CAMBIAMENTI CLIMATICI E GOVERNO DEL TERRITORIO IN PROVINCIA DI TORINO - SOCIETÀ METEOROLOGICA SUBALPINA
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
SOCIETÀ METEOROLOGICA SUBALPINA CAMBIAMENTI CLIMATICI E GOVERNO DEL TERRITORIO IN PROVINCIA DI TORINO
CAMBIAMENTI CLIMATICI E GOVERNO DEL TERRITORIO IN PROVINCIA DI TORINO Bussoleno (TO), la Dora Riparia il 29.05.2008
CAMBIAMENTI CLIMATICI E GOVERNO DEL TERRITORIO IN PROVINCIA DI TORINO SOCIETÀ METEOROLOGICA SUBALPINA T 1 - «Quaderni del territorio» Progetto, testi, realizzazione LUCA MERCALLI, DANIELE CAT BERRO (Società Meteorologica Subalpina) PAOLO FOIETTA, FURIO DUTTO, con la collaborazione di FABRIZIO LONGO, CONNIE CONTRAFFATTO, FRANCESCO VITALE (Provincia di Torino) Redazione e impaginazione Società Meteorologica Subalpina Salvo diversa indicazione, le fotografie sono di Luca Mercalli e Daniele Cat Berro. Stampato nel mese di settembre 2008 presso Graficat, Torino. © Copyright 2008 - Provincia di Torino II
Indice Presentazione IV Dal globale al locale, dal locale al globale 1 Il clima della Provincia di Torino: una carta d’identità 2 Il clima della Terra: una lunga storia di cambiamenti 8 Cosa fa cambiare il clima oggi? 10 Cambiamenti climatici: la situazione attuale nel mondo 12 Le temperature in Provincia di Torino: cosa è già cambiato? 15 Cosa accadrà in futuro alle temperature? 18 Cosa fare per adattarsi all’aumento termico? 20 Le precipitazioni in Provincia di Torino: cosa è già cambiato? 24 Cosa accadrà in futuro alle precipitazioni? 27 Cosa fare per adattarsi all’aumento di precipitazioni intense? 29 Cosa fare per adattarsi all’aumento di scarsità idrica? 35 La neve in Provincia di Torino: cosa è già cambiato? 38 Cosa accadrà in futuro all’innevamento e ai ghiacciai? 41 Cosa fare per adattarsi alla riduzione dell’innevamento? 44 Altri eventi intensi: tempeste di vento, nubifragi 47 Strategie razionali o onde emotive? 48 Clima e crisi energetica 50 Altre criticità indotte dai cambiamenti climatici: biodiversità, migrazioni, conflitti 51 Tempi dei cambiamenti fisici, culturali e politici 52 Sintesi delle politiche territoriali e delle normative 54 Bibliografia e sitografia 58 III
borare una sintesi delle informazioni raccolte Presentazione orientata ad avviare una riflessione utile anche per la formazione del nuovo PTCP (Piano Territoriale di Antonio Saitta Coordinamento Provinciale), sulle possibili politi- Presidente della Provincia di Torino che territoriali, efficaci per controllare - e se possi- bile contribuire a mitigare - cause ed effetti del Giorgio Giani cambiamento climatico in corso. Assessore alla Pianificazione Territoriale della Provincia di Torino Pensiamo infatti che sia utile evitare che, insieme con la consapevolezza dei cambiamenti in atto, si consolidi la sensazione che qualsiasi intervento a scala locale sia del tutto inutile rispetto alla dimen- L'alterazione dell’andamento climatico è un dato di sione del problema e che per conseguenza l'attiva- conoscenza diretta ormai condiviso anche dai non zione e la partecipazione a politiche orientate ad esperti in materia, che produce effetti di adatta- affrontarlo siano questione di altri livelli decisiona- mento anche sul territorio. li o più in generale «di altri», che debbono avviare comportamenti e politiche «globali» diverse. Il territorio risponde alle diverse sollecitazioni del Riteniamo invece che comportamenti virtuosi pos- clima accelerando alcuni processi, taluni dei quali sano avviarsi anche alla scala locale, e che nel degenerativi, in relazione alle temperature medie sistema a rete fra sistemi locali possano consoli- più elevate (minore innevamento, ritiro dei ghiac- darsi e via via trovare maggiore efficacia e qualità ciai) o alla concentrazione