N.3-4 - Quando la fede cambia la vita - Diocesi di Tursi
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nuova serie n. 3-4 luglio-dicembre 2017 in questo numero Pag. 3 Presentata la Lettera Pastorale Pag. 48 La nostra Settimana dei Poveri Pag. 84 Un anno speciale con il beato Lentini Quando la fede cambia la vita
Periodico della diocesi di Tursi-Lagonegro Reg. Trib. Lagonegro (Pz) n. 1/95 del 22/02/1995 Anno XVII, nuova serie, n. 3-4 Luglio-Dicembre 2017 Direttore Responsabile Francesco Addolorato Direttore di Redazione don Giovanni Lo Pinto Redazione: don Gianluca Bellusci, don Antonio Caputo, don Vincenzo Iacovino, don Paolo Pataro, Pasquale Crecca, Cristina Libonati, Cosimo Stigliano, Pino Suriano, Antonietta Zaccara Impaginazione, Grafica e Stampa Tipografia GAGLIARDI Via P. Marsicano, 15 - 85042 Lagonegro (Pz) tel. e fax 0973.22744 - tipogagliardi@tiscali.it Sostieni Dialogo versando la tua libera offerta con c.c.p. n. 1019117413 intestato a “Diocesi di Tursi-Lagonegro” specificando la causale: CONTRIBUTO DIALOGO Per contattare la Redazione: tel. e fax 0835.533147 - info@diocesitursi.it oppure scrivici: c/o Curia Vescovile - Via Roma - 75028 Tursi (Mt) www.diocesitursi.it nuova serie n. 3-4 lugl io-d icem bre 2017 Pag. 3 Pastorale la Lettera Presentata Quando la fede cambia la vita
Parola del Vescovo di Sua Ecc.za Mons. Vincenzo Orofino è Natale! e duratura. Dio, Onnipotente ed ripartire, di rialzarsi, di ritrovare Eterno, invisibile e ineffabile, si il senso della mèta della propria «Oggi, nella città di Davide, è fatto “bambino” per stare per esistenza. è nato per voi un Salvatore, sempre con noi. Quale grande Dobbiamo essere sempre che è Cristo Signore» dono! Quale immensa promes- in cammino, poiché possiamo sa di speranza nel Natale del trovare Dio solo andandogli in- “O Dio, tu sei il mio Dio, Signore! Dio è con noi e per noi. contro come a colui che viene, dall’aurora io ti cerco, ha sete Per sempre. Colui che il nostro come a colui che attende e vuo- di te l’anima mia, desidera te la cuore desidera più di ogni altra le che ci mettiamo in cammino. mia carne, in terra arida, asse- persona è con noi e ha posto la «La fede ci apre il cammino e tata, senz’acqua” (Salmo 63, 2). sua dimora tra noi: “qui”, “oggi”, accompagna i nostri passi nel- Il bisogno più intimo del nelle nostre case. la storia. È per questo che, se cuore dell’uomo, di ogni uomo, «Dal momento in cui il Ver- vogliamo capire che cosa è la del nostro cuore, è quello di co- bo si è fatto carne – ha detto fede, dobbiamo raccontare il noscere, vedere, incontrare e Benedetto XVI nel suo “Messag- suo percorso, la via degli uo- amare Colui che è origine e com- gio al XXXIII Meeting per l’Amici- mini credenti. La fede “vede” pimento della propria esistenza, zia tra i Popoli” (Rimini 19 – 25 nella misura in cui cammina» Dio. Sempre il nostro cuore cer- agosto 2012) – è cancellata (FRANCESCO, Lettera enciclica ca Dio, poiché la nostra stessa l’incolmabile distanza tra finito e Lumen fidei, n. 9). natura è fatta per l’Assoluto, infinito: il Dio eterno e infinito ha La liturgia del Natale ci edu- per l’Infinito, per Colui che tutto lasciato il suo Cielo ed è entrato ca a vivere la nostra condizione ha fatto e non è stato fatto da nel tempo, si è immerso nella battesimale come definitiva e nessuno. La ricerca di Dio non finitezza umana. Nulla allora totalizzante. Tutta la nostra vita scompare mai dal nostro cuore, è banale o insignificante nel è sua, in tutti i suoi aspetti e neanche quando lo abbiamo già cammino della vita e del mondo. per tutte le sue dimensioni, per trovato, poiché fin quando non L’uomo è fatto per un Dio infinito sempre. Tutto del Signore, per lo vedremo “faccia a faccia” il che è diventato carne, che ha sempre del Signore: questa è la nostro cuore è inquieto e la no- assunto la nostra umanità per formula della vita di ogni battez- stra sete di Dio non è appagata. Cerchiamolo sempre, il Si- attirarla alle altezze del suo essere divino». zato. Questa consapevolezza deve diventare autocoscienza Parola del Vescovo gnore! Troveremo noi stessi. Ecco il motivo della gioia del di noi stessi, modo di percepirci Anche la nostra “carne” deside- Natale: le domande più radicali e non sforzo volontaristico. Una ra Dio, anche quando la nostra e profonde del cuore dell’uomo consapevolezza viva e vigile, per vita è “terra arida e senz’acqua”. hanno trovato la risposta esau- niente automatica, che ci deve Sempre il nostro cuore cerca Dio. riente e definitiva nel “Bambino” portare ad assaporare la dol- A Natale questo desiderio della “grotta” di Betlemme. cezza dell’essere del Signore e a è pienamente appagato: “Oggi, Una gioia da conquistare e stare per sempre con Lui. nella città di Davide, è nato per rinnovare continuamente, ogni Santo Natale e felice Anno voi un Salvatore, che è Cristo Si- giorno, in ogni circostanza, poi- Nuovo a tutti. gnore” (Lc 2,11). Il “Bambino av- ché il cammino della fede non è Il vostro vescovo volto in fasce” è la risposta alla mai concluso. Nella vita di ognu- nostra domanda di felicità piena no di noi c’è sempre bisogno di 1
Editoriale di Francesco Addolorato ni, ma la grandezza della bontà Una Chiesa povera di Dio che veste i gigli dei campi. Ma per fare questo la Chiesa deve essere anch’essa povera in per i poveri spirito. Come Maria e Giuseppe, come Simeone e Anna, come Zaccaria ed Elisabetta, attraver- S so i quali la Buona Novella del i narra nei Fioretti che San Francesco, il più Vangelo ha fatto la sua irruzione povero dei poveri, nel momento della sua mor- nella storia della salvezza e ha dato inizio al Nuovo te, facesse scrivere un biglietto a una nobil- Testamento. In loro c’è la grandezza di chi è pic- donna romana, chiedendole di portare un panno colo, che si esprime magnificamente nelle parole nel quale avvolgere il suo corpo dopo la morte, i di Santa Teresa di Lisieux, quando ripeteva che un ceri per la sepoltura e “quei dolci, che tu eri solita giorno sarebbe arrivata davanti a Dio a mani vuote, darmi quando mi trovavo malato a Roma” (Fonti per protenderle verso di Lui e riceverne la ricchez- Francescane 253-255). za eterna. La persona a cui Francesco si rivolge non è uno È ciò che dà valore alla povertà materiale, che da dei suoi tanti poveri, ma Giacomina dei Settesoli, sola non salva. Lo sapeva bene Francesco d’Assisi donna appartenente a una ricca famiglia di Roma per il quale povertà significava innanzitutto liber- che, pur agiata, condusse una vita austera e acco- tà. Essere povero per essere libero, ed essere libe- gliente verso i poveri. Francesco si rivolgeva a lei ro per poter obbedire a