Con l'aerogel si può - Lombardia Aerospace Cluster

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Con l'aerogel si può - Lombardia Aerospace Cluster
Con l’aerogel si può
Uno strato di aerogel di silice per riscaldare la superficie di Marte e renderla abitabile riproducendo
l'effetto serra terrestre. È l'idea venuta a un team internazionale di ricercatori che, tramite modelli e
simulazioni al computer, ne hanno dimostrato la fattibilità. Il lavoro è pubblicato su Nature
Astronomy

                     di Giuseppe Fiasconaro

(mediainaf.it) Le basse temperature e gli alti livelli di radiazione ultravioletta sulla
superficie di Marteattualmente ne precludono la vita, quantomeno quella di
specie come la nostra. Negli anni, le idee avanzate per rendere più abitabile la
superficie marziana sono state diverse, e tutte implicano una massiccia modifica
ambientale. L’idea di modificare il clima marziano per renderlo vivibile per l’uomo,
a dire il vero, non è recente. Già in un articolo datato 1971, Carl Sagan suggerì
la terraformazione del pianeta rosso. E da allora diversi ricercatori e futuristi
hanno iniziato a pensare come rendere un giorno possibile ciò.

Una delle soluzioni proposte fu quella di vaporizzare il diossido di carbonio,
l’anidride carbonica (CO2) per intenderci, e il ghiaccio d’acqua – abbondante nelle
calotte polari – per addensare l’atmosfera affinché fungesse da coperta per
innalzare la temperatura, riscaldare il pianeta e permettere all’acqua liquida,
essenziale per la vita, di esistere. Tuttavia, l’idea, al di là del come realizzarla, non
sembrerebbe risolutiva. A dirlo sono i risultati di uno studio finanziato dalla Nasa,
secondo il quale anche processando tutte le fonti disponibili su Marte, ovvero
anche vaporizzando tutta la CO2 congelata e il ghiaccio d’acqua presente nel
pianeta, la pressione atmosferica non raggiungerebbe più del 7 per cento di quella
terrestre; molto al di sotto di quella necessaria per rendere l’acqua liquida e il
pianeta abitabile.
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Come fare allora? Terraformare Marte è possibile o resta solo un sogno
fantascientifico?

                                       Aerogel

Una nuova idea è venuta a un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard, del
Jet Propulsion Lab della Nasa e dell’Università di Edimburgo. Un’idea che non
prevede di stravolgere le condizioni dell’intero pianeta ma piuttosto di cambiarle
regionalmente, in maniera localizzata. Come? Attraverso l’utilizzo di uno dei
materiali più isolanti mai creati, l’aerogel di silice: un materiale con una porosità
del 97 per cento, già utilizzato nel campo delle costruzioni e persino come
componente di parti di veicoli spaziali per fornire isolamento termico notturno, per
esempio nel Mars Exploration Rover della Nasa. Questo, secondo gli autori dello
studio, rallentando notevolmente la conduzione del calore, potrebbe mimare
l’effetto serra naturale terrestre e rendere dunque la superficie marziana
abitabile.

L’ispirazione è nata da un fenomeno che già si verifica su Marte. A differenza
delle calotte polari terrestri, che sono fatte di acqua ghiacciata, le calotte polari
marziane sono una combinazione di ghiaccio d’acqua e CO2 congelata. Come la
sua forma gassosa, la CO2 congelata consente alla luce solare di penetrare
mentre intrappola il calore. Un effetto serra in piena regola, che però, in virtù dello
stato solido della anidride carbonica, viene chiamato “effetto serra a stato solido“.
Effetto che, nelle estati marziane, crea aree di riscaldamento sotto i ghiacci.
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Schema dell’effetto a serra a stato solido su Marte. Uno strato sottile e traslucido di materiale a
bassa conduttività termica trasmette la luce visibile, ma blocca i raggi UV e gli infrarossi,
replicando direttamente gli effetti radiativi dell’atmosfera terrestre. La profondità della regione
abitabile nel sottosuolo aumenta con il tempo grazie alla diffusione termica. Tav è la temperatura
superficiale media. Crediti: R. Wordsworth et all. Nature Astronomy 2019

Con l’obiettivo di dimostrare il potenziale di riscaldamento di questi aerogel sotto
livelli di insolazione simili a quelli di Marte, attraverso modelli e simulazioni al
computer, i ricercatori in particolare hannodeterminato che uno strato di 2 o 3 cm
di spessore di questa nanoschiuma – come è anche chiamata – sarebbe
sufficiente a far passare abbastanza luce visibile per la fotosintesi, bloccare la
radiazione UV più energetica, e innalzare la temperatura nella parte inferiore dello
strato quel tanto che basta per portarla al di sopra del punto di fusione dell’acqua.
Un effetto che, dicono i ricercatori, sarebbe ottimale all’interno della banda di
latitudine in cui il flusso solare è elevato durante tutto l’anno (45 gradi Sud – 45
gradi Nord). Una fascia all’interno della quale ci sono molti luoghi di media
latitudine dove le osservazioni indicano la presenza di ghiaccio poco sotto la
superficie.

«Questo approccio regionale per rendere abitabile Marte è molto più realizzabile
rispetto alla modificazione atmosferica globale. A differenza delle precedenti idee
per rendere abitabile Marte, questa può essere sviluppata e testata
sistematicamente con materiali e tecnologia che già possediamo», ha
spiegato Robin Wordsworth, ricercatore di scienze ambientali e ingegneristiche
e primo autore dell’articolo.

Materiali come l’aerogel, appunto. «Un materiale promettente» ha detto la
coautrice Laura Kerber, «perché il suo effetto è passivo. Non richiederebbe
grandi quantità di energia o manutenzione di parti mobili per mantenere una zona
calda per lunghi periodi di tempo».

«Sparsi su un’area abbastanza grande» puntualizza il primo autore, «non ci
sarebbe bisogno di altre tecnologie, un solo strato di questo materiale sulla
superficie sarebbe sufficiente per avere acqua liquida permanente». Per
esempio, collocando gli strati di aerogel di silice sopra regioni sufficientemente
ricche di ghiaccio della superficie marziana o, ad esempio mediante la
costruzione di cupole abitative o biosfere composte da questo materiale. Risultati,
concludono i ricercatori, che oltre ad essere utili per la futura attività umana su
Marte e dal punto di vista astrobiologico, sono importanti anche quale potenziale
mezzo per facilitare gli sforzi di individuazione della vita come quella in ambienti
ostili sulla Terra, come l’Antartide e il Deserto di Atacama in Cile.

https://www.media.inaf.it/2019/07/16/con-laerogel-si-puo/
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