Il processo civile e la Costituzione - DOTT.SSA BARBARA POLISENO DOTT. GIORGIO G. POLI - UniBa

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Il processo civile e la
     Costituzione

   DOTT. GIORGIO G. POLI

    DOTT.SSA BARBARA POLISENO
Il processo civile e la Costituzione - DOTT.SSA BARBARA POLISENO DOTT. GIORGIO G. POLI - UniBa
Fase di passaggio: scuola/università

Sensazione di smarrimento: il giovane non conosce le proprie
  inclinazioni (o le proprie vocazioni)

Si passa da un sistema in cui c’è un controllo quotidiano sullo studio
  da parte del docente ad un sistema in cui si valuta solo
  l’apprendimento finale, ma non conta come ci si è arrivati
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I pro e contra di una scelta
Questa sensazione di smarrimento nella scelta di una facoltà giuridica è per un
verso maggiore e per altro verso minore di quanto accada in altre facoltà

Minore perché gli studi giuridici hanno una loro coerenza interna ed una loro
compattezza difficilmente replicabile: lo studio del diritto nelle sue
sfaccettature (storiche, filosofiche, positive), in una sola parola la funzione
sociale del diritto

Maggiore perché gli studi giuridici sono, solitamente, in linea di discontinuità
con quelli compiuti nella scuola secondaria

Lo studente di chimica solitamente ha già familiarizzato con i concetti della
chimica
Lo studente di giurisprudenza solitamente non ha idea di cosa sia il diritto
prima di iscriversi
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Apre molte strade ma lascia in mezzo ad una
                  strada?

 La laurea in giurisprudenza da sbocco ad una serie di
 professioni: avvocato, magistrato, notaio, dirigente di
 organizzazioni pubbliche e private, consulente del
 lavoro

 In altre facoltà non accade lo stesso: chi sceglie
 veterinaria vuole fare il veterinario, chi sceglie
 odontoiatria…
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Diritto: una materia senza materia?...

Il diritto non appartiene al “mondo dei segni sensibili”: i
fenomeni giuridici esistono soltanto nella mente di chi li
pensa: un diritto soggettivo non potrà mai afferrarsi tra le
mani, una servitù prediale non la vedremo mai passeggiare,
una ipoteca non si arrampica su una casa
Il diritto non è altro che la trasformazione di parole
contenute in alcuni testi (la legge) in parole di altri testi (le
sentenze): gli istituti giuridici prendono forma, non
attraverso l’osservazione (es. la gravità), ma attraverso la
qualificazione giuridica
Ex facto oritur ius: la redazione di un documento cartaceo
può trasformarsi a certe condizioni in contratto di locazione
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…una materia concreta!
Nonostante la sua astrattezza, non deve sfuggire che il diritto si occupa di
vicende molto concrete: dove c’è una comunità, lì c’è il diritto

Solo che il diritto non si limita ad osservare un fenomeno ed inscriverlo
in una determinata legge scientifica, ma parte dal fatto storico per
conformarlo ad una determinata norma. Il diritto non osserva, ma
trasforma: es. incidente stradale

Per Carnelutti: “Avviene nel corso della storia come nel corso di un
fiume: senza il diritto la storia seguirebbe il suo alveo naturale; il
diritto somiglia ad un sistema di argini, di dighe, di chiuse, mediante il
quale si accelera, si orienta, o persino si arresta il fluire delle acque”

Il diritto non serve a descrivere (come avviene per le leggi scientifiche)
ma a prescrivere, ad orientare i comportamenti umani
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Studiare diritto

     IMPARARE

     STUDIARE

    CONOSCERE
Vocazione o inclinazione?
In alcuni campi di interesse è necessaria una innata predisposizione:
l’orecchio per la musica, la mano per la pittura

Nelle materie legate all’apprendimento intellettuale, come il diritto, si
suole ritenere non necessaria una vocazione innata, ma

È comunque necessario interrogarsi sulle proprie inclinazioni

1) di conoscenza: storia, filosofia, latino

2) di attitudini: chi ha terrore del sangue non può fare il chirurgo; chi
non ha passione per i fenomeni sociali, per le vicende politiche
istituzionali, per l’organizzazione del potere socio-economico potrebbe
avere qualche difficoltà in più a studiare il diritto
Il processo e la sua funzione strumentale

