LA CHIESA DI SAN PAOLO A UMM AL-RASAS - KASTRON MEFAA

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LA CHIESA DI SAN PAOLO
                 A UMM AL-RASAS – KASTRON MEFAA
                                      M. Piccirillo

La continuazione della ricerca a Umm al-Rasas – Kastron Mefaa nel setto-
re urbano tra il complesso di Santo Stefano sul margine settentrionale delle
rovine a nord e le mura del castrum a sud, ha condotto alla scoperta di altri
due complessi ecclesiastici: il complesso meridionale che ruota intorno alla
chiesa dei Leoni, e il complesso centrale di cui sembrano fare parte la cap-
pella dei Pavoni e la chiesa riportata alla luce in tre campagne di scavo dal
1995 al 1997 (Fig. 1). Quest’ultimo edificio sacro, l’abbiamo designato
come la chiesa di San Paolo, da una invocazione all’apostolo incisa su una
tegola del tetto raccolta nel crollo. Il nome purtroppo non ha avuto confer-
ma dalla lettura delle iscrizioni che accompagnano il mosaico.
    La chiesa seppellita sotto lo spesso accumulo del crollo, ma dominante
per la sua posizione elevata al centro delle rovine, era facilmente identifi-
cabile per la sua forma absidata, come risulta dalla pianta schematica dise-
gnata dal padre Bagatti nella quale l’edificio è indicato con il n. 3, anche
se la foto di una delle porte sulla parete sud viene pubblicata nelle Tavole
come parte di una casa1. L’area di difficile accesso non era stata interessata
dalla rioccupazione moderna delle famiglie della tribù dei Salayta, che for-
se si erano limitati a rialzare a secco il muro settentrionale del cortile che
continua l’edificio sacro a est.
    Il complesso ecclesiastico fa parte di un isolato circondato su tre lati da
stradette. La continuazione dello scavo chiarirà le relazioni tra la chiesa e
gli ambienti circostanti, in particolare con la cappella dei Pavoni nell’an-
golo di sud ovest e con il pressoio per vino al centro del cortile. Per acce-
dere alla chiesa da sud con i mezzi meccanici da trasporto per la rimozione
dello scarico, siamo stati costretti a creare una piattaforma artificiale sulla
facciata della cappella dei Pavoni, coprendo temporaneamente le rovine di
alcuni ambienti. Il complesso sembra costituito dalla chiesa con l’ambien-
te di servizio e il portico a sud, da un cortile a est con un vano di servizio
addossato alla parete della chiesa, e da un secondo cortile a nord sul quale
si aprivano gli ambienti di abitazione ubicati sul lato occidentale.

1. S. Saller - B. Bagatti, The Town of Nebo, Jerusalem 1949, p. 246, fig. 16; pl. 41, 2.

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Fig. 1    Settore nord di Umm al-Rasas con i tre complessi ecclesiastici. A: Com-
plesso di S. Stefano, B: Chiesa dei Leoni e C: Chiesa di S. Paolo (E. Alliata).

    L’isolato apre a nord sulla stradetta che costeggia il complesso di San-
to Stefano che sembra la via di comunicazione naturale tra i due complessi
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ecclesiastici. La relazione con gli ambienti circostanti è complicata da mu-
retti di una fase di rioccupazione che precedette l’abbandono definitivo.
     In superficie il crollo della chiesa mostrava le caratteristiche riscontra-
te negli altri edifici finora scavati a Umm al-Rasas con pendenza verso nord
e crollo più accentuato della parete settentrionale, seguita dalla caduta de-
gli archi nella stessa direzione (Foto 1). Gli archi del portico erano invece
caduti verso sud. Fino agli anni quaranta restavano ancora in piedi le porte
sulla parete sud con gli architravi ancora in situ che abbiamo trovati crolla-
ti all’inizio dello scavo.

Lo scavo

Liberati gli archi caduti dall’accumulo di superficie che non ha ridato nes-
sun elemento di rilievo, la stratigrafia è risultata abbastanza uniforme per
tutto il settore settentrionale della chiesa (Foto 2-3). Gli archi erano caduti
sopra un accumulo di oltre un metro composto in superficie di pietrame e
terra, seguiti da intonaci e tegole che raggiungevano il pavimento
mosaicato coperto da terre gialle compatte (Tavola fuori testo: Sez.1 Est-
Ovest). Nei pressi della parete nord erano cadute le lunghe lastre di calcare
fossillifero della copertura del tetto della navata settentrionale ((Tavola fuo-
ri testo: Sez. 2 Nord-Sud).
     Sacche di cenere erano presenti sia in superficie nei pressi del pila-
stro orientale della serie nord, sia in profondità sotto i conci sagomati
della calotta absidale nell’area del presbiterio, e nell’angolo di nord ovest
della chiesa. In quest’area lo spesso accumulo e l’estensione della sacca
fino alla porta in facciata come risultato di un focolare restato in uso per
un certo periodo, è da mettere in relazione con il riutilizzo di parte della
chiesa prima del crollo.
     I nuovi arrivati per entrare in chiesa utilizzavano la porta occidentale
della parete sud in comunicazione con un piccolo corridoio (ottenuto bloc-
cando il crollo del settore orientale della navata sud) che conduceva al vano
rettangolare costruito nella navata meridionale contro la parete della chiesa
(Pianta 1; Foto 4). L’ingresso del vano si apriva al centro della parete nord
(Foto 5); nella parete orientale era stato riutilizzato un lungo architrave
scolpito. Un muretto a secco con inglobata la lastra ancora in situ della
balaustra univa il bema al pilastro corrispondente della navata (Foto 6).
Inoltre un muretto tra i due pilastri corrispondenti isolava l’angolo di nord
ovest della chiesa dove era stato in funzione un focolare. La porta sulla pa-
rete ovest della chiesa era stata bloccata.
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    I nuovi venuti avevano occupato anche il portico esterno dove era stato
ricavato un ambiente di servizio nell’angolo di sud ovest con ingresso da
est bloccando l’area tra il pilastro occidentale e la porta della chiesa. Con-
tro la parete tra le due porte della chiesa fu costruito un piccolo vano qua-
drangolare a secco.
     Il crollo definitivo degli archi e del tetto della chiesa seguì l’abban-
dono di queste strutture che restarono seppellite.

