Cyclic Nature Olafur Eliasson - A cura di/Curated by Nico Marini In collaborazione con
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Cyclic Nature Olafur Eliasson A cura di/Curated by Nico Marini In collaborazione con/ In collaboration with Studio Olafur Eliasson Mappa e lista delle opere in mostra Plan and list of the exhibited works
OPERE IN MOSTRA Dong Zhuang sunpath 2012 La strada per il sole di Dong Zhuang comprende trentanove sfere di vetro parzialmente specchiate, appoggiate su ganci di acciaio inossidabile attaccati a una parete. Con il piano che segnala l’orizzonte, la sequenza di sfere forma una curva sul muro, tracciando il percorso del sole nella zona di Guangzhou il 22 settembre 2012, la data dell’equinozio d’autunno, dove l’asse della terra non è né titolato verso né lontano dal sole, e il giorno e la notte sono di (quasi) uguale lunghezza. Le sfere sono posizionate in intervalli gradualmente crescenti verso il punto più alto della curva. Le misurazioni sono state effettuate ad intervalli di circa diciannove minuti nel corso di dodici ore. Parzialmente specchiati all’interno e rivestiti di nero sul loro esterno, le sfere fanno riferimento alla traiettoria del sole su un altro livello: rappresentando il momento prima dell’alba con una sfe- ra completamente rivestita, diminuendo gradualmente nella superficie spec- chiata ad una sfera completamente chiara che rappresenta il sole in zenith a mezzogiorno. Guardando le sfere specchiate, lo spettatore si confronta non solo con il proprio riflesso, ma anche con il riflesso dello spazio circostante. Mentre si vede solo un riflesso spaziale frammentario in sfere di vetro con solo una piccola superficie argentata, si vede un riflesso quasi completo del- lo spazio in una sfera semilucida. Sfere che sono quasi interamente rivestite limitano significativamente il riflesso dello spazio circostante, rivelando i limiti della percezione visiva. La via del sole di Dong Zhuang è parte delle indagini in corso di Eliasson sulla traiettoria del sole nello spazio, così come proviene da particolari luoghi sulla terra; questa specificità del sito evidenzia la via solare come una realtà perce- pita tanto quanto un fenomeno scientifico. La correlazione tra luogo, corpo e universo è spesso inscritta nelle installazioni di Eliasson. Tra i suoi studi prece- denti ci sono Dagslyspavillon (daylight padiglione), 2007, Hørsholm, Danimar- ca, e Sunspace per Shibukawa, 2009, in Giappone - spazi tridimensionali il cui design è stato, in parte, stato informato da osservazioni scientifiche.
Visual meditation 2017 La mediazione visiva consiste di sfere di vetro montate sulla parete per formare una disposi- zione circolare di 229 cm di diametro. Le sfere si irradiano da un centro vuoto, con le sfere più pic- cole situate verso il punto medio e la più grande alla periferia esterna. La maggior parte delle sfere sono state argentate in parte e rivestite con verni- ce opaca nera; la quantità di rivestimento si rife- risce alla posizione della sfera attorno al cerchio, creando una progressione da completamente ri- vestito nella parte superiore per pulire il vetro nel- la parte inferiore. Le aperture nelle sfere rivestite offrono scorci degli interni a specchio. Poiché il lavoro è pieno di riflessioni multiple, il suo aspetto risponde a ogni movimento dello spettatore.