  In ogni ordinamento esiste una normativa primaria
  che disciplina il comportamento dei cittadini:
  l’insieme di poteri, doveri facoltà chiamato diritto
  sostanziale: es. del creditore ad ottenere una somma
  di danaro in base ad un contratto
                                    CREDITORE

                        DEBITORE              ORDINAMENTO

Il rapporto non è bilaterale (ordinamento – titolare dell’obbligo), ma trilaterale
Il processo e la sua funzione strumentale

In caso di inadempimento della normativa primaria,
entra in gioco quel complesso di norme processuali –
diritto processuale - diretto a garantire che la norma
sostanziale venga attuata anche in caso di mancata
cooperazione spontanea da parte di chi vi è tenuto
Ecco perché il processo viene definito come
strumentale rispetto alla norma sostanziale, nel
senso che non potrebbe esistere senza un diritto
sostanziale
Indispensabilità del diritto processuale

Nel nostro ordinamento esiste il divieto di autotutela
privata: per l’art. 392 c.p. “Chiunque, al fine di
esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al
giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé
medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a
querela della persona offesa” (v. anche l’art. 393
c.p.)
Se la parte non può farsi giustizia da sé (con la forza),
anche il diritto sostanziale, per essere attuato, ha
bisogno del diritto processuale
Indispensabilità del diritto processuale

Se non esistesse il processo, il diritto sostanziale
sarebbe semplicemente declamato, rimarrebbe
lettera morta se, proprio nel momento più delicato,
non vi fosse possibilità di farlo rispettare
Si pensi al diritto di associazione, alla reintegra del
lavoratore, al diritto dei figli all’istruzione da parte
dei genitori ecc.: un ordinamento che, pur
prevedendo questi diritti, non ne assicurasse
l’attuazione in caso di inadempimento non potrebbe
dirsi pienamente giuridico, ma basato sulla forza.
Ubi societas ibi ius e Processo

                              I conflitti che sorgono tra i membri
                              appartenenti alla medesima Comunità/Stato
                              Democratico non si risolvono con l’uso della
                              forza “fai da te”.

E’ il processo lo strumento deputato a far
valere le proprie ragioni e a ripristinare
giustizia e convivenza civile
L’art. 24 della Costituzione

Una delle norme principali sulla giurisdizione presenti nella
Costituzione: dopo l’art. 3 Cost., è quella più
frequentemente fatta oggetto di giudizi di rimessione alla
Consulta
Può essere idealmente scomposta in 4 distinte proposizioni:
   diritto di azione
   diritto di difesa
  patrocinio dei non abbienti
   riparazione degli errori giudiziari
“Tutti possono agire…”
Il primo comma dell’art. 24 Cost. recita “tutti possono
agire per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi”
Dal punto di vista soggettivo, l’espressione “tutti” si
contrappone a cittadini: mentre alcuni diritti vengono
riconosciuti solo a chi è legato alla nazione da un vincolo di
cittadinanza (art. 16,17,18), la tutela giurisdizionale è
riconosciuta a chiunque per il solo fatto di essere soggetto
di diritto
Sarebbe incostituzionale una qualsiasi norma che negasse
l’accesso alla tutela giurisdizionale agli stranieri clandestini,
non muniti di permesso di soggiorno (o gli negasse la
libertà religiosa ex art. 19)
“…per la tutela dei propri diritti e interessi
                  legittimi”

Dal punto di vista oggettivo, la norma impedisce al
legislatore ordinario di creare situazioni soggettive
aventi rilevanza giuridica (diritto soggettivo o interesse
legittimo) sul piano sostanziale e poi negare alle stesse
tutela dal punto di vista processuale

La norma ha una sua forte matrice storica, dovuta al
fatto che nel periodo precedente alla Costituzione
spesso il legislatore aveva negato la tutela di fronte a
taluni atti della P.a.
Quale tutela?

Ci si deve chiedere se il Costituente abbia voluto garantire
una qualsiasi tutela o una tutela strettamente
giurisdizionale (il processo)

Autodichia: farsi giustizia da sé          vale per gli organi
Costituzionali (Presidenza della Repubblica, Parlamento,
Corte costituzionale) e comporta, ad esempio, per i
dipendenti di questi organi l’impossibilità di rivolgersi ad
un giudice e la necessità di chiedere tutela al proprio datore
di lavoro.
Es.: bibliotecario della Camera o eletti del Parlamento: v.
art. 66 Cost.
Quale tutela?

