David di Donatello 2022 - I verdetti - Le candidature,Tre novità N

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David di Donatello 2022 - I verdetti - Le candidature,Tre novità N
David di Donatello 2022 - I verdetti
La 67esima edizione dei David di Donatello, come ricordo sempre, in ogni consueto resoconto di
inizio maggio, ovvero gli “Oscar” italiani, ha visto il primo concreto ritorno alla normalità, dopo
due anni di pandemia. Ricordate due anni fa, il povero conduttore Carlo Conti, desolatamente solo,
con un cumulo di statuette al suo fianco, che poi sarebbero state consegnate ai vincitori, a casa,
desolatamente per posta; o ancora le celebrazioni per il David alla Carriera alla quasi centenaria
Franca Valeri, anch’essa in collegamento. E poi venne il 2021, con un agghiacciante ibrido tra
collegamenti e presenze dal vivo, tutti pluritamponati e alcuni già vaccinati. Quest’anno abbiamo
visto invece un bagliore di normalità, che ci è sembrata quasi anormale. Che curioso gioco di parole.
Ci riabitueremo. Come ci riabitueremo ai soliti politici, che non perdono tempo per fare campagna
elettorale. Ricordate, l’anno prossimo si vota e anche la sagra della ricotta salata è buona per
accaparrare voti. Così il ministro della cultura, Dario Franceschini, uno che su quella poltrona ci si
vuole invecchiare, non perde tempo per bacchettare “quei discoli” degli esercenti italiani che
vogliono togliere la mascherina dal viso degli spettatori in sala e quasi si fa scappare il termine
“positivo”, per il futuro del cinema che verrà, sostituendolo, in calcio d’angolo, con “ottimista”.
Che ci sarà da essere ottimisti poi. Ah già si vota il prossimo anno.

Ma andiamo avanti.
Di fronte ad un Carlo Conti, imbalsamato come non mai, forse per la presenza della co-conduttrice
Drusilla Foer, sfilano tutte le nostre star, che in mattinata erano state ricevute dal Presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, per ricevere oneri e complimenti rispetto al comune impegno di
tutti per riportare il cinema italiano ai fasti di una volta. Che poi l’anno scorso il caro Mattarella, si
congedò candidamente, per quelli che sarebbero stati gli ultimi David da presidente. E invece eccolo
ancora lì, perché la politica non ha saputo trovare un sostituto. Ma tanto l’anno prossimo si vota.
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La serata dei verdetti segna il trionfo della Napoli del cinema. Sarà sfumato forse un Scudetto che
avrebbero finalmente meritato, ma quello dei David è vinto di certo. Tanti premi ad attori, autori e
film “napoletani”, con E’ stata la mano di Dio, che “ullallà, chi l’avrebbe mai detto” fa incetta di
premi. E di quelli di “prima categoria”. Miglior film e miglior regia per Paolo Sorrentino, per
quello che è il suo lavoro più profondo, più intimo, più sentito, di una lunga carriera che ha visto già
altri quattro David in bacheca, divisi tra Le conseguenze dell’amore e La grande bellezza. Insomma,
un piccolo grande trionfo per il regista napoletano, reduce dalla nominations agli scorsi Oscar
hollywoodiani, che rimangono già di per sé una gran cosa. La serata dei David napoletanissimi,
prosegue con lo splendido David, come miglior attrice non protagonista, vinta da Teresa
Saponangelo, proprio per E’ stata la mano di Dio. Lei che ci aveva incantato come mamma di
Fabietto, metronomo di gioie e dolori casalinghi, giocoliera giocosa che organizza scherzi telefonici,
stagliandosi emotivamente come figura materna di grande ilarità e dolcezza. David come miglior
attore protagonista per Silvio Orlando, per Ariaferma. Quanti ne avrà vinti ormai? Innumerevoli.
Eppure è sempre lì, come quelle leggende che non muoiono mai. Ariaferma vince poi anche nella
categoria della migliore sceneggiatura, firmata dallo stesso regista Leonardo Di Costanzo, con
Bruno Oliviero e Valia Santella, tutti di Napoli e dintorni. David al Miglior Attore non
protagonista vinto da Eduardo Scarpetta, figlio del genio comico partenopeo fittizio Eduardo
Scarpetta in Qui rido io! di Mario Martone, il cui bis-nonno era proprio il vero celebre e omonimo
Scarpetta. Il giovane “nuovo” Eduardo Scarpetta, emozionatissimo, ha dedicato il premio al padre
Vincenzo, scomparso troppo presto, nel 2004, quando lui aveva solo 11 anni, che poi i più ricordano
come l’imbroglione dalle improbabili camicie hawaiane di Banana Joe, al fianco di Bud Spencer.