La chiesa

In pianta l’edificio sacro si presenta come una normale chiesa basilicale con
bema rialzato absidato (Foto 3). La chiesa apriva sull’esterno con un doppio
ingresso sulla parete meridionale, leggermente spostato verso est, che la
metteva in comunicazione con un portico coperto, sostenuto da tre archi che
poggiavano su due colonne e pilastri. Attraverso una terza porta sulla stessa
parete nei pressi dell’angolo di sud ovest, dall’interno della chiesa si entrava
in un ambiente di servizio ricavato all’esterno in continuazione del portico
ma da esso distinto. La porta sulla parete occidentale decentrata verso sud
dava su un secondo ambiente che si estendeva oltre lo spigolo della chiesa
nella stessa direzione. Una parete intonacata di bianco divideva questo am-
biente a nord da un vano speculare coperto ad archi con ingresso dal cortile
settentrionale. Sul cedimento della parete nord era conservata parte del pos-
sibile tetto lastricato con in evidenza i ricorsi di un muretto sovrastante di
mattoni crudi intonacati. L’interno della chiesa era uniformemente intonaca-
to di bianco, come si può vedere da ampi stralci dello spesso intonaco anco-
ra conservati che mostrano diverse fasi di intervento.
     Gli stipiti piani delle due porte esterne della chiesa terminavano con
due capitelli ad angolo con modanatura semplice aggettante sui quali pog-
giavano i due architravi incorniciati da un elemento decorato a denti di sega
coperti da una volta arcuata (Foto 12-14). Sull’architrave della porta est
erano scolpite due croci in rilievo sui lati di una rosetta sovrapposta ad un
cerchio. L’architrave della porta vicina recava in rilievo due croci cosmiche
in cerchio sui lati di un quadrato centrale consunto con il motivo
irriconoscibile (Foto 15). Gli architravi delle due porte interne di servizio
erano decorati semplicemente con una croce centrale (Fig. 2,2-3). In chie-
sa era conservato anche il lungo architrave, riutilizzato nel vano di
rioccupazione, decorato con due coppie di girandole e di vasi ansati ai lati
di una edicola centrale chiusi tra due tortiglioni (Fig. 2,1; Foto 16). Il capi-
tello della colonna centrale del portico era decorato con croci in rilievo.
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Fig. 2.   Elementi architettonici. 1. Architrave riutilizzato in un muretto posticcio
presso la porta centrale sud. 2. Lastra di copertura dalla cappella nord. 3.
Architrave rinvenuto all’esterno della chiesa, presso lo spigolo nord ovest. 4.
Acroterio decorato con croce (C. Sanmorì).

Con il motivo a sega erano decorate le imposte dell’arco trionfale. Nello
scavo è stato recuperato anche un acroterio decorato con una croce incava-
ta con tracce di pittura rossa (Fig. 2,4), e due imposte d’arco decorate con
anfore in rilievo cadute all’esterno della chiesa.
    In alzato le pareti sono conservate per una altezza che non supera il
metro al centro della parete nord, oltre i due metri sulle pareti meridionale
e occidentale (Foto 7), e gli oltre tre metri nella zona absidale con la punta
massima nella volta arcuata che copriva la testata orientale della navata sud
(Foto 8). La povertà tecnica delle murature eseguite con conci regolarizzati
da inzeppature e tenute insieme da malte povere, era nascosta da uno spes-
so strato di intonaco bianco. I conci in calcare fossillifero accuratamente
squadrati erano stati riservati per i pilastri, gli archi e gli stipiti delle porte.
    ll bema di poco aggettante nella navata era rialzato di due gradini
(Foto 17). Quattro lastre di scisto bituminoso ne chiudevano la parte
aggettante. Al momento dello scavo restava ancora in loco la lastra set-
tentrionale inserita tra la parete del pilastro absidale in muratura e il
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pilastrino d’angolo in scisto
bituminoso con modanatura
semplice sulla parte in vista
frontale (Foto 19). La lastra era
invece decorata con una croce
in rilievo inserita in un cerchio
all’interno di un riquadro ribas-
sato. Altri frammenti di almeno
due transenne sono stati recu-
perati nello scavo: uno con in-
cisa una iscrizione sulla base
(Foto 20), un secondo decorato
con una colonnina scanalata in
rilievo di cui restava parte del
fusto e il capitellino a foglie
(Foto 11).
     Sulla testata orientale delle
navate laterali un gradino crea-
va un piccolo spazio di rispetto
sopraelevato, caratterizzato da
una nicchia con modanatura
aggettante in pietra ricavata sul-
la parete orientale. Probabil-        Fig. 3 Nicchia sulla parete est del pasto-
                                      forio sud. 1. Intonaco di prima fase con trac-
mente entrambi gli spazi erano        ce di pittura rossa. 2. Intonaco di seconda
coperti da una volta a botte o da     fase trattenuto da cocci (C. Sanmorì).
una calotta, di cui restano alcu-
ni conci in loco a sud, e conci caduti a nord. E’ ancora ben conservata l’edi-
cola della navata sud con modanatura aggettante in pietra che imita un arco
sorretto da due colonnine con capitello (Foto 9). La calotta interna era in-
tonacata con un doppio strato di calce, con tracce di pittura l’inferiore, con
inserimento di cocci lo strato superiore (Fig. 3). Dell’edicola settentrionale
restava la parte inferiore.
     Nella muratura regolare dello sguancio absidale si notano alcuni fori
probabilmente da mettere in relazione con una edicola in aggetto in stucco
i cui elementi sono stati recuperati tra le pietre del crollo. Al centro della
conca absidale restava il basamento dell’altare che mostrava almeno due
fasi (Fig. 4; Foto 17). L’altare originario era sorretto da quattro colonnine
inserite in alloggiamenti scavati in una base di pietra allettata su una pre-
parazione in malta di calce e cenere poggiata sul mosaico (Foto 18). In un
secondo momento, le colonnine furono rimosse e la mensa venne sorretta
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Fig. 4 Pianta e prospetti relativi alla trasformazione dell’altare nelle ultime fasi
dell’edificio ecclesiastico. 1. Base dell’altare in pietra. 2. Primo strato di intona-
co intorno all’altare a blocco. 3. Secondo strato di intonaco. 4. Preparazione al-
l’ultimo strato di intonaco (C. Sanmorì).

