COSIMO FILIPPINI portfolio 2020

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COSIMO FILIPPINI portfolio 2020
C O S I MO F I LI P P IN I
        portfolio 2020
COSIMO FILIPPINI portfolio 2020
Nel lavoro di Cosimo Filippini il mezzo fotografico è praticato non tanto per
l e sue potenzia lità es tetiche o spettacolari quanto per la sua capacità di porsi
come s trumento di rifl essione sui rapporti tra rea ltà e imma gine, interrogandosi
sul senso del tempo e dello spazio ed esplorando quelli che sono i limiti, i
cortocircuiti e i paradossi della rappresentazione.
La rifl essione sul tema del tempo inves te sia l’is tante momentaneo dello scatto
che la durata racchiusa nella s toria del soggetto fotografato e tiene pure conto
di quei tempi in cui l e foto giacciono abbandonate in fondo ad un cassetto prima
di diventare parte di un’opera e di un discorso compiuti, rimesse così entro il
circuito dello spazio. Le moda lità di collocazione della s tampa fotografica che,
facendosi oggetto, occupa a sua volta uno spazio e ne modifica la percezione,
a limentano l e tensioni che si creano tra spazio rea l e e figurato e inducono nello
spettatore un senso di spiazzamento e sorpresa.
I presuppos ti raziona li e progettua li di ques to lavoro, fondandosi sulla
consapevol ezza dell’autenticità e dell’unicità dell’esperienza, lasciano aperto
il discorso a esiti in cui, come attraverso un contro-discorso, possa a lla fine
trasparire un sentimento di s tupore e una vena di poesia.
COSIMO FILIPPINI portfolio 2020
INDICE

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         4    Rampante

         11   Gelatina granito

         15   Erosioni Finestra

         16   Appunti di erosione

         21   Après la raclette

         25   Paesaggio (fiume)

         27   Istante

         28   Vertice

         29   Vetrata Lago

         31   Lago Pantone

         38   Un’altra scala

         40   Paesaggi

         47   I vetri oscurati della Neue Nationalgalerie
              di Mies van der Rohe

         49   Bio, mostre, contatti
COSIMO FILIPPINI portfolio 2020
R A M PA N T E
2020
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Le immagini della mostra Rampante di Cosimo Filippini catturano
la nostra attenzione sia per il senso di stupore che riescono a
infondere sia per la loro ambiguità. A un primo sguardo si possono
facilmente scorgere degli alberi sospesi nel vuoto. Ma ben
presto molti sono gli interrogativi che si pongono, e l’esigenza
di un esame più minuzioso diventa necessaria. Colti sul vivo in
una posizione così insolita da risultare inverosimile, questi alberi
volanti appaiono enigmatici e invitano alla rifessione. Persino la
loro natura fotografca, solitamente garanzia di un solido legame
con la realtà, è messa in discussione. Si tratta di riproduzioni
manipolate o, forse, di stampe molto realistiche?

Le risposte a tali quesiti, se in parte possono essere suggerite
da un attento esame delle immagini, vanno trovate innanzitutto
nell’approccio dell’artista e nei suoi riferimenti culturali. In un
paese, la Svizzera, in cui le montagne dominano vaste zone del
territorio e sono interessate da molteplici attività, l’elicottero è un
veicolo funzionale spesso impiegato per l’approvvigionamento, lo
spostamento di materiali da costruzione, il recupero di animali
e, nel caso specifco, il trasporto nell’ambito del settore forestale.
Per quanto si possano conoscere queste attività, simili immagini
colte fuori contesto pongono degli interrogativi in quanto
presuppongono intenzioni e riferimenti che non appartengono al
genere documentario.

Cosimo Filippini ha un rapporto particolare con la fotografa.
Inizialmente questo gravitava intorno al mondo dell’arte e
dell’architettura, dei suoi protagonisti e delle sue istituzioni. Le
incursioni in questi ambiti sono il risultato di un processo durato       Botanica #5, 2020
                                                                          stampa digitale inkjet su carta cotone montata su Dibond, cavi, ganci e morset-
quasi un decennio e i suoi esiti spesso si nutrono anche di questi
                                                                          ti in acciaio,
stretti legami con la storia dell’arte e con l’arte contemporanea.        dimensioni variabili, dettaglio

                                                                                                                                                            /4
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R A M PA N T E
2020                                                       La fotografa costituisce il suo strumento prediletto – più che un
                                                           mezzo espressivo, come lui stesso afferma – ma il suo punto di
                                                           riferimento rimane la pittura, disciplina con la quale Filippini
                                                           sviluppa, senza dubbio, le maggiori affnità, sia visive sia
                                                           concettuali.

