubblici o privati. Emerge l’obbligo degli Stati contraenti di
conformare le Costituzioni alla Convenzione con norme consoni per attuarla. Il processo al
quale viene sottoposto l’imputato avverrà all’interno dello Stato, luogo del crimine o dal
Tribunale Penale Internazionale stabilito dalle parti. Tale Convenzione richiama ai sensi
della Carta delle Nazioni Unite gli organi competenti in materia.
  Ulteriori Convenzioni, che hanno portato tale diritto al progresso, sono le quattro
Convenzioni di Ginevra del 1949, integrate con due Protocolli Addizionali nel 1977 21 quali
la Convenzione sul crimine di apartheid del 1973, la Convenzione contro la
discriminazione razziale del 1975 e infine la Convenzione contro la tortura del 1984.
Queste Convenzioni portano con loro un corollario, gli Stati hanno l’obbligo di punire le
gravi violazioni disciplinate dalle Convenzioni in base al principio di punibilità
universale.
  Successivamente la Commissione del Diritto Internazionale ebbe il compito di redigere
un progetto di Codice dei crimini internazionali e di Statuto di una Corte Penale
Internazionale, inattuata a causa del clima ideologico                              sgradevole dovuto alla
contrapposizione del blocco sovietico e quello occidentale. Solo dopo gli anni 90 tale
contesto mutò consentendo a tale progetto di dar vita nel 1998 alla Corte Penale
Internazionale.

  19
       Zappalà S., La giustizia penale internazionale, Il Mulino, 2005, pag. 15.
  20
          Convenzione      sul    crimine     di    genocidio,     1948,     [ultima cons.: 14.04.2015]
  21
       D’Agostino D., Il diritto penale internazionale: dalla genesi dei crimini internazionali alla istituzione della
  Corte penale internazionale, Tesi individuale, a.a. 2012-2013 pag. 2. La prima tratta delle condizioni dei
  feriti e dei malati delle forze armate in campo, la seconda disciplina anche la condizione dei naufraghi
  delle forze armate sul mare; la terza sancisce la giurisdizione nei confronti dei prigionieri di guerra, e la
  quarta regola la protezione dei civili in tempo di guerra.
                                                                                                                    3
La giustizia internazionale si era già manifestata con l’istituzione dei tribunali ad hoc per
la ex Jugoslavia e per il Ruanda, i quali cercarono già di dotarsi di un sistema autonomo e
coerente. Numerose furono le critiche da parte della dottrina al Consiglio, accusato di aver
competenza istitutiva di organi giurisdizionali. L’esigenza imminente di ripristinare la
situazione e nominare i responsabili dei crimini portò il voto di molti Stati membri. I
rispettivi conflitti ebbero un forte impatto sull’opinione pubblica della comunità
internazionale. Si affermò l’idea che i governi potessero essere controllati e la loro
sovranità limitata da strumenti internazionali oltre a quelli costituzionali. Inoltre, si affermò
la convinzione che i diritti fondamentali necessitassero di un salto qualitativo. Il Tribunale
Internazionale per il perseguimento delle persone responsabili di gravi violazioni del diritto
internazionale umanitario commesse nel territorio dell’ex Jugoslavia dal 1991 venne
istituito con la Risoluzione n.827 del 25 maggio 1993; Il Tribunale Penale Internazionale
per il Ruanda nacque con la Risoluzione n.955 dell’8 novembre 1994 proclamata dal
Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questi Tribunali danno vita ad una nuova fase del Diritto
Penale Internazionale. Anch’essi, come i Tribunali di Norimberga e Tokyo, vennero istituiti
dopo la commissione degli atti criminosi ed hanno natura speciale.22 Le novità che
accompagna l’istituzione di tali Tribunali furono molteplici, da una parte permisero un
apporto interpretativo del contenuto di disposizioni mai state applicate prima in un contesto
internazionale; hanno dall’altra fornito un apporto creativo ad istituti e categorie di diritto
penale, assenti precedentemente, infatti vi erano lacune di principi e norme generali.
  Nella successiva fase del Diritto Penale Internazionale assistiamo alla nascita di una
nuova soluzione, i Tribunali misti. Alla fine degli anni 90 nacquero la Corte Suprema della
Cambogia, la Corte speciale della Sierra Leone e la Corte Speciale di Timor Est. Definiti
misti perché strutturati da personale in parte locale e in parte internazionale, istituiti da
accordi bilaterali con le Nazioni Unite. Alla loro base vi è la certezza di una maggior
efficacia, dovuta dalla presenza dei cittadini e istituzioni del paese che hanno sùbito gli atti
criminali nel processo.
  Il percorso del Diritto Penale Internazionale vide una sua accelerazione nell’ultimo
decennio con l’adozione, la firma e ratifica dello Statuto di una Corte Penale
Internazionale. Lo Statuto di Roma istituito dopo un vero e proprio trattato multilaterale,
approvato dalla Conferenza Diplomatica il 18 luglio 1998, con 120 voti a favore, 7 contrari
e 21 astensioni, entra in vigore il 1 luglio 2002.

