De Luca e Volpe inaugurano il nuovo campo

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De Luca e Volpe inaugurano il nuovo campo
De Luca e Volpe inaugurano il
nuovo campo
BELLIZZI. E’ stato inaugurato ieri pomeriggio “Nuova
Primavera”, il campo sportivo che l’amministrazione comunale
di Bellizzi ha realizzato grazie ai fondi della Regione
Campania a completamento di un’intera area urbana oggi
completamente dedicata alla pratica sportiva. Taglio del
nastro affidato al presidente della Regione Campania Vincenzo
De Luca ed al primo cittadino Mimmo Volpe. “E’ importante
avere continui stimoli da parte dei sindaci dinamici ed
operosi- afferma il presidente Vincenzo De Luca -. La Regione
Campania ha messo a disposizione dei fondi per l’accelerazione
della spesa con il preciso obiettivo di aiutare piccoli e
grandi Comuni nella realizzazione di opere come questa.
Infrastrutture che rispondano alle esigenze delle persone e
che possano assicurare servizi di livello sempre più alto. La
Campania riparte grazie a queste operazioni, a persone che
hanno tutta l’intenzione di spendersi per il territorio e di
rispondere alla necessità di lavorare tutti i giorni con
impegno e passione per apportare miglioramenti concreti ai
territori ed ai cittadini”.    “La realizzazione è stata lunga
ed ha richiesto un impegno non indifferente – spiega il
sindaco Mimmo Volpe –completiamo questa opera importantissima
grazie ai fondi che la Regione Campania ha messo a
disposizione per l’accelerazione della spesa dei Comuni
campani e che oggi ci consente di assicurare ai nostri
cittadini ed alle piccole e grandi realtà sportive del
territorio, una infrastruttura di ultima generazione. Il nome
che abbiamo scelto, Nuova Primavera, simboleggia una
particolare attenzione alle nuove generazioni che hanno
necessità di crescere in contesti sociali ed infrastrutturali
all’altezza”. Nel corso dell’incontro Volpe e ha chiesto lo
sblocco dei fondi Erp, edilizia residenziale pubblica in
quanto ci sono cento famiglia che aspettano la realizzazione
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di questi alloggi che rientra nel pacchetto dei finaziamenti
dell’ediliziia residenziale.

Scafati. Chiusa l’indagine
“Mal   Comune”,  in  15  a
processo, tra cui 4 Vigili
Urbani
Di Adriano Falanga

Furbetti del cartellino, atto secondo. L’elenco degli iscritti
sul registro degli indagati sale a 15. Ieri mattina la Guardia
di Finanza di Scafati guidata dal capitano Nunzio Napolitano,
ha notificato 15 avvisi di conclusione indagini nei confronti
di altrettanti dipendenti comunali coinvolti nell’indagine
dell’assenteismo dal posto di lavoro. Ai primi dieci già
sospesi si sono aggiunti altri 5 dipendenti dei quali 2 sono
vigili urbani. I primi dieci furono destinatari, nel mese di
settembre, anche dalla sospensione dal servizio.
Successivamente in tre furono reintegrati. L’operazione,
denominata “Mal Comune” e coordinata dalla Procura di Nocera
Inferiore guidata dal procuratore Amedeo Sessa affonda le
radici nel mese di gennaio 2016. Al termine delle indagini
sono state ricostruite le condotte illecite dei pubblici
dipendenti che, in orario di servizio, dopo aver registrato la
propria presenza, si allontanavano in modo sistematico e
pressochè quotidiano dal posto di lavoro. Tra i “pizzicati” ci
sono quattro vigili urbani, l’autista e lo staffista del
sindaco. Alcuni agivano anche in accordo tra loro,
scambiandosi reciprocamente il “favore” della timbratura del
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cartellino, consentendo così ai colleghi di arrivare in
ritardo in ufficio ovvero, in alcuni casi, di non presentarsi
proprio per nulla sul posto di lavoro. A seguito di
pedinamenti, videoregistrazioni e grazie a telecamere nascoste
sono stati rilevati gli spostamenti e le attività dei pubblici
dipendenti nonché le false timbrature dei cartellini di
presenza. C’era chi andava regolarmente a Pompei, a spendere
una preghiera al Santuario mariano, chi invece coltivava
carciofi nel proprio orticello, chi faceva la spesa, chi
invece incontrava l’amica “intima”. Finiranno a processo
Giovanni Cozzolino, staffista; Gaetano Marino, autista;
Gerardo Aquino, Francesco Avino, Vincenzo Alfano, Giovanni
Cavallaro, Bruno Giordano, Vincenzo Picardi, Salvatore Guida,
Giuseppe Garofalo, Antonio Comentale, e i Vigili Urbani:
Salvatore Vitiello, Carmine Scafuro, Concetta Donadio e il
tenente, comandante a rotazione, Antonio Cavallaro.

Scafati. Aliberti lascia,
Fele: “finisce un’era”. E
Pagano  invoca  le  larghe
intese
Di Adriano Falanga

