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Testi Pier Giuseppe Puggioni Esorcizzare lo spettro Diritto, religione e potere nella Tosca di Giacomo Puccini di Pier Giuseppe Puggioni piergiuseppe.puggioni@phd.unipi.it This paper enquires into the political and juridical themes underlying Giacomo Puccini’s opera Tosca (1900). Through the comparison of Puccini’s score, the libretto by Giacosa and Illica, and the original play by Sardou, I will present a twofold reading of the intertwinement between politics, religion, and law in this musical work. On the one hand, I will show that the police power represented by the character of Scarpia can be interpreted, from a Benjaminian standpoint, as a violent power that shapes the legal and religious order. On the other hand, I will argue that the artistic couple made by Cavaradossi and Tosca is politically significant in so far as their art represents an attempt to deactivate Scarpia’s pervading and oppressive force. The conclusion will contend that the aesthetics in this opera subtends the aspiration for an “inoperative”-wise revolution in religious institutions as well as in legal and political relations. Keywords: Philosophy of Law, Politics and Opera, Giacomo Puccini, Music and Philosophy 1. Un’opera lirica fra musica, politica e diritto Muovere da una composizione musicale per affrontare questioni legate alla filosofia del diritto e alla filosofia politica non sembra certo un’operazione facile, se non altro in ragione dello “scarto” percepibile fra i linguaggi che a questi ambiti pertengono. Si è però sostenuto che nell’uomo l’«apertura al mondo» sarebbe in primo luogo avvenuta con la musica e non con la «logica», in quanto attraverso la prima «viene all’espressione qualcosa che nel Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 174
Testi Pier Giuseppe Puggioni linguaggio non può essere detto» 1. Le difficoltà epistemologiche connesse a questo scarto sembrerebbero, quindi, accompagnarsi alla possibilità di scoprire una modalità di relazione tra l’uomo e il mondo che solo attraverso la musica potrebbe attingersi. Se, infatti, si colloca la musica nell’esperienza dell’ascolto “sensoriale” piuttosto che nel discorso logico-razionale, dove il suono servirebbe solo a veicolare informazioni e non sensazioni, si può ipotizzare che il medium musicale consenta un tipo – o, se si vuole, un “livello” – di comunicazione differente da quello mediato dalla parola2. A quest’altezza, dunque, la musica sembra davvero poter funzionare come «voce accordata sull’essere» e «tramite del suo risuonare»3, guidando il pensiero verso un’esperienza per certi versi “fondamentale” e “radicale”. Si potrebbe infatti sostenere che, collocandosi su di un piano emotivo e sensoriale, quest’esperienza acquisti significato primordiale, permettendoci di riflettere sull’uomo e sulla società muovendo da snodi pro-fondi (in tal senso “fondamentali” e “radicali”). Attraverso la musica, quindi, la riflessione pratica parrebbe in grado di aprirsi orizzonti parzialmente nuovi, offrendo spunti utili – fra l’altro – per ripensare la dimensione del “politico” e quella del “giuridico”. A questo riguardo, la composizione di cui intendo occuparmi – la Tosca di Giacomo Puccini (1858-1924) – sembra particolarmente rilevante per comprendere come un’opera di repertorio possa occuparsi di questioni 1 G. Agamben, “La musica suprema. Musica e politica”, in G. Agamben, Che cos’è la filosofia?, Quodlibet, Macerata 2016, pp. 138, 135. 2 Sebbene, ovviamente, anche la musica appaia «un lavoro eminentemente razionale» perché implica una serie di “tecniche” (si pensi alla costruzione degli strumenti, o alla scrittura musicale), essa «può toccare l’irrazionale» attraverso il continuo vibrare del suono, che trascende la staticità dei simboli sul pentagramma (cfr. E. Matassi, “Wolfgang Rihm e Die Hamletmaschine: ‘per una musica possibile’”, in F. Abbri, S. Zacchimi, Le ambiguità del suono. Studi in filosofia della musica, Prometheus, Milano 2003, pp. 21-22). 3 È uno degli approcci filosofici alla musica individuati da E. Matassi, Musica, Guida, Napoli 2004, p. 7, dove pure si sottolinea l’importanza della relazione fra «ascoltatore» e «creatore» (pp. 60-63); sul punto si veda anche M. De Caro, “Filosofia, musica e ascolto”, Rivista di Storia della Filosofia, LXII/1, 2007, pp. 69-73. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 175
Testi Pier Giuseppe Puggioni filosofico-politiche e filosofico-giuridiche4. Quest’opera, infatti, non mette in scena – com’è stato detto – soltanto un dramma psicologico basato sull’inganno e sull’«insincerità»5, ma rappresenta anche una presa di posizione storico-politica sul rapporto fra diritto, religione e potere. Di questi temi, come si vedrà, l’opera “parla” grazie ad alcune scelte compositive dell’autore e non soltanto attraverso il testo del libretto. Com’è noto, infatti, la stesura di quest’ultimo venne affidata ai librettisti Giuseppe Giacosa (1847-1906) e Luigi Illica (1857-1919), sulla falsariga del dramma in prosa La Tosca (1887), di Victorien Sardou (1831-1908)6. Eppure, sebbene il maestro lucchese non possa ritenersi “autore” dei versi che egli stesso mise in musica, non sembra esservi dubbio che il suo intervento sia stato decisivo per quanto 4 Dei numerosi lavori dedicati alle questioni politiche nell’opera lirica, mi pare opportuno ricordare A. Arblaster, Viva la libertà! Politics in Opera, Verso, London-New York 1992; J. Bokina, Opera and Politics: From Monteverdi to Henze, Yale