Il lavoro educativo all'aperto/2 - Istituzione dei servizi ...

Pagina creata da Alessio Cozzolino
 
CONTINUA A LEGGERE
Il lavoro educativo all’aperto/2
      Secondo incontro formativo che fa seguito all’esperienza al Bosco di Porporana

                              Sala Conferenze Raccontinfanzia
                                      8 Ottobre 2019

Intervento di Valentina Bergonzoni, Fondazione Villa Ghigi
Ho trascritto i vostri pensieri, legati all’esperienza nel Bosco di Porporana, cercando di
tirare fuori alcuni punti in comune. Ho percepito da una parte l’aspetto della lentezza,
nello stare nella natura abbiamo avuto momenti nostri, alcuni anche molto introspettivi,
con l’idea di prendersi del tempo per se stessi e dall’altra parte la rapidità del tempo, il
tempo a nostra disposizione che si è dissolto in un attimo.
Vi ho portato una piccola suggestione, di cui vi avevo parlato la volta scorsa, che viene dal
libro “Fuori. Suggestioni nell’incontro tra educazione e natura” curato dalla docente
universitaria Monica Guerra, lo spunto arriva dal capito “Selvatichezza” di Emanuela
Bussolati e Paolo Tasini: “Viviamo un’umanità che si considera separata dalla natura, con
il sapere scientifico e la tecnologia abbiamo allontanato dai nostri luoghi primari molta
della vita che ci circonda. Noi e la natura siamo diventati estranei pur facendo parte dello
stesso corpo. Nella scuola dell’infanzia o nella primaria si disegnano castagne in autunno,
fragole in primavera, arance d’inverno, la natura è uno sfondo romantico, un cliché
culturale, è cosa al di là del muro e del vetro.
 Il bambino che vive dentro è in trappola: difficilmente registrerà una relazione tra la mela
disegnata e il frutto sull’albero e neppure tra la mela portata a tavola, perfettamente uguale
a tutte le altre, levigata e senza difetti e il frutto imperfetto e selvatico che cade sul prato.
Non collegherà a questi disegni esperienze come guardare il campo e il frutto nel suo
insieme, annusarne il profumo, scegliere, raccogliere, assaggiare. Per lui la prontezza di
acchiappare, la delusione del marcio, la beccata di un uccello che rende condiviso il
bottino, resteranno esperienze negate, apprendimenti mancati.”
Riprendiamo, partendo da questa suggestione, quanto ci siamo detti nell’incontro scorso.
È necessario consolidare la relazione tra bambino e natura, per far ciò è necessario
che anche l’adulto riscopra un legame autentico con la natura; la natura è ricca di
scoperte, di stupore, di meraviglia, di ragionamenti interessanti e apprendimenti importanti
in tutte le stagioni.
Segue visione del power point portato dalla formatrice.
Emerge il bisogno estremo di giocare, l’idea che il gioco libero all’aperto sviluppi le
capacità motorie del bambino, sia quelle grosso-motorie sia la motricità fine. Gli
psicomotricisti ci raccontano di quanto sia efficace l’interazione con l’ambiente esterno e
con i materiali naturali per affinare queste abilità, concentrando l’attenzione sui movimenti
più fini con le mani. In un contesto all’aperto in relazione con la natura, si migliora inoltre il
coordinamento oculo-manuale. Il bambino all’aperto si costruisce una propria identità
psicofisica.
Ragionando pertanto in termini generali sul perché la natura fa bene: ci sono benefici in
termini di salute, abbassamento della pressione sanguinea, riduzione del battito cardiaco,
rafforzamento del sistema immunitario, assorbimento di vitamina D, aumento delle
energie, irrobustimento fisico, miglioramento del coordinamento e della motricità,
abbassamento di stress e irritabilità, miglioramento della memoria, della creatività e della
concentrazione, utilizzo dei sensi, intelligenza e complessità.
Un ambiente complesso, come un bosco o un ricco giardino, stimola fortemente
l’intelligenza del bambino.
La teoria della rigenerazione dell’attenzione, elaborata dai fratelli Kaplan, ci dice come
lo stare in natura abbassi stress, ansie, angosce, ripulisca la mente e rigeneri la capacità
di attenzione.
Stare in natura attiva nel bambino dinamiche relazionali e autonomie, favorendo
l’autostima.
Vi ho portato una restituzione dai vostri pensieri nel Bosco di Porporana: voi avete parlato
di ascolto, di silenzi e di pace, dell’elogio della lentezza ma anche di libertà, di emozioni, di
rilassatezza, di osservazione, curiosità, stupore, meraviglia, di desiderio di porsi delle
domande, curiosità ad esplorare a e ad approfondire, di accordo e unione con la natura, di
intrecci e relazioni e anche di ritrovare quello che si cerca di fare vivere quotidianamente ai