“Dopo aver preso atto della decisione del Tribunale del
Riesame, pur ribadendo la mia completa estraneità rispetto ai
fatti che mi vengono contestati, ritengo doveroso, per
correttezza e rispetto delle istituzioni e nell’interesse
della città e dei cittadini tutti, fare un passo indietro e
lasciare ogni impegno politico, per cui presento le mie
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irrevocabili dimissioni dalla carica di sindaco. Grazie a
tutti per l’affetto e la vicinanza umana di questi giorni”.
L’ultimo post da sindaco sulla sua pagina Facebook, Pasquale
Aliberti comunica così alla “sua” città le sue dimissioni. Le
ha protocollate alle 16:17, con protocollo interno n°52167.
Aliberti lascia la fascia tricolore dopo la richiesta
d’arresto confermata dal riesame di Salerno, così come chiesto
dalla Procura Antimafia. Voto di scambio politico mafioso
l’accusa, gli arresti motivati dalla concreta possibilità di
reiterazione del reato, in quanto ancora sindaco e considerata
la sua propensione a fare accordi con i clan. Una scelta, le
dimissioni, suggerite sia dal suo stesso partito Forza Italia,
ma anche dai suoi fedelissimi, che in questi giorni non lo
hanno mai lasciato solo. Anche gli avvocati De Caro e D’Amaro
hanno consigliato al sindaco di lasciare la fascia tricolore,
in modo tale da arrivare in Cassazione rimuovendo la
possibilità di reiterazione, in quanto non più primo
cittadino. Un periodo buio, non certo facile sia dal lato
umano, che politico e giudiziario. Il riesame ha smontato
l’intero memoriale difensivo di Aliberti, e questo non solo ha
complicato le cose, ma ha restituito un quadro accusatorio più
complesso di quanto non lo era già prima, ragion per cui, gli
avrebbero suggerito i suoi legali, occorre lasciare Palazzo
Mayer e studiare ogni strategia utile lontano dai riflettori
mediatici. Esattamente un anno fa Aliberti accarezzava il
sogno di un terzo mandato consecutivo, attuando la strategia
della decadenza “pilotata”, grazie anche all’avallo di quasi
tutta la sua maggioranza, e il supporto degli uffici comunali
competenti. Sogno svanito, e oggi si concretizza l’addio. Un
addio burrascoso, con la città attonita e confusa e le forze
politiche che “accendono i motori”. Ma parlare di nuove
elezioni è assolutamente prematuro, il commissariamento non
durerà meno di un paio d’anni, soprattutto in previsione,
oramai certa, di scioglimento per infiltrazioni camorristiche.
Non solo, il terzo comune della provincia e primo comune
dell’agro nocerino rischia concretamente di non avere un
rappresentante nell’ente Provincia e neanche di poterne
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esprimere uno. La tornata elettorale si terrà il prossimo 8
gennaio 2017. Con la legge Delrio possono votare i sindaci e i
consiglieri comunali della Provincia di Salerno. Possono
essere eletti alla carica di componenti del Consiglio
Provinciale i sindaci e i consiglieri comunali. Le liste
dovranno essere presentate presso l’ufficio elettorale di
Palazzo Sant’Agostino entro le ore 12 di lunedì 19 dicembre
2016. E il commissariamento del Comune lascia Scafati fuori
rappresentanza diretta, un buco legislativo forse non previsto
che rischia di non vedere nessun esponente scafatese in lista,
e non solo, nessuno potrà votare, non essendoci più
consiglieri comunali in carica. Brutta cosa.

GIANCARLO FELE: SI CHIUDE UN’ERA

                          Gli alibertiani lo considerano
                          l’erede naturale politico di
                          Aliberti. Giancarlo Fele è il
                          vicesindaco, “l’uomo del silenzio”,
                          abituato a stare lontano dai
                          riflettori. Toccherà a lui trainare
                          l’ente in questi venti giorni,
                          tanti quanti necessitano affinchè
                          le dimissioni siano irrevocabili.
                          Tecnicamente infatti Aliberti può
                          ancora     ritirarle.     “Finisce
                          sicuramente un’era. Nel modo
purtroppo più triste e più brutto. Le dimissioni un atto di
responsabilità. Oggi, seppur davanti ad un fatto così
eclatante e raro, vorrei peró non parlare di politica ma
augurare sinceramente all’uomo Pasquale Aliberti di poter
affrontare il prosieguo delle vicende giudiziarie in maggiore
serenità ed accompagnato dagli affetti familiari. La partita
che si gioca adesso è ben più grande ed importante della
politica, che seppur non di secondo piano per me oggi non
riesce a prevalere sul rispetto verso la persona ed il dramma
che sta vivendo”. Vicinanza umana, ma con un occhio a ciò che
De Luca e Volpe inaugurano il nuovo campo
è possibile portare avanti prima dell’arrivo del commissario.
“Nonostante il disorientamento del momento ovviamente si deve
anche pensare a cosa fare nelle prossime ore. Priorità
all’accordo di programma relativamente al PIU Europa e alla
Rassegna natalizia. Il sindaco intendeva accelerare dopo che
la Regione aveva riaperto questa possibilità, quindi
nonostante il tempo risicatissimo proveremo a produrre questi
atti per accedere ai fondi comunitari – continua Fele –
Lavorerò sicuramente insieme alla giunta per le cose urgenti
in quanto non potremmo fare nessuna programmazione, visto che
tra 20 giorni non saremo più in carica”. Dall’esecutivo fanno
eco anche le parole di Nicola Acanfora, assessore
all’Urbanistica e Sicurezza: “il sindaco ha dimostrato ancora
una volta di avere grande senso di responsabilità, lasciamo
una città migliore di quella che abbiamo ereditato quasi nove
anni fa, abbiamo lavorato con passione e dedizione in questi
anni sempre e solo nell’interesse dei cittadini, sono
orgoglioso di aver fatto parte di questa squadra
straordinaria, ringrazio tutti i miei amici, elettori e
sostenitori per l’affetto e l’appoggio accordatomi. Il mio più
grande in bocca al lupo va a Pasquale Aliberti e alla sua
famiglia affinché possano risolvere i problemi con la
giustizia, e ritrovare la serenità perduta in questi mesi”.

I FEDELISSIMI: un uomo perbene

                             “Condivido appieno la scelta del
                             sindaco il quale, con un atto di
                             amore, ha fatto quel passo
                             indietro tanto agognato dai suoi
                             rivali. La vera sconfitta, in
                             proposito, è quella di una
                             opposizione da sempre incapace
di un contraddittorio politico, paradossalmente anche con la
maggioranza dei numeri – così Diego Del Regno – Una scelta
importante per il destino del comune soprattutto sulle
ricadute, perché uno scioglimento per infiltrazione mafiosa
dilaterebbe i tempi di ritorno alle urne e rallenterebbe ogni
attività amministrativa. Non mi resta che augurare al primo
cittadino di risolvere quanto prima i suoi imprevisti
giudiziari e tornare più motivato di prima ad occuparsi di
politica”. Dimissioni come atto d’amore per la sua città,
secondo Teresa Formisano: “Aliberti è un uomo prima ancora di
essere un politico, che vive per la sua città e di sicuro
dimettersi sarà stata per lui una dura prova. In ogni caso ha
ancora la Cassazione per dimostrare la sua estraneità dai
fatti contestati. Massima fiducia nell’uomo e nel miglior
sindaco di sempre”. Per Carmela Berritto: “una passione troppo
forte per la politica, la stessa che lo ha voluto fuori dai
giochi perché troppo capace. Un uomo perbene, ha sempre
operato per la città, pur subendo tanti tradimenti – la
Berritto non ha dubbi – è stato punito ingiustamente, perché è
estraneo ai fatti che gli vengono contestati”.

