De Luca e Volpe inaugurano il nuovo campo
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De Luca e Volpe inaugurano il nuovo campo BELLIZZI. E’ stato inaugurato ieri pomeriggio “Nuova Primavera”, il campo sportivo che l’amministrazione comunale di Bellizzi ha realizzato grazie ai fondi della Regione Campania a completamento di un’intera area urbana oggi completamente dedicata alla pratica sportiva. Taglio del nastro affidato al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ed al primo cittadino Mimmo Volpe. “E’ importante avere continui stimoli da parte dei sindaci dinamici ed operosi- afferma il presidente Vincenzo De Luca -. La Regione Campania ha messo a disposizione dei fondi per l’accelerazione della spesa con il preciso obiettivo di aiutare piccoli e grandi Comuni nella realizzazione di opere come questa. Infrastrutture che rispondano alle esigenze delle persone e che possano assicurare servizi di livello sempre più alto. La Campania riparte grazie a queste operazioni, a persone che hanno tutta l’intenzione di spendersi per il territorio e di rispondere alla necessità di lavorare tutti i giorni con impegno e passione per apportare miglioramenti concreti ai territori ed ai cittadini”. “La realizzazione è stata lunga ed ha richiesto un impegno non indifferente – spiega il sindaco Mimmo Volpe –completiamo questa opera importantissima grazie ai fondi che la Regione Campania ha messo a disposizione per l’accelerazione della spesa dei Comuni campani e che oggi ci consente di assicurare ai nostri cittadini ed alle piccole e grandi realtà sportive del territorio, una infrastruttura di ultima generazione. Il nome che abbiamo scelto, Nuova Primavera, simboleggia una particolare attenzione alle nuove generazioni che hanno necessità di crescere in contesti sociali ed infrastrutturali all’altezza”. Nel corso dell’incontro Volpe e ha chiesto lo sblocco dei fondi Erp, edilizia residenziale pubblica in quanto ci sono cento famiglia che aspettano la realizzazione
di questi alloggi che rientra nel pacchetto dei finaziamenti dell’ediliziia residenziale. Scafati. Chiusa l’indagine “Mal Comune”, in 15 a processo, tra cui 4 Vigili Urbani Di Adriano Falanga Furbetti del cartellino, atto secondo. L’elenco degli iscritti sul registro degli indagati sale a 15. Ieri mattina la Guardia di Finanza di Scafati guidata dal capitano Nunzio Napolitano, ha notificato 15 avvisi di conclusione indagini nei confronti di altrettanti dipendenti comunali coinvolti nell’indagine dell’assenteismo dal posto di lavoro. Ai primi dieci già sospesi si sono aggiunti altri 5 dipendenti dei quali 2 sono vigili urbani. I primi dieci furono destinatari, nel mese di settembre, anche dalla sospensione dal servizio. Successivamente in tre furono reintegrati. L’operazione, denominata “Mal Comune” e coordinata dalla Procura di Nocera Inferiore guidata dal procuratore Amedeo Sessa affonda le radici nel mese di gennaio 2016. Al termine delle indagini sono state ricostruite le condotte illecite dei pubblici dipendenti che, in orario di servizio, dopo aver registrato la propria presenza, si allontanavano in modo sistematico e pressochè quotidiano dal posto di lavoro. Tra i “pizzicati” ci sono quattro vigili urbani, l’autista e lo staffista del sindaco. Alcuni agivano anche in accordo tra loro, scambiandosi reciprocamente il “favore” della timbratura del
cartellino, consentendo così ai colleghi di arrivare in ritardo in ufficio ovvero, in alcuni casi, di non presentarsi proprio per nulla sul posto di lavoro. A seguito di pedinamenti, videoregistrazioni e grazie a telecamere nascoste sono stati rilevati gli spostamenti e le attività dei pubblici dipendenti nonché le false timbrature dei cartellini di presenza. C’era chi andava regolarmente a Pompei, a spendere una preghiera al Santuario mariano, chi invece coltivava carciofi nel proprio orticello, chi faceva la spesa, chi invece incontrava l’amica “intima”. Finiranno a processo Giovanni Cozzolino, staffista; Gaetano Marino, autista; Gerardo Aquino, Francesco Avino, Vincenzo Alfano, Giovanni Cavallaro, Bruno Giordano, Vincenzo Picardi, Salvatore Guida, Giuseppe Garofalo, Antonio Comentale, e i Vigili Urbani: Salvatore Vitiello, Carmine Scafuro, Concetta Donadio e il tenente, comandante a rotazione, Antonio Cavallaro. Scafati. Aliberti lascia, Fele: “finisce un’era”. E Pagano invoca le larghe intese Di Adriano Falanga “Dopo aver preso atto della decisione del Tribunale del Riesame, pur ribadendo la mia completa estraneità rispetto ai fatti che mi vengono contestati, ritengo doveroso, per correttezza e rispetto delle istituzioni e nell’interesse della città e dei cittadini tutti, fare un passo indietro e lasciare ogni impegno politico, per cui presento le mie
irrevocabili dimissioni dalla carica di sindaco. Grazie a tutti per l’affetto e la vicinanza umana di questi giorni”. L’ultimo post da sindaco sulla sua pagina Facebook, Pasquale Aliberti comunica così alla “sua” città le sue dimissioni. Le ha protocollate alle 16:17, con protocollo interno n°52167. Aliberti lascia la fascia tricolore dopo la richiesta d’arresto confermata dal riesame di Salerno, così come chiesto dalla Procura Antimafia. Voto di scambio politico mafioso l’accusa, gli arresti motivati dalla concreta possibilità di reiterazione del reato, in quanto ancora sindaco e considerata la sua propensione a fare accordi con i clan. Una scelta, le dimissioni, suggerite sia dal suo stesso partito Forza Italia, ma anche dai suoi fedelissimi, che in questi giorni non lo hanno mai lasciato solo. Anche gli avvocati De Caro e D’Amaro hanno consigliato al sindaco di lasciare la fascia tricolore, in modo tale da arrivare in Cassazione rimuovendo la possibilità di