Il passaporto del cuore - Articoli di autori vari offerti dalla comunità educante (giovani e FMA) di Cremisan, Terra Santa
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Progetti di pace quotidiana in Palestina, terra biblica per eccellenza Articoli di autori vari offerti dalla comunità educante (giovani e FMA) di Cremisan, Terra Santa Il passaporto del cuore A Cremisan, una piccola frazione a pochi chilometri da Betlemme, sta la casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice dove bambini e giovani trovano spazio e modo per crescere nonostante i vicini venti di guerra e la presenza, poco lontano, di campi profughi palestinesi e di insediamenti israeliani. Presso il centro giovanile delle salesiane ci si interroga sulla situazione del Paese, nonostante la zona sia ancora una delle più tranquille dove i ragazzi possono studiare, giocare, fare attività di ogni tipo. Le suore, infatti, non si sono lasciate scoraggiare dalle cattive previsioni della stampa internazionale o dai fatti dolorosi che già hanno colpito conoscenti o vicini di territorio. Si sono invece sentite stimolate a creare reti con associazioni, a elaborare progetti di sviluppo per garantire serenità ed educazione attraverso l’assistenza, la scolarizzazione e l’oratorio: spazi e luoghi per crescere e mantenere la capacità di sognare nonostante tutto. Insieme con una dozzina di animatori e animatrici giovani, con l’aiuto di tre insegnanti per la scuola di recupero; con la presenza domenicale di diaconi salesiani che risiedono a Gerusalemme, la casa di Cremisan è diventata un approdo sicuro e sereno. INSIEME PER… «Il nostro motto – dicono le sorelle‐ è Insieme per… L’abbiamo scelto con i ragazzi perché esprime la nostra volontà precisa di collaborazione. Quando cause esterne ci vogliono dividere, è il momento di serrare le fila e tessere reti di solidarietà». Sono tre missionarie italiane e una del Medio Oriente, piene di energia e di passione per i giovani. Insieme, stanno affrontando la situazione di violenza che dura da tempo e che in quest’ultimo periodo si è più fortemente esasperata. Ci confidano che Samar, una delle animatrici, musulmana, al secondo anno di università, in una “notte nera” in cui, dopo le notizie del telegiornale, non riusciva a dormire, ha scritto una poesia/preghiera: «che anche loro condividono – aggiungono – il cui testo è diventato un po’ la voce della nostra comunità. Sono parole che riflettono la nostra vita, ma che dicono anche l’apertura agli altri, a chi soffre più di noi». Eccone alcune: «Posso ascoltare della musica, ma c’è chi sente solo grida di fame, di morte, di dolore, di fallimento o pianto… Io un rifugio ce l’ho, mentre ci sono migliaia il cui unico rifugio sei tu, Dio. Posso godere ogni giorno lo splendore del sole. C’è invece chi dalla finestra non può guardare fuori. Aprici la mente per pensare e giudicare nella giustizia. Hanno bisogno di te i nostri cuori, per non indurirsi dopo ciò che vediamo. Donaci, o Dio, la fede e la speranza che, anche per noi, pace e giustizia un giorno saranno “realtà”!» 1
ATTIVITA’ Proprio riflettendo sulla situazione del Paese, che esprime condizionamento e miseria, le religiose si sono messe in contatto con il gruppo Aleimar, una Onlus italiana che si occupa di adozioni a distanza e sovvenziona opere di sviluppo, e ha organizzato una scuola di recupero per i ragazzi che non riescono a seguire i programmi di normale insegnamento al fine di un loro reinserimento nella struttura ufficiale. Oggi, la scuola è legalmente riconosciuta dal Centro di Educazione palestinese e i risultati sono molto buoni. Hanno pensato pure a un campo estivo e a un’attività per le mamme per garantire loro una piccola, ma costante fonte di guadagno tenendo conto che per gli uomini, a causa della difficile situazione del Paese, ormai da tempo è impossibile trovare un lavoro. Queste attività sono frequentate dalle mamme della zona e da tutti i bambini sia cristiani sia musulmani, e diventano un’opportunità di cammino interreligioso e interculturale. Ma il fiore all’occhiello delle FMA è l’oratorio. Qui si insegna