Comunicazione politica - (Mazzoleni Parte 1 - Il campo della comunicazione politica) Proff. Marco Binotto, Christian Ruggiero a.a. 2018/2019 - Coris
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Comunicazione politica (Mazzoleni Parte 1 - Il campo della comunicazione politica) Proff. Marco Binotto, Christian Ruggiero a.a. 2018/2019
Un oggetto poliedrico Sconfina in più territori, spazia dalla politologia alla sociologia, all’antropologia, dalle scienze della comunicazione e dell’opinione pubblica alla psicologia, alla retorica, alla pubblicità. Raccoglie sotto il suo cappello fenomeni come il giornalismo politico, la pubblicità elettorale, i dibattiti tra candidati, i simboli e i riti della politica. È un terreno «in cui si riflette la concorrenza dei principali paradigmi della teoria politica e delle scienze sociali. Le teorie rivaleggiano in ragione della loro concezione della politica, della comunicazione e della relazione tra queste» (Gerstlé 1992, p.21).
Uno sguardo alla storia La storia della comunicazione politica inizia nello stesso momento in cui la filosofia greca comincia a riflettere sul potere, sull’autorità, sulla democrazia. Ovviamente Platone e Aristotele non usano mai il termine comunicazione, ma nella loro osservazione della realtà politica del tempo è ben presente l’effetto del discorso persuasorio sul pubblico dei cittadini, ossia il potere della retorica.
Link: Retorica (R. Silverstone, Perché studiare i media, 2002) In questo capitolo intendo esaminare la retorica come una dimensione dei media, quale evidentemente è, e come uno strumento di analisi dei media, come è augurabile che debba diventare. Voglio suggerire che gli spazi che i media costruiscono per noi in pubblico e in privato […] sono costruiti retoricamente; e che, se dobbiamo dare un senso al modo in cui i media ci interpellano, non possiamo che rivolgerci, anche se non in modo pedissequo, ai principi che sostenevano l’esercizio e l’analisi delle prime espressioni della cultura pubblica orale […] Non c’è contraddizione fra retorica e democrazia o fra retorica e conoscenza […] La retorica è importante per l’esercizio del potere ma anche per opporsi ad esso.
Link: Retorica (R. Silverstone, Perché studiare i media, 2002) Si consideri il risultato retorico forse più importante dei media contemporanei, soprattutto quelli di informazione: la loro capacità di persuaderci che quello che essi rappresentano è realmente accaduto. Il notiziario e il documentario pongono equivalenti affermazioni di verità, riassumibili nell’espressione «Credetemi, io sono il mondo» […] In che senso, come si chiede Jean Baudrillard, la guerra del Golfo non è avvenuta? […] In parte, la risposta si trova nella fiducia che riponiamo nelle istituzioni responsabili di riportarci la storia […] ma in parte si trova nelle convenzioni della rappresentazione, nelle forme di espressione, nel fragile ma efficace equilibrio tra il familiare e il nuovo […] nel linguaggio, nella retorica del testo e nel supporto di altri testi che lo precedono e lo seguono, quelli che rienfatizzano e riasseriscono continuamente la realtà affermata.
Link: Retorica (R. Silverstone, Perché studiare i media, 2002) Esaminare i testi dei media dal punto di vista retorico significa esaminare come i significati vengono costruiti e adattati in modo plausibile, piacevole e persuasivo. Significa poi esaminare la relazione tra familiare e nuovo, decifrare la strategia testuale, ma significa anche considerare il pubblico, trovare come e dove questo è posizionato nel testo; capire come i luoghi comuni sono collegati al senso comune; comprendere come la novità si costruisce su basi familiari; infine capire come gli artifici retorici e i cliché si trasformano in cambiamenti di gusto e di stile […] Le campagne politiche si vincono e si perdono, retoricamente, a seconda del modo in cui si costruiscono e si utilizzano immagini e argomentazioni nelle campagne attraverso i media.
Uno sguardo alla storia Nel mondo romano abbiamo esempi di proto-comunicazione politica durante il periodo della Repubblica: a Pompei si possono ancora vedere «graffiti elettorali»; il termine «candidato» era dato al pretendente alle cariche pubbliche, che in campagna elettorale si rivestiva di una toga bianca, e «comizio» rimanda alla riunione di popolo attorno a un oratore che espone le sue posizioni e cerca di convincere l’uditorio; Cicerone ricevette dal fratello una lettera con una summa di «marketing politico».
