Codice o enciclopedia? - Cosa si deve intendere per codice? - Facoltà di Lettere e Filosofia

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Codice o enciclopedia?

Cosa si deve intendere per codice?

 • Sistema elementare di correlazioni termine a termine di due liste o
   alfabeti (es. codice Morse)

 • Sistema di significazione complesso, che implica l’enciclopedia.
Usi della parola codice
Fino agli anni ‘50 del Novecento:

  • Paleografico < codex= tronco dell’albero da cui si producono        le
    tavolette per scrivere.

  • Istituzionale: libro come raccolta di leggi fondamentali (codici
    giuridici) o norme, la cui organicità non è sempre esplicitata (codice
    cavalleresco).

  • Correlazionale: code-book, dizionario, che mette in corrispondenza
    simboli con altri simboli.
1949: Shannon – Weaver, The Mathematical Theory of Communication
1956 Jakobson – Halle, Fundamentals of Language

Ø Grande fortuna del termine:
  Ø l’opposizione saussuriana langue-parole viene riletta come opposizione codice-
    messaggio
  Ø Codice linguistico, fonologico, semantico, codice parentale, codice estetico, codice
    genetico, ecc.

Cosa hanno in comune questi diversi usi del termine?
Perché il termine codice diventa una parola chiave transdisciplinare?

La nozione di codice implica sempre
• convenzione, accordo sociale
• presenza di regole
La nozione di codice in antropologia: Lévi-Strauss

Nel volume Le strutture elementari della parentela (1949) la nozione di codice
non compare mai in modo tecnico; si parla di regole, sistema, struttura.

Il termine compare come categoria solo nella sua analisi dei miti: La Geste
d’Asdival (1958-59), Antropologia strutturale (1958): ricerca di costanti nei miti
di diverse popolazioni.

Nei miti tebani (es. Edipo) entrano in relazione due diverse concezioni
dell’origine dell’uomo:

         ctonia: gli esseri umani spuntarono dalla terra
         umana: nati da progenitori umani
Mito e contraddizione
Analisi sintagmatica (delle sequenze narrative)

Analisi paradigmatica: accostamento di temi analoghi ricorrenti:
  Sopravvalutazione dei rapporti familiari (Edipo sposa sua madre Giocasta, Antigone
  sfida la legge e seppellisce suo fratello Polinice), o loro sottovalutazione (Edipo uccide
  il padre, Eteocle uccide il fratello ecc.): questi miti affermano e negano l’origine
  parentale dell’uomo.
  Presenza e distruzione di mostri: Edipo annienta la sfinge; Cadmo uccide il drago:
  negazione dell’origine ctonia dell’uomo; caratteristiche fisiche di personaggi mitici (es.
  zoppia), che riaffermano l’origine ctonia: condizione imperfetta dell’uomo emerso dalla
  terra.

Il mito non risolve le contraddizioni ma le fa convivere: la sopravvalutazione
della parentela sta alla sua sottovalutazione come lo sforzo di sfuggire
all’autoctonia sta alla impossibilità di riuscirci; i miti si basano su contraddizioni
soggiacenti, che generano le narrazioni.

Se la logica esclude le contraddizioni (Aristotele), per l’antropologia e la
semiotica strutturali i contrari possono coesistere e anzi questa coesistenza
attiva il percorso narrativo.
Ritorno a Eco:

Nell’ultimo capitolo delle Strutture elementari della parentela si pone
l’equazione regola-comunicazione-socialità: «Linguisti e sociologi non solo
impiegano gli stessi metodi ma si applicano allo studio del medesimo oggetto.
Da questo punto di vista in effetti “esogamia e linguaggio hanno la stessa
funzione fondamentale: la comunicazione con gli altri e l’integrazione del
gruppo”».

Non si vuole però sostenere che interagire parentalmente è comunicare ma
che la società comunica a tutti i propri livelli perché vi è un codice (una regola)
comune sia al linguaggio che ai rapporti parentali e alla struttura del villaggio.

