Europei in America: dalla cosmografia all'etnografia: la scoperta dell''altro' - Tzvetan Todorov, La conquista dell'America. Il problema

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Europei in America: dalla cosmografia all'etnografia: la scoperta dell''altro' - Tzvetan Todorov, La conquista dell'America. Il problema
Europei in America: dalla cosmografia
 all’etnografia: la scoperta dell’’altro’

  Tzvetan Todorov, La conquista dell’America. Il problema
      dell’”altro” (Parigi 1982), Torino, Einaudi, 1984
Europei in America: dalla cosmografia all'etnografia: la scoperta dell''altro' - Tzvetan Todorov, La conquista dell'America. Il problema
Tzvetan Todorov, La conquista dell’America. Il problema
      dell’”altro” (Parigi 1982), Torino, Einaudi, 1984

Parte prima        SCOPRIRE (Colombo)
Parte seconda      CONQUISTARE (Cortés)
Parte terza        AMARE (Las Casas)
Parte quarta       CONOSCERE (Sepulveda, Duràn,
                         Sahagun)
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Scoprire
Europei in America: dalla cosmografia all'etnografia: la scoperta dell''altro' - Tzvetan Todorov, La conquista dell'America. Il problema
Colombo naturalista

Scoprire : Colombo è attento molto più al mondo naturale
che a quello umano; i nativi lo interessano poco; il suo
sguardo è di superiorità e di indifferenza. Non riconosce il
diverso, ma omologa il nuovo al noto.
Todorov - due atteggiamenti in Colombo:
- uno riconducibile alla mentalità fideistica medievale
- l’altro alla mentalità empiristica moderna.
«Questo tipo di interpretazione, fondata sulla prescienza
e sull’autorità, non ha nulla di moderno. Ma... questo
atteggiamento è compensato da un altro, che ci è molto
più familiare: l’ammirazione intransitiva della natura,
un’amministrazione di tanta intensità da sottrarsi ad ogni
interpretazione e ad ogni funzione: è un godimento della
natura che non obbedisce più ad alcuna finalità» (p. 28).
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Colombo

Ridenomina i luoghi senza preoccuparsi della
toponomastica indigena, si impossessa dei territori in nome
del regno di Spagna (Todorov, p. 34).
Atteggiamento di totale disinteresse culturale nei suoi diari:

“la percezione sommaria che Colombo ha degli indiani,
miscuglio di autoritarismo e di condiscendenza;
l’incomprensione della loro lingua e dei loro segni; la facilità
con cui egli aliena la volontà dell’altro in vista di una
migliore conoscenza delle isole appena scoperte; la
preferenza per le terre rispetto agli uomini.
Nell’ermeneutica di Colombo questi ultimi non hanno un
ruolo a parte” (Todorov, 40).
Europei in America: dalla cosmografia all'etnografia: la scoperta dell''altro' - Tzvetan Todorov, La conquista dell'America. Il problema
Colombo

«Colombo parla degli uomini che vede solo perché, dopotutto,
fanno parte anch’essi del paesaggio» (Todorov, 41).

«L’atteggiamento di Colombo nei confronti di questa cultura è, nella
migliore delle ipotesi, quello del collezionista di curiosità, e non si
accompagna mai a un tentativo di comprensione» (ivi, 43).

«Misconoscimento dunque della cultura degli indiani e loro assimilazione
alla natura» (ivi).
Non comprende che anche i sistemi di valori sono relativi, che i valori
sono convenzionali e agiscono all’interno di un contesto di scambi
specifico (es. oro-vetri).
Manca la percezione del «diverso». C’è o l’identico o il nulla, il mondo
bestiale.
«Il senso di superiorità genera un comportamento di tipo protettivo»(ivi,
46).
Conquistare
La colonizzazione ispano-portoghese
dell’America centro-meridionale. Cronologia

1508          Portorico
1509          Giamaica
1510          Cuba
1519          Messico
1522          Nicaragua
1523          Guatemala
1531          Cartagena
1532          Perù
1540          Cile
metà XVI s.   Brasile
1570 circa    occupazione territoriale America
meridionale   completata
Occupazione europea dei
 territori americani a metà
 XVIII secolo:
 verde scuro – Spagna
 viola – Portogallo
 verde chiaro – territori
 reclamati da Spagna
 blu – Francia
 rosso – Regno Unito
 azzurro – territori reclamati
 da UK
 marrone – Russia
 viola chiaro – territori non
 occupati
Colonie spagnole: assetti istituzionali

1503 Istituzione a Siviglia della Casa de Contrataciòn, alla quale
     sono attribuiti il monopolio e l'organizzazione del commercio
     spagnolo con il Nuovo Mondo.
1512 Leggi di Burgos (Ferdinando I), per l'organizzazione generale
     del Nuovo Mondo.
1524 Istituzione del Consejo Real des Indias.
1527 Istituzione della Audiencia di Messico.
1538 Istituzione della Audiencia di Panama.
1542 Istituzione delle Audiencia del Guatemala e di Lima.
  "  Leggi Nuove, al posto delle Leggi di Burgos.
1547 Istituzione delle Audiencias di Guadalajara [Messico occ] e di
     Santa Fe de Bogotà [Colombia].
1556 Interdizione ufficiale di usare i termini conquista e
     conquistadores che dovranno essere sostituiti con
     descubrimiento (Scoperta) e poblatores (coloni).
Hérnan Cortes

Cortes è la conquista. Riesce a impadronirsi del
sistema culturale degli aztechi e a usare
efficacemente i loro segni, ma a fini di
sopraffazione, utilitaristici.
Secondo Todorov i conquistadores danno grande
rilievo alla comunicazione, non però per
desiderio di conoscere, ma per assoggettare.
Bernal Diaz del
       Castillo,
Historia verdadera de
  la conquista de la
    Nueva Espana
         1568
Cortés
Perché, nonostante la disparità di forze (500 uomini contro
un popolo intero), gli aztechi siano stati sconfitti?
- per le divisioni etniche e politiche interne;
- perché non possiedono cavalli e armi da fuoco;
- ma anche perché i conquistadores si impossessano della
loro cultura e la usano contro di loro - E’ Cortes ad
alimentare negli A. la convinzione che lui sia Quetzalcoatl, il
serpente piumato, un re-dio minore del pantheon tolteco,
che secondo il mito era partito per l’oriente e che aveva
espresso l’intenzione di tornare a riprender possesso dei
propri beni.
Cortes attribuisce grande importanza alla comunicazione
con gli indigeni e alla comprensione del loro linguaggio.
Rappresentazione
  del Serpente
    piumato
Cortes

