Ed.Civica Progetto di Ed. alla Legalità 100 passi per...cambiare
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Istituto Comprensivo G. Camozzi Bergamo Scuola primaria G. Rosa Classi 5 Mare e 5 Cielo a.s. 2020/2021 Ed.Civica Progetto di Ed. alla Legalità 100 passi per...cambiare Immagini donate alla scuola dalla mamma di Davide De Martino di 5B a cui va il nostro Grazie!
Per parlare ai ragazzi di mafia il libro di Luigi Garlando “Per questo mi chiama Giovanni” si rivela un ottimo strumento. Uscito nell’anno 2004, il libro è un romanzo di narrativa sociale, tratta di fatti che sono accaduti realmente; i personaggi sono in parte veri e in parte inventati. Spicca tra tutti la figura di Giovanni Falcone, magistrato ucciso dalla mafia. Giovanni è il protagonista della storia, un piccolo siciliano che ancora non conosce la mafia e dei problemi che porta. Luigi è il padre di Giovanni, ma anche la persona che gli spiega cosa è la mafia. Durante la lettura i ragazzi hanno avuto l’opportunità di conoscere alcune parole legate all’ambiente mafioso e molte storie che li hanno profondamente colpiti. Hanno scoperto cosa significa OMERTÀ- LUPARA- COSA NOSTRA- COSCA- UOMO D’ONORE-MAXIPROCESSO. Hanno conosciuto le storie di Giuseppe, il bambino sciolto nell’acido perché la sua unica colpa era quella di essere figlio di un mafioso; la storia di Paolo Borsellino morto a causa di un attentato mentre andava a far visita alla sua mamma; la storia di Giovanni Falcone morto durante la strage di Capaci. È stata proposta l’intervista a Giovanni Falcone: https://www.youtube.com/watch?v=W4_v-hW88E4
Poi un video che spiega cosa è stato il maxiprocesso: https://www.youtube.com/watch?v=wYAfKV_xxDI I ragazzi sono stati successivamente guidati a conoscere la figura di Peppino Impastato. Approfondimento sulla vicenda di Peppino Impastato co-progettato dalla docente di italiano, la maestra Mafalda e la tirocinante, Irene. L’idea che gli studenti possano e debbano apportare il proprio contributo alla classe per ampliare la conoscenza e le abilità del gruppo ha accompagnato le docenti nella creazione di questo progetto. In un’ottica di ascolto e valorizzazione delle idee e dei ragionamenti di ogni alunno la prima attività ha chiesto alla classe di provare a ipotizzare la tipologia ed il contenuto di un “oggetto culturale nascosto” avendo a disposizione solo qualche indizio: il titolo, Cento passi e il nome degli autori, Modena City Ramblers. I bambini hanno contribuito attivamente condividendo con la classe le proprie ipotesi. “Secondo me potrebbe essere il titolo di un testo che parla di un millepiedi, potrebbero essere i suoi cento passi” “Potrebbero essere cento passi importanti compiuti dall’uomo, come andare sulla luna…” “Forse è il titolo di una poesia” “Nel nome degli autori c’è il nome di una città, Modena!” “Io so che Ramblers significa combattenti, magari sono soldati…” “Ma se fossero cento passi per combattere la mafia?” “Potrebbe essere il titolo di un libro con cento storie” “Forse quei tre termini sono i tre cognomi degli autori” “I cento passi che abbiamo fatto dalla prima elementare alla quinta, ad oggi” “Secondo me i Modena City Ramblers, sono una gang, un gruppo di street artist” “Forse cento passi è il titolo di un film, forse parla di Modena” “Magari sono cento passi di un mafioso per pentirsi” Dopo aver raccolto un buon numero di ipotesi ed idee è stato svelata agli studenti la natura del documento nascosto facendo ascoltare loro la canzone Cento passi dei Modena City Rambers (https://www.youtube.com/watch?v=pMOcn9pmz3s).