Il codice qui non è un meccanismo che permette la comunicazione ma un
meccanismo che permette la trasformazione tra due sistemi. Si tratta di rilevare
proprietà similari in sistemi apparentemente diversi, anche per studiare le
trasformazioni: «La nozione di struttura come sistema di differenze si rileva
feconda solo se si unisce alla nozione di struttura come possibilità di
trasposizioni, strumento principale di un sistema di trasformazioni» (Lévi-
Strauss, 1960:262).
Si tratta di scoprire forme invarianti all’interno di contenuti differenti, di rinvenire
modelli strutturali trasponibili: «si può legittimamente parlare di struttura solo
quando sono in gioco più elementi da cui astrarre un modello costante» (Lévi-
Strauss, 1960:263).

«Sotto l’appello al codice non sta tanto l’idea che tutto sia comunicazione bensì
quella che tutto ciò che è comunicazione (natura o cultura che sia) è soggetto a
regola e a calcolo, e quindi è analizzabile e conoscibile, così come è
generabile per trasformazione di matrici strutturali che sono oggetto (e
sorgente) di calcolo» (Eco, 1984: 265).
Cfr. Eco, La struttura assente, 1968, sezione D: discussione delle basi
epistemologiche del metodo strutturale.

Questione: «La struttura è un oggetto in quanto strutturato o è l’insieme
delle relazioni che strutturano l’oggetto ma che sono astraibili
dall’oggetto?» (Eco, 1968: 257): la struttura è sostanza costruita
secondo rapporti sistematici oppure è un modello strutturale, griglia
astratta di relazioni, ossatura intelligibile?

Per Saussure, Hjelmslev, la Scuola di Praga la struttura è uno schema,
un modello, composto unicamente da relazioni differenziali. Ma questo
modello diventa operativo solo se può essere applicato a fenomeni
diversi.
• Lévi-Strauss non rinuncia all’idea della struttura come modello
 operativo, ma parallelamente arriva a sostenere un isomorfismo tra
 leggi del pensiero investigativo e leggi delle cose investigate,
 postulando l’identità tra leggi del mondo e leggi del pensiero.

• Eco, di contro, nega la struttura come “codice di codici” ma sostiene
 l’importanza delle descrizioni strutturali: l’analista riduce la realtà a
 strutture per comprenderla e spiegarla. Le strutture elaborate per
 analizzare la realtà sono parziali, culturali, storiche e dipendono da
 scelte di pertinenza imposte dall’analista.
• Ambiguità del termine codice: nato da una ipotesi comunicativa, serve
  da garanzia di coerenza strutturale tra due sistemi.
• Questa ambiguità dipende da una duplice                           accezione      di
  /comunicazione/:
  • Trasferimento di informazione tra due poli
  • Trasformazione da un sistema a un altro o tra elementi di uno stesso sistema

• Dalla fusione di questi due concetti nasce l’idea che debbano esserci
 regole solidali per due operazioni distinte e che queste regole siano
 descrivibili e anche dominabili da un algoritmo.

• Il problema delle regole, della loro origine e del loro funzionamento è
 legato all’esigenza di spiegare in termini unificati i fenomeni
 individuali e quelli sociali: il nostro funzionare come esseri umani
 dipende da oggetti sociali conoscibili.

• La nozione di codice è condizione e conseguenza di un progetto
 istitutivo delle scienze umane; il codice è lo strumento categoriale
 di quel compito scientifico che sono le scienze umane.
Come costruire la categoria di codice?

Tre accezioni di codice

• Sistema

• Correlazione

• Codice istituzionale
Codice come sistema
• Nella teoria della informazione ciò che conta è trovare un modo per
 trasmettere segnali evitando l’ambiguità e neutralizzando rumori sul canale o
 errori di trasmissione.

• La ridondanza consente di rendere la trasmissione più sicura.

• Il codice della teoria della informazione è un sistema monoplanare, cioè un
 sistema (s-codice).

• Anche un codice fonologico è un s-codice: i suoi elementi non sono dotati di
 significato; i tratti distintivi che costituiscono i fonemi fanno parte di un puro
 sistema di posizioni e opposizioni, una struttura.

