Donne, mercato del lavoro e imprenditoria - Parte I a cura di Ecoform Onlus

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Parte I a cura di Ecoform Onlus
Donne, mercato del lavoro e imprenditoria

                               1.
         La partecipazione femminile al mercato del lavoro

Introduzione

Negli ultimi 10 anni si sta assistendo ad una crescita di interesse verso la partecipazione
delle donne al mercato del lavoro che, soprattutto nel nostro Paese, è notevolmente
aumentata, anche se con notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei.

È a partire dagli anni 60 che un po’ in tutta Europa si è iniziato a registrare il dato di
presenza “significativa” delle donne nel mercato del lavoro; da allora questo dato ha avuto
andamento positivo e in continua crescita, ed è stato oggetto d’attenzione di studi del
settore.
Negli USA la rivista “Economist” con un articolo di fine 1996 intitolato Tomorrow's second
sex, afferma che si sta prefigurando una sorta di sorpasso delle donne nel mercato del
lavoro a discapito degli uomini, conseguenza della piena presenza femminile in tutti i settori
e professioni tradizionalmente maschili, evento questo che invertirà la storica tendenza
dell’andamento del mercato del lavoro e della disoccupazione.
Nel contesto italiano, però, nonostante i numerosi studi disponibili, ancora oggi non si è
giunti ad una sistematizzazione e separazione dei dati esistenti. Infatti, nonostante ci sia
un’attenzione particolare al fenomeno della crescita della partecipazione delle donne al
mercato del lavoro, non esistono di fatto dati disaggregati per sesso nei vari settori di
attività.

In parte questo riguarda tutte le ricerche sulle donne che, specie in Italia, scontano ancora
una grave disattenzione da parte degli studiosi e delle discipline quali le scienze sociali;
risulta difficile nel nostro Paese fare riferimento ad un corpus organico di conoscenze sul
tema, nonché a dati disaggregati per sesso, e quindi anche il raffronto con realtà diverse da
quella nazionale risulta tutt’altro che semplice.

Se ne deduce che in questo settore più che in altri, i dati sulle imprese avviate da donne
spesso non sono disponibili.

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Questo problema sembra destinato ad estinguersi grazie ad una legge nazionale, la 215/92,
che ha portato l’Istat a recepire l’istanza ad elaborare tutte le statistiche ufficiali (circolare
dell’Istat del 2 Agosto 1996) adottando un’ottica di genere e perseguendo un obiettivo
fortemente sottolineato a livello nazionale (Direttiva del Presidente del Consiglio n. 116 del
27 Marzo 1997), a livello europeo e internazionale, in particolare in sede ONU.
L’inadeguatezza dell’informazione statistica sulle tematiche relative alla differenza di genere
costituisce in tutto il mondo un grave ostacolo all’adozione di politiche di mainstreaming e di
empowerment (attribuzioni di maggiori poteri e responsabilità alle donne), secondo le
indicazioni della conferenza mondiale delle donne di Pechino1.

Nel capitolo che segue prenderemo in considerazione i vari contributi teorici e di ricerca
sull’impresa ed eventualmente sull’impresa al femminile. Particolare attenzione verrà
dedicata alle trasformazioni del lavoro femminile nell’ultimo ventennio in Italia in
comparazione con la realtà europea, alla distinzione tra lavoro autonomo ed
autoimprenditorialità, nonché alle politiche a sostegno dell’imprenditoria femminile nel
nostro Paese.

Analizzando la realtà imprenditoriale non si può non tener conto della frammentazione
dell’attuale mercato del lavoro tale da far emergere una pluralità di figure di lavoratori
cosidetti “atipici” perché sfuggono alla rappresentazione delle categorie tradizionali. È
questo il caso delle collaborazioni occasionali, collaborazioni coordinate e continuative,
part-time, contratti a tempo determinato, formazione-lavoro ecc.

1.1. La condizione delle donne nel mondo del lavoro. Lo scenario
Italiano

L’obiettivo del capitolo è quello di creare una cornice concettuale dei significati e delle
forme del lavoro femminile entro cui si collocherà il lavoro di ricerca sul campo, una
introduzione alle problematiche relative al mondo del lavoro “al femminile”, ed in particolare
al mondo “delle imprese al femminile”, proficuo alla comprensione delle questioni legate
all’entrata delle donne nel mercato del lavoro in qualità di imprenditrici.

Innanzitutto c’è da dire che, nello scenario Italiano, si assiste alla crescita della
popolazione attiva e ad un ricambio della forza lavoro, fattori che hanno determinato un
progressivo restringimento dei differenziali, che tuttavia ancora permangono, tra uomini e
donne; ciò risulta particolarmente evidente fra i giovani.2

1  Laura Sabbatini, Le statistiche di genere, una proposta, www.istat.it / Primpag / Pariopp
/sabbatini.html.
2 Istat, Indagine sulla forza lavoro, Roma, 2000.

                                                                                               10
Un dato molto significativo è che le donne stanno approfittando delle opportunità
derivanti da una domanda di lavoro meglio corrispondente alle loro esigenze e si
propongono sempre più frequentemente in posizioni di maggiore e diretta responsabilità,
come libere professioniste e imprenditrici, e in qualifiche più elevate.

Complessivamente l’occupazione femminile ha beneficiato in misura superiore a quella
maschile della crescita di posizioni lavorative non manuali, tanto ad alta che a bassa
qualificazione, mentre ha subìto in eguale misura la flessione delle professioni manuali.

Questa tendenza si è consolidata nel contesto tradizionale della piccola e microimpresa, ma
anche nella fascia delle imprese industriali più strutturate.

L’aumento della componente femminile nel mercato del lavoro è determinato da fattori
culturali, economici, sociali, etc. In particolare:

Ø      le donne investono di più in cultura e riescono meglio negli studi; negli ultimi decenni la
       propensione femminile a proseguire gli studi, in particolare nei cicli dell’istruzione
       superiore, è fortemente aumentata. L’investimento nell’istruzione non si traduce
       sempre in migliori risultati sul mercato del lavoro. Il comportamento delle donne tra i
       25 e i 34 anni con istruzione elevata è molto simile a quello corrispondente degli
       uomini.3
Ø      crescono i lavori atipici; un fattore decisivo della crescita dell’occupazione, e in particolare
       della partecipazione femminile al mercato del lavoro, è venuto dalla diffusione delle
       cosiddette forme contrattuali “atipiche”. L’atipicità si staglia rispetto ai contratti di
       lavoro a tempo indeterminato ed a tempo pieno, presentando differenze di durata,
       orario, aliquote contributive e livelli retributivi. L’Italia presenta uno sviluppo delle
       forme atipiche del lavoro inferiore alla dinamica europea.
Ø      crescono gli orari atipici; nel corso degli anni ‘90 si è verificato un netto incremento del
       ricorso abituale ad orari lavorativi atipici (lavoro a turni, serale, notturno, nel sabato e
       domenicale).
Ø      si sta determinando un cambiamento culturale tra i giovani; nuovi e maggiori percorsi formativi
       per i giovani, nuovi lavori, nuovi vissuti quotidiani: il modello “moglie-madre” è ormai
       in declino: i dati mostrano in generale che all’aumento del titolo di studio diminuisce il
       ruolo dei legami familiari a favore di strategie individualistiche, mentre il ruolo dei
       legami “deboli” rimane costante4.
       Tali cambiamenti risultano particolarmente significativi tra i giovani e tra le giovani
       donne, questo perché non costretti da rigidi schemi culturali che solo qualche
       generazione fa rappresentavano un vincolo costante all’autorealizzazione femminile, e
       che ancora oggi in misura significante caratterizzano le generazioni adulte. I giovani,
       dunque, stanno sperimentando nuovi modelli di comportamento, uscendo fuori dagli
       schemi classici che spesso derivano dalla posizione sociale e familiare.

