I decreti del Governo "di natura non regolamentare". Un percorso interpretativo
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1 ENRICO ALBANESI I decreti del Governo «di natura non regolamentare». Un percorso interpretativo SOMMARIO: 1. Un fenomeno proteiforme. Prime precisazioni terminologiche e definizione di un percorso interpretativo. – 2. La ratio («fuga dal regolamento», elusione del riparto di competenze Stato-Regioni, sede di scelte di indirizzo politico-amministrativo) ed alcuni dati sulle dimensioni del fenomeno nella XVI legislatura. – 3. I criteri di individuazione delle fonti del diritto nella dottrina e nella giurisprudenza e la sostanziale indifferenza a lungo tempo mostrata dalla Corte costituzionale per la natura normativa o provvedimentale dei decreti governativi. Maggior rigore argomentativo nell’ultimo anno? – 4. Il rapporto del decreto con la legge che ad esso rinvia: applicabilità della l. n. 400/88 o decreto come fonte atipica? – 5. La giurisprudenza costituzionale: la violazione delle competenze regionali ex art. 117, sesto comma, Cost. – 6. I vizi di legittimità costituzionale nelle ricostruzioni della dottrina: l’eccesso di potere/irragionevolezza della legge, la violazione della tipicità delle fonti secondarie ex art. 117, sesto comma, Cost. e la lesione del ruolo di consulenza giuridico-amministrativa del Consiglio di Stato ex art. 100 Cost. – 7. Ulteriori profili costituzionali compromessi: a) la tipicità della “forma” (lato sensu intesa) regolamentare e l’insopprimibile distinzione tra indirizzo amministrativo e ordinaria attività amministrativa (artt. 92 ss. e 97 ss. Cost.); il mantenimento dell’unità di indirizzo amministrativo da parte del Presidente del Consiglio (art. 95 Cost.); – 8. (segue): b) la riserva di legge. – 9. Conclusioni. 1. Un fenomeno proteiforme. Prime precisazioni terminologiche e definizione di un percorso interpretativo. L’ordinamento giuridico si sta ormai da tempo caratterizzando per la diffusione di disposizioni legislative che rinviano a decreti ministeriali e del Presidente del Consiglio dei ministri (di seguito: governativi) espressamente qualificati dalla legge come «di natura non regolamentare». Si tratta di un fenomeno giuridico proteiforme, assumendo tali decreti nel caso concreto contenuto normativo o provvedimentale. Tale fattispecie (di seguito: fattispecie A) è giuridicamente distinta da quella in cui la legge rinvii a decreti governativi senza alcun riferimento alla forma regolamentare di cui alla l. n. 400/88 (di seguito: fattispecie B) così come da quella in cui la legge rinvii a questi ultimi disponendo una disciplina in deroga a quella di cui alla l. n. 400/88 (di seguito: fattispecie C). Non mancano pur tuttavia problematiche per certi profili comuni alle tre fattispecie ove tali decreti abbiano un contenuto normativo1: Dottore di ricerca in Metodi e tecniche della formazione e della valutazione delle leggi presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova. 1 Alle tre fattispecie menzionate ne andrebbe aggiunta una quarta, quella in cui la legge rinvii a deliberazioni del Consiglio dei ministri aventi contenuto normativo senza specificarne la forma (si veda a titolo di esempio l’art. 5, comma 8, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, come convertito dalla l. 26 maggio 2011, n. 75, ora peraltro abrogato ad opera del referendum del 12/13 giugno 2011, il quale attribuiva al Consiglio dei ministri l’adozione della Strategia energetica nazionale). Di tale fattispecie non se ne tratterà tuttavia in questa sede date le autonome problematiche che sembra porre rispetto alle altre tre: avendo infatti ad oggetto una deliberazione collegiale del Consiglio dei ministri, sembra porsi rispetto ad essa una maggiore pluralità di ipotesi ricostruttive
2 appare dunque opportuno trattare della prima in un contesto che tenga altresì conto delle altre due2, dando di esse una lettura attraverso categorie giuridiche unitarie o distinte a seconda dei singoli profili esaminati3. Il mancato riferimento da parte della legge alla forma regolamentare di cui alla l. n. 400/88 (fattispecie B) costituisce una tecnica che ha indubbiamente favorito quella «fuga dal regolamento» da parte del Governo ampiamente segnalata all’indomani dell’approvazione della l. n. 400/884: come è stato notato, infatti, tale fuga da parte del Governo «potrebbe essere quantomeno arginata se le fonti primarie espressamente imponessero il rispetto dell’art. 17 della legge n. 400/1988 allorché rinviano parte della disciplina della materia a decreti ministeriali»5. non riconducibile alla sola alternativa regolamento/provvedimento. Si vedano esemplarmente in tal senso le diverse intepretazioni della natura dell’atto di cui al citato art. 5, comma 8, prospettate rispettivamente: dai promotori del referendum al punto 7.2 della memoria presentata il 30 maggio 2011 all’Ufficio centrale per il referendum (nella quale si sottolinea come la lettera dell’art. 5 consentisse l’adozione della Strategia energetica nazionale attraverso un regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 1, l. n. 400/88 oppure un decreto-legge); dall’Ufficio centrale per il referendum chiamato a disporre il trasferimento del quesito referendario nell’ordinanza del 3 giugno 2011 (dove si fa riferimento ad un «provvedimento adottabile dal Consiglio dei ministri»); dalla Corte costituzionale in sede di giudizio di ammissibilità nella sent. 7 giugno 2011, n. 174, punto 1 cons. dir. (dove si parla di «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri»). 2 Come d’altronde avviene nei tre studi più approfonditi del fenomeno dei decreti «di natura non regolamentare» (cfr. A. MOSCARINI, Sui decreti del Governo «di natura non regolamentare» che producono effetti normativi, in Giur. cost., 2008, 5075 ss.; C. PADULA, Considerazioni in tema di fonti statali secondarie atipiche, in Dir. pubb., 2010, 365 ss.; V. MARCENÒ, Quando il formalismo giuridico tradisce se stesso: i decreti di natura non regolamentare, un caso di scarto normativo tra fatto e modello normativo nel sistema delle fonti, in corso di pubblicazione in Giur. cost., 2011). Analogo approccio comprensivo si registra in G. DI COSIMO, I regolamenti nel sistema delle fonti. Vecchi nodi teorici e nuovo assetto costituzionale, Milano, 2005, 124 ss. oltre che nelle opere di Tarli Barbieri e Lupo citati nelle note successive. 