I gruppi politici del Parlamento Europeo dopo le elezioni 2019. Il superamento del duopolio popolari-socialisti e le questioni aperte

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I gruppi politici del Parlamento Europeo dopo le elezioni 2019. Il superamento del duopolio popolari-socialisti e le questioni aperte
ISSN 1826-3534

                 5 GIUGNO 2019

  I gruppi politici del Parlamento
 Europeo dopo le elezioni 2019. Il
superamento del duopolio popolari-
   socialisti e le questioni aperte

               di Federica Fabrizzi
    Professore associato di Istituzioni di diritto pubblico
     Università Telematica Internazionale Uninettuno
I gruppi politici del Parlamento Europeo
     dopo le elezioni 2019. Il superamento del
     duopolio popolari-socialisti e le questioni
                        aperte
                                      di Federica Fabrizzi
                       Professore associato di Istituzioni di diritto pubblico
                        Università Telematica Internazionale Uninettuno

Sommario: 1. I Gruppi politici, il ‘cuore’ su cui si fonda il PE; 2. La fine del duopolio PPE-S&D; 3. Le
delegazioni nazionali e l’ “influenza” dell’Italia in Europa; 4. Verso una dialettica maggiore; 5. Qualche
breve considerazione conclusiva.

1. I Gruppi politici, ‘cuore’ su cui si fonda il PE
La nona legislatura del Parlamento Europeo prenderà avvio – secondo quanto stabilito dall’art. 146 del
Regolamento PE – il primo martedì successivo al mese dopo quello in cui si sono svolte le elezioni,
dunque con la seduta plenaria che si terrà a Strasburgo il 2 luglio. In quell’occasione i 751 nuovi
eurodeputati saranno chiamati a compiere il primo, fondamentale, passo per la vita dell’istituzione, ossia
l’elezione del Presidente dell’Assemblea, nonché dei 14 Vicepresidenti e dei 5 Questori che con lui
formeranno l’Ufficio di Presidenza.
Nello scadenzario degli eventi che condurranno all’avvio della nuova legislatura vi è, tuttavia, un passaggio
preliminare rispetto a questo primo delicato appuntamento, un adempimento prodromico che può essere
definito come altrettanto decisivo. Entro il 1 luglio, infatti, ciascuno deputato potrà dichiarare la propria
iscrizione ad un gruppo politico, in modo che la composizione dei Gruppi possa essere successivamente
formalizzata, così come previsto dall’art. 32, par. 5, del Regolamento PE1.
La costituzione dei gruppi politici - che come noto devono rispondere ad un doppio requisito numerico
(minimo 25 deputati che rappresentino almeno un quarto dei Paesi dell’Unione) e, soprattutto, raccogliere
deputati legati da “affinità politica” (ex art. 32, par. 1, del Regolamento PE) - segnerà ufficialmente la
definizione degli equilibri di forza nell’Unione per i prossimi cinque anni.

1L’art. 32, par. 5 del Regolamento PE stabilisce “La costituzione di un gruppo politico deve essere dichiarata al
Presidente. Tale dichiarazione deve indicare la denominazione del gruppo, il nome dei suoi membri e la
composizione del suo ufficio di presidenza. La dichiarazione è firmata da tutti i membri del gruppo”.