Secondo Todorov il massacro è frutto di una
caduta di valori, della perdita di principi morali
da parte dei conquistatori, del venir meno di un
tessuto culturale, in una terra lontana e a
contatto con l’alterità degli indigeni. E’
giustificato da un’idea di ineguaglianza e di
inferiorità degli indigeni e dalla missione di
conversione religiosa.
Testimonianze della conquista del Messico: Bernal Diaz del Castillo,
   Historia verdadera de la conquista de la Nueva Espana [1568]
“Mentre eravamo così impegnati nel combattimento, ecco spuntare in distanza
i cavalieri di Cortés; gli indiani, furibondi com’erano contro di noi, non si
accorsero del nuovo pericolo che li minacciava alle spalle; in pochi istanti li
ebbero addosso, cosicché, presi tra due fuochi, furono costretti a darsi a
precipitosa fuga. Essi non avevano mai visto un cavallo prima di allora e
pensavano che cavallo e cavaliere formassero un solo animale. Si diedero a
correre attraverso la savana e i campi, e in breve scomparvero nei boschi vicini.
“Cortés ci raccontò che aveva combattuto contro altri squadroni di indiani;
veniva infatti con tre cavalieri e cinque cavalli feriti. Riposatici alquanto,
ringraziammo il Signore della vittoria che ci aveva dato, e siccome era il giorno
della Madonna di marzo chiamammo quel luogo, dove sorse poi una città,
Santa Maria della Vittoria.
“E questa fu la nostra prima guerra che combattemmo con Cortés nella Nuova
Spagna.
“Curammo i nostri feriti legando loro le ferite, ché non avevamo altro; e in
quanto ai cavalli, mettemmo sulle loro ferite del grasso ben caldo di un indiano
morto. In tutto gli indiani morti furono circa ottocento, e più grande fu la
strage dove avevamo usato le spade. Ritornammo al campo con cinque
prigionieri; seppellimmo due morti, curammo qualche altro ferito col grasso
dell’indiano, poi cenammo e ce n’andammo a riposare”.
[da G. Dall’Olio, Storia moderna, Carocci, p. 89]
Testimonianze della conquista del Messico: Bernal Diaz del Castillo
“Cortés … si recò a colloquio col cacicco … Dopo che si furono
riabbracciati il cacicco fece portare i suoi regali, pochi oggetti d’oro e
stoffe, e disse: ‘Grande signore accetta quel poco che ti posso offrire,
che se avessi di più di gran cuore te lo darei’. Cortés rispose per
mezzo di donna Marina e Aguilar, che avrebbe cercato di ricambiare
con opere buone; dicesse pure intanto se aveva bisogno di qualche
cosa, perché lui era vassallo di un grande imperatore che aveva sotto
di sé molti regni e molte terre, e mandava appunto quella spedizione
per far giustizia contro i malvagi, e anche perché non voleva che si
facessero più sacrifici umani.
“A queste parole il cacicco diede un grande sospiro, e cominciò a
lamentarsi di Montezuma e dei suoi governatori, dicendo che da
qualche parte li tenevano sottomessi e gli avevano portato via tutto
l’oro, e tanto li tiranneggiavano che ormai non erano più padroni di
niente, dovevano solo obbedire perché Montezuma era il più potente
sovrano di quelle terre e comandava grandissimi eserciti. Cortés
promise che gli sarebbe stata resa giustizia”.
[da G. Dall’Olio, Storia moderna, Carocci, p. 89]
Le popolazioni mesoamericane e i simboli
                        (Todorov, p. 77-119)

Todorov esamina il ruolo che i simboli rivestono nella cultura
azteca e conclude che:
- gli aztechi ricorrono costante all’interpretazione simbolica: tutti i
fenomeni rinviano a significati, dunque sono considerati come
sono segni;
- essi danno grandissima importanza al linguaggio, il quale però è
altamente ritualizzato;
- ogni fenomeno nella cultura azteca può essere spiegato in
relazione all’ordine del cosmo;
- l’ordine del cosmo abbraccia sia la società, sia lo spazio, sia il
tempo, che è ciclico;
- ogni fenomeno è predeterminato ed è stato previsto;
- la narrazione degli eventi, che riguarda sia il passato sia il futuro,
è contenuta nei discorsi rituali, che vengono appresi a memoria e
tramandati oralmente;
Le popolazioni mesoamericane e i simboli - 2
                      (Todorov, p. 77-119)

L’attribuzione di valori simbolici a tutti i fenomeni fa sì che gli
aztechi siano assai più attenti e inclini alla comunicazione fra
uomo e mondo, piuttosto che alla comunicazione fra uomo e
uomo;
Inoltre l’idea che gli accadimenti siano predeterminati e previsti
rende le loro percezioni e le loro interpretazioni molto rigide, non
consentendo di apprezzare appieno la novità dei fatti. La conquista
è un fatto radicalmente nuovo, ma gli aztechi non riescono a
percepire questa novità, perché sono preoccupati di inquadrare la
vicenda nei loro schemi.
Le vicende della conquista mostrano che essi sono svantaggiati a
causa di questo: non colgono il significato di quanto accade se non
in rapporto all’ordine cosmico prestabilito, per cui non sono in
grado di interpretare i comportamenti in termini psicologici e
politici, ponendosi su un piano di parità e di interrelazione con gli
avversari. In ultima analisi essi non hanno una compiuta
percezione dell’ALTRO.
Le popolazioni mesoamericane e i simboli - 3
                        (Todorov, p. 77-119)

