Concorrenza e utilità sociale - di Ilaria De Cesare - 1 APRILE 2020 - Sipotra

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ISSN 1826-3534

            1 APRILE 2020

Concorrenza e utilità sociale

                    2 Cesare
          di Ilaria De
  Assegnista di ricerca di Diritto costituzionale
               Università di Pavia
Concorrenza e utilità sociale *
                                           di Ilaria De Cesare
                               Assegnista di ricerca di Diritto costituzionale
                                            Università di Pavia

Abstract [It]: Il presente lavoro di ricerca si propone di esplorare la rilevanza costituzionale della concorrenza,
quale componente oggettiva e dinamica del mercato, per indagare gli obiettivi che con la medesima si possono
perseguire. Ripercorrendo le tappe che ne hanno caratterizzato l'interpretazione, si rinviene uno stringente
rapporto con la clausola generale dell'utilità sociale, di cui all'art. 41, comma 2, Cost. Ciò consente di ricondurre la
concorrenza al progetto di rinnovamento sociale costituzionale, consacrato nell'art. 3, comma 2, Cost. Si procede,
pertanto, con lo studio di come la concorrenza si dispiega nel mercato, prestando particolare attenzione non solo
alla disciplina antitrust, ma anche alle teorie economiche che la studiano. Diviene così possibile analizzare alcuni
aspetti critici che pongono i nuovi mercati - in particolare del cyberspace - rispetto agli obiettivi della disciplina
antitrust. Ciò che emerge dalla ricerca è la necessità di recuperare la dimensione costituzionale della concorrenza,
al fine di far fronte a tutte le problematiche che si pongono in un'economia sempre più tecnologica e digitale.

Abstract [En]: The present research aims to explore the constitutional importance of competition, as an objective
and dynamic component of market, in order to identify the possible purposes of it. Tracing the history of its
interpretation, It is possible to find a strict relationship between competition and the general clause of “utilità
sociale”, ex art. 41, comma 2, Cost. This evidence makes link competition with the social renovation project of
Constitution, as prescribed by art. 3, comma 2, Cost. Furthermore, research continues by studying how
competition operates on market, with attention to the legislative and economic regulation of it. Because of this
analysis, It is interesting to explore new problems of competition in cyberspace. The result of this research is the
urgent need of a constitutional dimension for competition, as a way to face every single problem raised by an
increasing technological and digital economy.

Sommario: 1. Prime osservazioni su concorrenza e Costituzione. 2. L’Assemblea costituente e la scelta del sistema
economico: una rilettura del compromesso. 3. I possibili fondamenti costituzionali della concorrenza: dottrina e
giurisprudenza dalle origini della Costituzione ad oggi. 4. Riflessioni preliminari su lineamenti e funzione delle
clausole generali costituzionali. 4.1. Il significato dell’utilità sociale e il suo rapporto con la promozione sociale. 5.
L’evoluzione della concorrenza tra diritto europeo e teorie economiche. 6. La concorrenza nel futuro: nuove sfide
nell’Era di Internet. 6.1. Google, piattaforme di vendita e algoritmi nell’e-commerce. 7. Conclusioni: la concorrenza
come grimaldello dell’utilità sociale nel mercato.

1. Prime osservazioni su concorrenza e Costituzione
La concorrenza riveste un’importanza cruciale nel nostro Paese, nonché nell’Unione europea, ed è un
termine col quale oramai tanto l’opinione pubblica (soprattutto a seguito della crisi economico-finanziaria
divampata nel 2008 e del dibattito politico che ne è conseguito) quanto gli operatori del diritto hanno una
certa confidenza. Eppure, se si tentasse di dare una definizione univoca di concorrenza si incontrerebbero
non poche incertezze, risultando tuttora un concetto di non facile delimitazione. Peraltro, anche in

*Articolo sottoposto a referaggio. Si ringraziano i Professori A. Gaggero, M. Nicolini e L. Rossi, del Dipartimento di
Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Pavia, per la disponibilità e il prezioso supporto dati nella ricerca sulle
problematiche attuali della concorrenza nel mercato.

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seguito al suo diffondersi a livello normativo primario (con l’adozione della l. n. 287 del 1990, cd. legge
antitrust), la concorrenza per anni non ha ricevuto testuale menzione in Costituzione e quando ciò è
finalmente avvenuto, con la riforma del 2001, essa (o meglio la sua tutela) è divenuta oggetto di esplicita
previsione all’art. 117 Cost. “soltanto” nell’elenco di materie di competenza esclusiva statale. Dunque,
potrebbe sembrare che ad oggi la concorrenza, nella Costituzione formale, operi solo (e peraltro in
termini di “tutela”) quale criterio di distribuzione della potestà legislativa statale e regionale1, non avendo
riconoscimento nell’insieme delle disposizioni che fondano la cd. Costituzione economica2. Ma è davvero
“solo” questa la collocazione costituzionale di un elemento che è persino destinatario di una intera
disciplina normativa, europea e nazionale, quale il diritto antitrust?
Per rispondere a tale quesito occorre subito chiarire che le regole giuridiche della concorrenza
corrispondono al complesso di disposizioni che disciplinano uno degli elementi di funzionamento del
mercato e, più in generale, della vita economica di un ordinamento3.
Esplorando le sue origini, il diritto antitrust nacque negli USA e vide la sua primigenia, ma anche
definitiva, consacrazione già nel 1890, con l’adozione dello Sherman act. Ancora oggi in vigore4, questo
venne emanato in risposta alla creazione dei trusts, società fiduciarie che gestivano gli ingenti capitali delle
imprese man mano che divenivano sempre più grandi e potenti5. Tali circostanze socioeconomiche non

1 Altro discorso è se, nella Costituzione materiale, la tutela della concorrenza si sia proiettata oltre il riparto di potestà
legislativa, per assumere connotazioni sostanziali. A ben vedere, l’orientamento che rivede nella previsione di cui all’art.
117, comma 2, lett. e), Cost. una mera previsione di riparto e non una norma che ha portata sostanziale, è del tutto
minoritario in dottrina ed è stato oramai superato anche dalla giurisprudenza costituzionale, come si illustrerà meglio
nel prosieguo. M. LIBERTINI, Concorrenza, in Enciclopedia del diritto, Annali, III, Milano, 2010, pp. 195-197.
2 M. LUCIANI, Economia nel diritto costituzionale, in Dig. disc. pubbl., IV ed., V, Torino, 1990, p. 375, il quale evidenzia come