• È possibile mettere in codice (per rendere i messaggi facilmente trasmissibili)
 perché alla radice della comunicazione vi è un calcolo, e quindi il processo
 della comunicazione può essere oggetto di scienza (per conoscerlo) e di
 tecnica (per dominarlo)
Sistemi semantici e s-codici
• Sono s-codici anche quelli studiati dalla semantica strutturale, sia in
 linguistica che in antropologia culturale: sistemi di pertinentizzazione
 di uno spazio o universo di contenuto.

• Il lessico parentale di una lingua è un codice che correla unità
 lessicali a posizioni del sistema parentale, ma il sistema parentale è
 un s-codice indipendente dalla lingua.
Considerazioni sugli s-codici
• Gli s-codici sono sistemi di unità definibili per la loro mutua posizione e
 nessuna di queste entità è correlata a un contenuto, perciò nessuna può
 essere usata per operazioni di riferimento.

• Con gli s-codici non si possono designare stati del mondo e dunque con la
 loro violazione non si possono fare affermazioni false, ma solo affermazioni
 scorrette, che violano cioè le regole interne del s-codice.

• Si possono però configurare sequenze di espressioni tali che, proprio in base
 a leggi interne al sistema stesso, esse rinviino ad altre sequenze di
 espressioni.

• Un sistema monoplanare permette dunque processi di significazione solo in
 quanto stimola inferenze o interpretazioni: ogni evento sintattico rinvia (in
 base alle leggi del sistema) a eventi successivi possibili: gli antecedenti di
 una catena ispirata alle leggi del sistema stanno per i loro conseguenti.
 Questi giochi di attese dipendono da ipercodifica testuale.
Codice come correlazione
• Crittografia: sistema di regole che consentono di trascrivere un dato
 messaggio (una sequenza linguistica già precostituita ed espressa in
 un qualche linguaggio naturale) mediante una serie di sostituzioni
 (‘cifrato’) tali che attraverso di essi un destinatario che conosca la
 regola di sostituzione sia in grado di riottenere il messaggio originario
 (‘chiaro’). Rapporti di assoluta equivalenza tra espressione e
 contenuto.
  • Metodi di trasposizione: non richiedono regole specifiche, modificano la
    sequenza del chiaro (es. anagramma: Roma > amor; segreto > etgorse)
  • Metodi di sostituzione: ogni unità espressiva di un sistema (chiaro) viene
    sostituita con una unità espressiva di un altro sistema (cifrato) (es.:
    sostituzione di ogni lettera dell’alfabeto con un numero; alfabeto Morse);
    rilevanza degli omofoni per sfuggire ai calcoli delle frequenze.
  • Cloak: messa in correlazione di intere parole o frasi o testi del chiaro con
    gruppi cifranti (o gruppi di codice): equivalenze semantiche (es.: dizionario
    bilingue)
• Cifrare: attività di trasformare un chiaro in un cifrato inventandone le
 regole.

• Codificare: trascrivere un chiaro in un cifrato sulla base di un codice
 prestabilito.

• Decodificare (decodificare, tradurre): trascrivere un cifrato in chiaro
 sulla base di un codice prefissato.

• Decrittare: trascrivere un cifrato in chiaro non conoscendo il codice e
 ricavandone le regole dall’analisi del messaggio.
• Il modello crittografico non definisce il funzionamento dei sistemi semiotici,
 può tutt’al più descrivere il funzionamento delle semie sostitutive, che sono
 sempre corrispondenze uno a uno di due piani dell’espressione.