3 Tali fattispecie sembrano potersi ricondurre a categorie giuridiche sostanzialmente unitarie sotto il profilo dei criteri di individuazione delle fonti ai fini dell’attribuzione a tali decreti della natura o meno normativa (cfr. il par. 3) nonché sotto il profilo dell’eventuale violazione delle competenze regionali ex art. 117, sesto comma, Cost. da parte di tali decreti o delle disposizioni di legge che ad essi rinviano (cfr. il par. 5). Una lettura di tali fattispecie attraverso categorie giuridiche distinte andrà invece svolta sotto il profilo del rapporto del decreto con la legge che ad esso rinvia (cfr. il par. 4). 4 Sulla quale cfr. U. DE SIERVO, Lo sfuggente potere regolamentare del Governo (riflessioni sul primo anno di applicazione dell’art. 17 della legge n. 400/1988), in Scritti per Mario Nigro. I. Stato e Amministrazione, Milano, 1991, 279 ss. nonché ID., Il complesso universo degli atti normativi secondari del Governo, specie 23 ss. e ID., Una necessaria riflessione, specie 19, rispettivamente in Norme secondarie e direzione dell’amministrazione, Bologna, 1992 e Il potere regolamentare nell’amministrazione centrale, Bologna, 1992, entrambi a cura dello stesso Autore. In quest’ultimo volume si segnala in particolare G. PUCCINI, La forma dei regolamenti del Governo oltre i modelli dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988, 25 ss. 5 Così G. TARLI BARBIERI, Atti regolamentari ed atti pararegolamentari nel più recente periodo, in Osservatorio sulle fonti 1998, a cura di U. De Siervo, Torino, 1999, 252. Analogamente cfr. N. LUPO, La potestà regolamentare del Governo dopo il nuovo Titolo V della Costituzione: sui primi effetti di una disposizione controversa, in Osservatorio sulle fonti 2002, a cura di P. Caretti, Torino, 2003, specie 260 dove si legge che «tanto il legislatore, quanto, a maggior ragione, lo stesso
3 Le deroghe alla l. n. 400/886 (fattispecie C) così come il rinvio a decreti qualificati come «di natura non regolamentare»7 (fattispecie A) sembrano addirittura aver inaugurato a partire dalla seconda metà degli anni Novanta una «nuova stagione» di fuga dal regolamento (dopo che si era registrato un attenuamento del fenomeno, a seguito di una “reazione” giurisprudenziale8 ad esso), questa volta «direttamente autorizzata dal legislatore»9. Per tentare ad ogni modo di inquadrare giuridicamente tali fattispecie sembra doversi seguire un preciso percorso ermeneutico. Innanzitutto occorrerà domandarsi (ed è questa un’attività che spetta all’interprete nel caso concreto) se ad un decreto riconducibile a tali fattispecie, debba riconoscersi natura normativa alla luce dei criteri di individuazione delle fonti. Per ricostruire questi ultimi si passeranno in rassegna in questa sede gli orientamenti che emergono nelle pronunce del Consiglio di Stato, dei giudici amministrativi e della Corte costituzionale, ove chiamati nei rispettivi ambiti a conoscere di decreti (o di leggi che a simili decreti rinviano) riconducibili alle tre fattispecie sopra richiamate10. Governo, hanno […] cercato di evitare – per quanto possibile – di fare esplicito riferimento all’esercizio del potere regolamentare o all’art. 17 della l. n. 400/1988, preferendo piuttosto […] non precisare la natura giuridica dei decreti governativi e ministeriali». 6 Sulle deroghe espresse alla disciplina procedurale e tipologica dei regolamenti di cui alla l. n. 400/88 da parte di leggi successive cfr. G. TARLI BARBIERI, Il potere regolamentare del Governo (1996-1997): quadro generale, in Osservatorio sulle fonti 1997, a cura di U. De Siervo, Torino, 1998, specie 200 ss. nonché N. LUPO, Dalla legge al regolamento. Lo sviluppo della potestà normativa del governo nella disciplina delle pubbliche amministrazioni, Bologna, 2003, 107. 7 Sui decreti qualificati ex lege come «di natura non regolamentare» (oltre ai tre saggi citati nella nt. 2) cfr. F. MODUGNO-A. CELOTTO, Un «non regolamento» statale nelle competenze concorrenti, in Quad. cost., 2003, 355 ss.; F. CINTIOLI, A proposito dei decreti ministeriali «non aventi natura regolamentare», in Quad. cost., 2003, 820 s.; R. BIN, «Problemi legislativi e interpretativi nella definizione delle materie di competenza regionale». Rileggendo Livio Paladin dopo la riforma del Titolo V, in Scritti in memoria di Livio Paladin, Napoli, 2004, 337 ss.; G. TARLI BARBIERI-P. MILAZZO, Art. 117, comma 6, in Commentario alla Costituzione, III, a cura di R. Bifulco-A. Celotto-M. Olivetti, Torino, 2006, 2286 ss.; N. LUPO, “Dal regolamento alla legge”: semplificazione e delegificazione: uno strumento ancora utile?, in Dir. soc., 2006, 416 s.; R. MANFRELLOTTI, Il riparto di competenze regolative nell’art. 117 della Costituzione: il caso delle biotecnologie, in Giur. cost., 2006, specie 1126 ss.; F. BATISTONI FERRARA, Una nuova fonte di produzione normativa: i decreti ministeriali non aventi natura regolamentare, in Le fonti del diritto, oggi. Giornate di studio in onore di Alessandro Pizzorusso, Pisa, 2006, 191 ss.; G. TARLI BARBIERI, Il potere regolamentare del Governo (1996-2006), in Osservatorio sulle fonti 2006, a cura di P. Caretti, Torino, 2007, 209 ss. 8 Sulla quale cfr. U. DE SIERVO, Il potere regolamentare alla luce dell’attuazione dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988, in Dir. pubb., 1996, specie 72 ss., cui si rinvia per gli opportuni riferimenti. 9 Così G. TARLI BARBIERI, Atti regolamentari ed atti pararegolamentari, cit., 251. Analogamente cfr. N. LUPO, La potestà regolamentare del Governo, cit., 260 s. per il quale si avrebbe in tal caso «una “fuga dal regolamento” ancor più grave rispetto a quella a suo tempo segnalata criticamente dalla dottrina». 10 Cfr. il par. 3.