da un altare in muratura praticamente costituito da un’anima di terra rico-
perta all’esterno da uno spesso intonaco di calce.
    Il ritrovamento di una mensa quadrangolare leggermente modanata in
scisto bituminoso, intera anche se spezzata in due parti, rovesciata sull’ini-
zio dell’iscrizione, rimanda ad una tavola per le offerte posizionata all’in-
terno della balaustra nell’angolo di nord ovest, come farebbe supporre
anche la traccia dell’alloggiamento nel mosaico (Foto 17). Dallo scavo pro-
vengono due colonnine in scisto bituminoso, una intera, l’altra mancante
della base con i fori per un applique di una croce in metallo sul fusto, che
sono forse da collegare con una tavola per le offerte (Foto 21-22).
    Sono stati anche recuperati: un capitello in marmo (Foto 24), la parte
superiore di un capitello a cesto decorata con un volatile tra due gigli (Foto
23 a-b), e un capitello sommariamente sbozzato (Foto 25), elementi di cui
è difficile indicare la provenienza funzionale all’interno della chiesa.
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     Dallo scavo della navata nord nei pressi del gradino del bema proviene
il coperchio in marmo rotto in tre pezzi di un reliquiario (Foto 11). Della
normale forma ad acroterio il coperchio si fa notare per il foro al centro
accuratamente eseguito dal marmista in aggetto.
     Il tetto della chiesa era sorretto da due serie di tre archi con un’ampia
luce. I conci dei piedritti e dei tre archi della serie meridionale erano cadu-
ti all’interno della chiesa, insieme con l’arco orientale della serie setten-
trionale. Gli altri due erano finiti fuori della chiesa nel cortile settentrionale
dove abbiamo recuperato una chiave di volta decorata con una croce in ri-
lievo e alcune imposte d’arco decorate con un calice ansato. La capriata
della navata centrale era coperta di tegole, in gran parte finite nella caduta
contro il muro nella navatella nord. Le navate laterali erano invece coperte
con lunghe lastre di calcare fossilifero conservate nella navata settentrio-
nale. (Foto 4; Tavola fuori testo: Sezione Nord-Sud).
     Nei pressi dell’angolo di nord ovest della parete settentrionale, una
finestrella a feritoia stuccata arieggiava l’interno della chiesa (Foto 7).

Il mosaico pavimentale

Il pavimento della chiesa risulta mosaicato in tutte le sue parti con un pro-
gramma nuovo rispetto ai mosaici già noti delle chiese di Umm al-Rasas,
anche se un po’ disordinato nell’impostazione generale (Pianta 1; Foto 26).
Il mosaico subì inoltre pesantemente le mutilazioni iconofobiche e i danni
dovuti alla rioccupazione della chiesa dopo il suo abbandono. Risultarono
così danneggiati irreparabilmente alcuni motivi della navata centrale. Un
dettaglio singolare lo si può notare presso la porta della parete occidentale
e lungo il perimetro interno della parete settentrionale dove il mosaico ri-
sulta rifatto con tessere di modulo maggiorato di pietra bianca e della non
migliore qualità. Si potrebbe pensare ad una rottura del mosaico provocata
dal rifacimento del muro per cause imprecisate, o ad un sollevamento e
asportazione delle tessere originali dovuto alla pressione della parete2.
    Il pavimento del bema absidato fu circondato lungo il perimetro inter-
no con una fascia a nastro ondulato a rotolo con rametti diritti e capovolti
negli spazi di risulta eseguito con un voluto contrasto cromatico nell’alter-
nanza dei colori sul fondo di tessere nere (Foto 27). Una linea di iscrizione
con lettere di tessere nere su fondo bianco inquadrata tra due linee di tesse-