bambini.
Ho portato solo delle parole, un po’ perché non volevo riportare i pensieri che mi avete
confidato e che in quel momento mi sembravano intimi e un po’ perché questa era anche
la dimostrazione di come nel giro di due tre ore voi adulti, con un passato in natura, siete
riusciti, in un ambiente verde di qualità, a recuperare tutta una serie di emozioni, pensieri,
riflessioni molto interessanti che sono quelle che dovremmo riuscire a recuperare anche
quando siamo con i bambini con i quali lavoriamo quotidianamente.
La natura è dappertutto e, come ci dice Silvia Vegetti Finzi, i bambini vedono in grande;
quindi anche quella che per noi è una natura banale e poco ricca agli occhi dei bambini è
una natura molto interessante e ricca di sorprese.
I bambini hanno bisogno di consuetudine con la natura, nelle immagini vedrete anche
dei giardini scolastici, passatemi il termine piuttosto banali; i bambini hanno bisogno di
quotidianità con la natura e poi di qualche esperienza un po’ straordinaria.
Nella quotidianità della natura, quella dei giardini scolastici, devono creare una
relazione sostanziale con l’elemento naturale. La consuetudine al fare crea quella
familiarità per cui ho voglia di osservare quell’animaletto che ora non mi fa più paura, non
mi annoio più in giardino perché so quello che posso fare, ne conosco e utilizzo gli
elementi naturali in modo più appropriato.
Nella carrellata di immagini di giardini che vengono mostrate si ritrovano alcuni elementi
naturali ricorrenti come rami, corteccia, erba, frutti dagli alberi, frutti secchi di vario genere,
foglie, legni e bastoni, fango e terra, qualche volta ci sono rondelle e tronchetti di legno,
perché ci sono già stati dei pensieri in merito alla rinaturalizzazione dei giardini, qualche
volta ci sono gruppetti di alberi che formano dei boschetti, qualche volta sassi e ciottoli, e
poi la possibilità di trovare animali o tracce di animali.
In un nido di Bologna c’erano platani che avevano creato a terra un tappeto di foglie che
volutamente non era stato raccolto e che per i bambini è diventato un materiale di
esplorazione, con l’idea di portarlo anche negli spazi interni.
In alcune foto si vedono bambini che fanno interagire materiali artificiali con materiali
naturali, con l’idea che la natura possa essere ritrovata ovunque ma utilizzata con
modalità diverse.
Vi faccio vedere queste immagini perché come Fondazione Villa Ghigi ci occupiamo di
natura da oltre una trentina d’anni e da circa 7/8 anni, di formazione in ambito di
educazione naturale; gestiamo un parco collinare, molto vicino al centro della città di
Bologna, un’area verde pubblica con un forte carattere di naturalità.
All’inizio del 2010 abbiamo costruito un progetto, con la collaborazione dell’Università di
Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione e la figura di Michela Schenetti, che si
chiama “La scuola nel bosco”. L’idea è quella di mettere assieme infanzia e natura con
una proposta di una settimana di immersione in natura rivolta alle bambine e ai bambini
delle scuole dell’infanzia. Nel corso della settimana i bambini vengono quotidianamente a
Villa Ghigi, con il bello e il brutto tempo, stanno all’aperto nel bosco, mangiano vicino al
bosco, si lavano le mani nei secchi, portano avanti le loro ritualità, al pomeriggio possono
riposare sotto gli alberi o andare in esplorazione e poi ci si ritrova per finire la giornata.
Dalle prime esperienze di circa una decina d’anni fa si è cominciato a lavorare con i nidi e
le scuole dell’infanzia di Bologna sul tema della natura, c’è stato un effetto domino e da
allora ci siamo sempre occupati d’infanzia e natura facendo formazione.
Vi porto immagini di servizi educativi che, dopo questo percorso formativo, hanno
trasformato i loro giardini, in funzione di quest’idea di riportare la natura e di creare questa
familiarità, giardini che non sono più solo il luogo della ricreazione e dello sfogo ma
di esperienza in natura, con l’idea che la natura possa essere per tutti e non solo un
privilegio di pochi.
La prossima volta vi chiedo di portarmi immagini dei bambini nei vostri giardini, per
ragionare su questa sperimentazione; per provare, in contemporanea alla settimana in cui
si fa la sperimentazione all’infanzia Neruda, a realizzare delle piccole o grandi esperienze
anche in altre realtà.
Far partire quindi una riflessione comune, in modo che questo momento formativo non sia
solo rivolto al gruppo che farà la sperimentazione ma a tutti, in parallelo.