4 Nel caso in cui da una simile indagine emerga il riconoscimento della natura normativa del decreto, il secondo profilo da vagliare sarà costituito dalla sua legittimità in relazione alla legge11: un sindacato quest’ultimo spettante al giudice amministrativo in sede di annullamento ed al giudice ordinario in sede di disapplicazione dell’atto12, ma non alla Corte costituzionale13. Con specifico riguardo alle tre fattispecie di decreti qui in esame, tale sindacato presuppone tuttavia che si affronti una questione preliminare, sulla quale ci si soffermerà in questa sede: quale sia cioè il rapporto tra la l. n. 400/88 e la legge che, con le modalità di cui alle fattispecie A, B e C, al decreto rinvii; ovvero, in altri termini, se la legittimità del decreto vada sindacata alla stregua della prima legge o della seconda14. In terzo luogo occorre domandarsi con riferimento alle tre fattispecie se i decreti in esame (sindacabili in sede di conflitto di attribuzione) nonché le norme di legge che ad essi rinviano (sindacabili in sede di giudizio incidentale o principale), non si pongano in violazione di norme costituzionali. A tal fine si esamineranno in questa sede la giurisprudenza della Corte costituzionale nonché le ricostruzioni avanzate in proposito nel dibattito dottrinale15. Tale percorso interpretativo presuppone tuttavia che si abbiano ben presenti, da un lato, la ratio del ricorso da parte del legislatore ai decreti «di natura non regolamentare» aventi contenuto normativo; dall’altro, le dimensioni empiriche del fenomeno. E’ da questi profili che converrà dunque iniziare l’indagine. 2. La ratio («fuga dal regolamento», elusione del riparto di competenze Stato- Regioni, sede di scelte di indirizzo politico-amministrativo) e alcuni dati sulle dimensioni del fenomeno nella XVI legislatura. Come messo ormai in luce dalla dottrina16, chiara è la ratio del ricorso da parte del legislatore a decreti «di natura non regolamentare» dal contenuto normativo. In primo luogo, l’adozione di tali decreti costituisce uno degli strumenti a disposizione del Governo attraverso cui veicolare un contenuto di natura normativa, 11 Il riconoscimento della natura normativa o meno di un atto costituisce infatti una «questione pregiudiziale», solo una volta risolta la quale è possibile decidere se esso «è stato adottato secondo il procedimento per esso previsto oppure no (con la conseguenza che nel primo caso è legittimo […] e nel secondo caso è illegittimo perché non adottato secondo il procedimento previsto)». Così G.U. RESCIGNO, Forma e contenuto di regolamento, in Giur. cost., 1993, 1432 s. Analogo percorso è seguito in C. PADULA, Considerazioni in tema di fonti statali, cit., specie 371. 12 Sul sindacato giurisdizionale sui regolamenti cfr. F. CINTIOLI, Potere regolamentare e sindacato giurisdizionale, Torino, 2007 e D. IACOVELLI, Regolamenti e illegittimità, Padova, 2007. 13 Da ultimo cfr. Corte cost. 22 luglio 2010, n. 274, punto 4.2. cons. dir., in Giur. cost., 2010, 3371 ss. Più in generale, sulla questione della sindacabilità dei regolamenti da parte della Corte costituzionale, cfr. G. ARCONZO, I regolamenti governativi nell’art. 17 della legge n. 400 del 1988: un bilancio, in questo Volume. 14 Cfr. il par. 4. 15 Cfr. i parr. 5 e ss. 16 Ex multis, A. MOSCARINI, Sui decreti del Governo «di natura non regolamentare», cit., 5075 ss.
5 eludendo i vincoli posti dall’art. 17 della l. n. 400/88 per l’adozione dei regolamenti. Ci si riferisce in particolare all’acquisizione del parere del Consiglio di Stato (commi 2 e 4), alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (comma 4) e nel caso dei regolamenti ministeriali alla previa comunicazione al Presidente del Consiglio (comma 3). In secondo luogo, il ricorso a decreti «di natura non regolamentare» dal contenuto normativo rappresenta uno strumento per lo Stato attraverso cui intervenire in ambiti materiali che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, sono oggi preclusi alla potestà regolamentare statale. Ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost. infatti «la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni», mentre «spetta alle Regioni in ogni altra materia»17. Ebbene, in quest’ottica l’adozione di siffatti decreti costituisce per lo Stato un veicolo formalmente (ma fraudolentemente) idoneo attraverso il quale introdurre una disciplina normativa. Agli obiettivi così perseguiti sembra affiancarsene un terzo. I decreti «di natura non regolamentare» a contenuto normativo sembrano infatti costituire a pieno titolo un esempio di quel «metodo di produzione normativa “a cannocchiale”», che sempre più frequentemente vede «la legge parlamentare (oppure gli stessi atti aventi forza di legge, magari delegati a loro volta dalla legge, come nel caso del decreto legislativo) demandare e rimandare parti della scelta politica ad altri atti, inevitabilmente del Governo»18. Atti «non meramente attuativi, né soltanto sub-legislativi» ma che si pongono come «post-legislativi», ai quali il legislatore tende a «demandare esplicitamente la disciplina […] di numerosi aspetti ed elementi (ormai davvero disparati, sul piano tipologico, funzionale e contenutistico)»19. 17 Il nuovo art. 117, sesto comma, Cost. ha introdotto un «principio di titolarità esclusiva delle potestà regolamentari» per ciascun settore materiale (così G. GUZZETTA, Problemi ricostruttivi e profili problematici della potestà regolamentare dopo la riforma del Titolo V, in Ist. fed., 2001, 1123 ss.), finendo inevitabilmente per limitare la portata dell’art. 17 della l. n. 400/88 (così G. TARLI BARBIERI, Appunti sul potere regolamentare delle Regioni nel processo di riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, in Dir. pubb., 2002, 460 ss.). Sul riparto di competenze regolamentari ha peraltro notevolmente inciso poi la giurisprudenza costituzionale (cfr. in particolare nt. 76). 18 Cfr. R. ZACCARIA, Introduzione, in ID., Fuga dalla legge? Seminari sulla qualità della legislazione, Brescia, 2011, 16. 19 Cfr. M. MAZZARELLA, Decretazione d’urgenza e atti “post-legislativi” del Governo: spunti dall’esperienza della XVI legislatura. «I’ll think about that tomorrow. After all… tomorrow… Frankly, my dear, I don’t give a damn», in www.osservatoriosullefonti.it, 2011, n. 3. Esempi di questa tendenza sono quei decreti legislativi ai quali leggi di delega caratterizzate dalla genericità di principi e criteri direttivi rinviano per la determinazione delle scelte politiche più complesse; nonché quei decreti legislativi che in molti casi a loro volta rinviano queste ultime ad ulteriori atti sub-legislativi, risultando dunque in tal caso le deleghe legislative «fintamente attuate» dal decreto legislativo (così R. ZACCARIA, Introduzione, cit., 16), tutto ciò spesso accompagnato dalla previsione di deleghe integrative e correttive. Esemplare in tal senso è ancora il ricorso all’istituto della delegificazione, spesso “spuria”, cioè in deroga autorizzata ex lege alla disciplina di cui all’art. 17, comma 2, della l. n. 400/88 (così V. DI PORTO, Delegificazione e decreti di natura non regolamentare nell’esperienza del Comitato per la legislazione, in R. Zaccaria, Fuga dalla legge?, cit., 157 s.): un istituto la cui finalità sembra essere quella di «dare più spazio ai singoli Ministri (in particolare mediante le pratiche di delegificazione “anomala” mediante decreti ministeriali) dinanzi