Ogni alunno avrebbe dovuto annotare sul proprio taccuino parole chiave o parti del testo che potevano aiutarlo a capirne il contenuto. I bambini hanno annotato osservazioni utili a capire il significato del testo ascoltato e le hanno condivise con i compagni. “Dice di alcuni amici siciliani e di Peppino” “Parla di Palermo” “Conta i cento passi” “Dice di gridare e di non aver paura” “La terra degli aranci” “Ma dice anche di Aldo Moro, forse è il protagonista della canzone?” Ogni alunno ha ricevuto poi il testo della canzone e la richiesta di analizzarne il contenuto cercando di ipotizzare il significato. Cento passi, Modena City Ramblers Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio. Negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di Giustizia che lo portò a lottare. Aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui poco onorato. Si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un'ideale ti porterà dolore. "Ma la tua vita adesso puoi cambiare solo se sei disposto a camminare, gridando forte senza aver paura Contando cento passi lungo la tua strada". Allora... 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! Poteva come tanti scegliere e partire, invece lui decise di restare. Gli amici, la politica, la lotta del partito alle elezioni si era candidato. Diceva da vicino li avrebbe controllati, ma poi non ebbe tempo perché venne ammazzato. Il nome di suo padre nella notte non è servito, gli amici disperati non l'hanno più trovato. "Allora dimmi se tu sai contare, dimmi se sai anche camminare, contare, camminare insieme a cantare La storia di Peppino e degli amici siciliani". Allora... 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! Era la notte buia dello Stato Italiano, quella del nove maggio settantotto. La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l'alba dei funerali di uno stato. "Allora dimmi se tu sai contare, dimmi se sai anche camminare, contare, camminare insieme a cantare La storia di Peppino e degli amici siciliani". Allora... 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! Gli studenti sono riusciti ad estrapolare gli snodi di maggior rilevanza della vita di Peppino Impastato: la nascita in Sicilia, l’appartenenza ad una famiglia mafiosa, la lotta per la giustizia, la creazione di una radio libera, la candidatura come sindaco di Cinisi, la morte il 9 Maggio 1978, la stessa notte del ritrovamento del corpo di Aldo Moro. Le informazioni ricavate dalla lettura ed analisi del testo proposte dagli alunni sono diventate “conoscenza condivisa” della classe. Nei giorni successivi i bambini hanno lavorato in piccoli gruppi provando ad analizzare altri documenti.
POESIE Pepe Impastato, Ariel Basulto Perdomo Tu sei stato lì vicino Pure se solo adesso ti scopro Forse a cento passi, ma cento passi a sinistra Conti uno, due , tre, quattro, Siamo già più di cento volte cento che ti sentiamo. (…) Ci sei tu e c'é pure il mare che ci legga Sei la sabbia che ci segna la strada, le onde che ci battono il cuore Ci sei tu e c'é anche tua madre Ce la hai lasciata, nostra madre Ed é qui vicina a leggerci Pasolini anche con la testa in alto e a sinistra. Ancora ti aspettiamo per definire il centro della tua storia Il segreto che non hanno distrutto sui binari E che si é piuttosto disperso in cento pezzi Tra radio, aeroporti, piazze, comizi, spiagge La bellezza. La verità, Pino Manzella Oggi hanno deciso che sei stato ucciso. Per tre mesi ti hanno trattato da terrorista, suicida per i più generosi. Oggi ero quasi allegro, soddisfazione amara saperti accettato morto ammazzato.
DISCORSO RADIOFONICO Discorso fatto a Radio-Aut la notte in cui è morto Peppino Impastato Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale. Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c'è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: "voglio abbandonare la politica e la vita". Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa: se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari. Suicidio. Come l'anarchico Pinelli che vola dalle finestre della questura di Milano oppure come l'editore Feltrinelli che salta in aria sui tralicci dell'Enel. Tutti suicidi. Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell'onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia, ma chi se ne fotte di questo Peppino Impastato. Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall'altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quella che non aveva Peppino. Domani ci saranno i funerali. Voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma no perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia. E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu niente.
FUMETTO Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso Il 9 maggio del 1978, mentre l’Italia è sotto choc per il ritrovamento del cadavere del presidente della Dc Aldo Moro in via Caetani, a Roma, dopo 55 giorni di prigionia, in un paesino della Sicilia che si affaccia sul mare, muore dilaniato da una violenta esplosione Giuseppe Impastato. Siamo a Cinisi, trenta chilometri da Palermo, alle spalle dell’aeroporto di Punta Raisi, che oggi porta i nomi dei giudici antimafia Falcone e Borsellino. «Peppino» è un giovane di 30 anni che milita nella sinistra extraparlamentare. Come molti altri ragazzi si batte contro la mafia che uccide la sua terra. Lui e Moro sono simboli di due Italie che cercano di lottare, negli «Anni di Piombo», contro differenti mali: la mafia e il terrorismo. A farlo uccidere negli anni Settanta è il capo di Cosa Nostra, Gaetano Badalamenti, bersaglio preferito delle trasmissioni di «Radio Aut», la radio di Peppino. Cento passi separano, a Cinisi, la casa degli Impastato da quella dell’assassino. Intorno regna solo un clima di omertà, che in molti sono costretti a respirare sin dalla nascita. Luigi Impastato, il papà di Peppino, è imparentato con la mafia: suo cognato, Cesare Manzella, è a capo della Cupola in quel periodo. Dopo aver dato vita nel 1977 al circolo «Musica e cultura», con il boom delle radio libere, decide di fondarne una propria, a Cinisi: «Radio Aut». Nel programma «Onda Pazza» prende in giro i capimafia e i politici locali. Il suo bersaglio preferito è don Tano Badalamenti, l’erede di Cesare Manzella, amico di suo padre Luigi, soprannominato Tano Seduto. Il mafioso non rimane a guardare e lancia un messaggio preciso alla famiglia: «Vostro figlio la deve smettere, altrimenti lo ammazziamo». Il padre di Peppino, spaventato, vola negli Stati Uniti a chiedere protezione per suo figlio. Pochi mesi dopo il suo ritorno, il 19 settembre 1977, Luigi muore investito da una macchina.