• È raro però trovare un codice che funzioni sulla base di una sola regola di
 equivalenza: anche la cifra più elementare è il risultato della sovrapposizione
 e interdipendenza di più codici.
  • Es.: cifra che sostituisce le lettere alfabetiche con numeri:
     • codice di trasmissione (impulsi)
     • Cifra: A=1; B= 2; ecc.
     • Cifra alfabetica sottintesa C = c/k
     • Cifra posizionale: la successione temporale sta per successione spaziale: significatività
       dell’ordine degli elementi
     • Cloak: ad un sintagma corrisponde una gerarchia di tratti semantici o una definizione
     • Codice delle leggi di prima articolazione, che fissa la funzione significante delle posizioni
       sintattiche

• Analogamente un calcolatore digitale o numerico può funzionare, in termini di
 linguaggio macchina, in base a un codice che correla espressioni in
 notazione binaria a numeri decimali e a lettere dell’alfabeto. Anche se
 composta di più codici correlazionali, una lingua di questo tipo non è più
 basata su semplici equivalenze, ma funziona fornendo istruzioni per selezioni
 contestuali.
Esempio dei sistemi biblioteconomici, per classificare i libri
di una biblioteca. Due tipi di codice:

  • Selettivo: assegna un numero progressivo a ogni libro; la codifica richiede
   un code-book, che solo mi consente di individuare il libro a partire dal suo
   numero

  • Rappresentativo o significante (cifrazione): può essere composto da più
   cifre indipendenti e generare un numero infinito di messaggi (es. 4 numeri,
   di cui il primo indica la sala, il secondo la parete, il terzo il ripiano, il quarto
   la posizione del volume nello scaffale a partire da sinistra: 1.2.5.33). Un
   codice di questo tipo può generare anche un numero infinito di messaggi
   menzogneri, descrizioni intensionali con estensione nulla (biblioteca di
   Babele), riferimenti a mondi possibili.

  Un codice di questo tipo esibisce già proprietà che sono tipiche della lingua,
  dove inferenza e istruzione prevalgono sul semplice rapporto di equivalenza.
Il caso della enigmistica
• L’enigmista è un decrittatore: deve scoprire, insieme col chiaro, il codice che
 non gli è stato dato, però sa che il gioco è un rebus o un anagramma o una
 crittografia mnemonica o una sciarada e possiede una regola enigmistica,
 quella della permutazione o trasposizione, che però non consente una sola
 soluzione.

• Il solutore deve completare la regola di genere con una inferenza contestuale
 (abduzione) e servendosi di consuetudini enigmistiche.

• Parallelismo con le crittografie mnemoniche (Manetti e Violi 1977), basate su
 definizioni / trasformazioni sinonimiche oppure su inferenze:
  • Fede assoluta >        Credenza piena
  • Lacrimata salma >      Pianta spoglia
  • Astro dominante >      Signore sole
  • Asino vivo >           Campo incolto
  • Gesù >                 Recinto di spine
  • Sono l’ape >           Campo di fiori
  • Gesù nell’orto >       Il verbo riflessivo
Regole comuni
I. Controlla se l’espressione stimolo è polisensa (asino: animale / ignorante)
Ia. Se sì, trova per entrambi i membri della frase due espressioni sinonime appartenenti
alla stessa categoria grammaticale (asino > incolto; vivo > campo)
Ib. Controlla se l’espressione sinonima è omonima con un luogo comune (campo incolto
= terra non coltivata).

II.Se no, sostituisci ogni membro della frase col proprio sinonimo (lacrimata > pianta;
salma > spoglia; fede > credenza; assoluta > piena)
IIa. Controlla se l’espressione sinonima è omonima di un luogo comune, anche
accettando un cambio di categoria grammaticale (pianta da sostantivo diventa aggettivo;
spoglia da sostantivo diventa aggettivo)

III. Se la sostituzione con sinonimo non dà senso, prova con altre figure retoriche (es.
sole appartiene al genere astro); se la risposta ha senso procedi come in IIa).

IV. Se le regole I) e II) non danno risultati prova a costruire una implicazione (se, allora) e
considera tra le soluzioni possibili quella che risponde alla regola I) applicata non allo
stimolo ma alla risposta.

Anche un codice crittografico coinvolge processi istruzionali.
Codici istituzionali
• Quello che distingue una lingua naturale da un codice crittografico artificiale è
 il gran numero di regole aggiuntive, che possono assumere sia la forma di
 una iperregolazione di regole esistenti che di iporegolazione di correlazioni
 non sufficientemente codificate.