                                                           Alcuni suoi lavori prece denti, come Appunti di erosione o Paesaggio
                                                           (fume), attestano lo stesso tipo di rapporto con la fotografa,
                                                           impiegata come strumento che rimanda alla stampa d’arte, senza
                                                           per questo inserirsi in un rapporto di semplice imitazione. Anche
                                                           le immagini in mostra a Ligornetto, caratterizzate da tonalità
                                                           leggere, come i tratti delicati dei rami degli alberi, non possono
                                                           infatti non rievocare la tecnica dell’incisione. E d’altronde lo stesso
                                                           Filippini aveva in un primo momento preso in considerazione la
                                                           possibilità di stamparle utilizzando la tecnica dell’eliografa.
                                                           Sospesi nel cielo, quasi scollegati da un qualsiasi contesto al
                                                           di fuori delle cinghie che li tengono agganciati a un sostegno
                                                           invisibile, gli alberi assumono qui una dimensione scultorea (e la
                                                           scultura contemporanea, una certa pratica dell’oggetto appeso,
                                                           costituisce un altro punto di riferimento importante: basti pensare
                                                           alla serie Italia, le carte geografche in rilievo di Luciano Fabro).
                                                           Come Filippini dichiara, la sua serie si rifà a una sequenza di studi
                                                           visivi legati a un tema e incentrati sulle caratteristiche plastiche
                                                           dei suoi modelli, con una sfumatura ironica legata all’assurdo e ai
                                                           risvolti inaspettati di queste situazioni.

                                                           Senza alcuna pretesa di intavolare un dibattito sull’ecologia e sullo
                                                           sfruttamento delle risorse naturali del pianeta, le sue fotografe
                                                           potrebbero inoltre alludere a queste problematiche e alla brutalità
                                                           dell’impatto dell’uomo sull’ambiente – indipendentemente dalla
                                                           situazione specifca che dà origine alle immagini, e che qui rimane
                                                           fuori contesto.
Botanica #2, 2020
stampa digitale inkjet su carta cotone montata su Dibond
40 x 55 cm                                                 Il lavoro dell’artista va inteso anche in rapporto alla fotografa
                                                           contemporanea. La ripetizione e la variazione su un tema all’interno

                                                                                                                                     /5
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Vista: Rampante, 2020. Museo d’arte di Mendrisio, Casa Pessina.   /6
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2020

Botanica #16, 2020
stampa digitale inkjet su carta cotone montata su Dibond, cavi, ganci e morsetti   Rampante, 2020
in acciaio                                                                         stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart montata su Dibond, incorniciata,
dimensioni variabili, dettaglio                                                    22 x 16 x 3 cm                                                                         /7
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Rampante, 2020. Museo d’arte di Mendrisio, Casa Pessina.   /8
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2020
di una serie, i cui codici estetici vengono minuziosamente defniti
prima dell’elaborazione, costituiscono un’altra importante
tradizione propria di questa disciplina, particolarmente legata
all’infuenza ancora oggi rilevante della scuola di Düsseldorf. In
una dimensione priva della spontaneità dell’istantanea, l’adesione
alla realtà della fotografa è contrastata dalla padronanza offerta
dal protocollo di acquisizione delle immagini. Rampante si
inserisce in questa prassi prediligendo il rigore nell’inquadratura
(l’albero sempre nella sua interezza, l’elicottero sistematicamente
fuori campo) e le tonalità cromatiche, in particolare quelle in
cui un cielo grigio bluastro ricorda uno sfondo dipinto. Questa
pratica formale, se riduce l’individualità delle immagini, che
risultano quasi intercambiabili, fa della serie un’opera completa,
al di là delle singole fotografe. E l’allestimento, curato con
attenzione nell’ambito della mostra di Casa Pessina, rievoca la
stessa leggerezza, la stessa dimensione “sospesa” che è la chiave
interpretativa e concettuale dell’intero progetto.

Il titolo rimanda al romanzo di Italo Calvino Il barone rampante
e alla vita del suo protagonista sugli alberi. Cosimo Filippini
gioca, quindi, con le diverse interpretazioni possibili delle sue
immagini e contrappone la molteplicità delle proprie infuenze
artistiche all’effcacia di un protocollo fotografco preciso.
Raccogliendo intorno ai suoi alberi sospesi una ftta ed eclettica
rete di riferimenti, ci invita a una lettura poetica: in tal modo egli
sfugge a una lettura rigida ed esclusiva privilegiando, piuttosto,
un’ambivalenza fertile in cui plasticità, segno, ironia e asprezza
rimandano con intelligenza al racconto da cui prendono il nome,
allineandosi con grande effcacia alla fragilità e alle metafore che
vi sono espresse.

							 Danaé Panchaud                                                   Rampante, 2020. Museo d’arte di Mendrisio, Casa Pessina.

                                                                                                                                    /9
COSIMO FILIPPINI portfolio 2020
Rampante, 2020. Museo d’arte di Mendrisio, Casa Pessina.