  22
       Amati E., Caccamo V., Costi M., Fronza E., Vallini A., Introduzione al diritto penale internazionale,
  Giuffrè, 2010, pag. 14.
                                                                                                          4
Gli incaricati ebbero a disposizione i modelli del Common Law e di Civil Law per la
redazione di un primo progetto di Statuto. Le strade percorse per giungere a tale scopo
furono molteplici. Caratteristica principale fu l’eterogeneità della formazione anche
culturale dei delegati.23
  Molti degli ordinamenti rappresentati erano estranei ai modelli processuali dominanti. I
delegati avevano il compito di law maker, ovvero di predisporre un testo normativo. Essi
avevano la consapevolezza della necessità di raggiungere compromessi. Durante le
trattative vennero portate avanti delle esigenze volte a costruire una Corte capace di
realizzare lo scopo sancito dal Preambolo dello Statuto stesso, ovvero, quello di porre fine
all’impunità. Essa doveva divenire un modello per la giustizia penale internazionale e per
gli ordinamenti nazionali. A contrario di quello avvenuto in sede dei Tribunali ad hoc si
                                                                                      24
riconosceva un’ effettiva partecipazione delle vittime al processo.                        La difficoltà risiedeva
nel far valere gli interessi politici delle nazioni rappresentate. Alcuni Stati cercarono di
limitare l’attività della Corte. Nasce così un ordinamento misto.
  Per quanto riguarda l’imputato e la sua tutela non sono stati adottati strumenti validi per
porlo alla pari del rappresentante d’accusa soprattutto nella fase delle indagini, infatti, lo
Statuto obbliga il Procuratore a svolgere indagini sulle circostanze.
  Tale Trattato rappresenta il punto di arrivo di un processo di istituzionalizzazione di
un sistema di giustizia penale internazionale.
  In conclusione i principi fondamentali emersi con i Tribunali di Norimberga e Tokyo sono
due: il primo ribadisce che sono gli uomini non gli Stati a commettere crimini internazionali
ed a doverne rispondere qualsiasi carica ricoperta, in sostanza nessuno non esime dalla
responsabilità; il secondo è rappresentato dall’impossibilità di non poter utilizzare un
ordine ricevuto dal superiore gerarchico come scusa e giustificazione per sottrarsi alla
punizione.
  I princìpi fondamentali scaturiti dal lavoro svolto dai Tribunali della Jugoslavia e dal
Ruanda sono anch’essi rappresentati uno dalla priorità della giurisdizione rispetto a quella
delle autorità nazionali e dalla limitazione di dichiarazione di “criminale” nei confronti delle
persone giuridiche.
  Breve schema storico dello sviluppo del diritto penale internazionale:
  8 agosto 1945: Accordo di Londra, Statuto del Tribunale di Norimberga
  19 gennaio 1946: Istituzione del Tribunale di Tokyo - Lo Statuto verrà emesso il 26

  23
       Miraglia M. Diritto di difesa e giustizia penale internazionale, pag. 4, Giappichelli, Torino.
  24
       Ivi pag. 7.
                                                                                                                5
Aprile.
11 dicembre 1946: Riconoscimento dei principi emersi dallo Statuto e dal Giudizio di
Norimberga da parte dell'Assemblea Generale ONU - Risoluzione 95 (1)
1947: Incarico alla Commissione di Diritto Internazionale per un progetto di
statuto di un Tribunale Permanente e di un codice di crimini contro la
pace e la sicurezza dell'umanità
29 luglio 1950: La Commissione codifica sette principi fondamentali di Diritto
Internazionale nel suo "Rapporto sui principi di Norimberga"
1950: Istituzione di un Comitato Speciale per la definizione dei crimini
contro la pace (aggressione)
1953: Consegna dei progetti all'Assemblea Generale
1954: L'Assemblea Generale rimanda a data da destinarsi l'esame dei progetti in attesa
che si pervenga ad una definizione del crimine di aggressione
1974: Definizione del crimine di aggressione
1980- 1994: La Commissione di Diritto Internazionale riesamina i progetti
novembre 1990: L'Assemblea generale affida, su richiesta, alla Commissione di Diritto
Internazionale l'incarico di riprendere i lavori per lo Statuto di un Tribunale Permanente
25 maggio 1993: Risoluzione del Consiglio di Sicurezza istitutiva del Tribunale per l'ex
Jugoslavia
8 novembre 1994: Risoluzione del Consiglio di Sicurezza istitutiva del Tribunale per il
Ruanda
1994: La Commissione di Diritto Internazionale completa la bozza di Statuto
dicembre 1994: L'Assemblea generale istituisce un Comitato ad hoc allo stesso fine
dicembre 1995: Creazione del Comitato preparatorio per l'istituzione di un Tribunale
Penale Internazionale Permanente
1996 - 1997 - 1998: Sessione del Tribunale Penale Internazionale Permanente
15 marzo-3 aprile 1998: Ultima sessione pianificata del Tribunale Penale
Internazionale Permanente
15 giugno: Conferenza Internazionale dei plenipotenziari per l'istituzione del
17 Luglio 1998: Tribunale Penale Internazionale Permanente. 25