6 Venendo ora alle dimensioni del fenomeno, appare arduo compierne una stima esauriente perchè, lo si è detto, il riconoscimento della natura normativa in capo a tali decreti costituisce frutto di un’attività rimessa nel caso concreto all’interprete. Tuttavia può essere utile dar conto quantomeno delle disposizioni contenute negli atti legislativi primari, pubblicati nei primi tre anni della XVI legislatura (29 aprile 2008- 28 aprile 2011), che a tali decreti rinviano. In tale periodo sono stati pubblicati 335 atti legislativi primari, di cui 65 leggi di conversione di decreti-leggi, 86 di ratifica, 12 di bilancio, 2 comunitarie, 55 “altre” leggi e 135 decreti legislativi (cfr. Grafico 1)20. All’interno di tali atti, risultano 105 disposizioni che rinviano a tali decreti. Di queste, la maggior parte (67) sono contenute in leggi di conversione (id est: decreti-legge come convertiti dalle leggi di conversione) mentre poco meno di un quarto (24) in decreti legislativi. Il resto in “altre” leggi (10), nelle leggi di bilancio (3) o comunitarie (1) (cfr. Grafico 2)21. alla frammentarietà e alla scarsa coesione degli esecutivi di coalizione» e di «abbozzare una riforma senza compierla, posponendo in avanti il momento della decisione finale sulle questioni più difficili da dirimere, prefigurando solo parte dei suoi contenuti e accantonando nell’immediato i nodi più complessi» (così M. CARTABIA, Considerazioni conclusive, in R. Zaccaria, Fuga dalla legge?, cit., 185). Costituiscono poi esempio di tale tendenza le ordinanze di protezione civile cui il legislatore rinvia «per l’attuazione» di decreti-legge (sul punto, volendo, R. ZACCARIA-E. ALBANESI, Le ordinanze di protezione civile «per l’attuazione» di decreti-legge (ed altri scostamenti dalla l. n. 225 del 1992), in Giur. cost., 2009, 2231 ss. (mentre la loro finalità ex l. n. 225/92 dovrebbe essere dare attuazione ad interventi di emergenza). 20 Oltre agli specifici fenomeni di cui alla nt. precedente, nella produzione legislativa nei primi 3 anni della XVI legislatura (sulla quale cfr. R. ZACCARIA, Fuga dalla legge?, cit., nonché ID., L’uso delle fonti normative tra Governo e Parlamento. Bilancio di metà legislatura (XVI), in Giur. cost., 2010, 4086 ss.) si stanno confermando e per certi versi accentuando alcune tendenze che caratterizzano da tempo il sistema delle fonti nell’ordinamento italiano. Ci si riferisce innanzitutto all’assunzione di un ruolo residuale da parte della legge parlamentare (tema sul quale cfr. i dati in A. SIMONCINI, 1998-2008: la fine della legge?, in www.osservatoriosullefonti.it, 2009, n. 2 nonché le riflessioni di F. MODUGNO, Sul ruolo della legge parlamentare (considerazioni preliminari), ivi, 2009, n. 3, di P. CARETTI, La “crisi” della legge parlamentare, ivi, 2010, n. 1, e di A. RUGGERI, E’ rimediabile il disordine delle fonti?, in Osservatorio sulle fonti 2008. La legge parlamentare oggi, a cura di P. Caretti, 2010, 55 ss.); al ruolo svolto dal decreto-legge (ormai «preponderante», specie per le dimensioni qualitative e quantitative assunte da ciascun decreto nella legislatura in corso: in tal senso, volendo, cfr. R. ZACCARIA-E. ALBANESI, Il decreto-legge tra teoria e prassi, in www.forumcostituzionale.it, 2009 nonché i dati riportati in Tendenze e problemi della decretazione d’urgenza. Relazione presentata al Comitato per la legislazione dal Presidente on. Lino Duilio, 2010, per la quale cfr. A.C., XVI leg., Comitato per la legislazione, res. somm. 21 gennaio 2010) e più in generale dagli atti del Governo (sul cui rapporto con la legge, cfr. ora G. TARLI BARBIERI, Legge ed atti del Governo e di altre autorità statali, in Osservatorio sulle fonti 2008, cit., 70 ss.); alla frequente posizione della questione di fiducia nel procedimento legislativo, sulla quale, in generale cfr. N. LUPO (a cura di), Maxi-emendamenti, questioni di fiducia, nozione costituzionale di articolo, Padova, 2010. 21 Tale risultato emerge da una ricerca testuale compiuta attraverso la Banca dati Normattiva sul testo storico di ciascuno degli atti legislativi citati pubblicati in Gazzetta Ufficiale tra il 29 aprile 2008 ed il 28 aprile 2011. Tale risultato è stato poi confrontato con una ricerca testuale complessiva sulle Banche dati Leggi d’Italia Professionale e DeJure.
7 Grafico 1 – Atti legislativi di rango primario pubblicati in G.U. nella XVI legislatura (29 aprile 2008-28 aprile 2011) Leggi di conversione (65) Leggi di ratifica (86) Leggi di bilancio (12) Leggi comunitarie (2) "Altre" leggi (55) Decreti legislativi (135) Grafico 2 – Disposizioni che rinviano a decreti qualificati espressamente come «di natura non regolamentare» Decreti di n.n.r. nelle leggi di conversione (67) Decreti di n.n.r. nelle leggi di bilancio (3) Decreti di n.n.r. nelle leggi comunitarie (1) Decreti di n.n.r. nelle "altre" leggi (10) Decreti di n.n.r. nei decreti legislativi (24) Ciò che emerge, è dunque una netta prevalenza della legge di conversione (e a monte di essa del decreto-legge22) nonché in misura più ridotta del decreto legislativo come “veicoli” attraverso i quali demandare l’adozione di decreti espressamente qualificati come «di natura non regolamentare». Alla luce di tale dato emerge dunque come sia il Governo a svolgere un ruolo centrale nel processo che vede il proliferare 22 Come emerge da un analogo conteggio compiuto sul testo storico dei decreti-legge emanati nei primi tre anni (8 maggio 2008-8 maggio 2011) del Governo Berlusconi IV (cfr. M. MAZZARELLA, Decretazione d’urgenza e atti “post-legislativi” del Governo, cit.), il numero delle disposizioni che rinviano a decreti «di natura non regolamentare» contenute nel testo storico dei decreti-legge (50) non si discosta di molto da quello qui calcolato delle disposizioni contenute nel testo storico delle leggi di conversione (id est: dei decreti-legge come convertiti dalla leggi di conversione) nei primi tre anni della XVI legislatura.