2. Un dettaglio che abbiamo notato anche nella cappella dei Pavoni.
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Fig. 5   Parte centrale del mosaico della chiesa di San Paolo (B. Steri).
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re di colore alternato affiancava all’interno della fascia il lato aggettante
parallelo al gradino, seguito dal campo uniforme di fiori con il quale era
decorato il tappeto. Sulla composizione geometrica creata dal reticolo di
fiori erano inseriti due tori affrontati ad un albero carico di frutti. In conti-
nuazione verso la curva absidale erano raffigurati due volatili affrontati ad
un’anfora ansata su piedistallo che furono in parte coperti dall’altare. I
motivi risultano coloristicamente molto curati. Gli iconofobi sfigurarono il
capo del volatile di sinistra, risparmiando quello di destra. Dei due tori sfi-
gurati e restaurati resta solo la parte posteriore con la coda, essendo andata
distrutta la parte centrale della composizione. Su toro di sinistra sono an-
cora visibili due medaglioni policromi eseguiti nel restauro post-iconofo-
bico. Del programma faceva parte un motivo geometrico a intreccio inserito
tra il nastro e il lato nord della balaustra.
     Molto più complesso e confuso nel risultato finale è il programma del
corpo della chiesa con la soppressione degli intercolunni e l’estensione non
ben giustificata dei motivi delle navate laterali in quella centrale che, per
un caso anomalo che credo finora unico, manca di una sua fascia. La nava-
ta centrale è suddivisa in tre pannelli indipendenti con un andamento auto-
nomo rispetto all’allineamento del gradino del presbiterio che risulta di
qualche grado deviato verso sud (Foto 28). Il tentativo non riuscito di rad-
drizzamento del mosaico spiega l’anomalia abbastanza insolita dell’iscri-
zione dedicatoria scritta lungo il gradino, la quale inizia con tre linee di
scritto e termina con due.
     Dopo il bordo di tessere bianche nel quale è liberamente scritta l’iscri-
zione, segue un pannello rettangolare chiuso in una treccia a due capi alla
quale fanno da pendant sui lati due intercolumni di diversa grandezza de-
corati con un motivo a meandro a doppio ritorno con i riquadri caricati di
croci di fiori. Nello spazio tra i due pannelli di nord, risultato il doppio di
quello corrispondente a sud, il mosaicista ha aggiunto una linea di fiori.
Nel pannello rettangolare ritmato da tra alberelli furono inseriti i ritratti
dei benefattori con l’aggiunta di due capridi sui lati (Foto 27). Tralci di
vite con foglie, grappoli e pampini accompagnano liberamente le fronde
degli alberelli carichi di frutti (mele, melegrane e pere). Il benefattore
Sergis, Sergiß, sulla sinistra era raffigurato in piedi con un incensiere
nella mano destra. Il piccolo incensiere a coppa lobata con base sostenuto

Fig. 6    Iscrizioni che accompagnano la raffigurazione dei benefattori nel pannel-
lo situato davanti ai gradini del presbiterio (C. Pappalardo).
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da tre catenelle starebbe ad indicare la funzione di Sergis come
paramonario della chiesa3. Nel restauro post-iconofobico furono aggiunti
un medaglione policromo e un diamante posto di punta. Tra il secondo e
terzo alberello erano raffigurati Rabbus e il figlio Paolo, [Ra]bbouß k(ai«)
Pauloß, in piedi, intenti a raccogliere i frutti dell’albero4. Probabilmente
Rabbus era raffigurato nel gesto di cogliere i frutti dall’albero con la mano
destra, mentre Paolo tenuto con la mano sinistra dal padre seguiva con il
cesto pieno di frutti, eseguito con la solita cura dal mosaicista. Sui motivi
sfigurati furono aggiunti, in fase di sostituzione, diamanti romboidali e
fiori.
     Il pannello centrale, il più elaborato iconograficamente, e di dimensio-
ni raddoppiate rispetto agli altri due, è chiuso, soltanto però sui lati di est e
di ovest, da una fascia di triflidi alternati a cerchi e quadrati posti di punta
su fondo rosso. Caratteristica del programma quadrangolare è infatti la
mancanza di una fascia sui lati di sud e di nord, supplita dalla treccia dei
due pannelli corrispondenti delle navate laterali che invadono il campo
degli intercolunni fino ad affiancarsi al motivo centrale.
     La composizione geometrica a croce che divide lo spazio in quattro par-
ti simmetriche, è ottenuta con una larga fascia di meandri composta di cor-
doni ad arcobaleno che formano riquadri e originano semicerchi e cerchi
affiancati e annodati5. Nel riquadro al centro della composizione era raffi-
gurata la Terra, [G]h/ (Fig. 5; Foto 29). Dopo l’intervento iconofobico, re-
sta la parte inferiore del busto con mantello rosso allacciato sulla tunica di
colore più chiaro6. La testa fu sostituita da un medaglione policromo a
raggiera. In due degli altri quattro riquadri della fascia di meandri restano
un diamante in sostituzione di un motivo soppresso, e parte di un gallo
anch’esso sfigurato.

