LE MOTIVAZIONI ALL'AIUTO - Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

                         LE MOTIVAZIONI ALL'AIUTO
    Comportamento prosociale (altruista): studi sul volontariato.
    ●   Caratteristiche innate dei soggetti (livello biologico): Teoria della
        selezione parentale (Wilson 1975-sociobiologo);
    ●   Tratti di personalità (livello individuale) (Rushton 1980);
    ●   Effetto dell'umore (livello individuale) (Forgas 1992);
    ●   Rapporto tra attore, destinatario e situazione                                                            (livello
        interpersonale): Teoria dello scambio (Homans 1961);
    ●   Norme sociali (livello macrosociale) (culture individualiste VS
        culture collettiviste);
    Impostazione multidimensionale che privilegia l'interazione tra
      caratteristiche personali e situazioni specifiche, tra soggettività e
      situazioni sociali.
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                       LE MOTIVAZIONI ALL'AIUTO
    Per Moscovici (1992) esistono tre forme di altruismo :
    1-altruismo partecipativo: impegno coinvolgente e partecipazione
      intensa alle attività di una comunità. Altruismo rivolto ad un “NOI”,
      non ad un “ALTRO” generico;
    2-altruismo fiduciario: ciò che facciamo in favore dell'altro dipende
      dal grado di fiducia (o di sospetto) che gli individui percepiscono o
      desiderano stabilire tra di loro;
    3-altruismo normativo: atto altruistico compiuto per rispettare delle
      norme sociali vigenti in ogni cultura e che stabiliscono chi deve
      essere aiutato, con quali mezzi e modalità va aiutato, nonché un
      repertorio di situazioni in cui si trova in difficoltà va aiutato.
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                        LE MOTIVAZIONI ALL'AIUTO
    Moscovici (1992) distingue inoltre tra:
    1-altruismo egoistico, proprio di coloro che credono di poter ricevere
      senza dare, supponendo negli altri una specie di obbligo
      d'altruismo. I sacrifici che vengono raccomandati e indotti negli altri
      sono il prodotto non di altruismo, ma di motivazioni egoistiche e
      coloro che sono incitati ad agire altruisticamente in questo modo
      farebbero bene ad interrogarsi sullo loro reali motivazioni che li
      spingono a compiere un atto altruistico, per assicurarsi di aiutare, e
      non di servire gli altri.;
    2-egoismo altruistico, proprio di chi prova sentimenti di empatia per
      la miseria altrui e attua gesti di aiuto non per generosità verso chi
      soffre e ha bisogno di noi, ma per motivi di paura, dettati dal timore
      di assumere un desiderio che proviamo noi stessi e che preferiamo
      riversare sugli altri. Già la psicoanalisi ha svelato che sottostante
      alla devozione totale verso gli altri si cela la paura folle di affrontare
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                       LE MOTIVAZIONI ALL'AIUTO
    Alla base delle motivazioni troviamo vari aspetti:
    1-di tipo espressivo: realizzazione personale nel presente e nel
       futuro;
    2-centrati sul compito: imparare un lavoro;
    3-orientati alla cura: presa in carico di persone bisognose;
    4-centrati sul dovere o l'impegno religioso.
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                         LE MOTIVAZIONI ALL'AIUTO
    Motivazione dei volontari: Dimensioni individuate da Amerio,
     Capasso e Calligaris (1996).
    ●   Individuali: bisogno di autorealizzazione, crescita personale,
        concretizzazione di ideali e valori;
    ●  Collettive: desiderio di assumere un ruolo attivo nella società,
       dovere morale e civile di fronte alle sofferenze altrui.
    Diff. di genere:
     le donne privilegiano le dimensioni individuali (crescita personale e
       scambi emotivo/affettivi),
    gli uomini sono più orientati alla risoluzione di problemi sociali.
    Per entrambi l'elemento centrale è il bisogno di appartenenza ad
       una collettività in cui ci si sente chiamati in causa come
       membri attivi nei processi di cambiamento sociale.
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                         L'AIUTO PROFESSIONALE
    Sistemi di sostegno informale: parenti, amici, colleghi, gruppi di
      auto aiuto e volontariato;
    Sistemi di sostegno formale: enti istituzionali e figure professionali
      che offrono prestazioni di cura.
                              !IMPORTANTE!
    Come si caratterizza una relazione di aiuto professionale?
    ● Non c'è semplicemente chi è in difficoltà e chi può aiutarlo, ma
      due soggetti profondamente coinvolti in una relazione di
      scambio, dove entrambi impareranno qualcosa.
    ● Rapporto asimmetrico
    ● Distribuzione differenziata delle risorse
    ● Necessità di un contratto per la costruzione di un progetto
      comune
    ● Stimolazione dell'empowerment da parte del professionista.
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                        L'AIUTO PROFESSIONALE
    !Attenzione ai dilemmi delle professioni di aiuto (Lenrow 1978)!