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L’influenza dei Gruppi politici viene solitamente – e giustamente - ricordata soprattutto con riferimento
al ruolo degli Spitzencandidaten, nella prospettiva dell’elezione del Presidente della Commissione, passaggio
evidentemente cruciale per la vita dell’Unione, che avverrà a metà luglio2. E tuttavia i gruppi politici hanno
via via assunto sempre maggior importanza proprio all’interno dell’istituzione parlamentare, divenendone
il cuore3, anche in ragione del costante ampliamento del Parlamento sia in termini di componenti che in
termini di poteri assegnati dai Trattati.
In un Parlamento, infatti, sempre più ampio, articolato, composito e a vocazione inclusiva (è la “più
inclusiva” delle istituzioni europee, è stato detto4), costretto dunque a razionalizzare i procedimenti
decisionali per poter funzionare, è soprattutto nelle sedi ristrette – in primo luogo i due organi direttivi,
Consiglio di presidenza e Conferenza dei capigruppo, ed in seconda battuta le Commissioni permanenti
– che si perfezione il processo decisionale ed è lì che si misura l’incidenza dei Gruppi.
Che nel PE la logica dell’appartenenza statale sia recessiva rispetto alla logica dell’affinità politica espressa
tramite i Gruppi è fuor di dubbio, ed anzi si può affermare essere proprio questa la cifra che
contraddistingue il Parlamento rispetto, ad esempio, al Consiglio che, pur con tutta la “confusione
istituzionale” che lo contraddistingue5, è però identificabile come la sede propria in cui si esprime, invece,
la rappresentanza degli Stati.
Non è un caso che con il Trattato di Lisbona l’art. 14, par. 2, del TUE è stato modificato, superando il
riferimento ai “rappresentanti degli Stati riuniti nella Comunità”, ed oggi prevede che “Il Parlamento
europeo è composto di rappresentanti dei cittadini dell'Unione”.
Peraltro, sempre con riferimento alla formazione dei Gruppi, non occorre neppure ricordare come la
stessa previsione del divieto di mandato imperativo per gli europarlamentari sia contraddistinta da una
netta differenza di impostazione rispetto, ad esempio, all’art. 67 della Costituzione italiana. Nell’ambito
di uno status complessivamente volto a garantire l’indipendenza del singolo deputato nello svolgimento
del proprio mandato, infatti, l’art. 2 del Regolamento PE, riproponendo una formula che è rimasta
inalterata in tutte le versioni dei Regolamenti che si sono succedute dal 1979 in poi, stabilisce che gli
europarlamentari “non possono essere vincolati da istruzioni né ricevere alcun mandato imperativo”; ma, mentre
nell’interpretazione dell’art. 67 Cost. si è giustamente soliti enfatizzare – anche sulla scorta della
giurisprudenza costituzionale sul punto – l’elemento dell’indipendenza del parlamentare rispetto al partito

2 Vedi, da ultimo, E. Raffiotta, Gli Spitzenkandidaten e il necessario rafforzamento politico dell’UE, in questa rivista.
3 Così C. Fasone - N. Lupo, Il Parlamento europeo alla luce delle novità introdotte nel Trattato di Lisbona e nel suo regolamento
interno, in Studi sull’integrazione europea, VII (2012), p. 333.
4 C. Fasone, Il Parlamento europeo nell’Unione asimmetrica, in A.Manzella, N. Lupo (a cura di), Il sistema parlamentare euro-

nazionale, Torino, 2014, p. 54.
5 La definizione è di B. Caravita, Quanta Europa c’è in Europa, Torino, 2015, p. 117.

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o alla lista nell’ambito della quale è stato eletto ed assai meno sottolineato è l’elemento della
rappresentanza della Nazione6, nel sistema europeo, invece, il divieto di mandato imperativo è funzionale
a svincolare i deputati proprio dalla loro appartenenza statale e non già dal Gruppo, al quale decidono
autonomamente di iscriversi, potendo invero anche scegliere di mantenere lo status di “non iscritto”.
D’altra parte, i dati sui comportamenti di voto degli eurodeputati dimostrano chiaramente che
l’indicazione del Gruppo prevale di gran lunga sulle indicazioni dello Stato di appartenenza7, a riconferma,
dunque, che sono proprio i Gruppi il motore su cui gira la macchina.