A parte questo premio, però, sapete noi giornalisti, ci divertiamo a giocare con le parole e con gli
eventi e allora spesso vogliamo trovare vincitori e vinti. Abbiamo parlato dei vincitori, giochiamo ad
evidenziare i vinti. Ma così, con delicatezza. E allora non posso non annotare, che al cospetto di 14
David di Donatello 2022 - I verdetti - Le candidature,Tre novità N
nominations assolute, il film di Mario Martone, ne abbia concretizzati soltanto due: oltre al già
evidenziato Eduardo Scarpetta, il film vince solo la statuetta ai migliori costumi. E così anche il
grande Toni Servillo, per una sera va “out”: due nomination, due sconfitte. Rispetto alle premesse
anche Freaks Out delude, non per il numero di statuette vinte, che è rilevante perché sono ben sei,
però sono tutti David tecnici, con il contentino del David alla miglior produzione, da sempre
visto come “fratello minore” del più ambito premio al “miglior film”.

E poi ci sono le gradite sorprese e i grandi ritorni. Gradita sorpresa è il David come miglior
attrice protagonista, alla giovanissima 18enne Swamy Rotolo, protagonista di A Chiara di Jonas
Carpignano. Grande ritorno è invece quello del maestro Giuseppe Tornatore, vincitore di ben tre
David, con il suo celebratissimo Ennio: miglior documentario, miglior suono e miglior
montaggio. Standing-ovation per lui e per la leggenda al quale l’opera è dedicata: Ennio
Morricone. E qui si vola alto, come mai durante la serata. Perché le leggende viventi e non, le
riconosci subito e rimangono nella storia.

Infine, vanno nominati alcuni premi collaterali di primissimo livello. Come il David Giovani per E’
stata la mano di Dio. Fa davvero piacere che ad una platea così giovane sia piaciuto un film così
emotivamente spiazzante come quello di Sorrentino. Vuol dire che quindi nei giovani esiste un po’ di
umanità. Un po’ di capacità critica nel capire, elaborare ed elevare i sentimenti, quelli veri, quelli
puri, quelli poetici. David Speciali per l’attrice Sabrina Ferilli, emozionatissima e sempre
seducente; per Antonio Capuano, grande regista napoletano; e infine con la denominazione “alla
carriera” per Giovanna Ralli, che somma ai due Nastri d’Argento, al Globo d’Oro e all’unico David
vinto, questo alla Carriera, per una splendida ottantasettenne, protagonista assoluta del grande
cinema che fu. Sorvoliamo invece sul David dello Spettatore, l’ex Biglietto d’Oro, che premia il film
che ha incassato di più in sala nell’annata precedente. Vincitore è Me contro Te-Il film: Il mistero
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della scuola incantata. L’anti-cinema assoluto. Il che fa capire che il problema non sono né i
giovani, né le proposte cinematografiche dell’annata, né le piattaforme tipo Netflix, né gli esercenti
(per quanto un ministro della cultura li bacchetti dall’alto della sua poltrona), ma l’educazione
critico-artistica del pubblico, davvero al livello di “una capra”, che un critico d’arte un po’ sopra le
righe ne ha fatto un brand.

Davvero infine, nominiamo qualcosa che tutte le altre testate giornalistiche non nominano mai.
Chissà perché poi? Mah. Ovvero il David di Donatello come miglior film internazionale vinto da
Belfast, per la regia di Kenneth Branagh. Diciamolo una volta per tutte: il David di Donatello è
l’equivalente degli Oscar negli Usa. Sono premi nazionali esattamente come quelli americani, così
celebrati nel mondo; e in Europa, tra tutti i premi nazionali, rappresentano il premio più prestigioso.
Poi noi abbiamo anche i Nastri d’Argento, di pari livello e senza paragoni nel mondo, ma questo è un
altro discorso. E allora perché non dirlo. Perché non far sapere dell’importanza dei David di
Donatello e del fatto che anche noi abbiamo il premio al miglior film straniero? Quanti lo sanno?
Quanti sanno cosa sono i David? Quanti conoscono il cinema? Quanti conoscono la cultura e l’arte
più in generale? Qui manca una vera e propria educazione al nostro patrimonio storico e artistico,
con riferimenti espliciti anche al cinema. Così non andremo da nessuna parte. Ma tanto si sa, la
colpa è degli esercenti, mica di coloro che si attaccano a quelle poltrone e non fanno nulla per la
cultura.