                      Giurisdizione condizionata

  Ipotesi in cui il legislatore non impedisce completamente l’accesso alla
  giurisdizione ma lo rinvia all’esperimento di una attività preliminare al
  giudizio, come condizione di procedibilità del giudizio stesso: tentativi
  obbligatori di conciliazione o mediazione obbligatoria

La corte ritiene legittima questa scelta del legislatore fin tanto che non si
  frappongono al diritto di azione ostacoli eccessivi e purché il
  condizionamento sia funzionale ad un miglior funzionamento della
  giurisdizione.
Una tutela effettiva

  Il processo deve assicurare tendenzialmente a chi ha ragione tutto quello
  e proprio quello che aveva diritto di ottenere alla stregua del
  diritto sostanziale

  Il principio di effettività della tutela impone di contemperare il primo
  comma dell’art. 24 con il secondo comma (la difesa è diritto
  inviolabile): la necessità di una tutela effettiva può far sì che il diritto di
  difesa venga, almeno temporaneamente, compresso o limitato

Es.: provvedimenti cautelari inaudita altera parte
Il diritto di difesa
Art. 24, 2° co., Cost. “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e
grado del procedimento”
Art. 111, 2° co., Cost. “Ogni processo si svolge nel contraddittorio
tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e
imparziale”
Art. 101 c.p.c. “Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non
può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale
è proposta non è stata regolarmente citata e non è
comparsa”
È la teorizzazione del dialogo per giungere alla verità: il processo è una sequenza ordinata di
atti e provvedimenti, per cui al potere di una parte deve corrispondere sempre, a pena di
illegittimità costituzionale, il potere simmetrico della controparte di smentire, confutare o
provare il contrario di quanto affermato dalla controparte
Ovviamente, la verità è sempre quella formale (che emerge dagli atti del processo), ma non è
opera magica del giudice del suo “imperscrutabile e soggettivo convincimento” bensì del
principio “iuxta alligata et probata”, assumendo su di sé la logica dialettica della
controversia (Capograssi)
Il processo come giuoco dialettico

“Il processo non è soltanto una serie di atti che devono
susseguirsi in un certo ordine stabilito dalla legge (ordo
procedendi) ma è anche, nel compimento di questi atti, un
ordinato alternarsi di più persone, ciascuna delle quali in
questa serie di atti deve parlare e agire al momento giusto,
non prima e non dopo, allo stesso modo che nel recitare un
dramma ogni attore deve saper entrare a tempo per la sua
battuta, o in una partita a scacchi debbono i giuocatori
regolarmente alternarsi nel muovere i pezzi”
Dialogo e deontologia

“Per questo l’avvocatura è un’arte, nella quale la conoscenza
scolastica delle leggi serve a ben poco, se non è accompagnata
dall’intuito psicologico che serve a conoscere gli uomini, e i molteplici
espedienti e manovre coi quali essi cercano di piegare le leggi ai loro
scopi pratici. Invano si spera che i codici di procedura, anche i meglio
studiati in teoria, servano davvero alla giustizia se non sono sostenuti
nella loro applicazione pratica da quella lealtà e correttezza del
giuoco, da quel fair play, le cui regole non scritte sono affidate alla
coscienza e sensibilità degli ordini forensi”
Forme del contraddittorio
Il principio deve realizzarsi tanto nei confronti delle parti, quanto nei
confronti del giudice, quando questi decida sulla base di una questione
rilevata d’ufficio         non può esistere la c.d. sentenza a sorpresa

Processi a cognizione piena: quelli in cui le parti possono contribuire
alla ricerca della verità, con ogni mezzo previsto dal legislatore
Processi a cognizione sommaria: non prevedono una trattazione piena
ed esauriente della controversia. O perché alcune questioni vengono
(provvisoriamente) escluse dalla trattazione; o perché l’istruttoria (cioè
la raccolta delle prove) è effettuata in modo atipico o deformalizzato

La tutela sommaria rimane costituzionalmente ammessa fin tanto che
consente alle parti il ricorso alla cognizione piena, con un
provvedimento idoneo a sostituirsi a quello reso in fase sommaria
Il giudice naturale
L’art. 25 Cost., concepito per il processo penale, ma valido anche per
quello civile, dispone che “nessuno può essere distolto dal giudice
naturale precostituito per legge”