Possibili fonti di stress per chi aiuta e fonti danno per chi è aiutato:
●Conflitto tra necessità di basarsi sul proprio giudizio di fronte a

decisioni da prendere e l'esigenza di mantenere una visone critica dei
propri giudizi;
●Conflitto tra il proprio sistema di credenze e valori e quello della

persona che si aiuta (es. l'infibulazione);
●Necessità di avere il consenso dell'utente che non sempre è capace

di comprendere cosa sta succedendo;
●Conflitto tra la consapevolezza del propri limiti e il senso del dovere in

situazioni in cui appare chiaro che l'intervento è inutile.
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

             IL PROCESSO DI EMPOWERMENT
                            !IMPORTANTE!
PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE: evitare la delega
all'esperto, stimolare lo sviluppo delle competenze della persona e
favorire la sua partecipazione consapevole attiva alla vita della
comunità.

Dalla SOLUZIONE                                                    alla PROMOZIONE

l'esperto non eroga SOLUZIONI, ma favorisce nell'utente                                                               il
PROCESSO DI SOLUZIONE DEL PROBLEMA
facilitare il processo di crescita;
promuovere l'autonomia;
recuperare e capacità decisionali;
ampliare le scelte possibili;
fornire strumenti che rendano la persona autosufficiente.
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

             IL PROCESSO DI EMPOWERMENT
Empowerment (Rappaport 1977): acquisizione di potere, incremento
della capacità delle persone di controllare attivamente la propria vita.
Passività appresa                         Acquisizione di fiducia in sé
(learned helplessness)                       (learned hopefullness)

vicinanza con i costrutti di :
LOCUS OF CONTROL (caratteristica di personalità) (Rotter, 1966)
SELF EFFICACY (credenze dell'individuo circa le proprie capacità)
(Bandura, 1995)
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

              IL PROCESSO DI EMPOWERMENT
L'empowerment è un concetto multilivello perchè è possibile articolarlo
in un livello individuale (psicologico), organizzativo, sociale e di
comunità.

Bruscaglioni (1994) empowerment = “processo di ampliamento
(attraverso il miglior uso delle proprie risorse attuali e potenziali
acquisibili) delle possibilità che il soggetto può praticare e rendere
operative”.
Dimensioni dell'empowerment psicologico
1-personalità: tratti di personalità (ad es. locus of control)
2-cognizione: percezione di sé (ad es. l'autoefficacia)
3-motivazioni: livello di coinvolgimento.
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

              IL PROCESSO DI EMPOWERMENT
Torre (1985) empowerment = “processo attraverso il quale le persone
diventano sufficientemente forti da partecipare, condividere il controllo
ed influenzare gli eventi e le istituzioni che incidono sulla propria vita”.
Come si realizza l'empowerment (Kieffer 1984)?
1-senso di sé che promuove il coinvolgimento sociale attivo;
2-capacità di analisi critica;
3-abilità di sviluppare strategie di azione e di assunzione di
responsabilità;
4-collaborazione e confronto con gli altri (es. nell'orientamento).
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