Dio. Il valore della povertà chiamandola frate Jacopa e nel momento ultimo materiale non è da ricercarsi nella condizione in le chiese di portargli i dolci per la festa finale che lo sé, ma nel potenziale di libertà che da essa si spri- avrebbe visto abbracciare sorella morte. giona. Senza questa indispensabile premessa non Nella nobildonna romana e nel suo rapporto con si capirebbe la scelta del Santo di spogliarsi delle Francesco ritroviamo quella povertà evangelica proprie vesti e restituirle al legittimo proprietario, che consiste nel distacco dalle cose terrene e nel cioè il padre. loro uso rivolto alla gloria di Dio, e che è apprezzato Da questa premessa nasce anche l’Ordine dei Fra- dal Santo al pari della povertà materiale al punto telli e Sorelle della Penitenza, noto come Terz’Or- da chiedere la presenza di frate Jacopa nell’ora so- dine francescano, del quale Jacopa dei Sette Soli lenne della sua morte. viene indicata come una delle fondatrici, cioè di Si tratta della povertà di spirito, di cui parla Gesù fedeli laici che, pur vivendo nel mondo contem- nelle beatitudini e che è il presupposto, e non la poraneo, con le sue esigenze e le sue necessità, conseguenza, della povertà dei beni terreni. È Cri- conservano l’intima spiritualità del Poverello d’As- sto stesso, che manifesta nella sua persona la sisi e il suo dono di povertà spirituale. Di fronte ai scelta di Dio di umiliarsi fino ad accettare la natura beni terreni, coloro che aspirano alla santità, si umana, che dà senso alla povertà, e non il contra- comportano secondo l’indicazione di San Paolo di rio. È questo che vuol significare la scelta radica- “avere come se non si avesse”. le di Francesco, che non avrebbe senso cristiano Certo, il valore del segno della povertà per la Chie- se non avvenisse contemporaneamente alla sua sa è fondamentale, e la povertà di Francesco parlò scelta di ubbidienza al vescovo d’Assisi. al suo tempo così come oggi la povertà della Chie- Il gesto simbolico della spoliazione nella piazza di sa deve parlare a una società che ha confuso l’es- Assisi è da leggere nella sua completezza, e può sere con l’avere e l’uomo con ciò che possiede. Editoriale essere compreso fino in fondo solo se si riconosce È solo da questa prospettiva evangelica che si può l’importanza del vescovo che avvolge quel giovane capovolgere l’idea di povertà con quella di ricchez- nudo nel proprio mantello. È la Chiesa che riveste za. “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno di Cristo la povertà materiale, è la Chiesa che, con dei cieli”. Non è concepibile nella mentalità di que- il suo mantello, raccoglie il poco della povertà e lo sto mondo che un povero possa ereditare un re- trasforma nel molto della Grazia perché quel man- gno. E invece è proprio così. Se la povertà è Cristo tello che non simboleggia ricchezza e fasto terre- e il regno è la casa di Dio. 2
Vita della Diocesi di don Giovanni Lo Pinto Nella libertà la propria scelta: stare con la Chiesa La lettera pastorale di Mons. Vincenzo Orofino indica l’impegno della Diocesi per il triennio P er il secondo anno consecutivo l’appunta- di Ernesto Oliviero e i quattro laboratori del Con- mento dell’Assemblea diocesana diventa il vegno residenziale di Paestum, oltre a quanto è momento di presentazione e lancio del per- venuto fuori dalla riflessione del Consiglio pa- corso di lavoro annuale che si intende realizzare storale diocesano e del Consiglio presbiterale... in Diocesi e nelle parrocchie. Ormai questo non è Al Vescovo è toccata la sintesi e la proposta lun- solo nella mente del Vescovo, del Consiglio epi- gimirante: ecco come arriva tra le nostre mani, scopale e degli altri organismi di partecipazione insieme allo strumento dell’Agenda diocesana, la alla vita ecclesiale ma nel vissuto comune delle lettera pastorale che guarda al triennio 2017-2018. Vita della Diocesi comunità parrocchiali c’è il desiderio di acco- Titolo: “Al fine di edificare il Corpo di Cristo” (Ef gliere dal Vescovo, maestro, pastore e guida del 4,12). Sottotitolo, che prende le coordinate da EG Popolo di Dio che è nella Diocesi, le indicazioni 25: “Per una conversione pastorale e missiona- programmatiche per vivere da figli operosi, da ria”. Tutto nella luce del discernimento comunita- membra vive. rio (EG 30.33.43.50), auspicato dal Papa e realiz- L’Assemblea del 9 settembre è stato un momen- zatosi con fervore e impegno a livello parrocchiale to di “ritorno”, di restituzione da parte del vesco- e locale. Un po’ come se ciascuno, sfogliando e vo Orofino del percorso vissuto durante lo scorso leggendo la lettera pastorale, abbia la possibilità anno pastorale: il lavoro sinodale sulla esorta- di rispecchiarsi nell’analisi e nella proposta: non zione apostolica Evangelii gaudium, l’impegno calate dall’alto ma frutto dell’ascolto del territorio zonale di condivisione e di sintesi dei laboratori e della “base”. parrocchiali, la sintesi di don Gianluca, la rela- Non si tratta dunque di ricette preconfezionate zione di don Carmelo Torcivia, la testimonianza ma “una lettera programmatica, che vuole sti- 3
Vita della Diocesi molare tutti a cercare l’essenziale: Gesù Cristo e no indicazioni e impartiscono ordini ma “un corpo tutto ciò che viene da lui, che si può gustare ap- ben compaginato e connesso che faccia propria partenendo al Suo Popolo che è la Chiesa, aman- la missione evangelizzatrice della Chiesa”, speri- do la Sua Sposa che è la Chiesa, edificando il Suo mentando, ciascuno in ragione dei ministeri e dei tempio che è la Chiesa, lasciandoci condurre nel carismi che gli sono propri, il senso della materni- Suo Gregge che è la Chiesa, lavorando nella Sua tà e della premura. Queste due ultime virtù pos- Vigna che è la Chiesa, adornando il Suo Corpo che sono manifestare il volto della Chiesa “esperta in è la Chiesa” (n. 2). Nella prima delle tre parti in umanità”, misericordiosa e compassionevole. cui si articola tutto il documento (116 pagine, 52 Alla base del rinnovamento non ci sono delle scel- numeri) viene anzitutto presentato il desiderio di te umane ma l’esigenza di ripartire dall’incontro autenticità scritto nel cuore della gente che vive con Cristo che tutto rinnova e rende bello, “una nei 39 comuni della Diocesi, con la positività che fede illuminata e vissuta che renda visibile e cre- contraddistingue l’impegno pastorale e civico dibile Dio nel mondo” (cfr. n. 27), attraverso una delle comunità e delle loro guide, partendo dal- testimonianza di fedeli laici, religiosi e sacerdoti la questione antropologica che è in primo luogo che, guardando al beato Domenico Lentini, di cui istanza