Secondo Todorov infine il comportamento simbolico degli aztechi è meno
evoluto di quello degli europei. Nei loro simboli infatti si riscontra una forte
vicinanza del significante con il referente: il segno comunica il suo
significato attraverso un significante molto vicino al referente stesso [cioè
l’oggetto a cui il significato fa riferimento]; in altri termini, il referente
spesso non è solo evocato dal segno, ma deve essere presente. Mentre
invece il simbolo serve proprio a far sì che il referente possa operare pur
essendo assente.
Questa immaturità della competenza simbolica sarebbe comprovata
dall’assenza di scrittura e di moneta nella civiltà azteca, dall’uso scarso dei
vestiti, così come dalla materialità del sacrificio religioso e dalla pratica del
cannibalismo rituale, che prevede l’effettivo ingerimento del corpo della
vittima affinché se ne possa trarre beneficio.
[p. 190 ss.]
LA TESI DI TODOROV E’ CHE L’INFERIORE CAPACITA’ SIMBOLICA ABBIA RESO
GLI INDIGENI INDIFESI DI FRONTE AGLI EUROPEI E NE ABBIA DETERMINATO
IN PARTE LA SCONFITTA.
Demografia della conquista
CONTINENTE AMERICANO
Popolazione stimata all’inizio del XVI secolo     80 milioni di persone
Popolazione residente intorno al 1550             10 milioni di persone

MESSICO
Inizio XVI secolo                                 25 milioni di abitanti
1600                                              1 milione

Cause di morte:
  - uccisione diretta
  - maltrattamenti (quota elevata)
  - malattie per choc microbico (quota maggioritaria)

[Todorov, p. 163-164]
Amare
Il dibattito sull’umanità degli indigeni

Mentre è in corso la conquista si apre una discussione circa
l’umanità degli indigeni. Una parte degli autori la ritiene
dubbia o comunque imperfetta [es. Tomas Ortiz secondo
Pietro Martire d’Anghiera, De orbe novo, o Gonzalo
Fernández de Oviedo y Valdés, Historia general y natural de
las Indias y Tierra Firme del mar Océano].
Nel 1537 il papa emana una bolla in cui si riconosce
formalmente l’appartenenza degli indios al genere umano.
Resta però la percezione di un deficit, di un’inferiorità
rispetto agli europei che consente ad alcuni autori di
giustificare la guerra [es. Francisco de Vitoria, Luis de
Sepulveda]
Bartolomé de Las Casas,
  Brevissima relazione
 della distruzione delle
          Indie,
     (1540 e 1552;)
Brevissima relazione compilata dal vescovo fra Bartolomé de Las Casas, o
          Casaus, dell’ordine di San Domenico, 1552 (trad.it. a cura di Cesare Acutis,
                                       Mondadori 1987)
“Argomento della presente Epitome. Tutte le cose che sono accadute nelle Indie, dalla
loro meravigliosa scoperta e fin dagli inizi, quando degli spagnoli vi si recarono
pensando di prendervi dimora alcun tempo, e poi tutto ciò che è seguito fino ai nostri
giorni, sono stati eventi così straordinari e sotto ogni rispetto incredibili per chi non li
abbia visti, che sembrano avere oscurato e ridotto al silenzio, sprofondato invero
nell’oblio, tutti quelli, per quanto memorabili, che nei secoli passati si son visti e uditi
nel mondo. Vi sono tra queste cose gli scempi e i massacri di genti inoffensive, lo
spopolamento dei villaggi, delle province e dei regni dove quei crimini sono stati
perpetrati, e altri fatti ancora non meno spaventevoli. Quando venne alla corte, dopo
aver preso gli ordini, per renderne informato l’imperatore nostro signore [Carlo V], il
vescovo fra Bartolomé de Las Casas, o Casaus, che tutto aveva veduto coi propri occhi,
ne parlò con diverse persone le quali nulla ne sapevano. Il suo racconto causò negli
uditori una tal sorta di estasi e di sospensione degli animi, che fu subito pregato e
supplicato di metter brevemente per iscritto alcuni di quegli avvenimenti. Egli lo fece,
e vedendo poi qualche anno più tardi che molti uomini insensibili, degenerati dalla
cupidigia e dall’ambizione e trascinati per riprovevoli vie dalle loro azioni facinorose,
non contenti dei tradimenti e delle scelleratezze che già avevano commesso
spopolando quel mondo con le più squisite forme di crudeltà, importunavano il re
onde ottenere licenza e facoltà di commetterne ancora, e di peggiori, se mai fosse
possibile, decise di presentare quel sommario che aveva redatto al Principe nostro
signore [Filippo, figlio di Carlo], per convincerlo ad adoprarsi a far negare a coloro ogni
autorizzazione. E gli parve cosa conveniente farlo stampare, perché Sua Altezza lo
potesse leggere con maggiore facilità. Questa è dunque la ragione della seguente
Epitome, o brevissima relazione” [ivi, pp. 23-24].
La rappresentazione degli indigeni americani in Las Casas

Las Casas si pone al polo opposto dei sostenitori
dell’inferiorità degli indigeni: egli li esalta, dandone una
rappresentazione amorevole, estremamente positiva. Al
contrario denuncia con molta lucidità la barbarie degli
spagnoli.
Tuttavia non si cura di penetrare nei caratteri delle culture
indigene e applica schemi interpretativi desunti dalla
cultura cristiano-europea; continua a procedere per
analogia (Todorov).
Las Casas resta dunque un assimilazionista, favorevole a
un colonialismo morbido, compassionevole e paterno.
Las Casas, Brevissima Relazione

“Tutte queste universe e infinite genti, di ogni genere, Dio le ha
create semplici, senza malvagità né doppiezze, obbedientissime
e fedelissime ai loro signori naturali e ai cristiani che servono; e
più di ogni altre al mondo umili, pazienti, pacifiche e tranquille,
aliene da risse e da baruffe, da liti e da maldicenze, senza
rancori, odi né desideri di vendetta. E sono di costituzione tanto
gracile, debole e delicata, che sopportano difficilmente i lavori
faticosi e facilmente muoiono di qualsiasi malattia … E’ poi
gente poverissima, che assai poco possiede e ancor meno
desidera possedere beni temporali: per questo non sono
superbi, né avidi o ambiziosi. Il loro nutrimento è tale che quello
dei Santi Padri nel deserto non dovette essere più scarso …
Vanno in generale nudi …”.