3   Istat, Indagine sulle forze di lavoro, Roma, 2000.
4   Giovani verso il 2000: quarto Rapporto Iard sulla condizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna, 1997.

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È anche vero che, nonostante queste differenze di rappresentazione dell’universo
    femminile e maschile da parte dei giovani, nonchè la minore stereotipizzazione dei due
    sessi, questo passaggio generazionale non è scevro da contrasti e contraddizioni.

Quello descritto, dunque, è un mercato del lavoro femminile sempre più eterogeneo e
diviso fra i vecchi ed i nuovi lavori, intendendo per vecchi lavori quelli caratterizzati de
forme contrattuali tipiche, ad esempio i contratti di lavoro a tempo indeterminato, ed
invece per nuovi quelli caratterizzati da forme contrattuali inesistenti, atipiche, le cosiddette
forme di lavoro flessibile.

Dall’analisi della tabella che segue emerge che negli ultimi tre anni si è determinata
un’assenza pressoché totale di mobilità fra le occupate: chi era nel mercato con un
contratto di lavoro a tempo indeterminato, nel 91,6% dei casi lo ha mantenuto, ma il dato
più significativo si riferisce alla quota di lavoratrici che tre anni fa appartenevano alla
categoria del lavoro atipico che nel 90% dei casi è ancora occupata con la stessa modalità.
Chi era irregolare nel 71% dei casi si riconferma tale, nell’11% dei casi è invece passata a
svolgere lavoro autonomo e circa il 17% è riuscita ad avere un contratto di lavoro
dipendente regolare.

Tabella 1
Condizione lavorativa delle donne riferita a quella che occupavano tre anni prima –
valori percentuali

                                                Tipologia di lavoro tre anni fa
    Condizione attuale             Dipendente
                             Tempo         Tempo       Indipendente Atipico        Irregolare   Totale
                           determinato indeterminato

Dipendente/determinato             50,4             3,2            0,9       3,1          9,1       7,5
Dipendente/indeterminato           31,5            91,6            1,2       6,6          7,6      67,6
Indipendente                        2,9             4,4           95,9         -         11,6      15,4
Atipico                            10,3             0,6            1,2      90,3            -       4,7
Irregolare                          4,9             0,2            0,8         -         71,7       4,8
Totale                            100,0           100,0          100,0     100,0        100,0     100,0

Anno 2000
Fonte: Censis

Questi dati dimostrano che le donne che entrano nel mercato del lavoro con formule
flessibili hanno buone possibilità di mantenere la propria posizione lavorativa, o comunque
di restare nel mercato.

Il lavoro atipico ha assunto negli ultimi anni anche in Italia un peso quantitativo e
qualitativo rilevante nella formazione di nuova occupazione. Le specificità di questa

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modalità occupazionale rispetto ai lavori standard hanno sollecitato un ampio dibattito nel
mondo scientifico ed in quello sindacale. Gli aspetti problematici emersi in questo ambito
sono molteplici (inquadramento normativo, protezione sindacale, precarietà occupazionale,
livelli retributivi, formazione professionale, prospettive di carriera, dimensione identitaria);
Lo sviluppo e la nuova centralità assunta anche nel nostro Paese nel corso degli ultimi anni
dai lavori così detti atipici, è riconducibile ad una serie di trasformazioni che hanno
coinvolto, secondo una logica all’insegna della crescente flessibilizzazione, non soltanto il
mercato del lavoro, ma anche i modelli produttivi e regolativi. Pur nella loro diversità
queste forme di “travail sans emploi” impongono, per la loro stessa natura, una capacità
nuova da parte dei soggetti interessati di comporre esperienze lavorative all’interno di un
percorso professionale sensato e capace di accrescere le competenze individuali.5 Tale
capacità si declina differentemente in base al genere, all’età, alla professionalità, al capitale
culturale ed a quello sociale dei soggetti coinvolti. Ciò significa, in concreto, che tanto più
l’esperienza lavorativa è temporanea e/o frammentaria, tanto più essa acquisisce un pieno
significato se inserita all’interno di un percorso professionale e più in generale di vita degli
uomini e delle donne che ne sono protagonisti.

Le condizioni di lavoro dei lavoratori atipici, sia uomini che donne, non possono quindi
essere comprese se non in una prospettiva dinamica capace di inquadrare l’esperienza
lavorativa nel più globale processo di costruzione dell’identità lavorativa e personale di ogni
singolo soggetto. La collocazione in una posizione atipica è determinata spesso
dall’espulsione da una traiettoria di carriera, normalmente a causa di un licenziamento
involontario o, soprattutto per le donne, in virtù di incompatibilità tra le esigenze private e
domestiche e quelle del mercato del lavoro. Questo non è da ricollegarsi alle esigenze
private delle donne, ma piuttosto al persistere di una divisione sessuata del lavoro
domestico ed extradomestico, e dunque alle forme di segregazione lavorativa orizzontale e
verticale.

Ne discende un’importante indicazione di carattere metodologico, ma anche analitico. Per
valutare la precarietà di una occupazione atipica, non solo non è sufficiente considerare le
caratteristiche intrinseche dell’attività svolta, ma neppure individuarne le caratteristiche
estrinseche e, più in generale il grado di benessere momentaneo che si associa allo
svolgimento di tale attività. Uno è il senso di precarietà derivante dal fatto di svolgere un
lavoro temporaneo se si è giovani e si stanno muovendo i primi passi all’interno del mondo
del lavoro, diverso invece se lo stesso lavoro viene svolto da un soggetto in età avanzata
dotato di un proprio bagaglio di esperienze e di responsabilità familiari.

Ugualmente, la stessa collaborazione esterna può essere un di più che si cumula alla
normale attività svolta da un professionista, ovvero può rappresentare per una giovane
donna alle prime armi l’unica fonte di guadagno nonché la sola possibilità di ingresso nel
modo del lavoro.

5 Annalisa Tonarelli, Donne e uomini nei lavori atipici, intervento al convegno “Cantieri di storia - primo
incontro SISSCO sulla storiografia contemporaneistica in Italia” Urbino, 20-22 settembre 2001.

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Bisogna ricordare che i circa 150.000 nuovi occupati creati in Italia nel 1998 sono nati da
contratti “nuovi”, ossia a termine, interinali o part-time. L’evoluzione dell’economia e del
mercato renderà “tipici” quei contratti che oggi nel nostro Paese ancora si chiamano
“atipici”.
Queste tipologie di contratto danno flessibilità, rapidità d’ingresso e non problematicità
d’uscita, e portano sul mercato una domanda che altrimenti non si esprimerebbe.6 Bisogna
dunque stare attenti a demonizzarli ed a condannarli ad un precoce declino, soprattutto
perché, come dimostrano le esperienze dei Paesi a maggior crescita dell’economia e
dell’occupazione, il mercato richiede e consente un giusto mix di formule contrattuali,
anche se è un po’ rischioso per quanto ci riguarda sposare acriticamente il punto di vista
della Confindustria; se l’atipico diventa tipico vuol dire che i problemi sociali finora irrisolti
diventano urgenze e priorità.
Il 4 febbraio del 1999 è stata approvata dal Senato della Repubblica la proposta di legge
n.2049 relativa alle "Norme di tutela dei lavori atipici" (presentato da Carlo Smuraglia) . Il
testo è passato alla Camera con il n.5651 e assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e
privato.