Ma tanto l’anno prossimo si vota e ovviamente… non cambierà nulla.
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David di Donatello 2021 - I verdetti
La 66esima edizione dei David di Donatello, trasmessa in diretta su Rai Uno e condotta, come
ormai consuetudine, da Carlo Conti, ha riservato non poche sorprese ed emozioni scroscianti. Come
il David alla migliore attrice protagonista andato ad una emozionatissima Sophia Loren (a
proposito, qualcuno aveva dubbi che non lo vincesse lei?) per La vita davanti a sé, del figlio
Edoardo Ponti. Alla veneranda età di 86 anni, è lei la catalizzatrice assoluta della serata; lei che
porta in dote il ricordo dell’immortale cinema italiano degli anni d’oro; lei, che nel suo portamento,
nella sua eleganza d’altri tempi e nei suoi occhi ci fa rivivere quel grande cinema che fu.

  Madonna mia aiutatemi, è difficile crederci. La prima volta che ho ricevuto un David è stato 60
  anni fa ma stasera sembra la prima volta. L’emozione e la gioia sono le stesse. Il protagonista con
  me è magico, un bambino che si chiama Ibrahima e ringrazio il mio regista, Edoardo. Il suo cuore
  e la sua sensibilità hanno dato vita e anima a questo film e al mio personaggio, anche per questo
  io a mio figlio sono veramente molto grata, è un uomo meraviglioso. Non so se questo sarà il mio
  ultimo film ma io ho ancora voglia di farne ancora, sempre più belli, io senza il cinema non posso
  vivere assolutamente.

                                                                                        Sophia Loren
David di Donatello 2022 - I verdetti - Le candidature,Tre novità N
Di altissimo livello, anche i prestigiosi David alla Carriera, assegnati a Sandra Milo (vestita di
rosso fiammante), Monica Bellucci e Diego Abatantuono. Soprattutto quest’ultimo, ha ricordato
gli esordi e la sua sfolgorante carriera sempre all’insegna di una poliedricità d’attore, davvero fuori
dal comune.

La scorsa edizione, si tenne con gli ospiti in collegamento e il povero Carlo Conti, tristemente solo a
reggere la fatica di un’edizione realizzata nel pieno del terrore del Covid-19. Quest’anno l’edizione
in presenza ha restituito un po’ di normalità e soprattutto un pizzico di speranza, per un settore tra
i più colpiti dalla pandemia. Non sono mancati neanche momenti toccanti, come la consegna della
statuetta per la miglior sceneggiatura andato, postumo, a Mattia Torre, lo sceneggiatore e regista
scomparso nel 2019 a soli 47 anni, per Figli e ritirato dalla figlia Emma, salita sul palco con la
madre Francesca:

  Complimenti a mio padre che è riuscito a vincere questo premio anche se non c’è più. Bravo papà.

Gli altri tre premi attoriali, quelli più attesi e celebrati sono andati nell’ordine, a Elio Germano
(miglior attore protagonista) per Volevo nascondermi; e a Matilda De Angelis (miglior attrice
non protagonista) e Francesco Bentivoglio (miglior attore non protagonista) per L’incredibile
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storia dell’Isola delle Rose.

Volevo nascondermi, film del regista Giorgio Diritti a fronte di 15 candidature e 7 statuette
vinte, tra cui miglior film, miglior regia e il già citato miglior attore protagonista, è la pellicola
regina della serata. Lo stesso regista, visibilmente contento ed emozionato, ha riservato parole dolci
per il suo capolavoro e per il significato intrinseco che l’opera porta dentro di sé:

  Viva il cinema, tutti gli altri finalisti erano grandi film, anche diretti da giovani registi e questo fa
  ben sperare. Ricordiamoci di Ligabue anche quando incontriamo un clochard che disegna una
  madonnina. Ricordiamoci del valore di ogni uomo e difendiamolo finché possiamo, in ogni modo.

Si parlava all’inizio dell’articolo di “qualche sorpresa”, come quella inaspettata che consegna a Luca
Medici, in arte Checco Zalone il David di Donatello come miglior canzone originale per
Immigrato, dal film Tolo Tolo. Una vittoria inaspettata, conquistata sulla splendida Io si (seen), di
Laura Pausini, che portava in dote, non solo la vittoria ai Golden Globe, ma anche la candidatura
agli Oscar. Al film di Checco Zalone, va anche il già annunciato David dello Spettatore, premio
assegnato al film che nella precedente annata ha staccato più biglietti al botteghino.