[traduzione a cura di Cesare Acutis, Mondadori, Milano 1987, p. 29-30]
Las Casas, Brevissima Relazione

“Sono d’intendimento chiaro, libero e vivace, capaci di
apprendere docilmente ogni buon insegnamento. Hanno
dunque grandissima attitudine a ricevere la nostra santa fede
cattolica e ad acquisire costumi virtuosi: nessun popolo creato
da Dio nel mondo ha meno impedimenti a percorrere questa
via. Non appena cominciano ad avere notizia delle cose della
fede si fanno così importuni per saperne di più e per praticare i
sacramenti della Chiesa e il culto divino, che a dire il vero
occorre che i religiosi, per sopportarli, sian stati segnatamente
provvisti da Dio del Dono della pazienza. Infine, in tanti anni ho
sentito dire più volte da vari spagnoli, laici, i quali non potevano
negare la bontà che in quelle genti si manifesta: ‘Veramente
questo sarebbe stato il popolo più felice del mondo, se solo
avesse conosciuto Dio’.”

[ivi, p. 30]
Las Casas, Brevissima Relazione
“Tra questi agnelli mansueti, dotati dal loro Creatore e Fattore di
tutte le qualità di cui sono andato parlando, entrarono gli spagnoli,
non appena ebbero notizia dlela loro esistenza, come lupi, come tigri
e leoni crudelissimi che fossero stati tenuti affamati per diversi giorni.
Altro non han fatto da quarant’anni a questa parte (e oggi continuano
a fare) che straziarli, ammazzarli, tribolarli, affliggerli, tormentarli e
distruggerli con crudeltà straordinarie, inusitate e sempre nuove, di
cui non si è mai saputo, né udito né letto prima.”
[ivi, p. 30-31]
           - prosegue dando notizia dettagliata dello spopolamento a cui sono state soggette
le isole caraibiche e la terraferma mesoamericana –

“Più di dodici milioni di anime, uomini, donne e bambini, son morti
nel corso di questi quarant’anni per la tirannia e le opere infernali
dei cristiani, ingiustamente e iniquamente. La valutazione è
certissima e veridica; ma in realtà io credo, e non penso di
ingannarmi, che ne siano periti più di quindi milioni”.
[ivi, p. 32]
Las Casas, Brevissima Relazione - INDICE DELL’OPERA (edizione a stampa 1552)
 Argomento della presente Epitome
 Prologo del vescovo fra B. de Las Casas
 Brevissima Relazione della Distruzione delle Indie
 Dell’isola Spagnola
 Dei regni che v’erano all’isola Spagnola
 Delle isole di San Juan e della Giamaica
 Dell’isola di Cuba
 Della Terra Ferma
 Della provincia di Nicaragua
 Della scoperta della Nuova Spagna
 Della Nuova Spagna
 Della provincia e regno di Guatemala
 Della Nuova Spagna, di Panico e di Jalisco
 Del regno di Yucatan
 Della provincia di Santa Marta
 Della provincia di Cartagena
 Della costa delle perle e di Paria e dell’isola della Trinità
 Del fiume Yuyapari
 Del regno di Venezuela
 Della provincia della Terra Ferma dalla parte che si chiama Florida
 Del Rio de la Plata
 Dei grandi regni e delle province del Perù
 Del Nuovo Regno di Granada
                                                                       [ed. Mondadori 1987]
Conoscere
Conoscere

Secondo Todorov [La conquista dell’America, p.
  225] l’attitudine nei confronti dell’alterità si
  organizza attorno a tre assi:
     a. assiologico (valore)
     b. prasseologico (posizione)
     c. epistemologico (conoscenza)
Colombo:         a. alto valore della cultura cristiana-europea / scarsissimo valore della cultura
                 nativa
                 b. distanza e superiorità
                 c. indifferenza

Cortes:          a. alto valore della cultura cristiana-europea / scarso valore della cultura nativa
                 b. identificazione ingannatoria / distanza e superiorità / violenza / dominio
                 c. buona attitudine cognitiva, a scopo manipolatorio

Las Casas:       a. alto valore della cultura cristiana-europea / valore travisato della cultura
                 nativa
                 b. superiorità amorevole
                 c. scarsa attitudine cognitiva

Sepulveda:       a. alto valore della cultura cristiana-europea / scarso valore della cultura nativa
                 b. superiorità e dominio
                 c. discreta attitudine cognitiva con funzione istruttoria

Duran/Sahagun: a. alto valore della cultura cristiana-europea / medio valore della cultura nativa
               b. atteggiamento pedagogico
               c. buona attitudine cognitiva con fini pedogici ma anche comparatistici ed
               etnografici.
Diego de Durán
                 Il problema dell’ibridazione

Diego Durán, Historia de las Indias de Nueva Espana e Islas de Tierra Firme
(1576-1581, inedita fino al XIX secolo)

Nasce in Spagna nel 1537;
Si trasferisce con la famiglia in Messico da 5 anni;
Apprende il nahuatl;
Entra nell’ordine regolare dei domenicani;
Si impegna nell’evangelizzazione degli indigeni.
La sua Historia, spesso citata come “Codice Durán” è una delle fonti indirette
principali sulla cultura azteca precolombiana.
Essa è dedicata:
- alla religione azteca
- alla storia del popolo azteco.
Diego de Durán
                   Il problema dell’ibridazione

Le ricerche di Durán muovono dal problema dell’ibridazione.
Questo studioso viene in contatto con la cultura mesoamericana dopo un
trentennio di colonizzazione. La situazione è la seguente:
- la cultura originaria è stata superficialmente cancellata con metodi
   repressivi: uccisioni di massa, cristianizzazione forzata e coercizione dei
   comportamenti, distruzione di manufatti, rogo di documenti pittografici
   [Diego de Landa, vescovo dello Yucatan, compie l’autodafé di Manì il 12
   luglio 1562, distruggendo gran parte delle testimonianze grafiche della
   civiltà Maya; nel 1566 raccoglie tutte le conoscenze disponibili sulla civiltà
   Maya nella Relazione sulle cose dello Yucatan]
- alla cultura originaria si è sovrimposta quella cristiana; tuttavia questo dà
   luogo a forme ibride: la cultura dei nativi dopo la cristianizzazione è il
   prodotto di un processo di ibridazione.
Durán è fra i primi a richiamare l’attenzione sull’IBRIDAZIONE, che egli giudica
   negativamente.
Diego de Durán
              Il problema dell’ibridazione

Secondo Durán l’ibridazione va combattuta perché produce un
SINCRETISMO RELIGIOSO che non è accettabile, perché la
purezza e l’integrità del cristianesimo vengono perdute.