Per avere un prato selvaggio in giardino non è necessario avere spazi esagerati,
basterebbe riuscire a delimitare con del nastro una porzione di prato chiedendo ai
giardinieri e ai bambini di non calpestarla, spiegando ai bambini che è un esperimento.
L’erba ecco che inizia a crescere e quella porzione di prato diventa una zona di
esplorazione molto interessante. Per i bambini potersi muovere in quest’erba molto alta è
un’esperienza avventurosa, offre la possibilità di scoprire molte cose che altrimenti non si
vedono. Situazioni avventurose e anche un po’ rischiose per il bambino che non può
vedere l’adulto, immerso nell’erba così alta.

Un altro aspetto interessante è l’idea che la natura vada anche un po’ raccolta,
sperimentata con mano, per essere conosciuta. É chiaro che il vostro ruolo deve anche
essere quello di preservare là dove è necessario; faccio un esempio estremo: se nel
giardino c’è un’orchidea o un animale molto delicato come una farfalla, ci vuole molta
attenzione. Sono dei piccoli passaggi. Al bambino non posso permettere di fare tutte le
esperienze. Se deve sperimentare liberamente faccio in modo che non vada nella zona in
cui c’è l’orchidea, però tutto per lui deve passare attraverso l’esperienza. I bambini hanno
bisogno di raccogliere, di schiacciare, di aprire.

L’idea di fare un allevamento di animaletti, è chiaro che deve essere nelle vostre corde,
dà l’opportunità ai bambini di vivere tutta una serie di esperienze. Ci sono animali che a
questo si prestano meglio di altri, come il lombrico e la chiocciola. Il lombrico è un anellide
molto interessante, con la sua forma cilindrica, la sua mobilità e il suo importante ruolo
nell’ambiente, in questa vita trascorsa sotto terra. Il suo allevamento suscita molte
domande nei bambini, permette di fare tutta una serie di ipotesi.
È necessario trovare con i bambini i lombrichi nella terra, osservare come sono fatti e
iniziare a fare tutta una serie di ipotesi legate al contesto in cui vivono. E il fatto di trovare i
lombrichi in giardino può già dare tutta una serie di informazioni.
Vado a costruire un albergo temporaneo, ma con molte stelle, in cui il lombrico trova tutto
ciò di cui ha bisogno e quindi devo essermi fatto delle domande su di lui e su ciò che gli
serve. Una volta che si è costruito il terrario i lombrichi non hanno bisogno di tante
attenzioni. E sarà molto bello il momento in cui si andrà a svuotarlo, magari trovando molti
piccoli lombrichi.
La chiocciola è ancora più interessante perché si differenzia dal lombrico che una volta
che ho costruito il terrario osservo tutti giorni, ma sul quale non devo più intervenire, se
non in caso di necessità. La chiocciola è un mollusco gasteropode, può essere raccolto
adesso e liberato prima del letargo invernale oppure raccolto dopo il periodo invernale e
tenuto fino alla primavera inoltrata. Viene conservata in acquari usati per i pesciolini; per
farlo si deve prima conoscere e poi ricostruire l’ambiente del prato in cui la chiocciola vive.
Allevare dei piccoli animali in sezione può essere interessante e molto stimolante, fa
nascere nei bambini un grande senso di cura e responsabilità, inoltre permette l’avvio di
numerose ipotesi che necessitano di verifiche adeguate con modalità analoghe a quelle
della ricerca scientifica.