irrinunciabile, passando per le tentazioni celebriamo quest’anno il ventesimo anniversario che porge il tempo presente (individualismo, laici- della beatificazione, sappiano essere innamorati smo, cultura dello scarto...) e i rischi che corrono di Gesù Cristo e dei poveri, uomini di preghiera ed gli operatori pastorali (EG 76-108). La prospettiva educatori solerti. Per vivere tutto questo è neces- del Papa è assunta dal Vescovo che la rilancia al sario non solo ripartire dal protagonismo ecclesia- Popolo di Dio che vive in Tursi-Lagonegro: “Le sfi- le e missionario dei fedeli laici ma riconoscere che de esistono per essere superate. Siamo realisti, proprio attraverso la loro formazione permanente ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la dedi- passa il rinnovamento dell’evangelizzazione. Una zione piena di speranza! Non lasciamoci rubare la prospettiva nuova e avvincente che apra a fare forza missionaria!” (EG 109). bene e con uno spirito nuovo le cose di sempre, i La presenza materna e premurosa della Chiesa gesti ordinari capaci di mostrare il volto familiare nel territorio che prospetta Mons. Vincenzo Orofi- e confidente della Chiesa. no guarda alla fede come sfida capace di trasfor- Ambiti privilegiati di dialogo e di alleanza pastora- mare la realtà nella quale si vive, di andare oltre le sono da riconoscere nei rapporti tra parrocchie, il vivere quieto, solito, alla luce del “si è sempre scuola e famiglia. Non solo sinergia ma condivi- fatto così”, assuefatti e appagati dalla piccola sione di vita, di attese, di speranze: farsi carico soddisfazione del vivere tranquillamente e spen- sieratamente... Qui si tratta di voler bene all’uomo per prospettar- gli la “irriducibile novità della vita in Cristo e nella Chiesa” perché, citando il Vescovo, “il program- ma riguarda la nostra vita, la nostra conversione, Vita della Diocesi il compimento dell’altissima vocazione di ciascu- no”. In sintesi: la santità a cui il Signore ci chiama, in una Chiesa “casa e scuola di comunione”, una Chiesa col “volto di mamma che comprende, ac- compagna, accarezza” (n. 22), non può più legarsi alla soddisfazione di stare bene nel proprio orti- cello, all’ombra del proprio campanile, ma va cer- cata e realizzata aprendosi alla vita della Diocesi, per respirare l’aria nuova della fraternità tra le co- munità che appartengono a questa Chiesa locale, “realizzando ciascuno la propria parte” (n. 24). Non più una Chiesa che guardi al Vescovo o al parroco come a “rigidi funzionari” che dispensa- 4
della fragilità e della sconfitta oggi non può esse- gliere perché la fede diventi cultura nella vita del- re più da legare a slogan e proclami perché l’ora la nostra gente. “La cultura, in quanto dimensione delle alleanze per far fronte all’emergenza edu- unificante delle attività educative e missionarie, cativa, ci ricorda Orofino, è scoccata da un pez- deve essere assunta come quarto pilastro della zo. Perciò parrocchia e famiglia sono chiamate nostra struttura pastorale” (n. 36), insieme alla Li- a una collaborazione stretta e fattiva (n. 32) e gli turgia, alla Evangelizzazione e alla Carità, perché organismi di partecipazione alla vita parrocchiale le azioni della Chiesa giungano al cuore delle per- devono programmare avendo i “tempi della fami- sone a cui ci si rivolge e queste scoprano il gusto glia”, proporre attività e appuntamenti a “misura di sentirsi protagoniste della vita della Chiesa che di famiglia” (n. 31), consapevoli dell’essenziale e appartiene a loro, sia per la fase progettuale sia naturale reciprocità tra parrocchia e famiglia. quanto al percorso di realizzazione dell’impegno L’accoglienza, il servizio e la testimonianza della che ci si prefigge. Ripartendo dal “primo annun- carità saranno sempre più coraggiosi ed efficaci cio”, evangelizzare è la grazia e la vocazione pro- quanto più sarà organico e sistematico il percorso pria della Chiesa, la sua stessa identità”, ricorda di pedagogia dell’amore portato avanti non solo ancora Orofino ai fedeli della Diocesi che oggi dalle Caritas parrocchiali ma scegliendolo come guida in quanto padre, senza dimenticare che di stile abituale della Comunità cristiana. questa Chiesa locale egli è anche figlio. “Evange- La terza parte del documento del Vescovo di Tur- lizzazione e Catechesi dunque non siano attività si-Lagonegro guarda alla novità perenne dell’a- che conoscano confusioni o riduzioni: è impensa- zione ecclesiale che è capace di rifarsi a secoli di bile oggi che ci si riduca a corsi di preparazione ai tradizione e di adeguare i suoi passi alle esigenze sacramenti dell’iniziazione cristiana o al matrimo- concrete di un territorio specifico e di un momen- nio”. È da scegliere la via della formazione perma- to storico preciso. Si tratta, afferma ancora la let- nente per sostenere in modo continuativo la vita tera pastorale “di una fedeltà creativa e feconda dei cristiani, “in particolare degli adulti, perché ai gesti e agli insegnamenti della Chiesa” (n. 34). siano educatori e testimoni per le nuove genera- La Chiesa non ha mai realizzato riforme in rottu- zioni” (n. 39). ra con la tradizione, creando discontinuità, bensì La formazione dei catechisti deve conservare una riformandosi nella continuità del fluire ininterrotto priorità rilevante, a livello parrocchiale e zonale, e ordinario della sua vita. Quindi il Vescovo rileva perché abbia una connotazione esperienziale. come siano i gesti ordinari a rendere ancora oggi L’Azione Cattolica, gli altri movimenti e le aggre- affascinante la vita della Chiesa e il modo da sce- gazioni laicali, insieme alle esperienze di oratorio nelle parrocchie, favoriscano – ancora a detta del Vescovo – l’opera di formazione integrale perché la Chiesa educa con tutta la sua vita. Ancora nella lettera si caldeggia una prassi pastorale ordinaria che tenga conto dell’insegnamento della Dottri- na sociale della Chiesa che guarda a tutto l’uomo Vita della Diocesi nella sua interezza in vista della sua piena realiz- zazione. Ribadita l’importanza fondamentale della Litur- gia, e in particolare dell’Eucaristia, colta anche nel suo aspetto educativo come scuola permanente di formazione attorno al Signore risorto, viene ri- chiamato il bisogno di curare la bellezza e la so- brietà di ogni celebrazione, in particolare quella del Giorno del Signore. Si passa quindi ad indicare a sacerdoti e laici le due oasi di spiritualità, attive da settembre a San Giorgio Lucano nel Santuario del Pantano e a Lagonegro nel convento di Santa Maria degli Angeli, luogo in cui è iniziata l’espe- 5