PAGANO FA SALTARE I 13. “LARGHE INTESE”

Bruciati sul tempo, le dimissioni di Pasquale Aliberti
arrivano prima delle loro. Erano in tredici, l’appuntamento da
un notaio di Salerno. Il tutto è rimasto nel segreto per
evitare eventuali defezioni, ma alla fine, comunque c’è stato
il passo indietro. L’intera opposizione, a partire dal Pd:
Nicola Pesce, Michele Grimaldi, Michelangelo Ambrunzo, Marco
Cucurachi; poi Fdi con Cristoforo Salvati, Mario Santocchio,
Angelo Matrone. E poi loro, i dissidenti eletti in
maggioranza: Pasquale Coppola, Pasquale Vitiello, Alfonso
Carotenuto, Daniela Ugliano e Stefano Cirillo. Ha “tolto” la
sua adesione solo       poche ore prima Bruno Pagano.
L’appuntamento era stato fissato già da venerdi scorso, ore
18:30 presso il noto bar Moka di Salerno, e una volta “fatto
13“, tutti da un notaio nelle vicinanze. E’ stato Pagano a far
saltare il tavolo, facendo fare dietromarcia al Pd, che pure
era già in viaggio. Ha sempre avuto remore nello sfiduciare il
sindaco, ma questa volta, dopo l’ok agli arresti, sembrava
aver capito che tutto era compromesso. “Sono stato eletto con
la maggioranza che ha vinto le elezioni – ha fatto sapere
Pagano una mezz’ora prima delle dimissioni di Aliberti – ad un
certo punto ho preferito insieme con gli amici di Identità
Scafatese, allontanarmi dalla stessa maggioranza non
condividendo certe logiche, non condividendo la mancanza di
dialettica sui vari problemi e temi amministrativi. Nel giorno
in cui siamo stati eletti, ci siamo caricati di responsabilità
verso la Città e i cittadini tutti. Ritengo quindi che la
grave crisi politica e amministrativa che attanaglia la nostra
comunità, vada risolta nelle sedi politiche e con ogni sforzo
da parte di tutti e di tutte le forze”. Sogna le larghe intese
Bruno Pagano. “Sarebbe a mio avviso utile e necessario un
ragionamento politico leale e sincero tra tutte le forze
presenti in Consiglio Comunale. Verificare se vi è una
possibilità di intesa collettiva, di portare avanti alcuni ed
importanti problemi della comunità. Tutti insieme , senza
logica di appartenenza se non quella della Città e della
comunità”. Tutto questo con una maggioranza ridotta a 9
consiglieri, un sindaco su cui pende una richiesta d’arresto
per voto di scambio politico mafioso, e un clima di quelli al
vetriolo. Fatto sta che Aliberti brucia tutti sul tempo.
Diversa la posizione dei suoi colleghi Cirillo e Ugliano. “Ci
dispiace che le dimissioni arrivino ora, dopo la pronuncia del
riesame. È sicuramente un atto da apprezzare, ma sarebbe stato
di gran lunga più apprezzabile se fossero arrivate prima, come
presa d’atto politica della mancanza di una maggioranza. Dal
punto di vista personale siamo particolarmente dispiaciuti e
confidiamo sempre nel buon operato della magistratura che
riesaminerà in Cassazione”. Anche il Pd aspettava molto tempo
prima le dimisisoni: “dispiace che giungano solo ora, dopo la
pronuncia del Riesame, per ragioni evidenti di opportunismo e
non certo per il bene della città. Ed è per questo che, ora
più che mai, siamo convinti di presentare una mozione di
sfiducia da poter discutere in Consiglio Comunale difronte
alla città, in maniera libera e trasparente, come abbiamo
sempre fatto”. E la mozione di sfiducia arriverà, perché non
deve essere un Tribunale a decidere il fallimento, politico,
di un’amministrazione comunale.

L’EREDITA’

                             La città di Scafati si appresta
                             a vivere una delle pagini più
                             difficile della sua storia. Ha
                             già vissuto il commissariamento,
                             ma questa volta il contesto è
                             molto diverso, e sullo sfondo
                             una città “lasciata a metà”, con
                          molte    priorità    rimaste
irrisolte. Non c’è stato il tempo per portare avanti la
questione sicurezza, non c’è stato tempo per affrontare fino
in fondo le politiche ambientali, cercando di dare risposte
immediate al problema allagamenti e all’inquinamento del fiume
Sarno. La speranza è che i lavori per la nuova rete fognaria
non vedano una battuta d’arresto. Chi verrà, troverà davanti
la sfida di un ente in pre dissesto finanziario, e opere
incompiute da portare a termine. Il Polo Scolastico, la grande
sfida   dell’amministrazione      Aliberti,    assieme   alla
riqualificazione dell’area Ex Copmes. Entrambe finite nel
vortice giudiziario e sotto esame dall’antimafia. Poi c’è il
Pip, e quel finanziamento di 24 milioni di euro tanto
reclamato in campagna elettorale per le regionali del 2015, e
mai arrivato. Finito nel dimenticatoio il Puc: “abbiamo
scritto la storia” dichiarava soddisfatto Aliberti quando il
lo strumento urbanistico fu approvato. Da allora però il
nulla. Il Puc è stato rimandato indietro dalla Provincia
perché non è conforme alla normativa provinciale di
riferimento. Ritornato all’anno zero. E come non citare la
riapertura del Pronto Soccorso, e lo stallo dei servizi
sociali, passando per la Villa Comunale. Tutto andato, forse,
perduto. Ci restano le piazzette, il centro sociale a san
Pietro, l’isola ecologica, le palestre di via della Resistenza
e plesso Pisacane, la riqualificazione degli Iacp di Mariconda
e via Martiri D’ungheria. I campi di calcio A e B, il canile,
la strada del liceo, la messa in sicurezza dei cavalcavia
completati, gli asfalti e la segnaletica stradale orizzontale
e verticale, la riqualificazione delle scuole di via Lo Porto,
via Martiri D’Ungheria medie ed elementari, le elementari di
Mariconda e medie di San Pietro. E poi lei, la fontana rotonda
sul corso Nazionale. Sullo sfondo, la mancanza di idonea e
programmata manutenzione. Magari ci penserà il commissario.
Scafati finisce nel tunnel.