                                                           /10
G E L AT I N A G R A N I T O
2019
------

Negli ultimi anni la ricerca di Cosimo Filippini si è concentrata sugli effetti
che la luce ha sugli elementi naturali. Al mutare della luce, come cambia
l’aspetto di un paesaggio, di uno specchio d’acqua o di un’erosione
rocciosa? La macchina fotografica è stato uno strumento per indagare
questi cambiamenti, restituendo immagini focalizzate sugli aspetti
cromatici e plastici di questi soggetti in diverse condizioni di luce.
La luce utilizzata per queste serie di lavori è stata quella naturale del
giorno. Gelatina granito segna un cambiamento nel metodo di lavoro,
perché per la prima volta Cosimo Filippini allestisce un set fotografico,
creando intenzionalmente una situazione controllabile, invece di
dipendere da una condizione naturale.
Il dettaglio di una colonna di granito viene illuminato con una coppia di
flash da studio. Allo studio sul volume, dato dalla luce radente che illumina
il materiale, si unisce l’aspetto cromatico dato dal colore della luce. Ad
ogni flash è infatti aggiunto un filtro colorato, che in gergo fotografico è
chiamato gelatina. Si tratta di un foglio di plastica trasparente che viene
posizionato davanti alla luce, conferendole un certo colore.
Il lavoro nasce dalla visione di un oggetto del quotidiano, una colonna
di granito bocciardato. Con il suo processo, Cosimo Filippini tramuta
questo oggetto nel soggetto di questa serie di visioni. Immagini astratte
che potrebbero ricordare un paesaggio innaturale, estraneo alla natura
di quello che percepiamo nella vita di tutti i giorni, aprendo a una serie
indeterminata di possibili visioni.
L’intenzione pittorica del lavoro nasce dall’uso di gelatine di diversi
colori che illuminano il soggetto. Gelatina granito, infatti, è costituito da
una innumerevoli immagini, una per ogni possibile accoppiamento di
colori. Un caleidoscopio infinito di possibilità che, volendo, dialogano fra
di loro in altrettanti dittici, trittici o gruppi di più elementi.

Gelatina granito (magenta - ciano), 2019
stampa digitale montata su alluminio, incorniciata. 34 x 26 x 4 cm

                                                                                  /11
G E L AT I N A G R A N I T O
2019

Gelatina granito (verde - blu, rosso - verde), dittico, 2019
due stampe digitali montate su alluminio, incorniciate. 34 x 26 x 4 cm cad.   /12
G E L AT I N A G R A N I T O
2019

Gelatina granito (indaco - viola), 2019
due stampe digitali montate su alluminio, incorniciate. 34 x 26 x 4 cm cad.   /13
G E L AT I N A G R A N I T O
2019

Gelatina granito (CTB - CTO, rosa - viola), dittico, 2019
due stampe digitali montate su alluminio, incorniciate. 34 x 26 x 4 cm cad.   /14
EROSIONI FINESTRA
2018
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Finestra, cornice e obiettivo si scambiano
vicendevolmente di ruolo in un gioco combinatorio
che mette in discussione le modalità in cui lo
sguardo viene incanalato sul dettaglio di un
paesaggio. Il lavoro, una riflessione sul senso dello
spazio, nasce relazionandosi con l’architettura
dell’Ex Macello di Lugano.
Una fila di finestre cieche ad arco ribassato offre la
possibilità di accogliere al proprio interno il lavoro
fotografico. Questo innesca un meccanismo di
finzioni e di scarti che modifica la percezione della
volumetria della sala. In una di queste aperture si
posiziona una stampa fotografica che si ritaglia sui
suoi contorni e apre la finestra porgendo all’occhio
la profondità di un panorama illusorio. Si tratta
però di una sorta di anti-panorama, costituito
dal dettaglio di uno scoscendimento sabbioso, di
cui la luce del sole evidenzia l’aspetto scultoreo.
Il soggetto delle foto, che non lascia via di fuga
all’occhio, è tratto dalla serie precedente Appunti
di erosione. Esso, rappresentando di fatto una
seconda parete, eleva ulteriormente il quoziente
di ambiguità del lavoro.
Altre due stampe con il medesimo soggetto
si posano più in alto sul muro, mantenendo le
dimensioni e la sagoma della foto accolta nella
nicchia. Questa scelta, dovuta più a una sorta di
effetto emulativo che ad un’esigenza di simmetria,
scombina ulteriormente l’idea dello spazio, la cui
profondità si declina così secondo più livelli di
percezione.                                              Vista: Erosioni Finestra, 2018
                                                         Installazione, tre stampe a getto di inchiostro su carta, 224 x 120 cm cad.
                                                         Mostra: Statement, io artista, Ex-Macello, Lugano, 2018, a cura di Alessandra Gabaglio.