University Press, London 1997; M. Cohen, The Politics of Opera: A History from Monteverdi to Mozart, Princeton University Press, Princeton 2017; si veda anche C. Abbate, R. Parker, A History of Opera. The Last Four Hundred Years (2012), Penguin Books, Milton Keynes 2015, pp. 534-544. Mi pare utile, inoltre, rinviare alla trattazione del rapporto fra musica e regimi totalitari nel primo Novecento offerta da V. Bernardoni, F. Tamarro, “Musica, politica, ideologia”, in V. Bernardoni, P. Fabbri (a cura di), Musica e società, III. Dal 1830 al 2000, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2016, pp. 451-490. Sul rapporto tra diritto e musica, e in particolare fra diritto e opera, si vedano invece F. Annunziata, G. F. Colombo (ed. by), Law and Opera, Springer, Cham, 2018, nonché il più recente G. Resta (a cura di), L’armonia nel diritto. Contributi a una riflessione su diritto e musica, Roma Tre Press, Roma 2020. 5 A. Wilson, The Puccini Problem. Opera, Nationalism, and Modernity, Cambridge University Press, Cambridge-New York 2007, p. 69. 6 La letteratura dedicata alla Tosca pucciniana è ovviamente troppo vasta per essere riportata integralmente. Si possono, tuttavia, ricordare i testi più rilevanti ai nostri fini: D. Burton, “An analysis of Puccini’s Tosca. A heuristic approach to the unifying elements of the opera”, Ph.D. dissertation, University of Michigan Press, Ann Arbor 1995; M. Carner, Giacomo Puccini. Tosca, Cambridge University Press, Cambridge 1985; J. L. Digaetani, “Puccini’s Tosca and the Necessity of Agnosticism”, The Opera Quarterly, II/1, 1984, pp. 76- 84; S. V. Nicassio, Tosca’s Rome. The Play and the Opera in Historical Perspective, The University of Chicago Press, Chicago 1999; V. Verhagen, “Puccini’s Tosca as a representation of a freethinker’s struggle against the corrupted power of the church”, Groundings, VI, 2013, pp. 121-129; il già citato A. Wilson, The Puccini Problem, cit., passim; si vedano, inoltre, i saggi raccolti in D. Burton, S. V. Nicassio, A. Ziino, Tosca’s Prism: Three Moments of Western Cultural History, Northeastern University Press, Boston 2004, in particolare D. Burton, “Tosca Act II and the Secret Identity of F#” (pp. 147-166) e S. V. Niccassio, “The Eternal Politics of Tosca” (pp. 249-263). Per una lettura complessiva del volume e della rilevanza dei suoi contributi, cfr. J. Chattah, “Tosca’s Prism: Three Moments in Western Cultural History”, Gamut: Online Journal of the Music Theory Society of the Mid-Atlantic, III/1 (9), 2010, pp. 233-244. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 176
Testi Pier Giuseppe Puggioni riguarda la scelta dell’argomento e lo sviluppo musicale di questi ultimi7. Come vedremo, alcune scelte tecnico-musicali appaiono per molti versi mirate a enfatizzare quella che potrebbe definirsi la concezione politico-giuridica in Tosca, che possiamo quindi leggere filosoficamente – seguendo lo stimolo di Benjamin – quale «rappresentazione delle idee»8. Può quindi essere utile esaminare tali passaggi assumendo la prospettiva d’indagine del filosofo politico o del filosofo del diritto, al fine di far emergere – come si è detto all’inizio – la particolare apertura al mondo che l’opera pucciniana e la sua musica sembrano tutt’ora capaci di restituire. 2. Scarpia, la polizia e l’ordine giuridico Il rapporto fra Puccini e la politica appare alquanto controverso in letteratura 9. Inoltre, mentre alcuni sottolineano il ruolo della lirica pucciniana nella costruzione di una cultura politica “nazionale”10, altri tendono a qualificarla come «opera senza politica»11. Da quest’ultimo punto di 7 Diversi studi ricordano come il giovane Puccini abbia ricevuto l’intuizione di comporre un’opera dedicata alle vicende nella Roma di Tosca dopo aver assistito, a Milano nel 1889, alla rappresentazione del dramma di Sardou (cfr. D. Burton, “An analysis of Puccini’s Tosca”, cit., p. 419; S. V. Nicassio, Tosca’s Rome, cit., p. 17; A. Wilson, The Puccini Problem, cit., p. 71). Colpito dall’opera, l’autore compì molti sforzi per ottenere il consenso dell’editore Ricordi e dei librettisti con cui aveva già collaborato. Giuseppe Giacosa, in particolare, sembrava ritenere il dramma di Sardou inadatto ad una traduzione operistica (si veda la lettera di Giacosa a Giulio Ricordi, datata 23 agosto 1986, riportata in E. Gara [a cura di], Carteggi pucciniani, Edizioni Ricordi, Milano 1958, pp. 150-151; cfr. A. Wilson, The Puccini’s Problem, cit., p. 71). Sembra dunque potersi sostenere che l’opera Tosca nasca in gran parte dal fermo attaccamento di Puccini agli argomenti ivi trattati. 8 W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco (1929), tr. it. di F. Cuniberto, in W. Benjamin, Opere complete, vol. II, a cura di R. Tiedermann, H. Schweppenhäuser, E. Ganni, Einaudi, Torino 2001, pp. 69-268, qui p. 71. 9 Per gli approfondimenti biografici sulla figura e l’opera di Giacomo Puccini, vale il rinvio alla nota ricostruzione di M. Carner, Puccini: A Critical Biography, Duckworth, London 1958, nonché al più recente studio di J. Budden, Puccini. His Life and Works, Oxford University Press, Oxford-New York 2002. L’ideologia e l’impegno politico del musicista lucchese sono stati, invece, analizzati da M. Bianchi, “Puccini e la politica”, in M. Bianchi (a cura di), «Il tabarro» di Giacomo Puccini. Il Maestro a Pescaglia, Atti della I Giornata Pucciniana, Monsagrati di Pescaglia, Villa Mansi, 15 settembre 2002, Promolucca editrice, Lucca 2003, pp. 56-78. 10 A. Wilson, The Puccini Problem, cit., p. 14. 11 In tal senso, cfr. A. Arblaster, Viva la libertà!, cit., p. 245. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 177