Scafati. “Avvezzo a fare
accordi con i clan”, il
profilo di Aliberti tracciato
dal Riesame. Il ruolo di
Barchiesi
Di Adriano Falanga
Innegabile, la decisione del Riesame di Salerno di accogliere
la richiesta di arresto per il sindaco Pasquale Aliberti,
promossa dal pm Vincenzo Montemurro dopo il diniego del Gip
Donatella Mancini, ha sorpreso tutti. E a stupire non è stata
tanto l’avallo degli arresti, bensì la lunga ordinanza di una
trentina di pagine, in cui si delinea anche un profilo
dell’imputato principale: Pasquale Aliberti. Stupisce perché
viene ridimensionato il coinvolgimento di Nello Aliberti,
seppur riconoscendogli una parte attiva nel presunto patto
politico mafioso. Non solo la triade di giudici ha smontato
l’impianto difensivo degli Aliberti, ma ha consegnato ai
posteri un’immagine decisamente diversa dell’Aliberti che
tutti conoscevano. Un politico avvezzo ai voti della camorra,
che non disdegna il loro supporto, ben consapevole della
caratura criminale dei suoi interlocutori. Aliberti avrebbe
cercato il loro sostegno, e non avrebbe sdegnato di offrire
loro un ricambio, inteso come appalti o promesse di lavori per
conto della cosa pubblica. Anzi, sarebbe stato parte attiva,
regista e consigliere per indirizzare bene il clan sulla
giusta strada da prendere per non destare sospetti, e poter
pagare loro “dazio” per i voti ricevuti. E l’accordo con i
Ridosso-Loreto del 2013 si materializza in quei 265 voti
raccolti da Roberto Barchiesi, un perfetto sconosciuto eletto
e finito primo della lista, riconducibile a Raffaele Lupo,
“Grande Scafati“. Meno di trecento voti che non influiscono
affatto sull’elezione del sindaco, non sono certamente
determinanti, ma secondo il Riesame, ad Aliberti non
dispiacciono affatto. Il rapporto con i Ridosso affonda le
radici nel tempo. Era il 2001 quando Salvatore Ridosso
(fratello di Romolo, ucciso poi in un agguato) presenta al
boss Saverio Tammaro (oggi anche lui pentito) un giovane
Pasquale Aliberti, agli arbori della sua carriera politica. Il
Ridosso gli disse: “è un caro amico, adesso si candiderà a
sindaco, farà politica, quindi gli dobbiamo dare una mano
perché ci interessa, possiamo fare cose buone con lui”.
Dichiarazione queste, rese dal Tammaro il 12 settembre 2016.
Secondo il collegio difensivo composto dagli avvocati DE Caro
e D’Amaro, non ci sarebbero stati gli estremi per la
concessione della misura cautelare, siccome il clan sarebbe
oramai sciolto dopo il pentimento di alcuni dei suoi
componenti apicali. Una tesi respinta dal Riesame, perché non
basta il pentimento a ritenere sciolto un clan radicato sul
territorio, oltre poi alla libertà di Ridosso Andrea e alla
scelta di non collaborare dei cugini Gennaro e Luigi Ridosso.
“Ad ogni modo si tratta di una questione irrilevante –
puntualizzano i giudici – perché la tendenza dell’Aliberti ad
entrare in affari e in rapporti con la camorra non è
canalizzata verso tale clan. I dati acquisiti evidenziano
come, pur di accaparrarsi voti e vincere le competizioni
elettorali, l’Aliberti non si fa scrupolo di entrare in
contatto ed in accordo con il tessuto criminale del momento”.
Insomma, per il Riesame il sindaco di Scafati non pone una
questione di fiducia sui suoi interlocutori malavitosi, a lui
interessa piuttosto il loro spessore criminale, per il proprio
tornaconto elettorale. Ed è in questa ottica che entrano in
gioco le precedenti elezioni e gli altri clan. Nel 2008 sono i
Sorrentino, detti “campagnuoli”, ad appoggiare Aliberti. Alle
provinciali del 2009 un cartellone di propaganda elettorale
viene rinvenuto in un deposito della famiglia di Franchino
Matrone, detto “a belva”. Nel 2013 il “battesimo” con i
Loreto-Ridosso, nel 2015 un nuovo accordo con quest’ultimi per
la rielezione della moglie Monica Paolino alla Regione
Campania.

IL DESTINO E’ SEGNATO

Per la decisione finale sulla necessità dell’arresto da parte
della Cassazione potrebbero volerci anche tre mesi, ma
istituzionalmente la figura di Pasquale Aliberti è oramai
compromessa. Il Prefetto Salvatore Malfi potrebbe infatti, già
nelle prossime ore, emanare di sospensione dalla carica di
sindaco, così come previsto dalla legge Severino. Anche in
questo caso però Aliberti potrebbe fare ricorso. In tal caso
pieni poteri al vice sindaco Giancarlo Fele, ma tutto sommato,
per quale scopo? La debacle di Pasquale Aliberti non è
certamente segnata dal suo percorso giudiziario, ma è
cominciata esattamente un anno fa, quando, forse
sottovalutando la portata dell’inchiesta nei suoi confronti (e
oggi arrivata a 16 indagati) pensò malamente di attuare la
strategia della sua decadenza (ai limiti della legge) per un
terzo mandato consecutivo. Forse la prima vera scelta
sbagliata di tante altre sempre vincenti. Da allora il
Consiglio comunale è diventato teatro di feroci scontri,
mentre all’esterno si è avuta, e si ha ancora, una vera
battaglia tra “guelfi” e “ghibellini”. Un clima al vetriolo,
condito da episodi inquietanti come le minacce, le lettere e
manifesti anonimi, i proiettili, gli avvertimenti. E una città
oggi completamente allo sbando, in mano a frange di micro
delinquenza e a bande di vandali. Il via libera agli arresti
potrebbe anche accelerare la decisione di scioglimento del
consiglio comunale, oramai inevitabile. O ancora, Pasquale
Aliberti potrebbe seguire la strada forse politicamente
opportuna: le dimissioni. Del resto, seppur tra le righe e con
garbo, è ciò che gli è stato suggerito pure dal suo stesso
partito: “Sono certo in questa fase, in attesa degli esiti
processuali, Pasquale Aliberti voglia trarre le conseguenze
più sagge che gli possano consentire di affrontare il processo
con più serenità. Sceglierà nell’interesse della sua comunità
politica e dei cittadini”. Parole del coordinatore Forza
Italia, senatore Enzo Fasano.