              IL PROCESSO DI EMPOWERMENT
                          Pratiche di intervento
Lo scopo principale è quello di aiutare le persone ad utilizzare le
proprie forze, risorse, abilità e competenze nella risoluzione di
problemi.
Interventi su più livelli:
1-dimensione personale: stabilire un primo rapporto con l'utente e
valutare i suoi bisogni e le sue possibili risorse:
2-dimensione inter-personale: seminari, incontri con piccoli gruppi,
gruppi di auto aiuto rivolti a fornire conoscenze ed abilità necessarie
per padroneggiare i compiti di sviluppo propri di una specifica
situazione;
3-dimensione micro-ambientale: focalizzati sul cambiamento o la
mediazione nell'ambito del contesto immediato dell'utente (incontri
informativi sull'organizzazione di istituzioni ecc.)
4-dimensione macro-ambientale: coinvolgimento utenti su aspetti
politici dei problemi; legame tra problemi personali e dinamiche sociali.
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

                IL BURNOUT DEGLI OPERATORI
                 Freudenberger (1074), Maslach (1982)
          BURNOUT = BRUCIATO, SCOPPIATO, ESAURITO
Stato di logoramento e stress psicofisico che rende l'operatore meno
attento e disponibile ai problemi degli utenti.
Risposta ad una situazione avvertita come intollerabile.
Senso di impotenza acquisita.
Sintomi fisici: fatica, mal di testa, disturbi gastrointestinali, insonnia,
cambiamenti nelle abitudini alimentari, insonnia;
Sintomi psicologici: senso di colpa, negativismo, alterazioni
dell'umore, scarsa fiducia in sé, irritabilità, scarsa empatia e capacità
di ascolto;
Reazioni comportamentali: assenze o frequenti ritardi sul posto di
lavoro, evitamento del dialogo, distacco emotivo dall'utente, scarsa
creatività, ricorso a procedure standardizzate, spersonalizzazione nei
rapporti.
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

                IL BURNOUT DEGLI OPERATORI
Il danno del burnout investe tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei
servizi:
Operatori;
Utenti;
Comunità: spreco di energie e di investimenti.

Per Maslach (1982) il burnout è una sindrome caratterizzata da tre
dimensioni tra loro indipendenti:
●Esaurimento emotivo: senso di “svuotamento” e di “inaridimento”;

●Depersonalizzazione: atteggiamenti negativi di distacco, freddezza e

cinismo verso gli utenti;
●Ridotta realizzazione personale: percezione di inadeguatezza e
incompetenza nel lavoro.
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

                IL BURNOUT DEGLI OPERATORI
Cause della sindrome di BURNOUT:
ormai si concorda pienamente sul fatto che il burnout non è
semplicemente un sintomo di una sofferenza individuale
collegata all'attività lavorativa, ma un possibile indicatore di
inadeguatezze organizzative e un problema di natura sociale.
POSSIBILI INTERVENTI (Cherniss 1980)
1-sviluppo professionale dello staff: incontri periodici, formazione
dei neo-assunti, gruppi di sostegno, supervione;
2-cambiamenti nella struttura di ruolo e di lavoro: distribuzione dei
compiti, prevedere periodi di riposo;
3-sviluppo del management: programmi di formazione per i
responsabili;
4-incremento delle modalità di problem solving organizzativo e di
presa di decisioni: strumenti formali (regole) per risoluzione di
conflitti (organizzativi e non), partecipazione alle decisioni;
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Empowerment e burnout nelle professioni d'aiuto