Altri premi di rilievo, quello come Miglior regista esordiente al figlio d’arte Pietro Castellitto per I
predatori; e a Massimo Cantini Parrini vincitore del suo quinto David ai Migliori Costumi,
David di Donatello 2022 - I verdetti - Le candidature,Tre novità N
per Miss Marx di Susanna Nicchiarelli.

In mattinata si era tenuta al Quirinale, la consueta cerimonia di presentazione alla presenza del
Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della presidente dell’Accademia del cinema Piera
Detassis e altri pochi invitati, per lo più candidati e premiati, tra cui Sandra Milo e Diego
Abatantuono.

Lo stesso Mattarella, nelle sue parole piene di speranza, di amore verso il cinema e di fiducia nel
futuro, ha dichiarato:

  Dalla crisi che stiamo vivendo si esce solo con la solidarietà, visione e senso di appartenenza della
  storia comune», ha sottolineato Mattarella, di cui il cinema è un prezioso bene comune. Un
  patrimonio da cui ripartire.

Insomma, che dire di più?
Che il cinema è pronto a ripartire, che c’è voglia di riprendere in mano idee, progetti, collaborazioni
e dipingere un nuovo cinema, ancora più attento al sociale e alla realtà che lo circonda. Senza
dimenticare che, nonostante le numerosissime fatiche di un anno travagliato come il 2020, il nostro
cinema è riuscito a tirare fuori dal cilindro pellicole importanti, interpretazioni di livello e
professionisti che hanno dato lustro al settore del cinema nazionale. D’altronde la cerimonia di
premiazione di ieri sera, così piena di professionalità, così viva e carica di “alto cinema” ne è il più
fulgido e chiaro esempio.

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David di Donatello 2021 - Le candidature
La 66esima edizione dei David di Donatello entra nel vivo con le attesissime nominations di
quella che sarà ricordata, tristemente, come l’edizione dell’anno “senza cinema”, per le ormai note
motivazioni “pandemiche”. Nella giornata del 26 marzo scorso sono state annunciate alla stampa le
candidature, dei David, che ricordiamolo con orgoglio, in ossequio alla gloriosa storia del cinema
italiano, sono i secondi premi nazionali più prestigiosi del mondo, dopo i famigerati Oscar
hollywoodiani. Risaltano subito all’occhio due candidature che ci riportano malinconicamente ai fasti
del nostro passato: troviamo Sophia Loren candidata come migliore attrice protagonista per “La
vita davanti a sé”; e Renato Pozzetto candidato come migliore attore protagonista per “Lei mi
parla ancora”.
David di Donatello 2022 - I verdetti - Le candidature,Tre novità N
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ozzetto sul set del film “Lei mi parla ancora”.

Recordman di nominations si issa “Volevo nascondermi”, di Giorgio Diritti, che ottiene
l’incredibile cifra di 15 candidature; seguono con 14 candidature “Hammamet” di Gianni
Amelio e con 13 “Favolacce” dei D’Innocenzo.

Occupiamoci ora delle 4 categorie strettamente attoriali. Cinquina di livello estremo, forse mai così
alta nel nuovo millennio, per la qualità dei nomi che lo compongono, quella del migliore attore
protagonista: Kim Rossi Stuart per Cosa sarà, Valerio Mastandrea per Figli, Pierfrancesco
Favino per Hammamet, il già citato Renato Pozzetto per Lei mi parla ancora e infine Elio
Germano per Volevo nascondermi. Bisogna dirlo, anche la stessa categoria declinata al
femminile, è di altissimo livello, arricchita dalla presenza tra le candidate, della “leggendaria”
Sophia Loren, che per forza di cosa, sembra essere la naturale favorita. Accanto a lei troviamo
Vittoria Puccini per 18 regali, Paola Cortellesi per Figli, Micaela Ramazzotti per Gli anni più
belli e Alba Rohrwacher per Lacci.

Un gradino più in basso, ma sempre di ottimo livello, le due categorie dei migliori attori non
protagonisti. Al femminile la cinquina si compone così: per 18 regali Benedetta Porcaroli, per
Favolacce Barbara Chichiarelli, per Hammamet Claudia Gerini, per L’incredibile storia dell’Isola
delle Rose Matilda De Angelis e per Magari Alba Rohrwacher. Miglior attore non protagonista:
per Favolacce Gabriel Montesi e Lino Musella, per Hammamet Giuseppe Cederna, per
L’incredibile storia dell’Isola delle Rose Fabrizio Bentivoglio, per Lacci Silvio Orlando.