reiterazione, in quanto non più primo cittadino. Un periodo buio, non certo facile sia dal lato umano, che politico e giudiziario. Il riesame ha smontato l’intero memoriale difensivo di Aliberti, e questo non solo ha complicato le cose, ma ha restituito un quadro accusatorio più complesso di quanto non lo era già prima, ragion per cui, gli avrebbero suggerito i suoi legali, occorre lasciare Palazzo Mayer e studiare ogni strategia utile lontano dai riflettori mediatici. Esattamente un anno fa Aliberti accarezzava il sogno di un terzo mandato consecutivo, attuando la strategia della decadenza “pilotata”, grazie anche all’avallo di quasi tutta la sua maggioranza, e il supporto degli uffici comunali competenti. Sogno svanito, e oggi si concretizza l’addio. Un addio burrascoso, con la città attonita e confusa e le forze politiche che “accendono i motori”. Ma parlare di nuove elezioni è assolutamente prematuro, il commissariamento non durerà meno di un paio d’anni, soprattutto in previsione, oramai certa, di scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Non solo, il terzo comune della provincia e primo comune dell’agro nocerino rischia concretamente di non avere un rappresentante nell’ente Provincia e neanche di poterne
esprimere uno. La tornata elettorale si terrà il prossimo 8 gennaio 2017. Con la legge Delrio possono votare i sindaci e i consiglieri comunali della Provincia di Salerno. Possono essere eletti alla carica di componenti del Consiglio Provinciale i sindaci e i consiglieri comunali. Le liste dovranno essere presentate presso l’ufficio elettorale di Palazzo Sant’Agostino entro le ore 12 di lunedì 19 dicembre 2016. E il commissariamento del Comune lascia Scafati fuori rappresentanza diretta, un buco legislativo forse non previsto che rischia di non vedere nessun esponente scafatese in lista, e non solo, nessuno potrà votare, non essendoci più consiglieri comunali in carica. Brutta cosa. GIANCARLO FELE: SI CHIUDE UN’ERA Gli alibertiani lo considerano l’erede naturale politico di Aliberti. Giancarlo Fele è il vicesindaco, “l’uomo del silenzio”, abituato a stare lontano dai riflettori. Toccherà a lui trainare l’ente in questi venti giorni, tanti quanti necessitano affinchè le dimissioni siano irrevocabili. Tecnicamente infatti Aliberti può ancora ritirarle. “Finisce sicuramente un’era. Nel modo purtroppo più triste e più brutto. Le dimissioni un atto di responsabilità. Oggi, seppur davanti ad un fatto così eclatante e raro, vorrei peró non parlare di politica ma augurare sinceramente all’uomo Pasquale Aliberti di poter affrontare il prosieguo delle vicende giudiziarie in maggiore serenità ed accompagnato dagli affetti familiari. La partita che si gioca adesso è ben più grande ed importante della politica, che seppur non di secondo piano per me oggi non riesce a prevalere sul rispetto verso la persona ed il dramma che sta vivendo”. Vicinanza umana, ma con un occhio a ciò che
è possibile portare avanti prima dell’arrivo del commissario. “Nonostante il disorientamento del momento ovviamente si deve anche pensare a cosa fare nelle prossime ore. Priorità all’accordo di programma relativamente al PIU Europa e alla Rassegna natalizia. Il sindaco intendeva accelerare dopo che la Regione aveva riaperto questa possibilità, quindi nonostante il tempo risicatissimo proveremo a produrre questi atti per accedere ai fondi comunitari – continua Fele – Lavorerò sicuramente insieme alla giunta per le cose urgenti in quanto non potremmo fare nessuna programmazione, visto che tra 20 giorni non saremo più in carica”. Dall’esecutivo fanno eco anche le parole di Nicola Acanfora, assessore all’Urbanistica e Sicurezza: “il sindaco ha dimostrato ancora una volta di avere grande senso di responsabilità, lasciamo una città migliore di quella che abbiamo ereditato quasi nove anni fa, abbiamo lavorato con passione e dedizione in questi anni sempre e solo nell’interesse dei cittadini, sono orgoglioso di aver fatto parte di questa squadra straordinaria, ringrazio tutti i miei amici, elettori e sostenitori per l’affetto e l’appoggio accordatomi. Il mio più grande in bocca al lupo va a Pasquale Aliberti e alla sua famiglia affinché possano risolvere i problemi con la giustizia, e ritrovare la serenità perduta in questi mesi”. I FEDELISSIMI: un uomo perbene “Condivido appieno la scelta del sindaco il quale, con un atto di amore, ha fatto quel passo indietro tanto agognato dai suoi rivali. La vera sconfitta, in proposito, è quella di una opposizione da sempre incapace di un contraddittorio politico, paradossalmente anche con la maggioranza dei numeri – così Diego Del Regno – Una scelta importante per il destino del comune soprattutto sulle ricadute, perché uno scioglimento per infiltrazione mafiosa
dilaterebbe i tempi di ritorno alle urne e rallenterebbe ogni attività amministrativa. Non mi resta che augurare al primo cittadino di risolvere quanto prima i suoi imprevisti giudiziari e tornare più motivato di prima ad occuparsi di politica”. Dimissioni come atto d’amore per la sua città, secondo Teresa Formisano: “Aliberti è un uomo prima ancora di essere un politico, che vive per la sua città e di sicuro dimettersi sarà stata per lui una dura prova. In ogni caso ha ancora la Cassazione per dimostrare la sua estraneità dai fatti contestati. Massima fiducia nell’uomo e nel miglior sindaco di sempre”. Per Carmela Berritto: “una passione troppo forte per la politica, la stessa che lo ha voluto fuori dai giochi perché troppo capace. Un uomo perbene, ha sempre operato per la città, pur subendo tanti tradimenti – la Berritto non ha dubbi – è stato punito ingiustamente, perché è estraneo ai fatti che gli vengono contestati”. PAGANO FA SALTARE I 13. “LARGHE INTESE” Bruciati sul tempo, le dimissioni di Pasquale Aliberti arrivano prima delle loro. Erano in tredici, l’appuntamento da un notaio di Salerno. Il tutto è rimasto nel segreto per evitare eventuali defezioni, ma alla fine, comunque c’è stato il passo indietro. L’intera opposizione, a partire dal Pd: Nicola Pesce, Michele Grimaldi, Michelangelo Ambrunzo, Marco