Probabilmente la direzione in cui si sta procedendo punta all’“impiegabilità” piuttosto che
all’ “impiego”, fattore questo che consente alle imprese di poter contare su quella maggiore
flessibilità che è indispensabile per migliorare la loro competitività ed ai lavoratori di poter
vedere moltiplicate le opportunità offerte dal mercato, ma per far sì che tutto ciò funzioni
occorrerebbe un aumento del valore di mercato dei lavoratori e delle lavoratrici, e questo è
un compito che spetta ad istituzioni, sistema formativo, parti sociali.

I lavoratori più “professionalizzati” si situano in una posizione di vantaggio nella scalata al
mercato del lavoro, è una nicchia realmente in grado di far valere le loro potenzialità.

Le donne sembra vadano in questa direzione: investono di più in cultura rispetto agli
uomini, riescono meglio negli studi e tendenzialmente danno maggiore rilievo al lavoro ed
al loro grado di professionalizzazione.

Nella tabella 2 sono riportati i profili lavorativi femminili in rapporto alle professioni svolte,
alle ore lavorative, al guadagno, ed alla flessibilità dell’orario.
Attualmente il tasso di occupazione femminile (37,3% ) è pari a poco più della metà di
quello maschile (66,2%), mentre nel complesso dei paesi dell’Unione europea il rapporto
supera il 70% (con livelli rispettivamente pari al 51,1% e al 71,2%); analogamente, il tasso di
disoccupazione femminile italiano supera dell’80% quello maschile (16,3% rispetto a 9,1%)
mentre il differenziale medio in Europa è del 36% (11,7% rispetto a8,6%). 7
6   Discorso sui lavori atipici tenuto da Giorgio Fossa nel corso dell’ Assemblea del 27 maggio 1999.
7   Istat, Relazione trimestrale sulle Forze di lavoro, Roma, 2000.

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Tabella 2
I cinque profili del lavoro femminile in Italia.

                                                                                       Tipologie d’impiego
                          Dipendente a tempo            Dipendente a tempo                   Atipica                         Irregolare                     Indipendente
                            indeterminato                  determinato

Composizione                                   62,6                          10,4                            6,3                              5,8                               14,9
percentuale
                      ha 40-49 anni(47,4%) risiede ha 18-29 anni (57,4%) risiede  ha 18-29 anni (48,7%) risiede    Ha 40-49 anni (45%) risiede      Ha 40-49 anni (45,2%)
                      al nord ovest (37,6%) ha un al centro sud                   al centro sud                    al sud (49,1%) ha un livello     risiede nel nord-est (27,5%)
                      livello d’istruzione         (rispettivamente 22,5% e       (rispettivamente 30,9% e         di istruzione basso 64,1% ha     ha un livello di istruzione
                                                   38%) ha un livello di          31%) ha un livello di            al massimo la terza media)       medio basso (38,2 il diploma
Il profilo                                         istruzione medio-alto (50%     istruzione medio basso                                            e 38,7% la scuola
                                                   diplomate e 14,6% laureate)    (44,8% il diploma e 35% la                                        dell’obbligo)
                                                                                  scuola dell’obbligo)
                      svolge una professione di      svolge una professione di    svolge una professione di        Svolge una professione non       Svolge una professione non
                      tipo esecutivo-                tipo esecutivo-              tipo esecutivo-                  qualificata (25,9%),             qualificata (41,9%) lavora nel
                      amministrativo (40,4%)         amministrativo (35,5%)       amministrativo                   nell’ambito dei servizi alle     commercio (43,7%) ha
                      nell’ambito dell’istruzione,   nell’ambito dell’istruzione, (25,9%) nell’ambito dei          persone (30,6%), in              un’azienda con meno di 5
Cosa fa
                      sanità e servizi sociali (32%) sanità e servizi sociali     servizi alle persone (30,6%)     un’azienda con meno di 5         addetti (71%)
                      in azienda con oltre 50        (28,8%) in un’azienda con 5- in un’azienda con meno di 5      addetti (66,2%)
                      addetti (30,9%)                20 addetti (32,4%)           addetti (49,1%)

Quanto lavora              30-39 ore (40,7%)             30-39 ore (30,6%)          Meno di 20 ore (35,6%)           Meno di 20 ore (35,6%)              40-45 ore (54,6%)

                                                                                                                                                         massima flessibilità
Quanto è flessibile           orario rigido                 orario rigido                orario flessibile                orario flessibile
                                                                                                                                                         nell’organizzazione
                                (80,8%)                       (76,6%)                       (54,4%)                            (42%)

Anno 2000
Fonte: Censis.

                                                                                                                                                                                 15
Tabella 3
Tassi di occupazione della popolazione per sesso e ripartizione territoriale
                                           Maschi                      Femmine                   Totale
    R IPARTIZIONI TERRITORIALI
                                  1997      1998     1999     1997      1998   1999     1997     1998      1999

Nord Ovest                          59.6      59,6     59,9     34,3      34,8   35,9     46,4      46,7     47,5
Nord-Est                            61,1      61,2     61,6     36,7      37,1   38,0     48,4      48,7     49,4
Centro                              56,3      56,2     56,5     30,3      30,8   31,9     42,8      43,0     43,7
Sud                                 49,8      50,1     50,0     18,9      19,4   19,4     33,8      34,2     34,1
Italia                              55,8      55,9     56,1     28,6      29,1   29,8     41,7      42,0     42,4

Anni: 1997-1999
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat.

Tabella 4
Tassi di attività della popolazione per sesso e ripartizione territoriale
                                           Maschi                      Femmine                   Totale
    R IPARTIZIONI TERRITORIALI
                                  1997      1998     1999     1997      1998   1999     1997     1998      1999

Nord Ovest                          62,4      62,2     62,3     38,3      39,0   36,9     49,9      50,1     50,5
Nord-Est                            63,2      63,1     63,3     40,1      40,2   40,9     51,2      51,3     51,7
Centro                              60,5      60,4     60,5     35,4      35,7   36,8     47,4      47,5     48,1
Sud                                 60,1      60,8     60,4     26,9      28,1   28,2     42,9      43,9     43,8
Italia                              61,4      61,5     61,5     34,1      34,8   35,5     47,2      47,6     47,9

Anni: 1997-1999
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat.

A fronte degli incrementi dei tassi di attività femminile registrati in ambito comunitario, da
uno sguardo anche molto sommario ai dati occupazionali del Nostro Paese del 1997
emerge che nel Sud il tasso di occupazione femminile tra il 1998 ed il 1999 è rimasto
pressoché invariato, a fronte di un incremento del tasso di occupazione femminile in tutto
il resto del Paese.

Nel 1999, dunque, il tasso di occupazione femminile risulta in crescita in tutta la penisola,
ma resta pur sempre del 25% inferiore a quello maschile al Centro, e del 30,6% nel Sud e
Isole8 (tabelle 3 e 4).

Questi dati mostrano che la potenzialità della nuova offerta di lavoro delle donne, nella
situazione italiana è ancora lungi dal potersi esprimere sul mercato.