                                                                                                                                                   /15
APPUNTI DI EROSIONE
2018
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Cosimo Filippini fotografa il paesaggio italiano dal 2010, cercando di restituire
immagini di luoghi caratterizzati da una complessa varietà di fenomeni
geologici. Si tratta di pattern, texture, segni e geometrie elementari, che
la ricerca fotografica è chiamata a svelare e cogliere nella loro relazione
con la luce. All’aspetto di documentazione della realtà si sovrappone così
l’intento di mettere in evidenza la componente scultorea che questi paesaggi
racchiudono in se stessi. Le condizioni di luminosità dovute ai cambiamenti
dell’ora e del clima, modellando in modo diverso queste forme, impongono
lunghe attese prima dello scatto, alla ricerca dell’istante in cui l’aspetto della
natura corrisponda alla condizione ricercata dal fotografo.
Durante la residenza Viavai+ nella Svizzera Francese, attirato dalla
particolarità del paesaggio del Cantone Vallese, ha avuto modo di
perfezionare e sviluppare queste intuizioni, costatando la presenza di questi
fenomeni erosivi nei grossi ammassi di sabbia e ghiaia che si trovano nei
depositi di stoccaggio delle cave.
Il soggetto, che non è più il paesaggio naturale ma il prodotto di un’attività
umana, offre qui un insieme così differenziato e variato di declinazioni
formali che permettono di abbandonare la condizione di documentazione
per intraprendere una scelta che coincida con le esigenze estetiche e con i
presupposti progettuali che le precedenti ricerche hanno originato e affinato.
Quello che si trova è così anche quello che si ricerca.
Questi mucchi di sabbia, slabbrandosi e scoscendendosi per opera delle
condizioni climatiche e degli interventi umani, offrono un campionario
praticamente illimitato di fenomeni erosivi, le cui possibilità combinatorie
permettono di riprodurre gli effetti di grane e di trame quasi come se il
risultato del lavoro fosse una grafica. Mimando le sfarinature e tessiture del
pastello sulla ruvidità della carta si raggiungono effetti scultorei ancora più
duttili e articolati, come se il medium fotografico mutuasse le possibilità
creative e le arbitrarietà di scelta proprie del disegno e della scultura.

Appunti di erosione #1, #2, 2018
stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart montata su Dibond, incorniciata
41 x 61 x 4 cm

                                                                                      /16
APPUNTI DI EROSIONE
2018

Appunti di erosione #9, #10, 2018. Stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart montata su Dibond, incorniciata, 41 x 61 x 4 cm   /17
APPUNTI DI EROSIONE
2018

Appunti di erosione #7, #8, 2018. Stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart montata su Dibond, incorniciata, 41 x 61 x 4 cm   /18
APPUNTI DI EROSIONE
2018

Appunti di erosione #3, #4, 2018. Stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart montata su Dibond, incorniciata, 41 x 61 x 4 cm   /19
APPUNTI DI EROSIONE
2018

Appunti di erosione #3, 2018, dettaglio. Stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart montata su Dibond, incorniciata, 41 x 61 x 4 cm   /20
APRÈS LA RACLETTE
2018
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Cosimo Filippini & Élise Lafontaine
Après la raclette
05.2018 – 06.2018 Le Laurier, Residenza Malévoz Quartier Culturel

Malevoz è un parco nella Svizzera Francese in cui, fra gli alberi secolari,
si trova un ospedale psichiatrico. Uno dei padiglioni ospita uno spazio
culturale, in cui si riuniscono artisti che provengono da diversi paesi.
Qui si è svolta la residenza Viavai+, grazie a una borsa della fondazione
svizzera per l’arte ProHelvetia.
La raclette è il pasto conviviale a base di formaggio fuso con cui gli
artisti sono stati accolti al loro arrivo. Cosimo Filippini ha lavorato
con la pittrice canadese Élise Lafontaine sul tema dell’incontro e dello
scambio, pensando con lei a dei lavori a quattro mani e sposando la
pratica del disegno.

Cosimo Filippini & Élise Lafontaine
Engeloch (Paesaggio con annunciazione), 2018
stampa digitale inkjet su carta, pennarello su carta, vernice spray su plastica, nastro
adesivo, barra di ottone, fermagli a molla
150 x 100 cm

                                                                                          /21
APRÈS LA RACLETTE
2018

Paesaggio (cella), 2018,                                          Après la raclette, 2018
stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart, 61 x 50 cm   stampa digitale inkjet su carta fotografica fineart, 40 x 28 cm   /22
APRÈS LA RACLETTE
2018

                                                                 Cosimo Filippini & Élise Lafontaine
                                                                 Volta, pietrisco, dittico, 2018
Il disgelo sul sempione 5, 2018, olio su carta 35 x 51 cm        olio su tela, fotografia incorniciata
Il disgelo sul sempione 2, 2018 carboncino su carta 35 x 51 cm   91 x 61 x 4 cm                          /23
APRÈS LA RACLETTE
2018

Vista: Oblò erosioni, 2018, videopriezione, dimensioni ambientali   /24
PA E S A G G I O ( F I U M E )
2018
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Paesaggio (fiume) è un lavoro realizzato fotografando il fiume
Rodano. Nella sua indagine sul paesaggio usando lo strumento
della fotografia, Cosimo Filippini ha cercato una soluzione
visiva che unisse le riflessioni fatte precedentemente con le
sue sue fotografie di erosioni e della superficie di un lago. Il
risultato è una serie di immagini dal soggetto indeterminabile
che sembrano mostrare un paesaggio alieno, simile a quelle
realizzate dalle sonde spaziali ai vortici gassosi dei pianeti
del nostro sistema solare.
Il lavoro pone l’accento su come la fotografia permetta
di vedere e mostrare in modo diverso un soggetto che
conosciamo nella la nostra esperienza quotidiana.