la Costituzione economica, secondo un tendenziale orientamento comune alla dottrina, si componga non solo del titolo
III sui “rapporti economici” ma anche degli artt. 4, 53, 81 e 99. Tale espressione, poi, assume diversi significati a seconda
della prospettiva (storica, sociale, economica, giuridica) adottata. v. P. BILANCIA, L’effettività della Costituzione economica
nel contesto dell’integrazione sovrannazionale e della globalizzazione, in Id., Costituzione economica, integrazione sovranazionale,
globalizzazione, in federalismi.it, n. 5/2019 (serie speciale), pp. 7-11. Nell’ambito della scienza giuridica la “Costituzione
economica” assume tre accezioni a seconda che con essa ci si riferisca alle sole disposizioni costituzionali, a quelle
costituzionali e legislative, alle disposizioni normative (complessivamente intese) e all’opinione pubblica. Così S.
CASSESE (a cura di), La nuova costituzione economica, V ed., Roma-Bari, 2012, pp. 3-4.
In riferimento alle disposizioni costituzionali in materia economica, l’espressione in commento viene usata tanto in
accezione descrittiva quanto prescrittiva. v. L. CASETTI, Costituzione economica, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di
Diritto Pubblico, II, Milano, 2006, pp. 1638-1646; G.U. RESCIGNO, Costituzione economica, in Enciclopedia giuridica,
Aggiornamento, XI, Roma, 2001, pp. 1-10. Si deve evidenziare che taluni annoverano anche l’art. 117, comma 2, lett. e),
Cost. nelle disposizioni della Costituzione economica: così G. DE VERGOTTINI, La costituzione economica italiana: passato
e attualità, in Diritto e società, nn. 3-4/2010, p. 346 e P. BILANCIA, L’effettività della Costituzione, cit., pp. 14-15. Per la
nozione di Costituzione economica alla quale si aderisce v. infra, par. 4.1.
3 A. PERA, Concorrenza e antitrust, Bologna, 1998, p. 16.
4 Sulle diverse interpretazioni ed applicazioni che del medesimo si sono avute nel corso del tempo v. M. LIBERTINI,

Concorrenza, cit., pp. 209-214.
5 A. PERA, Concorrenza e antitrust, cit., p. 41. Nella società americana del XIX secolo era fortemente radicata l’idea

jeffersoniana della necessità di avere un mercato composto da un elevato numero di piccoli imprenditori, tra loro
indipendenti. Sul punto v. G. AMATO, Il gusto della libertà, Bari, 1998, p. 7. Questa visione – da cui trae appunto origine

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potevano non influenzarne il contenuto, tanto che lo Sherman act perseguì gli obiettivi della teoria
economica classica6 e poggia, ancora oggi, le proprie basi su due fondamentali divieti: di accordi collusivi
e di tentativi individuali di monopolizzazione del mercato (ciò che oggi definiremmo abuso di posizione
dominante)7. È proprio tale atto normativo a mostrare l’inscindibile interconnessione tra ordinamento
giuridico e scelte economiche: le teorie della scuola classica economica insite nello Sherman act si fondono
con la sua vocazione costituzionale, essendo questo stato concepito (anche) come strumento diretto a
realizzare e presidiare la democrazia statunitense8.
Se da un punto di vista politico e giuridico la concorrenza nasce, quantomeno negli Usa, come elemento
determinante alla creazione e al mantenimento dello Stato democratico, da quello economico non è solo
un risvolto della libertà d’impresa (come invece voleva la concezione liberale europea9) ma è, piuttosto,
libero scambio di risorse produttive (efficienza allocativa) e minimizzazione dei costi (efficienza
produttiva)10, che creano surplus economico. Quando si parla di concorrenza, allora, occorre avere chiaro
che il concetto giuridico non può prescindere da quello economico e viceversa, in quanto sussiste una
reciproca influenza tra le due dimensioni, che concorrono a delinearne i contenuti.
Tornando all’inquadramento costituzionale della concorrenza, deve evidenziarsi un ulteriore aspetto che
concorrerà a definirne contenuto e ruolo: la disciplina europea antitrust si inserisce in un ordinamento a
Costituzione formale e rigida, caratterizzata dal pluralismo dei principi e da un intrinseco progetto di
rinnovamento sociale. Neanche un evento giuridico epocale come l’adesione all’Unione europea può
comportare la violazione dei principi fondamentali della Carta – come chiarito dalla Corte costituzionale
a partire dalla sentenza n. 170 del 1984. L’influenza che la disciplina europea della concorrenza ha su

lo Sherman Act - tradisce una concezione della concorrenza come condizione “naturale” del mercato, che torna ad
affermarsi una volta eliminata la “innaturale” presenza dei trusts. Cfr. M. LIBERTINI, op. cit., p. 210.
6 R. VAN DEN BERGH, L’analisi economica del diritto della concorrenza, in A. FRIGNANI – R. PARDOLESI – A.

PATRONI GRIFFI – L. C. UBERTAZZI (a cura di), Diritto antitrust italiano, Bologna, 1997, pp. 2-6. L’Autore, dopo
aver evidenziato l’attualità delle teorie di Adam Smith sull’efficienza del libero mercato, critica quell’orientamento che
aveva fatto coincidere la teoria classica con un generico sentimento di laissez-faire. Van den Bergh evidenzia la
consapevolezza di Smith rispetto al ruolo che una struttura giuridica avrebbe rivestito per il mercato concorrenziale, in
quanto necessaria ad evitare abusi di posizione dominante e comportamenti collusivi.
7 A. PERA, Concorrenza, cit., p. 43.
8 Sul punto, ex multis, G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale e diritto della concorrenza: c’è dell’altro oltre l’efficienza economica?,

in Quaderni Costituzionali, n. 3/2019, 599-600; A. PERA, Concorrenza, cit., pp. 21-22; G. AMATO, Il gusto, cit., pp. 6-7; V.
MANGINI – G. OLIVIERI, Diritto antitrust, IV ed., Torino, 2012, p. 3. Qualifica il costituzionalismo statunitense come
“protective” - che riconosce l’esistenza di diritti precostituiti in capo agli individui, tra cui il diritto di proprietà e la libertà
di contrarre - rendendolo incline ad un diritto antitrust costruito sul funzionamento del mercato e non volto a
correggerne i meccanismi di funzionamento A. PALACIOS LLERAS, Constitutional Traditions and Competiton Law Regimes:
A Primer, in Global Antitrust Review, 6, 2013, pp. 49-79, www.icc.qmul.ac.uk/gar/. Sul rapporto tra Costituzione
americana, libertà economiche e diritto antitrust, v. G. BOGNETTI, Lo spirito del costituzionalismo americano, La Costituzione
liberale I, Torino, 1998, spec. pp. 139-156 e 203-211; sulle evoluzioni che li hanno attraversati nel corso del ‘900 id., La
Costituzione democratica, II, Torino 2000, pp.
9 M. LIBERTINI, Concorrenza, cit., p. 208.
10 A. PERA, Concorrenza, cit., pp. 17-23.

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quella interna, pertanto, non può spingersi sino ad introdurre norme idonee a violare i principi
fondamentali della Costituzione.
Tutti gli elementi evidenziati pongono le “premesse maggiori” alla riflessione che qui si vuole svolgere,
che ruota attorno ad un interrogativo fondamentale: la concorrenza può conciliarsi con la missione della
Costituzione, che è quella di costruire una società (sempre più) giusta, in ossequio ai principi generali di
cui agli artt. 2 e 3 Cost.? La risposta va ricercata nelle maglie della stessa Costituzione, ma anche nella
disciplina normativa della concorrenza e nelle teorie economiche che l’hanno orientata, guardando non
solo alle evoluzioni del concetto stesso di concorrenza, ma anche alle rivoluzioni che hanno investito i
mercati, sui quali la disciplina antitrust trova applicazione. Solo così sarà possibile comprendere l’esatta
dimensione e l’effettivo ruolo che la concorrenza è chiamata a svolgere nell’attuale sistema economico,
che si colloca a sua volta in un ordinamento di democrazia pluralista.
Essendo la concorrenza anzitutto una componente del mercato, non può chiarirsi la sua portata senza
verificare preliminarmente quale modello economico sia adottato ovvero sia compatibile con la
Costituzione.