8   Istat, Relazione trimestrale sulle Forze di lavoro, Roma, 2000.

                                                                                                                  16
Se si considerano le disoccupate nelle fasce di età dai 15 ai 24 anni, e dai 25 ai 49 anni,
possiamo rilevare alcuni aspetti significativi:

Ø      rispetto alla media europea, i tassi di disoccupazione femminile sono più elevati tra le
       giovani (sotto i 25 anni), mentre i tassi compresi nella fascia centrale adulta (25-49 anni)
       sono di poco superiori quelli della UE. I dati non permettono però di identificare la
       questione femminile con quella giovanile;
Ø      dal 1995 al 2000 la percentuale di giovani donne non occupate è diminuita
       sensibilmente (-16,3%).

La regione che ha registrato una crescita occupazionale femminile maggiore negli ultimi 5
anni è stata l’Umbria, quelle in cui al contrario si è registrata una crescita negativa sono:
Campania e Calabria9.
Permangono, dunque, ragioni strutturali dei bassi tassi di partecipazione femminile al
mercato del lavoro. In particolare:

Ø      dal lato della domanda, la ridotta capacità del sistema di creare occupazione implica che, a
       fronte della progressiva crescita dell’offerta femminile, la domanda di lavoro rimanga
       fortemente inadeguata. Nel Mezzogiorno il peggioramento della situazione in tutti i
       settori acuisce il divario tra i sessi, e la stessa disoccupazione femminile è percepita
       come un male minore quando l’occupazione maschile è a rischio. Infine la correlazione
       dei tassi di disoccupazione con le dimensioni dell’economia sommersa incrementa la
       segregazione femminile nell’area dei lavori sottopagati
Ø      dal lato dell’offerta, invece, si assiste ad una situazione in cui, mentre la determinazione
       femminile ad entrare a far parte del mercato del lavoro cresce con l’innalzamento dei
       livelli di istruzione, i reali meccanismi di funzionamento del mercato (soprattutto per
       ciò che concerne il modello di lavoro dipendente) non si sono rivelati “favorevoli” alle
       donne. Permane, infatti, un numero consistente di donne che escono dal mercato del
       lavoro a causa delle crescenti responsabilità familiari, fenomeno questo non ancora
       compensato dal numero crescente di giovani donne che entrano nel mercato del lavoro
       con alti livelli di istruzione.

La crescita economica e occupazionale del Nord Italia, in cui la componente femminile
determina in egual misura a quella maschile il benessere economico, evidenzia la necessità
di promozione delle donne come fattore chiave di crescita, attraverso politiche in grado di
arginare il fenomeno della divisione sessuale del lavoro, fenomeno ancora attuale tanto nel
mercato del lavoro, quanto nell’intero contesto sociale.

Nonostante le variazioni positive registrate nell’ultimo ventennio rispetto alle medie
Europee, i divari presenti nelle diverse regioni italiane restano consistenti e la
disoccupazione, con alcune eccezioni, si concentra fortemente nella componente
femminile. Inoltre dalle medie Europee si distanziano notevolmente i tassi di attività , e

9   Istat, Relazione trimestrale sulle Forze di lavoro, Roma, 2000.

                                                                                                17
questo soprattutto per effetto del più basso tasso di attività femminile ed i tassi di
occupazione maschile sono quasi doppi rispetto a quelli femminili.

1.2. Le trasformazioni del lavoro femminile nell’ultimo ventennio.
Conciliazione tra tempo di vita e di lavoro.

Durante gli anni ’70, in una fase di pieno sviluppo economico, il mercato del lavoro
mostrava una tendenza delle donne ad entrare precocemente nel mercato del lavoro, per
uscirne altrettanto rapidamente con il matrimonio o con la nascita del primo figlio; oggi
invece le modalità di entrata e di permanenza nel mercato del lavoro si presentano
diverse10. Reyneri11 parla di andamento della partecipazione al mercato del lavoro delle
donne italiane ad “L rovesciata”, per cui una volta raggiunto un picco, in corrispondenza
delle classi di età più giovani, la partecipazione tendeva a diminuire progressivamente.
Questo determinava una interruzione dell’avanzamento di carriera in età molto giovane, in
coincidenza con eventi associati al corso di vita familiare quali il matrimonio e la nascita
dei figli.

Attualmente, però, il maggiore investimento in percorsi formativi anche tradizionalmente
poco femminili, gli alti livelli di istruzione delle donne e la trasformazione del ruolo del
lavoro che è diventato per le donne componente fondamentale del loro progetto di vita,
non hanno di fatto migliorato gli squilibri nelle opportunità di carriera.

Questi fattori determinano un ingresso nel mondo del lavoro ad un’età avanzata rispetto al
passato, cioè tra i 25-29 anni, ma le donne continuano ad incontrare notevoli difficoltà nel
fare il loro ingresso nel mondo del lavoro.

Agli alti investimenti in formazione ed all’impegno delle donne nel lavoro, inoltre, spesso
non corrisponde una traduzione in analoghi miglioramenti della posizione nella gerarchia
aziendale, in quella del potere e delle ricompense. Si parla in letteratura di squilibrio di
opportunità e riconoscimenti che dà vita ai fenomeni di segregazione occupazionale
(orizzontale e verticale) e retributiva.12

Gli anni 70, in cui i tassi di scolarizzazione femminile erano molto bassi, hanno influenzato
notevolmente le prassi di selezione organizzativa utilizzate per le donne, determinando una
tendenza a generalizzare, a considerare cioè «tutta la forza lavoro femminile portatrice di
livelli di preparazione e qualificazione professionale inadeguati e scarsi, o comunque

10 Istud, Lo sviluppo delle donne nelle imprese: approcci ed esperienze, Milano, 2000,
11 Reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, il Mulino, Bologna, 1996.
12 Bianco Maria Luisa, Donne al lavoro. Cinque itinerari tra le disuguaglianze di genere, Paravia, Torino,

1997.

                                                                                                       18
inferiori a quelli degli uomini, ma soprattutto ad attribuire alle donne un maggiore interesse
a rivestire ruoli esclusivamente nell’ambito familiare»13

La situazione attuale è notevolmente cambiata, anche se ancora oggi le opportunità di
carriera per le donne sono ristrette rispetto a quelle dell’universo maschile; in azienda,
anche a parità di titolo di studio e di altre condizioni, le possibilità di fare carriera non sono
state ancora eguagliate. Se da una parte sembra che il maggior afflusso delle donne nel
mondo del lavoro sia segno di una « profonda trasformazione dei valori o delle strutture di
priorità da parte delle donne»14, dall’altra sembra troppo ottimistico aspettarsi un altrettanto
forte cambiamento, ed in tempi brevi,da parte delle organizzazioni15

In letteratura si è cercato di dare una spiegazione al fenomeno della “segregazione”: tra i
modelli interpretativi quello psicologico si rifà all’ impostazione psicoanalitica secondo la
quale l’identità femminile e quella maschile si costituiscono nelle prime fasi del processo di
socializzazione; il bambino definisce la propria identità a partire dalla separazione dalla
madre, la bambina a partire dall’identificazione con essa.16 Dall’esito di questa fase
deriverebbero modalità di comportamento e di atteggiamento in età adulta orientate, per gli
uomini all’indipendenza, al controllo, alla volontà di essere soli nelle posizioni di vertice, e
per le donne all’attaccamento, alla dipendenza, alla cura dei figli17.