Paesaggio (Fiume), 2018
Stampa fotografica su carta fineart, 86 x 120 cm

                                                                   /25
PA E S A G G I O ( F I U M E )
2018

Paesaggio (Fiume), 2018, dettaglio
Stampa fotografica su carta fineart, 86 x 120 cm   /26
I S TA N T E
2017
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Accade che, viaggiando in autostrada, ci si imbatta in un’auto ferma ai bordi della
carreggiata. Dal vano motore si leva una densa colonna di fumo, gli occupanti si
allontanano in preda al panico. La drammaticità di questo spettacolo ci impone
di rallentare la corsa e di scattare, senza pensarci troppo, una foto dal finestrino.
Ed ecco che, nel preciso momento in cui si verifica lo scatto, accade che l’auto
esploda, incendiandosi.
Documento di un istante imponderabile, questa foto è rimasta per lungo tempo
nel cassetto. La decisione di recuperarla è stata presa in seguito a un’attività
di riflessione sui temi del tempo e dello spazio. Che rapporto esiste tra il caso,
ovvero la tyche, e il kairos, il momento propizio, l’stante inafferrabile da catturare
al volo? E quali carte restano in mano all’artista in questo gioco tra tempo e
spazio? Come significare tutti gli incidenti e le instabilità di quel tempo catturato
all’interno di un’immagine che prende necessariamente posizione all’interno di
uno spazio?
In questa immagine il caso e si trasforma in una sorta di kairos potenziato. Succede
che dentro l’istante scelto dal fotografo per effettuare lo scatto, per opera di
un superiore caso o forse di un kairos ancora più insondabile, si faccia largo
all’improvviso un tempo diverso, l’irruzione di un istante catastrofico e imprevisto.
La stampa fotografica si appoggia obliquamente a una parete con la base
sull’estremo bordo di una mensola. Si cerca così di rilevare la connessione tra la
tensione dello spigolo e la tensione dell’istante: lo slittamento del campo visivo
è omologo dello slittare dell’attimo dal corso uniforme del tempo. La scena
rappresentata è inoltre ruotata di novanta gradi, prendendo in contropiede il
percorso abituale dell’occhio e reinventando la forza di gravità dell’immagine.
Questo obbliga la vista ad interrompere ulteriormente le sue abituali e rassicuranti
traiettorie suggerendo un senso di verticalità. Il proposito è quello a di suggerire
nello spazio, attraverso cambiamenti d’angolazione che spiazzano il senso
comune della visione, lo scarto nello scorrere prevedibile del tempo.

Istante, 2017. Stampa fotografica fineart montata su Dibond, barra di ottone, 61x60x5 cm

Vista: Rainbow Catchers, mostra collettiva con A. Barbieri, T-Y. Chung, S. Comensoli_N.
Colciago, F. Di Carlo, C. Filippini, R. Garbagnati, C. Levi, Y. Miele, D. Venturelli, A. Pettini.
Studio di Yari Miele, Studi Festival #3, Milano, 2017.

                                                                                                    /27
VERTICE
2017
------

Siamo in una stanza con una parete a
specchio. L’inquadratura coglie l’angolo
fra i muri e il soffitto, ovvero il vertice della
stanza. Due linee incrociate, una continua e
una spezzata, tagliano la rappresentazione
in quattro spicchi. In questa immagine
ridotta alla sua minima articolazione
geometrica l’occhio perde le sue coordinate
spaziali, quasi indeciso se slittare su una
superficie piana o addentrarsi in profondità.
L’estrema essenzialità coincide così anche
con il massimo di ambiguità: fra interno
ed esterno, fra piattezza dell’immagine e
suggestione prospettica, fra spazio reale e
spazio riflesso.
Quand’anche si legga l’immagine nella sua
tridimensionalità, ci troviamo di fronte a una
continua reversibilità fra spigolo aggettante
e spigolo rientrante. Il vertice, il punto
d’incrocio delle linee, diventa così il centro
energetico dell’immagine e al tempo stesso
il punto di quiete dello sguardo, intorno al
quale la rappresentazione mette in gioco i
suoi paradossi.

                                                    Vertice, 2017
                                                    stampa fotografica fineart montata su alluminio
                                                    60x80 cm.

                                                                                                      /28
V E T R ATA L A G O
2016
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Un’immagine della serie Lago Pantone viene usata
per un lavoro site specific. Sezionata in quindici
porzioni essa viene applicata nei riquadri di una
finestra in modo da schermare la vista sull’esterno
sostituendola con un panorama illusorio.
Funzionando anche da cornice, la finestra diviene
un supporto non canonico per la stampa fotografica
e trasforma quest’ultima in un trompe-l’oeil. Allo
stesso tempo l’effetto varia anche a seconda delle
condizioni di luce, sia all’esterno che all’interno.
Il grado di visibilità dipende dalla luce interna,
la quale, quanto più è intensa, tanto più rende
luminosa e distinta la scena raffigurata, ovvero la
distesa d’acqua incorniciata dai telai della finestra.
Ma anche da quella esterna, per le caratteristiche
del supporto di carta che permette il passaggio
della luce diurna proveniente da fuori, conferendo
all’opacità della stampa una retroilluminazione
variabile che la trasforma in una lightbox accordata
ai ritmi del giorno e alle condizioni meteorologiche.
La foto si pone dunque come non solo come schermo
ma anche come filtro fra spazio interno e spazio
esterno, richiamando le caratteristiche delle vetrate
delle chiese.
L’immagine non si chiude così su se stessa, sullo
spazio simulato della sua denotazione figurativa,
ma mantiene un rapporto dinamico e mutevole con
lo spazio reale in cui si situa, del quale accoglie e
restituisce tutte le variabili.
                                                         Vetrata Lago, 2016
                                                         Installazione, stampa a getto d’inchiostro su carta
                                                         120 x 400 cm

