Ferisce più la lingua della spada - Racconti, storie, pensieri sul linguaggio di genere - Comune di Monte San Pietro
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Edito dalla casa editrice Agenda Novembre 2020 Foto e grafiche: Erica Salbego Disegni: Gianpaolo Salbego Mail: info@agendaproduzioni.com Tf: 3402561111 2
Questa pubblicazione nasce per raccogliere e raccontare i contributi e i dialoghi dei partecipanti al laboratorio “Ferisce più la lingua della spada”, promosso dal Comune di Monte San Pietro (Assessorato alle pari opportunità) in collaborazione con il Coordinamento donne /Spi Cgil di Monte San Pietro e realizzato dall’Associazione culturale Rimachèride. All’interno troverete anche delle riflessioni, in taluni casi, messe in scena, da Luisa Vitali ed Erica Salbego, coordinatrici del laboratorio. 3
PREFAZIONE Violenza verso le donne e linguaggio di genere Sono la prima Sindaca donna di Monte San Pietro, con una Giunta ed un Gruppo di Maggioranza prevalentemente femminile. Questo significa che sempre più uomini e donne sono disposti a scegliere rappresentanti femminili e questo è un passo importante, frutto di anni di battaglie, ma molto rimane ancora da fare. Partiamo dalla declinazione al femminile dei ruoli ricoperti dalle donne per favorire un immaginario simbolico non discriminatorio e costruire nelle giovani generazioni l’idea che anche per le donne sia possibile ricoprire ruoli sin qui massicciamente relegati ai soli uomini. Perché le parole creano la possibilità e poi la realtà. Continuiamo poi con il peso delle parole nella consapevolezza che linguaggio e stereotipi della comunicazione alimentano i semi della violenza di genere. Tropo spesso i mass media raccontano la violenza contro le donne attraverso una struttura lessicale e discorsiva che giustifica, indirettamente, il carnefice e il suo gesto, e che colpevolizza la vittima, in uno schema che si basa sul concorso di colpe e che stravolge la reale natura del crimine. Indigniamoci, scriviamo e agiamo concretamente per far cambiare le cose. Poi sfatiamo il mito che la violenza contro le donne, il femminicidio e la discriminazione di genere appartengano solo ad alcuni contesti geografici e culturali, mentre invece pervadono ogni ambito della società contemporanea. Ancora oggi, ovunque, un numero allarmante di donne è bersaglio di violenze fisiche e psicologiche per mano della controparte maschile, frequentemente nel silenzio delle mura domestiche. Violenze dirette, alle volte fatali, cui si affianca una violenza linguistica, più nascosta, diffusa in modo implicito a più livelli. Dobbiamo instancabilmente informare, far diventare consapevoli, e costruire assieme, uomini e donne, una società equa delle pari opportunità. Monica Cinti – SindacA di Monte San Pietro (BO) Linguaggio e responsabilità sono interconnessi e vanno affrontati nella loro complessità per potere mettere in campo azioni di contrasto e di prevenzione alla violenza sulle donne. Ad inizio 2020 il Consiglio Comunale di Monte San Pietro ha approvato una proposta di ODG sul linguaggio non discriminatorio nella Pubblica Amministrazione e, nella stessa seduta ha presentato il volume "Le responsabilità della violenza" (un volume frutto di anni di lavoro, di formazione, di studio - e di metodo - sui temi della violenza intrafamiliare, sulla loro presa in carico da parte dei servizi di ASC InSieme). La contemporaneità di questi due temi all'interno di un unico Consiglio Comunale è stata voluta: la nostra prima responsabilità è quella di una presa di coscienza politica delle radici culturali della violenza di genere e del suo carattere interculturale che è diffuso, in maniera trasversale, a partire dalla nostra quotidianità, dal non voltare lo sguardo di fronte a ciò che ci accade attorno: parlare di colpa de-personalizza, parlare di responsabilità pone noi, nel nostro quotidiano, al centro e ci spinge ad essere pro-attivi; ci spinge a prestare attenzione al nostro linguaggio, perché rappresenta il pensiero, il nostro modo di vedere il mondo, le relazioni, noi stesse e noi stessi; il linguaggio rappresenta il nostro sistema di valori. 4
