Dove sono? di Bruno Latour - perUnaltracittà

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Dove sono? di Bruno Latour - perUnaltracittà
Dove sono? di Bruno Latour
written by Gian Luca Garetti
“Olobionti di tutti i paesi unitevi”, è uno dei molteplici ingressi dell’ultimo libro di
Bruno Latour: “Dove sono?” Un racconto filosofico, una composizione di
olobionti, basata su collaborazioni e sovrapposizioni multiformi con molti amici ed
amiche dell’autore, il più importante filosofo francese contemporaneo.

                                                   Per saperne qualcosa in più, il
                                                   quattordicesimo ed ultimo
                                                   capitolo, è di aiuto per
                                                   arrampicare, per ripopolarsi.
                                                   Sulla cima, nuvole, sole, cielo.
                                                   Quando guardi il cielo, non vedi
                                                   più la sede divina. Il cielo non è
                                                   più quello della ‘cosa estesa’ del
                                                   passato, ma una membrana
                                                   attivamente mantenuta tesa
                                                   dall’attività multiforme e
                                                   plurimillenaria di miliardi di
                                                   agentività. “Dove sono?” “Che
                                                   fare? Andare sempre dritto, come
                                                   consigliava Cartesio a chi si era
                                                   perso nel bosco? Ma no, dovete
                                                   disperdervi il più possibile, a
                                                   ventaglio, per esplorare tutte le
                                                   capacità di sopravvivenza, per
                                                   cospirare, per quanto possibile,
con le forze agenti che hanno reso abitabili i luoghi dove siete atterrati. Sotto la
volta del cielo, ridiventata pesante, altri umani mescolati ad altre materie formano
altri popoli con altri viventi. Finalmente si emancipano, escono dal confinamento.
Si metamorfizzano”.

Un libro complesso e poetico, un’esperienza metafisica, in cui non ci sono ingressi
principali o secondari. Una matassa di concatenazioni che si può provare a
dipanare seguendo una minuscola intuizione, una immagine, un borborigmo.
Molteplici vie d’uscita, tentativi di interpretazione, scoperte di altre dimensioni.
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“È piuttosto come se praticaste delle rotture in un flusso, intercettando con dei
sensori l’esuberante passaggio di tutte queste traiettorie ingarbugliate.”

“La mia impressione è di essere piuttosto come il bucato che gira nel tamburo di
una lavatrice a folle velocità, sotto pressione e ad alte temperature. Occorre
reinventare tutto da capo”

A patto di leggere il racconto di Kafka alla rovescia, la metamorfosi, il divenire
animale* diventa una via d’uscita. Forse assumeremo finalmente ‘un’altra forma’,
per riorganizzare la società, dopo il confinamento, dato che siamo effettivamente
in guerra, una guerra all’ultimo sangue, dato il nuovo paradigma cosmologico
imposto dal Nuovo Regime Climatico. “Come se l’umanità si fosse davvero
rassegnata a vivere su pianeti diversi; come se nessuno si illudesse più sulla
propria capacità di unificare il genere umano”, come se nessuno credesse più alla
possibilità di un altro mondo. Potremo imparare a sopravvivere dai popoli che
abbiamo messo in pericolo.

“Abbiamo bisogno di ritrovare le capacità di movimento, si, un’agentività. Sempre
quel divenire-insetto che permette altri movimenti, da granchio, da scarafaggio.
C’è una bellezza, c’è una danza nella reptazione ritmata del mio Gregor.”

L’olobionte

“Il mio corpo non è un ‘organismo unico”. Olobionte è il termine scientifico,
coniato ad inizio anni novanta dalla biologa Lynn Margulis, per sostituire il
concetto troppo restrittivo di organismo: indica la convivenza tra le cellule
umane e le cellule microbiche che albergano dentro di noi. “Che cos’è un
corpo ‘umano’ se il numero di microbi necessario al suo mantenimento supera di
parecchi ordini di grandezza il numero delle sue cellule?” L’olobionte è “un
insieme nebuloso di agenti dai contorni sfumati che permettono a delle membrane
un po’ durevoli di persistere grazie all’aiuto che l’esterno apporta a ciò che è
all’interno”. Questa umana biodiversità, questa convivenza tra l’insieme delle
cellule ed i molti microorganismi che colonizzano il nostro organismo “priva una
volta per tutte l’umano della sua (autoassegnata) centralità e getta una nuova
luce sulle composizioni e le configurazioni cui l’umano dà luogo insieme al non-
umano”. […] Questo nugolo di olobionti, questi miliardi di forze sovrapposte,
intrecciate e interdipendenti conducono ciascuna la propria vita e ognuna, a
seconda delle sue scelte, perdura o sparisce, genera o si estingue.”
Due mondi: quello in cui vivo e quello di cui vivo

“Gli olobionti non possono mai definirsi tramite un’identità, dal momento che
dipendono da tutti gli altri per avere un’identità. Per definizione sono sempre
sfasati, in sovrapposizione con altri dai quali dipendono.’ […] Mi trovo allora tra
due mondi: quello in cui vivo come cittadino a pieno titolo, tutelato da diritti, e un
altro ambiente molto più vasto, più o meno facile da circoscrivere, ma sempre più
affollato e lontano: il mondo di cui vivo. Due ambienti vicini eppure scollegati’ […]
‘Ipocrisia sostanziale che crea una disconnessione fra il mondo in cui vivo in
quanto cittadino di un Paese sviluppato ed il mondo di cui vivo in quanto
consumatore di questo stesso paese”.

