Cunningham, ragazzo della Luna, sogna la nuova Nasa

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Cunningham, ragazzo della Luna, sogna la nuova Nasa
Cunningham, ragazzo della Luna, sogna
la nuova Nasa

Walter Cunningham

Articolo di Piero Bianucci

L’avventura spaziale di Walter Cunningham è stata breve, 11 giorni in tutto. Ma la sua fu
l’impresa di un pioniere. Andò in orbita con il primo razzo Saturno, quello progettato da
von Braun per la conquista della Luna, più precisamente, il “Saturn 1b”. Un volo
sperimentale carico di rischi, che condivise con Walter Shirra e Donn Eisele, entrambi
scomparsi (nel 2007 e nel 1987).
La missione si chiamava “Apollo 7”. C’era stato un disgraziato “Apollo 1”, con tre
astronauti morti bruciati durante una semplice esercitazione: Gus Grissom, Roger Chaffee
e Ed White. Dopo la tragedia, lo sviluppo del razzo proseguì con test senza equipaggio fino
all’”Apollo 7”, quando per la prima volta tre astronauti misero la loro pelle su quella
macchina pesante 590 tonnellate, quasi tutte di propellente. In pratica, una enorme bomba
con in cima una piccola cabina abitata.
Cunningham era tra i “vice” dei tre astronauti carbonizzati. Quella sera aveva aspettato
a lungo che il test finisse. Alla fine, poiché i contrattempi si sommavano ai contrattempi, si
decise a tornare a casa. Del resto quel test era “routine”, una simulazione sulla rampa di
lancio, niente di più. Seppe dell’incidente mentre era ancora in auto. Notizia lacerante. Ma
che gli aprì la strada dello spazio. Se Grissom, Chaffee e White non fossero morti in quel

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modo spaventoso e per certi versi inglorioso, chissà quale sarebbe stato il suo destino.
Mors tua vita mea. La capsula dell’”Apollo 7” si chiamò “Fenice” perché era risorta dalle
ceneri dei tre astronauti martiri.
Queste vicende Walter Cunningham ce le racconta nei primi capitoli del suo libro “I
ragazzi della Luna”, ora tradotto in italiano per l’editore Mursia (Milano) da Umberto
Cavallaro (606 pagine, 20 euro, prefazione di Giovanni Caprara). Segue l’epopea dei voli
verso la Luna, fino al commiato dell’”Apollo 17” nel dicembre 1972. Una storia vissuta
dall’interno, con gli aspetti umani, nobili e meno nobili, storie di ragazzi eccezionali,
spesso eroici, ma nessuno è eroe sempre e dovunque. E poi lo Shuttle, che proprio in
questi giorni sta raggiungendo il traguardo della pensione. La stazione spaziale russa
“Mir”, e ora la Stazione Spaziale Internazionale.
A mezzo secolo dall’incursione in orbita di Gagarin e quasi a quarant’anni dall’ultima
impronta umana lasciata sulla Luna, leggere queste pagine di Cunningham è istruttivo ed
emozionante. Nato nel 1932 a Creston nello Iowa, Cunningham era un pilota di caccia dei
Marines cresciuto alla Venice High School in California. Già esperto di volo acrobatico
aveva assistito al lancio dello Sputnik nel 1957 e ai voli di Gagarin e di Sephard (missione
suborbitale di 15 minuti, 5 maggio 1961) ancora ignaro del proprio destino. Quando nel
1963 ci fu un bando per astronauti, decise di concorrere, anche se gli mancava un anno
alla laurea in fisica.
“Apollo 7”, il suo primo e unico volo nello spazio, partì l’11 ottobre 1968 e rientrò il 22
nell’oceano Atlantico: 263 ore intorno alla Terra, mentre già la missione successiva,
“Apollo 8” realizzerà la circumnavigazione della Luna. Fu dunque un viaggio fondamentale
per mettere alla prova il razzo ma senza lustrini. Eppure aveva il brivido di chi affida la
propria vita a un razzo audacemente sperimentale. “Avevo visto molti decolli – scrive
Cunningham – ma questo era diverso. Si trattava del più grande razzo mai lanciato, che
sollevava il carico più grande mai messo in orbita, e questa volta ero seduto dentro, non
stavo guardando”.
Ecco gli istanti fatali: “Il razzo comincia a sollevarsi dalla rampa di lancio così lentamente
e così pesantemente che all’inizio non ti dà neppure l’impressione che si stia muovendo.
Passano 10 secondi di lenta agonia, prima che Apollo 7 lasci la torre: 590 tonnellate
devono essere bilanciate in una scia di fuoco”.
Ora che l’era Shuttle è al tramonto, il libro di Cunningham, sempre avvincente, acquisisce
attualità e un grande interesse negli ultimi capitoli e nelle conclusioni. Cunningham
dichiara tutta la sua disapprovazione per il “turismo spaziale”, specie se coinvolge
strutture internazionali di ricerca come la Space Station. Se turismo deve essere, se la
vedano gli imprenditori privati che fantasticano di alberghi sulla Luna e soggiorni in
orbita. L’esplorazione dello spazio è una cosa seria da trattare seriamente, e deve uscire
dalla crisi. Non è solo una questione di soldi. I finanziamenti della Nasa sono scesi ma non
è questo il vero problema. I soldi arriverebbero se si ritrovassero le idee coraggiose e lo
slancio che fecero del Programma Apollo un grande successo. Certo, non c’è più
l’incentivo della “guerra fredda” e della competizione con l’Unione Sovietica. Ma la sfida