Cucurachi; poi Fdi con Cristoforo Salvati, Mario Santocchio, Angelo Matrone. E poi loro, i dissidenti eletti in maggioranza: Pasquale Coppola, Pasquale Vitiello, Alfonso Carotenuto, Daniela Ugliano e Stefano Cirillo. Ha “tolto” la sua adesione solo poche ore prima Bruno Pagano. L’appuntamento era stato fissato già da venerdi scorso, ore 18:30 presso il noto bar Moka di Salerno, e una volta “fatto 13“, tutti da un notaio nelle vicinanze. E’ stato Pagano a far saltare il tavolo, facendo fare dietromarcia al Pd, che pure era già in viaggio. Ha sempre avuto remore nello sfiduciare il sindaco, ma questa volta, dopo l’ok agli arresti, sembrava aver capito che tutto era compromesso. “Sono stato eletto con la maggioranza che ha vinto le elezioni – ha fatto sapere Pagano una mezz’ora prima delle dimissioni di Aliberti – ad un certo punto ho preferito insieme con gli amici di Identità Scafatese, allontanarmi dalla stessa maggioranza non condividendo certe logiche, non condividendo la mancanza di dialettica sui vari problemi e temi amministrativi. Nel giorno in cui siamo stati eletti, ci siamo caricati di responsabilità verso la Città e i cittadini tutti. Ritengo quindi che la grave crisi politica e amministrativa che attanaglia la nostra comunità, vada risolta nelle sedi politiche e con ogni sforzo da parte di tutti e di tutte le forze”. Sogna le larghe intese Bruno Pagano. “Sarebbe a mio avviso utile e necessario un ragionamento politico leale e sincero tra tutte le forze presenti in Consiglio Comunale. Verificare se vi è una possibilità di intesa collettiva, di portare avanti alcuni ed importanti problemi della comunità. Tutti insieme , senza logica di appartenenza se non quella della Città e della comunità”. Tutto questo con una maggioranza ridotta a 9 consiglieri, un sindaco su cui pende una richiesta d’arresto per voto di scambio politico mafioso, e un clima di quelli al vetriolo. Fatto sta che Aliberti brucia tutti sul tempo. Diversa la posizione dei suoi colleghi Cirillo e Ugliano. “Ci dispiace che le dimissioni arrivino ora, dopo la pronuncia del riesame. È sicuramente un atto da apprezzare, ma sarebbe stato di gran lunga più apprezzabile se fossero arrivate prima, come
presa d’atto politica della mancanza di una maggioranza. Dal punto di vista personale siamo particolarmente dispiaciuti e confidiamo sempre nel buon operato della magistratura che riesaminerà in Cassazione”. Anche il Pd aspettava molto tempo prima le dimisisoni: “dispiace che giungano solo ora, dopo la pronuncia del Riesame, per ragioni evidenti di opportunismo e non certo per il bene della città. Ed è per questo che, ora più che mai, siamo convinti di presentare una mozione di sfiducia da poter discutere in Consiglio Comunale difronte alla città, in maniera libera e trasparente, come abbiamo sempre fatto”. E la mozione di sfiducia arriverà, perché non deve essere un Tribunale a decidere il fallimento, politico, di un’amministrazione comunale. L’EREDITA’ La città di Scafati si appresta a vivere una delle pagini più difficile della sua storia. Ha già vissuto il commissariamento, ma questa volta il contesto è molto diverso, e sullo sfondo una città “lasciata a metà”, con molte priorità rimaste irrisolte. Non c’è stato il tempo per portare avanti la questione sicurezza, non c’è stato tempo per affrontare fino in fondo le politiche ambientali, cercando di dare risposte immediate al problema allagamenti e all’inquinamento del fiume Sarno. La speranza è che i lavori per la nuova rete fognaria non vedano una battuta d’arresto. Chi verrà, troverà davanti la sfida di un ente in pre dissesto finanziario, e opere incompiute da portare a termine. Il Polo Scolastico, la grande sfida dell’amministrazione Aliberti, assieme alla riqualificazione dell’area Ex Copmes. Entrambe finite nel vortice giudiziario e sotto esame dall’antimafia. Poi c’è il Pip, e quel finanziamento di 24 milioni di euro tanto reclamato in campagna elettorale per le regionali del 2015, e
mai arrivato. Finito nel dimenticatoio il Puc: “abbiamo scritto la storia” dichiarava soddisfatto Aliberti quando il lo strumento urbanistico fu approvato. Da allora però il nulla. Il Puc è stato rimandato indietro dalla Provincia perché non è conforme alla normativa provinciale di riferimento. Ritornato all’anno zero. E come non citare la riapertura del Pronto Soccorso, e lo stallo dei servizi sociali, passando per la Villa Comunale. Tutto andato, forse, perduto. Ci restano le piazzette, il centro sociale a san Pietro, l’isola ecologica, le palestre di via della Resistenza e plesso Pisacane, la riqualificazione degli Iacp di Mariconda e via Martiri D’ungheria. I campi di calcio A e B, il canile, la strada del liceo, la messa in sicurezza dei cavalcavia completati, gli asfalti e la segnaletica stradale orizzontale e verticale, la riqualificazione delle scuole di via Lo Porto, via Martiri D’Ungheria medie ed elementari, le elementari di Mariconda e medie di San Pietro. E poi lei, la fontana rotonda sul corso Nazionale. Sullo sfondo, la mancanza di idonea e programmata manutenzione. Magari ci penserà il commissario. Scafati finisce nel tunnel. Scafati. “Avvezzo a fare accordi con i clan”, il profilo di Aliberti tracciato dal Riesame. Il ruolo di Barchiesi Di Adriano Falanga