                IL BURNOUT DEGLI OPERATORI
5-definizione degli obiettivi del programma e di modelli di
gestione: consapevolezza di avere obiettivi e scopi comuni, senso di
responsabilità verso utenti e comunità sociale.
Santinello e Furlotti (1992) propongono 4 programmi generali di
intervento:
1-lavorare per obiettivi e piani;
2-promuovere la partecipazione del personale ai momenti
decisionali;
3-agire sulla struttura dei compiti e delle mansioni;
4-realizzare un sistema di monitoraggio periodico.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

                 Il gruppo come setting formativo
Distinzione tra GRUPPO, AGGREGATO e CATEGORIA SOCIALE.
Caratteristiche che definiscono un GRUPPO:
●Relazioni tra i membri: di tipo faccia a faccia, ma possono essere

anche indirette;
●Consapevolezza      dell'appartenenza: da parte dei membri del
gruppo;
●Consapevolezza dell'appartenenza: anche da parte          dei membri
esterni al gruppo;
●Sentimenti    associati all'appartenenza: soddisfazione, orgoglio,
gratificazione, ma a volte anche sentimenti negativi;
●Struttura interna del gruppo: norme, ruoli, posizione di potere.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

                 Il gruppo come setting formativo
GRUPPO nel contesto lavorativo:
●Molte professioni richiedono la capacità di lavorare con gli altri;

●La qualità del lavoro non dipende dalla qualità professionale dei

singoli individui;
●La    qualità del lavoro dipende dalla capacità dei membri
dell'organizzazione di collaborare al fine di raggiungere obiettivi
comuni;
●Necessità di creare un clima soddisfacente per le persone che

operano nell'organizzazione.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

                 Il gruppo come setting formativo
Per Quaglino e Cortese (2003) la realtà dei gruppi di lavoro si esprime
su due piani interdipendenti:
1-piano razionale (produttivo): fare insieme al fine di raggiungere gli
obiettivi;
2-irrazionale-simbolico (relazionale): bisogno di stare insieme.
Che relazione tra queste due dimensioni?
Gruppi molto coesi che faticano a raggiungere i obiettivi (es. team
sportivi).
Gruppi poco coesi che raggiungono facilmente gli obiettivi (es.: idem).
Studi sulla coesione di gruppo (Hogg 1992)
1-attrazione personale: simpatia reciproca tra i membri
2-attrazione sociale: senso di appartenenza ad una organizzazione o
team. Può esserci attrazione sociale anche in assenza di att. pers.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

                 Il gruppo come setting formativo
Per Francescato, Tomai e Ghirelli (2002) i gruppi di lavoro possono
essere:
1-setting potenzialmente positivi (setting empowering);
2-setting potenzialmente negativi (setting disempowering)
Grandi difficoltà a far funzione efficacemente un gruppo.
Necessità di formazione al fine di rendere la capacità di lavorare in
gruppo una delle competenze trasversali degli individui.
●Capacità di osservare e leggere ciò avviene nel gruppo

●Sviluppo del senso di collaborazione

●Sviluppo delle competenze comunicative

●Sviluppo delle competenze relazionali

●Allargamento delle strategie di coping

●Sviluppo delle competenze di leadership
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
●Nei processi formativi di gruppo la concezione l'individuo non è
considerato un vaso vuoto da riempire.
●Nel gruppo tutti i membri sono considerati portatori di conoscenze

ed esperienze da scambiare con gli altri.
●Nel gruppo l'individuo è protagonista del proprio processo di

formazione.
       SCOPI DEI GRUPPI TERAPEUTICI E DI FORMAZIONE
●promozione della (auto)consapevolezza;

●migliorare le capacità comunicative e relazionali;

●produrre cambiamento negli atteggiamenti e nei comportamenti dei

membri.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
SCOPI DEI GRUPPI TERAPEUTICI:
●portare l'individuo a superare problemi o comportamenti disfunzionali

e/o patologici;
●migliorare il rapporto con sé e con gli altri.