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del ritorno sulla Luna per scopi scientifici e magari per raccogliere elio-3 da usare nei
futuri reattori nucleare a fusione controllata non è da sottovalutare.
In prospettiva c’è Marte. “La nuova missione della Nasa – dice Cunningham – “è studiare
l’universo ed esplorare il sistema solare”. Per farlo bisogna garantire l’accesso allo spazio
con un nuovo mezzo tipo shuttle ma a decollo orizzontale e in grado di salire a 60
chilometri bruciando l’ossigeno dell’atmosfera, senza doverselo portare in un serbatoio;
lassù dovrebbe partire un secondo stadio a razzo classico. Ma con un carico pagante ben
maggiore perché fino a 60 chilometri di quota il primo stadio ha sfruttato il comburente
regalato dall’atmosfera. Così il balzo verso Marte diventerebbe possibile.
In dollari di oggi il Programma Apollo costò 125 miliardi. Anche se il biglietto per Marte
dovesse costare tre o quattro volte di più, sarà sempre meno di un anno di guerra in Iraq
e in Afghanistan. Ma c’è la voglia di farlo? Nelle ultime righe Cunningham sembra
dubitarne.

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INCONTRO RAVVICINATO CON
I VISITATORI A IQUITOS, IN PERU’

A Iquitos da più di 25 anni c’è un gruppo di persone appassionate di UFO che hanno
potuto osservare delle attività di Oggetti Volanti Non Identificati ma non hanno mai avuto
alcun contatto ravvicinato con i Visitatori di altre galassie… fino ad ora. Durante la prima
settimana di Aprile Fabian del Cuadro proprietario di una chevicheria (ristorante tipico
peruviano, ndr) stava osservando il cielo quasi in uno stato di trance e profonda
concentrazione: l’uomo sostiene di aver ricevuto un messaggio telepatico dagli
extraterrestri. Subito dopo si è precipitato a chiamare il gruppo dicendo loro che
i Visitatori sarebbero arrivati quella sera. Più tardi Fabian, Aura Guzman e Jamie Guzman
sono partiti al tramonto per dirigersi nella località segreta che gli è stata data nel
messaggio. Il luogo si trova a 5 miglia fuori da Iquitos, sopra una piccola collina. Erano
arrivati in anticipo, per cui si sono messi in attesa, profondamente concentrati per l’arrivo
dei Visitatori provenienti dallo spazio. All’1.00 del mattino nel cielo limpido stellato hanno
visto una luce bianca: era l’UFO. Dopo un secondo o due hanno iniziato a vedere i contorni
di una macchina volante extraterrestreche stava a 2000 metri sopra di loro.
Improvvisamente un altro raggio di luce è stato proiettato al suolo dal ricognitore al suolo
seguito dalla comparsa di quattro esseri che sembravano galleggiare appena sopra la
terra. Aura Guzman ha proseguito nel racconto: “I nostri Visitatori non avevano un corpo
come il nostro ma forme che sembravano trasparenti come un tipo di gas, abbiamo potuto
distinguere il loro volti, le loro bocche e gli occhi”. I Visitatori non hanno parlato ma hanno
mandato in via telepatica le parole ai loro astanti stupiti. Il loro messaggio è stato
abbastanza chiaro: “Siamo sulla Terra solo per un breve periodo di tempo per aiutare