Innegabile, la decisione del Riesame di Salerno di accogliere la richiesta di arresto per il sindaco Pasquale Aliberti, promossa dal pm Vincenzo Montemurro dopo il diniego del Gip Donatella Mancini, ha sorpreso tutti. E a stupire non è stata tanto l’avallo degli arresti, bensì la lunga ordinanza di una trentina di pagine, in cui si delinea anche un profilo dell’imputato principale: Pasquale Aliberti. Stupisce perché viene ridimensionato il coinvolgimento di Nello Aliberti, seppur riconoscendogli una parte attiva nel presunto patto politico mafioso. Non solo la triade di giudici ha smontato l’impianto difensivo degli Aliberti, ma ha consegnato ai posteri un’immagine decisamente diversa dell’Aliberti che tutti conoscevano. Un politico avvezzo ai voti della camorra, che non disdegna il loro supporto, ben consapevole della caratura criminale dei suoi interlocutori. Aliberti avrebbe cercato il loro sostegno, e non avrebbe sdegnato di offrire loro un ricambio, inteso come appalti o promesse di lavori per conto della cosa pubblica. Anzi, sarebbe stato parte attiva, regista e consigliere per indirizzare bene il clan sulla giusta strada da prendere per non destare sospetti, e poter pagare loro “dazio” per i voti ricevuti. E l’accordo con i Ridosso-Loreto del 2013 si materializza in quei 265 voti raccolti da Roberto Barchiesi, un perfetto sconosciuto eletto e finito primo della lista, riconducibile a Raffaele Lupo, “Grande Scafati“. Meno di trecento voti che non influiscono affatto sull’elezione del sindaco, non sono certamente determinanti, ma secondo il Riesame, ad Aliberti non dispiacciono affatto. Il rapporto con i Ridosso affonda le radici nel tempo. Era il 2001 quando Salvatore Ridosso (fratello di Romolo, ucciso poi in un agguato) presenta al boss Saverio Tammaro (oggi anche lui pentito) un giovane Pasquale Aliberti, agli arbori della sua carriera politica. Il Ridosso gli disse: “è un caro amico, adesso si candiderà a sindaco, farà politica, quindi gli dobbiamo dare una mano perché ci interessa, possiamo fare cose buone con lui”. Dichiarazione queste, rese dal Tammaro il 12 settembre 2016. Secondo il collegio difensivo composto dagli avvocati DE Caro
e D’Amaro, non ci sarebbero stati gli estremi per la concessione della misura cautelare, siccome il clan sarebbe oramai sciolto dopo il pentimento di alcuni dei suoi componenti apicali. Una tesi respinta dal Riesame, perché non basta il pentimento a ritenere sciolto un clan radicato sul territorio, oltre poi alla libertà di Ridosso Andrea e alla scelta di non collaborare dei cugini Gennaro e Luigi Ridosso. “Ad ogni modo si tratta di una questione irrilevante – puntualizzano i giudici – perché la tendenza dell’Aliberti ad entrare in affari e in rapporti con la camorra non è canalizzata verso tale clan. I dati acquisiti evidenziano come, pur di accaparrarsi voti e vincere le competizioni elettorali, l’Aliberti non si fa scrupolo di entrare in contatto ed in accordo con il tessuto criminale del momento”. Insomma, per il Riesame il sindaco di Scafati non pone una questione di fiducia sui suoi interlocutori malavitosi, a lui interessa piuttosto il loro spessore criminale, per il proprio tornaconto elettorale. Ed è in questa ottica che entrano in gioco le precedenti elezioni e gli altri clan. Nel 2008 sono i Sorrentino, detti “campagnuoli”, ad appoggiare Aliberti. Alle provinciali del 2009 un cartellone di propaganda elettorale viene rinvenuto in un deposito della famiglia di Franchino Matrone, detto “a belva”. Nel 2013 il “battesimo” con i Loreto-Ridosso, nel 2015 un nuovo accordo con quest’ultimi per la rielezione della moglie Monica Paolino alla Regione Campania. IL DESTINO E’ SEGNATO Per la decisione finale sulla necessità dell’arresto da parte della Cassazione potrebbero volerci anche tre mesi, ma istituzionalmente la figura di Pasquale Aliberti è oramai compromessa. Il Prefetto Salvatore Malfi potrebbe infatti, già nelle prossime ore, emanare di sospensione dalla carica di sindaco, così come previsto dalla legge Severino. Anche in questo caso però Aliberti potrebbe fare ricorso. In tal caso pieni poteri al vice sindaco Giancarlo Fele, ma tutto sommato,
per quale scopo? La debacle di Pasquale Aliberti non è certamente segnata dal suo percorso giudiziario, ma è cominciata esattamente un anno fa, quando, forse sottovalutando la portata dell’inchiesta nei suoi confronti (e oggi arrivata a 16 indagati) pensò malamente di attuare la strategia della sua decadenza (ai limiti della legge) per un terzo mandato consecutivo. Forse la prima vera scelta sbagliata di tante altre sempre vincenti. Da allora il Consiglio comunale è diventato teatro di feroci scontri, mentre all’esterno si è avuta, e si ha ancora, una vera battaglia tra “guelfi” e “ghibellini”. Un clima al vetriolo, condito da episodi inquietanti come le minacce, le lettere e manifesti anonimi, i proiettili, gli avvertimenti. E una città oggi completamente allo sbando, in mano a frange di micro delinquenza e a bande di vandali. Il via libera agli arresti potrebbe anche accelerare la decisione di scioglimento del consiglio comunale, oramai inevitabile. O ancora, Pasquale Aliberti potrebbe seguire la strada forse politicamente opportuna: le dimissioni. Del resto, seppur tra le righe e con garbo, è ciò che gli è stato suggerito pure dal suo stesso partito: “Sono certo in questa fase, in attesa degli esiti processuali, Pasquale Aliberti voglia trarre le conseguenze più sagge che gli possano consentire di affrontare il processo con più serenità. Sceglierà nell’interesse della sua comunità politica e dei cittadini”. Parole del coordinatore Forza Italia, senatore Enzo Fasano. IL RUOLO DI BARCHIESI