Testi Pier Giuseppe Puggioni vista Tosca (1900) costituirebbe, insieme a Madama Butterfly (1904), una mosca bianca nella produzione dell’autore toscano, in quanto solo in queste due opere si ravviserebbe una trama «politica»12. Va detto, a questo riguardo, che in molte opere pucciniane – fra cui, in particolare, La bohème (1896) e Il tabarro (1918) – sembrano rappresentati alcuni temi lato sensu “politici” e che, soprattutto, molte scelte compositive dell’autore sembrano enfatizzare la denuncia delle disuguaglianze sociali, della povertà, di un potere economico che opprime i più deboli13. In alcune di esse, come vedremo in questa sede, si possono trovare concezioni e problematiche analoghe a quelle ravvisabili in Tosca, che le soluzioni musicali di Puccini contribuiscono a far emergere. Per analizzare meglio gli aspetti che ci interessano di quest’opera, può essere utile ricordare alcuni passaggi della trama, invero piuttosto nota. Andata in scena nel gennaio dell’anno 1900, Tosca rappresenta una vicenda ambientata a Roma nel giugno 1800, a pochi giorni dalla battaglia di Marengo (14 giugno). Qui il pittore Mario Cavaradossi (tenore), amante della cantante Floria Tosca (soprano), viene catturato e fatto torturare dal capo della polizia Scarpia (baritono) per aver cercato di nascondere il prigioniero politico Angelotti (basso). Per liberare l’amato, Tosca patteggia con Scarpia, che ne pretende i favori sessuali, e lo trae in inganno uccidendolo. Purtroppo, però, il piano architettato dal poliziotto conduce infine alla fucilazione di Cavaradossi e al conseguente suicidio della stessa Tosca 14. A partire da questa sinossi, occorre ora ragionare sui due poli in cui la vicenda sembra 12 Ibidem. Non è un caso, del resto, se a Madama Butterfly viene oggi dedicata un’ampia serie di studi nel settore giuridico. Si vedano, in merito, G. F. Colombo, “L’esotismo nel diritto e nella musica: il caso della Madama Butterfly”, in G. Resta, L’armonia nel diritto, cit., pp. 203- 223, che riprende altri contributi fra cui G. F. Colombo, L’avvocato di Madama Butterfly. Un’analisi storico-giuridica, O Barra O edizioni, Milano 2016. 13 Rinvio, sul punto, a quanto sostenuto in P. G. Puggioni, “Una recondita (dis-)armonia. Povertà, giustizia e arte nell’opera di Giacomo Puccini”, Endoxa. Prospettive sul presente, IV/32, 2021, pp. 67-75. 14 Per un confronto fra il libretto di Giacosa e Illica e il dramma originale di V. Sardou, La Tosca (1887), tr. it. di G. Davico Bonino, Einaudi, Torino 2012, si vedano S. V. Nicassio, Tosca’s Rome, cit., pp. 257-263, e J. Budden, “The Two Toscas”, in D. Burton, S. V. Nicassio, A. Ziino, Tosca’s Prism, cit., pp. 114-120. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 178
Testi Pier Giuseppe Puggioni potersi articolare: in primo luogo, infatti, ci interessa il significato politico e giuridico della figura di Scarpia; successivamente, dovremo chiederci in che modo tale significato interagisca con la coppia formata dagli artisti Cavaradossi e Tosca. Il primo profilo si connette ad un aspetto centrale dell’opera pucciniana e del dramma di Sardou, che propongono il ritratto di una Roma in crisi, in bilico fra il governo papale, la breve esperienza della Repubblica romana e l’occupazione napoletana. In questa rappresentazione, le istituzioni politiche e religiose sono infettate dal clima di corruzione e repressione del dissenso 15; un clima che appare perfettamente incarnato da Scarpia. È senz’altro significativo che in uno scenario siffatto ad esercitare un potere tanto arbitrario quanto indiscusso sia proprio la polizia, di cui due decenni dopo Benjamin realizzerà l’enorme influenza come «potere informe» e «presenza spettrale, inafferrabile e diffusa per ogni dove»16. L’istituto poliziesco, sembra sostenere Benjamin, diviene ancor più pervasivo e «devastante» quando nell’ordinamento si ha una distribuzione dei poteri tale da impedire la “rappresentazione” – o, forse, l’immedesimazione – della polizia in un «potere sovrano». Laddove, cioè, nell’ordinamento non possa ravvisarsi la presenza di un sovrano, il potere poliziesco cresce fino a raggiungere la «massima degenerazione pensabile»17. Ciò, a ben vedere, non accade solo quando si abbia una distribuzione tendenzialmente “stabile” dei poteri come nelle «democrazie» (l’esempio suggerito da Benjamin), ma anche – e forse soprattutto – quando l’ordinamento versi in una situazione di patente incertezza e disequilibrio, che sembra rendere la polizia addirittura l’unico potere (potere-violenza, cioè 15 S. V. Nicassio, Tosca’s Rome, cit., p. xvi. Nello stesso senso si esprime J. L. Digaetani, “Puccini’s Tosca and the Necessity of Agnosticism”, cit., pp. 83-84, per il quale l’opera «rivela il sospetto di Puccini nei riguardi della Chiesa, che lui ritrae in collusione con le forze repressive, con il potere brutale e con la crudeltà» (tr. it. nostra). 16 W. Benjamin, Per la critica della violenza (1921), tr. it. di R. Solmi, in W. Benjamin, Angelus Novus, a cura di R. Solmi e F. Desideri, Einaudi, Torino 20144, p. 16. 17 Ibidem. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 179