IL RUOLO DI BARCHIESI
Certamente è venuto meno agli accordi
                     presi con il clan che lo ha fatto
                     eleggere, ma secondo il pm Vincenzo
                     Montemurro,     Roberto    Barchiesi    è
                     certamente parte attiva del patto
                     elettorale politico mafioso con Aliberti.
                     E’ la sua elezione che lo certifica. A
                     fare il suo nome nel clan è Alfonso
                     Loreto, all’epoca imparentato con lui,
                     avendo sposato la nipote, dalla quale ha
                     divorziato da tempo. Secondo Romolo
                     Ridosso, fu Roberto Barchiesi a portare,
per conto dell’amministrazione comunale, 4-5 mila euro per
cominciare la propaganda elettorale. A trattare con il sindaco
fu Andrea Ridosso, che dopo averlo incontrato riferisce ad
Alfonso Loreto, all’epoca ai domiciliari: “porti un candidato
che non è forte sul territorio, che ha zero voti. Voi mi fate
vedere la vostra forza sul territorio. Se salite vi do un
appalto però non lo posso dare a Ridosso o Loreto, ma ad una
persona pulita”. Dopo essersi consultati tra loro, Loreto e i
cugini Ridosso convocano Barchiesi, dando lui la notizia. Non
faceva parte del clan l’attuale consigliere di maggioranza, ma
fu “contentissimo” della scelta. Da qui fu poi informato
Raffaele Lupo, perché “lui doveva fare la lista”. Sono quindi
due i nomi riconducibili al clan in “Grande Scafati”, Roberto
Barchiesi sostenuto dai Ridosso-Loreto e Umberto Di Lallo,
sostenuto dal Lupo. Dirà Loreto: “chiunque sale dei due perché
sono i più forti della lista…iamm a pretendere dal sindaco
quello che ci ha promesso a priori”. Finiranno poi primo e
secondo più votati, Di Lallo è oggi deceduto. La prova del
voto di scambio nel cellulare di Andrea Ridosso, dove vengono
scoperte le foto di cinque schede elettorali votate per
Barchiesi della lista Grande Scafati, collegata al sindaco
uscente. Secondo l’accusa i voti raccolti da quest’ultimo non
sono esigui, come sostenuto dalla difesa, perché sono bastati
per essere vincenti nella sua lista, risultando il più votato.
Non solo, bisogna considerare che Barchiesi, perfetto
sconosciuto ed estraneo alla politica scafatese, ha raccolto
quei 265 voti in una lista dove erano candidati anche
attivisti politici. E’ la prova del sostegno del clan.
Barchiesi però, dopo la sua elezione, non riuscirà mai ad
essere influente sul sindaco, da qui le percosse, la richiesta
di dimissioni e il successivo reintegro, che spinsero il clan
a individuare in Ciro Petrucci il loro referente nella
partecipata Acse, convincendo proprio il “loro” consigliere
comunale a ritirare il nome di Alfredo Berritto in favore del
Petrucci, quale vicepresidente della società.

Gestione degli alvei comuni e
dissesto idrogeologico. Una
giornata    di   studi    con
Legambiente Pagani al Liceo
Scientifico “Mangino”
Si è tenuta sabato mattina, nell’ aula magna del liceo
scientifico “Mangino” di Pagani, la giornata di studi,
promossa dal circolo Legambiente Pagani, con la collaborazione
dell’associazione Papa Charlie, sul tema del dissesto
idrogeologico e gestione degli alvei comuni. “I nostri
territori – dice Nello Califano, volontario del circolo
Legambiente, – con particolare riferimento alla città di
Pagani, hanno sofferto e tuttora soffrono di scarsa attenzione
ai temi della tutela ambientale. Eccessiva cementificazione e
utilizzo non corretto del patrimonio boschivo rappresentano i
due principali fattori che, insieme ad una rete fognaria
obsoleta, hanno contribuito e non poco a mutare l’originaria
struttura morfologica della nostra città. Con gli studenti del
Liceo si è insistito sul tema della conoscenza, anche storica,
del quadro ambientale cittadino mettendo in luce alcune
criticità tipiche, come l’allagamento continuo di alcune
strade durante gli eventi piovosi e proponendo interventi
futuri per evitare quello che, purtroppo, troppo spesso si
ripete nella nostra città, con strade che diventano fiumi di
fango”.