Certamente è venuto meno agli accordi presi con il clan che lo ha fatto eleggere, ma secondo il pm Vincenzo Montemurro, Roberto Barchiesi è certamente parte attiva del patto elettorale politico mafioso con Aliberti. E’ la sua elezione che lo certifica. A fare il suo nome nel clan è Alfonso Loreto, all’epoca imparentato con lui, avendo sposato la nipote, dalla quale ha divorziato da tempo. Secondo Romolo Ridosso, fu Roberto Barchiesi a portare, per conto dell’amministrazione comunale, 4-5 mila euro per cominciare la propaganda elettorale. A trattare con il sindaco fu Andrea Ridosso, che dopo averlo incontrato riferisce ad Alfonso Loreto, all’epoca ai domiciliari: “porti un candidato che non è forte sul territorio, che ha zero voti. Voi mi fate vedere la vostra forza sul territorio. Se salite vi do un appalto però non lo posso dare a Ridosso o Loreto, ma ad una persona pulita”. Dopo essersi consultati tra loro, Loreto e i cugini Ridosso convocano Barchiesi, dando lui la notizia. Non faceva parte del clan l’attuale consigliere di maggioranza, ma fu “contentissimo” della scelta. Da qui fu poi informato Raffaele Lupo, perché “lui doveva fare la lista”. Sono quindi due i nomi riconducibili al clan in “Grande Scafati”, Roberto Barchiesi sostenuto dai Ridosso-Loreto e Umberto Di Lallo, sostenuto dal Lupo. Dirà Loreto: “chiunque sale dei due perché sono i più forti della lista…iamm a pretendere dal sindaco quello che ci ha promesso a priori”. Finiranno poi primo e secondo più votati, Di Lallo è oggi deceduto. La prova del voto di scambio nel cellulare di Andrea Ridosso, dove vengono scoperte le foto di cinque schede elettorali votate per Barchiesi della lista Grande Scafati, collegata al sindaco uscente. Secondo l’accusa i voti raccolti da quest’ultimo non sono esigui, come sostenuto dalla difesa, perché sono bastati per essere vincenti nella sua lista, risultando il più votato. Non solo, bisogna considerare che Barchiesi, perfetto
sconosciuto ed estraneo alla politica scafatese, ha raccolto quei 265 voti in una lista dove erano candidati anche attivisti politici. E’ la prova del sostegno del clan. Barchiesi però, dopo la sua elezione, non riuscirà mai ad essere influente sul sindaco, da qui le percosse, la richiesta di dimissioni e il successivo reintegro, che spinsero il clan a individuare in Ciro Petrucci il loro referente nella partecipata Acse, convincendo proprio il “loro” consigliere comunale a ritirare il nome di Alfredo Berritto in favore del Petrucci, quale vicepresidente della società. Gestione degli alvei comuni e dissesto idrogeologico. Una giornata di studi con Legambiente Pagani al Liceo Scientifico “Mangino” Si è tenuta sabato mattina, nell’ aula magna del liceo scientifico “Mangino” di Pagani, la giornata di studi, promossa dal circolo Legambiente Pagani, con la collaborazione dell’associazione Papa Charlie, sul tema del dissesto idrogeologico e gestione degli alvei comuni. “I nostri territori – dice Nello Califano, volontario del circolo Legambiente, – con particolare riferimento alla città di Pagani, hanno sofferto e tuttora soffrono di scarsa attenzione ai temi della tutela ambientale. Eccessiva cementificazione e utilizzo non corretto del patrimonio boschivo rappresentano i due principali fattori che, insieme ad una rete fognaria obsoleta, hanno contribuito e non poco a mutare l’originaria
struttura morfologica della nostra città. Con gli studenti del Liceo si è insistito sul tema della conoscenza, anche storica, del quadro ambientale cittadino mettendo in luce alcune criticità tipiche, come l’allagamento continuo di alcune strade durante gli eventi piovosi e proponendo interventi futuri per evitare quello che, purtroppo, troppo spesso si ripete nella nostra città, con strade che diventano fiumi di fango”. Scafati. “Così denunciai mio figlio tossicodipendente”. Di Adriano Falanga “Ho denunciato mio figlio per salvarlo dalla droga”. Anna è la mamma di Mario (entrambi i nomi sono di fantasia, ndr) oggi 30enne. La storia che ci racconta affonda le radici negli anni in cui il figlio era ancora minorenne, quando finì nel triste vortice dell’eroina. “Aveva da poco cominciato le superiori quando mi accorsi che qualcosa non andava – ricorda la donna – Mario era apatico, distratto, e cominciava a far tardi la notte, oltre a marinare la scuola”. La mamma, oggi 55 anni, cominciò a preoccuparsi pensando ad una crisi adolescenziale. Capitano a quella età, ma decise comunque di tenere la situazione sotto controllo. “Ci volle poco a scoprire che aveva cominciato a fumare, e non passarono molte settimane quando nel pantalone trovai un involucro argentato con dentro una sostanza simile al cuoio”, era hashish. Allarmata, la donna chiede spiegazioni al figlio, che senza scomporsi scarica le responsabilità ad un amico: “mi aveva chiesto di tenerglielo, l’ho dimenticato nella tasca”. Ma ad una mamma non l’inganni così facilmente. “Purtroppo lo spinello era solo
il primo passo di quello che poi diventerà il dramma sia di mio figlio che di tutta la famiglia: l’eroina”. Mario è il terzo di quattro figli, una femmina e tre maschi. Anna si sposò infatti giovanissima, dopo la classica fuitina. Vivono ancora oggi in un anonimo appartamento di proprietà, ereditato dai suoceri di lei, in via Poggiomarino. Tre figli sono tutti sposati, resta solo Mario, ma pare che è deciso di andare a convivere. “La perdita dell’ano scolastico segnò l’inizio della tragedia, che avrebbe portato via anni preziosi al ragazzo, oltre a sconvolgere l’intera famiglia. “Cominciavo a vedere mio figlio sempre di meno e quando c’era, era solo per chiedere soldi”. Le pretese economiche sono sempre più asfissianti, il ragazzo non lavora e non sembra mostrare la volontà di farlo. Chiede soldi a tutti, ai fratelli, con i quali litiga spesso fino ad arrivare alle mani, passando per i nonni. “Cominciarono a