Vita della Diocesi rienza di discernimento di due giovani in vista di E, dalla relazione che si riannoda, viene evidenzia- una nuova “fraternità spirituale”. Segue l’annuncio ta la necessità di “tornare a scuola”. Una Scuola di dell’Anno lentiniano a partire dal 12 ottobre. Cristianesimo che approfondisca l’ambito espe- Ai nn. 43-45 troviamo prospettato il lavoro di ani- rienziale, dogmatico, biblico ed ecumenico della mazione delle Caritas che, a livello parrocchiale e Chiesa con alcuni eventi unitari sulla dottrina so- diocesano, sono chiamate a vivere nella fedeltà ciale diventa la proposta alta che il Vescovo rivol- l’impegno educativo e di sostegno ai poveri, col- ge alla Diocesi come “atto di amore verso i fedeli laborando con le istituzioni presenti, per far fronte laici”. In particolare, consapevole che “nel tempo alle tante richieste che giungono. I centri di ascolto, del disorientamento ideale sia fondamentale ridirci i magazzini dei viveri e di abbigliamento, gli incontri l’essenziale e farci educare dalla Chiesa” e non cer- di formazione e la settimana di riflessione in vista care complicate programmazioni e dei tecnicismi della Giornata mondiale del Povero, le esperienze pastorali (n. 51). La Lettera pastorale presentata a di Scuola di Carità proposte ai giovani hanno più Francavilla in Sinni si conclude con l’invito alla pre- valore se di queste esperienze la Comunità tutta si ghiera per il Vescovo perché, a immagine di Cristo sente protagonista e partecipe. buon Pastore, possa manifestare l’amore e la mise- Per l’ambito della Cultura il Vescovo richiama l’esi- ricordia di Dio Trinità. genza di assumere il “pensiero di Cristo”, facendolo Tante proposte da scegliere nella libertà e nella re- proprio. Oggi non ci si può più fermare alla pietà po- sponsabilità perché un padre è contento che i figli polare e alle devozioni, alle pie pratiche: ripensando crescano e siano a loro volta educatori, fidandosi di il credo e le ragioni della appartenenza alla Chiesa Cristo e della Chiesa, per vivere la gioia di apparte- è possibile ricomporre la frattura tra fede e vita, tra nere lietamente alla Comunità cristiana come figli esperienza religiosa e vita sociale. Il periodico dio- e fratelli che non vivano da fruitori di un servizio ma cesano Dialogo e gli altri canali di comunicazione sappiano essere davvero soggetto della evangeliz- della Diocesi (sito internet, pagine Facebook...) de- zazione, educatori alla vita buona del Vangelo, forti vono rappresentare mezzi importanti per entrare in di aver incontrato Cristo e averlo scelto come unico relazione tra credenti. Signore della propria vita. Vita della Diocesi 6
di Vito Salinaro La prima Festa di in Basilicata Matera e Tursi le città scelte per le manifestazioni Q uella di Matera e Tur- si, andata in scena «La Festa, organizzata tra l’altro valsa la pena soprattutto perché nell’ultima settimana nella settimana delle celebrazioni il salotto di piazza Duomo è sta- di giugno e all’inizio del per la patrona di Matera, Maria to occupato in ogni posto, mo- luglio scorso, aperta dal segre- Santissima della Bruna, ha riem- strando un’attenzione e parteci- tario generale della Conferenza pito di contenuti questo evento pazione fuori dal normale. Non episcopale italiana, monsignor religioso ma, soprattutto, ha dato siamo abituati a questo tipo di Nunzio Galantino, e sostenuta da l’opportunità alla città di confron- ascolto che diventa dialogo. La tutte le diocesi lucane, è stata la tarsi pubblicamente, con serenità cultura e la fede passano attra- prima Festa di Avvenire in Basili- e determinazione, su tematiche verso questi nuovi “aeropaghi”, cata. che affliggono l’oggi del nostro luoghi d’incontro, di scambio, Ma, sia pur da “matricola”, si è Sud ma anche del Sud del mon- di crescita culturale, morale, ri- rivelata come uno degli appun- do». Così l’arcivescovo di Mate- assaporando il gusto della fede tamenti più significativi andati in ra-Irsina, Antonio Giuseppe Ca- cristiana». Quasi scontato chie- scena nell’ormai ricco palinse- iazzo, spiega il perché dell’even- dere al presule se rifarebbe la sto estivo che mette al centro, in to, sostenuto dalla Cooperativa scelta: «Quando si apprezzano ogni angolo d’Italia, il quotidia- sociale Auxilium, dalla Banca di i frutti di un albero bisogna col- no dei cattolici italiani. Sia per la credito cooperativo di Alberobel- tivare lo stesso meglio di prima. qualità degli ospiti saliti sul palco lo e Sammichele di Bari, e dall’a- Il 2018 è già alle porte: bisogna della suggestiva piazza Duomo zienda Bawer: «Ritengo che ne sia programmare con più entusiasmo della città dei Sassi – i cardina- li Gualtiero Bassetti (presidente della Cei) e Lorenzo Baldisseri Vita della Diocesi (segretario generale del Sinodo dei Vescovi), l’ex premier Enrico Letta, Giulio Tremonti, il procura- tore distrettuale Antimafia Nicola Gratteri, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando (collegato in vi- deoconferenza dal capoluogo si- ciliano), sono alcuni dei nomi – sia per i dibattiti apprezzati non solo in “presa diretta” ma anche attra- verso le dirette televisive (man- date in onda da Trm Matera) e in streaming. 7
Vita della Diocesi di don Guido Barbella e determinazione. È una scelta condivisa dalle dio- cesi lucane per stare in mezzo Don Vincenzo Cozzi, un uomo povero alla gente e parlare a tutti. Que- sta strada aperta bisogna conti- nuare a percorrerla». La prima Festa di Avvenire in Basilicata si è conclusa con la Celebrazione eucaristica nella Rabatana e poi nella Cattedra- le dell’Annunziata a Tursi, dove il cardinale Baldisseri ha tenuto un applauditissimo concerto per pianoforte. Per il presule della diocesi dei due mari, monsignor Vincenzo Orofino, «la Festa del Quotidia- no dei Cattolici è stata l’occa- sione preziosa per ribadire che la Chiesa abita e serve, anche sul piano dell’informazione della cultura nazionale, questo terri- torio, ponendo al centro la per- Le radici ci parlano dell’albero sona, destinataria dell’annuncio Così è anche per le persone. Sono le origini a dirci chi sono: cristiano e soggetto attivo di una dove sono nati, i bambini che sono stati, i giochi che hanno fatto, i pastorale che guarda la terra lu- sogni che hanno coltivato. E quello che alla fine diventeranno. cana in maniera attiva e propo- Così è per don Vincenzo. La sua carta d’identità è rimasta sem- sitiva. Non ci si può fermare alla pre la stessa: la mamma con il rosario in mano a custodire i propri denuncia di ciò che non va ma bambini dagli assalti subdoli della povertà, il papà sarto a cucirgli serve rimboccarsi le maniche ed addosso umili vestiti di dignità, e quella casa a due piani dove i loro essere propositivi. quattro