Il 2020 ha visto le possibilità di entrare in contatto con l'altro ridimensionate a causa dell'emergenza pandemica, trasferendo molto del nostro relazionarci online. Nei social network notiamo quotidianamente l'utilizzo di un linguaggio denigratorio, svilente, colpevolizzante e violento nei confronti del femminile, legato ad una totale deresponsabilizzazione di chi agisce questo linguaggio. Se a questo aggiungiamo il triste fatto che i periodi di lockdown dettati dall'emergenza sanitaria hanno purtroppo significato per molte donne (e per le/i loro figlie/i) una reclusione con il proprio carnefice, ci si palesa un quadro dipinto con toni discriminatori e di violenza di genere. Siamo responsabili di ciò che diciamo, sia offline che online: è di pochi giorni fa la notizia della "messa all'indice" di un'insegnante, paradossalmente colpevolizzata (fino alle minacce di licenziamento) perché vittima di revenge porn. Se ancora, nel 2020, a 41 anni da quel processo per stupro, sentiamo, leggiamo - pensiamo? - che una donna abbia “la colpa” delle violenze subite, questa è una nostra responsabilità: come cittadine e cittadini, come genitori, come amministratori e amministratrici. La notizia citata si fa esempio di un processo di pensieri e di azioni che non solo ribaltano le responsabilità tra vittima e carnefice, ma che aggiungono alla violenza "privata" una violenza sociale, colpevolizzando la vittima: il pensiero discriminatorio si trasforma in azione violenta, Diventa quindi fondamentale mettere in campo azioni di riflessione, prevenzione e contrasto partendo dal linguaggio quotidiano, dalle nostre singole responsabilità, da ciò che ognuna ed ognuno di noi può fare, per dipingere un quadro con toni inclusivi. Ciascuna/o di noi è responsabile di ciò che dice e delle conseguenze che questo può avere, sia nell'imminente, sia in un ottica educativa: siamo responsabili dell'educazione delle nuove generazioni, responsabili di lasciare loro una società con un sistema valoriale non stereotipato, che si allontani da modelli relazionali basati sul potere di un genere sull'altro. Tina Anselmi, presidente della Commissione Nazionale per la parità e pari opportunità tra uomo e donna, nella riedizione de "il sessismo nella lingua italiana" del 1993 scriveva: Il sessismo nella lingua italiana uscì nel 1987 suscitando nel mondo accademico e, più in generale, in quello legato all'informazione , un interessante dibattito sulla corrispondenza effettiva tra significante e significato, mettendo in luce, tra l ’altro , il legame tra discriminazioni culturali e discriminazioni semantiche. L ’idea di trasformare completamente la lingua italiana in una lingua «non sessista» non è stata realizzata, né d ’altronde era immaginabile che lo fosse. Lo studio ha avuto comunque l'innegabile merito d i avere sollevato il problema e di averlo reso presente soprattutto a chi con il linguaggio lavora. Ringrazio sentitamente l'Associazione Rimachèride per avere messo a disposizione gli strumenti dei linguaggi del teatro e della narrazione collaborando alle azioni di prevenzione e contrasto alla violenza di genere, per continuare in questo necessario percorso verso una cultura non discriminatoria e non violenta. Pari opportunità non significa appiattire la società ad un unico genere neutro, ma riconoscere le risorse e le opportunità che la pluralità rappresenta, vuol dire dare risalto alle singolarità, poterci riconoscere parte di una comunità capace di pensare pluralmente, di accogliere le singole risorse per raggiungere obiettivi condivisi. Alice Reina Assessora alle Pari Opportunità 5