Testi Pier Giuseppe Puggioni Gewalt) veramente effettivo. Come vedremo fra poco, il potere poliziesco riflette, in Tosca, una dinamica analoga alla dialettica benjaminiana fra violenza conservativa e violenza fondativa del diritto18. Che la figura di Scarpia catalizzi tutto lo scenario in cui l’azione si svolge sembra evidente dalle primissime misure dello spartito, introdotto (non a caso) da una sequenza armonica efficacemente individuata come «tema di Scarpia o della tirannia»19. La sequenza di accordi Si♭-La♭-Mi apre quindi l’intera opera, immettendo lo spettatore nell’atmosfera di instabilità dominata dalla polizia, in particolare attraverso l’aumento della sottodominante (Mi♮), che con l’immediato ripristino della tonalità originaria (Si♭) produce un senso di tensione destinato a non risolvere in una modulazione completa. Il tema viene peraltro ripreso dall’orchestra nel momento in cui Cavaradossi descrive Scarpia (Figura 1), definendolo: […] Bigotto satiro che affina colle devote pratiche la foia libertina e strumento al lascivo talento fa il confessore e il boia20! Del terribile “ritratto” verbale, con cui il pittore mette in guardia Angelotti, possiamo apprezzare alcuni elementi che ci aiutano a comprendere la portata filosofico-giuridica della perversione a cui Scarpia sottopone le norme statali e religiose. Qui, infatti, Puccini sottolinea la tensione nelle parole di Cavaradossi mediante due intervalli di quarta eccedente nelle ultime quattro battute della frase e un improvviso «con forza crescente» che porta la dinamica dal più piano possibile (ppp) al fortissimo (ff) (Figura 1). 18 Cfr. ivi, passim, in particolare pp. 12-17. 19 S. V. Nicassio, Tosca’s Rome, cit., p. 124. L’edizione di riferimento dello spartito è G. Puccini, V. Sardou, L. Illica, G. Giacosa, Tosca. Melodramma in tre atti. Riduzione per canto e pianoforte, Edizioni Ricordi, Milano 1899 (di seguito, Tosca [canto-pianoforte]), Atto I, p. 1. 20 G. Puccini, V. Sardou, L. Illica, G. Giacosa, Tosca. Melodramma in tre atti, Edizioni Ricordi, Milano 1899 (di seguito: Tosca [libretto]), Atto I, sc. VI, p. 17. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 180
Testi Pier Giuseppe Puggioni Figura 1: Atto I, n. 46, trascrizione da Tosca (canto-pianoforte), pp. 65-66. Le note ribattute nella tessitura più acuta, con stile severo e declamatorio, sembrano inoltre corrispondere al testo che descrive la modalità di esercizio del potere da parte di Scarpia, e sono dunque particolarmente rilevanti ai nostri fini. Capiamo, infatti, che il capo della polizia mira essenzialmente a soddisfare la propria «foia libertina», rendendo strumento del proprio «lascivo talento» il «confessore» e il «boia»21. Le due figure evocate dal pittore rappresentano, con ogni evidenza, una proiezione degli ordinamenti a cui esse danno attuazione concreta (si potrebbe dire che “pongono in essere”) ed anzi, 21 Questo richiamo alla “strumentalizzazione” messa in atto da Scarpia non compare, in effetti, nel dramma di Sardou, che nell’omologa descrizione, all’interno del dialogo fra Cavaradossi e Angelotti, si limita a definire il poliziotto un «miserabile», «vile furfante», «ipocrita», «un artista in scelleratezze», ed altri epiteti analoghi (V. Sardou, La Tosca, cit., Atto I, sc. II, p. 26 dell’edizione digitale [di seguito, e.d.]). Nel libretto pucciniano, a ben vedere, queste affermazioni sono concentrate nella prima parte della descrizione di Cavaradossi. Sembra, dunque, potersi ipotizzare che la seconda parte della frase, dove si illustra il funzionamento del potere di Scarpia, sia stata inserita proprio col fine di porre l’accento sulla capacità performativa delle pratiche poliziesche, che piega al capriccio di chi lo esercita le altre istituzioni. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 181
Testi Pier Giuseppe Puggioni per certi versi, sembrano riassumerne e concentrarne il senso nelle proprie funzioni. Il confessore, infatti, è simbolo – in quanto “mette insieme”, “riassume” come “”- – dell’ordine istituzionale della Chiesa, mentre il boia rappresenta il diritto “politico” dello Stato, che sembrerebbe quindi attuarsi nella materiale esecuzione della pena. L’arbitrio di Scarpia, dunque, pervade e scolpisce l’ordine giuridico romano nell’universo della Tosca. Peraltro, mentre nel dramma di Sardou sono frequenti i richiami all’autorità del re di Napoli, Ferdinando IV, e di Maria Carolina22, nei cui confronti il capo della polizia sarebbe responsabile, nell’opera di Puccini il potere regio quasi mai compare. Pertanto l’ipotesi di Nicassio, secondo la quale Scarpia non avrebbe potere su Tosca a causa della protezione politica garantitale dai sovrani e sarebbe, quindi, “costretto” a ricercane il consenso23, sembra valere più per il dramma in prosa che per l’opera, dove il poliziotto di fatto si comporta come se fosse lui stesso il sovrano. L’ampiezza del potere che riposa nelle sue mani si manifesta all’estremo nell’interrogatorio di Cavaradossi, il quale subisce un procedimento ben poco garantistico. Ce lo dice molto bene Sardou, per bocca dello stesso Scarpia: SCARPIA: […] Vi siete immaginata che il cavaliere sarebbe stato processato? FLORIA (ansiosa): Non sarà giudicato? SCARPIA (sempre sorridendo): Che pazzia!... Un interrogatorio, dei testimoni, e delle arringhe!... Abbiamo proprio tempo da divertirci con simili sciocchezze! Sua Maestà Cattolica ha semplificato la procedura24 … Per effetto di nuove disposizioni regie – la «Maestà Cattolica» è chiaramente Ferdinando IV – la «procedura» giudiziaria è a tal punto “snellita” da far sì che un semplice interrogatorio basti a dimostrare la colpevolezza di Cavaradossi. Invano, dunque, il pittore invoca a propria difesa 22 Si veda, in particolare, V. Sardou, La Tosca, cit., Atto II, scc. IV e V, pp. 46-54 e.d. 23 Cfr. S. V. Nicassio, Tosca’s Rome, cit., p. 211. 24 V. Sardou, La Tosca, cit., Atto IV, sc. III, p. 72 e.d. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 182