8 di disposizioni (asseritamente) legittimanti l’adozione di decreti «di natura non regolamentare» a contenuto normativo23. 3. I criteri di individuazione delle fonti del diritto nella dottrina e nella giurisprudenza e la sostanziale indifferenza a lungo tempo mostrata dalla Corte costituzionale per la natura normativa o provvedimentale dei decreti governativi. Maggior rigore argomentativo nell’ultimo anno? Il primo passo che l’interprete è chiamato a compiere è verificare se nel caso concreto il decreto cui la legge rinvia abbia o meno natura normativa, operazione da svolgersi in relazione ai criteri di identificazione delle fonti. Si tratta di un passaggio che appare peraltro necessario per inquadrare sia la fattispecie A che le altre due. La questione di quali siano tali criteri è un tema che ha a lungo caratterizzato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale. La dottrina ha in passato ritenuto sussistere un inevitabile nesso logico tra l’idea di fonte del diritto e quella di norma giuridica, sostenendo la necessità di ricorrere, accanto a criteri formali (quali il nomen, la procedura o l’organo adottante), in via sussidiaria anche a criteri sostanziali (quali la «novità» o il contenuto generale- astratto), aventi come oggetto in primo luogo la ricerca della presenza di norme giuridiche24. Oggi, preso ormai atto del processo di “amministrativizzazione” della legge formale come risposta alle esigenze dello Stato sociale25 nonché della sistematizzazione procedurale degli atti normativi del Governo introdotta con la l. n. 23 Senza peraltro che il Parlamento intervenga in via emendativa per recepire le segnalazioni critiche che pur su tali decreti sono espresse dalla Commissione affari costituzionali (con riguardo al parametro dell’art. 117, sesto comma, Cost.) o dal Comitato per la legislazione della Camera dei deputati (con riguardo al parametro della l. n. 400/88). In materia, sui pareri resi dal primo e dal secondo cfr. rispettivamente N. LUPO, La potestà regolamentare del Governo, cit., specie 245 s. e A.A. GENNA, La “giurisprudenza” del Comitato per la legislazione nella XVI legislatura e le anomalie nel “sistema” delle fonti del diritto: un tentativo di ricostruzione riferito, in particolare, agli “a-sistematici” decreti governativi e ministeriali “di natura non regolamentare”, in R. Zaccaria, Fuga dalla legge?, cit., 172 ss. Almeno in un caso la qualificazione di un decreto come «di natura non regolamentare» è stata introdotta nel corso dell’iter legis presso la Camera dei deputati attraverso un emendamento approvato in Assemblea proprio per eludere il parere favorevole con osservazioni espresso dalla Commissione affari costituzionali nel quale si sottolineava la lesione delle competenze delle Regioni che sarebbe discesa dall’adozione di un regolamento in materia (cfr. XIV leg., Commissione affari costituzionali, 13 dicembre 2004). Con la sent. n. 116/06 la Corte costituzionale sarebbe poi comunque intervenuta a dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma. Su questa ed altre “corrispondenze” tra il controllo svolto da alcune Commissioni parlamentari e la Corte costituzionale, cfr. volendo E. ALBANESI, Pareri parlamentari e limiti della legge, Milano, 2010, specie 276 ss. 24 Cfr. V. CRISAFULLI, voce Fonti del diritto (dir. cost.),in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, specie 927-930 e 942 ss. Su tali criteri, cfr. più in dettaglio ID., voce Atto normativo, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, specie 241 ss. 25 Cfr. sul punto E. CHELI, Potere regolamentare e struttura costituzionale, Milano, 1967, specie 250 ss. e recentemente S. SPUNTARELLI, L’amministrazione per legge, Milano, 2007, specie 17 ss.
9 400/88, sembra essersi affermata la necessità di un processo logico inverso, sul presupposto che «non è dalle norme che si deve risalire alle fonti», bensì è «dalle fonti che occorre discendere, etimologicamente, verso le norme stesse», riconoscendo un ruolo ancor più centrale ai criteri formali26. Ai criteri sostanziali è pur sempre riconosciuto un ruolo particolarmente utile specie nei casi di confine, al fine di distinguere gli atti normativi secondari dagli atti amministrativi generali27. Anche nella giurisprudenza costituzionale, amministrativa e dei giudici comuni si fa d’altronde ricorso ai criteri sostanziali di identificazione delle fonti. Quanto al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, è sulla base di criteri sostanziali28 che quest’ultimo ad esempio: ha disconosciuto nel 2008 natura normativa a d.p.c.m. in virtù della loro «funzione meramente liquidativa di crediti retributivi»29; ha riconosciuto nel 2010 natura normativa a decreti direttoriali dell’AAMS disciplinanti la raccolta a distanza delle scommesse pubbliche «in quanto espressione della potestà attribuita all'amministrazione di incidere, integrandola ed arricchendola, su una preesistente e sovrastante disciplina legislativa»30; ha disconosciuto nel 2011 natura normativa all’attività svolta dal CIPE volta a definire le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare in quanto «scelta di carattere essenzialmente tecnico»31. E’ altresì sulla base di criteri sostanziali che in alcune pronunce dei T.A.R. si è giunti ad esempio nel 2010 ad attribuire natura normativa ad un decreto del Ministro delle attività produttive sulla sicurezza degli impianti ascensoristici in quanto esso non «si limita a dare attuazione al dettato di norme giuridiche preesistenti ed indirizzate ad una pluralità indeterminata di soggetti [ma] crea norme nuove, con esse imponendo ai suoi destinatari obblighi patrimoniali pesantissimi e permanenti, gravemente sanzionati in caso di inadempimento, ma del tutto privi del necessario supporto normativo»32. Sulla base di analoghi criteri sostanziali si è giunti nel 2011 a qualificare come atto privo di contenuto normativo un decreto del Ministro dell’interno recante regole tecniche relative al permesso e alla carta di soggiorno in 26 L’approdo definitivo di tale evoluzione sembra essere rappresentato dal saggio (dal quale è tratta la citazione) di L. PALADIN, Saggio sulle fonti del diritto italiano. Le problematiche della definizione e dell’individuazione, in Quad. cost., 1993, 219 ss. Analogamente di recente cfr. G. TARLI BARBIERI, Appunti sulle fonti del diritto italiano, Torino, 2008, specie 35-42. 27 Quanto meno secondo l’impostazione tradizionale (per la quale cfr. G. SANTANIELLO, Gli atti amministrativi generali a contenuto non normativo, Milano, 1963). Per alcune recenti elaborazioni alternative cfr. G. DELLA CANANEA, Gli atti amministrativi generali, Padova, 2000 e G. CLEMENTE DI SAN LUCA, L’atto amministrativo fonte del diritto obiettivo, Napoli, 2003). 28 Cfr. però Cons. St., sez. VI, 27 dicembre 2007, n. 6657 dove si nega la natura regolamentare di un d.m. «non essendo stato adottato con il procedimento indicato dall’art. 17 l. 400/88», senza venire «neppure qualificato come regolamento nel testo». 29 Cfr. Cons. St., sez. IV, 27 giugno 2008, n. 3256. 30 Cfr. Cons. St., sez. IV, 12 maggio 2010, n. 2841 (di riforma della T.A.R. Lazio, sez. II, n. 8492/08 la quale aveva affermato che la disciplina del decreto «avrebbe dovuto essere contenuta in un atto avente forma e forza di regolamento»). 31 Cfr. Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996 (di riforma della T.A.R. Lazio, sez. I n. 13867/10, nella quale alle delibere del CIPE era riconosciuta natura provvedimentale). 32 Cfr. T.A.R. Lazio, sez. III-ter, 1° aprile 2010, n. 5413.