“Gli indiani non troveranno Dio finché non saranno state
strappate le radici, e persino l’ultimo ricordo dell’antica religione
… Se vogliamo seriamente cancellare la memoria d’Amalech
[capostipite di una popolazione che aggredì gli ebrei al ritorno
dal Mar Rosso – Genesi], non potremo mai riuscirci se non
avremo prima considerato tutte le modalità della religione nella
quale essi vivevano” (Libro I, Introduzione, cit. in Todorov, 247).
Diego de Durán
             Il problema dell’ibridazione

La religione antica può essere sradicata solo se le sue tracce
diventano intellegibili a chi ha la responsabilità del culto
religioso dei nativi . Quindi deve essere nota. Duran si propone
di fornire conoscenze di questa cultura, per facilitarne
l’eliminazione.

“Il mio unico intento era e resta quello di mettere in guardia i
nostri preti contro le divinazioni e le pratiche idolatriche di
questa gente, sì che essi siano coscienti e vigilanti verso le
sopravvivenze delle antiche credenze”.
Diego de Durán
             Il problema dell’ibridazione

Duran deplora sia la profonda ignoranza della lingua di cui
  danno prova i religiosi spagnoli emigrati in America, sia della
  distruzione delle testimonianze culturali della civiltà azteca
  operata dai primi vescovi.

“Coloro che, all’inizio, con fervido zelo (ma con scarso
  discernimento) hanno bruciato e distrutto tutti i disegni
  contenenti le antiche tradizioni degli indiani, hanno
  commesso un errore. Ci hanno lasciato senza una luce che ci
  guidi; in questo modo, gli indiani adorano gli idoli alla nostra
  presenza, e noi non comprendiamo nulla di quanto avviene
  nel corso delle loro danze, nei loro mercati, nei loro bagni
  pubblici, nei loro canti (quand’essi piangono i loro antichi déi
  e signori), nei loro pasti e banchetti”.
Diego de Durán
             Il problema dell’ibridazione

Duran è rigorista: difende la purezza religiosa e pretende una
conversione totale;
Esiste però un altro indirizzo, più conciliatorio, che accetta i
comportamenti sincretici come inevitabili.
Diego de Durán
                    Il problema dell’ibridazione

Con questi obiettivi Duran si dedica allo studio della cultura degli indios con
molta attenzione e serietà.
Nota che il sincretismo si innesta sulle analogie:
- La pasqua come festa di primavera;
- il sacrificio umano e l’eucaristia;
- la simbologia legata all’acqua e i rituali di purificazione;
- le costellazioni divine che ricordano la trinità

Le analogie sono tante che Duran sospetta che il cristianesimo sia stato
predicato in America prima degli spagnoli:

“O, come ho detto, la nostra santa religione cristiana era conosciuta in
questo paese, o il demonio, il nostro maledetto avversario, costrinse gli
indiani a compiere – un suo onore e culto – le cerimonie della religione
cristiana cattolica, venendo in tal modo onorato e servito”.
Diego de Durán
                  Il problema dell’ibridazione

Secondo Todorov il testo di Duran evidenzia un processo di
ibridazione in atto nello stesso autore: in alcuni passaggi la sua
identificazione con la cultura indigena è evidente;
Inoltre a volte Duran è tentato di rinunciare alla sua opera di
rifondazione culturale e di rispettare le inclinazioni degli indigeni.
In ogni caso la sua analisi della religione azteca è molto approfondita
e ne viene tentata non solo la descrizione, ma anche
l’interpretazione.
L’atteggiamento di Duran evolve nel corso della scrittura. L’ultimo
libro, dedicato alla storia del popolo, diventa una narrazione a
testimonianza e gloria del popolo azteco stesso.
Nel racconto della conquista i due punti di vista, azteco e spagnolo, si
fondono.
Diego de Durán
                    Il problema dell’ibridazione
IDENTIFICAZIONE EMOTIVA
“Ascoltai molte volte quei canti durante le danze pubbliche; e sebbene
celebrassero i loro signori, ero ben contento di ascoltare quelle lodi e quelle
gesta … Vidi talvolta accompagnare con danze quei canti, insieme ad altri
indirizzati alla divinità; sono così tristi che fui colto da un senso di
malinconia e di mestizia” (Todorov, p. 257).

ATTITUDINE A COMPRENDERE SUL PIANO CULTURALE
“Tutti i loro canti sono pieni di metafore così oscure che a malapena si
capiscono, a meno di non studiarle in modo specialissimo per spiegarle e
renderne accessibile il significato. Mi misi perciò di proposito ad ascoltare
con grande attenzione ciò che veniva cantato; e mentre all’inizio le parole e
i termini metaforici mi sembravano privi di senso, a poco a poco, dopo
averli discussi e dibattuti, mi accorsi che si trattava di ammirevoli sentenze,
e ciò sia nei canti religiosi che gli indiani oggi compongono, sia in quelli che
concernono le cose umane” [T. p. 258].
Diego de Durán
                  Il problema dell’ibridazione

APPREZZARE IL VALORE DELL’ALTRA CULTURA
“Il re fece scolpire e consacrò delle statue in pietra per perpetuarne
la memoria [della famiglia reale], poiché lo Stato azteco aveva da loro
ricevuto, quand’erano in vita, grandi benefici. Gli storici nelle loro
storie e i pittori coi loro pigmenti e col pennello della curiosità
dipinsero a vivaci colori la vita e le imprese di quei valorosi signori e
cavalieri. In questo modo la loro gloria si diffuse, come la luce del
sole, in tutti i paesi del mondo. In questa mia storia ho voluto anch’io
narrare la loro gloria e perpetuare la loro memoria, affinché esse
durino quanto durerà il mio libro. Così questi uomini saranno imitati
da tutti coloro che amano la virtù e il loro ricordo sarà benedetto,
poiché sono amati da Dio e dagli uomini; e, nella loro apoteosi,
saranno simili ai santi” [Todorov, p. 260].
Il contributo dei meticci e delle figure
                   transculturali