25
     Fonte: Amnesty international, sezione italiana.
                                                                                             6
II. L’oggetto della Giustizia Penale Internazionale: Nozione di crimine
    internazionale

   Con il termine crimini internazionali si indicano le gravissime violazioni del Diritto
Internazionale alle quali sono collegate sanzioni penali a carico dell’individuo che le
commette.
   I crimini di guerra sono il nucleo originario dei crimini internazionali, già nelle civiltà
antiche ritroviamo principi volti a evitare abusi della disciplina di guerra e del processo a
essi legati. Tali principi giungono già dai Persiani e dai Greci.26 Inoltre, sono presenti
alcune limitazioni anche nelle antiche civiltà orientali.
   Nel Medioevo si può assistere alla nascita di una prima Corte volta a reprimere i crimini
di guerra, nasce in Germana nel 1474, con l’accusa contro Hagembach di aver “violato le
leggi di Dio e dell’uomo” 27, condannato poi a morte.
   Fu a partire dalla seconda metà del XX secolo, con la nascita del soldato di
professione, che nacquero abitudini di comportamento delle truppe, in risposta anche agli
ideali liberali e umanitari dei filosofi illuministi.
   Il diritto di guerra vede alla base delle regole che limitano le sofferenze inflitte a causa
dei conflitti armati, lo jus in bello. Nasce quindi il Diritto Internazionale Umanitario che
disciplina i conflitti armati internazionali e che restringe il diritto delle parti di utilizzare
metodi e mezzi scelti. L’obiettivo era quello di controllare l’operato degli Stati. Il Diritto
Penale internazionale nella fase originaria mancava di procedure e sanzioni penali.
   Dalla fine del 1600 fino al 1800 assistiamo alla redazione di Codici PenalI Militari
Nazionali, che prevedono pene per i responsabili. Il passaggio decisivo si ebbe con la
stipulazione delle Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907.
   I crimini internazionali definiti dallo Statuto di Roma, rispetto ai crimini di diritto comune,
presentano due caratteristiche fondamentali, la prima è rappresentata da specifiche
fattispecie           e la seconda dal contesto. Gli elementi che costituiscono il crimine
internazionale sono due, uno soggettivo e uno oggettivo.
   Le norme sui crimini internazionali sono frutto di stratificazioni successive, non si sono
sviluppate in maniera organica, ma sono state il frutto di norme di natura consuetudinaria
e con carattere pattizio. Un'altra categoria di crimini internazionali è rappresentata dai

   26
        Amati E., Caccamo V., Costi M., Fronza E., Vallini A., Introduzione al diritto penale internazionale,
   Giuffrè, 2010 pag 3.
   27
        Ivi, pag 3.
                                                                                                           7
cosiddetti crimini transnazionali, che in genere sono affrontati con strumenti di
cooperazione di polizia e di intelligence e la collaborazione tra autorità giudiziarie. Essi
sono esclusi dalla competenza della Corte Penale Internazionale, spetta agli Stati, in via
esclusiva, il compito di intervenire per individuarli e punire i responsabili. Il terrorismo è
l’unico dei crimini transazionali che si è posto al centro della preoccupazione della
comunità internazionale.
   Per poter identificare l’insieme dei crimini internazionali oltre ad identificare le norme
primarie che vietano un certo comportamento deve essere individuata la conseguente
criminalizzazione ovvero una norma che individua una sanzione corrispondente al
comportamento, occorre un secondo precetto che affermi che la violazione sia punibile
con una pena detentiva.28
   I crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio sono fattispecie complesse, ciò
vuol dire che un comportamento criminoso prende forma in base al contesto.
   Per quanto concerne l’elemento soggettivo che costituisce il crimine occorre che
l’accusato abbia voluto il comportamento criminoso. La determinazione del mens rea, cioè
l’elemento soggettivo è particolarmente difficile.29 Nello specifico questi stati psicologici
sono il dolo e la colpa, nel primo vi è una volontaria partecipazione che include la volontà
di eseguire l’azione criminosa e la rappresentazione delle conseguenze dell’atto. Nel
secondo caso non c’è l’intenzione di produrre l’evento bensì la volontà di violare ordinarie
norme.