Uno sguardo alla storia Solo dopo la Rivoluzione americana e con la Rivoluzione francese possiamo ritrovare l’esercizio di forme di comunicazione politica con l’obiettivo di contrastare l’arbitrio dei controllori. Si diffonde un giornalismo libero dalle censure dei regimi assolutistici. Le campagne elettorali, con i loro tipici rituali comunicativi (es. i dibattiti Lincoln-Douglas) marcano la nascita della moderna comunicazione politica.
Uno sguardo alla storia Il più grande laboratorio di comunicazione politica del XX secolo furono gli Stati Uniti: la dialettica tra potere politico e potere dei media culminata nel Watergate ha rappresentato un ideale per molti Paesi di giovane democrazia; mentre l’Europa era teatro di scontro di ideologie, il marketing politico celebrava negli USA il connubio tra pubblicità, marketing, informazione, sondaggi d’opinione.
Sfera pubblica e comunicazione politica Cruciale nello sviluppo del concetto di comunicazione politica è l’origine e la trasformazione del modello dello spazio pubblico, come lo chiama Hannah Arendt (1958), e di quello liberale della sfera pubblica borghese, come preferisce chiamarla Jürgen Habermas (1962), modelli che vedono nel pubblico dei cittadini il depositario delle strutture e dei processi della democrazia, cioè del controllo e della gestione del potere, della rappresentanza della volontà popolare, della discussione e dell’opinione pubblica, della pubblicità.
Link: Sfera pubblica borghese (J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, 1984) Con gli inizi del capitalismo finanziario e commerciale che a cominciare dal XIII secolo si diffonde dalle città dell’Italia del Nord anche verso l’Europa occidentale e settentrionale e fa sorgere prima gli empori dei Paesi Bassi (Bruges, Liittich, Bruxelles, Gand, ecc.), poi le grandi fiere, agli incroci delle vie commerciali a lunga distanza, si formano gli elementi di un nuovo ordine sociale: indubbiamente essi vengono dapprima ad integrarsi, ancora senza difficoltà, nel vecchio ordinamento politico […] Il protocapitalismo è conservatore […] Fintantoché esso vive dei frutti del vecchio modo di produzione (della produzione economico-rurale soggetta a vincoli feudali, propria di una massa contadina non libera e della ristretta produzione di merci soggetta a vincoli corporativi caratteristica dell’artigianato cittadino), senza trasformarlo ”, i suoi tratti restano ambivalenti; questo capitalismo stabilizza da un lato i rapporti di dominio basati sul ceto e libera dall’altro quegli elementi in cui essi un giorno si dissolveranno. Ci riferiamo agli elementi della nuova struttura commerciale: la circolazione delle merci e delle notizie creata dal grande commercio internazionale del primo capitalismo.
Link: Sfera pubblica borghese (J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, 1984) I veri « borghesi», i vecchi ceti professionali degli artigiani e dei bottegai, sono socialmente decaduti […] Contemporaneamente i grandi commercianti sono cresciuti sino a eccedere il ristretto ambito della città e, tramite le compagnie, si sono collegati direttamente con lo Stato. Così anche i «capitalisti», mercanti, banchieri, editori e manifatturieri […] appartengono a quel gruppo di borghesi» che sono tanto poco « borghesi» nel senso tradizionale quanto il nuovo ceto dei dotti. In questo strato direttamente coinvolto e cointeressato dalla politica mercantilistica, l’autorità suscita una risonanza che rende il publicum, l’astratta controparte del potere pubblico, cosciente di sé come interlocutore, come pubblico di quella nascente sfera pubblica borghese che si va ora formando. Questa si sviluppa infatti nella misura in cui il pubblico interesse alla sfera privata della società civile non è più oggetto di cura esclusivamente da parte del governo, ma è preso in considerazione da tutti i sudditi come loro proprio interesse. […] Il rapporto governo-sudditi ricade con ciò nella caratteristica ambivalenza di regolamento pubblico e iniziativa privata. Diventa così problematica quella zona in cui il potere pubblico mantiene il collegamento con i privati, tramite continuati atti amministrativi.