10 quanto provvedimento «a valenza essenzialmente “interna”» (recante «prescrizioni che risultano dirette non ad una pluralità indeterminata di destinatari bensì semplicemente a regolamentare l'attività delle autorità pubbliche deputate alla produzione del documento in questione»)33. Ai criteri sostanziali il Consiglio di Stato ha fatto altresì ricorso in sede consultiva nell’esprimersi su richiesta del Ministro su uno schema di decreto qualificato nella relazione illustrativa come «di natura non regolamentare»34 o su schemi di regolamento che rinviavano a decreti qualificandoli espressamente come tali35. Quanto alla giurisprudenza costituzionale, la Corte è parsa a lungo sostanzialmente indifferente circa la natura normativa o provvedimentale dei decreti riconducibili alle fattispecie A, B e C. Tale posizione si comprenderà più agevolmente riflettendo in modo più approfondito sul tipo di parametro in relazione al quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi con riguardo a simili fattispecie36. Per ora basti sottolineare come in molti casi la Corte ha deciso sulla questione di legittimità senza pronunciarsi sulla natura dei decreti al suo esame37. In altri casi ha espressamente mostrato indifferenza circa quest’ultima ai fini della decisione: pronunciandosi nella sent. n. 285/05 sulla legittimità delle norme che rinviavano a decreti del Ministro per i beni e le attività culturali in materia di cinematografia «a prescindere dalla complessa qualificabilità dei poteri in questione come espressione di potestà regolamentare in senso proprio»38; riferendosi nlla sent. n. 116/06 ad un decreto del Ministro dell’ambiente (cui la legge rinviava per l’adozione di norme quadro per la coesistenza tra forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica) in termini di «atto statale dalla indefinibile natura giuridica»39; parlando nella sent. n. 165/07 dei decreti interministeriali cui la legge demandava la disciplina dei distretti produttivi in termini di «poteri di tipo normativo o programmatorio»40. Infine, nei casi ove ha effettivamente fatto ricorso ai criteri sostanziali per riconoscere 33 Cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 22 febbraio 2011, n. 1666. 34 Cfr. Cons. St., sez. cons. att. norm., parere interlocutorio n. 3743, ad. 10 novembre 2008 dove si afferma «di non poter[si] condividere la tesi del carattere meramente ricognitivo-dichiarativo e non regolamentare, affermato dall’Amministrazione nella relazione illustrativa e nella nota di trasmissione dello schema» poiché quest’ultimo «non si limita alla mera ricognizione dei soggetti interessati [...] ma disciplina un vero e proprio procedimento amministrativo, specificandone modalità e termini della domanda nonché i suoi effetti». 35 Cfr. Cons. St., sez. cons. att. norm., parere interlocutorio n. 8, ad. 18 gennaio 2010 nonché Cons. St., sez. cons. att. norm., pareri n. 4596 e n. 4599, ad. 21 dicembre 2009, se pur apodittici. 36 Cfr. par. 5. 37 Cfr. Corte cost. 21 luglio 2004, n. 255 in Giur. cost., 2004, 2621 ss.; 28 luglio 2004, n. 287, ivi, 2919 ss.; 21 ottobre 2004, n. 307, ivi, 3221 ss.; 26 gennaio 2005, n. 31, ivi, 2005, 201 ss.; 18 giugno 2007, ivi, 2007, 1965 ss.; 4 marzo 2008, n. 51, ivi, 2008, 760 ss.; 14 maggio 2008, n. 133, ivi, 1676 ss.; 23 luglio 2009, n. 233, ivi, 2009, 3004 ss.; 24 luglio 2009, n. 247, ivi, 3217 ss.; 21 gennaio 2010, n. 15, ivi, 2010, 225 ss.; 15 aprile 2010, n. 133, ivi, 1566 ss.; 24 giugno 2010, n. 226, ivi, 2571 ss. 38 Cfr. Corte cost. 15 luglio 2005, n. 285, punto 11 cons. dir., in Giur. cost., 2005, 2749 ss. 39 Cfr. Corte cost. 17 marzo 2006, n. 116, punto 7 cons. dir., in Giur. cost., 2006, 1099 ss. 40 Cfr. Corte cost. 11 maggio 2007, n. 165, punto 4.4. cons. dir. in Giur. cost., 2007, 1556 ss.
11 o disconoscere natura regolamentare a tali decreti, la Corte sembra averlo fatto in maniera apodittica41, lungi dall’essere tale ricorso frutto di «una scelta consapevole»42. In alcune recenti sentenze la Corte ha invece dedicato maggiore attenzione rispetto al passato ad argomentare le ragioni in base alle quali ha attribuito natura normativa o amministrativa ai decreti in esame43. Nella sent. n. 274/10 (sulle c.d. ronde) la Corte ha infatti riconosciuto natura regolamentare al decreto del Ministro dell’interno dell’8 agosto 2009 impugnato nel conflitto di attribuzione, in ragione dei «contenuti sostanziali dell’atto, il quale detta norme intese a disciplinare, in via generale e astratta, la materia» (corsivo aggiunto)44. Nella sent. n. 278/10 (sul nucleare) la Corte ha invece disconosciuto che l’art. 26, comma 1, della l. n. 99/09 abbia conferito una potestà regolamentare nel prevedere la definizione con delibera CIPE delle tipologie di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare sul territorio nazionale. Secondo la Corte «la potestà affidata al CIPE non comporta la produzione di norme generali ed astratte, con cui si disciplinino i rapporti giuridici […] ma esprime una scelta di carattere essenzialmente tecnico, con cui l’amministrazione persegue la cura degli interessi pubblici a essa affidati dalla legge, individuando le tipologie di impianti idonee, in concreto e con un atto, la cui sfera di efficacia si esaurisce e si consuma entro i limiti, obiettivi e temporali, della scelta stessa» (corsivo aggiunto). Nella stessa sentenza la Corte ha affermato inoltre come «attesa la ripartizione operata dall’art. 117 Cost. di tale potestà tra Stato e Regioni, secondo un criterio obiettivo di corrispondenza delle norme prodotte alle materie ivi indicate, non possono essere requisiti di carattere formale, quali il nomen iuris e la difformità procedimentale rispetto ai modelli di regolamento disciplinati in via generale dall’ordinamento, a determinare di per sé l’esclusione dell’atto dalla tipologia 41 Ricorrendo semplicemente la Corte a formule quali: «potestà regolamentare» (Corte cost. 13 gennaio 2004, n. 12, punto 3 cons. dir., in Giur. cost., 2004, 206 ss.; 13 gennaio 2004, n. 14, punto 5.1. cons. dir., ivi, 237 ss.; 27 gennaio 2005, n. 35, punto 4 cons. dir., ivi, 2005, 267 ss.; 24 luglio 2009, n. 246, punti 14.4. e 17.6 cons. dir., ivi, 2009, 3113 ss.); «potere regolamentare» (Corte cost. 30 dicembre 2003, n. 376, punto 4 cons. dir., ivi, 2003, 3848 ss.; 15 gennaio 2010, n. 10, punto 6.4. cons. dir., ivi, 2010, 135 ss.); «norme regolamentari» (Corte cost. 13 ottobre 2006, n. 328, punto 3.1. cons. dir., ivi, 2006, 3272 ss.); «fonte regolamentare» (Corte cost. 21 marzo 2007, n. 94, punto 5.1. cons. dir., ivi, 2007, 902 ss.); «regolamenti» (Corte cost. 15 luglio 2009, n. 233, punto 9 cons. dir., ivi, 2009, 2811 ss.); «decreto non regolamentare» (Corte cost. 28 gennaio 2010, n. 27, punto 4 cons. dir., ivi, 2010, 346 ss.). 42 Così G. RAZZANO, La potestà regolamentare statale fra previsione costituzionale e prassi, in Trasformazioni della funzione legislativa. IV, Ancora in tema di fonti del diritto e rapporti Stato- Regione dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, a cura di F. Modugno-P. Carnevale, Napoli, 2008, 229. Contra, C. PADULA, Considerazioni in tema di fonti statali, cit., specie 375 ss. il quale giunge a parlare di un vero e proprio «orientamento della Corte» circa l’applicazione del criterio sostanziale. 43 Già in passato cfr. però Corte cost. 27 marzo 2003, n. 88, punto 3 cons. dir. in Giur. cost., 2003, 700 ss. 44 Cfr. Corte cost. n. 274/10, punto 4.2 cons. dir.