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più o meno generalizzate e con abitudini di vita e di lavoro che fatichiamo ancora a fare
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Esattamente coincidenti invece, le due categorie principali, quelle più ambite, ovvero miglior film e
migliore regia: Favolacce (Fabio e Damiano D’Innocenzo), Hammamet (Gianni Amelio), Le
sorelle Macaluso (Emma Dante), Miss Marx (Susanna Nicchiarelli) e Volevo nascondermi
(Giorgio Diritti). Nella categoria miglior canzone originale abbiamo la presenza di Laura Pausini
con Io si (Seen) per La vita davanti a sé di Edoardo Ponti, figlio della grande Sophia Loren.
Ebbene Laura Pausini è in lizza per un incredibile e memorabile “triplete”, per usare un termine
calcistico: ha già vinto ai Golden Globe, ed è candidata sia agli Oscar che ai David. Accanto all’ovvia
favorita della categoria, tra gli altri, abbiamo anche Claudio Baglioni per Gli anni più belli e
Checco Zalone per Tolo Tolo. Quest’ultimo film, in lizza anche per il David Giovani è già sicuro di
assicurarsi la statuetta del David dello Spettatore, conferito al film che nell’anno solare
precedente, ha staccato più biglietti in sala.

Citiamo ora la categoria come miglior film straniero, ricco di pellicole e di registi che hanno fatto
grande il cinema mondiale: 1917 di Sam Mendes, I miserabili di Ladj Ly, Jojo Rabbit di Taika
Waititi, Richard Jewell di Clint Eastwood, Sorry we missed you di Ken Loach. E poi a seguire
ci sono tutti gli altri premi, alcuni tecnici (come miglior effetto sonoro, miglior acconciatore, miglior
montatore, migliore scenografia, migliore sceneggiatura), alcuni legati alla regia (migliore regista
esordiente) e alcuni legati ai generi filmici (miglior documentario e miglior cortometraggio,
quest’ultimo già assegnato ad Anne di Stefano Malchiodi e Domenico Croce).

La cerimonia di premiazione si svolgerà martedì 11 maggio in prima serata su Rai 1, condotta per
la sesta volta, la quarta di fila, da Carlo Conti, con i candidati che probabilmente saranno in
presenza e non collegati da casa come accadde l’anno passato, un po’ sulla falsariga
dell’organizzazione dello scorso Festival di Sanremo: senza pubblico e con candidati, operatori e
conduttore sottoposti a tamponi preventivi.

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Tre novità Netflix da non perdere. Un film,
un cortometraggio ed una miniserie, per
accontentare proprio tutti.
Tante le novità Netflix che ci tengono compagnia in questi mesi, si va dalle serie tv ai film, dai
documentari alle animazioni. Ho scelto tre novità molto diverse tra loro: un film italiano, un
cortometraggio animato ed una miniserie americana.

  1. “La vita davanti a sé”
  2. “Se succede qualcosa, vi voglio bene”
  3. “La regina degli scacchi”

“La vita davanti a sé” è un film con protagonista l’icona del cinema italiano Sophia Loren, diretta
dal figlio, il regista Edoardo Ponti. E’ l’adattamento cinematografico del romanzo omonimo del 1975
dello scrittore Romain Gary, già portato sul grande schermo nel 1977 dal regista Moshé Mizrahi. Il
film racconta la storia del piccolo Momò, un orfano di origine senegalese che va a vivere a casa di
Madame Rosa, una donna anziana, sopravvissuta all’Olocausto, che ospita nella sua casa figli di
prostitute.
https://www.youtube.com/watch?v=En1jkf34xjc

Dapprima il rapporto tra Rosa e Momò non è dei migliori, il ragazzino spaccia per guadagnarsi del
denaro e difficilmente riesce a stare alle regole della signora che lo ospita, ma andando avanti con la
storia il rapporto tra loro si evolverà, fino a diventare un forte legame d’amicizia che cambierà
l’atteggiamento di Momò. Girato a Bari, in alcune delle vie più riconoscibili della città, il film si
presenta come una storia delicata che fa riflettere, grazie anche alla forte carica espressiva della
grande Sophia Loren e al volto incisivo e coinvolgente del giovane attore Ibrahima Gueye.