2. La fine del duopolio PPE-S&D
La rilevanza che i gruppi politici ricoprono all’interno del PE, già manifestamente chiara in passato,
assume questa volta un’importanza ancora più marcata dal momento che, per la prima volta nella storia
del Parlamento Europeo, l’Assemblea non sarà più dominata dal sostanziale duopolio di popolari e
socialisti.
Pur non essendo, infatti, in grado, al momento in cui si scrive, di conoscere con esattezza il numero e la
consistenza dei Gruppi politici che si costituiranno, è tuttavia noto fin da ora che il risultato elettorale ha
visto una contrazione dei voti dei popolari e dei socialisti in pressoché tutti gli Stati dell’Unione (entrambi
i Gruppi perdono circa 40 deputati), ha premiato formazioni politiche nazionali che confluiranno nel
gruppo dei Verdi ed in quello dei liberali di ALDE, ed ha visto incrementare le forze cosiddette
euroscettiche che sono passate ad una percentuale di consensi complessiva che si aggirava attorno al 20%
al 25%. Il PPE e S&D dovranno, dunque, trovare un accordo - presumibilmente con ALDE, ma forse
anche aprendo ai Verdi - per avere la maggioranza.
Secondo le proiezioni consultabili sul portale del Parlamento Europeo 8, questa sarebbe, infatti, la
composizione per la legislatura 2019-2024:

6 E questo anche e soprattutto in ragione del carattere comunque accentrato ed unitario della Repubblica italiana
che, seppur articolata in Regioni particolarmente valorizzate soprattutto dopo la riforma del Titolo V, certamente
non è assimilabile ad uno stato federale.
7 Vedi C. Fasone, Il parlamento europeo nell’Unione asimmetrica, op. cit., p. 60.
8 Proiezioni che, si badi, sono costruite sulla base del dato esistente nella legislatura uscente, senza tener dunque

conto dell’effettivo raggiungimento del doppio criterio numerico.

4                                    federalismi.it - ISSN 1826-3534                                    |n. 11/2019
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Rispetto a questo quadro occorre fare due precisazioni.
La prima è che, se non sussistono dubbi sulla possibilità per PPE, S&D, ALDE, Verdi e ECR di costituirsi
come Gruppi, riuscendo a soddisfare il requisito numerico degli almeno 25 deputati in rappresentanza di
almeno un quarto degli Stati membri, più complessa si presenta la situazione per le forze euroscettiche
(ENL e EFDD) che, stando alle proiezioni, non raggiungerebbero il requisito della copertura in almeno
7 Stati. Occorrerà, dunque, attendere la concreta costituzione per verificare se, ad esempio, ENL riuscirà
a trovare rappresentanti di almeno altri due Stati (oltre a Italia, Francia, Austria, Belgio e Cechia) per
potersi costituire ed in questo senso i piccoli Stati potrebbero, con l’apporto di anche un solo deputato,
fare la differenza.
La seconda osservazione scaturisce proprio dal caso di ENL e concerne il rispetto del requisito dell’
“affinità politica”.
Stando ad alcune recentissime dichiarazioni, il partito ungherese di Orban avrebbe declinato l’invito
proveniente da Salvini e da Le Pen di entrare a fare parte del Gruppo dell’Europa delle Nazioni e della
Libertà, preferendo continuare a stare nel PPE, come nell’ottava legislatura.
La presenza del partito di Orban nella famiglia dei Popolari aveva, in verità, già suscitato aspre polemiche
nel febbraio del 2019 quando i leader dei partiti cristiano-democratici del Belgio e del Lussemburgo
avevano scritto al presidente del Partito Popolare Europeo, Joseph Daul, formalizzando la richiesta di
espulsione del Fidesz del premier ungherese. Con 190 voti a favore e 3 contrari, l’assemblea del Partito
popolare europeo aveva deciso, a marzo, di sospendere il partito ungherese, riservandosi di deliberare in
via definitiva proprio dopo le elezioni di maggio.
Il problema dell’affinità politica - che viene data per presupposta senza la necessità che vi sia una puntuale
verifica9 - potrebbe dunque esplodere in tutta la sua gravità, soprattutto in considerazione della crescita
delle forze sovraniste.
Sul punto giova rammentare che già nel 2001 il Tribunale di primo grado dell’Unione europea aveva
avuto modo di pronunciarsi sul caso del “Gruppo tecnico dei deputati indipendenti”, una formazione
con tutte le caratteristiche di un gruppo misto, dichiaratamente priva di legami ideologici tra i componenti,
i quali decisero di impugnare la delibera con cui l’Aula aveva dichiarato l’inammissibilità del Gruppo. In
quell’occasione, non solo il Tribunale ha chiarito che, con riferimento alla contestata titolarità
dell’Assemblea a effettuare un controllo del criterio politico nel processo di formazione dei gruppi, al