2. L’ Assemblea costituente e la scelta del sistema economico: una rilettura del compromesso
Il problema di quale “economia” prediligere nella costituenda Repubblica italiana fu fortemente avvertito
nei lavori dell’Assemblea costituente11. Qualto all’esito di tale dibattito, la dottrina parla quasi
unanimemente di “compromesso”, volendosi evidenziare con tale espressione l’equilibrio raggiunto tra
le diverse forze politiche, nonostante le differenti posizioni ideologiche12. Questa lettura sembrerebbe
presupporre l’idea che i Costituenti abbiano rinunciato ad alcuni elementi che, alla luce delle istanze

11 Si ricorda che, nel corso della quarta seduta, 15 luglio 1946, l’Assemblea costituente deliberò di costituire una
Commissione di 75 membri, scelti in modo da rispecchiare proporzionalmente le componenti politiche del plenum, a cui
venne affidato il compito di stilare un progetto di Costituzione da sottoporre al voto dell’Assemblea. La Commissione
si organizzò a sua volta in tre Sottocommissioni. Sul punto v. V. FALZONE - P. GROSSI, Assemblea costituente, in
Enciclopedia del diritto, III, Milano, 1958, pp. 370-383. Per quanto qui di interesse, si evidenzia che la prima
Sottocommissione, cui spettava il tema dei «diritti e doveri dei cittadini», discusse dei rapporti sociali (economici) nelle
sedute comprese tra il 3 e il 22 ottobre 1946. v. Atti Ass. Cost., pp. 179-266. Alla terza Sottocommissione furono affidati
i «diritti e doveri economico-sociali». Vista la parziale sovrapposizione degli argomenti di discussione in campo
economico, si stabilì che la prima Sottocommissione avrebbe dovuto attenersi a ciò che riguardava i diritti fondamentali,
mentre la terza si sarebbe occupata della disciplina di dettaglio, come ricordato anche dal Presidente della prima
Sottocommissione, on. Tupini. v. Atti Ass. Cost., 16 ottobre 1946, p. 251.
12 Cfr. P. BILANCIA, Il modello dell’economia sociale di mercato tra Costituzione italiana e trattati europei, in M. MELICA - M.

MEZZETTI - V. PIERGIGLI (a cura di), Studi in onore di Giuseppe de Vergottini, III, Assago-Padova, 2015, pp. 2223-
2229; Id., Modello economico e quadro costituzionale, Torino, 1996, pp. 75-80.

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ideologiche di cui erano rappresentanti, avrebbero dovuto comporre il sistema economico, dotando la
Costituzione di disposizioni talmente generiche da poter incontrare il favore di tutti o quasi13.
L’esistenza di un vero e proprio compromesso, però, non trova pieno riscontro nei resoconti stenografici
delle sedute in Assemblea14.
In particolare, nei lavori di prima e terza Sottocommissione si riscontra la convergenza di comunisti e
cattolici sulla necessità di un controllo dell’anarchia capitalista15. L’on. Togliatti, riconoscendo che la
Costituzione in discussione non era e non sarebbe stata socialista, ma di transizione, poiché aveva il
compito di regolare un sistema economico in cui diverse forze tendevano a soverchiarsi, dichiarò che la
sua preoccupazione era combattere il monopolio, non impedire la libera iniziativa economica16. In terza
Sottocommissione, poi, fu l’on. Fanfani a sottolineare che in quel momento storico si versava in
un’economia di trapasso, dove si rendeva necessario un controllo dell’attività privata non di tipo
burocratico, ma democratico17. Nel corso della discussione in seduta plenaria, invece, furono i liberali a
offrire un importante contributo al tema18. L’on. Einaudi affermò che lo scopo principale del legislatore
doveva essere quello di eliminare il male più grande della società dell’epoca, da riscontrarsi non nella
mancanza di piani o programmi, ma nel monopolio19. A favore dell’inevitabilità di un intervento dello
Stato in economia si schierò anche il Presidente del Comitato di coordinamento, on. Ruini20.
La lettura dei dibattiti in Assemblea sembra confermare come la maggior parte dei Costituenti fosse
consapevole di non poter adottare alcun sistema economico puro. Più che di compromesso, allora, deve
correttamente parlarsi di “convergenza” tra le forze politiche sul disegno della Costituzione economica,

13 Q. CAMERLENGO, Costituzione, Economia, Società, Bari, 2017, pp. 81-83, secondo cui la conseguenza della teoria a
favore della natura compromissoria delle disposizioni costituzionali è un inevitabile indebolimento della loro portata
sostanziale e prescrittiva, arrivandosi così a giustificare letture oscillanti dei principi costituzionali.
14 Si farà qui riferimento solo ad alcuni e particolarmente significativi passaggi dei lavori in Assemblea costituente, senza

alcuna pretesa di esaustività.
15 G. AMATO, Il mercato, cit., p. 8. Evidenzia la stessa consapevolezza dell’Assemblea costituente sulla rottura con il

passato anche nell’ambito economico V. SPAGNUOLO VIGORITA, L’iniziativa economica privata nel diritto pubblico,
Napoli, 1959, p. 59.
16 Atti Assemblea costituente, 16 ottobre 1946, lavori I Sottocommissione, p. 254. Inoltre, per un inquadramento del

pensiero di Togliatti e del ruolo dei comunisti in Assemblea costituente vedi anche F. SAITTO, I rapporti economici. Stato
e mercato tra intervento e regolazione, in F. CORTESE - C. CARUSO - S. ROSSI (a cura di), Immaginare la Repubblica. Mito e
attualità dell’Assemblea Costituente, Milano, 2018, pp. 138-143.
17 Atti Ass. Cost., 15 ottobre 1946, lavori III Sottocommissione, pp. 202-206.
18 G. AMATO, Il mercato, cit., p. 8.
19 Atti Ass. Cost., 13 maggio 1947, pp. 3939-3939. Sulla linea dell’on. Einaudi v. F. SAITTO, I rapporti economici, cit., pp.

143-146.
20 Queste parole vengono espresse nel corso della seduta del 13 maggio 1947 del dibattito sull’approvazione degli

emendamenti all’art. 37 del progetto di Costituzione. L’on. Ruini, infatti, si mostra concorde con la proposta Arata-
Taviani di unire gli art. 37 e 39 del progetto, riconoscendo all’iniziativa economica dei “limiti attivi” imposti tramite legge
a fini sociali. Particolare dibattito si era scatenato attorno alla parola “piani”, finché non si giunse alla formula di
compromesso di “programmi”, presente nell’attuale art. 41, comma 3, Cost. Cfr. Atti Ass. Cost., 13 maggio 1947, pp.
3932-3936.