3. Come nella figura di Ouadia nella chiesa del Vescovo Sergio (M. Piccirillo - E. Alliata,
Umm al-Rasas - Mayfa‘ah.I. Gli scavi del Complesso di Santo Stefano, Jerusalem 1994, p.
127) e a Jerash nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano (M. Piccirillo, The Mosaics of
Jordan, Amman 1993, p. 276); nella cappella di Elia Maria e Soreg (Ibidem, p. 296) e nella
chiesa del Vescovo Isaia (V.A. Clark, “The Church of Bishop Isaiah at Jerash”, in F.
Zayadine (ed.), Jerash Archaeological Project 1981-1983, I, Amman 1986, p. 328, n. 12).
4. Come nella chiesa del Diacono Tommaso sul Monte Nebo (M. Piccirillo - E. Alliata,
Mount Nebo. New Archaeological Excavations 1967-1997, p. 339).
5. Il programma è utilizzato nella cappella della Theotokos del Memoriale di Mosè sul
Monte Nebo (Piccirillo - Alliata, Mount Nebo, p. 301).
6. Manca il velo pieno di frutti tenuto con le due mani, come nei busti della Terra nella
chiesa di San Giorgio e nel mosaico superiore della cappella del Prete Giovanni (Piccirillo
- Alliata, Mount Nebo, p. 328, fig. 138; p. 353, fig. 209).
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     Nel medaglione al centro dei quattro riquadri laterali erano inserite le
personificazioni dei Fiumi del paradiso accompagnati nelle risulte poli-
gonali da quattro motivi ripetuti (Fig. 5; Foto 28 a-d). I fiumi erano raffi-
gurati secondo la solita iconografia: un personaggio semivestito avvolto in
un mantello e incoronato di fronde seduto in un ambiente fluviale con una
canna nella mano destra e una brocca nella sinistra dalla quale sgorga l’ac-
qua: Ghion, Gh/(w)n, e Fison, Fi/swn, nei riquadri in alto, Tigri e Eufrate,
Eufra/thß, in basso7. Della personificazione di Ghion, circondato da quat-
tro pesci anch’essi accuratamente sfigurati, restano, con un arbusto sulla
destra, le foglie della canna e i tre rivoletti di acqua in basso. L’operaio
aveva aggiunto una croce di fiori al centro della sostituzione eseguita con
le tessere policrome del motivo sfigurato. La personificazione di Fison è la
meglio conservata. Sfigurata la parte superiore del corpo con il viso, i pie-
di e il braccio che reggeva la brocca, restano integri il braccio e la mano
che regge la canna, la corona di fronde sul capo, la brocca da cui sgorga
l’acqua, le pieghe del mantello che copre la parte inferiore del corpo, oltre
alla canna isolata sulla destra e l’arbusto sulla sinistra. Il fiume è circonda-
to da quattro animali sfigurati (tre soli superstiti). La sagoma rimanda a
pesci. I dettagli superstiti, come una specie di testa cornuta oltre la coda di
pesce, ne fanno degli animali marini di difficile interpretazione8. Del Tigri,
circondato da quattro anfore ansate (solo tre superstiti), resta parte di una
canna e la sostituzione eseguita con tessere bianche di pietra di diversa qua-
lità. Dell’Eufrate circondato da quattro cesti pieni di frutti (uno solo super-
stite), restano con parte del piede e del mantello, i motivi vegetali, parte
dell’anfora e dell’acqua e le fronde sulla testa del fiume restaurato con tes-
sere di pietra bianca di qualità mediocre.
     Il terzo pannello nei pressi della parete occidentale era impostato su gi-
rali formati da tralci di vite che fuoriuscivano da cespi di acanto posti negli
angoli. Nei quattro registri di girali, a giudicare da quanto salvatosi dalla
distruzione iconofobica, erano raffigurate le solite scene di vendemmia e

7. Il motivo risulta piuttosto frequente nei mosaici della regione di Madaba. Finora è pre-
sente nella cappella di San Teodoro a Madaba (M. Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba,
Jerusalem 1989, p. 27), nella chiesa dei Sunna‘ (M. Piccirillo, LA 1993, tavv. 8-9), nella
cappella del monastero della Theotokos sul Monte Nebo (Piccirillo - Alliata, Mount Nebo,
p. 364) e nella chiesa di San Sergio a Umm al-Rasas (J. Boujard, “Les églises géminées
d’Umm al-Rasas”, ADAJ 1992, 291-299; Piccirillo, The Mosaics of Jordan, p. 241).
8. Un animale simile fu inserito nella fascia presso la vera della cisterna nel mosaico supe-
riore della cappella del Prete Giovanni a Kh. al-Mukhayyat (Piccirillo - Alliata, Mount
Nebo, p. 353, fig. 208).
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pastorizia inserite con un certo disordine. Nel primo girale del lato ovest
dopo la rottura resta mezza figura di un giovane pastore vestito di una corta
tunica con una fionda nella mano destra rivolto verso sud. Nel girale interno
del terzo registro restano le mani di un vendemmiatore che sta tagliando un
grappolo con la roncola rivolto verso nord. La scena doppia con il contadino
che trasporta l’uva a dorso d’asino, con la frusta nella mano destra e le bri-
glie nella sinistra, si sviluppa invece in due girali del lato nord con le due
figure che si dirigono perciò l’interno della chiesa9.
     Più disordinato risulta il programma geometrico delle navate laterali
suddiviso in tre pannelli speculari di diversa lunghezza e larghezza, inter-
rotti da piccoli pannelli di raccordo. Un campo di fiori decorava le due
aree leggermente sopraelevate di fronte alle edicole ai lati dell’abside.
Nella navata sud risulta quasi del tutto distrutto il primo pannello. Il
mosaico riprende con il motivo di raccordo decorato con due esagoni
polilobati affiancati caricati di fiori su fondo di tessere gialle intersecati
da una serie di quadrati posti di punta ottenuti con fusili di tessere nere.
Seguiva poi un pannello chiuso in una treccia a tre capi decorato con un
reticolo di fiori caricati di diamanti, esteso verso l’interno fino al pannel-
lo centrale. Un altro motivo di esagoni polilobati lo divideva dal pannello
occidentale decorato con un reticolo di rombi e diamanti chiusi in una
fascia di svastica.
     Nella navata nord, meglio conservata, il pannello di est è decorato con
un motivo di ottagoni intrecciati a formare losanghe e quadrati caricati di
diamanti e croci di fiori. Seguono il pannello con reticolo di rombi a fiori
chiuso in treccia a tre capi come nella navata sud, il motivo di esagoni
polilobati di raccordo, e il terzo pannello con reticolo chiuso in una fascia
con meandro semplice formato da una linea di tessere nere e da una linea
di tessere rosse, che termina nei pressi della parete.