I criteri atti ad individuare il giudice devono essere previsti nella legge (v.
le regole di giurisdizione e competenze previste nel codice di procedura
civile)

Una volta incardinata la causa dinanzi a quel giudice, non gli può più
essere sottratta con forme più o meno esplicite di avocazione (gli
eventuali mutamenti della legge o dello stato di fatto successivi alla
proposizione della domanda sono solitamente irrilevanti)

 Il principio ha una limitata valenza pratica perché si riferisce al Giudice
= ufficio giudiziario e non al Giudice = persona fisica e dunque non
impedisce al capo dell’ufficio di provvedere alla concreta individuazione
del magistrato competente
I principi in materia di giurisdizione: il
             Giusto processo

 L’art. 111 Cost., modificato nel 1999 con l’introduzione di alcuni
 commi di rilevanza essenzialmente processualpenalistica, statuisce
 che la giurisdizione si attua mediante “il giusto processo regolato
 dalla legge”

 Il giusto è un concetto metagiuridico: è giusto quando rispetta le
 altre condizioni dettate dall’art. 111 (ragionevole durata,
 contraddittorio, motivazione del provvedimento)? Oppure quando si
 avvicina il più possibile alla verità materiale dei fatti di causa?

 “Regolato dalla legge”: seppur da non intendersi in senso
 assoluto, il principio comporta che non deve farsi ricorso illimitato ai
 poteri discrezionali ed officiosi del giudice che altrimenti
 trasmoderebbero in arbitrio (il giudice deve essere guidato dalla
 legge: v. art. 101, 2° co., Cost.)
La ragionevole durata del processo

Secondo l’art. 111 comma 2° la legge deve assicurare la ragionevole
durata del processo

Art. 6, par. 1, Convenzione europea diritti dell’Uomo: “1. Ogni persona
ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed
entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e
imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle
controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della
fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta”

Legge 24 marzo 2001, n. 89: Art. 2. Diritto all'equa riparazione Chi ha
subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il
profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6,
paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione
Durata ed effettività della tutela

Il principio rappresenta una declinazione necessaria del diritto di azione
sancito dall’art. 24 Cost., giacché una giustizia ritardata potrebbe
equivalere ad una giustizia negata (si pensi all’impresa che chieda il
soddisfacimento di un suo credito che, se insoddisfatto, potrebbe condurre
al fallimento)
Necessità del legislatore di operare, non solo sul piano strettamente
processuale (evitando che le parti e il giudice possano procrastinare la
decisione) ma anche sul piano strutturale-organizzativo, con
l’ampliamento dell’organico dei magistrati o con misure di court and case
management
Le classifiche europee diffuse dalla Cepej nel 2015 dicono che l’Italia è al
terzultimo posto in Europa per lunghezza dei processi, con una durata
media di 608 giorni per il solo primo grado (meglio solo di Cipro e Malta;
primo è il Lussemburgo con una durata media di 53 gg.!)
Obbligo di motivazione

Per l’art. 111, comma 6°, Cost. “tutti i provvedimenti giurisdizionali
devono essere motivati”
Il principio risponde alla massima di esperienza secondo cui se il giudice
deve rendere conto del suo ragionamento: 1) più difficilmente potrà
ignorare le argomentazioni difensive 2) una sentenza che contiene le
ragioni del decidere è statisticamente più meditata
Funzione extraprocessuale: la motivazione funge da specchio di
garanzia che consente alla collettività di verificare l’operato dei giudice
nella stesura della sentenza, atto pubblico
Funzione endoprocessuale: serve a rendere concretamente spendibili i
diritti di azione e difesa, in fase di impugnazione, consentendo alle parti
del giudizio la verifica della correttezza dell’operato del giudice e la
presenza di eventuali vizi (es. il giudice ha erroneamente valutato
attendibile un testimone miope che deponeva su un incidente stradale
verificatosi a 100 m. di distanza)
Obbligo di motivazione

In realtà, l’obbligo di motivazione non si estende a tutti i
provvedimenti indiscriminatamente, ma soltanto:

Alle sentenze: v. anche l’art. 132 c.p.c. (concisa esposizione
delle ragioni di fatto e di diritto della decisione)

Ai provvedimenti diversi dalle sentenze (ordinanze,
decreti) a patto che abbiano natura sostanziale di sentenza,
cioè siano definitivi ed in grado di incidere su diritti cioè
decisori
La garanzia del ricorso per cassazione