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che condusse all’adozione del modello a economia mista21, idoneo a realizzare la tutela della persona e
della collettività22, anche con l’impiego di strumenti a disposizione dello Stato23.
Nacque così l’art. 41 Cost., che rappresenta il nucleo fondante - unitamente all’art. 42 Cost. – del modello
economico costituzionale24. Nuovo - rispetto a quello di altre Costituzioni del tempo (liberali o
socialiste)25 - e diverso - rispetto a quello precedentemente adottato dall’ordinamento interno
(caratterizzato dal tipico protezionismo liberale ottocentesco)26. La scelta operata dai Costituenti appare
coerente proprio con il progetto di rinnovamento sociale sotteso alla Costituzione, e pertanto conforme

21 Parla di «classico sentimento misto» dell’Assemblea costituente rispetto al mercato, da cui essa diffida ma che
contemporaneamente difende, in quanto strumentale alla difesa dal comunismo e della libertà politica., G AMATO, Il
mercato nella Costituzione, in Associazione italiana dei costituzionalisti (a cura di), La Costituzione economica. Atti del Convegno,
Ferrara 11-12 ottobre 1991, Milano, 1997, p. 7. Riconosce nelle scelte dei Costituenti non una libertà di mercato ma una
libertà del mercato, cioè la compresenza di una pluralità di operatori economici in un dato settore, organizzato secondo
regole predeterminate e valide per tutti, A. PACE, Libertà «del» mercato e «nel» mercato, in Politica del diritto, n. 2/1993, p.
328. Sulla nozione di sistema (o modello) ad economia mista occorre qui fare una precisazione: con questa espressione
si tende generalmente a fare riferimento ad un tertium genus tra il sistema di mercato e quello di pianificazione. A ben
vedere, però, chi impiega questa espressione tende a confondere il sistema economico con il sottosistema “mercato”. Il
mercato – in quanto elemento di collegamento tra produttori di beni e consumatori - è, dunque, la componente centrale
del sistema economico, anche quando si parla di economia mista, non essendo sufficiente la presenza di altri sottosistemi
- pubblici - a creare un terzo tipo di sistema. Così G. SARTORI, Elementi di teoria politica, Bologna, 1987, pp. 139-161.
22 V. SPAGNUOLO VIGORITA, L’iniziativa economica privata, cit., pp. 53-54.
23 G. DE VERGOTTINI, La costituzione economica, cit., p. 336. L’Autore individua tre strumenti principali tramite i quali

lo Stato avrebbe dovuto tutelare i diritti economici e sociali: i fini sociali verso cui orientare proprietà e iniziativa
economica private; la partecipazione dei lavoratori all’impresa; la tutela del risparmio e il controllo del credito.
24 La centralità dell’art. 41 Cost. per il modello economico costituzionale ne ha fortemente influenzato l’interpretazione,

tanto da essere stato anch’esso ritenuto di natura compromissoria. Celeberrima la definizione di «norma [...] indeterminata
nel suo nucleo politico centrale, anfibologica, suscettibile cioè di essere sviluppata in due direzioni opposte e sottoposta, in
fatto, a particolare tensione da parte delle forze politiche». Così E. CHELI, Libertà e limiti all’iniziativa economica privata nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale e nella dottrina, in Rassegna di Diritto Pubblico, 1960, p. 303. Per un inquadramento delle
principali teorie sull’art. 41 Cost. v. A. BALDASSARRE, Iniziativa economica privata, in Enciclopedia del diritto, XXI, Milano,
1971, pp. 582-610; F. GALGANO, Art. 41, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Rapporti economici,
II, Bologna-Roma, 1982, pp. 1-68; G. MORBIDELLI, Iniziativa economica privata (voce) in Enciclopedia giuridica, XIX,
Roma, 1990, pp. 1-7; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, Lezioni, pt. speciale, II ed., Padova, 1992, pp. 457-
500; S. NINATTI, Iniziativa economica privata (libertà di) (voce), in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di Diritto Pubblico, IV,
Milano, 2006, p. 31; R. NIRO, Art. 41, in R. BIFULCO – A. CELOTTO – M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla
Costituzione, I, Torino, 2006, pp. 846-863; M. GIAMPIERETTI, Art. 41, in S. BARTOLE - R. BIN (a cura di),
Commentario breve alla Costituzione, Padova, 2008, p. 407; L. CASETTI, Articolo 41, in F. CLEMENTI - L. CUOCOLO -
F. ROSA - G. E. VIGEVANI (a cura di), La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, I, Bologna, 2018, pp. 267-
272.
25 G. DE VERGOTTINI, op. cit., p. 335.
26 L. CASETTI, Articolo 41, cit., p. 267; G. AMATO, Il governo dell’industria in Italia, Bologna, 1972, p. 30. L’Autore

evidenza come pur in presenza di un forte elemento di rottura, quale il modello economico costituzionale (in particolare
le previsioni dell’art. 41 Cost.), questo non fu attuato. La politica economica continuò ad essere costruita secondo il
modello del protezionismo liberale e in ciò si riconosce la causa nell’irrigidimento ideologico che sancì definitivamente
la rottura del consenso costituzionale. In altra opera, Amato sottolinea come già in Assemblea costituente si era
interrotto il connubio politico tra sinistre e partiti di centro, a causa della guerra fredda. Si veda G. Amato, Il mercato, cit.,
p. 11. Si deve qui anticipare che lo Stato ha continuato ad avere un ruolo dirigista fino agli anni ’80, quando la spinta del
mercato europeo ha imposto dei cambiamenti e, pertanto, una nuova concezione non soltanto del sistema economico,
ma anche del ruolo che lo Stato in esso avrebbe dovuto avere.

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al principio fondamentale di cui all’art. 3, comma 2, Cost.27 Ed invero l’iniziativa economica privata, che
l’art. 41 Cost. riconosce come libera, incontra tra i suoi limiti l’utilità sociale, segno proprio del rapporto
stringente che la medesima instaura con il progetto sociale costituzionale28.

3. I possibili fondamenti costituzionali della concorrenza: dottrina e giurisprudenza dalle origini
della Costituzione ad oggi
Il sistema economico costituzionale si è mostrato, col trascorrere del tempo, particolarmente duttile,
adattandosi ai mutamenti politici e sociali che sono via via intervenuti29. Ed invero, se negli anni
immediatamente successivi all’entrata in vigore della Costituzione si è potuta riaffermare un’economia
protezionista di stampo liberale30, caratterizzata da un certo grado di interventismo statale31, a partire dagli
anni ’80 l’ordinamento ha parimenti potuto adottare un modello di libero mercato, in cui lo Stato ha
dismesso la veste di imprenditore (o interventore) per assumere quella di regolatore32. Su questo
mutamento una innegabile incidenza hanno avuto le Comunità europee e, in particolare, la CEE, che
poneva tra i suoi obiettivi primari la tutela della concorrenza, quale strumento di realizzazione di un
mercato comune europeo33.
Pur essendo l’Italia uno dei Paesi fondatori delle Comunità, ciò non ostacolò la politica di interventismo
statale nell’economia. Questo perché inizialmente lo stesso modello comunitario, conformemente a