Scafati. “Così denunciai mio
figlio tossicodipendente”.
Di Adriano Falanga

“Ho denunciato mio figlio per salvarlo dalla droga”. Anna è la
mamma di Mario (entrambi i nomi sono di fantasia, ndr) oggi
30enne. La storia che ci racconta affonda le radici negli anni
in cui il figlio era ancora minorenne, quando finì nel triste
vortice dell’eroina. “Aveva da poco cominciato le superiori
quando mi accorsi che qualcosa non andava – ricorda la donna –
Mario era apatico, distratto, e cominciava a far tardi la
notte, oltre a marinare la scuola”. La mamma, oggi 55 anni,
cominciò a preoccuparsi pensando ad una crisi adolescenziale.
Capitano a quella età, ma decise comunque di tenere la
situazione sotto controllo. “Ci volle poco a scoprire che
aveva cominciato a fumare, e non passarono molte settimane
quando nel pantalone trovai un involucro argentato con dentro
una sostanza simile al cuoio”, era hashish. Allarmata, la
donna chiede spiegazioni al figlio, che senza scomporsi
scarica le responsabilità ad un amico: “mi aveva chiesto di
tenerglielo, l’ho dimenticato nella tasca”. Ma ad una mamma
non l’inganni così facilmente. “Purtroppo lo spinello era solo
il primo passo di quello che poi diventerà il dramma sia di
mio figlio che di tutta la famiglia: l’eroina”. Mario è il
terzo di quattro figli, una femmina e tre maschi. Anna si
sposò infatti giovanissima, dopo la classica fuitina. Vivono
ancora oggi in un anonimo appartamento di proprietà, ereditato
dai suoceri di lei, in via Poggiomarino. Tre figli sono tutti
sposati, resta solo Mario, ma pare che è deciso di andare a
convivere. “La perdita dell’ano scolastico segnò l’inizio
della tragedia, che avrebbe portato via anni preziosi al
ragazzo, oltre a sconvolgere l’intera famiglia. “Cominciavo a
vedere mio figlio sempre di meno e quando c’era, era solo per
chiedere soldi”. Le pretese economiche sono sempre più
asfissianti, il ragazzo non lavora e non sembra mostrare la
volontà di farlo. Chiede soldi a tutti, ai fratelli, con i
quali litiga spesso fino ad arrivare alle mani, passando per i
nonni. “Cominciarono a sparire oggetti da casa dei miei
suoceri – continua la mamma coraggio – fino al momento in cui
non subirno un vero furto notturno”. Gli anziani nonni non
erano in casa, erano le festività natalizie di una decina
d’anni fa. Un furto atipico, nessun segno di scasso, la casa
non troppo in disordine, ma gli oggetti di valore, anche di
poco conto, erano spariti. “I carabinieri ci dissero
chiaramente che l’autore era persona a noi vicino, che
conosceva i movimenti delle vittime e soprattutto la loro
casa”. Non è mai stato chiarito, ma in famiglia si è sempre
pensato a lui, Mario, soprattutto quando in piena notte una
telefonata spezzò il sonno della famiglia. “Erano i
carabinieri, mio figlio aveva rubato un’auto e in preda a
droga e alcol cominciò a correre per la città. Urtò diversi
automobili e quando fu rintracciato dalla pattuglia scappò,
dando il via ad un pericoloso inseguimento”. Dopo alcuni
chilometri il ragazzo fu fermato, ma rilasciato perché
minorenne. Fu affidato alla sorveglianza dei genitori, ma in
casa Mario non riusciva a stare, scappava ripetutamente. “Fu
in queste occasioni, e oramai maggiorenne, che cominciò a
diventare violento anche nei miei riguardi”. Chiedeva soldi, e
al rifiuto della donna, il ragazzo si agitava e cominciava a
dare spintoni. “Mi teneva i polsi stretti, urlandomi che gli
servivano soldi, fino a quando non cominciò anche a mollare
schiaffi”. La donna, impaurita ed esasperata, decide di non
dire nulla al marito e ai restanti figli. Fa la scelta
sbagliata. “Pensai che assecondandolo lo avrei tenuto
tranquillo, ed evitato che si mettesse ancora nei guai”. Poi,
dieci anni fa esatti, l’epilogo. “In preda ad una crisi di
astinenza, mi chiese una somma che non avevo in casa – ricorda
Anna – era particolarmente scosso, ricordo che mi prese per la
gola”. Perdendo il filo della ragione, il ragazzo stringe al
collo la mamma, che sviene. Impaurito, è lui stesso a chiamare
il 118. La donna fu portata in ospedale e ai medici fu subito
chiara la dinamica. La donna aveva un vistoso ematoma al
collo, segno tipico di tentato strangolamento. Stava morendo
asfissiata. Furono chiamati i carabinieri. “Mio figlio disse
di avermi trovata a terra già svenuta, ma capii che non potevo
assecondarlo di nuovo. Denunciai tutto”. Cominciò per Mario il
periodo del carcere, un anno e mezzo pieno, poi la comunità di
recupero. “Da allora sono passati diversi anni ancora e oggi
Mario è un ragazzone trent’enne. Ha trovato lavoro presso un
negozio di abbigliamento, e presto andrà a convivere con la
sua ragazza. Sembra essersi lasciato tutto alle spalle. “Ha
perso anni importanti della sua vita – aggiunge commossa la
donna – ma oggi ho capito che denunciarlo fu la scelta
migliore. Perché a rischiare la vita eravamo sia noi familiari
ma soprattutto lui stesso”. Da qui l’appello: “Alle mamme
nelle mie stesse condizioni dico: denunciate, salverete loro
la vita”.

LA PSICOTERAPEUTA: LA DENUNCIA UNICO STRUMENTO
“Nel      mio     lavoro      di
                             psicoterapeuta e di ctu per il
                             tribunale penale, mi trovo
                             spesso di fronte a storie di
                             questo tipo”. Marialuisa Radice
                             è psicologa e psicoterapeuta,
                             presta        volontariamente
                             assistenza presso lo sportello
                             ascolto,                gestito
                             dall’associazione
                             “FuturoFamiglia” nei locali
                             della biblioteca Morlicchio.
“Quando una famiglia si trova ad affrontare un problema così
complesso, come quello della tossicodipendenza, spesso accade
che si senta lasciata sola e allora la denuncia diventa una
richiesta d’aiuto per se e per il figlio – spiega la
dottoressa Radice – La denuncia è l’unico strumento che i
genitori hanno a disposizione per tutelarsi dalle violenze
domestiche legate all’abuso di sostanze ed al tempo stesso è
l’unica possibilità che essi intravedono affinché i figli
possano convincersi a sottoporsi a cure adeguate e costanti,
magari in comunità. Chi fa uso e abuso di sostanze
stupefacenti, infatti, solitamente nega di avere un problema e
fa di tutto per nasconderlo ad amici e familiari: tenderà,
allora a comportarsi in modo strano e ad isolarsi, e
comunicare con lui diventerà sempre più difficile. La
necessità di soldi per acquistare la sostanza, inoltre, può
spingere la persona a rubare o addirittura a minacciare i
familiari più stretti, e questo ovviamente avrà delle
ripercussioni negative anche sulla qualità delle relazioni”.
Cambiano le priorità per un tossicodipendente, è la droga
occupa il primo, se non l’unico, posto. “A discapito del suo
lavoro, dei suoi risparmi e della sua famiglia. Con il tempo
la sostanza stupefacente porta addirittura ad un cambiamento
nella personalità di chi ne fa uso. Questa modificazione della
personalità, insieme alla dipendenza fisica e psicologica
indotta dalla sostanza, rende difficile alla persona
interrompere l’assunzione della sostanza arbitrariamente,
intrappolandola, così, in una spirale negativa fatta di
violenza e sofferenza”. La vittima crede di poter smettere
quando vuole: “tale convinzione lo porterà a rifiutare
qualsiasi aiuto offertogli e a scontrarsi con il fallimento e
la frustrazione di inevitabili ricadute. E’ bene sottolineare,
invece, che per uscire dal tunnel della tossicodipendenza è
necessario rivolgersi a specifici professionisti, affinché
venga attivato un programma riabilitativo personalizzato e ad
ampio raggio che tenga conto di tutti quei fattori, biologici,
psicologici e sociali, coinvolti nel processo di mantenimento
della condotta di abuso”.