9In calce all’art. 32 Reg. si legge: “Non è necessario di norma che il Parlamento valuti l'affinità politica dei membri
di un gruppo. Al momento di formare un gruppo sulla base del presente articolo, i deputati interessati accettano
per definizione di avere un'affinità politica. Soltanto quando questa è negata dai deputati interessati è necessario
che il Parlamento valuti se il gruppo è stato costituito in conformità del regolamento”.

6                                     federalismi.it - ISSN 1826-3534                                    |n. 11/2019
Parlamento compete questa prerogativa stabilendo altresì che, per vigilare sul rispetto delle norme del
Regolamento, possa avvalersi del supporto della Commissione affari costituzionali, ma ha anche
affermato nettamente come l’organizzazione del Parlamento per gruppi politici risponda “a una serie di
obiettivi legittimi dettati al tempo stesso dalla realtà sociopolitica propria delle democrazie parlamentari,
dalle sue specificità nei confronti delle assemblee parlamentari nazionali e dalle funzioni e responsabilità
affidategli dal Trattato, obiettivi alla cui realizzazione non potrebbero contribuire gruppi tecnici o misti”.
Proprio in risposta alla obiezione avanzata dai ricorrenti circa l’esistenza in altri ordinamenti del gruppo
misto, il giudice comunitario ha risposto che nel Parlamento europeo, a differenza di quelli nazionali,
l’esigenza è quella di “superare i particolarismi politici locali e promuovere l’integrazione europea in modo
da favorire quindi la costituzione di partiti a livello europeo nonché la formazione di una “coscienza
europea””; nell’ottica del Tribunale, infatti “i gruppi politici concorrono così alla realizzazione
dell’obiettivo perseguito dall’art. 191 TCE, vale a dire la creazione di partiti politici a livello europeo come
fattori di integrazione in seno all’Unione, di formazione di una coscienza europea e di espressione della
volontà politica dei cittadini dell'Unione”.

Proprio nell’ottica di una crescita e dell’affermazione della volontà politica dei cittadini dell’Unione,
sarebbe in realtà auspicabile che il problema dell’affinità politica si ponesse in modo chiaro e che vi fosse
trasparenza piena sul punto.

3. Le delegazioni nazionali e l’ “influenza” dell’Italia in Europa
Per un’analisi corretta di quello che in concreto accadrà nella prossima legislatura, occorre tenere conto
del fatto che i Gruppi, pur di fondamentale importanza, non sono il solo modo di aggregazione degli
eletti all’interno del Parlamento. Anche le delegazioni nazionali, composte da tutti i parlamentari europei
eletti nello stesso Stato membro, infatti, pur non avendo una rilevanza formale nell’organizzazione dei
lavori, esercitano tuttavia una loro influenza proprio all’interno dei Gruppi, giacché la stessa posizione
del Gruppo è spesso frutto della mediazione tra le posizioni delle delegazioni nazionali che lo
compongono.
Sarà dunque di particolare interesse vedere la collocazione delle diverse formazioni politiche dei singoli
Stati per capire anche quale sarà l’effettiva incidenza di quello Stato nei lavori dell’Assemblea.
Per fermarci al caso italiano, secondo le proiezioni ufficiali che si possono consultare sul portale del
Parlamento Europeo, la distribuzione dei 73 seggi avverrebbe secondo questo schema:

7                                   federalismi.it - ISSN 1826-3534                                |n. 11/2019
Se si paragonano queste proiezioni con i dati della legislatura che sta per concludersi sembra in verità
assai arduo poter affermare - come pure qualcuno ha fatto - che l’Italia “conterà di più”, quanto meno
nel Parlamento.
Volendo ipotizzare la formazione di una maggioranza a quattro (Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi), su
di un totale di ben 506 eurodeputati, solamente 26 sarebbero italiani: all’interno del PPE, che pure rimane
il partito di maggioranza relativa, i deputati italiani nella legislatura 2014-2019 erano 17 su 221 (circa l’8%)

8                                   federalismi.it - ISSN 1826-3534                                |n. 11/2019
ed ora sono scesi a 7 su 179 (circa il 4%); così come nel S&D erano 31 su 191 (circa il 16%) e sono scesi
a 19 su 153 totali (circa il 12%).
Riassumendo, il dato più significativo è quello che scaturisce dal raffronto tra la maggioranza della scorsa
legislatura e la maggioranza a quattro che dovesse realizzarsi in questa e che sarebbe particolarmente
penalizzante non avendo l’Italia eletto nessun parlamentare che confluirà nei Verdi o in ALDE: tenendo
conto che l’Italia elegge nel complesso circa il 10% dei deputati (73 su 751), nel 2014 incideva per l’11%,
quindi leggermente sopra la media, oggi per il 5%, quindi ampiamente sotto.
La stessa Lega di Salvini, il cui successo elettorale è innegabile, se si dovessero verificare le condizioni per
la creazione del Gruppo ENL, potrebbe far confluire i suoi 28 parlamentari in quella formazione,
all’interno della quale dovrebbe, tuttavia, dividere l’egemonia con il Rassemblement national di Marine Le
Pen, che ha eletto un numero di deputati di poco inferiore.
Tutto questo al netto della considerazione per cui, quando (se?) il Regno Unito uscirà definitivamente
dall’Europa, i 73 deputati inglesi che ora fanno parte del Parlamento europeo non ci saranno più (a
cominciare dai 29 deputati del Brexit Party guidati da Farage che dovrebbero confluire, insieme al M5S,
nel Gruppo EFDD) e subentreranno i deputati eletti, ma ‘congelati’, degli Stati tra i quali sono stati
ripartiti i seggi in base alla decisione del Consiglio europeo 2018/93710.

4. Verso una maggiore dialettica
A fronte, dunque, di quadro così complicato ed in evoluzione, alcune considerazioni è comunque
possibile svolgerle.
Innanzitutto l’influenza dei due gruppi ALDE e VERDI determinerà una maggiore dialettica nell’ambito
del fronte europeista. Se, infatti, fino ad oggi, popolari e socialisti si erano potuti permettere il “lusso” di
stringere accordi a due per la spartizione dei ruoli e delle cariche, questo non sarà evidentemente più
possibile e già a partire dalla plenaria del 2 luglio i gruppi politici misureranno la loro forza rispettiva con
l’elezione del Presidente del Parlamento, uomo (o donna!) che incarna il “punto di sintesi”11
dell’Assemblea. Sfruttando la previsione per cui la durata del mandato del Presidente è di due anni e

10 La decisione riduce e ridistribuisce i seggi del Parlamento europeo a seguito della decisione del Regno Unito di
recedere dall'Unione europea. La nuova composizione comporterà una riduzione delle dimensioni dal Parlamento
europeo, che passerà da 751 a 705 membri.
Dei 73 seggi resi vacanti dalla Brexit, 27 saranno riassegnati per rispecchiare meglio il principio della proporzionalità
degressiva. I 27 seggi saranno assegnati a: Francia (+5), Spagna (+5), Italia (+3), Paesi Bassi (+3), Irlanda (+2),
Svezia (+1), Austria (+1), Danimarca (+1), Finlandia (+1), Slovacchia (+1), Croazia (+1), Estonia (+1), Polonia
(+1) e Romania (+1). Nessuno Stato membro perderà seggi.
11 N. Lupo, A. Manzella, Parlamento europeo, in Dizionario di diritto pubblico diretto da Sabino Cassese, Milano, 2006,

p. 4115.