figli giocavano su e giù per le scale sotto gli occhi attenti Con lo stupore di chi sa ricono- e amorevoli dei genitori, e sotto lo sguardo del beato Lentini, prete scere che, con la grazia divina di paese, la cui immagine in quella casa era dappertutto – come e le forze umane di cui la Chie- dovunque a Lauria – e il cui stile di vita santa ha impregnato l’ado- sa dispone, si compie l’opera di lescenza di Vincenzo, ha accompagnato la sua scelta vocazionale, Dio che rende partecipe del suo ha segnato il suo sacerdozio. amore. Il cristiano è come un Quella casa non è stata solo la culla del carattere semplice e Vita della Diocesi cercatore di oro, che vuole tro- umile di monsignor Cozzi che per tutti sarà solo e sempre don Vin- vare in mezzo al fango il metal- cenzo, ma anche officina di speranza per un’umanità che ha dovu- lo prezioso che può cambiare la to fare i conti con le ristrettezze economiche e con i tempi difficili sua vita: l’incontro con Dio è per- della guerra. sonale e accade nelle circostan- ze della vita vissuta nel mondo Povero come Cristo povero perciò, parafrasando la Lettera Ogni singolo mattone di questa sua piccola Nazareth ha tra- a Diogneto, il cristiano è per il smesso a don Vincenzo il desiderio di essere prete come Gesù che mondo ciò che l’anima è per il “non ha avuto neanche una pietra dove posare il capo”. corpo. Così la fede diventa cul- Una povertà non come condizione subita per le circostan- tura e quindi criterio di giudizio ze della vita – quella si chiama miseria ed è antievangelica – ma delle vicende della storia». come cosciente e deliberata scelta; come segno di distacco da ciò che è effimero, inutile, superfluo, come segno di chi nella vita 8
punta solo a ciò che davvero conta. E cioè “Gesù Cristo il mio tutto”, come amava ripetere il beato Lentini, e come di fatto accadrà nella vita di don Vincenzo. “La povertà – scriveva don Vincenzo – è il linguaggio della trasparenza: più (Gesù) è pove- ro, umile, semplice, più viene riconosciuto come Dio, più gli uomini comprendono il messaggio di Dio; più il prete è povero, più è trasparenza di Gesù che salva”. Ecco, essere prete per don Vincenzo signifi- cava amare Cristo e seguirlo totalmente, imitan- dolo completamente. E povertà significava non ri- cercare mai qualcosa per se stesso se prima non poteva soddisfare l’esigenza dei tanti bisognosi che bussavano alla sua porta. Figuriamoci allora se il suo conto in banca po- teva andare oltre una certa soglia che si era rigi- damente imposto; figuriamoci se ciò che riteneva come eccedenza non trovava il modo per spedirlo a missionari, amici o organizzazioni benefiche in giro per il mondo. Per non parlare del suo intero stipendio del mese di novembre che puntualmen- te ogni anno versava alla sede centrale di Roma per il Sostentamento Clero. Un prete così, insomma, come poteva non avere come modelli di vita in san Francesco d’As- sisi, a cui si ispirava l’Istituto Secolare dei Sacer- doti Missionari della Regalità con i tre voti di po- all’abitazione del Vescovo ma una suora lo mandò vertà, castità ed obbedienza a cui don Vincenzo via dicendo che il vescovo era impegnato e che aveva aderito, san Vincenzo de’ Paoli che aveva doveva ripassare più tardi. Chissà come si sarà conosciuto attraverso le suore Vincenziane che sentito in cuor suo don Vincenzo, quando seppe frequentava già da piccolo a Lauria, e il beato Do- cosa era accaduto. Chissà se gli venne in men- menico Lentini, presso la cui tomba quando pote- te quella frase di Gesù, “avevo fame, avevo sete”, va si fermava continuamente a pregare? La verità fatto sta che non ci pensò neanche un attimo e è che alla scuola di santi come questi si è solo de- dopo aver rimproverato aspramente la suora, cor- stinati a percorrere le stesse orme. se giù per le scale dell’enorme Palazzo per por- tare a Raffaele una parte di quel pasto caldo che Vita della Diocesi Povero con i poveri già stava sulla sua tavola. E chissà se risentì di Gli indigenti, che prima di essere poveri sono quest’episodio quando scriverà nel 1984 nella let- persone, rappresentano il breviario quotidiano di tera pastorale Il prete nella comunità: “In un mon- don Vincenzo parroco e poi vescovo. Se li andava do che sa costruire così facilmente gli idoli del a cercare per i vicoli stretti del centro storico di benessere e dell’orgoglio il sacerdote deve saper Lagonegro, entrava nelle loro case, cercava di ca- imitare Gesù che non visse in un ascetismo che pire di cosa avessero bisogno e poi un modo per facesse colpo, ma in una povertà semplice che fargli arrivare quella che lui chiamava “la provvi- è fiducia totale nella Provvidenza, indicando che denza” lo trovava sempre. A Melfi non si ricorda il cuore può essere tentato da altra ricchezza: Là mai che un povero abbia bussato invano alla sua dov’è il vostro tesoro, sarà pure il vostro cuore” (Mt porta. Lo ricorda bene Raffaele, un povero che di 6,27), mentre la povertà cristiana annunzia il Re- fatto aveva come mura di casa gli alti muri ester- gno dei Cieli come prima ricchezza perché “tutto ni dell’episcopio; un giorno all’ora di pranzo bussò il resto sarà dato dal Padre” (Mt 6,33). 9
Vita della Diocesi di don Giovanni Messuti Povero in una Chiesa povera Ai suoi tempi era spesso alla base di questa scelta, in tempi recenti è diventata spesso la conseguenza della scelta: e cioè l’essere prete come possibilità di acquisire un status onorifico che ti permetta di essere onorato e riverito. E ti allontana dai poveri. Don Vincenzo, invece, prima da par- roco e poi da vescovo, si è sempre speso nell’annunciare una Chiesa povera, e non solo come opzione fondamentale a favore dei poveri, ma anche come comunità che avesse il coraggio di spogliarsi di ogni or- pello e di quant’altro – anche vestendosi di solennità – avesse la capacità di adombrare la crudezza e la nudità della croce. Sull’alta- re si vestiva sobrio ma non sciatto, semplice ma non trascurato, perché fossero anche gli abiti della liturgia a parlare del Gesù povero fra i poveri, piuttosto che ostentare una so- lennità che anziché farti entrare nel mistero bello della misericordia di Dio diventa auto- celebrazione che parla solo della terra. Lo diceva spesso don Vincenzo: la trop- pa solennità e lo sfarzo non fanno incontrare il Mistero che si celebra. E non posso non ri- cordarlo felice quando venendo a vivere con me a Trecchina ormai in pensione scelse di abitare in quel modesto appartamento che abbiamo in canonica, rifiutando una casa di pregio in piazza. Una difficoltà che invece si trovò a vivere quando appena arrivato a Mel- fi all’inizio del suo ministero episcopale gli “toccò” trasferirsi dalla casa del clero, nel- la quale aveva vissuto per un po’ di tempo, all’Episcopio i cui lavori di ristrutturazione erano finalmente terminati. Vita della Diocesi Ecco, vivere gli ultimi anni della sua vita in una piccola canonica di paese di appena tre stanze, piuttosto che in un “Palazzo”, sarà stata per lui come ritornare alla sem- plicità di quella casa su due piani della sua infanzia a Lauria. E la gioia finale sarà sta- ta per lui la certezza di essere stato sepolto nella Cattedrale di Melfi come aveva chiesto nel Testamento: per ritornare dalla Sposa che aveva tanto amato, fra la gente per la quale si era tanto prodigato. Vescovo nella sua chiesa, ma soprattutto uomo, povero fra i poveri. 10