Scafati. Strisce blu, via al
nuovo regolamento. Tutte le
novità
Di Adriano Falanga

Dal prossimo mese sarà vietato ai residenti di corso
Nazionale, via Martiri D’Ungheria e via Giovanni 23°, abbonati
al servizio sosta, di sostare sotto casa. L’abbonamento è
certamente valido per il settore indicato, ma la sosta sarà
possibile soltanto nelle strade secondarie adiacenti. Per
rendere l’idea, chi risiede su via Nazionale dovrà sostare,
nonostante l’abbonamento regolare, in via Galileo Galilei. La
questione viene sollevata dal consigliere Pd Michele Grimaldi.
“Confidiamo ci si trovi dinanzi ad un fraintendimento, perché
non ci risulta che in nessun luogo preposto a farlo:
commissioni consiliari, consiglio comunale, giunta, si sia mai
discusso o sia stata mai approvata una simile, inconcepibile,
novità. Ci auguriamo che al più presto la ditta casertano-
scafatese e l’amministrazione comunale chiariscano
l’equivoco”. Ma a chiarire è direttamente l’amministratore
delegato della Publiparking, Luigi Monti. “La società non
c’entra assolutamente nulla con le nuove disposizioni. Mi fa
strano che il consigliere comunale Grimaldi non conosce
neanche le cose che vota in consiglio”. La Publiparking è
risultata essere l’azienda vincitrice della gara d’appalto per
la nuova gestione della sosta a pagamento, servizio in house
alla partecipata Acse. “In questi giorni stiamo firmando il
contratto e definendo le ultime procedure. La variazioni di
cui parla il consigliere comunale sono quelle definite nel
nuovo piano di sosta, un documento realizzato dal Comune e
approvato dal consiglio comunale. Noi l’abbiamo solo recepito”
spiega il dirigente della nuova società gestore del servizio
sosta a pagamento. E il nuovo regolamento prevede, per gli
abbonati residenti in via Nazionale, via Martiri d’Ungheria e
via Giovanni 23°, l’obbligo di sostare l’auto nelle stradine
adiacenti, purché ricadenti nello stesso settore. La clausola
fu voluta per favorire le attività commerciali, ancora
fiorenti, su questo percorso urbano. Le auto perennemente in
sosta dei residenti andavano a scoraggiare gli avventori dei
negozi, impossibilitati a trovare parcheggio. Ergo, la sosta
sarà possibile solo a mezzo parcometro, e chiaramente tutto
questo significa anche maggiori introiti per le casse della
società gestore del servizio, ma, ribadisce Monti: “tutto
questo è stato stabilito dal consiglio comunale, non dalla
Publiparking, estranea alla decisione”. La società è già
attualmente in opera, grazie ad un affidamento provvisorio,
dopo che il Comune non ha voluto rinnovare la convenzione con
la milanese Aipa, scaduta nel novembre 2014. La Publiparkng
l’ha spuntata su altre quattro imprese del settore
riconoscendo un rialzo del 70% sul canone annuale previsto dal
capitolato d’appalto, che era di 50 mila euro, più un
ulteriore 70% sul 5% di aggio riconosciuto al Comune, in
proporzione all’effettivo incasso annuale. Le altre imprese
partecipanti sono state la Terza Millennio srl con un rialzo
del 14,8%; AM Parking srl (37,77%); Traffic City Motion srl
(15,11%); Union Delta srl-Compark srl (23,23%). Durato
dell’appalto 5 anni prorogabile per altri tre. L’Acse ha
stimato in quasi 3 milioni di euro l’incasso totale, quindi,
applicando l’aggio del 5% garantito (di base) si stima un
introito per la partecipata scafatese di 150 mila euro a cui
si aggiungono i 5 anni di canone (a 85 mila euro l’uno) per un
totale di quasi 600 mila euro quinquennali, una cifra che però
può salire qualora gli incassi siano superiori alle
previsioni. Cosa ben diversa dai centomila euro annui che
l’Aipa versava al comune di Scafati, indipendentemente dagli
incassi effettivi.

I NUOVI PARCOMETRI E LE NOVITA’

                             Il via al nuovo servizio di
                             sosta a pagamento comporterà,
                             oltre alle novità già oggetto di
                             discussione, ulteriori novità.
                             Cambiano i settori, e cambiano
                             anche i parcometri. “Presto
                             daremo il via ad una campagna di
                             informazione, attraverso la
                             stampa, cartelloni pubblicitari
e manifesti – spiega l’ad Luigi Monti – cercheremo di fare in
modo che gli scafatesi siano preventivamente informati dei
cambiamenti, in modo tale da evitare qualsiasi equivoco. Sono
scafatese anche io, e fare una bella figura è mia
prerogativa”. Alla Publiparking toccherà anche l’installazione
di nuovi parcometri (circa una settantina) di tipo digitale di
ultima generazione, capace di collegarsi direttamente con il
palmare in dotazione dell’ausiliare della sosta, e le centrali
operative della società gestore, dell’Acse e della Polizia
Locale. La loro manutenzione, così come quella relativa alla
segnaletica orizzontale e verticale, è a cura della
Publiparking. Nel 2010-11-12 dalla sosta a pagamento si sono
incassati oltre 500 mila euro annui, somma calata a poco oltre
i 300 mila nel 2014. Questo, secondo l’Acse, è stato dovuto
all’instabilità del servizio. Gli ausiliari del traffico dalle
5883 multe del 2010 (pari a circa 20 multe al giorno) hanno
emesso, nel 2014, appena 2937, pari a 10 verbali quotidiani.
Pochi secondo i calcoli dell’Acse, dovuti sia alla instabilità
del servizio che ai vecchi parcometri. I nuovi previsti
dovrebbero ottimizzare al massimo il servizio. Il nuovo piano
parcheggi è stato realizzato, dietro costo di 14 mila euro,
dalla società IT Ingegneria dei Trasporti srl di Roma.

