E-government, perché la digitalizzazione della Pa in Italia stenta a decollare - Carlo Scuderi

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E-government, perché
la digitalizzazione
della Pa in Italia stenta
a decollare
Carlo Scuderi

                Research Analysis

                    Dicembre 2018
Center for Cyber Security and International
Relations Studies (CCSIRS)
Centro Interdipartimentale di Studi Strategici,
Internazionali e Imprenditoriali (CCSSII)
Università degli Studi di Firenze
Via delle Pandette 2, 50127, Firenze

https://www.cssii.unifi.it/ls-6-cyber-security.html

Le dichiarazioni e le opinioni espresse nella presente
relazione sono unicamente quelle dell'autore e non
implicano l'approvazione da parte dell’Università di
Firenze, del Centro Interdipartimentale di Studi Strategici,
Internazionali e Imprenditoriali o del Center for Cyber
Security and International Relations Studies.

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E-government,
perché la
digitalizzazione
della Pa in Italia
stenta a decollare
Carlo Scuderi

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                                                  Dicembre 2018

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Riguardo all’autore
Carlo Scuderi si è laureato in Scienze politiche indirizzo Politica e
Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Catania, con una
tesi di laurea sui rapporti tra Cina e Africa. Ha studiato all’Università
Trường Đại Học di Hanoi ed è laureando alla Laurea Magistrale in
Relazioni Internazionali e Studi Europei presso la Scuola Cesare
Alfieri di Firenze. Si è dedicato alla progettazione europea durante un
tirocinio all’Associazione TECLA di Bruxelles, ha frequentato un
Master presso il Centro di Formazione in Europrogettazione della
Venice International University ed attualmente si occupa di ricerca e
progettazione per il Center for Cybersecurity and International
Relations Studies del CSSII.

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E-government, perché la digitalizzazione della
Pa in Italia stenta a decollare1

Una cultura digitale ancora non pienamente diffusa, penuria di risorse
economiche, blocco del ricircolo intergenerazionale, frammentazione
degli interventi. Queste alcune delle cause del ritardo che –
nonostante i tanti sforzi messi in campo – la Pa italiana continua ad
avere    nei    confronti    di   un    pieno     utilizzo   delle   Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) per relazionarsi con
l’utenza e migliorare l’efficienza.

La digitalizzazione della pubblica amministrazione in Italia è ancora
ad uno stadio iniziale, nonostante siano passati molti anni dalle prime
sperimentazioni. Cittadini ed imprese interagiscono con la Pa ancora
per lo più attraverso contatto diretto allo sportello. Per quanto riguarda
i cittadini, questo è in parte dovuto ad un contesto generale in cui la
cultura del digitale non è diffusamente attecchita, quindi ad una
scarsa richiesta di servizi online, che non stimola le amministrazioni
a percepire l’offerta di questi tipi di servizi come una priorità. Al
contrario, le imprese, soprattutto le più grandi, che usano già mezzi
moderni per rapportarsi con il mercato globale, si rendono
perfettamente conto dei vantaggi che comporterebbe l’e-government,
e vorrebbero poter utilizzare servizi che ci sono in altri Paesi ma che
in Italia scarseggiano.

L’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
nella pubblica amministrazione italiana si è sempre distinto per una

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  La seguente analisi è apparsa su https://formiche.net il giorno 24 dicembre 2018
ed è reperibile al seguente link https://formiche.net/2018/12/government-perche-la-
digitalizzazione-della-pa-italia-stenta-decollare/.

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maggior attenzione alla riorganizzazione dei processi interni piuttosto
che alla digitalizzazione dei servizi resi agli utenti. Quando è
accaduto, si è sottovalutata la parte relativa alla comunicazione delle
novità agli utenti, non pubblicizzandole a sufficienza o non spiegando
in maniera comprensibile i vantaggi e le modalità di utilizzo dei nuovi
strumenti, rendendo nei fatti inutile o non fruibile l’investimento.
Motivo per cui in Italia la prassi è stata mantenere i vecchi processi,
rassicuranti, accanto a quelli nuovi.

D’altronde, nemmeno l’applicazione delle TIC alle funzioni gestionali
interne ha avuto molto successo, visto che il complesso della pubblica
amministrazione continua ad essere farraginoso ed oggetto di ripetuti
tentativi di riforma andati a vuoto.

Una differenza notevole si nota nelle prestazioni degli enti statali in
confronto con quelli locali. I casi di successo e di sistemi funzionali
sono quasi tutti riferiti ad enti delle amministrazioni centrali, che per
loro natura sono riusciti a creare organicità e stabilità del servizio
grazie alla presenza capillare delle sezioni distaccate su tutto il
paese. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Agenzia delle
Entrate e l’INPS si sono dotati di sistemi informatici e database
moderni che permettono agli utenti di interagire per espletare funzioni
complesse, come nel caso degli adempimenti fiscali o previdenziali.
Discorso a parte è da fare per gli enti locali, che utilizzano sistemi
diversi tra loro e non sempre effettivamente rispondenti alle proprie
esigenze.