Link: Sfera pubblica borghese (J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, 1984) La sfera pubblica borghese può essere concepita in un primo momento come la sfera dei privati riuniti come pubblico; costoro rivendicano subito contro lo stesso potere pubblico la regolamentazione della sfera pubblica da parte dell’autorità per concordare con questa le regole generali del commercio nella sfera fondamentale privatizzata, ma pubblicamente rilevante, dello scambio di merci e del lavoro sociale. Peculiare e storicamente senza precedenti è il tramite di questo confronto politico: la pubblica argomentazione razionale […] La sfera pubblica borghese si regge e cade con il principio del libero accesso per tutti. Una sfera pubblica dalla quale fossero esclusi eo ipso determinati gruppi, non solo sarebbe imperfetta, ma non sarebbe più neanche una dimensione pubblica […] Questa dimensione pubblica rimane letteraria anche quando assume funzioni politiche; la cultura è uno dei suoi criteri di ammissione, l’altro è la proprietà.
Sfera pubblica e comunicazione politica Nell’analisi di questi concetti appare un carattere fondamentale della comunicazione politica, il suo legame con il contesto e le regole della democrazia […] Ne deriva che le relazioni (la comunicazione) tra gruppi di interesse e di potere riscontrabili nella vita e nella storia degli imperi, dei regni, delle dittature antiche e moderne non si possono a rigore considerare comunicazione politica, almeno non forme della comunicazione politica come la consideriamo oggi.
Sfera pubblica e comunicazione politica Dahlgren (1995) distingue opportunamente la nozione di sfera pubblica di Habermas in sfera pubblica culturale e sfera pubblica politica: la prima è quella in cui circolano le idee e le discussioni sulla letteratura e sulle arti, e non è necessariamente in relazione con la democrazia e la politica. Il concetto idealtipico habermasiano richiama un concetto analogo, quello di mercato delle idee, secondo il quale il cittadino, grazie all’accesso a una pluralità di fonti informative e all’esposizione a opinioni differenti sulle questioni pubbliche può formarsi proprie idee e visioni sulle issues più importanti, attrezzandosi a partecipare alla vita politica.
Sfera pubblica e comunicazione politica Il rapporto tra media e sfera pubblica è uno degli elementi più controversi in letteratura: • Robert Putnam (2000) addebita esplicitamente alla televisione la responsabilità di avere allontanato milioni di cittadini dalla vita pubblica, sottraendo loro tempo prezioso che potrebbe essere dedicato ad attività più utili per la vita della comunità; • Joshua Meyrowitz (1985) sostiene al contrario che con i moderni media (prima di tutto la TV) si realizza effettivamente uno spazio pubblico allargato, contribuendo a creare una cultura pubblica più democratica e accessibile.
Link: Divertirsi da morire (N. Postman, Amusing ourselves to death, 1985) Entertainment is the supraideology of all discourse on television. No matter what is depicted or from what point of view, the overarching presumption is that it is there for our amusement and pleasure. That is why even on news shows which provide us daily with fragments of tragedy and barbarism, we are urged by the newscasters to "join them tomorrow." What for? One would think that several minutes of murder and mayhem would suffice as material for a month of sleepless nights. We accept the newscasters' invitation because we know that the "news" is not to be taken seriously, that it is all in fun, so to say. Everything about a news show tells us this—the good looks and amiability of the cast, their pleasant banter, the exciting music that opens and closes the show, the vivid film footage, the attractive commercials—all these and more suggest that what we have just seen is no cause for weeping.
Sfera pubblica e comunicazione politica Il concetto di spazio pubblico fa da substrato al concetto più contemporaneo di spazio pubblico mediatizzato, in cui i media, specialmente quelli interattivi, occupano il ruolo di perno della comunicazione ascendente e discendente tra pubblico e cittadini. La comunicazione mediata, dai telegiornali ai programmi di intrattenimento, svolge funzioni importanti nella sfera pubblica contemporanea. Fornisce informazione buona e informazione cattiva, getta ampi e spesso stupefacenti sguardi sui problemi sociali, stimola la conversazione tra amici e non, rende note le informazioni politiche e scientifiche sia autorevoli che dubbie, che il pubblico dei media può far proprie o respingere nella formazione dell’opinione. Situare la comunicazione politica all’interno di una definizione ampia di sfera pubblica rende possibile una migliore comprensione dei meccanismi attraverso i quali la comunicazione influenza la politica e la vita pubblica. (Bennet e Entman, 2001)
Modelli della comunicazione politica I mass media non sono lo spazio pubblico; contribuiscono a crearlo, ne sono i principali motori, ma la loro azione va a sommarsi all’azione dialogica di due attori, tra gli altri: cittadini e politici, che mantengono la capacità autonoma di comunicazione che possedevano già nella polis greca. Modello «pubblicistico-dialogico»
Modello «pubblicistico-dialogico» Governo, partiti, leader e candidati (P) interagiscono con i cittadini (C) e questi con le istituzioni politiche; dalla comunicazione «immediata» P/C nasce uno spazio condiviso (a). Gli attori politici intrattengono rapporti di comunicazione con il sistema dei media (M) dando origine allo spazio comunicativo (b). I media si relazionano anche con C, prevalentemente attraverso una relazione a senso unico, che si sostanzia nello spazio di tipo informativo (c). I tre spazi comunicativi a, b, c costituiscono una rete di scambi di natura politica, sono comunicazione politica; lo spazio d, che coinvolge contemporaneamente i tre attori, costituisce invece la comunicazione politica mediatizzata.