III.      Crimine di guerra

   Le prime condanne a morte per violazione di norme che disciplinavano le guerre
risalgono al 1880. Per l’esercito statunitense veniva considerato un crimine di guerra un
atto commesso in danno di persone o di beni privati, da parte dei nemici o di coloro che
agiscono in concorso con i nemici, che costituisce violazione di leggi e usi della guerra.
Essi sono violazioni del diritto dei conflitti armati, jus in bello, oggi noto come Diritto
Internazionale Umanitario, un insieme di norme che disciplinano il comportamento dei
belligeranti nel corso di un conflitto. Le Convenzioni di Ginevra del 1949 e altre

   28
        Cassese A., Chiavario M., De Franceso G., Problemi attuali della giustizia penale internazionale,
   Giappichelli, Torino 2005.
   29
        Zappalà S., La giustizia penale internazionale, Il Mulino, 2005, pag. 19.
                                                                                                       8
Convenzioni contengono elenchi specifici di crimini di guerra come i cosiddetti grave
breaches o infrazioni gravi.30 Esistono poi alcuni crimini di guerra soggetti a trasformazioni,
in tal caso il Tribunale per l’ex Jugoslavia ha svolto un lavoro decisivo a tal proposito per
precisare le linee di tali crimini inerenti a violazioni di norme consuetudinarie.
     L`art 8 dello Statuto applica due criteri, la fonte normativa di appartenenza e la natura
del conflitto. Tali crimini sono composti da due elementi: l`elemento giurisdizionale, un
elemento di contesto che rappresenta un criterio di politica giudiziaria indirizzato alla
Corte, e l’esistenza di un conflitto armato. All`interno dello Statuto non si ricava la
definizione di conflitto armato. Emergono due profili importanti anche dopo il caso Tadic
per cui la Camera d’Appello del Tribunale per l’ex Jugoslavia ha ricollegato alla categoria
delle gravi violazioni del Diritto Umanitario Consuetudinario: l`atto deve essere commesso
nell`ambito di un confitto armato ed è necessario un nesso tra l`atto e il conflitto
internazionale.
     Il compito del Diritto Penale Internazionale è quello di prevenire i conflitti armati,
qualificando negativamente ogni tipo di aggressione alla sovranità statale tende quindi a
prevenire l’insorgere del conflitto. Tuttavia la comunità internazionale tuttora non riesce a
definire il termine aggressione, basti pensare all’art 5 dello Statuto che rinvia a una futura
Conferenza. Dal 1899 la categoria di aggressione diviene oggetto di trattati che cercano
di limitare la forza armata per la risoluzione di controversie tra gli Stati. Il tentativo di una
ricerca condivisa di definizione del termine aggressione fu uno degli obiettivi iniziali
perseguiti dalla Corte.
     Con l’Accordo di Londra del 1945, si definirono i crimini di guerra come progettazione
preparazione inizio           o perpetrazione di una guerra di aggressione o di una guerra in
violazione dei tratti atti, convenzioni o alla partecipazione di un piano comune, ma il
termine non venne definito dalla Carta.31 Nel periodo successivo a Norimberga, le Nazioni
Unite cercano di codificare il termine non giungendo ad un accordo. La Risoluzione del
1974, art 3, definisce il termine aggressione come l’uso della forza armata da parte di uno
Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato.
     Le tappe della definizione del divieto dell’uso della forza sono i seguenti:
1)          Convenzioni dell’Aja del 1899 e 1907
2)          Trattato di Versailles del 1919