27 P. BILANCIA, L’effettività della Costituzione, cit., pp. 15-16.
28 Sui rapporti tra gli artt. 41 e 3, comma 2, Cost. vedi infra, par. 4.1.
29 Seguendo la celebre ricostruzione di Cassese, i rapporti tra Stato ed economia possono essere suddivisi in quattro

periodi storici, riconducibili alla “vecchia” Costituzione economica. A questi devono aggiungersi due ulteriori momenti,
relativi alla “nuova” Costituzione economica: il primo va dagli anni ’80 alla crisi mondiale del 2008, il secondo inizia con
la crisi e ancora perdura. Cfr. S. CASSESE, La nuova costituzione economica, cit., pp. 7-35 e 319-330.
30 G. AMATO, Il governo dell’industria, cit., pp. 32-51, in cui l’Autore non soltanto evidenzia come tutti gli strumenti del

modello liberale protezionista vengono reimpiegati dalla legislazione italiana a partire dagli anni ’50, ma soprattutto
sottolinea la corruzione del modello stesso, che viene impiegato per fini politici e non di benessere collettivo.
31 Parlano di Stato imprenditore L. CASETTI, Articolo 41, cit., p. 269; R. MICCÙ, Le trasformazioni della costituzione

economica europea: verso un nuovo paradigma?, in P. BILANCIA (a cura di), Costituzione economica, cit., p. 27. Si pensi alla scelta
di espropriare e nazionalizzare le imprese di produzione dell’energia elettrica, creando un Ente preposto alla gestione,
l’Enel, al quale successivamente si affiancherà l’Eni. Il caso della nazionalizzazione dell’energia elettrica rappresenta un
unicum in Italia: con esso si dà attuazione per la prima e ultima volta all’art. 41, comma 3, Cost. Cfr. P. BILANCIA,
Modello economico¸ cit., p. 116. La presenza dello Stato sul mercato si diffonde prevalentemente grazie alla creazione di
Enti pubblici economici (non assoggettati alla disciplina fallimentare), che detenevano anche numerose partecipazioni
in società private.
32 G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., p. 605; M. GIAMPIERETTI, Il principio costituzionale, cit., p. 452.
33 Già nel preambolo è possibile leggere «RICONOSCENDO che l'eliminazione degli ostacoli esistenti impone una

azione concertata intesa a garantire la stabilità nella espansione, l'equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza». E
ancora, in particolare, nell’art. 3 si afferma che, per il raggiungimento degli obiettivi fissati all’art. 2, l’azione della
Comunità importa «la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune»
(lett. f).

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quello della maggior parte degli Stati europei34, era di tipo misto35 (cioè di commistione tra mano invisibile
– privata – e mano visibile – pubblica).
Come per l’ordinamento interno, anche nel sistema europeo si registrano significativi mutamenti a partire
dagli anni ’80. Terminato il processo di comunitarizzazione dei diversi segmenti del mercato, la
Commissione inizia ad introdurre programmi di privatizzazione delle imprese pubbliche36, recependo così
le manifestazioni economiche nazionali di stampo liberistico37 e orientando ulteriormente l’azione
pubblica verso l’economia di mercato38. Il merito del diritto comunitario è stato, pertanto, quello di aver
accelerato la spinta, registrata anche nell’ordinamento italiano, verso la creazione di un mercato
concorrenziale39, inteso quale strumento positivo di realizzazione di efficienza e crescita economica40. In
questo stesso periodo, d’altronde, venne firmato l’Atto Unico Europeo (1986), che disponeva il passaggio
del mercato da “comune” a “unico” e lo sviluppo di politiche rivolte a migliorare la situazione economica
e sociale europea41. Non soltanto, allora, libero mercato concorrenziale, ma anche sociale42.
La definitiva consacrazione della concorrenza quale pilastro dell’edificio economico europeo si è avuta
nel 1992, con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht43, mentre con il Trattato di Lisbona del 2009 si
è riconosciuto definitivamente il modello dell’economia sociale di mercato, da intendersi come quel
sistema che rifiuta tanto il liberismo estremo quanto il dirigismo economico44.

34 P. BILANCIA, Modello economico¸ cit., p. 132.
35 S. NINATTI, Iniziativa economica privata, cit., p. 3147.
36 Sul ruolo della Commissione nel processo di privatizzazione delle imprese pubbliche e della deregulation si rinvia a P.

BILANCIA, Modello economico, cit., pp. 161-170.
37 S. NINATTI, Iniziativa economica privata, cit., p. 3148.
38 P. BILANCIA, Il modello dell’economia, cit., p. 2226.
39 G. DE VERGOTTINI, La costituzione economica, cit., p. 338. Altro Autore evidenzia che il processo di

comunitarizzazione del mercato interno subì un’accelerata negli anni ’80 in quanto venne ritenuto l’ultima chance per
risolvere la crisi di sostenibilità del debito pubblico, la quale era stata aggravata proprio dal complesso sistema di mercato
che l’interventismo statale aveva realizzato nei trent’anni successivi alla nascita della Repubblica. Si veda F. SAITTO, I
rapporti economici, cit., p. 160. Sul punto anche M. GIAMPIERETTI, Il principio costituzionale di libera concorrenza: fondamenti,
interpretazioni, applicazioni, in Diritto e società, 2003, pp. 444-445; R. NANIA, Libertà economiche: impresa e proprietà, in R.
NANIA - P. RIDOLA (a cura di), I diritti costituzionali, I, Milano, 2006, p. 202.
40 G. AMATO, Il mercato, cit., pp. 17-19. Sull’incidenza che il diritto comunitario ha avuto nella cultura italiana del

mercato anche L. MEZZETTI, Costituzione economica, cit., p. 212.
41 P. BILANCIA, Il modello dell’economia, cit., p. 2226; id., Modello economico, cit., pp. 149-150.
42 G. OPPO, L’iniziativa, cit., pp. 75-80, il quale riconosce negli obiettivi dell’Atto unico la comunitarizzazione degli

stessi limiti già previsti all’art. 41 Cost. per l’iniziativa economica privata. Sui limiti che incontra lo sviluppo della matrice
sociale nel mercato euro-unitario, in ragione del deficit di democraticità che ancora oggi l’Unione europea presenta, si
rinvia a P. BILANCIA, Il modello dell’economia, cit., pp. 2227- 2229.
43 L. CASETTI, Costituzione economica, cit., p. 1641; M. GIAMPIERETTI, Il principio costituzionale, cit., p. 448. Si rinvia, in

particolare, ai riferimenti in nota 26.
L’art. 3 A del Trattato di Maastricht disponeva: «l'azione degli Stati membri e della Comunità comprende, alle condizioni
e secondo il ritmo previsti dal presente trattato, l'adozione di una politica economica […] condotta conformemente al
principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza» (corsivo dell’autore).
44 M. LIBERTINI, Concorrenza, cit., pp. 194-195. Sulla posizione che riveste ad oggi la concorrenza nel diritto europeo

vedi infra, par. 5. Sulla possibilità di scorgere sin dalle origini delle Istituzioni europee finalità di tipo sociale v. G.
BOGNETTI, La Costituzione economica, cit., pp. 55-58.

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Il processo di progressiva costruzione del mercato unico europeo ha, dunque, reso la concorrenza
elemento essenziale del sistema economico anche all’interno degli Stati membri, ponendo così gli
interpreti di fronte all’esigenza di verificarne la compatibilità con il modello accolto in Costituzione45.
Esigenza ancor più avvertita dopo l’adozione della già evocata legge n. 287 del 1990, in cui il legislatore
ha riconosciuto esplicitamente l’esistenza di un vincolo tra concorrenza e art. 41 Cost.46: l’art. 1, comma
1, di tale legge afferma, infatti, che le disposizioni di cui essa si compone sono “attuative” della libertà di
iniziativa economica privata47.
Se un orientamento, oramai minoritario, ha sostenuto che la concorrenza non potesse trovare
accoglimento nella dimensione costituzionale, visto l’atteggiamento di diffidenza che nei suoi confronti
(e verso il mercato) avevano mostrato i padri costituenti, trovando ingresso nell’ordinamento solo
attraverso il recepimento del diritto comunitario48, la maggioranza degli interpreti ha ritenuto che la
duttilità delle disposizioni costituzionali in materia economica consentisse senz’altro di ricondurre ad esse
– in particolare all’art. 41 Cost. - anche la concorrenza49. Con l’irrompere delle regole comunitarie nel
sistema economico, poi, tale orientamento si è ulteriormente rafforzato50.