sparire oggetti da casa dei miei suoceri – continua la mamma coraggio – fino al momento in cui non subirno un vero furto notturno”. Gli anziani nonni non erano in casa, erano le festività natalizie di una decina d’anni fa. Un furto atipico, nessun segno di scasso, la casa non troppo in disordine, ma gli oggetti di valore, anche di poco conto, erano spariti. “I carabinieri ci dissero chiaramente che l’autore era persona a noi vicino, che conosceva i movimenti delle vittime e soprattutto la loro casa”. Non è mai stato chiarito, ma in famiglia si è sempre pensato a lui, Mario, soprattutto quando in piena notte una telefonata spezzò il sonno della famiglia. “Erano i carabinieri, mio figlio aveva rubato un’auto e in preda a droga e alcol cominciò a correre per la città. Urtò diversi automobili e quando fu rintracciato dalla pattuglia scappò, dando il via ad un pericoloso inseguimento”. Dopo alcuni chilometri il ragazzo fu fermato, ma rilasciato perché minorenne. Fu affidato alla sorveglianza dei genitori, ma in casa Mario non riusciva a stare, scappava ripetutamente. “Fu in queste occasioni, e oramai maggiorenne, che cominciò a diventare violento anche nei miei riguardi”. Chiedeva soldi, e al rifiuto della donna, il ragazzo si agitava e cominciava a
dare spintoni. “Mi teneva i polsi stretti, urlandomi che gli servivano soldi, fino a quando non cominciò anche a mollare schiaffi”. La donna, impaurita ed esasperata, decide di non dire nulla al marito e ai restanti figli. Fa la scelta sbagliata. “Pensai che assecondandolo lo avrei tenuto tranquillo, ed evitato che si mettesse ancora nei guai”. Poi, dieci anni fa esatti, l’epilogo. “In preda ad una crisi di astinenza, mi chiese una somma che non avevo in casa – ricorda Anna – era particolarmente scosso, ricordo che mi prese per la gola”. Perdendo il filo della ragione, il ragazzo stringe al collo la mamma, che sviene. Impaurito, è lui stesso a chiamare il 118. La donna fu portata in ospedale e ai medici fu subito chiara la dinamica. La donna aveva un vistoso ematoma al collo, segno tipico di tentato strangolamento. Stava morendo asfissiata. Furono chiamati i carabinieri. “Mio figlio disse di avermi trovata a terra già svenuta, ma capii che non potevo assecondarlo di nuovo. Denunciai tutto”. Cominciò per Mario il periodo del carcere, un anno e mezzo pieno, poi la comunità di recupero. “Da allora sono passati diversi anni ancora e oggi Mario è un ragazzone trent’enne. Ha trovato lavoro presso un negozio di abbigliamento, e presto andrà a convivere con la sua ragazza. Sembra essersi lasciato tutto alle spalle. “Ha perso anni importanti della sua vita – aggiunge commossa la donna – ma oggi ho capito che denunciarlo fu la scelta migliore. Perché a rischiare la vita eravamo sia noi familiari ma soprattutto lui stesso”. Da qui l’appello: “Alle mamme nelle mie stesse condizioni dico: denunciate, salverete loro la vita”. LA PSICOTERAPEUTA: LA DENUNCIA UNICO STRUMENTO
“Nel mio lavoro di psicoterapeuta e di ctu per il tribunale penale, mi trovo spesso di fronte a storie di questo tipo”. Marialuisa Radice è psicologa e psicoterapeuta, presta volontariamente assistenza presso lo sportello ascolto, gestito dall’associazione “FuturoFamiglia” nei locali della biblioteca Morlicchio. “Quando una famiglia si trova ad affrontare un problema così complesso, come quello della tossicodipendenza, spesso accade che si senta lasciata sola e allora la denuncia diventa una richiesta d’aiuto per se e per il figlio – spiega la dottoressa Radice – La denuncia è l’unico strumento che i genitori hanno a disposizione per tutelarsi dalle violenze domestiche legate all’abuso di sostanze ed al tempo stesso è l’unica possibilità che essi intravedono affinché i figli possano convincersi a sottoporsi a cure adeguate e costanti, magari in comunità. Chi fa uso e abuso di sostanze stupefacenti, infatti, solitamente nega di avere un problema e fa di tutto per nasconderlo ad amici e familiari: tenderà, allora a comportarsi in modo strano e ad isolarsi, e comunicare con lui diventerà sempre più difficile. La necessità di soldi per acquistare la sostanza, inoltre, può spingere la persona a rubare o addirittura a minacciare i familiari più stretti, e questo ovviamente avrà delle ripercussioni negative anche sulla qualità delle relazioni”. Cambiano le priorità per un tossicodipendente, è la droga occupa il primo, se non l’unico, posto. “A discapito del suo lavoro, dei suoi risparmi e della sua famiglia. Con il tempo la sostanza stupefacente porta addirittura ad un cambiamento nella personalità di chi ne fa uso. Questa modificazione della personalità, insieme alla dipendenza fisica e psicologica indotta dalla sostanza, rende difficile alla persona
interrompere l’assunzione della sostanza arbitrariamente, intrappolandola, così, in una spirale negativa fatta di violenza e sofferenza”. La vittima crede di poter smettere quando vuole: “tale convinzione lo porterà a rifiutare qualsiasi aiuto offertogli e a scontrarsi con il fallimento e la frustrazione di inevitabili ricadute. E’ bene sottolineare, invece, che per uscire dal tunnel della tossicodipendenza è necessario rivolgersi a specifici professionisti, affinché venga attivato un programma riabilitativo personalizzato e ad ampio raggio che tenga conto di tutti quei fattori, biologici, psicologici e sociali, coinvolti nel processo di mantenimento della condotta di abuso”. Scafati. Strisce blu, via al nuovo regolamento. Tutte le novità Di Adriano Falanga Dal prossimo mese sarà vietato ai residenti di corso Nazionale, via Martiri D’Ungheria e via Giovanni 23°, abbonati al servizio sosta, di sostare sotto casa. L’abbonamento è certamente valido per il settore indicato, ma la sosta sarà possibile soltanto nelle strade secondarie adiacenti. Per rendere l’idea, chi risiede su via Nazionale dovrà sostare, nonostante l’abbonamento regolare, in via Galileo Galilei. La questione viene sollevata dal consigliere Pd Michele Grimaldi. “Confidiamo ci si trovi dinanzi ad un fraintendimento, perché non ci risulta che in nessun luogo preposto a farlo: commissioni consiliari, consiglio comunale, giunta, si sia mai discusso o sia stata mai approvata una simile, inconcepibile,