Testi Pier Giuseppe Puggioni la necessità di «prove» – come inutilmente chiede: «chi mi accusa?» –, ben sapendo che quel processo è ormai un simulacro privo di tali crismi. Il capo della polizia, infatti, è investito giuridicamente di un potere che sembra consentirgli di plasmare a piacimento lo svolgimento del processo e le risultanze dell’istruttoria. È lui, del resto, a disporre l’unica misura vagamente garantistica dell’intero rito, enunciando «con solennità» che prima l’accusato sarà interrogato da un «giudice» in qualità di testimone, secondo «le forme ordinarie», e solo dopo secondo i «cenni» dello stesso Scarpia25. L’esame di Cavaradossi, che consiste in una tortura compiuta fuori scena, è quindi conforme alle regole dettate dal poliziotto il quale, non a caso, a una Tosca che domanda cosa stia accadendo, risponde: «è forza che si adempia la legge»26. Questo verso ci consente di formulare due ulteriori osservazioni. Anzitutto, ci suggerisce che la violenza perpetrata dagli sbirri di Scarpia è, in definitiva, parte integrante dello schema giuridico da lui definito e risulta addirittura indispensabile per conservarlo27, tanto che alcuni hanno visto in Puccini un’anticipazione della «crudeltà sofisticata e ossessiva e [del] piacere nella stessa che costituivano tratti manifesti del fascismo»28. In secondo luogo, possiamo notare che giustificazioni simili a quella di Scarpia – sembra utile ricordarlo – vengono riproposte dai personaggi di altre opere pucciniane, come lo Sceriffo Rance de La fanciulla del West (1910) o la Zia Principessa di Suor Angelica (1918)29. Va detto, peraltro, che questi lavori non si basano su testi 25 Tosca, (libretto), Atto II, sc. IV, p. 34. 26 Ivi, p. 36. 27 In base alla già ricordata distinzione benjaminiana, peraltro, si potrebbe sostenere che la polizia romana di Tosca rappresenti sì una violenza che «conserva» il diritto, ma che in ultima istanza «instaura» lo stesso ordinamento. Lo stesso Benjamin, del resto, nota che nella polizia si trova «soppressa la divisione fra violenza che pone e violenza che conserva la legge» (W. Benjamin, Per la critica della violenza, cit., p. 15). 28 A. Arblaster, Viva la Libertà!, cit., p. 249 (tr. it. nostra). 29 Il confronto verbale tra Minnie (soprano) e Rance (baritono) sembrerebbe a tutti gli effetti parallelo a quello fra Tosca e Scarpia, tanto che il perfido sceriffo, per promuovere la condanna a morte di Johnson (tenore), afferma che «la giustizia lo vuol!», esclamando poi: «che giustizia sia fatta!» (G. Puccini, C. Civinini, C. Zangarini, La fanciulla del West. Opera in tre atti [1910] [on-line]. Pubblicato in data 31 dicembre 2007, aggiornato in data 3 gennaio Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 183
Testi Pier Giuseppe Puggioni di Giacosa e Illica, ma di altri librettisti, sicché il solo trait d’union fra questi e Tosca rimane Giacomo Puccini in qualità di compositore, che dunque sembra tenere in modo particolare a denunciare l’esercizio oppressivo del potere. 3. Il «mistero» dell’arte e la via per la libertà Attraverso il personaggio di Scarpia l’opera sembra tratteggiare uno scenario assai poco rassicurante per la libertà dell’individuo. Se si vuole trovare una “risposta” alla pervasività del potere poliziesco, bisogna allora cercarla nell’altro polo della vicenda, ossia nel binomio Cavaradossi-Tosca. I due amanti, infatti, sono gli unici che sfidano il potere di Scarpia, dal quale anche Angelotti, apparentemente il solo attore “politico” dell’opera, vuole solo fuggire. Cos’è, dunque, a fare di Tosca e Cavaradossi un baluardo a difesa della libertà? Cosa dà loro il coraggio per affrontare le forze spiegate per tutta la città da un uomo senza scrupoli? Orbene, l’elemento che sembra unirli in – ancora una volta, come di – questa “lotta” è la presenza dell’arte nelle loro vite. Entrambi artisti di professione, l’una cantante e l’altro pittore, i due protagonisti sembrano costruiti appositamente per fronteggiare non solo la crudeltà e la lascivia di Scarpia, ma addirittura tutto il meccanismo di potere che lui rappresenta. Il fattore artistico, del resto, assume rilievo centrale in molte opere pucciniane: si pensi ad esempio al canto dei minatori in La fanciulla del West, a quello di Magda ne La rondine (1917), o alla poesia, alla pittura, alla musica 2008, consultato in data 17 agosto 2021. Disponibile all’indirizzo: https://despreopera.files .wordpress.com/2014/03/libretto-la-fanciulla-del-west.pdf, Atto III, p. 48). In Suor Angelica (1918), invece, un rapporto di potere non dissimile emerge nel dialogo fra la Zia Principessa (mezzosoprano) e Angelica (soprano), dove la prima vorrebbe spiegare le “ragioni” per cui ha diviso il «patrimonio di famiglia» in un certo modo, ma si limita ad affermare che essa doveva dividerlo «quando ciò riteness[e] conveniente», facendo così «giustizia piena» come meglio credeva (G. Puccini, G. Forzano, Suor Angelica. Opera in un atto [1918] [on-line]. Pubblicato in data 9 luglio 2007, aggiornato in data 10 luglio 2007, consultato in data 17 agosto 2021. Disponibile all’indirizzo: http://www.dicoseunpo.it/P_files/Suor_Angelica.pdf, p. 7). Si veda, su questo punto, P. G. Puggioni, “Una recondita (dis-)armonia”, cit., pp. 72-73. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 184