Un importante contributo alla “conoscenza dell’altro”
proviene dall’opera letteraria dei meticci o degli amerindi
adottati dalla comunità spagnola, o dagli spagnoli
precocemente americanizzati. Attraverso la loro
esperienza personale, essi creano dei ponti culturali, più o
meno originali ed efficaci, così come in qualche misura già
avevano fatto gli interpreti utilizzati da Cortés, l’azteca
donna Marina e lo spagnolo naturalizzato messicano
Aguilar.
Es.: per l’America centrale Gonzalo Guerrero e Alvar
Nunez Cabeza de Vaca (Todorov p. 237 ss.); per l’area
andina Garcilaso de la Vega (Wachtel, p. 11) e Felipe
Guaman Poma de Ayala (Wachtel, p. 247 ss.)
Bernardino de Sahagún
                          Bilinguismo
Nasce in Spagna nel 1499;
Entra nell’ordine francescano;
Nel 1529 si trasferisce in Messico, dove trascorre il resto della vita
E’ in origine un grammatico;
Apprende molto bene il nahuatl;
Insegna grammatica latina nel collegio francescano di Tlatelolco dal
1536;
I suoi allievi appartengono all’antica nobiltà indigena.
Scrive una Historia general de las cosas de la Nueva Espana per
motivi simili a quelli di Duran. La prima versione di questo lavoro fu
scritta da Sahagun non in castigliano ma in nahuatl.
Raccoglie i racconti indigeni della conquista e i discorsi rituali della
cultura azteca precolombiana
Traduce in nahuatl testi cristiani
Bernardino de Sahagún
                         Bilinguismo

“Gli spagnoli e i monaci di altri ordini, saputa la cosa, ridevano di
cuore e ci prendevano in giro, ritenendo per certo che nesusno
sarebbe stato in grado di insegnare la grammatica a gente che
possedeva così scarse attitudini. Ma, dopo due o tre anni di lavoro
con noi, i nostri allievi giunsero a impadronirsi di tutte le materie
concernenti la grammatica, a parlare, capire e scrivere il latino, e
persino a comporre versi eroici”
(Todorov, p. 268)
Bernardino de Sahagún
    Historia general de las cosas de la Nueva Espana
 “Sebbene molti abbiano scritto in volgare della conquista di questa Nuova
 Spagna in base al racconto di coloro che la conquistarono, io volli scriverla
     in lingua messicana, non tanto per portare alla luce talune verità dal
  racconto degli stessi indiani che vissero durante la conquista, quanto per
     fissare il linguaggio delle cose della guerra e delle armi che usano gli
abitanti del luogo. Così se ne potranno trarre vocaboli e modi di dire, propri
                     della lingua messicana in questo campo.
A ciò si aggiunga pure il fatto che quelli che furono conquistati conobbero e
    riferirono molte cose avvenute fra di loro durante la guerra. Tali cose i
  conquistatori le ignorarono e, quindi, mi sembra che non sia stato lavoro
superfluo l’avere tradotto questa storia, compilata ai tempi in cui erano vivi
   coloro che parteciparono alla conquista. Queste persone che ne hanno
 riferito erano tutte importanti e assennate, sicché è cosa certa che dissero
                                     la verità”
    (da Bernardino de Sahagun, Storia indiana della conquista di Messico,
                           Palermo, Sellerio, 1983, p. 15)
Bernardino de Sahagún

Secondo Todorov (p. 272), Sahagun è preoccupato innanzitutto
dell’aspetto cognitivo, cioè della veridicità delle informazioni raccolte.
Opera pertanto una scrupolosa critica delle fonti, selezionando i
testimoni che ritiene maggiormente degni di fede, con l’aiuto dei
notabili delle comunità messicane.
La traduzione è aggiunta, ma le informazioni sono raccolte nella
lingua originale, immediatamente disponibile alla lettura.
Bernardino de Sahagún
                        Historia general de las cosas de la Nueva Espana

12 libri
    1. Gli dei
    2. Il calendario, feste e cerimonie, sacrifici e solennità
    3. Origine degli dei
    4. Astrologia e arte divinatoria per individuare giorni fasti e nefasti
    5. Pronostici tratti dall’osservazione degli animali
    6. Retorica e filosofia morale della gente messicana; curiosità sulla bellezza della
         lingua; virtù morali dei messicani
    7. Astronomia
    9. Istituzioni: re e signori e loro modo di elezione; modo di governo
    9. Mercanti e ufficiali che si occupavano dell’oro, delle pietre preziose e delle
         piume pregiate
    10. Vizi e virtù della gente indiana; malattie; caratteri delle popolazioni diverse
    11. Proprietà di animali, piante, metalli e pietre, colori
    12. Della conquista di Messico
Bernardino de Sahagún
                      Historia general de las cosas de la Nueva Espana

Vicenda del testo:

I superiori di Sahagun vi vedono non un supporto all’evangelizzazione, ma “lo smarrimento
    di un loro religioso troppo attratto da quanto sarebbe stato suo dovere indagare senza
    coinvolgersi” (Morino, postfazione edizione parziale in trad. it. Sellerio).

Le carte di Sahagun sono disperse, poi vengono da lui recuperate e il lavoro viene
    completato.

La Historia General è spedita manoscritta a Madrid in volumi in folio.
Filippo II ne vieta la pubblicazione.