45 Per una ricostruzione delle diverse posizioni della dottrina vedi T. GUARNIER, Libertà di iniziativa economica privata e
libera concorrenza, in Scritti in ricordo di Paolo Cavaleri, Napoli, 2016, pp. 465-466; e più di recente, sul rapporto tra diritto
europeo, concorrenza e Costituzione, G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., pp. 597-612.
46 L. CASETTI, Articolo 41, cit., p. 270.
47 La medesima previsione dispone, inoltre, al quarto comma, che l’interpretazione delle norme contenute nella legge è

svolta in base alla disciplina comunitaria della concorrenza.
48 G. AMATO, Il mercato, cit., pp. 17-19; N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Bari, 1998, pp. 93-103; F. MERUSI,

Considerazioni generali sulle amministrazioni indipendenti, in F. BASSI - F. MERUSI (a cura di), Mercati e amministrazioni
indipendenti, Milano, 1993, p. 160, secondo cui è con l’adesione all’Atto Unico Europeo che l’Italia ha definitivamente e
pienamente aderito al principio del mercato concorrenziale, circostanza che avrebbe determinato una modifica
“sostanziale” dell’art. 41, comma 3, Cost. Per una riflessione critica sulle implicazioni della teoria di Amato vedi Q.
CAMERLENGO, Costituzione, Economia, cit., p. 53.
49 Parla di favor per il mercato concorrenziale, che avrebbe dovuto orientare l’interpretazione delle disposizioni sui

rapporti intersoggettivi, G. MORBIDELLI, Iniziativa economica privata (voce), in Enciclopedia giuridica, XIX, Roma, 1990,
p. 6; nonché G. GHIDINI, Monopolio e concorrenza (voce), in Enciclopedia del diritto, XXVI, Milano, 1976, pp. 793-798.
50 M. GIAMPIERETTI, Art. 41, cit., pp. 422-423; Id., Il principio costituzionale, cit., pp. 453-455. Trattasi della lettura

evolutiva delle disposizioni della Costituzione economica che, secondo l’Autore, ha trovato conferma all’esito della
revisione costituzionale intervenuta con l. Cost. 3/2001. L’introduzione, all’art. 117, comma 2, lett. e), Cost. della materia
di competenza esclusiva statale “tutela della concorrenza”, senza che venissero modificate le disposizioni del Titolo sui
“Rapporti economici”, ha dimostrato che l’azione dello Stato debba orientarsi in questo senso. Favorevoli alla lettura
evolutiva anche R. NANIA, Libertà economiche, cit., pp. 208-209; G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., p. 604; O.
PINI, Giurisprudenza costituzionale e statuto dei rapporti economici: «interpretazione adeguatrice» ed evoluzione ordinamentale, in
dirittifondamentali.it, n. 2/2019, p. 13. Sull’incidenza che principi e valori comunitari hanno avuto nel rivelare le potenzialità
sottese all’art. 41 Cost. si veda L. MEZZETTI, Costituzione economica, cit., p. 222. F. CINTIOLI, Concorrenza, istituzioni e
servizio pubblico, Milano, 2010, p. 10, descrive il rapporto tra art. 41 Cost. e diritto europeo sulla concorrenza come
intercorrente tra chi dispone una situazione soggettiva (libertà di concorrenza) e chi regola una situazione oggettiva (il
complesso delle regole del mercato). Sulla necessità di ricondurre la concorrenza all’art. 41, comma 1, Cost., per
salvaguardare la disciplina antitrust e le regole concorrenziali entrate nell’ordinamento L. CASETTI, Costituzione
economica, cit., pp. 1641-1642.

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In particolare, in dottrina è emersa, e sembrerebbe essersi consolidata, una concezione bidimensionale
dell’art. 41 Cost. e della concorrenza. Quest’ultima viene considerata, al contempo, elemento essenziale
dell’iniziativa economica privata (dimensione soggettiva) e del mercato (dimensione oggettiva)51. Nella
prima accezione, la libertà di concorrenza consiste nel diritto del singolo, in rapporto a quello degli altri
operatori economici, di accedere e rimanere sul mercato52. Nella seconda accezione, la libera concorrenza
– integrata dall’art. 43 Cost. e dalle disposizioni comunitarie – consiste in una struttura del mercato53, che
si ha quando nessuno degli operatori può influenzarne in modo decisivo le condizioni di
funzionamento54. L’aspetto critico di questa ricostruzione è che, per il tramite della dimensione soggettiva
della concorrenza, in quanto libertà, si afferma quella oggettiva, quale regola di organizzazione e
funzionamento del mercato55, quasi a voler sostenere che se in un ordinamento è riconosciuta la libertà
di concorrenza (come espressione dell’iniziativa economica privata) non può non esservi mercato
concorrenziale56.
La giurisprudenza costituzionale, dal canto suo, in un primo momento ha mostrato una certa diffidenza
verso la concorrenza57, prestando particolare attenzione solo nell’evitare che si sviluppassero nel mercato

51  Ex plurimis v. G. BOGNETTI, La Costituzione economica italiana, II ed., Milano, 1995, pp. 39-41, secondo cui la
concorrenza deriva dalla valenza verso i terzi (dunque orizzontale) dell’iniziativa economica e da ciò deriva che l’art. 41
Cost. pone come principio ottimale dell’economia il «pluralismo competitivo tra privati».
52 F. GALGANO, Art. 41, cit., pp. 11-12; G. GHIDINI, Slealtà della concorrenza e costituzione economica, Milano, 1978, pp.

82-88; G. OPPO, L’iniziativa economica, in La Costituzione economica a quarant’anni dall’approvazione della Carta fondamentale,
Atti del Convegno, 6-7 maggio 1988, Milano, 1990, pp. 65-68; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, parte speciale,
II ed., Padova, 1992, p. 493. Respinge questa ricostruzione N. IRTI, L’ordine giuridico, cit., p. 95, il quale afferma che la
libertà è una figura verticale, di protezione verso lo Stato, mentre la concorrenza è una figura orizzontale, volta a regolare
i rapporti tra imprenditori.
53 G. GHIDINI, Slealtà della concorrenza, cit., p. 88. Nella ricostruzione dell’Autore, è la struttura concorrenziale del

mercato ad imporre una disciplina antitrust e, dunque, a limitare la creazione di monopoli e di concentrazioni tra imprese.
Diversamente, A. PACE, Libertà del mercato, cit., pp. 329-330, il quale riconduce alla dimensione soggettiva della
concorrenza l’illiceità dei monopoli e delle concentrazioni tra imprese. Contra G. OPPO, L’iniziativa, ibidem, secondo cui
sono espressione dell’iniziativa economica privata tanto la libertà di concorrenza quanto la creazione di monopoli e
intese, escludendo l’esistenza di un principio (costituzionale) antimonopolistico.
54 L. MEZZETTI, Costituzione economica, cit., p. 215. In economia, diverse sono le teorie che hanno studiato la

concorrenza. Nonostante le diverse posizioni, è possibile riscontrare una nozione economica “minima” di concorrenza,
data da tre elementi costitutivi: la «contrapposizione di interessi» tra gli agenti economici; la loro «interscambiabilità», ossia la
possibilità di essere sostituiti; infine, l’asimmetria di informazioni, che si sostanzia sia nella incompletezza delle
informazioni sui comportamenti dei competitor, che nella possibilità di non conoscere i potenziali concorrenti prima
della gara. S. ZAMAGNI, Economia politica. Teoria dei prezzi, dei mercati e della distribuzione, II ed., Roma, 1987, pp. 376-377.
55 T. GUARNIER, Libertà di iniziativa, cit., pp. 467-469. È quanto sembra emergere dalla ricostruzione di G. GHIDINI,