12 regolamentare, giacché, in tal caso, sarebbe agevole eludere la suddivisione costituzionale delle competenze, introducendo nel tessuto ordinamentale norme secondarie, surrettiziamente rivestite di altra forma, laddove ciò non sarebbe consentito» (corsivi aggiunti)45. Nella sent. n. 115/11 (sulle ordinanze sindacali) la Corte ha riconosciuto «natura amministrativa» al decreto del Ministro dell’interno al quale rinvia l’art. 54, comma 4-bis, del d.lgs. n. 267/00 (modificato dal d.l. n. 92/08 in materia di sicurezza pubblica) per la disciplina dell’ambito di applicazione delle disposizioni relative alle attribuzioni del sindaco «anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana». Tale decreto assolve infatti secondo la Corte alla «funzione di indirizzare l’azione del sindaco, che, in quanto ufficiale del Governo, è sottoposto ad un vincolo gerarchico nei confronti del Ministro dell’interno», ponendosi «come esercizio dell’indicata discrezionalità, che viene pertanto limitata solo nei rapporti interni tra Ministro e sindaco, quale ufficiale del Governo» (corsivo aggiunto)46. Il carattere generale-astratto e l’innovatività delle norme, da un lato, e la natura tecnica o interna della regolazione, dall’altro, costituiscono dunque alcuni indici che emergono dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale come criteri sostanziali utilizzati al fine di riconoscere o disconoscere natura normativa ai decreti47. Il ricorso ai criteri sostanziali non costituisce tuttavia garanzia di certezza, come dimostrano i casi in cui lo stesso atto viene qualificato in maniera differente da giudici diversi48. 4. Il rapporto del decreto con la legge che ad esso rinvia: applicabilità della l. n. 400/88 o decreto come fonte atipica? Una volta riconosciuta natura normativa al decreto nel caso concreto sulla base dei criteri di identificazione delle fonti, la questione interpretativa che a questo punto si pone (in sede di sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo o del giudice comune) attiene alla legittimità di tale decreto in relazione alla legge. Tuttavia con specifico riguardo alle tre fattispecie di decreti qui in esame occorre preliminarmente domandarsi quale sia il rapporto tra la l. n. 400/88 e la legge che, con le modalità sopra ricordate, alle tre fattispecie di decreti rinvii. Ciò al fine di chiarire se la legittimità del decreto vada sindacata in relazione alla prima legge o alla seconda. 45 Cfr. Corte cost. 22 luglio 2010, n. 278, punto 16 cons. dir., in Giur. cost., 2010, 3397 ss. 46 Cfr. Corte cost. 7 aprile 2011, n. 115, punto 6 cons. dir. 47 Per una più approfondita rassegna e classificazione dei criteri sostanziali cfr. V. MARCENÒ, Quando il formalismo giuridico tradisce se stesso, cit. 48 Cfr. G. DI COSIMO, I regolamenti nel sistema delle fonti, cit., 111 ss. cui si rinvia per gli ampi riferimenti giurisprudenziali.
13 Ebbene, data la natura ordinaria della l. n. 400/88, questa potrà in ogni momento essere derogata da una legge successiva49, purché secondo alcuni risulti indubbia in tal senso la volontà del legislatore50. Tuttavia occorre tenere distinte le fattispecie A, B e C. Quanto all’ipotesi B, la dottrina tende a ritenere che ove la legge faccia rinvio ad un «decreto» del Ministro o del Presidente del Consiglio, a tale espressione vada riconosciuto il significato di «atto» di questi ultimi51: con la conseguenza di applicarsi al caso concreto la procedura prevista in generale per i regolamenti di cui all’art. 17 della l. n. 400/88 e di doversi quindi ritenere illegittimo il decreto avente contenuto normativo adottato in violazione di essa52. Quanto all’ipotesi C, dovrà ritenersi applicabile al caso concreto la disciplina della legge successiva alla l. n. 400/88 per la ragione sopra ricordata (e cioè la legittimità di deroghe a quest’ultima da parte di leggi successive, secondo l’indirizzo maggioritario in dottrina53) con la conseguenza di doversi configurare come fonte atipica il decreto avente contenuto normativo54. Anche in questo caso la pratica di introdurre deroghe alla l. n. 400/88 non può dirsi encomiabile (avendo essa contribuito a rendere quest’ultima legge «fragile» e «instabile»55). Tuttavia ove i decreti abbiano contenuto normativo, vertendosi in tal caso in una deroga di quest’ultima, non dovrebbe dubitarsi della loro riconducibilità alla disciplina di cui alla legge successiva alla l. n. 400/88. Quanto all’ipotesi A, il dibattito in dottrina vede confrontarsi una pluralità di posizioni. Secondo alcuni Autori attraverso la qualificazione dei decreti come «di natura non regolamentare», il legislatore intenderebbe sottrarre l’atto alla forma tipica dei regolamenti, cioè quella di cui all’art. 17 della l. n. 400/8856. In tal senso, si è 49 Cfr. ex multis E. CHELI, La produzione normativa: sviluppo del modello costituzionale e linee di tendenza attuali, in Lo stato della Costituzione italiana e l’avvio della Costituzione europea, Roma, 2003, 131 s.; G. TARLI BARBIERI-P. MILAZZO, Art. 117, comma 6, cit., 2286; F. SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, Padova, 2009, 313 s. Contra cfr. F. MODUGNO, voce Validità (diritto costituzionale), in Enc. dir., XLVI, Milano, 1993, 67. 50 Così U. DE SIERVO, Lo sfuggente potere regolamentare del Governo, cit., 285 e G.U. RESCIGNO, Il nome proprio degli atti normativi e la legge n. 400 del 1988, in Giur. cost., 1988, 1513 s. 51 Sul punto, cfr. amplius G.U. RESCIGNO, Il nome proprio degli atti normativi, cit., 1505 ss. il quale tuttavia ritiene «sostenibile» anche la diversa tesi secondo la quale con l’espressione «decreto» si intenda la forma dei regolamenti. 52 Cfr. la già citata T.A.R. Lazio, sez. III-ter, 1° aprile 2010, n. 5413 nonché in dottrina G.U. RESCIGNO, Il nome proprio degli atti normativi, cit., 1515 e ID., Forma e contenuto di regolamento, cit., 1433. Analogamente cfr. G. TARLI BARBIERI, Atti regolamentari ed atti pararegolamentari, cit., 252 s. e C. PADULA, Considerazioni in tema di fonti statali, cit., 393 s. 53 Cfr. nt. 49. 54 Cfr. anche C. PADULA, Considerazioni in tema di fonti statali, cit., 399 al quale si rinvia per i riferimenti giurisprudenziali sul punto. 55 G. TARLI BARBIERI-P. MILAZZO, Art. 117, comma 6, cit., 2286 56 Cfr. G. TARLI BARBIERI, Appunti sulle fonti del diritto, cit., 43, che riconduce tale caso alla fattispecie in cui «una legge autorizzi espressamente l’adozione di […] atti in deroga all’art. 17»; F.