In campo sociologico si è cercato di sostenere un approccio basato su angolature diverse,
intrecciando la prospettiva psicodinamica con quella psicosociale. In particolare Piera
Brustia18 si sofferma sui mutamenti del ruolo e dell’identità della donna in seguito alle
trasformazioni della società e della famiglia; i promotori di questo modello sostengono che
l’identità non si possa considerare qualcosa di dato una volta per tutte, impermeabile alle
esperienze ed ai mutamenti che intervengono lungo tutto il percorso di vita19.

Al di là di queste considerazioni, dunque, un dato significativo è rappresentato dal fatto che
attualmente il percorso di autorealizzazione femminile prevede una progressione
nell’ambito professionale; tra lavoro e maternità sembra essersi invertito l’ordine di
priorità. Se in passato si sacrificava il lavoro per la famiglia, la tendenza attuale è
esattamente l’inverso.

13 Istud, Lo sviluppo delle donne nelle imprese: approcci ed esperienze, Milano, 2000.
14 Saraceno Chiara, Pluralità e mutamento, Franco Angeli, Milano, 1987.
15 Istud, Oltre la parità, Lo sviluppo delle donne nelle imprese: approcci ed esperienze, Edizioni Angelo Guerini

e Associati Spa, 2000.
16 Chodorow Nancy, La funzione della maternità, La tartaruga, 1991.
17 Gilligan Carol, Voce di donna, Feltrinelli, Milano 1984.
18 Brusita Piera, Donna e Lavoro. Il mondo interno e la realtà esterna, Il segnalibro, Torino 1990.
19 Saraceno Chiara, Pluralità e mutamento, Franco Angeli, Milano, 1987.

                                                                                                              19
1.3. Donne tra lavoro autonomo ed autoimprenditorialità

Al di là delle statistiche, un dato che colpisce positivamente osservando la realtà Italiana è la
visibilità che ha acquisito l’universo femminile nel mondo del lavoro. Attualmente
ritroviamo le donne in quasi tutti i settori in cui svolgono quasi tutti i tipi di lavoro;
addirittura nel settore delle costruzioni in cui sono addette anche a lavori di muratura.20

Sul fronte imprenditoriale, da un confronto di genere, emerge un netto predominio
maschile: le donne imprenditrici rappresentano circa un quinto del totale. Tuttavia, però, si
registra una diminuzione del numero di imprenditori, mentre il numero delle imprenditrici
“in senso stretto”, pur essendo calato negli ultimi 2 anni, resta sostanzialmente sui livelli del
1993.

Precisamente la presenza delle donne lavoratrici autonome risulta:

Ø      maggioritaria ma calante nelle posizioni parasubordinate; all’interno di esse si riducono
       le coadiuvanti, aumentano leggermente le socie di cooperative;
Ø      decisamente più bassa e lievemente in diminuzione in termini assoluti (ma non in
       termini percentuali) nelle categorie degli imprenditori e degli altri self employed;
Ø      sempre bassa ma fortemente crescente nella categoria più dinamica, quella dei self
       employed professionisti, dove la presenza femminile quasi raddoppia in termini assoluti
       ed anche in percentuale sul totale

Anche in questo settore, come del resto nell’andamento generale della presenza delle donne
nel mercato del lavoro, l’innalzamento dell’obbligo scolastico e più in generale
l’allungamento dei percorsi di studio si riflette in un significativo incremento della scolarità
degli imprenditori, che ha riguardato in misura particolarmente rilevante le donne.

Nella ricerca di Formaper di Novembre 1999 svolta in contemporanea sul lavoro
autonomo ed imprenditoriale, si osserva che:

Ø      a causa del forte sviluppo del lavoro atipico, il lavoro autonomo non appare più
       chiaramente distinto dal lavoro dipendente;
Ø      all’interno del lavoro autonomo le categorie individuate dalle statistiche sono
       inadeguate a cogliere le trasformazioni più recenti, sia con riferimento alla separazione
       tra lavoro imprenditoriale e lavoro autonomo non imprenditoriale, sia nell’ambito di
       quest’ultimo tra lavoro realmente indipendente e lavoro parasubordinato.

Il ricorso a forme di lavoro atipiche, sia dipendenti che autonome, ha creato un’ampia zona
non a caso definita “grigia”, i cui confini risultano sfumati e scarsamente definibili.

20   Lia Migale, Imprenditoria femminile e sviluppo economico, Nis, Roma, 1996.

                                                                                              20
Ad esempio, risultano simili nei contenuti, e quindi sostituibili, rapporti inquadrati come
dipendenti (ci riferiamo in particolare ai contratti a tempo determinato) ed altri inquadrati
come autonomi (es. un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, se questo si
riferisce ad un rapporto comunque gerarchico e rappresenta l’unica attività esercitata dal
lavoratore).

L’analisi delle dinamiche del lavoro autonomo non può perciò prescindere dall’esame dei
dati sul lavoro dipendente atipico; si osserva infatti che nell’ ultimo lustro l’incremento nel
lavoro dipendente temporaneo, da un lato ha in gran parte ammortizzato la riduzione
registrata nell’ambito del lavoro a tempo indeterminato, e dall’altro lato ha certamente
influito sul calo del lavoro autonomo.
Con riferimento alle donne, dal lavoro precedente si evince che esse partecipano in misura
decisamente più rilevante al lavoro atipico, sia part time sia a tempo determinato.
Il lavoro a tempo pieno e indeterminato è diminuito sia per gli uomini sia in misura meno
rilevante per le donne, quello atipico è significativamente cresciuto, con tassi più elevati per
le donne nel part time, e per gli uomini nel tempo determinato.
A questo punto è proficuo procedere ad una distinzione tra lavoro dipendente e lavoro
autonomo, dividendo quest’ultima categoria in lavoro imprenditoriale e self-employement.

In riferimento a questo aspetto i problemi da risolvere sono numerosi:

Ø   in primo luogo bisognerebbe capire quanto un lavoro è autonomo e quanto è
    eterodiretto;
Ø   in secondo luogo occorrerebbe avere una definizione di imprenditore chiara ed
    economicamente significativa, infatti la definizione di imprenditore usata in Italia oltre a
    non essere univoca, è basata su criteri inadeguati a cogliere la realtà delle attività più
    nuove (con particolare riferimento all’area dei servizi alle imprese).

Il primo aspetto non è risolvibile sulla base dei dati disponibili; l’Istat individua cinque
categorie: imprenditori, liberi professionisti, lavoratori in proprio, soci di cooperative e coadiuvanti, delle
quali le ultime due definizioni caratterizzano prevalentemente lavoro parasubordinato, ma
non permettono di separare altre figure eterodirette, inquadrate soprattutto nell’ambito del
lavoro in proprio (che è una figura residuale, in cui cioè confluisce tutto ciò che non rientra
nelle altre quattro categorie).
Rispetto al secondo aspetto si osserva che in Italia la definizione di imprenditore non è univoca, ma
varia in misura rilevante a seconda della fonte statistica utilizzata. Le definizioni più comuni sono
due, molto diverse tra loro:

Ø   la prima, che fa riferimento al codice civile, stabilisce che è impresa ogni attività avente
    una struttura giuridica ben definita, ditta individuale o società. Sulla base di essa viene
    stabilita l’obbligatorietà dell’iscrizione al Registro Imprese presso le Camere di
    Commercio. Tale definizione include le attività anche di artigiani e commercianti senza
    dipendenti, mentre esclude la maggior parte delle attività professionali (le più
    tradizionali attività liberali), anche quando sono organizzate in strutture di dimensioni