     30
          Convenzione di Ginevra del 1949 sul trattamento dei prigionieri
      [ultima cons: 14.04.2015]
     31
          Ivi pag. 365
                                                                                                      9
3)          Trattato Istitutivo della Lega delle Nazioni
4)          Patto di Pace di Kellog-Briand o Patto di Parigi
5)          Carta di Londra del 1945
6)          Carte delle Nazioni Unite.32
     Questi Trattati costituiscono la base per il divieto generale di usare la forza nelle
relazioni internazionali disciplinato dalla Carta delle Nazioni Unite. L’art 2 comma 4 della
Carta, stabilisce l’obbligo dei membri di astenersi dalla minaccia od uso della forza, non
vietandola in assoluto, bensì include la “legittima difesa”.
     Per crimini di guerra devono intendersi le condotte riportare all’art 8 dello Statuto,
tuttavia, è condizionata dalla presenza della clausola dell’opting out, la quale afferma la
possibilità di un singolo Stato di dichiarare di non accettare la competenza della Corte
Penale Internazionale in materia di crimini di guerra allorché il crimine sia stato commesso
sul proprio territorio o dai suoi cittadini. 33
     Il Diritto Internazionale bellico di origine consuetudinaria ha avuto codificazione in
alcune Convenzioni che rivestono un importanza particolare per quanto concerne l’ambito
penalistico in quanto attraverso questa strada si cercò di dotare il Diritto Penale
internazionale di un’ applicabilità. La Carta di Londra definiva crimini di guerra come
violazioni di diritto e delle consuetudini di guerra. Dopo la Seconda Guerra Mondiale
mediante le Convenzioni di Ginevra del 1949 si giunge a stabilire degli obblighi di
incriminazione a carico dei singoli Stati.
     Tali Convenzioni attribuiscono al singolo Stato il potere-dovere in base alla punibilità
universale di reprimere le gravi infrazioni, punendo il reo che si trova nel suo territorio o
consegnarlo a uno Stato che lo richiede e che vanta un particolare titolo di giurisdizione
secondo il principio “aut dedere aut punire”. Lo Stato è soggetto all’imposizione di dover
adottare ogni misura legislativa che appaia necessaria per poter rendere il Diritto
dell’Ordinamento aderente al Diritto Internazionale Umanitario.34 Ad esso è delegato il
compito di tutelare un bene dell’intera comunità internazionale attraverso un metodo di
adeguamento indiretto. L’obbligo di legiferare degli Stati è imposto solo per crimini ritenuti
“gravi” e riguardanti solo i conflitti armati internazionali. Nessun obbligo è previsto a carico
degli Stati dall’art 3 comune alle quattro Convenzioni e dal II Protocollo Aggiuntivo, i quali

     32
          Amati E., Caccamo V., Costi M., Fronza E., Vallini A., Introduzione al diritto penale internazionale,
     Giuffrè, 2010 pag 365.
     33
          Ivi pag. 367.
     34
          Ivi pag 370.
                                                                                                            10
disciplinano i conflitti interni. Unici strumenti che si riferiscono a tali conflitti, stabiliscono le
condotte minime che uno Stato deve rispettare, vietare alcune condotte ma non danno vita
a nessun obbligo di legiferare. Le condotte proibite cui lo Stato si impegna a reprimere
sono la violenza contro la vita e la persona, cattura di ostaggi, offese alla dignità umana,
esecuzione di pene capitali senza un giudizio preliminare. Nella pronuncia al caso Tadic i
giudici internazionali hanno stabilito che l’art 3 dello Statuto si applica a tutte le violazioni
di diritto umanitario, nell’ambito di un conflitto internazionale od interno. Tale articolo ha
funzione di clausola generale. L’inclusione dei conflitti interni è uno dei grandi successi
conseguiti dallo Statuto. La giurisprudenza internazionale definisce alcune caratteristiche
per cui si può parlare di conflitto, è qualificabile come tale indipendentemente dal fatto che
sia intervenuto un riconoscimento tra le parti, può nascere come conflitto tra forza
governative e gruppi armati oppure tra più gruppi armati organizzati. Infine il conflitto
interno può trasformarsi in conflitto internazionale in ragione dell’intervento di uno Stato
terzo. 35 Secondo l’art 8 dello Statuto lo Stato ha la libertà di scelta dei mezzi di cui servirsi
per il mantenimento della legge e dell’ordine o per mantenere l’integrità territoriale,
tuttavia, devono essere legittimi.
  Gli “Elements of Crimes” stabiliscono un elemento soggettivo dei crimini di guerra, il
soggetto deve avere la consapevolezza dei “ dati fattuali” che stabiliscono lo scontro
armato e la sua connessione con il contesto. Occorre inoltre un atteggiamento psicologico
di accettazione del rischio.

   IV.       Crimini contro l’umanità

  Con l’Accordo di Londra dell’8 agosto 1945 venne elaborata la nozione di crimini contro
l’umanità. Creando la fattispecie si afferma che un governo ha limiti al trattamento dei
propri sudditi, sulla stessa via nel dopoguerra si affermano i diritti dell’uomo              con la
Dichiarazione Universale del 1948 e con la stipulazione del Patto Internazionale sui Diritti
civili e politici del 1966. La prima definizione venne proclamata dal Tribunale di
Norimberga che definisce crimini contro l’umanità “l’omicidio, lo sterminio, la riduzione in
schiavitù, la deportazione e altri atti inumani commessi contro una popolazione civile o
persecuzioni per ragioni politiche, razziali o religiose.”