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mezzo (la metà del mandato dei parlamentari), nelle ultime legislature i due gruppi maggiori avevano
trovato un’intesa per alternare alla carica gli esponenti degli stessi partiti, i quali sono così stati eletti al
primo scrutinio e con ampia maggioranza12.
Questa volta il meccanismo potrebbe non funzionare in modo così automatico e l’esito della votazione
potrebbe essere frutto di una negoziazione a più ampio spettro.
A prescindere, però, da quello che sarà il risultato della votazione, non è difficile ipotizzare che il
Presidente neoeletto – il quale, non solo a norma del Regolamento PE dirige e modera l’attività
dell’Assemblea, ma sino ad ora è stato al centro dell’intera organizzazione del Parlamento – dovrà
svolgere una delicata opera di composizione e di sintesi, soprattutto nella presidenza dei due organi
fondamentali ai quali è affidato il governo amministrativo e politico dell’istituzione, l’Ufficio di Presidenza
e la Conferenza dei Presidenti dei gruppi.
Il ruolo della Conferenza dei Presidenti dei gruppi è assolutamente dirimente perché il Parlamento
Europeo è, per definizione, un’assemblea governata dall’accordo (anche mutevole) dei Gruppi che in
quella sede si compongono; la spiegazione sta tutta nell’ (a)tipicità propria dell’Unione che, come
ampiamente noto, non è riconducibile al modello classico della forma di governo parlamentare. Fino ad
oggi si è detto correttamente che, non essendoci un “governo”, non esiste neppure una maggioranza
precostituita. Tuttavia, la maggiore articolazione delle forze che su cui dovrà fare perno la nuova
maggioranza condurrà inevitabilmente le stesse forze politiche coinvolte a stringere un patto che sempre
più potrebbe somigliare a quello previsto nelle forme di governo parlamentari.
Come affermato, d’altra parte, dalla Corte costituzionale italiana nella sent. 239/2018 relativa alla soglia
di sbarramento della legge elettorale per il Parlamento Europeo, è in corso un’ “indubbia trasformazione
in senso parlamentare della forma di governo dell’Unione europea” e nella “potenziata relazione
dialettica fra Parlamento europeo e Commissione, cui consegue l’esigenza di favorire il formarsi
di una maggioranza politica nell’assemblea, la clausola di sbarramento persegue l’autonoma e specifica
funzione di evitare che un’eccessiva frammentazione dei partiti in essa rappresentati ne renda
particolarmente complessa la formazione, mettendo così a rischio l’interesse alla stabilità dell’organo
politico di governo”.
Se, dunque, è vero che non esistono maggioranze predefinite e che queste si definiscono, di volta in volta,
sulla base dei dossier da esaminare, è anche vero che, perché tenga un accordo a tre o a quattro, i
presupposti devono essere chiari e l’intesa ben definita.