Il testo spagnolo migrò per varie biblioteche religiose.
Viene riscoperto nel tardo Settecento in un convento di Tolosa.
Fu pubblicato per la prima volta nel 1830 dallo studioso irlandese Edward King, visconte di
     Kingsborough

In Italia è’ conservata una versione manoscritta con il testo in nahuatl, detta “Codice
     fiorentino”, perché custodita nella Biblioteca Laurenziana di Firenze.
Bernardino de Sahagun,
Codice fiorentino (1575-
 1577), libro IX, pagina
           51;
  Biblioteca Medicea
 Laurenziana, Firenze.
    Testo in nahuatl
traslitterato in caratteri
      fonetici latini
Bernardino de Sahagún
                               Historia general de las cosas de la Nueva Espana
I. Dei segni e pronostici che apparvero prima che gli spagnoli giungessero in questa terra, né si avesse notizia di loro
II. Delle prime navi che approdarono in questa terra, le quali si dice fossero di Jan de Grijalva
III. Di ciò che Mocthecuzoma dispose dopo ché ebbe udito le notizie di coloro che avevano visto le prime armi
IV. Di ciò che dispose M quando venne a sapere per la seconda volta che gli spagnoli erano ritornati e questa fu la
    volta di don Hernando Cortes
V. Di ciò che avvenne quando i messaggeri di M salirono sulla nave di don HC
VI. Di come i messaggeri di M ritornarono a Messico per riferire ciò che avevano visto
VII. Di ciò che riferirono a M i messaggeri ritornati dalle navi
VIII. Di come M inviò i suoi incantatori e fattucchieri affinché danneggiassero gli spagnoli
IX . Del pianto che versarono M e tutti i messicani quando seppero che gli spagnoli erano tanto forti
X. Di come gli Spagna cominciarono ad addentrarsi nell’interno e di come M lasciò il palazzo reale e si ritirò nella
    propria dimora
XI. Di come gli spagnoli giunsero a Tlaxcala che allora si chiamava Texcalla
XII. Di come Mocthe. inviò un suo importante dignitario insieme ad altri, i quali si recarono ad accogliere gli spagnoli
    e offrirono un ricco dono al capitano, nel mezzo della Sierra Nevada, vicino al vulcano
XIII. Di come M inviò altri negromanti fra gli spagnoli e di quanto avvenne durante il cammino
XIV. Di come M ordinò di sbarrare le strade affinché gli spagnoli non potessero raggiungere Messico
XV. DI come gli spagnoli partirono da Itztapalapan per entrare a Messico
XVI. Di come M si avviò in pace ad accogliere gli spagnoli nel luogo chiamato XOluvco, o anche Vitzillan, vicino a
    quel canale dove oggi c’è la casa di Alvarado
XVII. Di come gli spagnoli arrivarono con M al palazzo e di tutto ciò che là accadde
XVIII. Di come gli spagnoli entrarono sin nella dimora di M e di ciò che lì avvenne
XIX. Di come gli spagnoli ordinarono agli indiani di celebrare la festa di Vitzilopuchtli. Ciò avvenne durante l’assenza
    del capitano don HC, il quale si era recato sulla costa a causa dell’arrivo di Panfilo de Marvaez
XX. Di come gli spagnoli fecero un grande massacro degli indiani che stavano celebrando la festa nel cortile stesso
    del tempio di Vitzil…
XXI. Di come iniziò a Messico la guerra fra spagnoli e messicani
Bernardino de Sahagún
                           Historia general de las cosas de la Nueva Espana
XXII. Di come giunse la notizia che il capitano don HC, dopo avere vinto Panfilo de Narvaez, stava ritornando a
  Messico con molti altri spagnoli appena sbarcati
XXIII. Di come Mocthe e il governatore di Tlatilulco vennero gettati morti fuori dal palazzo dove si erano gettati gli
  spagnoli
XXIV. Di come gli spagnoli e i tlaxcaltechi fuggirono di notte da Messico
XXV. Di come gli abitanti di Teucalhiucan accolsero in pace gli spagnoli che stavano fuggendo da Messico e offrirono
  loro provviste
XXVI. Di come gli sagnoli raggiunsero la città di Teucalhuican e della buona accoglienza che ricevettero
XXVII. Di come i messicani raggiunsero gli spagnoli che stavano alla retroguardia
XXVIII. Della prima festa che celebrarono i messicani dopo la fuga notturna degli spagnoli da questa città
XXIX. Della pestilenza di vaiolo che si abbatté sugli indiani dopo la ritirata degli spagnoli da Messico
XXX. DI come i brigantini costruiti dagli spagnoli a Tezcuco si diressero verso Messico
XXXI. Di come i brigantini dopo avere messo in fuga le canoe, che si erano mosse contro di loro, arrivarono a terra,
  vicino alle case
XXXII. Di come i messicani si arresero e, per paura degli spagnoli, comunicarono a uscire dalla città
XXXIII. Di come vennero in aiuto dei messicani i chinampanechi, che sono gli abitanti di XOchimilco di Cuitlaoac e di
  Itzapalapan
XXXIV. DI come i messicani catturarono 15 spagnoli
XXXV. Di come i messicani catturarono 53 altri spagnoli e molta gente di … Tutti li uccisero davanti ai loro idoli
XXXVI. Della prima volta che gli spagnoli arrivarono sino al tianquiztli di Tlatilulco che è la piazza del mercato
XXXVII. Di come di notte aprivano i canali che di giorno gli spagnoli chiudevano
XXXVIII. Del trabucco che gli spagnoli costruirono per sconfiggere la gente di Tlatilulco
XXXIX. Di come la gente di Tlat, durante l’assedio si vide cadere addosso dal cielo un fuoco color del sangue
XL. Di come gli abitanti di Tlatil… si arresero agli spagnoli, insieme a quelli di Messico e al loro signore
XLI. Del discorso che fece don HC ai signori di Messico, di Tezcuco e di Tlacupan dopo la vittoria, interrogandoli
  sull’oro che era andato perso durante la fuga degli spagnoli da Messico
La visione dei vinti

Nathan Wachtel, La visione dei vinti. Gli indios del Perù
  di fronte alla conquista spagnola (1971), Torino,
  Einaudi, 1977
FONTI

Mentre sono scarse le fonti dirette della storia dei popoli
americani prima della conquista, a causa della distruzione
sistematica della documentazione operata dai conquistatori e
dagli ecclesiastici, l’esperienza della conquista è documentata
sia da parte spagnola, sia da parte indigena.
Nathan Wachtel, antropologo e storico, ha lavorato sulla
esperienza dei conquistati e sulla sua rappresentazione,
focalizzando l’analisi sulla vicenda peruviana, ma ricorrendo
anche a fonti relative alla conquista del Messico.
Per il Messico sono importanti le fonti raccolte nel Codice
fiorentino di Sahagun, per lo Yucatan i libri del Chilam Balam
de Chumayel (la cui genesi risale al XVI secolo), per il Perù il
lavoro di Guaman Poma de Ayala.
L’accoglienza
Il primo discorso di Moctezuma a Cortès (tramandato oralmente e raccolto da
Sahagun):