  35
       Ivi pag. 386
                                                                                                   11
La definizione dei crimini contro l’umanità prevista dallo Statuto art 7 si presenta
dettagliata, abbraccia una serie di crimini che hanno in comune il fatto di essere
gravemente lesivi di interessi fondamentali della persona umana. 36
   L`elemento che permette di definire tali offese con il termine “crimini” contro l’umanità è
presente nell`art 7 che lo definisce come un attacco generalizzato o sistematico diretto
contro una popolazione civile, esso è il suo elemento strutturale. Questi crimini sono lesivi
del valore dell’umanità tutelato dalla comunità internazionale.37 Tale elemento è
fondamentale perché` permette di distinguerli con i crimini di diritto comune e permette di
qualificare l`illecito.
   Fin dai tempi dello Statuto di Norimberga i Tribunali erano connessi ai crimini di guerra.
Dopo lo Statuto l`evoluzione di tale termine portò alla necessità di avere una nozione
autonoma. Ammettendo il loro legame con la sovranità non aveva senso legarli allo stato
di guerra, essa infatti si presenta a prescindere dallo stato di guerra o di pace. 38 I crimini
contro l’umanità si inseriscono in una pratica criminosa diffusa o sistematica diretta contro
una popolazione civile, introducendo così in riferimento a tale termine un elemento
collettivo e svelando l’unicità del bene leso. Per poter parlare di attacco occorre che vi
siano l`elemento collettivo e qualitativo.
   Con la nozione di “attacco” si definisce una linea di condotta comprendente una serie di
atti inumani o violenti diretti contro una popolazione civile. Nozione distinta da quella di
attacco armato. E` necessario inoltre che l`attacco sia generalizzato e sistematico, che
presenti un elemento quantitativo ovvero una molteplicità di vittime. In genere l`elemento
generalizzato e sistematico viene valutato in rapporto a situazioni concrete. L`attacco
generalizzato o sistematico può essere distinto dal livello di organizzazione dello stesso, il
secondo porta con se` necessità di provare la coordinazione dell`attacco, nel primo caso
basta dimostrare la commissione di vari atti criminosi.
   L`attacco può aver come contenuto una componente politica e può essere attuato dallo
Stato, da organizzazioni o da privati.
   L`oggetto del crimine contro l’umanità è rappresentato da qualsiasi popolazione civile,
ma solo civili.39 La successiva evoluzione ha portato alla comprensione tra le vittime di

   36
        Statuto di Roma della Corte penale internazionale.
   37
        Cassese A., Chiavario M., De Franceso G., Problemi attuali della giustizia penale internazionale,
   Giappichelli, Torino 2005.
   38
        ivi pag. 8
   39
        Ivi pag. 7
                                                                                                      12
soldati e dei membri dei gruppi di resistenza o a coloro che occasionalmente avevano
preso le armi o avevano cessato di usarle.
  L`elemento contestuale non caratterizza anche i crimini di genocidio, il bene giuridico
identificato con un gruppo è più circoscritto rispetto ai crimini contro l`umanità`. Ne deriva
una tutela anticipata rispetto alla norma, il crimine è commesso anche se solo voluto. Esso
nella prassi non si manifesta al di fuori del contesto di una pratica diffusa o sistematica di
distruzione di un gruppo.
  Al fine di determinare la responsabilità dell’individuo, per questa tipologia di crimini, è
necessario che oggettivamente il soggetto concorra con la consapevolezza di contribuirvi.

   V.         Crimine di genocidio

  Particolare crimine contro l’umanità, per genocidio si intende “un atto che ha lo scopo di
distruggere in tutto o in parte un gruppo etnico, razziale o religioso.” Espressione coniata
da Rafael Lemkin nel 1944.40
  I Tribunali di Norimberga e Tokyo nel giudicare lo sterminio degli ebrei e altri gruppi
etnico religiosi fecero riferimento ai crimini contro l’umanità e alla persecuzione. 41 Questa
sottocategoria assunse autonomia grazie alla Convenzione per la prevenzione e la
repressione del crimine del genocidio del 1948, che ha anche disposto la punibilità di altri
crimini, inoltre ha proibito il genocidio sia in presenza di guerra che in sua assenza; ha
riaffermato che dagli atti di genocidio corrisponde sia la responsabilità dell’individuo sia
dello Stato, infine ha escluso ogni immunità degli individui organi dello Stato. Tale
Convenzione presenta però dei limiti, al suo interno non contempla lo sterminio di gruppi
politici o il cosiddetto genocidio culturale, nemmeno la purificazione etnica. Stabilisce
inoltre che la punizione deve essere imposta dal Giudice dello Stato sul territorio nel quale
è stato commesso o davanti alla Corte Penale Internazionale.
  L’ elemento soggettivo è rappresentato dall’intenzione di distruggere tutto o in parte un
gruppo, definito solitamente dolo speciale, cioè un elemento mentale aggravato, l’individuo
ha l’intenzione di distruggere un gruppo in quanto tale. Tale elemento permette di

  40
       Ivi pag.7.
  41
       Zappalà S., Ansalone G., 11 settembre 2021 le minacce del prossimo decennio, Franco Angeli, Milano,
  2012, pag. 36.