novità. Ci auguriamo che al più presto la ditta casertano- scafatese e l’amministrazione comunale chiariscano l’equivoco”. Ma a chiarire è direttamente l’amministratore delegato della Publiparking, Luigi Monti. “La società non c’entra assolutamente nulla con le nuove disposizioni. Mi fa strano che il consigliere comunale Grimaldi non conosce neanche le cose che vota in consiglio”. La Publiparking è risultata essere l’azienda vincitrice della gara d’appalto per la nuova gestione della sosta a pagamento, servizio in house alla partecipata Acse. “In questi giorni stiamo firmando il contratto e definendo le ultime procedure. La variazioni di cui parla il consigliere comunale sono quelle definite nel nuovo piano di sosta, un documento realizzato dal Comune e approvato dal consiglio comunale. Noi l’abbiamo solo recepito” spiega il dirigente della nuova società gestore del servizio sosta a pagamento. E il nuovo regolamento prevede, per gli abbonati residenti in via Nazionale, via Martiri d’Ungheria e via Giovanni 23°, l’obbligo di sostare l’auto nelle stradine adiacenti, purché ricadenti nello stesso settore. La clausola fu voluta per favorire le attività commerciali, ancora fiorenti, su questo percorso urbano. Le auto perennemente in sosta dei residenti andavano a scoraggiare gli avventori dei negozi, impossibilitati a trovare parcheggio. Ergo, la sosta sarà possibile solo a mezzo parcometro, e chiaramente tutto questo significa anche maggiori introiti per le casse della società gestore del servizio, ma, ribadisce Monti: “tutto questo è stato stabilito dal consiglio comunale, non dalla Publiparking, estranea alla decisione”. La società è già attualmente in opera, grazie ad un affidamento provvisorio, dopo che il Comune non ha voluto rinnovare la convenzione con la milanese Aipa, scaduta nel novembre 2014. La Publiparkng l’ha spuntata su altre quattro imprese del settore riconoscendo un rialzo del 70% sul canone annuale previsto dal capitolato d’appalto, che era di 50 mila euro, più un ulteriore 70% sul 5% di aggio riconosciuto al Comune, in proporzione all’effettivo incasso annuale. Le altre imprese partecipanti sono state la Terza Millennio srl con un rialzo
del 14,8%; AM Parking srl (37,77%); Traffic City Motion srl (15,11%); Union Delta srl-Compark srl (23,23%). Durato dell’appalto 5 anni prorogabile per altri tre. L’Acse ha stimato in quasi 3 milioni di euro l’incasso totale, quindi, applicando l’aggio del 5% garantito (di base) si stima un introito per la partecipata scafatese di 150 mila euro a cui si aggiungono i 5 anni di canone (a 85 mila euro l’uno) per un totale di quasi 600 mila euro quinquennali, una cifra che però può salire qualora gli incassi siano superiori alle previsioni. Cosa ben diversa dai centomila euro annui che l’Aipa versava al comune di Scafati, indipendentemente dagli incassi effettivi. I NUOVI PARCOMETRI E LE NOVITA’ Il via al nuovo servizio di sosta a pagamento comporterà, oltre alle novità già oggetto di discussione, ulteriori novità. Cambiano i settori, e cambiano anche i parcometri. “Presto daremo il via ad una campagna di informazione, attraverso la stampa, cartelloni pubblicitari e manifesti – spiega l’ad Luigi Monti – cercheremo di fare in modo che gli scafatesi siano preventivamente informati dei cambiamenti, in modo tale da evitare qualsiasi equivoco. Sono scafatese anche io, e fare una bella figura è mia prerogativa”. Alla Publiparking toccherà anche l’installazione di nuovi parcometri (circa una settantina) di tipo digitale di ultima generazione, capace di collegarsi direttamente con il palmare in dotazione dell’ausiliare della sosta, e le centrali operative della società gestore, dell’Acse e della Polizia Locale. La loro manutenzione, così come quella relativa alla segnaletica orizzontale e verticale, è a cura della Publiparking. Nel 2010-11-12 dalla sosta a pagamento si sono incassati oltre 500 mila euro annui, somma calata a poco oltre
i 300 mila nel 2014. Questo, secondo l’Acse, è stato dovuto all’instabilità del servizio. Gli ausiliari del traffico dalle 5883 multe del 2010 (pari a circa 20 multe al giorno) hanno emesso, nel 2014, appena 2937, pari a 10 verbali quotidiani. Pochi secondo i calcoli dell’Acse, dovuti sia alla instabilità del servizio che ai vecchi parcometri. I nuovi previsti dovrebbero ottimizzare al massimo il servizio. Il nuovo piano parcheggi è stato realizzato, dietro costo di 14 mila euro, dalla società IT Ingegneria dei Trasporti srl di Roma. Mercato Ortofrutticolo. Paolillo risponde a Gambino: “Fa attività di n’ciucessa” Dopo le accuse di mancata raccolta dei rifiuti all’interno del mercato ortofrutticolo di Pagani- Nocera, da parte del consigliere regionale di FDI, Alberico Gambino è arrivata la risposta del Presidente della struttura, Vincenzo Paolillo. “Oramai Gambino pur di avere un momento di visibilità, come Caino, sarebbe capace di criticare finanche il fratello. E’ presente ovunque e la sola cosa che sa fare è blaterare , criticare, disseminare parole vuote nella maggior parte dei casi suggerite da altri. La sua più che una attività “politica”, sembra essere quella di colei che nei bassi di Napoli veniva etichettata con il temine di n’ciucessa. Ossia quella donnetta che pur di fare ‘ammuina’ andava disseminando, non casualmente, schizzi di fango ovunque. La sola cosa che ultimamente sembra sappia fare Gambino, tanto da meritarsi il simpatico appellativo di consigliere rionale.Attendiamo con piacere la vista ispettiva degli organismi preposti al controllo e per il momento ci limitiamo a confutare le accuse