Peppino decide comunque di non rinunciare alla sua battaglia. Ma il suo destino è segnato. Viene ucciso, dilaniato da una bomba posta sulla ferrovia Palermo-Trapani. Alcuni parlano di suicidio, altri dicono sia morto saltando per aria mentre stava preparando un attentato dinamitardo. Nessuna indagine viene, però, fatta sull’esplosivo. Al funerale si presenta spontaneamente una folla di giovani, da tutta la Sicilia. Nel gennaio del 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Quattro anni dopo l’inchiesta viene archiviata. Ci vogliono altri 7 anni perché Badalamenti venga processato per l’omicidio di Peppino. A inchiodarlo la testimonianza di un pentito della mafia di Cinisi,Salvatore Palazzolo. ARTICOLO DI GIORNALE "Onda pazza" di Radio-Aut creatività e impegno contro la mafia. Nella voce di alcuni giovani di Cinisi nel ’78, c’era tutta l’ironia e la voglia di lottare. domenica 10 maggio 2020 alle 09.58 di Claudio Mazzone C’è stato un tempo in cui le radio libere davano finalmente voce a chi non ne aveva avuta fino ad allora. Una generazione aveva avuto uno strumento prezioso e ne iniziò a fare un uso intelligente. La controinformazione, l’idea di poter raccontare i fatti senza nessuna patina di buonismo e buonsenso. In un’Italia dove quella patina diventava così spessa da creare un vero e proprio muro tra le verità raccontate e ciò che accadeva, quelle radio libere degli anni ’70 segnarono un modello di innovazione e di liberazione creativa. A Cinisi, in Sicilia, un gruppo di ragazzi aveva messo in piedi una radio libera Radio-Aut. Nell’etere urlavano la loro ironia contro una mafia che nessuno ancora aveva il coraggio di nominare. La loro battaglia di legalità e giustizia, fatta da chi in quegli anni era rimasto deluso anche da un polveroso PCI, li portò a raccontare con geniale creatività la gestione mafiosa di appalti e affari di Cinisi. Una cittadina dove spadroneggiava il boss Gaetano Badalamenti. Oggi riportiamo, tra i discorsi della domenica, la trasmissione del 7 aprile 1978 del programma “Onda pazza” dal titolo “Western a Mafiopoli”. Tra le voci quella che con ironia e creatività punge sempre di più Badalamenti, ribattezzato “Tano Seduto, grande capo”, è quella di Peppino Impastato. Peppino per queste parole, per le sue battaglie, per essersi candidato al consiglio comunale di Cinisi con Democrazia Proletaria, per il suo carisma e per il suo entusiasmo straripante e contagioso, fu fatto saltare in aria la notte tra l’8 e il 9 maggio 1978. In questo testo si ritrovano accuse circostanziate, precise, la denuncia di un sistema mafioso potente e ramificato. Tutto fatto con un linguaggio nuovo, del tutto inedito, capace di entrare nelle case e rimanere nelle menti. Di quelle radio, di quella creatività attività, di quell’impegno e di quel coraggio si sono perse le tracce nel tempo. Oggi andrebbero riscoperti, riportati alla luce, custoditi e rivitalizzati. A quest’Italia non mancano le menti o cervelli, mancano quei sentimenti e quelle propensioni.
Il fine ultimo di questo lavoro di gruppo era riconoscere differenze e somiglianze tra forma e contenuto dei due testi dati in analisi ad ogni gruppo. Per fare ciò gli alunni hanno dovuto imparare a condividere il proprio pensiero e collegarlo con quello dei compagni poiché i testi presentavano un alto grado di complessità ed un unico studente non sarebbe mai riuscito ad analizzare il testo nella sua interezza. . Infine, nell’ultima attività svolta è stato chiesto ad ogni alunno di fare una breve presentazione alla classe del lavoro svolto nel proprio gruppo così da poter condividere con i compagni le nuove informazioni ed i possibili collegamenti con le conoscenze acquisite nelle lezioni precedenti, riguardo la vicenda di Peppino Impastato.