                                                                                                       13
distinguere i crimini contro l’umanità che hanno raggio più ampio dal genocidio,
quest’ultimo invece ha il solo scopo di annientare un gruppo.
   Quanto all’elemento oggettivo, i due crimini posso coesistere contemporaneamente,
l’uccisione di un gruppo può presentarsi sia come genocidio sia come crimine contro
l’umanità.
   Esso rappresenta il crimine dei crimini in quanto è mosso dalla volontà di negare alle
vittime il diritto all’esistenza.

VI.       Crimini contro la pace

   Lo Statuto del Tribunale di Norimberga definisce i crimini contro la pace come la
“pianificazioni, preparazione, inizio o scatenamento di una guerra di aggressione, o di una
guerra in violazione di trattati internazionali; partecipazione in un piano comune o ad una
cospirazione a tal fine”. A causa delle difficoltà di definizione di tale termine che si è
riscontrata negli ultimi cinquanta anni, la Corte Penale Internazionale avrà competenza a
giudicare tali crimini solo se gli Stati parti ne forniscono definizione completa.
   Già il Trattato di Versailles e il Patto della Società delle Nazioni cercarono di limitare
l’uso della forza armata condannando le guerre d’aggressione. Era giunto il momento di
rinunciare alla guerra come strumento di politica nazionale. Concetto ribadito all’art 1 e 2
del Patto in cui si afferma l’obbligo di soluzione pacifica delle controversie internazionali.
   Nel 1954 le difficoltà nel definire un accordo sul crimine di aggressione interruppe il
tentativo di creare un codice dei crimini contro il genere umano. Solo nel 1974 l’Assemblea
Generale definisce l’aggressione come uso della forza armata tradizionale da parte di uno
Stato nei confronti di un altro ente sovrano. Attualmente l’Assemblea degli Stati parte della
Corte Penale Internazionale continua a negoziare su questo tema, cercando una
definizione in modo da poter consentire alla Corte di applicare la propria giurisdizione su
tali crimini. 42

   42
        Ivi pag. 44
                                                                                                 14
VII.     Il caso Cefalonia: processo ad Alfred Stork

  Il 23, 24 e 25 settembre 1943 avvenne l’eccidio a Cefalonia. Il Tribunale Militare di
Roma ha condannato il nazista Alfred Stork all’ergastolo, accusato di aver fucilato almeno
117 italiani nel settembre 1943 in Cefalonia.
  Il processo è avvenuto dopo settant’ anni dall’uccisione. La vicenda risulta importante in
quanto afferma principi giuridici e condanna individui criminosi. Una sentenza virtuale che
pone interrogativi e riflessioni.
  Una manifestazione di necessità di atti di “riparazione” morale e democrazia. I processi
hanno in questi casi doppia importanza, di giustizia e di memoria storica. 43
  In coerenza con questo processo, si ribadisce il principio già affermato dell’impossibilità
di giustificazione da parte dell’imputato, che afferma di aver eseguito un ordine.
  Il giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale Militare di Roma disponeva del rinvio a
giudizio riguardanti Stork Alfred accusato di “concorso in violenza con omicidio continuato
commessa da militari nemici in danno di militari italiani prigionieri di guerra”. 44
  Durante l’udienza del 19/12/2012 l’imputato non si presentò in aula a causa di una
malattia diagnosticata, il difensore chiese così il rinvio. Richiesta rifiutata il Pubblico
Ministero che chiese la documentazione. Durante le successive udienze il Tribunale ha
escluso alcuni testi e documenti. La decisione e l’esito raggiunto, quale l’ergastolo, stante
tutti gli elementi e la particolare complessità dei documenti esaminati, ripercorre gli
avvenimenti ed ha un importanza storica notevole.

  43
       Conferenza “Processo ad Alfred Stork, la verità giudiziaria sulla strage di Cefalonia dopo 70 anni”.
  44
       Sentenza Tribunale Militare di Roma pag.8  [ultima consultazione:3/7/2015]
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VIII. L’evoluzione     della  responsabilità    penale                   internazionale
           dell’individuo commesse nel corso di guerre civili