“Se succede qualcosa, vi voglio bene”, titolo originale “If anything happens, I love you”, è un
cortometraggio animato, targato Netflix, realizzato da Michael Govier e Will McCormack.
Racconta il dolore di due genitori che hanno perso la figlia di dieci anni in una sparatoria a scuola; in
dodici minuti questo cortometraggio riesce a narrare la distanza che si crea tra queste due persone
ed il profondo vuoto emotivo che la perdita della figlia ha portato in loro. E’ struggente, ben
costruito, forte ed incisivo.

https://www.youtube.com/watch?v=3kH75xhTpaM&feature=emb_logo

Bellissimi disegni stile carboncino in bianco e nero, assenza di dialoghi, suoni che contribuiscono
alla descrizione della storia e musiche emozionanti che accompagnano perfettamente le immagini,
sono i punti di forza di questo cortometraggio, che è già entrato nella top ten italiana di Netflix e nel
cuore degli spettatori.
E se parliamo di opere che sono entrate nel cuore degli spettatori, non possiamo non parlare di “La
regina degli scacchi”, la miniserie Netflix più vista di sempre (come ha reso noto Netflix). Tratta
da un romanzo, la serie ha come titolo originale “The Queen’s Gambit”, con riferimento al Gambetto
di donna, il nome di una apertura degli scacchi. Appassionante, emozionante, avvincente, questo e
molto altro si può dire di questa serie, che ha come protagonista il personaggio inventato di Beth
Harmon, una bambina di otto anni che inizia a giocare a scacchi nell’orfanotrofio dove vive, grazie al
custode che le insegna a giocare e scopre il suo incredibile talento.

https://www.youtube.com/watch?v=Ya1MgSu8Pxc

Dipendente da alcol e psicofarmaci, Beth, sin da quando era una bambina prodigio, lotta contro i
pregiudizi legati al suo essere donna in un mondo di giocatori uomini e lo fa con il suo spirito
combattivo e indipendente, solitario e lungimirante. Ciò che rende questa serie magnifica ed
imperdibile è, accanto alle scenografie ed i costumi, sicuramente l’eccezionale prova attoriale della
protagonista, l’attrice Anya Taylor-Joy, assolutamente perfetta nel ruolo della fredda e concentrata
giocatrice, che è anche una donna fragile ed emotiva. Risulterà senza dubbio ancor più
appassionante agli occhi di chi conosce il gioco degli scacchi, con tutte le sue strategie e la sua
storia.

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      Che natale sarà? Difficile dirlo o anche solo immaginarlo. Per tanti sarà un Natale senza un
    parente o un amico, per altri un Natale segnato dall’incertezza economica e la paura del futuro,
   per tutti (crediamo) sarà un Natale dove riscoprire un contatto intimo con se stessi e con gli altri.

Nell’attesa di questo Natale particolare, pensiamo un po’ meno ai regali e poniamo l’attenzione sul
nostro percorso interiore, sul rapporto con gli altri e dedichiamo del tempo a ciò che ci aiuta a
riflettere, sia esso un ricordo, un progetto, un libro o un film, perché la motivazione per migliorarsi
la si può trovare ovunque, se siamo disposti a cercarla.
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David di Donatello 2020: i verdetti
La 65esima edizione dei David di Donatello, per intenderci i “nostri” Oscar, trasmessa dalla prima
rete nazionale lo scorso 8 maggio, è stata un’edizione particolare, certamente destinata a rimanere
negli annali. Anche lo stesso Carlo Conti, presentatore esemplare della serata, l’ha ripetuto più
volte. Eliminati il red carpet, niente sfilate di attori, niente fotografie. Il teatro vuoto, il maxischermo
illuminato, e tutti, nominati e vincitori, collegati da casa insieme alla famiglia, con una bottiglia di
champagne a portata di mano e improvvisando un’inquadratura, magari artistica con una libreria
alle spalle, o i più spartani tipo Pierfrancesco Favino, con una classicheggiante parete bianca. Il
David al tempo del Coronavirus è stato dunque questo, che sia piaciuto o no, era davvero il massimo
che si potesse fare di questi tempi. Fortuna ha voluto che alla conduzione ci fosse un presentatore
consumato, un professionista esemplare, che ha saputo dominare un’anomala situazione, gestendo i
collegamenti, gli inevitabili tempi morti e i problemi di connessione di alcuni dei protagonisti.