“Signore … sei giunto infine alla tua città: Messico. Sei venuto per prendere
posto sul tuo trono, sotto il tuo baldacchino reale …
No, non è un sogno, io non esco, ancor tutto torpido, da un sogno: io non ti
vedo in sogno, non sto sognando …
Ma ti ho già visto, ho gettato lo sguardo sul tuo viso! …
Questo era il mandato e il messaggio dei nostri re, di quelli che hanno
comandato, di quelli che hanno governato la città:
Secondo loro, tu dovevi prender posto sul tuo seggio, sulla sedia della maestà,
dovevi arrivare in questi luoghi …
In questo momento il fatto s’è compiuto: ora sei arrivato con grande fatica,
eccoti arrivato con lunghi sforzi.
Vieni nel tuo paese: vieni e riposati; prendi possesso delle tue reali dimore …
Siete giunti nel vostro paese, signori!

[Wachtel, p. 27-28]
La violenza e la sconfitta

“Il pianto si spande, le lacrime scorrono, laggiù, a
      Tlatelolco.
… Dove andiamo? Oh!, amici! Allora era vero?
Eccoli che abbandonano la città di Messico:
Il fumo s’alza a poco a poco, poco a poco s’estendono le
      brume …
Piangete, amici miei cari,
E capite che con questa sconfitta
Abbiamo perduto la nazione messicana”.

                        [Cantares mexicanos, in Wachtel, p. 38]
La morte degli dei
Secondo Wachtel sia le popolazioni mesoamericane, sia
quelle andine sperimentano “la morte degli dei”, cioè il
collasso del loro sistema religioso e culturale, la
disintegrazione del cosmo, dell’ordine del mondo su cui le
loro società si fondavano.
Gli europei dapprima sono identificati con gli dei, poi
agiscono con violenza e distruggono non soltanto le
persone e il loro ambiente, ma anche la religione,
pretendendo di convertire i sopravvissuti al proprio
credo.
Questa esperienza genera nei nativi una sorte di morte
spirituale, che per W. fu corresponsabile del disastro
demografico delle popolazioni amerindie.
La morte degli dei

“Lasciateci dunque morire,
  lasciateci dunque perire,
  i nostri dei sono ormai morti!
  …
  Ci dite
  che i nostri dei non sono veri.
  E ci dite
  una parola nuova
  che ci turba
  che ci intristisce.
  Perché i nostri antenati,
  quelli che sono stati, quelli che hanno vissuto sulla terra,
  non usavano parlare così.
  E ora dovremmo distruggere
  l’antica norma di vita? …
  Non possiamo crederci davvero,
  non l’accettiamo come verità,
  anche se ciò vi offende”.
                                Libros de los coloquios de los Doce, in Wachtel, p. 39
Rimpianto e denuncia
“Allora tutto era buono, e loro, [gli dei] vennero abbattuti.
C’era saggezza, in loro. Non c’era peccato, allora. C’era in loro una santa devozione.
  Vivevano sani. Non c’erano malattie, allora; non c’erano dolori d’ossa, non c’era
  febbre per loro, non c’era vaiolo, non c’era bruciore di petto, non c’era dolore di
  ventre, non c’era consunzione, Allora i loro corpi camminavano dritti ed eretti.
Non è ciò che hanno fatto i signori bianchi quando sono arrivati qui. Hanno
  insegnato la paura e sono venuti a far appassire i fiori. Per far vivere il loro fiore,
  hanno rovinato e aspirato il fiore degli altri.
“… La vita è avvizzita, e il cuore dei fiori è morto … Falsi sono i loro re, tiranni sui loro
  troni, avari dei loro fiori … Distruttori di giorno, oltraggiatori di notte, seviziatori del
  mondo! …
Non c’è verità nelle parole degli stranieri …
“Solo per colpa del tempo folle, per colpa dei sacerdoti pazzi, la tristezza è entrata in
  noi, il cristianesimo è entrato in noi. Perché i cristianissimi sono arrivati qui con il
  vero dio; ma è stato l’inizio della nostra miseria, l’inizio del tributo, l’inizio
  dell’elemosina, la causa della miseria da cui è scaturita la discordia occulta, l’inizio
  delle risse con le armi da fuoco, l’inizio delle offese, l’inizio della spoliazione, l’inizio
  della schiavitù per debiti, l’inizio dei debiti incollati alle spalle, l’inizio della rissa
  continua, l’inizio della sofferenza”.
                                              Chilam Balam de Chumayel, in Wachtel, p. 44
Tradizione e acculturazione

L’esame delle fonti indie mostra che l’imposizione
della cultura religiosa europea e l’obbligo di
abbandonare le vecchie credenze abbia dato luogo
a un’acculturazione parziale. Parte della tradizione
culturale precolombiana si travasa nella nuova
epoca, nascondendosi nelle forme dell’ibridazione,
di cui si erano già accorti Duran e Sahagun.
Soprattutto restano vivi gli schemi generali di
organizzazione delle percezioni/intepretazioni e
delle rappresentazioni.
Metabolismo culturale

Wachtel ha lavorato anche su elementi folklorici
contemporanei in cerca delle tracce del trauma della
conquista europea del XVI secolo.
I suoi studi mostrano che l’esperienza della conquista
ha segnato profondamente la cultura indigena. Anzi
essa ne costituisce uno dei nuclei originari: la
conquista ha determinato un collasso culturale, una
drammatica soluzione di continuità. Tuttavia essa è
stata lentamente metabolizzata dai sopravvissuti,
diventando essa stessa un patrimonio culturale, per
quanto doloroso.
Identità culturale india

L’identità culturale degli indios
nell’età post-colombiana è debitrice
largamente a questi due fattori. Essa
si nutre emotivamente
dell’attaccamento alla propria
specifica tradizione e al rifiuto
dell’omologazione culturale.
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