Mercato      Ortofrutticolo.
Paolillo risponde a Gambino:
“Fa attività di n’ciucessa”
Dopo le accuse di mancata raccolta dei rifiuti all’interno del
mercato ortofrutticolo di Pagani- Nocera, da parte del
consigliere regionale di FDI, Alberico Gambino è arrivata la
risposta del Presidente della struttura, Vincenzo Paolillo.
“Oramai Gambino pur di avere un momento di visibilità, come
Caino, sarebbe capace di criticare finanche il fratello. E’
presente ovunque e la sola cosa che sa fare è blaterare ,
criticare, disseminare parole vuote nella maggior parte dei
casi suggerite da altri. La sua più che una attività
“politica”, sembra essere quella di colei che nei bassi di
Napoli veniva etichettata con il temine di n’ciucessa. Ossia
quella donnetta che pur di fare ‘ammuina’ andava disseminando,
non casualmente, schizzi di fango ovunque. La sola cosa che
ultimamente sembra sappia fare Gambino, tanto da meritarsi il
simpatico appellativo di consigliere rionale.Attendiamo con
piacere la vista ispettiva degli organismi preposti al
controllo e per il momento ci limitiamo a confutare le accuse
del consigliere rionale A.Gambino allegando foto del servizio
di pulizia e smaltimento presso la struttura del Mof di Pagani
(foto rilevabili da FB con date diverse e ancora postate). Al
mercato di Pagani –Nocera da anni viene svolta una attenta
raccolta differenziata, che ha consentito di tenere aperta la
struttura, mercatale in piena emergenza rifiuti . All’epoca
Gambino era Sindaco e tutti ricordano ancora la sua gestione
che ci asteniamo dal commentare “. Oggi pomeriggio, intanto,
gli operatori del consorzio terranno una conferenza stampa per
chiarire la loro posizione in merito alla denuncia
dell’esponente politico di Fratelli d’Italia.

Scafati. Il Pd: “dimettiamoci
tutti, basta rinviare”
Di Adriano Falanga

“Dimettiamoci tutti”. Non scema l’appello del Partito
Democratico ai “colleghi” dell’opposizione. Tredici
consiglieri, quanto basta per chiudere definitivamente questa
consiliatura, e archiviare un’altra pagina della politica
scafatese. “Il quadro politico amministrativo attuale ci
consegna una città completamente bloccata. L’ attesa per la
decisione del riesame, quella relativa all’eventuale
scioglimento del Consiglio Comunale tengono la macchina
amministrativa ferma, commissioni disertate, decisioni
rinviate – ripete, ancora una volta, Margherita Rinaldi – E
intanto nessuna risposta alla città sul Piano Urbanistico, sul
Piano di Insediamento Produttivo, sulla sicurezza in città,
oramai ostaggio di atti di criminalità quotidiani, sulle varie
problematiche ambientali, sulla vicenda allagamenti, sul
commercio in crisi e il lavoro che non c’è e, non ultimo,
sulle politiche sociali assenti alla cui mancanza cercano di
supplire le parrocchie e le associazioni di volontariato,
basti guardare alla vicenda del centro “Raggio di Sole”. Di
fronte a tutto questo, mentre il sindaco cerca di distrarsi
dalle sue vicende giudiziarie lanciando un sondaggio
sull’artista che dovrà animare il prossimo concertone di
capodanno, che in una città normale ci può anche stare –
continua la segretaria cittadina del Pd – noi siamo sempre più
convinti che occorra un atto di responsabilità di tutte forze
politiche per mettere fine a questa esperienza amministrativa
che oramai si è esaurita nei fatti. Ancora una volta, quindi,
come Partito Democratico, facciamo appello a tutti i gruppi di
opposizione perché, con dimissioni collettive o con un atto di
sfiducia, si ponga fine a questa consiliatura. Non è un atto
“contro” qualcuno, ma un gesto non più rinviabile “per” la
città”. Pronti alle dimissioni anche da Fratelli D’Italia.
“Sono pronto a firmare per chiudere una volta per tutte questa
bruttissima pagina di storia locale – spiega Mario Santocchio
– Scafati ha bisogno di una nuova alba e senza dubbio bisogna
archiviare questa gestione della cosa pubblica che ha prodotto
solo danni sotto tutti i punti di vista”. D’accordo anche il
capogruppo, Cristoforo Salvati: “Credo che rappresenti l’unica
via di uscita dalla grave caduta di immagine della nostra
città che subisce quotidianamente con le gravi accuse dei
collaboratori di giustizia per il presunto voto di scambio
politico elettorale di tipo mafioso di Aliberti e Company.
Dobbiamo rimettere in gioco la fiducia nella politica libera
da parte della città sana per poter ricostruire il senso dello
Stato e della buona istituzione scevra da condizionamenti
della criminalità’ per riportare la serenità’ nella macchina
comunale e nei dirigenti liberi ed autonomi dalla politica”.
Disponibilità anche dagli ex di maggioranza, in primis quella
di Alfonso Carotenuto: “ero e sono fortemente critico
sull’operato di questa amministrazione. Al di là di qualche
sacchetto dei rifiuti fatto rimuovere (atto dovuto) non vedo
da mesi nulla di concreto. Se dovesse essere estrema ratio per
sbloccare la situazione credo che potrei seriamente prendere
in considerazione l’ipotesi”. D’accordo anche il Presidente
del Consiglio Comunale Pasquale Coppola e Pasquale Vitiello.
Indecisi il gruppo Identità Scafatese: Stefano Cirillo,
Daniela Ugliano e Bruno Pagano.

Lacrime    del   bambinello:
l’accusa chiede l’assoluzione
per Fra Gigino
CAVA DE’ TIRRENI. Truffa e abuso di credulità. Erano le accuse
mosse dal pubblico ministero Roberto Penna a carico di Fra
Gigino in merito alla vicenda delle lacrime del bambinello a
Cava. E’ attesa per questa mattina la sentenza, il religioso
ha scelto il rito abbreviato, giudice Caiazzo. L’accusa ha
chiesto l’assoluzione per il frate difeso da Alfonso Senatore
e Maria Rosaria Crispi. I fatti risalgono all’ottobre del
2010, quando padre Luigi Petrone (nome di fra Gigino) tornò
dalla Terra Santa portando una statua di ottanta centimetri
raffigurante il bambin Gesù in trono. Il giorno dopo gridò al
miracolo, mostrando le lacrime di sangue sotto gli occhi della
statuetta. Secondo gli inquirenti le aveva collocate lui
stesso, con l’aiuto di una siringa, e per questo gli è stato
notificata agli inizi del 2014 la citazione a giudizio. La
prima udienza era stata fissata nel marzo del 2015, ma in
realtà il processo non si è mai aperto. Quell’udienza saltò
per assenza del giudice, con rinvio al novembre 2015, quando
però non si è potuto far nulla per il certificato medico
depositato dall’imputato. Poi successivamente la scelta del
rito abbreviato concordato con i legali in attesa che il fatto
straordinario venga riconosciuto dalla Chiesa.
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