Le iscrizioni

Nello scavo della chiesa sono state recuperate quattro iscrizioni in greco:
due nel mosaico, una incisa su una tegola del tetto, la quarta su una tran-
senna della balaustra. Alcune legende accompagnano i ritratti dei benefat-
tori (Fig. 6) e le personificazioni dei Fiumi e della Terra (Fig. 5).

9. Come nel pannello centrale della chiesa dei Santi Martiri a Madaba (Piccirillo, Chiese e
mosaici di Madaba, pp. 113s).
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1. L’iscrizione nel mosaico del bema (Fig. 4; Foto 26)

L’iscrizione di una linea di scritto introdotta da una croce era impaginata
tra due linee di tessere. Le lettere sono alte 15 cm. Ne restano le prime let-
tere e quelle finali.

∆Epi\ tªouv … ejtelio/qh to\] e¶rgon touvto.

+ Al tempo del [ . . . fu terminato] questo lavoro (di mosaico).
    Tenendo presente le iscrizioni delle altre chiese di Umm al-Rasas, è
probabile che fosse ricordato il nome del vescovo di Madaba al tempo
del quale il mosaico fu messo in opera, con molta probabilità il vescovo
Sergio.

2. L’iscrizione lungo il gradino del bema (Fig. 5; Foto 26-27)

Abbiamo già notato l’anomalia dovuta alla forma irregolare del bema, per
cui l’iscrizione che inizia su tre linee di scritto termina con due. Il testo
introdotto da una croce risulta distrutto nella parte centrale. Le lettere in
media alte 9 cm sono scritte con tessere nere.

 JUpe«r mnh/mhß k(ai«) aÓnapau/sewß … UEI …
k(ai«) swthri÷aß k(ai«) aÓfe÷sewß amartiw◊n Rabbou … Pau/lou ui˚w◊n aujtouv
spoudhv ga»r aujtw◊n e˙teliw¿(qh) twˆ◊ pa◊n e¶rgon tªouvto … mhni«º jIouli÷w
i˙nd(iktio/noß) dwdeka¿thß.

+ Per il ricordo e il riposo [di … e di … Sergis e] … e per la salvezza e la
remissione dei peccati di Rabbus [É ] di Paolo suoi figli, per la loro cura
fu terminato tutto il lavoro [… nel mese] di luglio l’indizione dodicesima.
LA CHIESA DI SAN PAOLO A UMM AL-RASAS                              389

     JUpe«r mnh/mhß k( ai«) aÓnapau/sewß k( ai«) swthri÷aß k( ai«) aÓfe÷sewß
amartiw◊n: la formula funeraria iniziale e quella che segue sono abbastan-
za comuni10.
    Rabbous è il benefattore ritratto nella navata con il figlio Paolo11. Nel
mese di settembre dell’indizione dodicesima fu terminato il mosaico della
chiesa di San Sergio all’interno del castrum12.

3. L’iscrizione della tegola (Fig. 6; Foto 31)

L’invocazione fu incisa quando la creta era ancora fresca prima della cot-
tura da una mano esperta. Il testo che inizia con una croce si sviluppa su 6
linee. Le lettere sono alte cm 4/5.

    +   ›Agie Pauvle
    (kai«) germane« sov-
    son tou\ß Bene÷to-
    uß (kai«) Papiw◊na
    Gewrgi÷ou aÓna-
    gn(w¿stou) Amhn

    + San Paolo
    e Germano sal-
    va gli Azzur-
    ri e Papiona
    (figlio di) Giorgio il let-
    tore. Amen.

10. La prima formula ricorre nell’iscrizione del mosaico inferiore del bema nella chiesa di
Kaianos alle ‘Uyun Musa (Piccirillo - Alliata, Mount Nebo, p. 451, no. 58) e nella iscrizio-
ne dedicatoria della chiesa di Santo Stefano a Umm al-Rasas (Piccirillo - Alliata, Umm al-
Rasas - MayfaÔah, I, pp. 244ss); la seconda nell’iscrizione dedicatoria della chiesa della
Vergine a Madaba (Piccirillo, Chiese e mosaici di Madaba, p. 47).
11. Il nome ricorre con trascrizioni diverse (Rabbous, Rabou, Rebbou, Robab) nella chiesa
di Santo Stefano (Piccirillo - Alliata, Umm al-Rasas - MayfaÔah, I, nos. 5a, 7a-b, 5 d, 19a).
12. Boujard, “Les églises géminées”, pp. 300s.
390                                    M. PICCIRILLO