Slealtà della concorrenza, cit., ibidem.
56 Così G. GHIDINI, Monopolio e concorrenza, cit., p. 793. Contro la necessaria corrispondenza tra libertà di concorrenza

e struttura concorrenziale del mercato O. CHESSA, La Costituzione della moneta. Concorrenza, indipendenza della banca centrale,
pareggio di bilancio, Napoli, 2016, pp. 127-128.
57 Nel par. 3 del «considerato in diritto», sent. Corte cost., 10 giugno 1969, n. 97, in Giurisprudenza costituzionale, n. 3/1969,

pp. 1239-1245, la Corte costituzionale osserva che «fra questi limiti viene qui in evidenza quello connesso all'utilità
sociale, alle cui esigenze deve essere subordinata anche la concorrenza, che indubbiamente il vigente sistema costituzionale
non considera di per sé idonea a realizzare o a rispettare gli interessi della società» (corsivo dell’autore).

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pratiche commerciali scorrette58. È con la decisione n. 223 del 1982 che, cogliendo i mutamenti avvenuti
al sistema economico, la Corte costituzionale ha riconosciuto per la prima volta la «libertà di concorrenza»
tra imprese, attribuendole una «duplice finalità: da un lato, [essa] integra la libertà di iniziativa economica
che spetta nella stessa misura a tutti gli imprenditori e, dall'altro, è diretta alla protezione della collettività,
in quanto l'esistenza di una pluralità di imprenditori, in concorrenza tra loro, giova a migliorare la qualità
dei prodotti e a contenerne i prezzi»59, ricollegando tali benefici, dunque, proprio all’esercizio della libertà
di concorrenza60. Quanto emerso dalla sentenza n. 223 del 1982 è stato poi confermato e meglio chiarito
nella successiva sentenza n. 241 del 1990, in cui la Corte ha affermato esplicitamente che la libertà di
concorrenza è connaturale all’iniziativa economica privata e funzionale alla tutela del consumatore quale
contraente debole61. Anche la giurisprudenza costituzionale, dunque, accede inizialmente ad una nozione
sia soggettiva che oggettiva di concorrenza, la quale viene ricondotta allo “statuto” della libertà di
iniziativa economica privata, quindi all’art. 41 Cost. complessivamente considerato62.
Nel dibattito sulla dimensione costituzionale della concorrenza ha, poi, inciso la modifica del Titolo V
della Costituzione63. Come ricordato in avvio, dal 2001, l’art. 117, comma 2, lett. e), Cost. riconosce
esplicitamente la «tutela della concorrenza» tra le materie di competenza legislativa esclusiva statale,
sancendone così la posizione di bene costituzionalmente rilevante64.
Su questa riforma si innesta quel filone giurisprudenziale che, a partire dalla sentenza n. 14 del 2004,
mostra una certa adesione alla nozione comunitaria e oggettiva della concorrenza, abbandonando la

58  Ex plurimis sent. Corte cost. 14 marzo 1964, n. 21, in Giurisprudenza costituzionale, n. 1/1964, pp. 184-191; sent. 6 luglio
1965, n. 60, in Giurisprudenza costituzionale, n. 2/1965, pp. 761-765
59 Par. 2 del «considerato in diritto», sent. Corte cost., 16 dicembre 1982, n. 223, in Giurisprudenza costituzionale, parte I, n.

4/1982, pp. 2246-2250.
60 M. MANETTI, I fondamenti costituzionali della concorrenza, in Quaderni costituzionali, n. 2/2019, pp. 325-326 (in nota 39);

T. GUARNIER, Libertà di iniziativa, cit., p. 478, in cui l’Autrice evidenzia come, già a partire dalla decisione n. 223 del
1982 C. cost., sia possibile registrare un fenomeno di appiattimento tra due dimensioni contrapposte: un diritto
(l’iniziativa economica privata) e i suoi limiti (in particolare, l’utilità sociale).
61 Par. 4 del «considerato in diritto», sent. Corte cost. 15 maggio 1990, n. 241, in Giurisprudenza costituzionale, parte I, 1990,

pp. 1466-1482, con osservazione di A. PACE, Sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 180 l. n. 633 del
1941 e sulle norme costituzionali concernenti la libertà d’impresa, pp. 1482-1487, e di E. CATERINI, Obbligo a contrarre e posizioni
dominanti, pp. 1487-1495. Tale decisione è particolarmente rilevante poiché in essa la Corte costituzionale sottolinea i
rischi connessi all’assenza di una disciplina antitrust, giudicando inidonea la normativa civilistica ad evitare che
l’acquisizione da parte di un’impresa di posizione dominante nel mercato sfoci nell’abuso, in danno della concorrenza,
che è appunto ritenuta elemento dell’iniziativa economica e funzionale alla tutela dei consumatori e della collettività. È
sulla spinta di questa sentenza che verrà adottata la legge 287 del 1990 a tutela della concorrenza e del mercato.
62 R. NIRO, Il diritto di iniziativa economica privata, il diritto antitrust e la tutela della concorrenza nella giurisprudenza costituzionale,

in L. F. PACE (a cura di), Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, Napoli, 2013, pp. 33-34.
63 Contrario a quell’orientamento che vede nell’art. 117 Cost. una norma di mera attribuzione di competenze legislative,

pertanto neutra rispetto alla possibilità di attribuire rilievo di principio costituzionale al bene oggetto di attribuzione M.
LIBERTINI, Concorrenza, cit., p. 196.
64 R. NIRO, Art. 41, cit., p. 857.

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dimensione libertaria per abbracciare quella del mercato65. In tale decisione la Corte, invero, afferma che
«non può essere intesa [la concorrenza, ndr] soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di
regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto
comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un
sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali»66.
Il protagonismo dell’art. 117 Cost. nelle decisioni della Corte costituzionale non appare, però, come una
precisa scelta, ma è il riflesso del tipo di giudizio di volta in volta instaurato. Con la revisione del Titolo
V, infatti, la concorrenza, in quanto materia trasversale, è diventata oggetto di numerosi ricorsi in via
principale, necessari a precisare i rapporti tra potestà legislativa statale e regionale67. Nonostante ciò, vi
sono poche ma significative pronunce (originate da giudizi in via incidentale) in cui si riconduce, ancora,
la concorrenza all’art. 41 Cost. Oggetto del celebre caso Alitalia68, ad esempio, l’articolo 4, comma 4-
quinquies, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale
di grandi imprese in stato di insolvenza), e successive modificazioni, che autorizzava un’operazione di
concentrazione di imprese, ha superato il vaglio di costituzionalità. La Corte ha ritenuto che tale disciplina
normativa, in quanto espressione dell’utilità sociale, potesse limitare la libertà d’iniziativa economica sub
species di “libertà di concorrenza”.
Particolarmente significativa, poi, è la decisione sul caso SOA (Società Organismi di Attestazione), in cui
la Corte costituzionale ha affermato che l’art. 41 Cost. riconosce la concorrenza «quale bene giuridico» e
che tale interpretazione ha «ricevuto conferma dalla previsione della tutela della concorrenza come
materia attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lettera e), Cost.) e
dalla circostanza che la relativa nozione riflette quella posta dall’ordinamento comunitario»69. Ciò che
emerge da questa seconda pronuncia - che parte dall’art. 117 Cost. e arriva ad incidere sulla stessa