In apertura Conti, ha letto un contributo epistolare del Presidente della Repubblica Mattarella, il
quale nella sua lettera di saluti, ha parlato di quanto sia fondamentale sognare; è importante, ha
detto, tornare a farlo dopo questa emergenza, ed è il cinema che può guidarci. Dopo di lui, le attrici
e gli attori italiani hanno dato voce a chi lavora nell’industria, ai tecnici, agli altri interpreti, a chi
ogni giorno permette a un set di funzionare, a un film di essere girato, e alla macchina produttiva di
mettersi in moto. C’è bisogno di sostenerli, hanno sottolineato.

La serata ha vissuto su due momenti topici. Innanzitutto il David di Donatello alla carriera, conferito
all’immensa FRANCA VALERI, che all’alba dei 100 anni, riceve questo prestigioso, e direi tardivo
riconoscimento. Peccato non ci fosse il red carpet, perché Franca avrebbe meritato una lunga e
calorosa standing-ovation reale, che il pubblico non avrebbe mancato di conferirle. Anche perché
negli ultimi tre giorni, il suo nome, nelle ricerche Google, è stato uno dei più cliccati e si sono
succeduti articoli dedicati alla sua figura di donna emancipata e fuori da ogni schema. E poi…e poi
c’è il secondo momento topico: la serata è stata infatti dominata dal regista Marco Bellocchio e da
quel film, ovvero Il traditore, che già nelle previsioni avrebbe dovuto fare man bassa di statuette, a
fronte addirittura di ben 17 nominations: un vero e proprio record assoluto. Il traditore si aggiudica
6 statuette, tra cui alcune di primissima fascia, come quella al miglior film; quella al miglior regista;
e quelle attoriali conferite a Pierfrancesco Favino come miglior attore protagonista e a Luigi Lo
Cascio come miglior attore non protagonista. Le altre due statuette sono state conferite a Ludovica
Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo e allo stesso Bellocchio per la miglior sceneggiatura
originale e a Francesca Calvelli per il miglior montaggio.

     Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema.

Curiosità: lo stesso film andò in concorso alla scorsa edizione dei Nastri d’Argento, il secondo
premio cinematografico nazionale, ottenendo riconoscimenti esattamente per le stesse categorie dei
David, fatta eccezione per il Nastro alla migliore colonna sonora conferito a Nicola Piovani, e per
l’ex-aequo nella categoria miglior attore non protagonista tra Luigi Lo Cascio e Fabrizio Ferracane.
Altra curiosità: per Favino, ormai osannato come l’attore più importante del moderno cinema
italiano, è il primo David di Donatello come miglior attore protagonista, ai quali ne vanno aggiunti
altri due come miglior attore non protagonista e vanno almeno citati anche i 4 Nastri d’Argento vinti
nel corso della sua carriera.

I rimanenti premi attoriali, in pratica quelli femminili, sono andati a Jasmine Trinca, come miglior
attrice protagonista per La dea fortuna, di Ferzan Ozpetek; e a Valeria Golino, che è scivolata
quando è stato annunciato il suo nome, quello come miglior attrice non protagonista per 5 è il
numero perfetto di Igort. Altra curiosità: Valeria Golino era candidata anche nella categoria come
miglior attrice protagonista per Tutto il mio folle amore.

E Matteo Garrone? Il suo Pinocchio, ha raccolto la maggior parte dei premi tecnici, tra cui miglior
scenografia, migliori costumi, miglior truccatore, miglior acconciatore e miglior effetti visivi; mentre
a Il primo Re è andato il premio per il miglior produttore; a Pietro Marcello e Maurizio Braucci
è andato il David per la miglior sceneggiatura non originale, per il lavoro che hanno fatto su Martin
Eden; e infine, per chiudere il discorso sui premi tecnici, Daniele Ciprì si è aggiudicato per Il
primo re, la statuetta alla miglior fotografia.

https://www.youtube.com/watch?v=Yf7Gjk2M6tk

Meritatissimo poi, il riconoscimento come miglior regista esordiente per Bangla, del giovanissimo
Phaim Bhuiyan, la vera sorpresa cinematografica italiana della scorsa stagione. L’autore ci
racconta la sua storia di italiano di seconda generazioni di origine bengalese in una commedia sia
sentimentale che sociale. Probabilmente l’unico film degli ultimi anni in cui un’onnipresente voce
fuori-campo non è invadente e fastidiosa. Funziona piuttosto da contrappunto e commento alle azioni
del protagonista, il quale, a mo’ di un novello Virgilio, ci conduce fra le strade vivaci di
Torpignattara, crogiuolo di razze e mestieri, quartiere di chiese e moschee, di baretti e di street art.
Il film esalta la diversità e dà una stoccatina alla falange razzista del nostro paese.