Modelli della comunicazione politica Se articoliamo meglio il concetto di comunicazione politica, non possiamo non registrare che il peso dei tre attori nelle concrete situazioni dei diversi contesti politici è di fatto sbilanciato: risulta assai più forte quello dei media. Modello «mediatico»
Modello «mediatico» Governo, partiti, leader e candidati (P) comunicano tra loro e con i cittadini-elettori (C) e viceversa, in un contesto mediale (M). La comunicazione/interazione politica che avviene tra i tre attori si verifica all’interno dello spazio pubblico mediatizzato. I media cioè forniscono o sono i canali tra gli attori P e C, fungono da ribalta dell’azione politica e al tempo stesso sono interlocutori di entrambi gli attori, condizionano la natura dei loro rapporti, li obbligano ad adattarsi alle logiche mediali. La comunicazione politica è il prodotto dell’interazione tra i diversi attori nello spazio pubblico mediatizzato.
Link: La logica dei media (D.L. Altheide, R.P. Snow, Media Logic, 1979; ed.it a cura di R. Marini, 2017) In senso ampio, il concetto di cultura dei media si riferisce al carattere di certe istituzioni quali la religione, la politica e lo sport, carattere che in queste si sviluppa attraverso il loro uso dei media. Più specificamente, quando una logica mediale viene impiegata per presentare e interpretare i loro fenomeni, la forma e il contenuto di queste istituzioni vengono alterati. I cambiamenti possono essere di minore importanza, come il modo in cui i candidati politici si vestono e si acconciano; oppure possono essere più rilevanti, come nel caso dell’intero processo delle campagne politiche attuali, nel quale la retorica politica dice molto poco, mentre esibisce un’intensa preoccupazione […] I gruppi che aspirano al potere cercano influenza e legittimità attraverso i media. Inoltre, certi media promuovono una rappresentazione della vita quotidiana e del potere politico che è in accordo con la logica delle istituzioni dominanti […] La nostra idea è che nella società contemporanea la logica mediale fornisce la forma per condividere una vita sociale «normalizzata». Il nostro scopo quindi è di vedere la vita sociale da una prospettiva «mediacentrica», cercando prima di tutto di svelare e chiarire come opera la logica dei media, e poi di descrivere quale cultura dei media ne deriva.
Link: Il sistema mediale ibrido (A. Chadwick, The Hybrid Media System, 2013; cit. in S. Parisi e C. Ruggiero, 2018) In quell’ambiente mediale che Chadwick ha definito ibrido, l’interdipendenza asimmetrica tra le logiche dei vecchi e dei nuovi media si riflette nelle interazioni e nei conflitti politici e culturali tra gli attori istituzionali e informali e le logiche comunicative che questi esprimono (e che mostrano peraltro margini sempre più ampi di sovrapposizione). Sullo sfondo del rapporto tra politica, media e società, l’ibridazione che Chadwick indaga riguarda qui in qualche misura anche le logiche della nuova e vecchia partecipazione, che, coerentemente con lo scenario delineato dall’autore, appare attraversata al contempo da un movimento di integrazione, per quanto riguarda i mezzi di comunicazione tradizionali e digitali, e un processo di frammentazione, per quanto riguarda la distribuzione del contenuto attraverso i diversi canali. Media, attori politici e pubblici contribuiscono in più stretta interdipendenza ad alimentare l’ecosistema informativo e politico, in cui sempre più frequentemente si affiancano professionalità e pratiche di produzione informali, anche nel perimetro delle news.