                                                                                                            21
elevate. E’ da rilevare che questa fonte, che utilizza una definizione molto ampia di
    imprenditore, oltre a sovrastimare il peso degli imprenditori, tende in particolare a
    sopravvalutare il peso delle donne, che più spesso degli uomini, compaiono come socie
    o titolari di imprese solo in quanto proprietarie.
Ø   la seconda è stata utilizzata dall’Istat nell’Indagine sulle Forze Lavoro, e fa riferimento
    al contenuto del lavoro, e definisce imprenditore colui che organizza il lavoro altrui
    senza prestare direttamente il proprio lavoro per attività produttive. La valutazione
    dell’attività viene lasciata all’intervistato e può perciò dipendere dalla sue percezione
    soggettiva. La definizione Istat, risalente all’epoca fordista, è tagliata soprattutto per le
    attività manifatturiere, non per quelle terziarie, dove la partecipazione dell’imprenditore
    all’attività di produzione del servizio è spesso fondamentale. Si può perciò supporre che
    tale definizione sia restrittiva in generale ed in particolare sottostimi il ruolo delle donne
    imprenditrici, che, come si è visto, sono più presenti nelle attività autonome terziarie.

Nella nostra ricerca si terrà conto della distinzione tra self-employed e lavoro
imprenditoriale, che si è resa opportuna nell’ottica dell’accezione di imprenditore in “senso
stretto”, in alternativa alle due definizioni precedenti.
Ma chi è l’imprenditore? E azienda ed impresa sono la stessa cosa? Spesso i due termini,
impresa ed azienda, si usano alternativamente, essi però non hanno lo stesso significato.
Per azienda intendiamo l’insieme di beni organizzati dall’imprenditore per i suoi fini
produttivi (v. art. 2555 C.c.), con il termine impresa, invece, facciamo riferimento
all’attività, alla serie di atti cioè che l’imprenditore compie allo scopo di produrre beni o
servizi (v. art. 2082 C.c.). L’azienda è designata come bene tangibile, come un insieme di
beni organizzati, l’impresa è costituita da azioni, attività coordinate. In Italia l’articolo 2082
c.c. definisce imprenditore “chi esercita professionalmente una attività economica
organizzata al fine della produzione e dello scambio”, e solo indirettamente ne possiamo
ricavare la nozione di impresa da un punto di vista giuridico. Bisogna tener presente che
l’impresa che caratterizza il sistema economico-produttivo del nostro Paese, l’impresa
all’italiana dunque, è la piccola e piccolissima impresa, spesso a conduzione familiare,
soprattutto concentrata nel nord-est, nelle Marche ed in Toscana. Questo significa che nel
nostro Paese poche e rare sono le imprese di grandi dimensioni, e concentrate
prevalentemente nelle aree di prima industrializzazione del Nord-Ovest.
In letteratura si è sempre guardato all’impresa come fattore di innovazione ma anche come
luogo di dominazione; la media e piccola impresa è stata spesso considerata come meno
alienante e spersonalizzante della grande, anche se nella piccola impresa si è spesso
annidata, soprattutto in quella di tipo familiare, una parte dell’economia sommersa.
Una definizione molto interessante è quella anglosassone, secondo la quale si può parlare di
impresa solo quando a distanza di un anno dalla nascita nell’attività economica è inserito
almeno un dipendente, e si denomina imprenditore, quindi, solo il titolare o socio di
un’impresa con almeno un dipendente.
Questa definizione ci sembra sia in grado di fornire dati più realistici, sia in riferimento al
numero complessivo, sia al peso specifico delle donne; nella nostra definizione le
imprenditrici sono tutte le lavoratrici autonome con dipendenti, ossia tutte coloro che

                                                                                               22
risultano classificate, su base Istat, come imprenditrici o lavoratrici in proprio, escludendo
i self-employed, cioè i lavoratori autonomi senza dipendenti.
Abbiamo separato i self-employed dai professionisti, che per l’Istat includono i lavoratori
autonomi senza dipendenti classificati come imprenditori o come liberi professionisti, e
altri self-employed, che invece comprendono i lavoratori autonomi senza dipendenti
classificati dall’Istat come lavoratori in proprio. Si è infatti osservato che effettivamente i
due gruppi fanno riferimento a due tipologie di lavoratori autonomi alquanto diverse: i
primi a professionisti e consulenti ed i secondi ad artigiani e commercianti.
Sono state raggruppate le categorie dei coadiuvanti e dei soci di cooperative, definite come
lavoro non indipendente, poiché in genere riflettono situazioni di parasubordinazione.

1.4. Le politiche a sostegno dell’imprenditoria femminile. La legge
215/92.

La legge 215/92 è lo strumento principale di agevolazione attraverso il quale il Ministero
dell’Industria mette a disposizione dell’imprenditoria femminile stanziamenti, sotto forma
di contributi in conto capitale, erogati a fronte di investimenti.
La Legge 215 permette alle imprese femminili di richiedere un finanziamento a fondo
perduto per parte dei loro investimenti; senza entrare nel dettaglio per il quale si rimanda al
testo completo della legge 215/92, va detto che è prevista la concessione di benefici per la
promozione di nuova imprenditorialità femminile e per l’acquisizione di servizi reali,
consistenti in incentivi sotto forma di contributi in conto capitale fino al 50% delle spese
per impianti ed attrezzature per l’avvio di imprese e contributi fino al 30% delle spese per
l’acquisizione di servizi destinati alle imprese. Detti contributi sono sostituibili mediante
crediti d’imposta.
Per “fondo perduto” si intende una somma di denaro che il Ministero dell’Industria mette a
disposizione dell’imprenditrice a titolo definitivo, senza, quindi, obbligo di restituzione.
Ad esempio: Supponiamo, semplificando, che un’azienda programmi un investimento di
300 milioni, in una regione dove la Legge 215 prevede un contributo massimo pari al 50%
della spesa, quindi 150. Il contributo sarà erogato all’azienda, direttamente nel proprio
conto corrente, in due rate, la prima da 45 milioni (erogata al momento della realizzazione
del 30% del programma di investimenti), la seconda di 105 milioni quando l’investimento
sarà portato a termine (non oltre 24 mesi successivi alla data del decreto di concessione del
contributo).
I destinatari e le dirette beneficiarie, dunque, sono le donne che vogliono creare impresa di
diverse tipologie sia individuali che cooperative purchè, l’apporto prevalente sia al capitale
che al processo produttivo, alla gestione,direzione ed amministrazione sia dato da donne.
Precisamente:

                                                                                            23
Ø    Società di capitali le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore ai due
     terzi a donne ed i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi
     da donne
Ø    Società cooperative e di persone in cui almeno il 60% dei soci siano donne
Ø    Imprese individuali gestite da donne

Gli incentivi sono contributi in conto capitale fino al 50% delle spese per impianti ed
attrezzature per l’avvio di impresa, e contributi fino al 30% delle spese per l’acquisizione di
servizi destinati alle imprese.
Sono previsti anche finanziamenti agevolati per le società cooperative e per le società di
persone per l’acquisto di impianti e servizi destinati all’aumento della produttività sulla base
della capacità riconosciuta alle imprese richiedenti di svolgere proficuamente la loro attività
economia sul mercato.