a pensare, a perdonare, a guardare con responsabilità alla vita. LA PACE È LA NOSTRA PREGHIERA Ogni anno, a Cremisan, s’inventa un percorso educativo stimolante. La storia de Il piccolo principe ha caratterizzato tutto il 2006. Alla sua scuola, i bambini e i ragazzi hanno imparato che addomesticare, come ha fatto la volpe con il suo piccolo amico, vuol dire creare legami. Hanno pure imparato il valore del tempo. Nella lentezza sta, spesso, la possibilità di trovare un tesoro. Questa è la convinzione del piccolo principe quando dice al mercante cacciatore di tempo “se avessi cinquantatre minuti da spendere camminerei adagio adagio verso una fontana”. Valori che vengono mediati dal teatro, dall’espressione corporale, dai canti, dalle immagini, dai giochi di ruolo e che si pongono come alternativa alla violenza, all’odio. C’è pure un giornalino realizzato dagli stessi ragazzi e intitolato Momenti. In copertina, la foto di un soffione che lascia volare i suoi petali verso il cielo e sotto una frase che è un po’ la sintesi di un ideale pedagogico risalente a don Bosco: «Ogni vittoria nella vita inizia con un sogno». Qui cristiani e musulmani, insieme, riescono a credere e a sognare un futuro diverso per il loro Paese, questo pezzo di terra tanto conteso e dove, “gli uomini hanno deciso che Dio esiste”. Qui ci si impegna per la pace a ogni costo e pace per tutti. L’hanno più volte proclamato i giovani che frequentano la casa delle FMA di Cremisan: «Abbiamo imparato ad amare questa benedetta pace, a sforzarci di diffonderla attorno a noi. Non è stato facile all’inizio coglierne il significato vero, ma, grazie al quotidiano incontro formativo durante i campi estivi, e alla nostra assiduità al Centro Giovanile, nonostante le pressioni esterne, siamo arrivate a sperimentarne la bellezza e questo ci ha rese forti e capaci di influire nell’ambiente in cui viviamo, specialmente scuola e famiglia. Davvero la pace è diventata la nostra preghiera, il nostro canto, il nostro quotidiano impegno. Con questo non vogliamo dire di averla già raggiunta, ci vuol ben altro; la pace vera è frutto di tanta fatica e sacrificio, ma con tenacia e insistenza continueremo a ricercarla fino alla sua realizzazione, nonostante le grandi difficoltà in cui viviamo». Senz’altro, alla base di questi pensieri sta la presenza educativa delle sorelle. Sta la certezza che quanto è scritto all’entrata della loro casa, presto si compirà: «Verrà un giorno in cui non ci saranno più frontiere, né confini, né barriere. E l’unico passaporto sarà il Cuore!». Vogliamo ponti, non muri Le Figlie di Maria Ausiliatrice a Cremisan nei pressi di Beit Jala rischiano di perdere il loro complesso educativo. L'esercito israeliano prevede di costruire un muro di separazione passando attraverso la terra del convento. 2
Questo segnerebbe la fine della scuola materna, la scuola, i corsi pomeridiani, i campi estivi e di un centro per bambini con difficoltà di apprendimento, gestiti dalle suore. Anche se l'esercito ha anche suggerito un percorso alternativo per il muro, alla fine entrambe le opzioni danneggerebbero la missione delle suore. Le suore sono appassionate del loro lavoro con i bambini locali. Da oltre 50 anni, i giovani della comunità sono stati il centro di interesse delle suore. «Vogliamo costruire ponti, non muri. Siamo impegnate nell'educazione alla giustizia, alla convivenza pacifica e alla pace tra tutti i popoli senza distinzioni », afferma suor Fides, la direttrice di Cremisan. Dal 1960 le suore salesiane hanno sviluppato un'istituzione per servire i bambini bisognosi dei vicini villaggi palestinesi. La presenza delle suore è una benedizione per la popolazione locale. I bambini che vanno al convento per le classi pomeridiane e i campi estivi, passerebbero, in caso contrario, il loro tempo libero per le strade perché le loro famiglie non possono permettersi di mandarli altrove. Purtroppo, il prezioso lavoro del Convento è messo in pericolo dalla programmata realizzazione del muro. "Non vogliamo il muro!" Nel 2006, le forze di occupazione israeliane hanno emesso degli ordini per