SCOPI DEI GRUPPI DI FORMAZIONE
●Aiutare i partecipanti a prendere coscienza delle proprie e altrui

modalità di stare in gruppo;
●Aiutare  i partecipanti a prendere coscienza dei fenomeni che
avvengono al suo interno;
●migliorare  i processi comunicativi e relazionali al fine di un
avanzamento sia produttivo sia socioaffettivo del gruppo.
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      IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
CARATTERISTICHE DEI GRUPPI TERAPEUTICI E FORMATIVI:
●Numero di partecipanti limitato (generalmente tra le 12 e 16 persone);

●Durata degli incontri di circa 1 ora e mezza/ due (ad eccezione degli

incontri residenziali).

                                       TIPOLOGIE DI GRUPPO
●   Gruppi terapeutici.
       – Scopi curativi:
             ●   aiutare la persona a prendere coscienza delle radici del
                 proprio disagio;
             ●   Condivisione e conforto nella condivisione con altri che
                 hanno lo stesso problema;
             ●   Ricerca della soluzione sia nel conforto e sostegno del
                 gruppo, sia in quello offerto dal terapeuta.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
                      TIPOLOGIE DI GRUPPO
●T-group (group training).

    – Scopi di addestramento:

            Apprendimento (imparare ad imparare);
            ●

          ● Promozione del cambiamento;

     –   Caratteristiche:
            ●   Gruppi autocentrati (si lavora sul “qui ed ora”, su quello che
                succede all'interno del gruppo)
            ●   Feedback del gruppo sui partecipanti sulle proprie modalità
                di interagire e di porsi agli altri;
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
                        TIPOLOGIE DI GRUPPO
 ●Gruppi d'incontro di Rogers.

     – Scopo di empowerment:
        ● Crescita della persona;

        ● Sviluppo della comunicazione;

        ● Sviluppo dei rapporti interpersonali.

     – Partecipanti:
        ● Persone non affette da patologie, ma bisognose di forti e

          intensi rapporti con gli altri per vincere il senso di solitudine e
          isolamento.
     – Caratteristiche:
        ● Esperienze intensive (durano più giorni)

        ● incontri residenziali: favoriscono gli scambi anche al di fuori

          delle sedute di gruppo;
        ● Conduttore come facilitatore dei processi di gruppo.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
                        TIPOLOGIE DI GRUPPO
●Gruppi di formazione.

     – Scopi:
         ● Promozione di consapevolezza dei processi interattivi;

         ● Promozione del cambiamento di comportamenti interattivi;

     – Caratteristiche:
         ● Gruppi eterocentrati (non si lavora sul “qui ed ora”, ma su

           argomenti specifici: es. analisi delle modalità comunicative o
           di determinati comportamenti sociali).
Articolazione in alcune tappe:
1-mappatura preliminare dei bisogni formativi dl gruppo;
2-progettazione dell'intervento sulla base della mappatura;
3-'intervento intensivo VS formazione ricorrente;
4-mix di metodi di intervento (lezioni frontali, attività di gruppo);
5-valutazione dell'intervento.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
                       TIPOLOGIE DI GRUPPO
●Gruppi di supervisione.

    – Scopi:
       ● Affrontare problemi che vengono continuamente rimandati o

         risolti in modo abitudinario senza riflessione;
       ● Miglioramento del proprio lavoro e dei propri rapporti

         interpersonali;
    – Caratteristiche:
       ● Incontri periodici sotto la supervisione di un esperto.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
                       TIPOLOGIE DI GRUPPO
●Gruppi di auto-aiuto (self-help).

    – Scopi:
       ● Mutuo aiuto tra i membri;

       ● Risoluzione di problemi specifici attraverso valori quali la

         solidarietà e la responsabilità specifica;
    – Caratteristiche:
       ● Piccoli gruppi a base volontaria;

       ● Forte senso di appartenenza di ogni membro al gruppo;

       ● Assenza di un esperto;

       ● Risorsa volontaria che colma i vuoti e le carenze

         dell'intervento istituzionale.
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
                         TIPOLOGIE DI GRUPPO
●Tipologie di gruppi di auto-aiuto.