Testi Pier Giuseppe Puggioni e alla filosofia praticate dagli amici della soffitta ne La bohème. Come in questi casi i rapporti di potere, in gran parte aventi base economica, vengono in un certo senso combattuti attraverso un’invocazione “liberatoria” dell’arte, così sembra agire il ruolo di Floria Tosca all’interno dell’opera che porta il suo nome. È lei, infatti, a uccidere Scarpia, raccogliendo la forza di opporsi al suo progetto, dinanzi al quale, tuttavia, anch’ella infine soccombe. Sembra, peraltro, che Puccini abbia voluto conferire al «grande duello fra Tosca e Scarpia»30 un carattere simmetrico, giacché – si è osservato – l’apertura del secondo Atto, in cui Scarpia illustra il suo piano di uccidere Cavaradossi e Angelotti prendendo per sé Tosca, è accompagnata dalla stessa tessitura armonica (tra Fa# minore e Re maggiore) dei numeri 59-64, dove si consuma l’omicidio del poliziotto per mano della cantante31. La funzione politica del personaggio di Tosca sembra potersi comprendere meglio attraverso la figura di Cavaradossi. Nel dramma di Sardou si legge che questo pittore, chiamato «cavaliere», è cresciuto in Francia divenendo allievo di David32. Il legame di Cavaradossi con il clima e l’ideologia della Rivoluzione è, dunque, molto stretto, tanto che non solo è riconosciuto da Angelotti come sostenitore della Repubblica romana33, ma alla notizia della vittoria di Napoleone a Marengo esulta dinanzi a Scarpia, cantando «Vittoria!» con «grande entusiasmo»34. È però la romanza iniziale di 30 L’espressione è di Tito Gobbi, importante baritono e interprete del ruolo di Scarpia: T. Gobbi, “Interpretation: some reflections”, in M. Carner, Giacomo Puccini. Tosca, cit., p. 83 (tr. it. nostra). 31 Sul punto, cfr. D. Burton, “Tosca Act II and the Secret Identity of F#”, cit., in particolare p. 155, in riferimento a Tosca (canto-pianoforte), pp. 127 e 240-250. A questo riguardo, sebbene in relazione ad un altro passaggio dell’opera (ivi, pp. 109-110, appena prima del “Te Deum”), si è sostenuto che Puccini si varrebbe «dell’eloquenza prodotta dal suono orchestrale a livello percettivo come strumento per avvicinare e quasi isolare, portandolo in primissimo piano, l’antagonismo dei due personaggi in scena», ossia Tosca e Scarpia (M. Conati, Giacomo Puccini. Aspetti di drammaturgia, introduzione di V. Bernardoni, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2018, p. 16). 32 Cfr. V. Sardou, La Tosca, cit., Atto I, sc. III, pp. 26-27 e.d. 33 Tosca (libretto), Atto I, sc. IV, p. 8. 34 Tosca (canto-pianoforte), p. 197, mentre nella prima edizione del libretto si legge: «Ah c’è un Dio vendicator!» (Tosca [libretto], Atto II, sc. IV, p. 42). Anche in questo caso – nota ancora Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 185
Testi Pier Giuseppe Puggioni Cavaradossi, la celebre “Recondita armonia”, ad esprimere la centralità della figura di Tosca e della sua funzione all’interno dell’opera. Quello che a prima vista parrebbe un semplice momento introspettivo-sentimentale del personaggio assume, o può assumere, un valore estetico-politico che, a ben guardare, ha parecchio a che fare con la riflessione su diritto, religione e potere qui proposta. Figura 2: “Recondita armonia”, Atto I, n. 19, trascrizione da Tosca (canto-pianoforte), p. 19. L’aria in questione, che il pittore intona mentre lavora ad un dipinto, può infatti leggersi alla luce dell’interazione fra tre momenti: uno estetico, uno politico e uno religioso. Dei passaggi più rilevanti ai nostri fini, consideriamo 3 6 in primo luogo lo stacco intermedio in tempo fra i due tempi in 8, dove il 4 canto proclama con un andamento quasi salmodico (Figura 2): «l’arte nel suo mistero / le diverse bellezze insiem confonde»35. Le «diverse bellezze» di cui si parla sono certamente quella di Tosca, invocata per ben tre volte nel testo dell’aria, e quella della Marchesa Attavanti, la cui immagine è stata impiegata dal pittore per dare un volto al dipinto. L’elenco delle «bellezze» dovrebbe, però, includere anche Maria Maddalena, che costituisce il soggetto (sacro) del dipinto. Ora, se quest’ultima rappresenta l’elemento religioso D. Burton, “Tosca Act II and the Secret Identity of F#”, cit., p. 155 – la tonalità scelta da Puccini sembra costruita come “risposta” a quella del piano di Scarpia in quanto mentre l’inizio del secondo Atto è in Fa# minore, il “Vittoria!” di Cavaradossi è in Fa# maggiore. 35 Tosca (libretto), Atto I, sc. III, p. 7; Tosca (canto-pianoforte), p. 19. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 186
Testi Pier Giuseppe Puggioni dell’armonia “nascosta”, si può sostenere che il fattore politico sia espresso attraverso il volto dell’Attavanti, la «beltade ignota» che presto apprenderemo essere sorella di Angelotti. Quest’ultimo, infatti, in quanto «console / della spenta repubblica romana»36 viene braccato con veemenza dalle forze di polizia, alle quali la sorella cerca con ogni mezzo di sottrarlo. La preminenza dell’Attavanti rispetto al soggetto sacro è suggerita anche dal fatto che il Sagrestano e Scarpia si riferiscono al lavoro come «ritratto» e non come «dipinto»37. Né il fattore politico né quello religioso sono però decisivi. Vi è ancora Tosca, che rappresenta la nota prettamente estetica dell’accordo, la cui bellezza in ultima istanza sembra prevalere e assorbire tutte le altre. Si può ritenere, quindi, che l’«arte» in cui le «diverse bellezze» si confondono si identifichi, in realtà, con una di esse e precisamente con la figura di Tosca. Quest’ultima, dunque, non rappresenta