Your solar nebula 2015 Un grappolo di 328 sfere di vetro assomiglia a una massa sparsa di grandi gocce d’acqua. La parte posteriore di ogni sfera è contrassegnata da tre piccoli cerchi di colore: un cerchio con finitura argento a specchio al centro, un cerchio di vernice nera a destra e un cerchio di vernice gialla a si- nistra. All’esterno delle sfere, una vernice nera piatta copre i tre punti in modo che i colori e la finitura a specchio siano visibili solo quando il visitatore scruta le sfere. Le sfere sono di cinque dimensioni diverse e poggiano su singoli rack. La loro disposizione non presenta una logica geometrica rego- lare, ma suggerisce una formazione naturale, come la posi- zione delle stelle in una galassia a spirale di nuova forma- zione.La posizione e la dimensione dei cerchi colorati fanno sì che le sfere appaiano completamente riflettenti se viste frontalmente. Guardando le sfere da diverse angolazioni, tuttavia, lo spettatore può riconoscere che la superficie ri- flettente è solo una parte di un più ampio sistema di colori e trasparenza presenti in ogni sfera.
Ventilator 1997 Attaccato a una corda e sospeso al soffitto, un ventilatore oscilla irregolarmente attraverso uno spazio, sospinto dall’aria che sposta. Ventilator fu un progetto del 1997 concretizato- si con successo al Moma di New York. Come indicato dal titolo dell’installazione è composto da un ventilatore sospeso al centro del Marron Atrium; una sorta di pendolo depu- tato a descrivere le traiettorie che occupano L’ampio invaso dell’atrio, fino a raggiungere un’altezza prossima quella dello spettatore. L’installazione si configura come la materializ- zazione degli studi geometrici e delle traiettorie infinite, omaggi a quell’idea di Endelss Space che gli valse il progetto Kiesler nel 2006, all’in- terno di un programma che prende il nome di Endless study. Quest’ultimo lavoro è una macchina per la pro- duzione di disegni geometrici. Ispirato all’ar- monografo, un’invenzione del diciannovesimo secolo. Il dispositivo utilizza una penna collegata a un sistema di pendoli per generare forme com- plesse composte da linee curve. Una volta stabilite le condizioni iniziali (penna, pendoli, quantità di moto) il processo di spie- gamento completa l’opera d’arte.
360° room for all colours 2002 Simile nel concetto di Room for all colors, 1999, questa installazione consiste in uno spazio circolare che circonda i visitatori con colori che cambiano lentamente. La fonte dei colori, una matrice di luci fluorescenti rosse, blu e verdi, è nascosta dietro uno schermo di proie- zione all’interno delle pareti dello spazio. Attraverso l’effetto di immagine residua, i visitatori percepiscono più colori di quelli effettivamente emessi dalle luci. I colori cambiano secondo una sequenza pre-programmata e le luci bianche e i filtri intrin- sechi alla meccanica del lavoro sono visibili ai visitatori che entrano e lasciano lo spazio. Il lavoro esplora il modo in cui il colore viene “prodotto” dalla manipolazione dei fenomeni visivi all’interno di un ambiente. In questo caso, il set-up utilizza il modello di colore aggiun- tivo, aggiungendo combinazioni di rosso, verde e blu insieme per produrre l’intera gamma di tinte e tonalità. Si ricorda agli spettatori non solo che la nostra esperienza del colore è strettamente cor- relata alla nostra esperienza di luce, ma anche che è influenzata dall’habitat culturale e dall’ambiente fisico.
Mirror door (user) 2008 Un riflettore diretto su una porta specchio rettangolare crea pozze di luce sul pavi- mento della galleria nonché in spazio vir- tuale dello specchio. Ciò crea spaesamento ed ambiguità nel fruitore. Eliasson apre delle porte nello spazio con gli specchi, che completano le forme di luce proiettate. Il fruitore si trova spettatore e artefice in base alla prospettiva con cui vede l’opera.