                                                                                                               /29
V E T R ATA L A G O
2016

Vista: finissage di Navata 34, Officine Tesla, Milano 2016   /30
L A G O PA N T O N E
2014 - 2020
------

Com’ è possibile rappresentare una scena che
muta costantemente usando la fotografia? Queste
immagini nascono dall’esperienza e dalla visione
del paesaggio che si può osservare dalla finestra di
casa propria. Una scena quotidiana che, in questo
caso, si trova in riva a un lago.
La serie diventa quindi una riflessione sul colore della
luce: nei suoi riflessi, l’acqua assume diverse tinte
in base al momento della giornata e alle condizioni
atmosferiche.
L’ intento di queste fotografie è quello di mostrare
la realtà senza alterarla. L’attrezzatura fotografica
è stata quindi usata come uno strumento per
realizzare una sorta di riproduzione del paesaggio.
Il tentativo è quello di tracciare una sorta di
cartografia, ricavando una scala colore che fissi
delle coordinate di questo lago e che mostri il
ventaglio di possibilità offerto dalla loro visione.

Lago Pantone, #12, 2018
stampa digitale C-print, incorniciata
40 x 50 x 2 cm

                                                           /31
L A G O PA N T O N E
2014 - 2020

Lago Pantone #9, 2016, # 15, 2018
stampa digitale C-print, incorniciata
40 x 50 x 2 cm                          /32
L A G O PA N T O N E
2014 - 2020

Lago Pantone #13, 2017, # 14, 2018
stampa digitale C-print, incorniciata
40 x 50 x 2 cm                          /33
L A G O PA N T O N E
2014 - 2020

Lago Pantone #21, 2016, # 40, 2020
stampa digitale C-print, incorniciata
40 x 50 x 2 cm                          /34
L A G O PA N T O N E
2014 - 2020

Lago Pantone #32, 2020, # 34, 2020
stampa digitale C-print, incorniciata
40 x 50 x 2 cm                          /35
L A G O PA N T O N E
2014 - 2020

Lago Pantone #11, 2016, # 16, 2018
stampa digitale C-print, incorniciata
40 x 50 x 2 cm                          /36
L A G O PA N T O N E
2014 - 2020

Vista: Lago Pantone, serie di 8 fotografie 20 x 30 montate su Dibond
Mostra: Il blu perenne del cielo, MARS, Milano, 2018                   /37
U N ’ A LT R A S C A L A
2015
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Un’altra scala è un lavoro che gioca sull’ambiguità
tra la scala reale del paesaggio e quella usuale della
fotografia, risultando un ibrido tra la monumentalità
naturale e quella immaginaria del frame fotografico.
Ibrida è anche la posizione in cui l’opera è istallata,
all’angolo della sala, a formare una conca avvolgente
che, riprendendo la forma della scogliera raffigurata,
spinge ad entrare all’interno di questo semi
tromple-oeil.
Un’altra scala vuole così indicare il bisogno di
un’unità di grandezza specifica per la percezione di
un’immagine, più specificatamente dell’immagine
di paesaggio che essa stessa racchiude. Una
dimensione site-specific modellata sull’esperienza
fisica. Cambiando scala, l’invito all’entrare nel
wallpaper diventa concreto e non solo suggerito:
è l’esperienza, infatti, che riempie gli spazi di
passaggio, gli anonimi panorami, gli angoli delle
stanze.
Il titolo del lavoro nasce si collega al luogo mostrato
nell’immagine, Scala dei turchi, un paesaggio in
riva al mare in cui si verifica un’erosione naturale di
sedimento calcareo, e suggerisce anche un rimando
alla cartografia. Questa immagine quasi astratta è
ambigua in quanto ibrido fra la rappresentazione
reale e simbolica - cartografica - di questo luogo.