Modelli della comunicazione politica Il ritorno all’idea di media onnipotenti, proposto da Noelle-Neummann nel 1973, dopo lo scetticismo lazarsfeldiano degli anni ‘40 e ‘50, coincide con il consolidamento del ruolo della televisione nella scena politica. La prospettiva della mediatizzazione della politica, secondo la quale l’azione politica pubblica avviene all’interno dello spazio mediale o dipende in misura rilevante dall’azione dei media, si innesta in tre diverse scuole di pensieri politologico e sociologico: • la concezione competitiva e di mercato: l’arena pubblica è il luogo di scambio e verifica dei rapporti di forza dei tre attori (Schumpeter, Downs) • la democrazia del pubblico: a fronte della crisi della politica e dei partiti i media e i sondaggi sono il nuovo foro di deliberazione (Manin) • l’ecosistema mediale che comprende sia i mass media che le reti orizzontali (Castells)
Link: La spirale del silenzio (E. Noelle-Neumann, La spirale del silenzio, 2002) Il clima d’opinione dipende da chi parla e da chi resta in silenzio. Dovevo quest’ipotesi in prima linea alle agitazioni studentesche alla fine degli anni Sessanta e inizio degli anni Settanta; forse in particolare a una certa studentessa. La incontrai un giorno nell’anticamera dell’aula con un distintivo della CDU sul risvolto della giacca. “Non sapevo che lei fosse della CDU”, le dissi. “Infatti non lo sono”, rispose. “Ho messo il distintivo solo così, per vedere che effetto fa…”. Verso mezzogiorno la incontrai di nuovo. Senza distintivo. Mi informai. “Sì”, disse, “l’ho tolto, è stato terribile”.
Link: La spirale del silenzio (E. Noelle-Neumann, La spirale del silenzio, 2002) Nella grande eccitazione degli anni della nuova apertura della Repubblica federale tedesca all'Est […] i sostenitori di SPD e di CDU/CSU potevano essere pari quanto al numero, ma quanto a energia, quanto all’entusiasmo con cui mostravano la propria convinzione, non erano affatto uguali. In pubblico si vedevano solo distintivi della SPD, non era una sorpresa che il rapporto fra le forze a livello di popolazione non fosse valutato correttamente. E ora si sviluppava una dinamica del tutto particolare. Chi era convinto dalla nuova politica dell’Est, sentiva che le proprie convinzioni erano approvate da tutti. E per questo si esprimeva pubblicamente a voce alta e, pieno di fiducia in sé, esternava i propri punti di vista; quanti invece rifiutavano la nuova politica dell’Est, si sentivano abbandonati a se stessi, si ritiravano, ricadevano nel silenzio. Proprio questo comportamento contribuì a far apparire i primi più forti e i secondi più deboli di quanto in realtà non fossero. Queste osservazioni nella propria cerchia indussero poi altri a dichiararsi apertamente oppure a mandar giù le proprie opinioni e tacere, fino a che, come in un processo a spirale, gli uni dominavano pubblicamente e gli altri erano completamente scomparsi dalla scena pubblica.
Link: La spirale del silenzio (E. Noelle-Neumann, La spirale del silenzio, 2002) Paul F. Lazarsfeld ha parlato una volta di una gerarchia delle stabilità (1944), ponendo le intenzioni di voto in cima a tale gerarchia, in quanto particolarmente solide e soggette a cambiamenti solo molto lenti in seguito a nuove esperienze, osservazioni, informazioni, opinioni. Alla fine però il clima d’opinione si ripercuote effettivamente sui risultati: due volte è stato rilevato un last-minute swing nella direzione indicata dalla pressione del clima d’opinione con un considerevole aumento di voti, dal 3 al 4 per cento. Lazarsfeld aveva già osservato tutto questo nelle elezioni presidenziali americane del 1940 e lo aveva chiamato bandwagon effect, correre dietro al carro con la banda musicale in testa al corteo. Ognuno vorrebbe dunque stare dalla parte del vincitore, appartenere ai vincenti, cosi lo si spiega […] La paura dell’isolamento sembra essere la forza propulsiva che mette in atto il processo della spirale del silenzio. Seguire il branco è la condizione più felice, e quando qualcuno non se la sente perché non è in grado di condividere apertamente convinzioni comunemente diffuse, può però sempre ricorrere al silenzio, come male minore, per essere accettato.
