CORPI DIMENTICATI E SOLITUDINI IMPOSSIBILI - APPUNTI SUL - ASSITEJ ITALIA
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SalTo di LO SPETTATOrE SEnZA PuBBLiCO La Falena SPECIE? NUMERO 1 corpi dimenTicaTi e SoliTudini impoSSibili appunTi sul TeaTro ragazzi a venire di FrAnCESCO BruSA e nELLA CALiFAnO “Prima le donne e i bambini”. Sembrerebbe qua- fantile (e non) sono stati chiusi, così come i luoghi si che questo detto – associato dalla consuetudine di visione e fruizione culturale, strutture teatrali e a emergenze di varia natura, ma in particolare ai cinema. L’educazione è stata portata avanti su base naufragi marittimi – sia stato quasi rovesciato du- volontaria attraverso la didattica a distanza, mentre rante la pandemia di Covid-19. Il peso del lavoro di artisti e compagnie hanno provato a mettere in cam- cura, molto spesso sulle spalle della componente po percorsi di “compresenza alternativa”, fra spetta- femminile della società, e le esigenze del mondo in- coli in streaming, radiodrammi e favole al telefono. fantile sono il più delle volte finiti in fondo alla li- Anche a distanza di mesi dallo scoppio dell’e- sta delle priorità, “scaricati” totalmente all’interno mergenza e dopo che alcuni festival di teatro han- di contesti famigliari, individuali e individualizzan- no ripreso la propria programmazione, rimane la ti. Mentre l’Italia, e prima di lei la Cina e poi l’Eu- sensazione di un vuoto incolmabile. Anzi, di una ropa e infine il mondo intero, colavano a picco per “ferita”, per usare le parole della professoressa la diffusione di un virus sconosciuto e letale, buo- dell’Università di Bologna ed esperta di educazione na parte della popolazione si è isolata in casa nel Federica Zanetti, che afferma: «Ora occorre capi- tentativo di spezzare la catena del contagio. Scuole, re come ‘cicatrizzare’ ciò che è successo. In questo parchi e, in generale, i luoghi di aggregazione in- senso il teatro può essere un luogo di ricordo e rie- 74
SalTo di SEZiOnE La Falena SPECIE? AUTUNNO 2020 laborazione, soprattutto per quanto riguarda bam- di una visione collettiva, di un discorso condiviso. bini e adolescenti: penso infatti che ci sia l’assoluta «I bambini sono soggetti titolari del diritto a una necessità di non dimenticare, di inserire i vissuti partecipazione culturale attiva», prosegue Federica (anche quelli dell’infanzia) all’interno di una nar- Zanetti. «Il teatro è un luogo in cui poter elaborare razione e dare loro un nuovo senso». Un compi- delle domande attraverso le immagini, le emozioni to che il teatro per e con i ragazzi ha in qualche e soprattutto attraverso i corpi, che sono stati ‘di- modo provato ad assumersi fin dalle sue origini e menticati’ durante l’isolamento. È Il luogo in cui, a prescindere dall’emergenza pandemica appena anche per i ragazzi, poter esercitare un vero e pro- attraversata: come ricorda il critico-testimone del prio diritto di cittadinanza». settore Mario Bianchi nei suoi numerosi interventi Diventa naturale allora che, in un momento di e nelle sue numerose pubblicazioni, quello infantile incertezza e faticose riaperture, il teatro per l’infan- non è in alcun modo lo “spettatore di domani” ma zia guardi alla scuola come a un alleato naturale. un referente con caratteristiche ed esigenze speci- In questo senso, oltre che un luogo dedicato fiche che hanno valore in sé. Non va dunque pro- all’apprendimento e alla sociabilità, l’istituzione tetto da traumi e tematiche scabrose, bensì invita- educativa andrebbe forse considerata come spa- to attraverso la prassi scenica a divenire partecipe zio di accrescimento del bagaglio esperienziale e 75