• La regola retorica che permette la generazione (e l’interpretazione) della
 sineddoche è un caso di ipercodifica (“sostituisci il termine dato con il suo
 iponimo o iperonimo”).

• Le regole che disciplinano l’apprendimento progressivo e l’uso di termini
 tecnici sono invece di ipocodifica.

• Le regole di conversazione, diversi tipi di regole presupposizionali, le regole
 stilistiche, prescrizioni di genere artistico o sociale, in generale le istituzioni
 sono fenomeni di extracodifica.
• Il codice giuridico si compone di un sistema di prescrizioni (se firmi un
 contratto, sei tenuto a rispettarlo) e di un apparente sistema di correlazioni
 (se violi la legge X, riceverai la sanzione Y).

• I sistemi di prescrizione hanno il formato di un calcolo.

• Ma il calcolo del codice istituzionale non può avere la forma del calcolo dei
 sistemi logico-matematici, è un calcolo modale (si apre alla possibilità,
 introduce obbligatorietà e concessioni), rinvia alla logica deontica o logica
 dell’azione (vedi regole della conversazione).

• L’aspetto correlazionale del codice istituzione non è simile      a quello di un
  cifrario: il codice giuridico sancisce che al reato X corrisponde la pena Y, ma
  la correlazione non è reversibile come quella tra chiaro e cifrato; prescrive
  solo l’obbligo di rendere esecutiva la correlazione tra reato e pena. La
  correlazione non è tra un reato e la pena ma tra riconoscimento giudiziario
  del delitto e obbligo di fargli corrispondere una pena, tra il riconoscimento
  della violazione di un obbligo e il rispetto di un altro obbligo.
• Il codice istituzionale è un codice in quanto manuale di comportamento.
• Le istituzioni sono s-codici dal momento che nell’osservarle o nel
 disobbedirle non si danno casi di menzogna ma solo di correttezza e
 scorrettezza.

• Le regole di un sistema di comportamento (sistema cavalleresco) non
 sono obbligatorie, sono proairetiche, si basano cioè sulla logica della
 preferenza, perciò possono anche essere rifiutate (e si possono usare
 per fingere/mentire). La non obbligatorietà dell’accettazione di
 queste regole rende significante la loro osservanza.

• Le istituzioni (s-codici) vengono spesso intese come codici perché la
 loro funzione sociale rende significativa la loro osservanza
 (/accettazione della regola/ > conformismo) o violazione e perché la
 loro costrittività tività interna correla per consuetudine la presenza dei
 conseguenti alla presupposta presenza degli antecedenti.

• Se vi è regola vi è istituzione e vi è società e dunque un meccanismo
 in qualche modo costruibile e decostruibile.
In difesa del codice
• La battaglia per il codice è stata una battaglia contro l’ineffabile.
• Parlare di codice ha significato vedere la cultura come fatto di interazione
    regolata: l’arte, la lingua, i manufatti, la percezione stessa come fenomeni di
    interazione collettiva retti da leggi esplicitabili.
•   La vita culturale non è più stata vista come creazione libera, prodotto e
    oggetto di intuizione mistica, luogo dell’ineffabile, emanazione di energia
    creatrice, ma come vita di testi retti da leggi intertestuali dove ogni «già
    detto» agisce come regola possibile. Il già detto è il tesoro della enciclopedia.
•   L’enfasi del poststrutturalismo sulla differenza pura, la deriva, la possibilità
    della decostruzione sottratta ad ogni controllo è un ritorno all’ineffabile.
•   Combattere gli appiattimenti ‘facili’ di ogni nozione di regola sociale non
    significa rinunciare a spiegare le leggi della semiosi – e quindi del
    comportamento umano.
•   Il codice non può ridursi a una cifra, ma nessun gioco procede a caso. Tra il
    caso e la necessità sta la congettura, il fallibilismo.
•   Il codice può essere nomos (siamo determinati da regole che noi stessi ci
    imponiamo: le leggi della Città) o physis (la varietà delle regole è determinata
    da qualcosa che sta fuori di noi, il clinamen).
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