Durante il primo anno di applicazione della L.215/92 sono pervenute oltre 30.000
richieste di informazione al numero verde attivato presso il Ministero delle Pari
Opportunità, circa 20.000 all’IPI (Istituto per la Promozione Industriale) e molte altre alle
camere di commercio ed alle varie associazioni imprenditoriali. Nello stesso periodo sono
state presentate ben 4.109 domande, di cui 2.679 ammesse, e quindi prive di vizi di forma,
principale causa di rigetto, con una graduatoria finale che ha consentito a 518 progetti di
accedere ai fondi per un importo complessivo di 43,6 mila miliardi di lire 21.

Nella tabella che segue viene riportata una distribuzione del fondo per attività nell’anno di
implementazione della legge:

Tabella 5
Numero di imprese beneficiare della 215/92 per settore di attività e contributo in
milioni di Euro
SETTORI DI ATTIVITÀ (ex lege 215/92)                   Numero imprese                         Contributo

Industria                                                         41                               4,60
Artigianato                                                      102                               4,96
Agricoltura                                                       23                               1,45
Turismo                                                           12                               0,93
Commercio                                                        143                               4,85
Servizi                                                          197                               5,73
Totale                                                           518                              22,52

Anno: 1999
Fonte: Istud.

21Istud, a cura di Serafino Negrelli, Istituzione ed imprenditorialità femminile, Guerini e associati,
Milano, 1999.

                                                                                                    24
I criteri di selezione dei progetti stabiliti dal D.M. 20.12.1996 sono otto e sono: grado di
partecipazione femminile alla compagine sociale, nuove iniziative, maggiore occupazione,
minore investimento per occupato, iniziative ancora da realizzare, minore spesa, azioni
preliminari intraprese per verificare la realizzabilità dell’iniziativa, collegamento con
specifici programmi di sviluppo regionale, proiezione territoriale dell’iniziativa in ambito
più vasto.

Oltre alla legge 125/92, esistono, sia a livello nazionale che regionale, numerose politiche a
favore dell’imprenditoria; data la numerosità delle stesse, si è pensato di elencare le più
importanti normative che fanno diretto ed indiretto riferimento alle agevolazioni previste
sia per favorire nuove opportunità imprenditoriali, che l’ampliamento, riconversione,
ristrutturazione, ecc. di quelle già esistenti.

                                                                                           25
Tabella 6
Prospetto delle leggi nazionali e regionali (relative al solo Centro) contenenti disposizioni a favore dell’imprenditoria
femminile attualmente in vigore – iniziative ammissibili, destinatari, priorità donne, agevolazioni, servizi reali
                                                                                    LEGGI NAZIONALI

                                                                           Legge n.448 del 23/12/1998
                                                           Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo
             Iniziative ammissibili                                    Destinatari                        Priorità             Agevolazioni                        Servizi reali

Nuova attività imprenditoriale                       Cooperative sociali (tipo B)                        Nessuna     Tipo finanziamento: diretto       -      Formazione
-    In proprio                                                                                                      Contributo a fondo perduto per      imprenditoriale
Attività imprenditoriale esistente                                                                                   investimenti                      -      Consulenza per
-    Nuovo impianto                                                                                                  Contributo a fondo perduto per la la progettazione
-    Ampliamento                                                                                                     gestione                          -      Consulenza in
-    Ammodernamento                                                                                                  Finanziamento a tasso agevolato     fase di avvio
-    Diversificazione                                                                                                per investimenti

                                                               Legge Nazionale N.949 (artt.33-52) del 25/7/1952
                                                     Provvedimenti per lo sviluppo dell‘economia e incremento dell‘occupazione
             Iniziative ammissibili                                   Destinatari                       Priorità              Agevolazioni                         Servizi reali
                                                                                                                                                          -
                                                     Ditte individuali Società di fatto; Società di      Nessuna     Finanziamento a tasso agevolato      -       Servizi di
Attività imprenditoriale esistente                   persone (in nome collettivo, in accomandita                     per investimenti Finanziamento a         consulenza e
-    Ampliamento
                                                     semplice); Società di capitali (a responsabilità                tasso agevolato per spese di             formazione non
-    Ammodernamento                                  limitata); Società cooperative; Consorzi;                       gestione Leasing agevolato               previsti
-    Ristrutturazione
                                                     Imprese familiari

                                                                     Legge Nazionale N.1068 del 14/10/1964
Istituzione presso la Cassa per il credito alle imprese artigiane di un Fondo centrale di garanzia e modifiche al capo VI della L. 25 luglio 1952, n. 949, recante provvedimenti
                                                         per lo sviluppo dell’economia e l’incremento della occupazione
             Iniziative ammissibili                                    Destinatari                     Priorità                 Agevolazioni                     Servizi reali

Interventi con finalità specifiche                   Ditte individuali; Società di persone (in nome Nessuna          Agevolazione finanziaria: garanzia   -       Non sono
-    Accesso al credito                              collettivo, in accomandita semplice; Società di                                                          previsti servizi di
La legge ha la finalità di migliorare l’accesso al   capitali (a responsabilità limitata); Società                                                            consulenza e
credito delle PMI con la concessione di              cooperative; Consorzi                                                                                    formazione
garanzie

                                                                                                                                                                                    26
Tabella 6 (segue)
Prospetto delle leggi nazionali e regionali (relative al solo Centro) contenenti disposizioni a favore dell’imprenditoria
femminile attualmente in vigore
                                                                             Legge Nazionale N.1329 del 28/11/1965
                                                                           Provvedimenti per l’acquisto di nuove macchine utensili
              Iniziative ammissibili                                           Destinatari                             Priorità                      Agevolazioni                           Servizi reali

                                                          Ditte individuali; Società di persone (in nome Nessuna                        Contributo a fondo perduto per -     Non sono
                                                          collettivo, in accomandita semplice); Società di                              spese di gestione                previsti servizi di
                                                          capitali (per azioni, in accomandita per azioni, a                                                             consulenza e
Attività imprenditoriale esistente
                                                          responsabilità limitata); Società cooperative. I                                                               formazione
-    Ammodernamento
                                                          beneficiari, all‘atto di presentazione della
                                                          domanda, devono essere iscritti al Registro
                                                          delle Imprese presso la Camera di Commercio

                                                                                 Legge Nazionale N.227 del 24/5/1977
  Disposizioni sull‘assicurazione e sul finanziamento dei crediti inerenti alle esportazioni di merci e servizi, all‘esecuzione di lavori all‘estero nonché alla cooperazione economica e finanziaria in campo
                                                                                                internazionale
             Iniziative ammissibili                                              Destinatari                                Priorità                     Agevolazioni                         Servizi reali

Interventi con finalità specifiche                        Società di persone (semplice, in nome Nessuna                                 Contributo a fondo perduto per -     Non sono
-    Ricerca nuovi canali e/o mercati.                    collettivo e in accomandita semplice); Società                                spese di gestione                previsti servizi di
È ammessa ad agevolazione l‘esportazione,                 di capitali (per azioni, a responsabilità limitata e                                                           consulenza e
verso qualsiasi paese estero, di forniture di             in accomandita per azioni); Società cooperative                                                                formazione
macchinari, impianti, studi, progettazioni,               (a responsabilità limitata e illimitata);
lavori e servizi. Non sono, invece ammesse le             Associazioni; Consorzi
esportazioni di beni di consumo (durevoli e
non durevoli), di semilavorati o di beni
intermedi che non siano destinati in via
esclusiva ad essere integrati in beni di
investimento