14 sottolineato come con tale espressione il legislatore allude «alla forma e quindi al trattamento giuridico di tali decreti e non già, appunto, alla qualificazione di tali atti sul piano ontologico»57. La conseguenza sembra dunque essere di considerare siffatto decreto, ove avente contenuto normativo, come fonte atipica. Altri Autori ritengono invece che attraverso tale formula l’intenzione del legislatore sia quella di disconoscere all’atto una «funzione regolativa», cioè di escluderlo dal novero delle fonti del diritto58. Altri ancora, sottolineando l’ambiguità della formula «di natura non regolamentare», attribuiscono all’interprete il compito di ricercare caso per caso se la ratio legis consista nel sottrarre l’atto al regime delle fonti59 oppure solo al procedimento di cui alla l. n. 400/88. Nel primo caso tuttavia, poiché la legge è esplicita nel «non riconoscere natura regolamentare all’atto», sarebbe impossibile far «prevalere la sostanza sulla forma [e quindi] “riconoscere” una fonte secondaria espressamente “disconosciuta” dal legislatore»60. Quale sia l’impostazione che si accolga, resta tuttavia a questo punto da chiedersi se alla legge sia comunque consentito dalla Costituzione disporre in un senso o nell’altro; o se al contrario i decreti (sindacabili in sede di conflitto di attribuzione) nonché le norme di legge che ad essi rinviano (sindacabili in sede di giudizio in via incidentale o principale) non incorrano in qualche vizio di legittimità costituzionale. 5. La giurisprudenza costituzionale: la violazione delle competenze regionali ex art. 117, sesto comma, Cost. Dal dibattito dottrinale e dalla giurisprudenza costituzionale emergono almeno quattro vizi di legittimità in cui incorrerebbe un decreto o una norma legislativa riconducibile alla fattispecie A. I primi tre vizi sembrano implicare un’interpretazione della formula «di natura non regolamentare» come finalizzata alla sottrazione del decreto al regime giuridico delle fonti mentre l’ultimo sembra far riferimento ad un’interpretazione della formula come finalizzata a sottrarre il decreto alla forma tipica di cui alla l. n. 400/88. SORRENTINO, Le fonti del diritto, cit., 323, il quale, con specifico riguardo ai decreti di cui all’art. 17, comma 4-bis, della l. n. 400/88 afferma che il riferimento alla natura non regolamentare ha il significato di sottrarre questi ultimi alle regole generali di cui all’art. 17, comma 3 e 4, della l. n. 400/88; A. PIZZORUSSO, Disposizioni sulla legge in generale. Delle fonti del diritto. Art. 1-9, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 2011, 604. 57 Cfr. G. TARLI BARBIERI, Atti regolamentari ed atti pararegolamentari, cit., 259. 58 Cfr. R. BIN, «Problemi legislativi e interpretativi nella definizione delle materie di competenza regionale», cit., 335 ss. secondo il quale «l’esplicita dichiarazione del “valore non regolamentare” di un atto serv[e] proprio ad escluderlo dal novero degli atti che hanno una “funzione regolativa”, ossia dalle fonti del diritto». Va tuttavia ricordato come in tale scritto l’Autore sostenga che il nuovo art. 117, sesto comma, Cost. abbia “tipicizzato” le fonti secondarie (sul punto cfr. par. 6). 59 Sul quale cfr. per tutti L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, 57-69. 60 Così C. PADULA, Considerazioni in tema di fonti statali, cit., 404 ss.
15 Tali vizi sono: la violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost. (inteso come norma sul riparto di competenze regolamentari tra Stato e Regione61); l’eccesso di potere legislativo/irragionevolezza; la violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost. (inteso questa volta come norma che avrebbe “tipicizzato” le fonti secondarie); la lesione del ruolo del Consiglio di Stato (art. 100 Cost., come specificato nell’art. 17, comma 3, della l. n. 400/88). La Corte costituzionale è stata chiamata in più occasioni ad esprimersi (nel corso di giudizi in via principale) sulla legittimità costituzionale di norme legislative riconducibili alla fattispecie A62 ed alla fattispecie B63. Quest’ultima fattispecie di decreti ha costituito anche oggetto di conflitti di attribuzione tra enti64. Quanto ai giudizi in via principale la Corte ha riconosciuto la legittimità costituzionale delle norme che rinviavano a decreti di cui alle fattispecie A e B ove nella materia fosse possibile rinvenire una qualche competenza statale65. La Corte ha invece dichiarato l’illegittimità costituzionale di analoghe norme in assenza di competenza statale66. In qualche caso ha riconosciuto l’illegittimità della norma che rinviava a siffatti decreti nella parte in cui non si prevedeva l’intesa o il parere della Conferenza Stato-Regioni prima della loro adozione67. Analogamente nei conflitti di attribuzione, la Corte ha riconosciuto come spettasse allo Stato adottare il decreto in esame in presenza di una qualche competenza statale68; e come non spettasse a questo farlo in assenza di quest’ultima69 o comunque senza le procedure di leale collaborazione70. Dalla giurisprudenza costituzionale sembra dunque emergere una sostanziale indifferenza della Corte verso la natura normativa o provvedimentale dei decreti qui in esame. D’altronde lo si è già visto con riferimento ai criteri di inquadramento delle fonti, con riguardo ai quali la Corte (pur registrandosi un maggior rigore interpretativo nell’ultimo anno) sembra pronunciarsi in modo apodittico71. Lo si registra ora altresì con riferimento al parametro di costituzionalità, con riferimento al quale emerge come la Corte in tali sentenze sia esclusivamente proiettata sulla dimensione della 61 Peraltro, sull’impossibilità di prospettare una «“naturale” cedevolezza» dei decreti di natura non regolamentare in materie di competenza regolamentare regionale, cfr. V. MARCENÒ, Quando il formalismo giuridico tradisce se stesso, cit. 62 Cfr. Corte cost. nn. 255/04, 287/04, 307/04, 31/05, 35/05, 116/06, 165/07, 202/07, 133/08, 15/10. 63 Cfr. Corte cost. nn. 376/03, 12/04, 14/04, 285/05, 94/07, 165/07, 51/08, 232/09, 233/09, 246/09, 247/09, 20/10, 27/10, 133/10, 226/10, 274/10. 64 Cfr. Corte cost. nn. 88/03, 328/06, 169/09, 274/10. 65 Cfr. Corte cost. nn. 376/03, 14/04, 225/04, 287/04, 307/04, 31/05, 35/05, 285/05, 202/07, 133/08, 232/09, 233/09, 246/09, 247/09, 10/10, 15/10, 226/10, 278/10. 66 Cfr. Corte cost. nn. 12/04, 116/06, 94/07, 133/10. 67 Cfr. Corte cost. nn. 165/07, 51/08. 68 Cfr. Corte cost. n. 196/09. 69 Cfr. Corte cost. nn. 328/06, 274/10. 70 Cfr. Corte cost. n. 88/03. 71 Cfr. il par. 3.
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