FRANCESCO BRUSA e NELLA CALIFANO sensibile di bambini e giovani. Lo ribadisce Linda Eroli, presidentessa di Assitej Italia – Associazione nazionale del Teatro per l’infanzia e la gioventù, nel tratteggiare l’importanza del rapporto con la scuo- la per quanti hanno deciso di dedicarsi all’arte da destinare alle nuove generazioni offrendo un servi- zio pubblico culturale: «I giovani sono i ‘personag- gi fantasma’ di questo dramma distopico. Il teatro per l’infanzia e la gioventù sta vivendo un destino parallelo a quello della scuola. Chi lavora a stretto contatto con le istituzioni educative ha visto inter- rompersi dinamiche progettuali, che avevano anni di costruzione e gestazione alle spalle e che contem- plavano un orizzonte di crescita per nulla immedia- ta. Si tratta di alleanze non scontate, ma da rinsal- dare in continuazione e reciprocamente». È come se scuola e teatro, due poli culturali fondamentali ma continuamente sottoposti a pressioni burocratiche e finanziarie, si ritrovassero oggi a condividere le medesime incertezze sul futuro, ma anche un for- te senso di responsabilità verso bambini e giovani improvvisamente privati di spazi e attività. «Oggi, proprio come il mondo educativo, non sappiamo nulla», continua Linda Eroli. «Quello che possiamo fare è attivare la nostra conoscenza dell’ambiente scolastico, le relazioni con gli e le insegnanti, la pra- tica dell’ascolto e la messa a disposizione della nostra competenza creativa e professionale per fare in modo che quando le scuole riapriranno si possa creare una sinergia profonda. Negare l’esperienza artistica a bam- bini e ragazzi significa negargli un pezzo fondamentale di formazione sociale ed esistenziale: è allora nostra responsabilità garantirla, dal momento che abbiamo scelto di fare arte con loro e per loro». L’eventuale riapertura delle scuole dunque e, di conseguenza, la ripresa di tutte quelle attività che coin- volgono gli studenti all’interno di percorsi educativi a lungo termine, come le esperienze di spettatori di teatro o di partecipanti ai laboratori teatrali, diventa fondamentale per evitare una crisi educativa, formativa e sociale, che rischia di essere ben più profonda di quella meramente economica e di settore. Una ricerca dell’ospedale pediatrico Giannina Gaslini di Genova, realizzata dall’equipe del neurologo Lino Nobili, ha sottolineato come nel corso del periodo di confinamento i bambini, allo stesso modo degli adulti, sono stati interessati da una serie di disturbi, dall’insonnia, all’ansia, all’irritabilità, che sono sintomo di un disagio diffuso e persistente, di una “ferita”, appunto, non ancora rimarginata. Ma, ancor prima delle conseguenze propriamente psicologiche individuali, è come se fosse venuto a mancare uno spazio comune e comunitario, una dimensione in cui ragazzi e ragazze potessero essere liberi di “esperire” la propria infanzia. «Durante questo periodo di confinamento ho notato che la solitudine non esiste», racconta uno dei bambini intervi- stati da Agnese Doria durante il lockdown per la puntata Incorporeo del ciclo di interventi radiofonici Noi siamo qui che abbiamo realizzato come Altre Velocità. «Sono sempre chiusa in casa con i miei genitori e mio fratello. Mi mancano i miei amici, ma mi manca anche stare da sola». 76
E se il teatro – e in particolar modo il teatro cazione, di un “essere-con”. Si tratta, di fatto, della per l’infanzia e la gioventù – fosse appunto uno situazione che in questo momento vede coinvolto “strumento” per recuperare questa condizione di quasi l’intero corpo sociale: festival, teatri, attività “solitudine compartecipata”, che è andata incri- educative, luoghi di aggregazione e contesti lavo- nandosi durante gli ultimi mesi? La studiosa Ma- rativi sembrano riprendere il proprio svolgimento, fra Gagliardi afferma nella sua indagine seminale fra l’entusiasmo di un ritrovato incontro fisico e la sullo spettatore bambino Nella bocca dell’immagi- consapevolezza che sussiste e permane una distan- nazione [Titivillus, 2007]: «[…] nel qui e ora dell’e- za incolmabile fra le singole parti. Lo spazio dello vento teatrale, l’Io dello spettatore si estende, si spettatore-bambino è allora sempre più lo spazio di dilata, si accresce nel sociale mentre si sottopone una rielaborazione possibile, della cicatrizzazione contemporaneamente a un processo di identità, di una ferita che ci riguarda e ci chiama tutti in legato alla risposta soggettiva che ogni spettatore causa fra scuola e scena, fra solitudini identitarie e dà alla domanda di senso posta dallo spettacolo». rinnovato orizzonte collettivo. Per aprirsi al corpo collettivo, cioè, il corpo singo- lo dello spettatore deve abbandonarsi a una soli- tudine profonda, necessaria alla comprensione di una visione che resta infine personale, privata, ma che è al contempo l’unico tramite di intercomuni- 77
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