                                                          Un’altra scala, 2015
                                                          Installazione, stampa a getto d’inchiostro su carta, 280 x 600 cm

                                                                                                                              /38
U N ’ A LT R A S C A L A
2015

Vista: Breathtaking, mostra collettiva con Adi Haxhia j, BROS, Cosimo Filippini,
Simona Andrioletti, Claudio Matthias Bertolini, Josephine Pasura e Lara Loeser.
Studi Festival # 1, Milano, 2015                                                   /39
PA E S A G G I
2010 - 2014
------

Fra il 2010 e il 2014 Cosimo Filippini
ha fotografato il paesaggio italiano
restituendo       immagini       di    luoghi
incontaminati e privi della presenza
dell’uomo. Realizzate usando un banco
ottico, queste fotografie, dove la natura
si presenta in tutta la sua bellezza e nella
vasta gamma cromatica dei suoi elementi,
diventano strumenti per indagare lo
spazio e la sua percezione.
La serie è costituita da un insieme di luoghi
caratterizzati da una complessa varietà di
fenomeni geologici. Si tratta di pattern,
texture, segni e geometrie elementari, che
la ricerca fotografica è chiamata a svelare
e cogliere nella loro relazione con la luce.
All’aspetto di documentazione della realtà
si sovrappone così l’intento di mettere
in evidenza la componente scultorea
che questi paesaggi racchiudono in se
stessi. Le condizioni di luminosità dovute
ai cambiamenti dell’ora e del clima,
modellando in modo diverso queste
forme, impongono lunghe attese prima
dello scatto, alla ricerca dell’istante in cui
l’aspetto scultoreo della natura corrisponda
alla condizione ricercata dal’artista.

                                                 Baiso, Emilia Romagna

                                                                         /40
PA E S A G G I
2010 - 2014

Scala dei Turchi, Sicilia
Riserva naturale del monte Velino, Abruzzo   /41
PA E S A G G I
2010 - 2014

Montespluga, Lombardia
Parco Nazionale dell’alta Murgia, Puglia   /42
PA E S A G G I
2010 - 2014

Parco Regionale dei Sette Fratelli - Monte Genis, Sardegna
Parco Nazionale del Circeo, Lazio                            /43
PA E S A G G I
2010 - 2014

Torrente Avena, Calabria   /44
PA E S A G G I
2010 - 2014

Porto Pino, Sardegna   /45
PA E S A G G I
2010 - 2014

Riserva Naturale Isola di Panarea, Sicilia   /46
I VETRI OSCUDARTI DELLA
N E U E N AT I O N A L G A L E R I E
D I M I E S VA N D E R R O H E
2010
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L’immagine rappresenta una scena vuota. Teatro di questa scena è
la sala superiore della Neue Nationalgalerie di Berlino che Mies van
der Rohe progettò negli anni ’60. Anche in questo lavoro particolare
attenzione è attribuita alla funzione delle finestre. Le vetrate del museo
si presentano come ampie partiture chiare che riverberano un debole
riflesso sul pavimento. Ci si chiede anzi se di vetrate si tratti o non
ci troviamo piuttosto di fronte a una serie di pannelli che ritaglino lo
spazio in riquadri regolari. In realtà i vetri sono stati opacizzati con
l’applicazione di una pellicola traslucida, niente si lascia intravedere
dell’esterno. L’unica presenza è la luce: una luce ovattata e lattiginosa
che lascia una specie di traccia liquida e rende quasi metafisico
l’interno che ci si apre davanti. Il gioco poi si raddoppia se usciamo dai
contorni dell’immagine e ci rivolgiamo all’installazione dell’opera nella
sua cornice deputata. L’immagine, di 450x300cm, situata in un ampio
locale, [sede della mostra Enoizisopse, dedicata al tema dello spazio e
della sua percezione] si pone sulla parete di fondo della sala, e in virtù
della sua ampiezza dà l’illusione che l’interno raffigurato si apra su un
altro interno, come in una successione di stanze. La stampa fotografica
diventa così a sua volta una finestra, un’apertura, un’interruzione nella
continuità della parete di fondo, ma anche la soglia di un altrove, di un
luogo sfuggente e rarefatto. Dal ritmo impeccabile delle vetrate e dalla
regolarità delle geometrie sembra quasi che affiori, e che pian piano
ci invada, insieme alla luce del giorno, un sottile senso di smarrimento,
come se ci addentrassimo in una realtà diversa, in un diverso ordine di
spazi.

Vista: Enoizisopse, mostra di Bros e Cosimo Filippini con musiche di Flavio Cannata.
La Fornace, Rho, 2010