tanto l’amore per cui Cavaradossi “perde” infine la vita, quanto piuttosto l’amore che cattura le altre istanze normative (la religione e la politica), in certa misura disattivando la pressione dei meccanismi di potere in esse implicati. Da una parte, infatti, l’esperienza politica dell’artista si svolge nel solco della sua attività pittorica: non a caso, come si è visto, il personaggio di Cavaradossi viene associato all’arte di David, che impersona il connubio fra pittura e politica all’epoca della Rivoluzione francese38. D’altra parte, anche il tema religioso appare in un certo senso “rivisitato” da Puccini, che a una serie di individui bigotti e farisaici contrappone la preghiera «con fé sincera» di Tosca 39, aprendo inoltre il terzo Atto con il canto del pastore accompagnato da alcune «campanelle più lontane, 36 Tosca (libretto), Atto I, sc. IV, p. 9. 37 Ivi, Atto I, scc. III e VIII, pp. 6, 21. 38 Si veda, per tutti, T. Crow, Emulation. Making Artists for Revolutionary France, Yale University Press, London-New Heaven 1995, che analizza il rapporto fra la pittura degli scolari di David e l’ideologia politica dell’epoca rivoluzionaria. 39 Mi riferisco, naturalmente, al testo del “Vissi d’arte”: Tosca (libretto), Atto II, sc. V, p. 46. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 187
Testi Pier Giuseppe Puggioni a oscillazioni distaccate, disuguali», segno di un’esperienza religiosa lontana dal potere corrotto della Chiesa istituzionale40. In “Recondita armonia”, la preminenza di Tosca come ipostasi dell’arte è segnata non solo dalla già accennata iterazione del suo nome nel corso del brano, ma soprattutto dall’ultima frase. È noto infatti che in questo passaggio, con una tessitura analoga al tema dell’Attavanti41, Cavaradossi confessa come nell’esecuzione del ritratto («nel ritrar costei») il suo «solo pensiero» sia in realtà Tosca, il cui nome risuona infine col Si♭ acuto con un notevole allargamento del tempo di esecuzione (Figura 3). Per certi versi, dunque, il ritratto di Cavaradossi sembra voler svincolare e “liberare” il discorso religioso e quello politico (così, di conseguenza, anche quello giuridico) dal potere del suo nemico Scarpia. Non a caso il Sagrestano (basso), che intuisce la pericolosità di questo discorso, si lamenta delle «diverse gonne / che fanno concorrenza alle madonne», emanando «tanfo d’inferno», e cerca inutilmente di distogliere il pittore da quella commistione di elementi estetici, teologici e politici, ripentendo più volte il motivetto: «scherza coi fanti e lascia stare i santi!» (Figura 3). 40 Così sostiene S. V. Nicassio, Tosca’s Rome, cit., p. 225, su Tosca (canto-pianoforte), p. 254. Secondo alcuni, peraltro, l’intera opera potrebbe leggersi come un «conflitto di potere» tra la libertà di coscienza di Tosca e il potere corrotto della Chiesa, sicché Scarpia rappresenterebbe una Chiesa «associata con poteri crudeli e brutali che non mostrano pietà per gli individui che sono chiamati a proteggere» (V. Verhagen, “Puccini’s Tosca as a representation of a freethinker’s struggle”, cit., p. 128, tr. it. nostra). 41 Si veda, in merito, la notazione di S. V. Nicassio, Tosca’s Rome, cit., pp. 135-137. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 188
Testi Pier Giuseppe Puggioni Figura 3: “Recondita armonia”, Atto I, n. 19, trascrizione da Tosca (canto-pianoforte), p. 20. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 189
Testi Pier Giuseppe Puggioni 4. Conclusioni: un’estetica della rivoluzione? Il rapporto fra dimensione estetica e discorso politico in Tosca merita forse qualche considerazione d’insieme, affinché possano meglio apprezzarsi le concezioni dell’ordine sociale e del diritto che appaiono implicite nell’opera di Puccini. Il maestro lucchese, come si è visto, impiega alcune soluzioni compositive che, per un verso, suggeriscono e, per altro verso, sottolineano un determinato assetto di rapporti fra le istanze “normative” che i vari personaggi sottendono. Attraverso la musica pucciniana, i tre Atti di Tosca disegnano l’opposizione fra un potere apparentemente illimitato, repressivo e autoritario, da una parte, e l’aspirazione politica verso la libertà dall’arbitrio del governo. Significativo, a questo riguardo, è quanto esclama Cavaradossi nel “Vittoria!”, dove avverte il suo accusatore che all’avvento dell’«alba vindice» portata da Napoleone «libertà sorge, crollano tirannidi»42. Una dinamica simile, peraltro, sembra delinearsi sul versante religioso, dove alla fittizia devozione di Scarpia, limitata alla mera forma della liturgia, è contrapposta una fede innocente ed onesta che trova fondamento nella coscienza dell’individuo. L’opposizione che Puccini ci presenta vede, quindi, il polo degli artisti- amanti scontrarsi con i rappresentanti di un sistema politico-istituzionale che riconduce il diritto alla volontà del capo della polizia43. Lo “spettro” poliziesco, tremendo e onnipresente, viene come esorcizzato dalla potenza estetico- politica e teologica del ritratto dipinto da Cavaradossi. Opportunamente, perciò, si è descritta l’opera pucciniana come un dramma avente per protagonista «l’élite politica e artistica di Roma» 44. La prospettiva in cui 42 Tosca (libretto), Atto II, sc. IV, p. 42. 43 Il senso che appare sotteso a quest’opposizione è simile, in certa misura, all’idea batailleana della «sovranità» propria dell’artista, che si esprimerebbe in particolare nello slittamento dall’arte sacra a quella profana, opponendosi alla «sovranità reale» o «oggettiva» (cfr. G. Bataille, La sovranità [1976], tr. it. di L. Gabellone, il Mulino, Bologna 1990, pp. 249-263). 44 C. Abbate, R. Parker, A History of Opera, cit., p. 422. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 190