The authority of art (day) 2014 Diciannove meteoriti, apposti a una tavola cir- colare, circondano un LED bianco, interrom- pendo la sua luce con ombre oblunghe che si estendono fino ai bordi della tavola. Il pannel- lo circolare, dipinto di un bianco lucido, brilla nella luce del LED, e un rivestimento rotondo scherma la luce dalla vista frontale, evocan- do l’immagine di un’eclissi o di un buco nero al centro della scacchiera. L’intensità del LED richiama l’attenzione sulla relatività cromatica della lavagna bianca, le cui sezioni esterne appaiono quasi nere rispetto all’alone di lumi- nescenza che circonda la luce. I meteoriti di 14 milioni di anni, che si ritiene abbiano colpito il Campo del Cielo vicino Buenos Aires circa cinquemila anni fa, gettano ombre che, indi- vidualmente, suggeriscono il loro movimento verso il centro e, collettivamente, creano un modello astratto di luce e buio attraverso il la- voro.
The authority of art (night) 2014 Ventuno meteoriti, apposti a una tavola cir- colare, circondano un LED bianco, interrom- pendo la sua luce con ombre oblunghe che si estendono fino ai bordi della tavola. La tavola circolare, dipinta di nero e ricoperta da una sabbia metallica, brilla nella luce del LED, e una copertura rotonda scherma la luce dalla vista frontale, evocando l’immaginario di un’e- clissi o di un buco nero al centro della scac- chiera. I meteoriti di 14 milioni di anni, che si ri- tiene abbiano colpito il Campo del Cielo vicino Buenos Aires circa cinquemila anni fa, gettano ombre che, individualmente, suggeriscono il loro movimento verso il centro e, collettiva- mente, creano un modello astratto di luce e buio attraverso il lavoro.
The new planet 2014 Illuminati dall’interno e sospesi dal soffitto, i bordi ambiguamente incurvati e le complesse cornici a spirale del new planet disegnano l’ambiente con una combi- nazione affascinante di luci e ombre colorate. L’opera d’arte è costruita a forma di oloide, una forma geometrica scoperta nel 1924 dallo scienziato Paul Schatz; la forma della forma è concepita attorno a due cerchi congruenti, disposti per- pendicolarmente l’uno all’altro con il centro di ciascuno disteso sulla circonferen- za dell’altro. Due strati di barre curve in acciaio inossidabile si espandono in cornici che de- finiscono le superfici interne ed esterne del guscio del oloide. Apposti in trio per collegare le luci tra i due telai sono innumerevoli triangoli di alluminio e di vetro nero e giallo. La superficie statica dell’opera sembra essere una raffica di movi- mento, una caratteristica ispirata dall’affascinante rapporto tra il movimento in- terno e la forma esterna esibita in stormi di uccelli. Passando attraverso lo spazio attorno al lavoro, i visitatori riconoscono il proprio movimento nell’allineamento in continua evoluzione degli elementi sulla superficie del oloide.
The unspeakable openness of things 2018 I visitatori e le pareti della stanza sono entrambi riflessi nello specchio del sof- fitto, aprendo uno spazio cavernoso al di sopra di quello che è popolato da riflessi degli spettatori. Uno specchio a muro duplica il lavoro, proiettando un’eco del modello sull’altro lato dello specchio, con il grande sole sospeso in mezzo. Rispecchiando il visitatore e l’anello luminoso, il vasto ambiente ri- flessivo assorbe lo spettatore all’interno dell’opera d’arte, sottolineando l’impatto unico ottenuto dalla sua presenza. In questo modo, il lavoro si basa sull’inte- resse dell’artista per il sistema solare, non come un dato dato che deve es- sere accettato come tale, ma piuttosto come un modello capace di assumere una miriade di forme soggettive. Il lavo- ro riflette la possibilità di coesistenza tra le varie visioni del mondo individuali che ognuno di noi proietta in toto sulla no- stra esperienza fisica frammentata.
Reverse waterfall 1998 Un’impalcatura ruvida a quattro livelli posta in una pozza di acqua bassa supporta quattro bacini di metallo rettangolari, uno per ogni livello. Un sistema di pompe e tubi spara getti d’acqua verso l’alto, da bacino a bacino, invertendo il solito flusso gravitazionale. L’acqua spruzza selvag- giamente, non limitandosi ai bacini e alla piscina ma anche attenuando l’ambiente circostante. Il rumore degli spruzzi d’acqua è chiaramente udi- bile dal mormorio delle elettropompe e l’aria è piena di una sottile sen- sazione di umidità. La cascata rovesciata è stata mostrata sia all’interno che all’esterno.