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l’umanita’. Vivete in pace e in armonia o una terribile conseguenza si abbatterà sul pianeta
Terra”. Poi in un lampo i Visitatori si sono sollevati e sono scomparsi nella luce sopra di
loro. Il blogger di Downtheamazon.com Bill Grimes che ha intervistato il gruppo il giorno
seguente e pubblicato questa incredibile vicenda ha escluso che fossero dei pazzi. Sono

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Eros, “asteroide artificiale”,ho “base
aliena”
Eros è un asteroide della fascia principale compresa tra Marte e Giove. Nella sua
superficie sono state rilevate strane strutture artificiale. Anche una parabola di 60 metri di
diametro. Non si può fuggire davanti all’evidenza.

Di Salvatore Giusa

Salvatore Giusa
Gli asteroidi:Sono una moltitudine di corpi solidi,composti da silicati e metalli,che orbitano
attorno al Sole principalmente nella regione di spazio compresa fra le orbite di Marte e di
Giove. Se né conoscono soltanto poche migliaia,ma il numero e in continua crescita. La
maggior parte degli asteroidi si trovano ad una distanza compresa tra 2,1 e 3,3,unità
astronomica (UA) e forma la cosiddetta “cintura asteroidale”.I primi asteroidi vennero
scoperti a partire tra il 1801,come “Ceres,Pallas, Vesta e Juno . Il periodo d’oro per la
scoperta degli asteroidi inizio nel 1845,quando l’otto dicembre, Karl Hencke scopri un
nuovo asteroide “Astra”.Dal 1801 ad oggi sono stati individuati più di 5000 asteroidi e non
tutti sono stati ancora oggi catalogati. Il più grande e “Cerere”,ha un diametro di
1000 km,ma la stragrande maggioranza non arriva a 100 km,mentre i più piccoli che si
riescono ancora ad individuare misurano soltanto qualche centinaia di metri. Nonostante il

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loro grande numero,si pensa che la loro massa totale non superi l’1%di quella della Terra.
“Cerere” il primo asteroide conosciuto,fu scoperto da Giuseppe Piazzi a Palermo nel
capodanno del 1801 a causa del suo moto tra le stelle. L’uomo intanto si affida alla
tecnologia, desideroso di conoscere da vicino gli asteroide, capire la loro origine e

Lo strano oggetto che mostrerebbe delle strane antenne!

soprattutto analizzare,la polvere in superficie da questi macigni. Il primo asteroide che
venne avvicinato da una sonda automatica fu “Gaspra”,il primo ad essere studiato dalla
sonda “Galileo”.Il 17 Febbraio 1996,venne lanciata la sonda “Near”.L’obbiettivo di questa
sonda era di raccogliere tutte le informazioni possibili sulla natura e le origini dei
numerosi asteroidi che si trovano nei pressi dell’orbita terrestre. La sonda “Near” era in
ogni modo già risultata uno dei progetti d’esplorazione spaziale più prolifici degli