In occasione della “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” proponiamo un laboratorio sul “linguaggio di genere” come base del pensiero della cultura della violenza sulle donne. Infatti gli stereotipi femminili hanno influenzato e influenzano la nostra società, in particolar modo quella maschile, ma non solo. È da questi che spesso nasce la violenza verso la donna, perché in essi la donna è considerata pettegola, credulona, sciocca, disorganizzata, sottosviluppata, etc., cioè “inferiore”, un “oggetto” a beneficio dell’uomo. Da dove deriva questa visione stereotipata che l’uomo ha della donna, e spesso non solo l’uomo ma la società nella sua interezza? Semplicemente dalla cultura e dal linguaggio ad essa legato che hanno determinato una società dove la donna è considerata incapace di autodeterminarsi e quindi bisognosa di un uomo: ricordiamo che fino a non molto tempo fa se una donna non si sposava entro i 25 anni era considerata una “vecchia zitella” che nessuno la voleva. In questo contesto il suo ruolo è sempre stato quello della “regina della casa”, formula edulcorata per dire che poteva solo occuparsi della casa e dei figli, sempre però in funzione dell’uomo. Questo modo di pensare e di conseguenza il lessico che ne deriva, sono ancora molto vivi, nonostante tutte le lotte e le battaglie fatte, sono la prima forma di violenza, conscia o inconscia, verso la donna. Perché ricordiamo il detto “ferisce più la lingua che la spada”! Ed è vero, le parole, le espressioni possono essere violente e creare ferite molto difficili da rimarginare, anche quando vengono usate non con l’intenzione di colpire ma solo per abitudine. Luisa Vitali, Associazione culturale Rimachèride Definizione scientifica: un insieme di caratteristiche fisiche che, a partire SESSO dall’apparato genitale, portano alla distinzione assoluta femminile-maschile Sovrastruttura per definire gli individui in base al sesso (attraverso l’attribuzione di diverse GENERE connotazioni) e permettere di riconoscerli sia individulmente che socialmente Riconoscere se stessi attraverso gli elementi IDENTITÀ che distinguono/individuano se stessi dall’altro genere Insieme di funzioni e compiti attribuiti in base RUOLO alle caratteristiche di una persona e riconosciuti all’interno di un gruppo 6
La donna e…il suo essere mamma, moglie, compagna, amica Ogni donna ha una sua rivoluzione interna, crescita costante...che deve portare alla libertà e alla felicità. Essere donne oggi ha una particolarità: sappiamo di avere delle carte da giocare e, al contrario del passato, quasi sempre ora sappiamo anche giocare, gestire le nostre rivoluzioni interne e la quotidianità che a volte ci attanaglia nei suoi atteggiamenti costanti, noiosi, arrabbiati...e quando incontriamo una donna che ancora non conosce le nuove regole del gioco, cerchiamo di insegnargliele perché sappia difendersi e divertirsi in questo nuovo millennio. La giornata tipo di una donna di oggi è: fai un sacco di cose. Fare, fare, fare. La mattina ti svegli e sei già di corsa, ti prepari, sistemi la casa all’imminente risveglio del resto della famiglia e qui mi fermo, perché dipende se la suddetta donna ha figli oppure no, perché per chi è una madre cambiano un po’ le cose, ma prendiamo d’esempio le donne non mamme. Per loro tutto procede di corsa: colazione, traffico, lavoro, penso a cosa mangiare a pranzo a cena e il giorno dopo, così mi metto avanti. Quando arrivi al lavoro, presumibilmente per la pausa caffè con i colleghi, è già tardi per pensare a tutto il resto citato in precedenza, quindi ci si ritrova prima a ricordare in sequenza quasi meccanica il resto delle cose da fare nella vita…tipo: il dentista, i gruppi whatsapp, le tasse da pagare, l’amico della mia amica che è così carino, la bolletta del gas, il nuovo film di Keanu Reeves, l’amica tradita dal marito, accompagnare la mamma a trovare la nonna, comprare la pappa del cane, il mio compagno che finalmente stasera lo vedo….poi… cominci il lavoro. Perché oggi le donne lavorano, molto spesso fuori di casa, pensando alla propria carriera o comunque a portare uno stipendio a casa, mica come 100 anni fa che eravamo proprietà dei mariti e solo qualcuna di noi aveva la fortuna di lavorare. La fortuna di lavorare?!?E la chiamiamo fortuna?!?!? Pensate come cambiano i tempi, oggi molte di noi si lamentano, si stressano, si agitano a causa del loro lavoro. Ogni volta che penso alle donne di 100 e passa anni fa mi si stringe il cuore perché non capisco come si potesse vivere in quel modo, trattate peggio del bestiame, senza possibilità di parola o di pensiero. Noi siamo fortunate, siamo nate in un’epoca con un sacco di difetti, ma che, grazie alle donne del passato che hanno lottato in prima linea, ci ritroviamo dei