del consigliere rionale A.Gambino allegando foto del servizio di pulizia e smaltimento presso la struttura del Mof di Pagani (foto rilevabili da FB con date diverse e ancora postate). Al mercato di Pagani –Nocera da anni viene svolta una attenta raccolta differenziata, che ha consentito di tenere aperta la struttura, mercatale in piena emergenza rifiuti . All’epoca Gambino era Sindaco e tutti ricordano ancora la sua gestione che ci asteniamo dal commentare “. Oggi pomeriggio, intanto, gli operatori del consorzio terranno una conferenza stampa per chiarire la loro posizione in merito alla denuncia dell’esponente politico di Fratelli d’Italia. Scafati. Il Pd: “dimettiamoci tutti, basta rinviare” Di Adriano Falanga “Dimettiamoci tutti”. Non scema l’appello del Partito Democratico ai “colleghi” dell’opposizione. Tredici consiglieri, quanto basta per chiudere definitivamente questa consiliatura, e archiviare un’altra pagina della politica scafatese. “Il quadro politico amministrativo attuale ci consegna una città completamente bloccata. L’ attesa per la decisione del riesame, quella relativa all’eventuale scioglimento del Consiglio Comunale tengono la macchina amministrativa ferma, commissioni disertate, decisioni rinviate – ripete, ancora una volta, Margherita Rinaldi – E intanto nessuna risposta alla città sul Piano Urbanistico, sul Piano di Insediamento Produttivo, sulla sicurezza in città, oramai ostaggio di atti di criminalità quotidiani, sulle varie problematiche ambientali, sulla vicenda allagamenti, sul commercio in crisi e il lavoro che non c’è e, non ultimo,
sulle politiche sociali assenti alla cui mancanza cercano di supplire le parrocchie e le associazioni di volontariato, basti guardare alla vicenda del centro “Raggio di Sole”. Di fronte a tutto questo, mentre il sindaco cerca di distrarsi dalle sue vicende giudiziarie lanciando un sondaggio sull’artista che dovrà animare il prossimo concertone di capodanno, che in una città normale ci può anche stare – continua la segretaria cittadina del Pd – noi siamo sempre più convinti che occorra un atto di responsabilità di tutte forze politiche per mettere fine a questa esperienza amministrativa che oramai si è esaurita nei fatti. Ancora una volta, quindi, come Partito Democratico, facciamo appello a tutti i gruppi di opposizione perché, con dimissioni collettive o con un atto di sfiducia, si ponga fine a questa consiliatura. Non è un atto “contro” qualcuno, ma un gesto non più rinviabile “per” la città”. Pronti alle dimissioni anche da Fratelli D’Italia. “Sono pronto a firmare per chiudere una volta per tutte questa bruttissima pagina di storia locale – spiega Mario Santocchio – Scafati ha bisogno di una nuova alba e senza dubbio bisogna archiviare questa gestione della cosa pubblica che ha prodotto solo danni sotto tutti i punti di vista”. D’accordo anche il capogruppo, Cristoforo Salvati: “Credo che rappresenti l’unica via di uscita dalla grave caduta di immagine della nostra città che subisce quotidianamente con le gravi accuse dei collaboratori di giustizia per il presunto voto di scambio politico elettorale di tipo mafioso di Aliberti e Company. Dobbiamo rimettere in gioco la fiducia nella politica libera da parte della città sana per poter ricostruire il senso dello Stato e della buona istituzione scevra da condizionamenti della criminalità’ per riportare la serenità’ nella macchina comunale e nei dirigenti liberi ed autonomi dalla politica”. Disponibilità anche dagli ex di maggioranza, in primis quella di Alfonso Carotenuto: “ero e sono fortemente critico sull’operato di questa amministrazione. Al di là di qualche sacchetto dei rifiuti fatto rimuovere (atto dovuto) non vedo da mesi nulla di concreto. Se dovesse essere estrema ratio per sbloccare la situazione credo che potrei seriamente prendere
in considerazione l’ipotesi”. D’accordo anche il Presidente del Consiglio Comunale Pasquale Coppola e Pasquale Vitiello. Indecisi il gruppo Identità Scafatese: Stefano Cirillo, Daniela Ugliano e Bruno Pagano. Lacrime del bambinello: l’accusa chiede l’assoluzione per Fra Gigino CAVA DE’ TIRRENI. Truffa e abuso di credulità. Erano le accuse mosse dal pubblico ministero Roberto Penna a carico di Fra Gigino in merito alla vicenda delle lacrime del bambinello a Cava. E’ attesa per questa mattina la sentenza, il religioso ha scelto il rito abbreviato, giudice Caiazzo. L’accusa ha chiesto l’assoluzione per il frate difeso da Alfonso Senatore e Maria Rosaria Crispi. I fatti risalgono all’ottobre del 2010, quando padre Luigi Petrone (nome di fra Gigino) tornò dalla Terra Santa portando una statua di ottanta centimetri raffigurante il bambin Gesù in trono. Il giorno dopo gridò al miracolo, mostrando le lacrime di sangue sotto gli occhi della statuetta. Secondo gli inquirenti le aveva collocate lui stesso, con l’aiuto di una siringa, e per questo gli è stato notificata agli inizi del 2014 la citazione a giudizio. La prima udienza era stata fissata nel marzo del 2015, ma in realtà il processo non si è mai aperto. Quell’udienza saltò per assenza del giudice, con rinvio al novembre 2015, quando però non si è potuto far nulla per il certificato medico depositato dall’imputato. Poi successivamente la scelta del rito abbreviato concordato con i legali in attesa che il fatto straordinario venga riconosciuto dalla Chiesa.
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