C he ci fanno 130 giovani, una decina di preti e un vescovo in estate sulle Do- lomiti? Non è l’inizio di una barzelletta ma la descrizione di una storia inizia- ta l’anno scorso e già sognata e pianificata per l’anno che verrà. Dicono che i cristiani sono quel- li che vanno controcorrente… beh sì, ma stavol- ta abbiamo proprio esagerato. In piena estate in montagna. Perché? Semplice! Le cose belle non hanno logiche sempre compresibili, si vivono, si assaporano e poi si raccontano. È per questo che oggi raccontiamo questa magnifica avven- tura. Un bel viaggio in pullman, la messa nella chiesetta dove San Giovanni XXIII è cresciuto e via verso Arabba, paesino nel cuore delle Dolo- miti, che fino a quel giorno nessuno di noi aveva mai sentito nominare. La vacanza non è solo un tempo vuoto da riempire - ha ribadito, a mò di mantra, il Vescovo, nei giorni precedenti la par- le serate trascorse in compagnia, giocando, tenza - ma il momento gioioso e libero in cui far cantando, scherzando sembravano ricordarci: Vita della Diocesi crescere e maturare una compagnia bella, quel- guardatevi negli occhi, la vostra gioia è quella di la della Chiesa. E se la Chiesa mostra il volto gio- chi ha vinto la morte e inneggia alla vita vera. vane, beh la vacanza diventa un’esperienza di Il lago di Braies, le tre cime di Lavaredo, Passo vita e la vita esige bellezza. Pordoi, tutti posti di una bellezza mozzafiato che Le mattinate iniziano con la preghiera delle lodi, credo abbiano sorpreso tutti ma che posso te- insieme, all’aperto, davanti ai nostri occhi lo sce- stimoniare hanno suscitato in noi una profonda nario dei monti e nel nostro cuore la preghiera unità. Di fronte alla bellezza la reazione più im- dei salmi che ci introduce alle escursioni, un tri- mediata e forse meno scontata è quella della ri- pudio di bellezza potremmo dire. conciliazione, con noi stessi e con gli altri. A par- Il leitmotiv di tutta la vacanza è stato: guardatevi tire da noi preti giovani, insieme a testimoniare intorno, la bellezza del creato parla del suo Auto- ai ragazzi la bellezza di una vita donata per loro, re. I pomeriggi all’insegna del riposo, la messa e per tutti. 11
Vita della Diocesi È stato bello ogni tanto condividere de- gli stralci di cammino con gli adulti (i quali alloggiavano poco distanti da noi), interessante e stimolante raccontare le emozioni e le sensazioni che i luoghi di volta in volta suscitavano. Tanti ingredienti hanno composto la ri- cetta perfetta di questa esperienza: la gioia, la passione educativa, l’armonia, la semplicità, la bellezza. Ingredienti che durante l’anno proviamo a preparare con cura e dovizia di particolari, ingredienti di prima scelta e di prima qualità che pro- viamo in tutti i modi a tenere vivi median- te i percorsi di Pastorale Giovanile che in tutto l’anno proponiamo ai ragazzi. Ma si sa, perché la torta riesca bene non servono solo gli ingredienti, c’è bisogno di qualcuno che li metta insieme e poi, pazientemente aspetta che la torta cre- sca. E speriamo che anche quest’anno sia una bella sorpresa. Vita della Diocesi 12
Famiglie sulle Dolomiti nell’estate 2017 di Caterina Battafarano “Vacanze di comunità, in famiglia, con gli amici. Al mare o in montagna. Non uno stacco da se stes- si, ma un’occasione per andare ancora di più a fondo di quello che uno vive. Perché è lì, nel tempo libero, che si capisce cosa uno vuole veramente...” (Don Giussani). Q uando l’estate arriva, si sa, c’è la voglia di li- la possibilità di andare a “vedere”. Forse, non sarebbe berarsi dalle fatiche del lungo inverno e con stata la stessa cosa, sicuramente il solito “pellegrinag- i suoi ritmi ci dà l’opportunità di quel tempo gio”, con gruppi di anziani un po’ noiosi e i bambini poi, chiamato “libero” che ci avvolge con la fre- con i loro capricci che non avrebbero permesso di go- nesia di voler fare chissà che cosa, di riposarsi, di diver- dere appieno della vacanza. tirsi o semplicemente non fare e non pensare a nulla. E invece... il tutto è stato, un piacevole, tuffo nel pas- Eppure ogni tanto accade che qualcuno o qualcosa ti sato. possa destare dal quel torpore, da quel senso di mono- Il primo incontro con tutti gli altri “vacanzieri” è stato tona quotidianità. un dolce riaffiorare di emozioni, ricordi e sensazioni as- Accade infatti che qualcuno ti proponga di fare una va- sopite e mai dimenticate; piacevolmente riscoperte in canza, tutti insieme, tra amici, in montagna, sulle Do- quei volti, di poco cambiati per qualche filo d’argento lomiti… e lì, pensi, chissà, sarà opportuno, i bambini si nei capelli (per dirla con Ranieri…) o per qualche ruga stancheranno, tanti chilometri; eppure c’è un qualcosa in più; gli occhi però erano gli stessi, gli abbracci pure che ti chiama, che ti attira. Ripensi a quando avevi se- e la medesima felicità e spensieratezza del cuore era dici anni e la voglia di andare in quei posti, con la tanta tornata come un tempo, forse ancora più intensa per- amata “scalcagnata” comunità, ai no di tuo padre, alle ché adesso più matura era la consapevolezza di quegli cartoline dei tuoi amici, alle immagini di quei posti da insegnamenti. ammirare solo da lontano; proprio quei posti lì, c’era Per una settimana… il rituale delle lodi mattutine, della Vita della Diocesi 13