Il David “senza suspance” è andato invece alla coppia formata da Ficarra & Picone, per il loro
film in costume Il primo Natale. Il “senza suspance” si riferisce al particolare premio assegnato al
film più visto, e che dunque ha incassato di più, della scorsa stagione. Un premio che già dall’inizio
dell’anno, la coppia sapeva di aver vinto. Bisogna dirlo, il David dello spettatore è in pratica la
prosecuzione del prestigioso “Biglietto d’oro dell’AGIS”, che veniva annualmente assegnato dal
1947, al film più visto dell’annata solare. Dallo scorso anno è stato accorpato e fuso all’interno dei
premi dei David, diventando uno dei tanti prestigiosi riconoscimenti dell’Accademia.

La serata, nonostante l’edizione a distanza, è stata comunque ricca di momenti divertenti,
suggestivi, commemorativi ed anche commoventi. Roberto Benigni, candidato nella cinquina per il
miglior attore non protagonista con il suo Geppetto, ha fatto da mattatore e ha intrattenuto; ha
scherzato («questi sono i Covid di Donatello») e s’è detto tra le categorie più colpite: «io che
abbraccio, tocco e prendo in braccio tutti». Bellocchio, al momento dei ringraziamenti, è stato
raggiunto dalla famiglia, e Favino, proprio alla fine, ha voluto salutare sua madre, dedicandole la
vittoria. Molto suggestivi poi, i ricordi di Alberto Sordi e Federico Fellini salutati con alcuni
filmati delle immense Teche Rai, con i diretti interessati ripresi a parlare e a raccontarsi.

Tutti speriamo che la prossima edizione, la numero 66, sia diversa da quella che abbiamo vissuto
quest’anno, sia pure riconoscendo lo sforzo enorme, che in situazione di assoluta difficoltà, hanno
fatto sia la Rai che l’Accademia del Cinema Italiano. La stessa presidente, Piera Detassis, si è
augurata che la prossima edizione possa segnare un ritorno alla vita per il nostro cinema e per la
nostra società.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

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Ma cosa ci dice il cervello - Il film
Iniziamo dall’epilogo: Ma cosa ci dice il cervello consegna a Paola Cortellesi, splendida
protagonista del film, il Nastro d’Argento come miglior attrice di commedia, un giusto
riconoscimento ad una donna del cinema, che ogni anno che passa diventa sempre più brava, sempre
più interprete dei vizi e delle virtù della donna italiana. In questo potremmo forse paragonarla a
Monica Vitti? Probabilmente è la più vicina, perché è quella che più di tutte, al giorno d’oggi,
nell’ambito della commedia riesce meglio a comprendere come siano le donne italiane del nuovo
millennio.

Le avrà probabilmente giovato l’accoppiata non solo artistica con Riccardo Milani, regista del
suddetto film e suo compagno di vita. Al suo quarto film con il regista, dopo Scusate se esisto,
Mamma o papà e Come un gatto in tangenziale, Paola Cortellesi è utilizzata in una parodia
delle spy story di spionaggio all’americana, che mette in risalto il suo grande talento comico.

P
a
r
t
e
d
e
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c
a
s
t
d
e
l
f
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l
m
“Ma cosa ci dice il cervello”.
Come in tutti i film di spionaggio che si rispettino, anche quelli parodistici, si viaggia per il mondo.
Si gira a Roma, a Mosca proprio nella Piazza Rossa, a Siviglia e perfino per le vie del mercato di
Marrakech.

Lo stesso regista, all’ottava edizione di Ciné-Giornate di cinema, ha descritto così il suo film, che
poi sarebbe uscito qualche giorno dopo, ovvero il 18 aprile scorso:

“Una commedia sociale per raccontare un Paese che ha bisogno di risvegliarsi dal torpore. Proprio
come farà la sua protagonista, Paola Cortellesi, donna abituata alle angherie del quotidiano, alle
prepotenze del traffico e che un giorno, rincontrando amici di vecchia data, avrà la forza per alzare
la testa e smuovere qualcosa, magari rimettendo le cose al proprio posto”.

Le avventure che vive l’agente segreto interpretato da Paola Cortellesi, con sferzante ironia,
possono essere viste come un tentativo comunque riuscito, di raccontare il nostro Paese, in chiave di
divertimento e di riflessione sui tempi moderni.

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