L’art. 111, 7° co., Cost. prevede che contro le sentenze (e
tutti i provvedimenti sulla libertà personale) pronunciati
dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre
ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge

        a) Sistemi di
        common law

        b) Sistemi di
        civil law
La nomofilachia

  Per l’art. 65 ord. Giud. La Corte di cassazione assicura “l’esatta osservanza e
    l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo
    nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”

  Il giudice di merito può discostarsi dall’orientamento della
    Corte?
Autorevolezza della Corte: anche in assenza di vincolo del precedente
giudiziario, esso dovrebbe imporsi imperio rationis e non ratione
imperii
Possibilità del soccombente di impugnare dinanzi alla Corte la sentenza
dissenziente e di farla “cassare”
Il termine sentenza va interpretato non in senso formale, ma
sostanziale, estendendo la garanzia anche agli altri provvedimenti
purché idonei al giudicato (definitivi e inoppugnabili) e in grado di
decidere su diritti (decisori)
I principi costituzionali sulla magistratura

Il Titolo IV della Costituzione è rubricato “La Magistratura” e contiene
una serie di norme sui giudici (ordinari e speciali) e sulla giurisdizione

Secondo l’art. 101 Cost. “la giustizia è amministrata in nome del
popolo”. L’affermazione si collega all’esercizio di sovranità affidato
nelle mani del popolo dall’art. 1, comma 2, Cost.
Secondo l’art. 101, comma 2, “i giudici sono soggetti soltanto alla
legge”

I giudici devono amministrare nec spe nec metu, nel senso che non
soffrono alcuna soggezione rispetto agli altri poteri dello Stato che non
sia giustificata dall’osservanza della legge: tutti gli atti contra ius
possono essere disapplicati          principio di separazione dei poteri
Montesquieu e art. 104, comma 1°, Cost.
I giudici: ordinari, straordinari, speciali

  L’art. 102, comma 2°, Cost. dispone seccamente che “non possono
  essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali”

Il giudice straordinario è quello costituito post factum, a seguito del
   verificarsi dei fatti costitutivi di un diritto (o dopo un reato): viola il
   principio di precostituzione naturale del giudice in base alla legge ed è
   istituzionalmente pericoloso perché tende ad identificarsi con l’organo
   o il potere che lo ha istituito

Il giudice speciale è quello costituito prima del fatto (si differenzia da
   quello straordinario), ma ha una definizione ricavabile in negativo: tutti
   i giudici che non sono ordinari perché non istituiti e regolati dalle
   norme sull’ordinamento giudiziario (v. art. 101 co. 1 Cost.)
Le sezioni specializzate

Lo stesso art. 102 Cost. consente tuttavia l’istituzione di
sezioni specializzate presso gli organi giudiziari ordinari
che si occupino di “determinate materie”, anche con la
partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura
Es.: sezioni specializzate agrarie presso i tribunali ordinari:
formate da membri togati (giudici) e da esperti estranei alla
magistratura: il giudice non può essere onnisciente
Le sezioni specializzate non sono a sé stanti, ma hanno sede
e fanno parte di uffici giudiziari (tribunale, corte di appello)
destinati ad esaminare anche materie ordinarie, non
“specializzate”
Il giudice amministrativo

Una particolare species di giudice speciale è il giudice amministrativo
che, secondo l’art. 103 Cost., ha giurisdizione per la tutela nei confronti
della pubblica amministrazione degli interessi legittimi.
Gli interessi legittimi sono posizioni soggettive (secondo alcuni meno
importanti del diritto soggettivo) correlate all’esercizio di poteri
autoritativi della P.a. (concorso pubblico) e la cui tutela si realizza
attraverso l’impugnazione del provvedimento amministrativo
illegittimo
Gli organi di giurisdizione amministrativa (Consiglio di Stato, T.a.r.)
hanno, in realtà, anche ed in “particolare materie indicate dalla legge”
una giurisdizione estesa anche ai diritti soggettivi: questa prassi prende
il nome di giurisdizione esclusiva (edilizia e urbanistica, pubblici
servizi). Es.: se un soggetto vuole chiedere il pagamento di una somma
di danaro per il servizio pubblico espletato, sebbene faccia valere un
diritto, deve rivolgersi al g.amm.
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