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anni,avendo fornito una quantità di osservazioni e misure 10 volte superiore a quelle
previste inizialmente:nel 1997 la sonda “Near” era transitata a poca distanza da un altro
asteroide prima di raggiungere a Eros,Mathilde,fornendo immagini ad alta risoluzione di
questo corpo celeste. Proceduta qualche anno prima dalla sonda “Galileo”.La
“Near”,possedeva strumenti finalizzati allo studio di questi corpi vaganti. Fornendo
informazioni di grande importanza agli astronomi,in particolare sulla loro dinamica
e densità. L’asteroide “Eros”,infatti,sembra essere costituito da aggregati compatti di
roccia e metallo,tenuti insieme da una debole gravità,piuttosto che da una struttura
unica:caratteristica che potrebbe essere a molti asteroidi. Tutto questo e affascinante per
uno studio scientifico degli asteroidi,perché da essi possiamo comprendere la formazione
del nostro sistema solare. L’asteroide “Eros” da questo punto di vista poteva essere
interessante. Ma……..le foto che arrivavano sulla Terra dalla sonda “Near”, evidenziavano
qualcosa di “anomalo”,facendo attivare subito quelli della Nasa. Usando il scetticismo più
totale davanti ad una evidenzia simile. Le immagini trasmesse dalla sonda durante
l’avvicinamento a “Eros”si intravedevano strane strutture artificiali . Ma cosa stava
fotografando la sonda?

Il complesso strutturale di una base,con la sua parabola!

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La sonda Near!

Le foto che la sonda “Near”,trasmesse si potevano rilevare alcune anomalie che lasciarono
sconcertati la maggior parte dei ricercatori indipendenti. All’interno di un cratere posto in
una delle estremità dell’asteroide sono state individuati alcuni oggetti alquanto insoliti per
la superficie di un “masso alla deriva”. In particolare si nota la presenza di alcuni oggetti
perfettamente sferici con la superficie dall’aspetto metallico e dotati di una base
d’appoggio. Almeno una di queste sfere, i cui diametri vanno dai venti metri fin circa
i centoventi metri, ha la superficie lucida che riflette perfettamente la luce e l’ambiente
circostante. Alcune di queste sfere minori sono inoltre fornite di protuberanze su di un lato
o sulla sommità. “Pazzesco come si fa, a sostenere che si tratti di semplici massi” Difficile
sostenere che si tratti soltanto di pietre naturali, la differenza con i massi disseminati sulla
superficie è evidente! Sembrerebbe più logico associare le sfere ad un utilizzo da parte di
entità intelligenti come per esempio di stazioni spaziali o depositi di carburante o altri
elementi necessari alla sussistenza di una comunità basata sull’asteroide. La forma sferica
è infatti tra tutte la più solida e la più indicata per sostenere carichi di pressione interna
o esterna, dunque la più azzeccata per un utilizzo spaziale. In particolare, le sfere dotate di
sporgenza si presterebbero come attracco per veicoli spaziali. Ma non è ancora tutto. Ciò
che ha fatto esultare gli amanti del filone ufologico e del mistero in generale è stata
l’individuazione di una costruzione a forma di cono ho antenna radar, del diametro di circa
sessanta metri. Identificata subito come l’antenna radar ho come antenna parabolica delle
comunicazioni della base, appare nelle foto come una parabola con tanto di supporti ed
infrastrutture. Infine, per completare il quadro, è necessario rilevare che tale parabola,ho
radio telescopio, semmai esistesse ancora qualche dubbio, risulta, confrontando le
immagini riprese in giorni diversi, mobile ed efficiente, dunque regolarmente in servizio!A

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questo punto dobbiamo solamente dire:si tratta di un “asteroide, ho di una base aliena”
Non stiamo parlando di un film di fantascienza ma di una realtà nascosta al grande
pubblico. E’perche non si parla più di questo asteroide?Anni fa si ebbe un tentativo di
divulgazione da parte di un astrofilo italiano,ma venne immediatamente oscurato!
Escludendo la possibilità che si tratti di opere provenienti dalla Terra (le dimensioni sono
troppo imponenti),ammettiamo che si tratti di una tecnologia terrestre,come sono riusciti
a portala sull’asteroide,senza che nessuno se né accorgesse. Escludendo che si tratti di
fotomontaggi (anzi, sembra che dalle foto originali siano state coperte alcune zone per
nascondere alcuni particolari forse “compromettenti”), considerando l’attendibilità dei
documenti provenienti dall’archivio ufficiale dell’ente spaziale americano (le foto sono
liberamente accessibili nel loro sito), dunque tutti le possono vedere,ed analizzare, non
resta che formulare congetture circa gli autori delle opere.

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La parabola di 60 metri!

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