     L’iscrizione si fa notare in generale per l’eleganza e la scioltezza del
tratto corsivo. In particolare notiamo le alfa con la lunga e sinuosa linea
centrale, la sovrapposizione della gamma con lo iota e con l’epsilon, nel
primo caso scrivendo prima il gamma poi lo iota, negli altri due casi pri-
ma l’epsilon poi il gamma. Notare inoltre il tratto finale a chiusura dell’in-
vocazione.
     Il nome di Paolo accompagnava il ritratto tipico dell’apostolo su un
anellino trovato nello scavo del complesso di Santo Stefano13.
     L’invocazione potrebbe essere rivolta a due Santi, Paolo e Germano,
malgrado il verbo al singolare14 o al solo apostolo germa¿ne come un suo
attributo15. La menzione degli Azzurri per i quali si chiede l’intercessione
dell’apostolo, fazione sportiva e poi politica di Costantinopoli estesa a tut-
to l’impero, è già nota nelle iscrizioni di Giordania essendo stata letta su
un architrave a Umm al-Jimal e in una iscrizione musiva a Gerasa16.
     Papiona. Il nome ricorre sul monte Nebo nella iscrizione della chiesa
di Kaianos alle ‘Uyun Musa e nella chiesa nord di Hesban17.
     Un frammento di tegola con l’inizio di una invocazione è stata da noi
raccolta nello scavo della vicina chiesa dei Leoni18. Un secondo frammen-
to con una lista di nomi introdotti da una croce è stato trovato dalla spedi-
zione Max Van Berchem nello scavo delle due chiese all’interno del
castrum (inedito).

13. Piccirillo - Alliata, Umm al-Rasas - Mayfa‘ah, I, p. 267, no. 29. A Pietro e Paolo
“i principali discepoli” era dedicata una chiesa a Gerasa (C.H. Kraeling, Gerasa City
of the Decapolis, New Haven 1938, p. 484, no. 326). Due chiese separate furono
dedicate ai due apostoli nel villaggio di Rihab (Piccirillo, Chiese e mosaici della Gior-
dania Settentrionale, Jerusalem 1981, pp. 78-82).
14. Caso attestato altrove, come nell’iscrizione principale della chiesa di S. Michele
all’Herodion (L. Di Segni, “The Greek inscriptions in the Northern and Eastern Churches
at Herodion”, in Christian Archaeology in the Holy Land. New Discoveries, Essays in
Honour of V. C. Corbo, Jerusalem 1990, 177-178).
15. Non ne conosco paralleli. Su suggerimento di Padre Lino Cignelli, il termine
latinizzzante in costruzione di iperbato avrebbe il senso affettivo di “caro” (cf. F. Calonghi,
Dizionario della lingua latina, Torino 1955). L’invocazione andrebbe tradotta: “Santo e
caro Paolo salva...”. Nella liturgia romana che usa un inno di Prudenzio, Paolo è detto
“germane Petri”.
16. Piccirillo, Chiese e mosaici della Giordania Settentrionale, p. 60; LA 1982, pp. 508s.
Cf. J. Jarry, Hérésies et factions dans l’Empire Byzantin du IVe au VIIe siècle  , Paris 1968.
17. Piccirillo - Alliata, Mount Nebo, no. 61; J.I. Lawlor, “The excavation of the North
Church at Hesban, Jordan: A Preliminary Report”, AUSS 18, 1980, pp. 65-76 (Idem, Syria
36, 1959, pp. 348-371).
18. M. Piccirillo, LA 1992, p. 223.
LA CHIESA DI SAN PAOLO A UMM AL-RASAS                391

   ESTEFANOS

    Pubblichiamo un mattone apparentemente di ippocausto con inciso, a
quanto pare, il nome Stefano (ECTEFANOC) trovato nello scavo di
Mafraq, probabilmente proveniente dal castello omayyade di al-Fidayn, la
cui foto è conservata nell’archivio del Dipartimento delle Antichità (Foto
32; RJ n. A 303; J.-B. Humbert, “El-Fedein/Mafraq”, LA 36, 1986, 354-
361; “Dépôt d’el Fedein/Mafraq”, in La Voie Royale, 9000 ans d’Art au
Royaume de Jordanie, Paris 1986, 267-270).

4. L’iscrizione sulla transenna (Foto 20)

L’iscrizione fu graffita da un artigiano non troppo padrone del suo lavoro
sulla parte inferiore della transenna. Le lettere sono alte 3 cm.

   … I.NIKENTOUAGHOUC. …
392                                  M. PICCIRILLO

La tegola con disegno

Tra le tegole cadute dal tetto con tracce di interventi diversi, come im-
pronte delle mani, croci incise ecc., pubblichiamo quella più spiritosa che
fa il paio con la tegola già pubblicata di Santo Stefano e quella inedita
trovata dalla spedizione svizzera all’interno del castrum19. I tre graffiti
sono opera di una stessa mano, invenzione dello stesso ‘artista naïf’ di
Kastron Mefaa, presupponendo che le tegole del tetto fossero di
manufattura locale. Purtroppo non siamo riusciti a completare la tegola,
anche se il disegno è chiaro (Fig. 7; Foto 31). Un pavone afferra o becca
un serpente che spaventa una fanciulla. L’anonimo disegnatore servendo-
si di un chiodo o di un bastoncino ha saputo creare una scenetta di genere
schizzata con molta libertà.

Fig. 7     Tegola con disegno inciso sull’argilla prima della cottura (S. De Luca).