65 R. NIRO, op. cit., ibidem; id. Il diritto di iniziativa, cit., p. 35; L. CASETTI, Costituzione economica, cit., p. 1643.
66 Par. 4 del «considerato in diritto», sent. Corte cost., 13 gennaio 2004, n.14, in Giurisprudenza costituzionale, n. 1/2004,
pp. 237-257, con nota di F. SACCO, pp. 257-258, e osservazioni di A. PACE, Gli aiuti di Stato sono forme di «tutela» della
concorrenza?, pp. 259-265; G. P. DOLSO, Tutela dell’interesse nazionale sub specie di tutela della concorrenza?, pp. 265-277; C.
BUZZACCHI, Principio della concorrenza e aiuti di Stato tra diritto interno e diritto comunitario, pp. 277-291. In particolare, Pace,
nel ribadire la sua posizione circa la riconducibilità della libera concorrenza all’art. 41 Cost., in queste osservazioni valuta
positivamente le evoluzioni che si sono registrate in ragione dell’adesione all’ordinamento comunitario. L’Autore, pur
negando portata innovativa all’art. 117 Cost., riconosce alla riforma il merito di aver esplicitato che la libera concorrenza
è oggetto di “tutela”.
67 C. PINELLI, La tutela della concorrenza come principio e come materia. La giurisprudenza costituzionale 2004-2013, in Rivista Aic,

n. 1/2014, pp. 1-16, spec. p. 5; O. PINI, Giurisprudenza costituzionale, cit., p. 21.
68 Sent. Corte cost., 22 luglio 2010, n. 270, in Giurisprudenza costituzionale, n. 4/2010, pp. 3251-3296, con osservazione di

M. LIBERTINI, I fini sociali come limite eccezionale alla tutela della concorrenza: il caso del «decreto Alitalia», pp. 3296-3304.
69 Par. 7.2 del «considerato in diritto», sent. Corte cost., 22 maggio 2013, n. 94, in Giurisprudenza costituzionale, n. 3/2013,

pp. 1637-1663 con nota di M. LIBERTINI, Sulla legittimità costituzionale delle norme che impongono l’esclusività dell’oggetto sociale
delle Società Organismi di Attestazione (S.O.A.) e vietano la partecipazione al capitale delle stesse da parte degli organismi di certificazione
delle imprese, pp. 1663-1675.

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interpretazione dell’art. 41 Cost. - è una diversa dimensione della concorrenza, non più libertà individuale
che scaturisce dalla dimensione orizzontale dell’iniziativa economica privata (nozione soggettiva), ma
bene giuridico da tutelare in ragione del modello di mercato al quale inerisce (nozione oggettiva). Si
compie così nella giurisprudenza costituzionale l’oggettivizzazione della concorrenza70.
Considerati gli indirizzi interpretativi sin qui ricostruiti, si dovrebbe sostenere che la concorrenza abbia
rilievo tanto soggettivo e statico quanto oggettivo e dinamico, quest’ultimo legato all’art. 117 Cost. e alle
evoluzioni del mercato scaturite dal processo di comunitarizzazione. Tale conclusione deve confrontarsi,
però, con l’orientamento interpretativo che riconduce la concorrenza effettiva (o oggettiva, o dinamica)
alla nozione di utilità sociale prevista all’art. 41, comma 2, Cost. A differenza delle teorie che riconducono
la concorrenza allo statuto dell’iniziativa economica privata, questa diversa posizione sostiene che tale
bene giuridico abbia trovato ingresso in Costituzione come strumento dell’utilità sociale, volto a limitare,
se necessario, la libertà d’iniziativa economica privata71. Una tale opzione ermeneutica, che abbraccia una
dimensione esclusivamente oggettiva della concorrenza, evidenzia il rapporto che essa instaura con il
progetto politico sociale della Costituzione, divenendo un mezzo attraverso cui realizzarlo72.
Orientamento che sembra trovare accoglimento anche nella giurisprudenza costituzionale recente. La
Corte costituzionale, sempre nella citata decisione n. 94 del 2013, dopo aver ricondotto la dimensione
oggettiva della concorrenza all’intero art. 41 Cost., ha invero riconosciuto nella clausola generale
dell’utilità sociale il fondamento della disciplina (concorrenziale) SOA, sancendone l’idoneità a limitare
l’iniziativa economica privata73.

70 E. LANZA, Concorrenza, iniziativa economica e utilità sociale: spigolature su principi e limiti tra ordinamento europeo e Costituzione
italiana, in Rassegna di Diritto Pubblico Europeo, n. 1/2016, pp. 92-93.
71 M. LIBERTINI, La tutela della concorrenza nella Costituzione italiana, in Giurisprudenza costituzionale, n. 2/2005, pp. 1429-

1441. Secondo tale visione, la concorrenza sarebbe uno degli strumenti idonei a realizzare interessi costituzionalmente
rilevanti, tra cui il benessere collettivo. In quest’ottica, viene criticata la giurisprudenza costituzionale che identifica la
concorrenza con l’utilità sociale, di cui sarebbe invece solo una componente, considerato che la clausola generale
ricomprende numerosi e diversi interessi. Cfr. M. MANETTI, I fondamenti costituzionali, cit., pp. 325-326. Sul punto anche
F. ZATTI, Riflessioni sull’art. 41 Cost.: la libertà di iniziativa economica privata tra progetti di riforma costituzionale, utilità sociale,
principio di concorrenza e delegificazione, in Forum di Quaderni Costituzionali, pp. 1-18, il quale individua nella creazione
dell’Antitrust (l. 287/1990) e, soprattutto, nelle modifiche agli artt. 117 e 118 Cost., l’occasione per riconoscere la
concorrenza come strumento per perseguire l’utilità sociale, in un’economia non più mista ma di mercato.
72 G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., pp. 601-604.
73 C. PINELLI, La tutela, cit., pp. 14-15. Diff. A. ARGENTATI, Autorità antitrust e Corte costituzionale: il dialogo al tempo

della crisi, in Mercato, concorrenza, regole, n. 1/2015, p. 71, che parla di lettura oggettiva dell’art. 41 Cost., apparentemente
senza cogliere il richiamo alla clausola generale dell’utilità sociale. Così anche T. GUARNIER, Libertà di iniziativa, cit.,
pp. 476-477. Sempre al par. 7.2 del la Corte costituzionale così afferma: «in definitiva, le clausole generali contenute
nell’art. 41 Cost. concernono molteplici interessi qualificati, anche collegati alla sfera economica, quali quelli correlati
all’esigenza «di salvaguardare l’equilibrio di mercato» in un determinato settore (sentenza n. 63 del 1991), oppure
strumentali a garantire i valori della concorrenzialità e competitività delle imprese (sentenza n. 439 del 1991) e, quindi,
l’assetto concorrenziale del mercato, che costituisce ragione in grado di giustificare l’introduzione di limiti alla libertà di
iniziativa economica».

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