  Le fasi in materia di responsabilità penale internazionale dell’individuo si possono
riassumere in tre periodi diversificati. Le prime due fasi la materia registra un momento di
stallo, ricco di lacune, invece nella terza fase si ha un inversione di tendenza. L’azione dei
Tribunali Penali Internazionali si afferma in modo indipendente dalla normativa statale,
dall’altra parte influenza la giurisprudenza nazionale. La prima fase vede per definizione la
guerra civile come attacco frontale alla sovranità statale, fase zero anche sulla
responsabilità penale dell’individuo, nonostante l’ art 227 del Trattato di Versailles prevede
sanzioni per chi avesse commesso un crimine internazionale. Nel 1949 gli Stati sono
protesi verso i conflitti armati internazionali, infatti, l’unico articolo 3 comune alle quattro
Convenzioni del 1949 è riferimento comune che tratta tale argomento.
  La tutela della sovranità statale era al centro dell’interesse di garanzia del Diritto Penale
Internazionale. L’attenzione dei diritti umani che entra in gioco dopo la seconda guerra
mondiale rappresenta un evoluzione, ma quando entra in discussione la sovranità nel
bilanciare gli interessi il diritto internazionale oscilla sul primo. Anche i Tribunali Militari
internazionali di Norimberga e di Tokyo diedero attenzione ai crimini commessi duranti i
conflitti armati internazionali, contro l’umanità solo se connessi alla guerra di aggressione e
rientranti nelle competenze dei tribunali nei confronti dei combattenti e di civili dello Stato
nemico. Non a caso il Consiglio di Sicurezza interviene per dirimere le crisi a prescindere
dal conflitto, a tutela delle violazioni massicce dei diritti dell’uomo.
  La Giustizia Penale Internazionale nei riguardi dei crimini commessi nel corso di conflitti
armati interni può essere analizzata secondo due direttrici, la prima riguarda i crimini di
guerra che siano connessi a conflitti armati interni (con la fine della guerra fredda
aumentano le guerre civili), la seconda riguarda i crimini contro l’umanità che possono
avvenire a prescindere da un conflitto armato, con la fine della guerra fredda l’allarme
internazionale riguarda le violazioni massicce e sistematiche dei diritti dell’uomo a
prescindere dal contesto in cui hanno luogo.
  I Tribunali Internazionali hanno rafforzato le norme riguardanti la responsabilità penale
internazionale dell’individuo, inoltre dettano un regime che disciplina anche i rapporti tra gli
Stati. I Tribunali Penali Internazionali rafforzano il diritto umanitario ma esclusivamente nei
confronti dei conflitti armati internazionali, perché le Convenzioni di Ginevra ed i successivi
Protocolli prevedono la responsabilità penale e prevedono una garanzia. Riferendosi ai

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conflitti interni oggi i Tribunali Penali             Internazionali possono attivarsi maggiormente
perché prevedono garanzie non previste prima dall’art 3 comune e dai Protocolli
successivi.
  La giurisprudenza penale internazionale ha avuto carattere decisivo tra le norme
applicabili ai conflitti interni, si pensi alla sentenza Tadic del 1945. Il Tribunale Penale
Internazionale in questo caso si domandò se avesse giurisdizione in materia di conflitti
armati interni, trovando risposta nell’art 2 della Convenzione di Ginevra, che richiama
espressamente i conflitti armati internazionali. Giungendo all’art 3 il Tribunale fa
riferimento a una clausola generale mettendo al centro il diritto penale consuetudinario.
  La crisi della consuetudine non vale per il Diritto Consuetudinario Umanitario. Con il
termine guerra civile, il Tribunale Penale Internazionale e il suo articolo 8 definisce i crimini
di guerra come parte di crimini.45 Lo Statuto di Roma inserisce una soglia e anche l’onere
di stabilirla alla Corte. Tale soglia non è presente nell’art 3 comune, ciò risponde a una
logica riportata anche dall’art 5 dello stesso.
  I Tribunali di Norimberga e Tokyo hanno introdotto per la prima volta il principio di
responsabilità penale individuale per crimini internazionali. Fino a quel momento erano
sanzionabili gli Stati. Alla luce dello Statuto di Roma l’oggetto del Diritto Penale
Internazionale è la condotta dell’individuo, lo Stato rimane a capo di responsabilità dettate
dal Diritto Internazionale. 46 Il principio di responsabilità penale individuale è sancita dall’art
25 dello Statuto di Roma con esclusione della responsabilità penale degli enti.
  Il comma 2 specifica che “Chiunque commette un reato sottoposto alla giurisdizione
della Corte è individualmente responsabile e può essere punito secondo il presente
Statuto.”
  Nel successivo comma 3, lo Statuto elenca le modalità con cui può commettere un
reato, si ritiene responsabile di un crimine un individuo che “commette un crimine a titolo
individuale o insieme a un'altra persona o tramite un'altra persona, a prescindere se
quest’ultima è o meno penalmente responsabile”. Vengono disciplinate anche forme di
partecipazione, è punibile la condotta di chi ordina, sollecita o incoraggia la perpetrazione
di un crimine o chi fornisce il suo aiuto, la sua partecipazione o ogni altra forma di
assistenza. La lettera d) specifica ogni tipo di modo di perpetrazione o tentativo di

  45
       F. Graziani, Conferenza presso il Casd, Conflitti armati e regionalizzazione delle guerre civili.
  46
       Amati E., Caccamo V., Costi M., Fronza E., Vallini A., Introduzione al diritto penale internazionale,
  Giuffrè, 2010.
                                                                                                           17
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