requisire la terra delle suore con lo scopo di costruire il muro di separazione tra Israele e la West Bank. Le suore in tutti i contatti con l'esercito hanno detto chiaramente: « Non vogliamo il muro, né dalla parte destra né dalla sinistra, né davanti al convento né dietro di esso ». Nel 2010, quando hanno scoperto che i loro desideri sono stati distorti da parte dell'esercito, si sono rivolte alla Società di San Yves, il Centro cattolico per i diritti umani, presentando il loro caso. St. Yves e le suore si sono uniti nell’appello contro il muro che è stato presentato dai vicini palestinesi del convento, che rischiano anche di perdere la loro terra. Nelle sue proposte alla corte, l'esercito ha presentato due percorsi diversi per la costruzione del muro attorno al convento. "Entrambe le proposte ignorano completamente il fatto che il muro sarebbe una violazione dura per lo svolgimento della vita delle suore, del personale, dei bambini e delle famiglie nella zona", spiega Manal Hazan-Abu Sinni, l'avvocato incaricato del caso. «Alla fine entrambi i suggerimenti proposti da parte dell'esercito danneggeranno e metteranno a repentaglio il lavoro educativo della scuola». Nessuna vera scelta La prima proposta suggerita da parte dell'esercito è quella di lasciare il convento e gli edifici scolastici sul versante palestinese del muro, ma le sorelle sarebbero tagliate fuori dal resto della loro terra. Le suore avrebbero accesso alla propria terra sul lato israeliano del muro con un cancello agricolo, che potrebbe essere aperto solo in certi periodi dell'anno. 3
Al fine di mantenere il convento da parte palestinese, sarebbe costruito un muro di otto metri di altezza in cemento intorno agli attuali limiti del complesso, bloccando la vista e creando un’atmosfera di prigione. I bambini che frequentano la scuola dovrebbero usare la strada che l'esercito usa anche per pattugliare il muro - in effetti, i bambini sarebbero in contatto con soldati armati ogni giorno per giungere alla loro scuola. Così come il muro taglierebbe il convento fuori dal resto della sua terra, allo stesso modo sarebbe impossibile utilizzarla per le attività educative. Inoltre, la scuola, che fornisce servizi educativi essenziali ed extra-curriculari, non avrebbe terreno disponibile per espandersi. La scuola è cresciuta, e una futura costruzione risulta necessaria e indispensabile. La seconda proposta è quella di costruire il muro di separazione davanti al convento, lasciando il complesso educativo e gli altri terreni interamente sul lato israeliano del muro. Così il convento sarebbe stato tagliato fuori dalla comunità che serve. In pratica questa seconda alternativa è altrettanto insostenibile poiché richiederebbe un cancello sorvegliato da costruire all'ingresso del complesso scolastico. Il cancello sarebbe aperto in orari specifici per permettere il controllo militare del passaggio dei bambini, insegnanti e del personale del convento. Ognuno di loro deve richiedere un permesso per passare attraverso questa porta - per raggiungere la scuola e il proprio posto di lavoro. I genitori dei bambini hanno messo in chiaro che non si mandano i figli a scuola se si dovesse passare attraverso un cancello sorvegliato da soldati. I bambini hanno diritto all'istruzione I bambini palestinesi hanno il diritto di andare a scuola. È sempre più chiaro che l’educazione può consentire ai giovani di superare la loro situazione attuale, paralizzata dalla demolizione delle case, dalle incursioni militari, dalla crescente violenza e dalla povertà. È inaccettabile che i bambini della scuola ogni giorno devono superare un check-point gestito da soldati per praticare il loro diritto all'istruzione. L'obiettivo dovrebbe essere quello di rimuovere il maggior numero possibile di barriere perchè i bambini possano ricevere un'istruzione. La corte emetterà la sua sentenza definitiva nel mese di novembre, fino ad allora rimaniamo con le sapienti parole presenti negli angoli alla scuola Salesiana di Cremisan, incisi nella pietra: «Verrà un giorno senza confini in cui l'unico passaporto sarà il cuore». 4