diritti che diamo per scontati e ci sembrano quasi banali, ma 100 anni fa non lo erano affatto. Maschi e femmine oggi hanno gli stessi diritti! Maschi e femmine oggi hanno gli stessi diritti! Questo nell’immaginario collettivo, proviamo a calarci nella realtà lavorativa di tante donne, e potremo vedere che a parità di mansioni gli stipendi sono inferiori e soprattutto, a parità di capacità e professionalità, nei ruoli direttivi prevalgono quasi ovunque figure maschili. Lentamente questi diritti si stanno radicando dentro ognuno di noi, anche se... se oggi siamo ancora qui a parlare di violenza sulle donne, evidentemente, qualche uomo e anche qualche donna non ha capito bene come funziona...e noi glielo ricordiamo. Ogni giorno, fino all’ultimo respiro. 7
Ma torniamo alla giornata tipo di una donna. Siamo appena arrivate al lavoro e, quasi per forza, siamo già stanche. Chiaro, nelle prime due ore del mattino abbiamo già compiuto sette delle dodici fatiche di Ercole... Poniamo l’ipotesi che al lavoro vada tutto bene, che comunque non è mai così scontato, e quindi la giornata potrebbe essere molto più pesante di quello che posso raccontarvi io, finalmente ne usciamo. A qualunque ora si esca dal lavoro, in qualunque stagione, c’è di nuovo, traffico, stress, cose da fare. E si ricomincia...vivendo le ultime tre ore della giornata ancora più di corsa delle prime due...se poi sei una donna che esce con gli amici, ha degli interessi, fa attività fisica...la giornata finisce più tardi, ma la sveglia suona sempre puntuale, pronta a ricordarti che devi fare nuove cose. Se sei madre più o meno è la stessa cosa, ma con qualche pensiero e attività in più, diciamo che devi gestire anche il fatto che i tuoi figli vivano con dignità ogni giorno che passa. Ecco. Comunque, tutto questo viene commentato e alcune volte giudicato nei discorsi quotidiani (le famose chiacchiere da bar, ad esempio), con leggerezza o con cattiveria, sia in famiglia che nella società. Oggi essere donna significa tante cose. Vuol dire poter essere padrona del proprio corpo, della propria indipendenza senza doversi sentire condannata o dare adito a commenti beceri e luoghi comuni che ancora oggi ci circondano subdolamente. Il linguaggio che si utilizza nei confronti delle donne va calibrato e pensato, ogni parola che si dice. Ad alcuni può sembrare un ragionamento scontato ma se non prestiamo attenzione a quello che diciamo rischiamo di assimilare i concetti e, quindi, di viverli quotidianamente. Ci sono ancora troppe donne che subiscono soprusi di ogni genere, che non possono difendersi, che non ci riescono...ecco, per questo la nostra rete continua a lottare ogni giorno. Oggi le donne sanno, hanno la conoscenza dalla loro parte e dopo anni di lotte hanno il diritto di scegliere per se stesse e di reagire o no a linguaggi offensivi e denigratori. Erica Salbego 8
Dettagli di un linguaggio quotidiano… Citando Stefano Bartezzaghi, noto esperto di linguaggio, ci rendiamo conto che la stessa parola detta al maschile o al femminile ha significati completamenti diversi, eccone alcuni esempi che ci faranno certamente sorridere, ma devono anche far riflettere: ▪ Un massaggiatore: un cinesiterapista. Una massaggiatrice: una…mignotta. ▪ Un passeggiatore: un uomo che cammina. Una passeggiatrice: una…mignotta. ▪ Un uomo con un passato: un uomo che ha avuto una vita, in qualche caso non particolarmente onesta, ma che vale la pena di raccontare. Una donna con un passato: una…mignotta ▪ Uno squillo: il suono del telefono. Una squillo:una…mignotta. ▪ Un uomo di mondo: un gran signore. Una donna di mondo: una…mignotta. ▪ Un buon uomo: un uomo probo. Una buona donna: una…mignotta. ▪ Un uomo allegro: un buontempone. Una donna allegra: una…mignotta. ▪ Un gatto morto: un felino deceduto. Una gattamorta: una…mignotta. ▪ Uno zoccolo: una calzatura di campagna. Una zoccola: una…mignotta. Il linguaggio viene metabolizzato in fretta, se certi acuti giornalisti scrivono cose tipo: “ragazza ubriaca violentata a un party dall’amichetto”, chiunque volge l’attenzione sul fatto che la ragazza era ubriaca e non che è stata violentata e in molti addirittura penseranno che se l’è cercata. O anche, oggi alla radio ho sentito: “mamme si nasce…”, continuando il discorso con valutazioni poco interessanti sulla donna che deve essere mamma. La donna oggi può scegliere di essere mamma, non si può dare per scontato un percorso personale e intimo come la maternità. Oppure, sempre certi acuti giornalisti neanche da commentare: “il Nobel per la letteratura quest'anno lo vincerà Murakami Haruki o una donna?”