Testi Pier Giuseppe Puggioni l’opera di Puccini e, prima ancora, la prosa di Sardou ci immergono è infatti quella del conflitto fra due aristocrazie, l’una politica e l’altra artistica. L’esperimento di libertà a cui si accede attraverso il mistero dell’arte non sembra, infatti, appannaggio di tutti, poiché le nobili origini del «volterrian» Cavaradossi45 lo distinguono dalla generalità del popolo. L’arte liberatoria (o liberatrice) è dunque un fenomeno “elitario”, ancora lontano dalla rifondazione dell’atteggiamento umano rispetto al lavoro artistico (Kunstwerk) che per Benjamin si accompagna alla fruibilità da parte della «massa». In Puccini, infatti, sembra ancora presente l’«aura» dell’opera d’arte nel cui venir meno, secondo Benjamin, risiede il «significato sociale» dell’estetica nell’epoca della riproducibilità tecnica46. L’interpretazione delle vicende di Tosca come contrasto fra due élites appare, d’altra parte, decisivo per comprendere il significato assunto dall’arte nella descrizione pucciniana del “politico”. Aspirando alla libertà dalle determinazioni del potere, infatti, l’arte mostra a sua volta una tensione politica, in quanto tende a disattivare quei meccanismi di subordinazione che definiscono politicamente e giuridicamente i rapporti sociali. La funzione così attribuita in Tosca al momento estetico appare quindi, per certi versi, quella di riportare l’«inoperosità» al centro della sfera “politica” 47, per sganciare quest’ultima dall’asservimento alle relazioni di potere. Con un’intuizione in parte simile, peraltro, il disegnatore e scrittore socialista William Morris affermava il valore politico dell’arte come mezzo di «benessere» (wealth) 45 Così lo chiama Scarpia in Tosca (libretto), Atto I, sc. VIII, p. 22. 46 Il rinvio, in questo caso, è al noto W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1936), tr. it. a cura di C. Cases e P. Pullega, Einaudi, Torino 1991, pp. 17-56. 47 Analoga, del resto, mi pare la funzione politica attribuita alla poesia da G. Agamben, Il regno e la gloria. Per una genealogia teologica dell’economia e del governo, Bollati Boringhieri, Torino 2009, p. 11. Sulla nozione di «inoperosità», si veda soprattutto J.-L. Nancy, La comunità inoperosa (1986), tr. it. di Antonella Moscati, Edizioni Cronopio, Napoli 19922, in particolare pp. 71-90, dove riprendendo l’espressione di Maurice Blanchot l’autore definisce l’inoperosità come «ciò che si ritrae dall’opera, ciò che non ha più a che fare né con la produzione né con il compimento, ma incontra l’interruzione, la frammentazione, la sospensione» (p. 71). Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 191
Testi Pier Giuseppe Puggioni perché capace di donare all’uomo una vita dignitosa e libera da rapporti servili, mentre «sotto il dominio della ricchezza [riches] siamo tutti padroni e schiavi [masters and slaves]»48. In Morris, tuttavia, l’«arte del popolo» non è “inoperosa”, ma viene pensata come parte di un progetto (“operoso”) di «rivoluzione sociale»49. In Puccini, che pure non mostrò di simpatizzare per la causa socialista50, la dimensione estetica sembra a sua volta assurgere a momento rivoluzionario, svolgendosi però come sospensione di quelle “opere” che definiscono l’esperienza religiosa, politica e giuridica. Nota bibliografica ABBATE, Carolyn, PARKER, Roger, A History of Opera. The Last Four Hundred Years (2012), Penguin Books, Milton Keynes 2015. AGAMBEN, Giorgio, Il regno e la gloria. Per una genealogia teologica dell’economia e del governo, Bollati Boringhieri, Torino 2009. —, “La musica suprema. Musica e politica”, in G. Agamben, Che cos’è la filosofia?, Quodlibet, Macerata 2016, pp. 133-146. ANNUNZIATA, Filippo, COLOMBO, Giorgio F. (ed. by), Law and Opera, Springer, Cham, 2018. ARBLASTER, Anthony, Viva la libertà! Politics in Opera, Verso, London-New York 1992. BATAILLE, Georges, La souveraineté (1976), tr. it. di L. Gabellone, La sovranità, il Mulino, Bologna 1990. 48 W. Morris, “Art, Wealth, and Riches” (1883), in The Collected Works of William Morris (1910- 1915), ed. by M. Morris, vol. XXIII, Cambridge University Press, Cambridge 2012, p. 158. 49 W. Morris, “Art and Socialism” (1884), in The Collected Works of William Morris, cit., p. 211. 50 Si veda, sul punto, l’analisi del già citato M. Bianchi, “Puccini e la politica”, cit., passim. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 192
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Testi Pier Giuseppe Puggioni Nota biografica Pier Giuseppe Puggioni (Nùoro, 6 febbraio 1995) è dottorando in Scienze giuridiche all’Università di Pisa per la disciplina di filosofia del diritto (s.s.d. IUS/20). Le sue ricerche vertono principalmente sui problemi del pluralismo giuridico e politico e sui suoi rapporti con l’idealismo otto-novecentesco, con particolare riferimento alle dottrine giusfilosofiche e filosofico-politiche di ambiente italiano e britannico. Si è interessato del rapporto fra filosofia e musica, rivolgendo l’attenzione alle sue implicazioni politiche e giuridiche. Ha inoltre analizzato alcune questioni relative alla condizione giuridica del soggetto migrante e determinati profili dell’interazione fra diritto e intelligenza artificiale. Materiali di Estetica – N. 8.2: 2021, Pagina 197
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