Una piccola oasi in un deserto infuocato Le suore salesiane di Cremisan (Betlemme) raccontano la loro esperienza. «Moralmente sono tutti a terra, ma è logico che a soffrirne di più, sotto tutti gli aspetti, è sempre la parte più debole, ed è qui che si è inserita la nostra missione...» “Una piccola oasi in un deserto infuocato, o, se vuoi, una piccola isola in un mare in burrasca” Così una ragazza del nostro OCG ha definito la nostra opera. In realtà è un piccolo seme gettato nei solchi di questa travagliata Terra Santa, dove si parla assai più di odio che di amore, di morte che di vita. La nostra situazione si fa ogni giorno più, un garbuglio di violenze e di sfiducia. Palestinesi e Israeliani si trovano a vivere, gomito a gomito, in un crescente stato di terrore e di sofferenze. Ma fino a quando…? Ormai è difficile dire: poverini questi o poverini quelli, da ambo le parti l’angoscia è di casa, e ne hanno di che…e quando sembra di poter sperare in una nuova possibilità d’incontro, c’è qualche frangia estremista che ha interesse di farla saltare… Moralmente sono tutti a terra, ma è logico che a soffrirne di più, sotto tutti gli aspetti, è sempre la parte più debole, ed è qui che si è inserita la nostra missione, la missione stessa di D. Bosco: “…fino all’ultimo mio respiro per i giovani più poveri..” “…pronto ad affrontare per loro ogni disturbo…ogni fatica…” Accogliamo i piccoli alla scuola materna senza distinzione di religione o di condizione sociale, anzi, questa dà diritto ai più poveri tra i poveri.. sicure che la Provvidenza si alza ogni mattina prima di noi: parenti amici, compaesani, persone buone che credono ai piccoli semi seminati con amore. Anche noi ci crediamo, eccome!!! Nella preghiera, nelle attività, nel gioco, puntiamo molto sull’educazione al perdono, alla condivisione, al rispetto, all’amicizia… con fiducia e speranza doniamo tempo e cuore per formare in loro un terreno buono e ricco, pronto alla semina. Tramite questi piccoli, sentiamo che va formandosi, anche tra famiglie, un clima di fiducia e di rispetto che oltrepassa i confini della religione. Crediamo sia molto importante per il futuro di questo paese perché, nonostante tutto, vogliamo credere che un futuro migliore ci sarà anche per la terra di Gesù. “L’educazione è cosa di cuore…chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto specialmente dai giovani.” È quanto cerchiamo di fare alla Scuola di Recupero: bimbi intelligenti e buoni, ma totalmente trascurati… lasciati in balia di se stessi, saranno i terroristi di domani. Conquistando il loro cuore riusciamo ad afferrare anche la loro volontà, ad impegnare la loro intelligenza, aiutandoli a liberarsi dalla schiavitù dell’ignoranza. I risultati sono ottimi: alcuni hanno fatto un salto di “qualità” da suscitare la gelosia dei compagni. Anche i familiari e gli insegnanti hanno dovuto ammettere di non avere figli e alunni deficienti ma solo molto trascurati…! I meno entusiasti sono i loro capi religiosi perché, distruggendo la loro ignoranza, distruggiamo la materia prima indispensabile per formare kamikaze… La scuola è riconosciuta (e molto apprezzata) dal Centro 5
dell’Educazione Palestinese e, la mano lunga di Dio che la sostiene finanziariamente, si chiama ”Aleimar”, una Onlus che si occupa di adozioni a distanza. Paga le insegnanti e parte dei viaggi in pulmino che trasporta i bimbi. Una vera benedizione. “In ogni giovane c’è un punto accessibile al bene; basta scoprirlo…” E questo vale per tutti, Cristiani e Musulmani. Noi lo scopriamo soprattutto al Centro Giovanile. Qui abbiamo un valido aiuto nella presenza dei chierici Salesiani dello Studentato Teologico di Ratisbonne che, con amore, disponibilità e fantasia, sanno farsi tutto a tutti…! I giovani “…non basta amarli: occorre che loro si accorgano di essere amati”. E si crea l’amicizia. Oltre allo svago, e alla possibilità di sviluppare le loro doti artistiche e musicali, cerchiamo di dar loro una formazione morale e, al di sopra di tutto, la convinzione sperimentata, che DIO UNICO in cui tutti crediamo, ci vuole uniti e felici. Si vive in prima persona