12   Al quarto scrutinio si procede al ballottaggio tra i due precedentemente più votati.

10                                      federalismi.it - ISSN 1826-3534                             |n. 11/2019
In questa prospettiva la Conferenza dei Presidenti dei gruppi avrà un ruolo cruciale: è lì, infatti, che si
stabiliscono – nel corso di lavori caratterizzati da confidenzialità e con voto ponderato dei Gruppi – gli
argomenti da trattare e la ripartizione dei tempi e dunque, in buona sostanza, l’agenda dei lavori.
Ugualmente fondamentali saranno le Commissioni permanenti le quali, in quanto organi più ristretti che
possono svolgere i propri lavori con minori formalità, risultano la sede maggiormente idonea per la
definizione delle posizioni ed il raggiungimento degli accordi politici.
In quante Commissioni permanenti si articolerà il PE verrà stabilito dallo stesso Parlamento in avvio di
legislatura; nell’ottava erano 20, peraltro molto variegate tra di loro: dalla “pesante” Commissione per i
Bilanci che vanta importanti ed ampie funzioni nel procedimento legislativo, alla Commissione Esteri,
senza dubbio prestigiosa ma con un ruolo essenzialmente di indirizzo politico, a Commissioni di settore.
I Gruppi ripartiscono i propri componenti tra le varie Commissioni, la cui composizione è appunto
strettamente legata agli accordi politici, anche in relazione al prestigio ed all’incidenza di ciascuna di esse,
mantenendo ovviamente le medesime proporzioni della plenaria; questo comporta non solo che esistono
Commissioni più o meno numerose, ma anche che diverso è l’incidenza delle singole deputazioni
nazionali all’interno delle diverse Commissioni. Si è infatti consolidata una prassi per cui i posti di
presidente e vicepresidente sono assegnati ai gruppi sulla base di un rigido schema13 e poi, una volta
ripartiti i posti tra i gruppi, ciascun gruppo assegna quei posti sulla base della consistenza delle diverse
delegazioni. Di nuovo dunque, la logica dell’appartenenza politica in prima battuta, contemperata poi
dall’appartenenza statale.
Quante Commissioni, composte come, presiedute da chi: anche su questo fronte sarà molto interessante
vedere come le forze parlamentari si assesteranno.

5. Qualche breve considerazione conclusiva
E’ assai arduo, ad oggi, affermare con un buon margine di approssimazione quali saranno gli equilibri nel
Parlamento Europeo 2019-2024, perché molte sono le variabili politiche sulle quali, proprio in questi
giorni, si sono avviati i negoziati.
Il cleavage nuovo – europeisti vs antieuropeisti – che era già stato evidenziato dopo le elezioni del 201414
permane certamente, ma all’interno dei due fronti si potrà verosimilmente assistere ad una articolata
dialettica interna, che potrebbe anche rivelarsi salutare.

13 ad esempio, al gruppo più consistente seguendo il metodo d’hondt la prima, la terza, la quinta, la settima,
l’undicesima scelta e così via, al secondo la seconda, la quarta, l’ottava, la dodicesima, al terzo, la sesta, la
quattordicesima e così via
14 A. Manzella, Prima lettura di un parlamento (un po’meno) europeo, in federalismi.it n. 11/2014.

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I Gruppi politici, in altre parole, per segnare il loro posizionamento, potrebbero essere indotti a
connotarsi politicamente, il che li potrebbe rendere sempre più simili a delle vere e proprie formazioni
politiche, piuttosto che a meri raggruppamenti di partiti nazionali.
In dottrina è stata messa in luce da più parti la peculiare dinamica del rapporto gruppi-partiti a livello
europeo, con quel movimento da dentro il Parlamento verso la società che fa dei partiti politici europei
quasi delle “proiezioni extraparlamentari” dei gruppi politici15. Ora, senza voler qui stare ad interrogarsi
su quale sia “il verso giusto” (se appunto da fuori verso dentro, o da dentro verso fuori), forse si dovrebbe
superare quella che è stata definita la “concezione funzionalista” dei Gruppi politici16 e si dovrebbe
apprezzare l’accentuarsi di una loro connotazione maggiormente politica.
L’auspicio è, in altre parole, che il Parlamento diventi effettivamente la sede del dibattito e del confronto,
con il contributo di sensibilità politiche variegate che facciamo emergere, in modo salutare, il dato politico.
Perché se, come è stato detto, “va affermata, una volta per tutte, la dimensione finalmente politica del
confronto e dello scontro che si sta svolgendo sul nostro continente”17, la sede naturale di quello scontro
politico non può che essere il Parlamento.

15 A. Ciancio, Sistema europeo dei partiti e integrazione politica nell’UE (aprile 2015, in I.S.SI.R.F.A. , Studi ed interventi.
16 L’espressione è di M. Cartabia, Gruppi parlamentari e interna corporis del Parlamento europeo, in Quad. Cost., 2000, pp
561 ss.
17 B. Caravita, Letture edificanti per combattere gli idola sull’Europa, in federalismi.it , n. 9/2019.

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