Santa Messa, i giochi, i canti alpini, i pasti in comune e le lunghe passeggiate in posti dove ti si ferma il fiato, in posti dove ti rendi conto non della grandezza della natura ma della grandiosità di un progetto, “un corre- do” divino per i suoi figli. Una tale maestosità e bellezza ci ha fatto riconsiderare il fatto che, nella quotidianità frettolosa delle nostre azioni, fermarsi a godere della pioggia scrosciante all’improvviso, delle nubi dissolte per far posto al più bello degli arcobaleni, alle cime al- tissime e imbiancate, “al panino e birretta” consumati velocemente “perché in montagna il tempo è mutevo- le”, la vita ha senso solo se la si vive con la gioia nel cuore; ha senso solo lo stare insieme; ha senso se ci si dà la possibilità di vivere e condividere insieme la stes- sa esperienza. A fine vacanza, quel senso di smarrimento iniziale si è mutato in un rinnovato senso di appartenenza. I saluti finali non hanno lasciato posto alla malinconia ma alla voglia di continuare su questa strada. Giussani scriveva: “…il valore più grande dell’uomo, la virtù, il coraggio, l’energia dell’uomo, il ciò per cui vale la pena vivere, sta nella gratuità, nella capacità della gra- tuità. E la gratuità è proprio nel tempo libero che emer- ge e si afferma in modo stupefacente. Il modo della preghiera, la fedeltà alla preghiera, la verità dei rapporti, verso le cose, tutto questo lo si vede molto più in va- la dedizione di sé, il gusto delle cose, la modestia nell’u- canza che durante l’anno. Che cosa ne viene in tasca, a sare della realtà, la commozione e la compassione vivere così? La gratuità, la purità del rapporto umano”. Vita della Diocesi 14
di don Mario La Colla Rimane vivo il ricordo di don Tommaso Latronico N onostante siano trascorsi ormai quasi 25 anni dalla sua morte, il ricordo di don Tommaso La- tronico rimane vivo e indelebile nel cuore di tut- ti coloro che lo hanno conosciuto. Ogni angolo dell’intero territorio di Nova Siri ne ricorda la sua presenza come se fosse ancora in vita. La straordinaria partecipazione di popolo e di tanti amici, provenienti da molti paesi della Ba- silicata e non solo, alla celebrazione della Santa Messa che si celebra ogni anno in sua memoria nell’Anfiteatro comunale la domenica più prossima alla data della sua morte, il 20 luglio, ne costituisce un’evidente conferma. Il Signore mi ha riservato l’onore e la responsabilità, come parroco, di raccogliere la ricca eredità che ha lasciato nella parrocchia che gli ha dato i natali, che ha visto nascere e svilupparsi la sua vocazione e dove ha anche, per circa dieci anni, esercitato il suo ministero sacerdotale. Uomo di illumi- nata e convinta fede, Sacerdote carismatico, grande trasci- natore e formatore di giovani. Ha consumato la sua vita, come amava spesso ripetere, non per un suo progetto, ma per l’ope- ra di un Altro. Mi sono più volte chiesto in questi anni perché il Signore gli abbia riservato solo 20 anni di vita sacerdotale. Chissà quanto bene spirituale avrebbe potuto ancora compie- re se fosse vissuto più a lungo. I disegni di Dio sono imperscru- tabili. Il Signore ha ritenuto la sua esistenza già completa. Il suo ministero sacerdotale non si è comunque interrotto con la morte perché continua attraverso l’eredità spirituale che ha lasciato nel cuore di tanti. Durante l’anno pastorale in corso, dedicato al beato Domenico Lentini, Sacerdote di Lauria, è auspicabile la risco- perta e riproposta di modelli esemplari di vita sacerdotale, come don Tommaso, don Egidio Guerriero e altri ancora che pochi conoscono perché vissuti nel nascondimento ma che costituiscono la preziosa Vita della Diocesi ricchezza. Siamo stanchi di sentir parlare di preti pedofili e preti che si servono della Chiesa anziché servirla. Non sono mancati, non man- cano e, spero, non mancheranno nella nostra amata Diocesi figure di Sacerdoti che professano e vivono con coraggio la loro fede e che sanno essere vicino a tutti e, in particolare ai più bisognosi come im- magine vivente di Cristo. Note biografiche Don Tommaso Latronico è nato a Nova Siri (MT) il 17 novembre 1948 e deceduto, dopo atroci sofferenze, a Roma il 20 luglio 1993, stroncato da una leucemia mieloide acuta, nonostante il trapianto di midollo os- seo fosse ben riuscito. Battezzato nella Chiesa di Santa Maria Assun- ta, in Nova Siri, l’8 dicembre 1948 da don Giuseppe Pastore e cresi- 15
Vita della Diocesi mato l’11 febbraio 1961 da Mons. razione alla sua Ordinazione stato nominato parroco di Nova Augusto Bertazzoni a Potenza. Sacerdotale prese parte anche Siri paese, insegnando Religio- Ha compiuto gli studi ginnasiali l’Onorevole Aldo Moro, allora do- ne nel Liceo Classico “E. Duni” nel Seminario Regionale di Po- cente all’Università La Sapien- di Matera e, successivamente, tenza e quelli liceali nel Semina- za, che ha incontrato più volte nel Liceo Scientifico “E. Fermi” rio Interregionale di Salerno. don Tommaso, apprezzando- di Policoro e nel Liceo Classico A Roma ha frequentato gli stu- ne l’intelligenza e la passione “G. Fortunato” di Nova Siri. Ha di di Teologia fino alla Licenza per la fede. I primi due anni di insegnato Teologia Dogmatica presso la Pontificia Universi- vita sacerdotale li ha trascorsi presso l’Istituto di Scienze Re- tà Gregoriana, come alunno a Roma come Assistente Spiri- ligiose della Diocesi di Tursi-La- dell’Almo Collegio Capranica. tuale degli universitari di Comu- gonegro. Ha fatto parte del Con- È stato ordinato Sacerdote a nione e Liberazione. Dal 1975 la siglio Nazionale di Comunione e Roma, dal Cardinale Ugo Po- sua missione continua in mez- Liberazione e ha svolto il ruolo di letti, il 28 giugno del 1973. Con zo ai giovani della Basilicata e Assistente della Fraternità di CL i giovani di Comunione e Libe- dell’Università di Bari. Nel 1982 è nelle Diocesi della Basilicata. Dagli scritti “Nell’esperienza dell’uomo tut- to passa e finisce, soprattutto le cose belle (l’infanzia, l’amo- re...) sono destinate a finire nel rimpianto, nella nostalgia e nel ricordo. C’è una sola esperienza che inizia e non finisce, e con il tempo cresce: è l’incontro con Cristo. È unico perché inizia in modo inimmaginabile, impre- visto e interessante, ti corri- sponde e poi - se si rimane, se lo si guarda - è destinato con il tempo a crescere: non sei tu presente e invece in Giuda pre- Dalle testimonianze che cresci; che anzi invecchi, valevano immagini, pensieri, “Tutta la vita di don Tommaso sei fragile e pieno di peccati, ma progetti. Non si stupiva più, non è stata plasmata e illuminata quell’avvenimento che cresce si stupiva di Zaccheo, della Mad- dal Mistero di Cristo e in esso perché guardato attentamente, dalena... La differenza tra gli uo- ha trovato unità. Un mistero ce- corrisponde, non censura, per- mini non è allora tra chi è santo lebrato, investigato, adorato e e chi è peccatore, ma tra coloro vissuto nell’appartenenza doci- Vita della Diocesi dona. L’unica condizione per essere cristiani è guardare a Cri- che Lo guardano e coloro che Lo le, fedele e incondizionata alla sto come si è fatto riconosce- tradiscono (“con gli occhi rivol- Sposa di Cristo. Uomo di Dio e re. Qui è tutta la differenza tra ti a fuggire”). È solo il paragone di fede, dotato di viva e acuta l’esperienza cristiana e le altre che garantisce la libertà della intelligenza, don Tommaso è religioni: che il Cristianesimo ti persona”. stato anche uomo di cultura, re- dice “guarda”. Anche Giuda ha alizzando nella sua vita una feli- fatto un incontro vero (un giorno “Il sacrificio più grande è dare la ce sintesi tra la conoscenza e la venne quest’uomo), anche lui si propria vita per l’opera di un Al- fede. Una fede pensata e vissu- è stupito di un accento unico, lo tro… Lo scopo è costruire l’opera ta, la sua, che è diventata cultura ha seguito, “ma poi passavano i di un Altro. L’Altro non è Cristo in alta, modo specifico di essere e giorni e il Regno suo non veniva”. senso generico, ma sono delle di vivere, criterio di giudizio degli Perché non veniva quel Regno? persone storiche che ti hanno eventi che viveva o che interpre- Perché era già presente, era Lui raggiunto, con le quali vivi.” tava. In don Tommaso cultura 16