L’ambiente

“Visto dal rovescio un territorio
corrisponde a tutto ciò che si può
localizzare su una cartina, visto
dal dritto, un territorio si
estenderà fino a dove arriva
l’elenco delle interazioni. […]
Ditemi di che cosa vivete e vi dirò
fino a dove si estende il vostro
territorio di vita […] Il concetto di
ambiente non ha alcun senso,
giacché è impossibile delimitare il
confine che separa un organismo
da ciò che lo circonda. In senso proprio, non c’è niente che ci circonda, tutto
concorre alla nostra respirazione. E la storia degli esseri viventi è lì a ricordarci
che se questa terra è ‘propizia’ al loro sviluppo, sono stati gli esseri viventi ad
averla resa propizia al loro disegno – così ben celato che sono loro i primi ad
ignorarlo! Alla cieca, hanno curvato lo spazio tutt’intorno a loro, e in esso si sono
ripiegati, rifugiati, avvolti, raggomitolati”. Niente di ‘provvidenziale’.

Divenire insetto

“Kafka aveva colto nel segno: il divenire insetto fornisce un buon punto di
partenza per permettermi di raccapezzarmi e mettere a fuoco la situazione. […] Al
risveglio mi ritrovo a patire i tormenti del personaggio della Metamorfosi di Kafka
che durante il sonno si è trasformato in un insetto-scarafaggio o blatta che sia.
Dalla sera alla mattina […]; si sente trasformato in un ‘mostruoso insetto’ […]
Anche io, è come se avessi subito una vera e propria metamorfosi. Ricordo ancora
che, prima, mi spostavo candidamente portandomi dietro il mio corpo. Adesso,
invece, sento di trascinare un lungo strascico di Co2, che mi impedisce di spiccare
il volo prendendo un biglietto aereo e impaccia ormai tutti i miei movimenti, tanto
che oso appena digitare sulla tastiera del mio computer per paura di far fondere
qualche lontano ghiacciaio. Da gennaio, poi, è anche peggio poiché, per giunta,
proietto davanti a me-come mi ripetono di continuo-un aerosol le cui goccioline
finissime diffondono nei polmoni minuscoli virus capaci di uccidere chi mi sta
vicino, costringendolo al ricovero in terapia intensiva e saturando così le strutture
ospedaliere. Devo imparare a trascinare una specie di carapace di conseguenze
ogni giorno più spaventose”.

Contemplare la luna

Per non provare disagio, il divenire-insetto, il divenire-termite – ‘in tutto il mondo
gli insetti sono in via di estinzione, ma formiche e termiti resistono –
permetterebbe di mitigare lo sgomento di colui al quale non resta che trovare
conforto nella contemplazione della luna. E’ l’ultimo spettacolo che ti resta, che ti
emoziona tanto, perché “in fin dei conti sai di non interferire con il suo moto. Lo
stesso valeva fino a poco tempo fa quando guardavi i campi, gli alberi, i fiumi, le
montagne e i paesaggi senza pensare all’effetto che poteva avere il più piccolo dei
tuoi gesti. Prima. Non molto tempo fa”.

Estrattori, Rammendatori, Gilet Gialli

Se ora ti senti così a disagio a guardare gli alberi, il vento, la pioggia, la siccità, il
mare, i fiumi – e naturalmente le farfalle e le api – è perché ti senti complice,
anche tu, tu quoque, dell’eccezionalismo umano, responsabile delle orge
dell’Antropocene e del Capitalocene, colpevole di non lottare contro quelli che li
distruggono: gli Estrattori. Dall’altra parte “i Rammendatori-propongo questo
termine provvisorio – devono battersi per ricreare un’altra tessitura di quei
territori che i loro nemici hanno abbandonato dopo averli occupati e saccheggiati
[…] Durante i due secoli precedenti, c’era il conflitto fra ricchi e poveri, conflitto
reso più preciso dalla distinzione fra proletari e capitalisti”. Il nuovo conflitto fra
Estrattori e Rammendatori, non mobilita solo gli umani, ha il mondo come posta
in gioco “e soprattutto attraversa il vecchio fronte di classe in mille sottosezioni
trasversali: l’abbiamo imparato dai Gilet Gialli. Il termine di intersezionalità arriva
forse a proposito […] si presta ancor meglio a designare i conflitti tra Estrattori e
Rammendatori che obbligano, per ogni singola sfida, a ridisegnare le linee di
fronte e a ritessere, riparare, restaurare, rabberciare altre alleanze su altri
territori”.

Tutto è ormai sotto conflitto, molteplici le controversie cosiddette ‘ambientaliste’.
“Non più solo una storia della lotta tra classi, ma una storia di queste nuove
classi, alleanze, sezioni in lotta per l’abitabilità che Nikolaj Schultz studia sotto il
termine di classi ‘geosociali’. Il divenire non-umano degli umani sposta
l’ingiustizia: non è più ‘il plus valore’ ad essere accaparrato, ma le capacità di
genesi, il plusvalore di sussistenza o di generazione”.

“Quel che conta però è far sentire le voci di quelli che avanzano
brancolando nell’oscurità senza luna, chiamandosi l’un l’altro. Così che altri
compatrioti riusciranno forse a radunarsi intorno a quei richiami”.

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*Gilles Deleuze e Felix Guattari, Kafka, Per una letteratura minore, Quodlibet,
1996 Macerata.

Bruno Latour, Dove sono?, Lezioni di filosofia per un pianeta che cambia,
Einaudi, Torino 2022, pp. 175, € 15.00.
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