Autonomia e differenze geografiche

Lo sviluppo dell’e-government ha dovuto tenere conto della maggiore
autonomia riconosciuta agli enti locali con la riforma costituzionale del

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Titolo V dal 2001, che ha reso la gestione unitaria e coordinata del
processo di digitalizzazione più complessa. Lo sviluppo dei piani
nazionali di digitalizzazione venivano lasciati all’iniziativa, nei tempi e
nei modi, degli enti locali. Nei casi più virtuosi, questi hanno
sviluppato progetti di informatizzazione rispondenti alle proprie
esigenze: si è trattato principalmente, come ricordato, di progetti
legati alla dematerializzazione dei processi interni, con uno scarso
orientamento al livello di servizio offerto ai cittadini e alla capacità dei
sistemi informativi di “fare rete”. Questo approccio ha prodotto una
carenza di standard comuni tra i sistemi delle diverse amministrazioni
e ha reso, nell’immediato, i processi incapaci di colloquiare e di
condividere agevolmente dati. Ovviamente questa rispecchia le
differenze di risorse di cui possono disporre le diverse regioni,
riflettendosi in una vasta presenza di sistemi efficienti in regioni come
Toscana, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna, contro regioni
molto     poco       attrezzate,      come       Basilicata      e     Molise.
Le funzioni basilari dell’e-government, ovvero pubblicità delle
informazioni e possibilità di scaricare la modulistica, sono quelle più
diffuse, per quanto tutt’ora in alcune regioni meridionali rimane un
numero notevole di enti che continua a non mettere a disposizione
nemmeno quelle.
Le funzioni avanzate, cioè che prevedono una migliore interazione
con l’utenza (inoltro on-line della modulistica, conclusione on-line
dell’iter amministrativo e pagamento on-line) sono più diffuse al nord
e al centro.

Le ragioni

Ci sono molte cause che hanno portato alla diversità di risultati nella
digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana. Il problema
che affligge tutti è la scarsità di risorse, ma anche in presenza si

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utilizzerebbero secondo alcuni esperti in maniera disordinata, senza
una riorganizzazione profonda dei processi interni alla pubblica
amministrazione e con una governance frastagliata. Ci sono vari
ostacoli che possono presentarsi durante la transizione all’e-
government, e il settore pubblico italiano li ha sperimentati tutti.

Per fare ordine e portare efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici
sfruttando le tecnologie digitali bisognerebbe rimettere in discussione
le procedure e le modalità operative in relazione al conseguimento
degli obiettivi dell’amministrazione, razionalizzando i processi e
riorganizzando le strutture.

Invece in Italia, soprattutto negli enti locale, le TIC sono state
semplicemente accostate alle modalità analogiche in cartaceo,
sovrapponendo le soluzioni digitali sulle attività preesistenti, ma
continuando in pratica a svolgerle come si era sempre fatto. Per
questo motivo gli utenti non sono stati spaesati dai cambiamenti, ma
nemmeno ne hanno giovato. Le modalità di esecuzione e
l’organizzazione dei processi sono rimasti invariati nei fatti.

Resistenze e instabilità

Molti degli affanni del processo di digitalizzazione derivano dalla non
organicità del percorso seguito nelle politiche intraprese. In origine la
priorità era la dotazione di strumenti infrastrutturali per le
amministrazioni centrali.

Le prime linee guida in materia furono adottate nel del 23 giugno
2000, con il primo piano di e-governmment, approvato con decreto
del presidente del Consiglio dei Ministri del 25 gennaio 2001, che
prevedeva progetti che si realizzarono solo in parte. In quella fase ci

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si concentrò sulla creazione della Rete Unitaria della Pubblica
Amministrazione (la RUPA, oggi Sistema Pubblico di Connettività –
SPC), ma per via dell’avvicendarsi di governi diversi e della revisione
dei piani di digitalizzazione, il progetto fu compromesso. Gli ostacoli
alla diffusione dell’e-government negli anni duemila sono, invece,
riconducibili ai cambiamenti frequenti nei meccanismi di governance
del processo.

Gli esecutivi in carica, in questa fase, sono intervenuti ripetutamente
sugli assetti e sui compiti degli organismi di supervisione e
coordinamento: nel 2003 è stato istituito il Centro Nazionale
dell’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA), accorpando
le preesistenti strutture dell’Autorità per l’informatica nella Pubblica
Amministrazione (AIPA) e del Centro Tecnico per la RUPA; nel 2009
una ridefinizione e razionalizzazione del CNIPA ha portato
all’istituzione di DigitPA. Nel 2012 DigitPA è stata nuovamente
trasformata, dando vita all’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid). Si è
pertanto avviato con ritardo quel processo di riaggregazione e
accentramento della governance che è necessario per lo sviluppo dei
piani di e-government.

Mancanza di standard (e non solo)

Ciò ha causato una carenza di standard comuni tra i sistemi delle
diverse amministrazioni e ha reso complesso ai processi colloquiare
e di condividere agevolmente dati. Ricentralizzare il coordinamento
della digitalizzazione all’interno delle pubbliche amministrazioni
servirà a mettere ordine ed uniformare i sistemi su scala nazionale,
limitando il ricorso alla legislazione concorrente che dal 2001 ha dato
troppo potere, non sempre ben utilizzato in materia, alle Regioni.
Infine, pesa la penuria di risorse finanziarie, che impedisce, non tanto

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di dotarsi di attrezzature tecnologiche moderne, quanto di assumere
nuovo personale, più giovane, formato e motivato, che le sappia
utilizzare.

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