. Passiamo, poi, ad una serie di proverbi, appartenuti alla nostra cultura che portano ad alcune riflessioni importanti e che purtroppo ancora oggi sono utilizzati nel linguaggio corrente: “Chi vuol vivere e star sano dalle donne stia lontano” “Chi dice donna dice danno” “Donna al volante pericolo costante” “Al buio, le donne sono tutte uguali” “Donne, asini e noci vogliono mani atroci” “Quando la femmina cammina e dondola l’anca, se puttana non è, poco ci manca” “Le donne buone non hanno né occhi né orecchi”. 9
“Le parole sono femmine e i fatti sono maschi” “La curiosità è femmina” “Alle donne che non fanno figli non ci andar né per piaceri né per consigli” “Tira più un pelo di fica che un carro di buoi” “È meglio avere la cura di un sacco di pulci che una donna” “Col fuoco, donne e mare c’è poco da scherzare” “Gli uomini hanno gli anni che sentono, le donne quelli che dimostrano” “Le donne hanno quattro malattie all'anno, e tre mesi dura ogni malanno” Direi che possono bastare. Ora riflettiamo. Poi abbiamo l’ultima perla di saggezza. Avete mai provato a cercare sui nostri dizionari di italiano il sinonimo o il contrario della parola donna? Ecco cosa si trova: Sinonimi femmina, gentil sesso, bel sesso, sesso debole, signora, signorina, donna di servizio, domestica, cameriera, collaboratrice familiare, colf, governante Contrari maschio, uomo, sesso forte Non credo ci sia bisogno di commentare. 10
CONTRIBUTI DEI PARTECIPANTI AL LABORATORIO “FERISCE PiU’ LA LINGUA DELLA SPADA” “Ferisce più la lingua che la spada”! Lo abbiamo detto o sentito dire, ma in realtà quante volte ci siamo soffermati sul significato reale e profondo di questo proverbio? E su quello di termini che quotidianamente usiamo per definire o descrive questa o quella cosa, persona, situazione, esperienza, accadimenti, ecc.? Ecco, forse sarebbe meglio fermarsi un momento e riflettere... ... Così è nata l’idea di incontrarsi, online a causa delle restrizioni dovute all’emergenza covid-19, il 21 novembre 2020 per riflettere e discutere sul “potere positivo o negativo delle parole” partendo dalle varie esperienze e opinioni di ogni partecipante. Da questo confronto, molto intenso ed educativo, sono scaturiti racconti e pensieri che abbiamo voluto regalare a tutti inserendoli in questo piccolo ma prezioso libro. RACCONTI “…è faticoso" Mi ritengo enormemente fortunata perché provengo da una famiglia dove mia madre e mia nonna sono sempre state considerate alla pari dei mariti, senza parole o gesti “fuori posto”. Con mio marito ci dividiamo equamente lavori di casa ed educazione di nostro figlio. Non sono mai stata umiliata, denigrata oppure offesa da un padre o un compagno che volevano farmi sentire inferiore o di loro proprietà. Non ho mai avuto rapporti amorosi “tossici”, di quelli che ti ritrovi a vivere tuo malgrado, incapace di reagire per la paura. Quindi sono stata fortunata, davvero molto fortunata. Tuttavia, come penso tante di noi, mi sono ritrovata a fare i conti con episodi più o meno gravi da parte di uomini (e donne) spesso “inconsapevoli” di quanto stessero dicendo. E questa è la cosa più grave, cioè l’apparente inconsapevolezza con cui si pronunciano parole e si tengono determinati atteggiamenti. Qualche giorno fa, leggendo una notizia su Tiziana Cantone (la ragazza vittima di revenge porn che si è suicidata), ho notato che la foto a corredo dell’articolo la ritraeva in due pezzi, anche se Google immagini è pieno di foto in cui Tiziana è vestita. Un altro articolo letto di recente: “4 astronauti, tra cui una donna”. Un altro ancora: “La campionessa dice addio alla carriera e torna a fare la mamma”. Cos’hanno in comune tutte queste notizie? 11