l'incontro con l'Islam e si sperimenta che una convivenza tra i fedeli delle due grandi religioni monoteiste, non solo è una via percorribile, ma è pure arricchente, piacevole e soddisfacente: nell'incontro delle differenze risaltano le peculiarità positive di ognuno. Tutto è proposto ai giovani tramite il Progetto Educativo. Ogni anno, secondo la situazione, scegliamo una favola, un romanzo per ragazzi, e lo traduciamo in percorsi di vita tramite incontri formativi e impegni concreti (le varie calamità nei vari posti del mondo hanno sempre avuto una forte eco nel cuore dei nostri ragazzi e bambini). Molto puntiamo su esperienze di amicizia sincera e duratura che ignora la differenza di religione e la situazione sociale. Abbiamo un gruppetto di animatrici meraviglioso! Cristiane, ortodosse e musulmane. Sono 14 e sono una! Ci frequentano dall’età di 8/9 anni e ora sono alla terza Liceo, I e II anno di università e già due laureate. Ci aiutano molto e sanno farsi valere con piccoli e grandi, specialmente nei mesi estivi, giugno e luglio, quando l’OCG si trasforma in Campo Scuola quotidiano… Hanno una profondità spirituale sorprendente che le aiuta a superare la situazione soffocante che hanno definito così: “Un caos che ci sommerge, qualcosa che non è noi ma, nostro malgrado, ci possiede: rancore, vendetta, voglia di schiacciare, di scoppiare… confusione fra bene e male… parli di pace? Sei un’illusa! Parli di perdono? Sei un debole! Parli di condivisione? Sei un traditore! E ti vien voglia di mollare, di lasciar perdere, di fare come tutti… ma qualcosa ci ha prese dentro: come un raggio di luce e calore che segna il nostro cammino: un cammino di VERITÀ E GIUSTIZIA, di MISERICORDIA e AMORE che solo può condurci verso la vera PACE.” Samar e Manal, due giovani animatrici musulmane del Centro Giovanile delle FMA di Cremisan: “Raccontare la nostra esperienza è un'impresa difficile, perché è talmente ricca che temiamo di impoverirla... è parte di noi stesse, della nostra stessa vita... è iniziata con il gioco quando eravamo bambine ed ora ci accompagna in tutti i momenti: in oratorio, a casa e sul lavoro... arricchisce la nostra vita e ci fa crescere umanamente”. Come definire tutto questo se non una “Nuova Pentecoste”? L’ultima piccola opera si è aggiunta in questo tempo di semicarestia. Lavoro di ricamo per le mamme Palestinesi che Milano compra e paga bene, tramite il gruppo Aleimar e, a turno, giornate di lavoro nell’orto per alcuni papà: chi dissoda, chi ara, chi semina… e, spesso e sovente, assieme raccolgono e portano a casa un buon companatico, oltre la loro paga giornaliera. Sulla collina dietro la nostra casa, da tempo ha cominciato a estendersi la rete spinata che dovrebbe segnare il confine con la zona araba. Dico “segnare il confine” e non 6
chiudere il passaggio, perché questo il cielo non lo permetterà! Le autorità Israeliane ci hanno assicurato che la nostra missione non sarà ostacolata e continuerà ad essere così com’è. E noi aggiungiamo: senza nessun muro né confine…! Abbiamo la consapevolezza di essere una piccola goccia di speranza e di aiuto in un mare di sofferenze e di necessità. Ma non vogliamo che questa piccola goccia venga a mancare e con i nostri giovani, continuiamo a pregare, sperare e credere che tutto può cambiare. “La speranza che non deve venir meno è che Israele ascolti la voce degli oppressi e ricordi la sua vocazione di “luce per le nazioni” (Is 49,6), di popolo attraverso il quale saranno benedette tutte le generazioni”! Per questo preghiamo: Israele e Palestina trovino una via diversa da quella intrapresa, usino intelligenza e umanità per valutarne tutte le conseguenze, e la FEDE nell’UNICO DIO che ci affratella tutti e che appelliamo il DIO della MISERICORDIA e dell’AMORE, guidi i passi dei responsabili dei due popoli nella ricerca e attuazione di ciò che può essere il vero bene per tutti! “Verrà un giorno in cui non ci saranno più frontiere, né confini, né bandiere, né città. E l’unico passaporto sarà il cuore!” FMA e giovani di Cremisan, Terra Santa 7
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