                                                                                                                                                                                                             27
Tabella 6 (segue)
Prospetto delle leggi nazionali e regionali (relative al solo Centro) contenenti disposizioni a favore dell’imprenditoria
femminile attualmente in vigore
                                                                   Legge Nazionale N.394 del 29/7/1981
                 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 28 maggio 1981, n. 251, concernente misure a sostegno delle esportazioni italiane
              Iniziative ammissibili                               Destinatari                       Priorità              Agevolazioni                     Servizi reali

                                                       Ditte individuali; Società di persone (semplice, Nessuna   Finanziamento a tasso agevolato      -       Non sono
Interventi con finalità specifiche
                                                       in nome collettivo, in accomandita semplice);              per investimenti Finanziamento a         previsti servizi di
-     Ricerca nuovi canali e/o mercati
                                                       Società di capitali per azioni, in accomandita             tasso agevolato per spese di             consulenza e
  La legge ha la finalità di far realizzare da
                                                       per azioni, a responsabilità limitata); Società            gestione                                 formazione
  imprese italiane un insediamento durevole
                                                       cooperative; Consorzi. I beneficiari, all‘atto di
  costituito da uffici di rappresentanza, filiali di
                                                       presentazione della domanda, devono essere
  vendita, centri di assistenza, magazzini,
                                                       iscritte al Registro delle Imprese presso la
  depositi e sale espositive in paesi non
                                                       Camera di Commercio. Le imprese artigiane,
  appartenenti all’Unione Europea
                                                       all‘atto di presentazione della domanda,
                                                       devono essere iscritte all‘apposito Albo

                                                                  Legge Nazionale N.181 del 15/5/1989
  Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 1° aprile 1989, n.120, recante misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della
                                                                                  siderurgia
           Iniziative ammissibili                                 Destinatari                        Priorità                 Agevolazioni                     Servizi reali

Nuova attività imprenditoriale                         Società di capitali (per azioni, in accomandita Nessuna    Contributo a fondo perduto per -       Non sono
-    In proprio                                        per azioni, a responsabilità limitata); Consorzi           investimenti Finanziamento a tasso previsti servizi di
Attività imprenditoriale esistente                                                                                agevolato per investimenti         consulenza e
-    Ampliamento;                                                                                                                                    formazione
-    Ammodernamento;
-    Riconversione;
-    Ristrutturazione

                                                                                                                                                                                 28
Tabella 6 (segue)
Prospetto delle leggi nazionali e regionali (relative al solo Centro) contenenti disposizioni a favore dell’imprenditoria
femminile attualmente in vigore
                                                                    Legge Nazionale N.215 del 25/2/1992
                                                                 Azioni positive per l‘imprenditoria femminile
             Iniziative ammissibili                                 Destinatari                        Priorità             Agevolazioni                Servizi reali

Nuova attività imprenditoriale                     Ditte individuali; Società di persone (semplice, Nessuna        Contributo a fondo perduto per -     Servizi di
-     In proprio                                   in nome collettivo, in accomandita semplice);                   investimenti                     consulenza e
-     In franchising                               Società di capitali (in accomandita per azioni,                                                  formazione non
Attività imprenditoriale esistente                 per azioni, a responsabilità limitata); Società                                                  previsti
-     Ampliamento                                  cooperative. Per le ditte individuali il titolare
-     Ammodernamento;                              deve essere donna
-     Rilevamento di attività preesistente (solo
  se ad effettuarlo è una nuova impresa);
-     Sviluppo.

                                                                  Legge Nazionale N.488 del 19/12/1992
                                                           Agevolazioni per le attività produttive nelle aree depresse
             Iniziative ammissibili                                Destinatari                          Priorità            Agevolazioni                Servizi reali

Nuova attività imprenditoriale                     Ditte individuali; Società di persone (semplice, Nessuna        Contributo a fondo perduto per -     Servizi di
-    In proprio                                    in nome collettivo, in accomandita semplice);                   investimenti                     consulenza e
Attività imprenditoriale esistente                 Società di capitali (in accomandita per azioni,                                                  formazione non
-    Ampliamento                                   per azioni, a responsabilità limitata); Società                                                  previsti
-    Ammodernamento;                               cooperative. Tutti i destinatari, all‘atto di
-    Riconversione;                                presentazione della domanda, devono essere
-    Ristrutturazione;                             iscritti al Registro delle Imprese presso la
-    Rilevamento di attività preesistente;         Camera di Commercio
-    Riattivazione

                                                                                                                                                                        29
Tabella 6 (segue)
Prospetto delle leggi nazionali e regionali (relative al solo Centro) contenenti disposizioni a favore dell’imprenditoria
femminile attualmente in vigore
                                                              Legge Nazionale N.236 (art.1 bis) del 19/7/1993
                                                                Interventi urgenti a favore dell‘occupazione
             Iniziative ammissibili                               Destinatari                        Priorità                   Agevolazioni                    Servizi reali

                                                 Società di persone (semplice, in nome Nessuna                      Contributo a fondo perduto per      -      Formazione
                                                 collettivo, in accomandita semplice); Società di                   investimenti                          imprenditoriale
Nuova attività imprenditoriale
                                                 capitali (in accomandita per azioni, per azioni, a                 Contributo a fondo perduto per      -      Consulenza per la
-  In proprio
                                                 responsabilità limitata); Società cooperative                      spese di gestione                     progettazione
                                                                                                                    Finanziamento a tasso agevolato     -      Consulenza in
                                                                                                                    per investimenti                      fase di avvio

                                                                Legge Nazionale N.598 del 27/10/1994
 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 29 agosto 1994, n. 516, recante provvedimenti finalizzati alla razionalizzazione dell’investimento delle società per azioni
                                  interamente possedute dallo Stato, nonché ulteriori disposizioni concernenti l’EFIM ed altri organismi
           Iniziative ammissibili                                Destinatari                        Priorità                 Agevolazioni                     Servizi reali

                                                 Ditte individuali; Società di persone (in nome Nessuna             Finanziamento a tasso agevolato     -       Servizi di
                                                 collettivo, in accomandita semplice); Società di                   per investimenti                        consulenza e
Interventi con finalità specifiche               capitali (per azioni, in accomandita per azioni, a                                                         formazione non
-    Innovazione tecnologica                     responsabilità limitata); Società cooperative. I                                                           previsti
-    Tutela ambientale                           beneficiari, all‘atto di presentazione della
                                                 domanda, devono essere iscritte al Registro
                                                 delle Imprese presso la Camera di Commercio

                                                                   Legge Nazionale N.95 del 28/4/1995
                                                 Disposizioni urgenti per la ripresa delle attività imprenditoriali (ex legge 44)
             Iniziative ammissibili                               Destinatari                           Priorità                  Agevolazioni                  Servizi reali

                                                 Società di persone (semplice, in nome Nessuna                      Contributo a fondo perduto per      -      Formazione
                                                 collettivo, in accomandita semplice); Società di                   investimenti                          imprenditoriale
Nuova attività imprenditoriale
                                                 capitali (in accomandita per azioni, per azioni, a                 Contributo a fondo perduto per      -      Consulenza per la
-  In proprio
                                                 responsabilità limitata); Società cooperative                      spese di gestione                     progettazione
                                                 (comprese le minicooperative costituite da 5 a                     Finanziamento a tasso agevolato     -      Consulenza in
                                                 8 soci)                                                            per investimenti                      fase di avvio

                                                                                                                                                                                30
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