“…libertà di scelta” Mi chiamo Eleonora e ho 71 anni, perciò di “cliché” sulle donne ho una vasta ed antica esperienza fin dall’infanzia. Le bambine e i bambini avevano da subito un trattamento diverso: i maschi potevano liberamente andare a giocare in cortile o per strada con gli amici, mentre per una femmina non “stava bene” che mostrasse altrettanta libertà. A casa mia trionfava anche il pregiudizio che le bambine sono più “imbranate”, perciò mio fratello ha posseduto una bicicletta fin da piccolo, mentre io no,per me era “pericoloso”, una rivisitazione in chiave infantile di “donna al volante, pericolo costante”. La mia mamma leggeva anche riviste “femminili” come” Annabella”, “Amica” o “Grazia” ed io ero incuriosita dalla posta delle lettrici che scrivevano, soprattutto in tema di dilemmi amorosi. L’argomento più trattato era la cosiddetta “prova d’amore” che spesso i ragazzi rivolgevano alla propria ragazza e che consisteva nella richiesta di avere rapporti sessuali. Guai se le ragazze avessero acconsentito, ne andava del loro futuro, perché non avrebbero potuto portare in “dono” la loro verginità a chi le avrebbe sposate! Per i ragazzi richiedenti, invece, nessun rimprovero: si sa che “il maschio è cacciatore”. È arrivato, poi, il ’68 a cambiare, noi speravamo per sempre, la cultura della società, in tanti campi, ma , soprattutto per le donne . In quell’anno io sono approdata all’Università e ho vissuto una stagione di liberalizzazione dei comportamenti femminili che, nel corso degli anni ’70 avrebbero prodotto tante conquiste sociali di cui godiamo ancora oggi. La riforma del diritto di famiglia che ha finalmente equiparato la donna all’uomo all’interno dei rapporti di coppia e nei confronti dei figli, anche se, fino al 1981, è rimasto il “delitto d’onore”come retaggio del ruolo della donna come “oggetto di possesso”, riconosciuto anche dalla legge. La legge sul divorzio che ha liberato soprattutto le donne dalla nomea di “puttane” perché vivevano “more uxorio” al di fuori del matrimonio: il matrimonio era ancora importantissimo per determinare lo status sociale di una donna, mentre all’uomo si perdonava qualsiasi cosa perché, si sa, “ gli uomini hanno certe esigenze che le donne non hanno!”La Legge sull’aborto che ha salvato tante donne dalla piaga dell’aborto clandestino. In quegli anni io ho cominciato a lavorare e ho iniziato subito ad avere anche ruoli sindacali che ho conservato fino ad oggi che collaboro con lo SPI CGIL . Nel’ambito di questo impegno mi sono occupata anche dello specifico femminile ed oggi sono la responsabile, per quanto riguarda le donne, della zona Reno, Lavino e Samoggia. Nei decenni che sono seguiti, purtroppo, c’è stata un’involuzione culturale, in parte legata ai rivolgimenti politici, che ha portato ad attaccare le grandi riforme degli anni 70/80,penso alla legge 194 sull’aborto con i medici obiettori di coscienza. 14
Soltanto il mito del matrimonio, come destinazione naturale della donna, nonostante tutti gli sforzi di una destra conservatrice e maschilista, ha perso la sua caratteristica di necessità nella costituzione di una famiglia. L’immagine della donna regina della casa, dedita ai figli e al benessere del compagno, che la possiede, è dura a morire e, spesso, sono le donne stesse che la fanno propria. Purtroppo la sudditanza economica, da sempre caratteristica delle donne, le pone in una condizione di” non parità” e a dover subire condizioni di vita molto pesanti e, a volte, tragiche. Quest’ultimo è il tema scelto dallo SPI regionale per la sua campagna in occasione di questo 25 novembre e mi sembra di fondamentale importanza perché il superamento della condizione della donna come oggetto passa, anche e soprattutto per la sua libertà di scelta. Eleonora Piscionieri, responsabile Coordinamento Donne Spi-Cgil zona Reno, Lavino e Samoggia. 15
La sindacA del comune di Monte San Pietro, Monica Cinti L’assessorA alle pari opportunità del comune di Monte San Pietro, Alice Reina Un ringraziamento particolare va al terzo settore del Comune di Monte San Pietro e a Federica Lazzaroni Grazie anche a tutti partecipanti del laboratorio per la passione e l’interesse dimostrato 19
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