                                                                                       /47
I V E T R I O S C U D A R T I D E L L A N E U E N AT I O N A L G A L E R I E D I M I E S VA N D E R R O H E
2010

I vetri oscurati della Neue Nationalgalerie di Mies van der Rohe, stampa a getto di inchiostro su carta, 300 x 450 cm   /48
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Cosimo Filippini è nato a Lugano. Nel 1999 si trasferisce a
Milano dove, nel 2004, si laurea in economia per l’arte, la
cultura e la comunicazione presso l’Università L. Bocconi e,
nel 2006, si diploma in pianoforte presso il conservatorio G.
Verdi.
Dal 2006 si dedica alla fotografia, collaborando inizialmente
con il fotografo di arte e architettura Václav Šedý, con cui
ha approfondito l’uso del banco ottico.
Dal 2010 si specializza nella fotografia di artisti, mostre
e opere d’arte, collaborando con numerose gallerie,
istituzioni e artisti fra cui Archivio Giò Pomodoro, Archivio
Mario Schifano, Bros (Fondazione Arnaldo Pomodoro, Skira
editore, Expo2015), Ricardo Carioba (FuturDome, Milano),
Marco Fantini (Museo d’Arte Contemporanea - Lissone,
Galleria Poggiali), Fornasetti, Joan Mitchell Catalogue
Raisonné - Joan Mitchell Foundation, Marcello Jori (Galleria
Mazzoli, Modena), Museo d’arte di Mendrisio, Julius Baer Art
Collection, Adrian Paci (Fondazione Milano e Civica Scuola
di Teatro Paolo Grassi), Luca Pozzi (C.E.R.N., Museo Reina
Sofia), RAI - Radiotelevisione Italiana, RSI - Radiotelevisione
della Svizzera Italiana, Ivo Soldini (Pinacoteca Comunale
Casa Rusca - Locarno, Pinacoteca Cantonale Giovanni
Züst - Rancate), Vedovamazzei (Cittadella degli Archivi del
Comune di Milano).
Il contatto con questo contesto lo spinge ad fare una
riflessione sul proprio lavoro e ad intraprendere la pratica
artistica facendo mostre in Svizzera e in tItalia. Nel 2018 ha
vinto una residenza d’artista promossa da ProHelvetia in
seno al progetto Viavai+ e ha partecipato alla residenza VIR
– Via Farini in Residence, Milano. Nel 2020 farà la sua prima
mostra personale in un museo pubblico presso il Museo di
Mendrisio - Casa Pessina.
                                                                  /49
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2020                                                                        2015
• Rampante - mostra personale - Museo d’Arte di Mendrisio - a cura di       • Breathtaking - mostra collettiva - Studi festival #01 - Milano.
Barbara Paltenghi Malacrida - con un testo di Danaé Panchaud.               • Vetrina di Studi #01 - Soap - Milano.
• Ritratti - performance fotografica - Kirchner Museum Davos - a cura di
Carla Burani.                                                               2014
• The Colourig Book - progetto di Milano Art Guide - a cura di Rossella     • Places - Photobastei, Zurigo.
Farinotti e Gianmaria Biancuzzi.                                            • The Nature of Things - Setup Art Fair 2014, Bologna.

2018                                                                        2013
• VIR, Viafarini-in-Residence. Residenza d’artista coordinata da DOCVA      • Rétrospective - mostra collettiva - Kuhn et Bieri SA, Köniz (Berna) - a
Documentation Center for Visual Arts, Milano.                               cura di Adrien Rihs.
• Viavai+ - Residenza d’artista promossa dai Cantoni of Ticino e Vallese
e Regione Lombardia, con una borsa premio di ProHelvetia, Fondazione        2012
svizzera per l’arte.                                                        • ArtStadtBern - mostra collettiva - Berna, varie sedi nella città vecchia
• No place # 4 - Ex Ceramica Vaccari, Santo Stefano di Magra.               - KÖR, Komitee für Kunst im Öffentlichen Raum.
• Il Blu perenne del cielo - con Jaya Cozzani Chandran – MARS, Milano.
                                                                            2011
2017                                                                        • Characters - Bros / Cosimo Filippini - Galleria Edieuropa, qui arte con-
• Animalis, mostra colettiva, Festival Microcosmi, Comerio (Varese), con    temporanea, Roma - a cura di Fabrizio Pizzuto.
testi di Andrea Lacarpia e Francesco Bozzi                                  • Occhi di luce - mostra collettiva a cura di Fondazione Aiutare i Bambi-
• Rainbow Catchers, mostra collettiva con Antonio Barbieri, T-Yong          ni e Offcina Fotografca, Milano, Via Dante.
Chung, Stefano Comensoli_Nicolò Colciago, Federica Di Carlo, Roberta
Garbagnati, Corrado Levi, Yari Miele e Devis Venturelli. Studi Festival     2010
#3, Milano                                                                  • ENOIZISOPSE - Bros, Cosimo Filippini, Flavio Cannata - La Fornace,
• No Place #3, Galleria del Premio Suzzara, a cura di Umberto Cavena-       Festival No Expo, I edizione, Rho (Milano).
go e Ermanno Cristini
                                                                            2009
2016                                                                        • Destiny - Performance di Bros, con Cosimo Filippini e Jacopo Miceli
• Empatema, Studi Festival #2, Studio AlbertoAperto, Milan, a cura di       dedicata al progetto “Dante 100 per 100 - Paradiso” - Società Umani-
Alberto Mugnaini, Corrado Levi e Yari Miele                                 taria e Cooperativa Raccolto, Milano.
• Nodo / Tempo, progetto speciale in Linea del tempo annodata, con A.
Cattaneo, G. Caravaggio, S. Hirose, S. Mariotti, D. M. Mirabella, R. Moc-   2008
cia, P. Piscitelli, Ornaghi & Prestinari. Studi Festival #2, Milano.        • Collezione pubblica: omaggio a Piero Manzoni - di Bros, con foto di
• Cazziefghe, mostra collettiva, spazio Laltalena, Milano. A cura di Mas-   Cosimo Filippini e video di Jacopo Miceli - Ex atelier di Piero Manzoni,
simo Kaufmann e Ivano Sossella.                                             Milano.

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Testi: Alberto Mugnaini

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