Che cosa sono i Project Bond finanziamento

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Che cosa sono i Project Bond
per     il    finanziamento
ambientale?
Previsti dal Reg. (CE) n. 670/2012 ed attuati tramite la Banca
Europea per gli Investimenti (BEI), i Project Bond sono nuovi
strumenti per il finanziamento ambientale, nati per
incentivare gli investimenti nelle infrastrutture strategiche
dell’UE, quali i settori dei trasporti, dell’energia e della
banda larga e come fonte addizionale di finanziamento per i
progetti infrastrutturali. Per comprendere lo strumento, è
necessario viaggiare indietro nel tempo.

Solo dalla metà degli anni ‘80 si è sentita la necessità di
promuovere una gestione ambientale d’impresa. Nonostante ciò,
in tempi relativamente brevi, si è giunti ad una notevole
articolazione delle modalità con cui può essere gestito
quest’aspetto, con l’adozione di strumenti idonei e specifici.

I primi, in ordine cronologico, sono stati quelli regolativi
rappresentati principalmente dalle norme giuridiche. Questi
non hanno avuto nel tempo gli effetti desiderati (si tratta di
una coercizione alla quale si cerca di sfuggire). Pertanto, il
decisore pubblico negli anni ne ha affiancato altri
finalizzati a simulare un mercato. Si tratta degli strumenti
economico-finanziari oggetto di studio e d’analisi.

Essi sono espressione di politiche macroeconomiche, messe in
atto da Istituzioni, rivolte a creare le condizioni per uno
sviluppo socioeconomico equilibrato, negli ultimi anni anche
in chiave sostenibile ed ambientale. L’operatore pubblico con
l’adozione di questa tipologia di strumenti si pone
“l’obiettivo di incentivare la tutela ambientale, facendo leva
sull’aumento del prezzo delle risorse ambientali,
promuovendone un utilizzo responsabile” (Serafini, 1999). Gli
strumenti economico-finanziari prevedono che gli attori del
sistema economico paghino, in forme ed in modi diversi, per
l’utilizzo di risorse ambientali sostenendo un costo secondo
quanto previsto dall’approccio pigouviano di internalizzare le
esternalità; in altri casi, contemplano incentivi sotto forma
di contributi oppure di finanziamenti, talora a fondo perduto.

A livello europeo una svolta in questa direzione si è avuta
nel 1992, con il V Programma d’Azione che ha pianificato gli
interventi di natura ambientale per il periodo 1993-2000. Esso
prevedeva una progressiva integrazione dell’ambiente nelle
altre politiche ed un utilizzo più diversificato degli
strumenti economici riconoscendo, come riporta anche Majocchi
(1998), “la necessità di correggere il mercato internalizzando
gli effetti esterni senza sostituirne il funzionamento con le
scelte del legislatore”. Maggior enfasi ai temi ambientali è
stata data dal VI Programma d’Azione, valido fino al 2010,
necessaria con l’allargamento dell’Unione Europea che ora è
costituita da 28 Paesi.
Obiettivo è, infatti,     l’armonizzazione   delle   politiche
ambientali in tutto il territorio europeo al fine di evitare
disparità territoriali.

Gli interventi su cui si concentrerà maggiormente l’attenzione
non devono presentare solo riflessi di natura macroeconomica
(equilibri generali) ma, al contrario, devono mostrare
soprattutto risvolti microeconomici diretti alle imprese. Si
pensi ad esempio al tema della fiscalità ecologica, agli
incentivi oppure ai finanziamenti cui possono accedere gli
imprenditori per l’attuazione di interventi ambientali.
Esistono altre iniziative che possono incidere sugli aspetti
economico-finanziari con connotazione ambientale. Si tratta
principalmente dell’assicurazione per responsabilità civile
legata a rischi ambientali e della possibilità di ottenere
agevolazioni dal sistema bancario (mutui accesi per effettuare
investimenti). Purtroppo in Italia questi servizi rivolti alle
imprese faticano a decollare diversamente che negli altri
Stati europei. Negli ultimi anni, tuttavia, sia il settore
assicurativo (prima) che quello bancario (successivamente),
hanno cominciato a prendere in seria considerazione questi
aspetti, promuovendo azioni specifiche.

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Sebbene gli strumenti elencati in precedenza siano ancora
validi concettualmente e attualmente applicabili ed applicati
ai diversi sistemi economici, l’evoluzione del mercato e le
esigenze degli operatori fa si che ne affianchino di nuovi. È
il caso dei Project Bond, previsti dal Reg. (CE) n. 670/2012
ed attuati tramite la Banca Europea per gli Investimenti
(BEI); essi hanno una duplice finalità:
• stimolare gli investimenti nelle infrastrutture strategiche
dell’UE, quali i settori dei trasporti, dell’energia e della
banda larga e
• come fonte addizionale di finanziamento per i progetti
infrastrutturali.

Recepiti anche dalla legislazione nazionale (Leggi n. 27, n.
134 e n. 221 del 2012 ), possono essere emessi soltanto da
società coinvolte nella realizzazione di infrastrutture
stradali, di reti di telecomunicazione, elettriche e di
trasporto del gas nonché per altri servizi di rilevanza
pubblica. A livello internazionale ne esistono due tipi: i
titoli greenfield, la cui raccolta va a finanziare opere in
fase di realizzazione ed i brownfield, destinati invece a
rifinanziare il debito di opere già in esercizio; questi
ultimi sono esclusi per ora dalla legislazione italiana.

Questi strumenti presentano diversi vantaggi, sia per gli
emittenti sia per i sottoscrittori. Ai primi permettono di
ottenere liquidità per avviare progetti altrimenti bloccati o
rallentati per l’assenza di fondi, qualora non siano possibili
altre strade di finanziamento. Per i sottoscrittori, invece,
c’è il vantaggio di una tassazione agevolata sulle rendite
finanziarie, ferma al 12,5% (come i titoli di Stato pubblici,
e ben inferiore al 20% di azioni e obbligazioni).
I titoli, inoltre, possono essere garantiti dalla Cassa
Depositi e Prestiti e dalla SACE, aumentando così la sicurezza
degli investimenti. Se l’obiettivo è attivare meccanismi
rapidi per spingere la crescita dell’economia, i Project Bond
non sono però lo strumento più adatto almeno per due motivi:
sono collegati ad opere pubbliche che richiedono molti anni
per essere realizzate e il mercato ha bisogno di tempo per
familiarizzare con un nuovo strumento di investimento.

Inoltre, occorre considerare che l’eventuale declassamento
della BEI da parte delle agenzie di rating, potrebbe
vanificare in parte il vantaggio di questo schema di
condivisione del rischio.

Leggi   anche:   Referendum   costituzionale:   sì   o   no,   cosa
succederà all’ambiente?

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