19. E. Alliata, “Nota sulla ceramica dello scavo”, LA 1987, p. 224; tav. 29, foto43.
LA CHIESA DI SAN PAOLO A UMM AL-RASAS                            393

Conclusione

La chiesa presenta le caratteristiche degli altri edifici sacri di Umm a-
Rasas. Con i due ingressi sulla parete meridionale si accumuna alla chiesa
di Santo Stefano, dove però davanti alle porte si estendeva un cortile lastri-
cato con un portico sul lato di est. La sua particolarità è il portico antistan-
te le due porte. Inoltre, sotto l’aspetto liturgico notiamo all’interno della
chiesa le due edicole sulla parete orientale con le quali è da mettere in re-
lazione il coperchio del reliquiario trovato nello scavo.
     Per una datazione della chiesa e del mosaico che crediamo contempo-
ranei, malgrado il dubbio del possibile rifacimento delle pareti, mancando
l’anno e il nome del vescovo, bisogna affidarsi a criteri stilistici. Il mosai-
co, malgrado le sue peculiarità che riguardano più le linee generali del pro-
gramma che le caratteristiche tecniche e coloristiche dell’esecuzione, è ben
ambientato tra i lavori messi in opera in città al tempo del vescovo Ser-
gio20. Tra le due botteghe che abbiamo individuato in città, il mosaico sa-
rebbe da mettere in relazione con quella responsabile del mosaico della
chiesa del Vescovo Sergio e della chiesa di San Sergio all’interno del
castrum.
     L’indizione dodicesima, che si legge nell’iscrizione lungo il gradino e
che abbiamo già letto nell’iscrizione della chiesa di San Sergio, riporta agli
anni 578 o 593. Nel contesto degli altri mosaici di Kastron Mefaa, credo
sia da preferire anche qui la prima datazione in un periodo che vide una
intensa attività edilizia nella diocesi e a Umm al-Rasas.
     Anche la chiesa di San Paolo, come gli altri edifici ecclesiastici della
città, continuò ad essere officiata dopo la crisi iconofobica che si abbatté
sui motivi figurativi del mosaico accuratamente sostituiti dagli operai inca-
ricati con le stesse tessere o con tessere tagliate dalla pietra locale di un
bianco tendente al grigio.
     Quando ne cessò l’uso liturgico, la chiesa fu rioccupata per un certo
periodo in modo stabile da una famiglia di nomadi, a giudicare dalle poche
tracce di utensili anche terragni recuperati nello scavo. Tra le poche
tipologie ceramiche raccolte sotto il crollo, simili a quelle raccolte sotto il
crollo di Santo Stefano, della chiesa dei Leoni e della cappella dei Pavoni,
è presente anche la caratteristica ceramica “beduina” grossolana di impa-

20. M. Piccirillo, “The Activity of the Mosaicists of the Diocese of Madaba at the Time of
Bishop Sergius in the Second Half of the Sixth Century AD”, in Studies in the History and
Archaeology of Jordan, V, Amman 1995, 391-398.
394                            M. PICCIRILLO

sto nero fatta a mano, da noi identificata a Umm al-Rasas, come caratteri-
stica delle famiglie che rioccuparono gli edifici dopo il loro abbandono da
parte della comunità cristiana, e che abbiamo datata al IX-X secolo (C.
Sanmorí - C. Pappalardo, “Ceramica dalla Chiesa di S. Paolo e dalla Cap-
pella dei Pavoni – Umm al-Rasas”, in questo stesso volume).
    La chiesa di San Paolo costruita e mosaicata nella seconda metà del VI
secolo al tempo del vescovo Sergio fu utilizzata liturgicamente almeno fino
alla metà dell’VIII secolo. A seguito dell’abbandono, fu occupata in modo
permanente da una famiglia beduina che costruì vani aggiuntivi all’interno
e all’esterno della chiesa. L’occupazione non dovette durare oltre il X se-
colo quando crollò il tetto. La caduta degli archi sull’accumulo precedente
seguì in un periodo imprecisato.

                                                      Michele Piccirillo
                              Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem
Pianta I   Pianta della chiesa di S. Paolo (B. Steri).
Sez. 1       Sezione est-ovest attraverso la navata centrale (B. Steri).

 1. Crollo degli archi.
 2. Piccole pietre, resti di intonaco in terra sciolta.
 3. Strato di cenere.
 4. Calcinacci e tegole.
 5. Terra compatta, resti di intonaco.

Sez. 2       Sezione est-ovest nella testata della navata nord (C. Sanmor“).   Sez. 3       Sezione nord-sud praticata al centro della navata sud (C. Sanmor“).

 1. Terra gialla nel crollo.                                                    1. Crollo dell’arco centrale.
 2. Sacca di cenere.                                                            2. Muretto appoggiato al muro primetrale sud della chiesa con tegole riutizzate.
 3. Terra gialla molto compatta.                                                3. Stipite est della porta centrale.
 4. Calcinacci schiacciati sul pavimento.                                       4. Soglia della porta.
 5. Terra gialla con frammenti di inonaco e tegole.                             5. Letto del mosaico.
 6. Terra più o meno compatta con calcinacci, pietre e tessere di mosaico.      6. Mosaico.
 7. Lente di terra gialla molto compatta, frammista a calce.                    7. Fossa scavata di recente sotto il mosaico.
 8. Pilastro nordest della chiesa.                                              8. Terra gialla compatta.
 9. Soglia del pastoforio nord.                                                 9. Terra gialla compatta mista a pietre e intonaco polverizzato.
10. Letto del mosaico.                                                         10. Calcinacci e tegole.
11. Strati di allettamento dell’intonaco.                                      11. Terra gialla soffice.
12. Muro sud del pastoforio.                                                   12. Cenere con rari carboni.
13. Pilastro addossato a 12.                                                   13. Crollo con terra gialla e intonaci.
14. Muro est del pastodorio e nicchia.
15. Crollo dell’arco nordest.
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