Seu corpo da obra (Your body of work) 2011 Seu corpo da obra’ (Il tuo corpo di lavoro), 2011, installato a SESC Pompeia, São Paulo, Brasile, per la mostra personale di Eliasson. Lastre trasparenti di plastica colorata - in ciano, magenta o giallo - sono sospese dal soffitto per formare un labirinto. Ulteriori colo- ri appaiono dove queste tonalità si sovrappongono visivamente, formando composizioni spontanee che cambiano continuamente in risposta al movimento degli spettatori attra- verso lo spazio. Seu corpo da obra è stato ispirato dal lavoro dell’artista brasiliano Hélio Oiticica (1937-1980).
Wirbelwerk 2012 Wirbelwerk si estende dalla parte superiore dell’atrio del museo di Lenba- chhaus, a Monaco, appena sopra le teste dei visitatori. Composto da se- rie di spirali coniche avvolte in direzioni opposte, Wirbelwerk si assottiglia da un diametro di circa sette metri nel punto più largo a una punta stretta più di otto metri più in basso. Realizzato in tubi di metallo lucido e triangoli in vetro colorato soffiato a mano, l’opera attira i visitatori nell’universo visivo dei dipinti nelle gallerie sopra. Illuminato dall’interno, Wirbelwerk, che si traduce approssimativamente in “vortice di lavoro”, illumina l’intero atrio, proiettando macchie di luce colorata e ombre sulle pareti circostan- ti. Queste proiezioni fluttuano con il livello di luce diurna che entra nell’a- trio, apparendo a volte più distinto e talvolta più diffuso. Le bobine intrecciate di Wirbelwerk canalizzano l’energia dinamica di un vortice. Questo fenomeno, creato da una massa di vento o di acqua che gira intorno a una cavità centrale o vuoto che succhia tutto ciò che cat- tura nelle profondità prima di riportarlo in superficie, si verifica in tutte le scale, dall’acqua che si attorciglia allo scarico della vasca venti circolari di uragani e correnti nell’oceano, alla vasta forma a spirale di galassie.
Your glacial expectations 2012 Your glacial expetation fu collaborazione tra l’architetto paesaggista Günther Vogt e l’artista Olafur Eliasson, si riferiscono nel suo design ai ghiacciai che formavano il paesaggio attorno alla sede di Kvadrat, come si può ancora vedere nella topografia e nella geologia del sito. Il progetto non si conclude ai confini della proprietà, ma incorpora l’intero paesaggio circostante. L’edificio e il parcheggio sono stati integrati nel paesaggio. Ambientato direttamente nei prati incoerenti, i cinque specchi di Elias- son formano una serie che va da un cerchio perfetto a ellissi sempre più allungate. Gli specchi riflettono il cielo sempre mutevole sopra e lo sguardo del contemplatore, come se si trovasse sulle superfici delle pozze glaciali dell’Islanda. Il cielo si apre nel terreno sotto lo spettatore. Questa confusione dei confini tra sopra e sotto, dentro e fuori, trova ri- sonanza nella fusione del paesaggio tra la natura selvaggia e il giardino. I gruppi di alberi densi e chiaramente delineati, piantati da Vogt su lievi elevazioni, possono sembrare giardini coltivati da lontano. Da vicino, sono in realtà fasci di selvaggia natura selvaggia. Anche se ci si potreb- be aspettare di entrare nei boschi selvaggi, le recinzioni negano l’acces- so: sono Giardini dell’Eden che non possono essere inseriti. Le pecore che pascolano nei prati non sono native del sito. Parte della visione di Eliasson, sono stati appositamente portati dall’Islanda per le Sue aspettative glaciali.
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