Dopo aver concluso l’esposizione a gruppi i bambini hanno provato a rispondere a tre domande di auto- valutazione rispetto al percorso svolto. Alcune risposte hanno aiutato le docenti a capire la percezione degli alunni. “Nel lavoro di gruppo mi sono sentita bene, ma secondo me il gruppo si sarebbe sentito meglio se un componente avrebbe collaborato al posto di disturbare.” “All’inizio mi è sembrato che tutto andavamo d’accordo ma poi non è andata così, però abbiamo lavorato comunque bene. “Mi sono sentito accolto dagli altri e mi sono sentito molto bene.” “Nel lavoro di gruppo mi sono sentito un po’ agitato.” “Abbastanza bene perché nel gruppo ci sono stati molti litigi tra i membri.” “Questo lavoro all’inizio è stato faticoso, anche per mettere il gruppo d’accordo, ma successivamente è stato molto interessante e divertente.” “Un lavoro interessante ma anche faticoso” “Ho imparato ad analizzare più facilmente i testi e trovare le parole chiave” “Ho capito che la mafia uccide persone ingiustamente.” “Ho imparato a collaborare, giusto un po’.”
“Ho imparato che non si può sempre andare d’accordo ma provandoci si può fare tutto e non si può sempre avere ragione.” Infine ogni alunno ha ricevuto la biografia di Peppino Impastato per verificare, in una discussione di classe, le ipotesi raccolte durante l’intero percorso. Peppino Impastato Peppino Impastato è figlio e nipote di mafiosi. Vive a poca distanza dalla casa di Gaetano Badalamenti, potente boss di Cinisi, un paesino a due passi da Punta Raisi, nel Palermitano. Combatte contro l’indifferenza della gente e non si piega alla logica della mafia. Assieme ad altri giovani del luogo fonda una radio privata e da quei microfoni comincia una inusuale, ma efficace e persistente denuncia delle tante speculazioni della mafia, come la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Punta Raisi. Sono irridenti e provocatorie le parole con cui Peppino attacca Gaetano Badalamenti, “Don Tano”, il potente boss di Cinisi e i politici che lo spalleggiano. “Mi fanno schifo, ribrezzo, non li sopporto. Si approfittano di tutti, al Municipio comandano loro” dice, parlando dei mafiosi del suo paese. Il padre cerca inutilmente di fermarlo, fino a cacciarlo di casa. Ma il 9 Maggio del 1978 Peppino Impastato muore sui binari della ferrovia Palermo-Trapani, a due passi da Cinisi, con una carica di tritolo legata alla cintura. La notizia viene rapidamente liquidata come suicidio. Un rapporto dei carabinieri esclude l’omicidio, ma soprattutto nega che sia un omicidio di mafia. Cosa Nostra che, in quella zona della Sicilia, può contare su importanti connivenze, riesce a “depistare” le indagini e fa chiudere il “caso” come il gesto di un folle che, deluso dalla vita e dalla politica, decide di farla finita. Solo vent’anni dopo, grazie all’insistenza della madre, del fratello, degli amici di Peppino e del Centro Siciliano di Documentazione fondato da Umberto Santino, il caso viene riaperto. Il processo porta alla condanna del boss Badalamenti come mandante dell’omicidio. Don Tano ne aveva deciso la morte. Non sopportava che quel giovane irriverente attaccasse il suo prestigio, mettendo in discussione il suo carisma di boss. Peppino Impastato andava punito anche perché si era ribellato al padre mafioso. Il percorso svolto da ogni studente è stato valutato in tutte le sue fasi. La valutazione conclusiva è stata comunicata alle famiglie attraverso la scrittura di un breve commento informativo. Per concludere il progetto è stata raccontata ai ragazzi la storia di Celestino Maria Fava, vittima innocente della mafia; la storia è servita anche per far riflettere i ragazzi sul fatto che la mafia uccide: uccide i magistrati che lavorano per la giustizia, come Falcone e Borsellino; uccide chi denuncia le ingiustizie come Peppino Impastato e uccide anche chi ha avuto l’unica colpa di essersi trovato in un posto e in un momento scelti dagli assassini per uccidere.
A Celestino, qualche anno fa, è stata intitolata la palestra della scuola G.Rosa. Celestino è una vittima innocente senza giustizia. È stato ucciso il 29 novembre 1996 a Palizzi (RC). Al seguente link si può leggere la sua storia e la documentazione riguardante l’intitolazione della palestra della nostra scuola. https://www.iccamozzi.edu.it/sites/default/files/didattica-dal-vivo/primaria-g-rosa/intitolazione-palestra.pdf Questo percorso ha avuto come messaggio educativo l’importanza di rispettare se stessi e gli altri, rispettare le regole per una buona convivenza civile, essere coraggiosi e responsabili di fronte alle ingiustizie e imparare a chiedere aiuto agli adulti di fiducia quando si subisce o si assiste a fenomeni di bullismo o di prepotenza.
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