A una domanda di un’insegnante si è aperto un canale di discussione molto interessante
che nelle formazioni di solito emerge ed è la questione del piccolo gruppo; certi tipi di
attività ed esperienze andrebbero gestite con un piccolo gruppo mentre gli altri
bambini fanno un’altra cosa.
É anche chiaro però che se in giardino ho una data situazione prima vogliono tutti entrarvi,
poi la volta dopo tutti vanno dentro e qualcuno esce, poi se quella situazione è presente
spesso un gruppo magari è già da un’altra parte a fare altro. Quando io do la possibilità di
fare tante cose, in un punto con l’acqua, in un altro con il fango o con i legni, i bambini si
distribuiscono. Il giardino va caratterizzato da punti di interesse.
Se voglio portare fuori venticinque bambini sotto la pioggia devo avere una grande
organizzazione. Poniamo che ogni bambino sia equipaggiato con mantellina, stivali,
pantaloni, i bambini diventeranno sempre più autonomi e sarà un grande esercizio per
loro; ci si può anche organizzare a gruppi se non si riesce a portare fuori tutti. Si è
d’accordo sulla positività di avere indumenti in dotazione alla scuola, come vecchi
giubbotti. È necessario che un bambino possa sentirsi a suo agio all’aperto, con qualsiasi
condizione meteo.
Un’insegnante di nido riferisce che con i bambini, da sua esperienza, abituati ad uscire
ogni giorno, faticano a essere portati fuori a gruppo mentre una parte di loro resta
all’interno.
Un’altra parla di bambini abituati ad uscire tutto l’anno e autonomi nell’indossare stivali e
mantellina per uscire; racconta l’esperienza di un’uscita col fango di diciotto bambini, in cui
si è detto loro che si usciva tutti ma per poco tempo perché poi dovevano essere cambiati,
i bambini hanno giocato, saltato, schizzato fango; si è in questo caso negoziato con i
bambini mentre sarebbe stato più difficile portare fuori solo una parte.
Il piccolo gruppo, si precisa, era riferito alla scuola dell’infanzia. È tutta una questione di
incastri, organizzazione, mediazioni. É chiaro che nella situazione di pioggia forte riesci a
uscire solo qualche volta, anche se in effetti è un’esperienza indimenticabile.
Sarebbe bello per i bambini rientrare e avere una sorta di soglia, una zona intermedia in
cui continuare a osservare fuori mentre ci si cambia, si potrebbe provare a crearla nelle
scuole, anche se non è facile.
L’importante è, al di là del piccolo o grande gruppo, che i bambini possano vivere questi
tipi di esperienze in maniera continua e costante.
Un altro tema importante è il ruolo dell’adulto, ruolo che va ripensato; l’adulto che
mantiene uno sguardo d’insieme necessario per cogliere tutti gli aspetti
dell’esperienza del bambino, comprenderlo e aiutarlo. Un adulto che sappia lavorare
di squadra con i colleghi, definizione dei ruoli osservativi, condivisione,
organizzazione, un adulto mentalmente aperto, pronto a raccogliere bisogni e
interessi del bambino, che incoraggi il gioco spontaneo, motivante, avventuroso,
rischioso e aperto alla possibilità. Un adulto capace di sostenere le ricerche dei
bambini, stimolare le osservazioni, incoraggiare esplorazioni e sperimentazioni
significative. Un adulto che non anticipi, non fornisca risposte semplici, stimoli il
ragionamento, non si sovrapponga, non interrompa.
Segue la visione di altre immagini: allestimenti, sedute di vario genere, sassaie, capanne,
orti, cornici, animaletti, case per insetti utili.
Dobbiamo rispondere al bisogno di selvatichezza dei bambini, riportarli in situazioni
di avventura.
Il contatto continuo e profondo con la natura permette al bambino di confrontarsi
con il senso del limite, fisico, emotivo e ambientale, il cui riconoscimento e
superamento comporta un profondo atto di crescita. Sono importanti esperienze nei
tempi giusti e la relazione con le famiglie.
La prossima volta verranno mostrate immagini di allestimenti e alcuni libri.
Puoi anche leggere