di don Giovanni Messuti Un passo oltre… la marcia francescana a Tursi L a XXXVII marcia francescana gruppo christian rock che i nostri della provincia Salernitano-Lu- giovani hanno apprezzato in oc- cana dei Frati Minori quest’an- casione della GMG a Lagonegro lo no fa tappa a Tursi. L’esperienza, scorso aprile. nata ormai diversi anni fa, coinvol- Il passo oltre è reso visibile dalle ge giovani tra i 18 e i 32 anni e si meditazioni che ogni tappa pre- nutre della spiritualità di san Fran- vede, nel nostro caso con sosta al e fede si sono intrecciate in cesco e santa Chiara di Assisi. Santuario di Anglona, dal cammino profonda e feconda armonia, in La marcia è una bella metafora del- silenzioso e carico di suggestioni, modo tale che la cultura in lui la vita, tra difficoltà, fatica, gioia e dalla contemplazione della bellez- non è stata mai solo erudizione, speranza: guardando la meta insie- za che circonda i marciatori ma ma sempre autentica sapienza. me si giunge al traguardo. anche dall’ospitalità che essi rice- Quella sapienza che tiene in- Nel caso specifico la meta in que- vono nelle parrocchie. sieme tutti i fattori e gli aspetti stione è Santa Maria degli Angeli in Da parte nostra donare ospitalità della vita perché derivante dalla Assisi, dove migliaia di ragazzi da a quasi 80 ragazzi provenienti dal- conoscenza come esperienza tutta Italia, dopo aver camminato la Campania e dalla Basilicata ha di Dio. Nessuna nostalgia nel- nelle proprie terre di origine, con- dato un’enorme gioia e ha unito i la sua vita e nel suo pensiero, vogliano nella città del poverello in nostri giovani nell’esperienza del sempre la chiara consapevo- occasione della festa del Perdono, servizio. lezza che “non siamo fatti per il 2 Agosto. Alle 11 del mattino la scena in via vivere del passato, ma di una Marciare significa stare al pas- Roma era bellissima: giovani stan- gioia presente” e che la fortuna so giusto ma anche fare “un pas- chi ma felici, cantando con le ban- dei credenti “non è solo nella fe- so oltre” come recitava l’inno di diere in mano, una croce e tanta deltà ad una storia iniziata, ma quest’anno scritto e musicato ma- voce entrano a Tursi quasi per con- negli inizi nuovi capaci di muta- gistralmente dal Cantiere Kairòs, quistare la città con la bellezza del- re il contenuto del presente e la domanda nel presente” (Mons. Vincenzo Orofino). “L’eroico in lui era proprio il quo- tidiano, vissuto con verità e con Vita della Diocesi passione, sia nel rapporto do- minante col mistero di Cristo presente, sia nel rapporto con la realtà, con le persone e con le circostanze piccole e grandi. Perciò le virtù eroiche si defini- vano nella intensità della pre- ghiera come memoria di Cristo, nella carità come dono di sé intenso e vivo e nella missione come annuncio a tutti di ciò che gli riempiva il cuore” (Mons. Fi- lippo Santoro) 17
Vita della Diocesi la fede e la forza dell’amore. Una breve animazione sul sagrato della Chiesa fa da scenario alla per- manenza dei marciatori, l’adorazio- ne silenziosa davanti al Santissimo Sacramento, invece, ne costituisce la ragione profonda. Un momento di relax per il corpo e per lo spirito. Segue il pranzo preparato da alcune signore volontarie della parrocchia, il saluto e la benedizione del vesco- vo e poi subito la catechesi guidata da fra Pietro Isacco sul personag- gio di Zaccheo, guidata dal frate ma vissuta a pieno dai ragazzi che hanno avuto tempo sufficiente per la meditazione personale. La giornata prosegue con la Messa presieduta dal Vescovo e animata dai frati e dalle suore francescane Dopo qualche resistenza iniziale (il i marciatori hanno lasciato il segno insieme ai ragazzi muniti di chitarre luogo era occupato anche da un al- nel cuore dei nostri ragazzi, un se- e tamburelli. Al termine della Messa tro evento), la piazza si scalda: balli, gno che speriamo di condividere una cena “al volo” e poi tutti in piaz- canti, animazioni il cui tema princi- con altra gente nella stessa moda- za a stendere cavi e montare casse, pale era la bellezza e la gioia di aver lità o in qualcosa che gli assomigli. di lì a poco sarebbe iniziata la serata incontrato il Signore e di aver ac- Come Pastorale Giovanile diocesa- di animazione per tutti i giovani e i cettato la sua grandezza nella vita na possiamo solo dire: per l’anno meno giovani della città di Tursi. di ciascuno. Con molta semplicità che verrà aspettatevene delle belle! “Eccomi, manda me” di don Antonio Lo Gatto (Is 6,8) 25 anni di Sacerdozio di don Enzo Appella D omenica 6 agosto scorso si è con il tema “vocazione delle vocazioni”; Vita della Diocesi celebrato a Francavilla in Sinni S. E. Mons. Pasquale Cascio, arcivesco- il venticinquesimo anniversario vo di S. Angelo dei Lombardi, “vocazione dell’ordinazione presbiterale di don Enzo della Parola”; S. E. Mons. Francesco Siru- Appella, presbitero della nostra Chiesa fo, arcivescovo di Acerenza, “vocazione e diocesana. Concelebrazione presieduta martirio”; S. E. Mons. Francesco Nolè, ar- dal nostro vescovo S. E. Mons. Vincenzo civescovo di Cosenza, “vocazione all’es- Orofino. Un dono e un evento di grazia per senzialità”; S. E. Mons. Francesco Marino, la comunità francavillese ma anche per vescovo di Nola “vocazione di casta bel- tutta la Diocesi. lezza”; S. E. Mons. Rocco Talucci, arci- Ci si è preparati a tale giorno con una set- vescovo emerito di Brindisi, “vocazione timana di catechesi, riflessioni sulla vo- e castità”; S. E. Mons. Vincenzo Orofino, cazione sacerdotale, iniziando con S. E. “vocazione al compimento”. Per me sono Mons. Arturo Aiello, vescovo di Avellino, stati giorni molto arricchenti visto la mia 18
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