Link: La spirale del silenzio (E. Noelle-Neumann, La spirale del silenzio, 2002) Nel luglio del 1976, la domanda: “Anche se nessuno può saperlo, chi ritiene che vincerà le prossime elezioni, chi otterrà più voti, la CDU/CSU o SPD/FDPP”, mostrava un peggioramento drammatico del clima d'opinione per CDU/CSU. Solo quanti avevano più spesso osservato il mondo con gli occhi della televisione avevano percepito il mutamento nel clima d’opinione, mentre chi aveva osservato il mondo circostante senza ricorrere agli occhi della televisione non aveva notato un cambiamento nel clima […] Ciò significa che la popolazione ricevette due diverse visioni della realtà, due diverse impressioni del clima d'opinione: quella data dall’osservazione in prima persona e quella derivata dagli occhi della televisione. Ciò che ne nacque era un fenomeno affascinante, un “doppio clima d’opinione”. Più a lungo si è studiata la questione, più è diventato chiaro quanto sia difficile esaminare gli effetti dei mass media. Poiché' questi effetti non sopraggiungono a seguito di uno stimolo, ma di norma agiscono in modo cumulativo, secondo il principio che “la goccia scava la pietra”; poiché il dialogo continuo fra gli uomini diffonde immediatamente i messaggi dei media […] poiché questi effetti si svolgono per lo più in modo indiretto, “di rimbalzo”, l’individuo compie l’osservazione del mondo circostante con gli occhi dei media e adatta il suo comportamento di conseguenza.
Attori e forme della comunicazione politica Per sistema politico s’intende generalmente l’insieme delle istituzioni politiche che costituiscono l’ossatura della vita politica di un Paese (Parlamento, governo, Magistratura, Capo dello Stato), ma anche l’area non istituzionale (partiti, movimenti, gruppi di pressione). La politica non è il terreno esclusivo di azione di attori la cui identità è unicamente politica, ma è anche luogo di azione di attori e mondi che non si definiscono in prima istanza come politici. (Cotta, Della Porta e Morlino, 2001)
Attori e forme della comunicazione politica Il sistema dei media è l’insieme delle istituzioni mediali che svolgono attività di produzione e di distribuzione del sapere (informazioni, idee, cultura) (McQuail, 2005) Castells (2009) usa il concetto di «autocomunicazione di massa» per definire le nuove forme di comunicazione digitale interattiva: è comunicazione di massa perché ha la potenzialità di raggiungere un pubblico globale, ma è contemporaneamente autocomunicazione perché la produzione del messaggio è autogenerata, la definizione dei destinatari è autodiretta e il reperimento di contenuti è autoselezionato.
Attori e forme della comunicazione politica Il cittadino non è immediatamente identificabile in una struttura organizzata; inoltre, le sue rappresentazioni collettive (l’opinione pubblica e l’elettorato) sono più nominalistiche che reali. Con l’autocomunicazione di massa, si osserva la nascita di pubblici attivi e attivabili su questioni di natura politica, una nuova sfera pubblica elettronica e globale (Sampedro 2011). E si riapre la questione dell’accesso.
I flussi e le forme della comunicazione politica Dal sistema politico al sistema dei media Regolamentazione; Media e news management; Fonte di informazione Dal sistema politico al cittadino-elettore Comunicazione pubblica / istituzionale; Contatto personale; Propaganda / pubblicità Dal cittadino-elettore al sistema politico Voto; Dibattito pubblico; Interazione diretta Dal sistema dei media al sistema politico Informazione; Vigilanza / critica; Partigianeria; Mediatizzazione Dal sistema dei media al cittadino-elettore Informazione; Informazione partigiana; Pubblicità Dal cittadino-elettore al sistema dei media Quasi-interazione mediata (Thompson), Autocomunicazione di massa (Castells)
Le fasi della comunicazione politica • Dopoguerra e anni ’50 • L’azione dei partiti si innerva sulle fratture e le dinamiche sociali della ricostruzione 1 • Dagli anni ‘60 agli anni ‘80 • La televisione incide sul meccanismo di esposizione del cittadino alla comunicazione politica, 2 introduce la possibilità di cambiamenti a breve termine e una nuova importanza dell’informazione • Dagli anni ‘90 • Professionalizzazione del rapporto con l’opinione pubblica, Aumento della competizione tra contenuti e formati dell’informazione politica, Crescente importanza del populismo, Comunicazione 3 frammentata diviene centrifuga, Abbondanza dei media porta al consumo occasionale di comunicazione politica • Dal primo decennio del Duemila • Ubiquità delle ICT, Televisione come strumento di allargamento dello spazio pubblico, Ridefinizione 4 dell’idea di cittadinanza comprendendo i rapporti tra pubblico e privato
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