    – Gruppi composti da persone che hanno problemi di controllo del
      comportamento (alcol, droga, gioco d'azzardo, sessualità
      eccessiva...)
    – Gruppi composti da persone portatrici di handicap o malattie
      croniche e quindi non possono cambiare la propria condizione
      (malattie croniche, handicap permanenti, malati terminali ...)
    – Gruppi composti da parenti di persone con problemi gravi
      (familiari di alcolisti, tossicodipendenti, malati psichiatrici,
      portatori di handicap, carcerati...)
    – Gruppi composti da persone che attraversano un periodo di crisi
      (lutti, separazioni, licenziamenti, violenza sessuale...)
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     IL GRUPPO NELLE PROFESSIONI D'AIUTO

Il gruppo come strumento terapeutico e formativo
Fasi iniziali del processo di auto aiuto (Grosso 1996).
    – Fase di avvio: incontri informali di due o tre amici che intendono
      allargare la propria esperienza anche ad altre persone che
      hanno lo stesso problema; ricerca di organizzazione (di
      volontariato che offra sostegno);
    – Fase di licenziamento del conduttore inizialmente messo a
      disposizione dell'organizzazione: fase di autonomizzazione del
      gruppo;
    – Fase di complessificazione dell'intervento: il gruppo comincia a
      promuovere iniziative nella comunità (attività di prevenzione,
      consulenze, progetti di intervento ecc.).
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                                 STARE IN GRUPPO

                             L'avventura del neofita
Studi sui bambini in età prescolare
    – Fase di osservazione a distanza;
    – Fase di gioco parallelo;
    – Fase di gioco interattivo.

Strategie e tattiche con cui il bambino tenta di entrare nel gruppo:
    – Tattiche a basso rischio, poco intrusive e tollerate dal gruppo:
      gironzolare attorno al gruppo, mimare le attività del gruppo,
      aspettare, fare commenti;
    – Tattiche ad alto rischio, piuttosto intrusive: ridurre la vicinanza,
      attirare l'attenzione su di sè, fare azioni di disturbo, dire frasi non
      pertinenti alle attività in corso.
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                             L'avventura del neofita
Strategie e tattiche che rendono più facile all'adulto entrare nel
gruppo:
    – Svolgere un accurato esame di ricognizione per scegliere il
      gruppo giusto.
    – Giocare il ruolo del novellino esibendo comportamenti cauti,
      dipendenti ed attendisti.
    – Cercare tra i membri del gruppo dei tutor (mentore) che
      possano aiutare il neofita ad entrare ed inserirsi più facilmente.
    – Collaborare con nuovi altri arrivati.
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                                    I ruoli nel gruppo
     –   Leader.
     –   Il nuovo arrivato.
     –   Il capro espiatorio.
     –   Il clown o buffone (un ruolo socio-emozionale che svolge una
         notevole importanza per allentare le tensioni di gruppo
         attraverso battute umoristiche, scherzi, uso dell'ironia).
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                          Il conformismo al gruppo
     Esperimento di Asch sul conformismo

     –   Compiacenza.
     –   Accettazione.
     –   Convergenza.
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                  Dissenso e devianza dal gruppo
     Esperimento di Asch sul conformismo

     –   Rifiuto esplicito o totale: il deviante viene considerato un
         impostore.
     –   Rifiuto parziale: richiesta di riserbo e silenzio.
     –   Ridicolizzazione: strategia di controllo sociale.
     –   Disconferma: il dissidente viene trattato come se non si fosse,
         come se non esistesse.
     –   Naturalizzazione. strategia volta a rovinare la credibilità del
         dissidente attraverso:
           ● Biologizzazione

           ● Psicologizzazione

           ● Sociologizzazione
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