di eventi in particolari di risultato. periodi dell'anno (lunghi periodi di precipitazioni In un territorio come quello della Provincia di dopo lunghi periodi di assenza, forti precipitazioni Torino, vasto ma minuto rispetto alla dimensione e concentrate). diffusione del problema, le azioni che si possono quindi programmare sulle cause originanti i cam- Ma tutto ciò è frutto di una suggestione collettiva, biamenti climatici possono assumere caratteri di di allarmismi fuori misura o sono situazioni scien- piena efficacia se considerate come parte di un tificamente riscontrabili? insieme; vale a dire come - sistema - di politiche L'area torinese, a detta degli esperti, è una di quel- settoriali di un territorio - di sistemi - territoriali. le che in Italia può fruire di alcune tra le più lun- Cionondimeno è opportuno avviare queste politi- ghe serie storiche di rilevazioni dirette sul clima, e che anche in assenza di pari attenzione da parte per questa ragione la Provincia di Torino, con il dei sistemi territoriali vicini. contributo economico della Fondazione CR T, ha affidato uno studio particolare proprio sui dati Ci sono invece azioni, quelle sugli effetti, che delle serie storiche climatiche della nostra area al hanno diretta ed immediata rilevanza sul territorio fine di trarre utili informazioni sul tale tema. amministrato e su quelli limitrofi poiché gli eventi naturali non hanno dimestichezza con le cinte Sulla base di quel lavoro, che ha dato luogo a uno daziarie e soprattutto non hanno istituzionalmen- specifico volume monografico, è nata l'idea di ela- te l'obbligo di rispettarle. IV
Un esempio lo possiamo trarre dal recente evento Nessuno sviluppo è possibile in un territorio alluvionale che ha particolarmente colpito le valli potenzialmente insicuro. del Pinerolese e di Susa. L'esperienza dell'alluvione del 2000 e soprattutto Dalle indicazioni che fornisce questo lavoro rite- le opere che nel frattempo la Provincia di Torino ha niamo di poter individuare «buone pratiche» che saputo realizzare per il rinnovo e l'ammoderna- possano costituire ossatura normativa nel Piano mento dei luoghi (nuovi ponti…) e di difesa spon- Territoriale di Coordinamento che la Provincia sta dale hanno retto bene alle sollecitazioni del nuovo ultimando. evento che in alcune aree ha avuto analoga inten- sità di quello del 2000. Tutto ciò è stato, insieme con l'efficienza del siste- ma di protezione civile, motivo di soddisfazione ma si è anche evidenziato un altro dato piuttosto importante: la diffusione, la ricorrenza, l'intensità degli eventi, l'analisi degli effetti o dei rischi a medio termine, soprattutto le frane, ha posto in evidenza che non è possibile intervenire solamente ed ovunque con sistemi di difesa, ma che bisogna prendere atto che forse anche per le modificazioni delle condizioni climatiche è necessario considera- re azioni diverse che riportino il territorio all'equi- librio; un equilibrio un tempo affidato alla pratica e buona conoscenza locale da parte degli abitanti, che - traendone reddito - sapevano ben calibrare con l'esperienza tramandata l'esigenza della «rac- colta» con la necessità della conservazione della fonte di reddito, e ben conoscevano per le stesse ragioni i luoghi in cui insediarsi ed i luoghi «da evi- tare». È un equilibrio ormai perso e che non può essere ricreato allo stesso modo, ma va ricercato con modalità e azioni diverse che siano costantemente distribuite nel tempo - presidio e manutenzione del territorio - e capillarmente distribuite nel terri- torio - piccoli interventi atti a rallentare la diffu- sione degli effetti di un evento - anche di rilocaliz- zazione - di ciò che non è possibile o è ragionevol- mente diseconomico proteggere. V
Dal globale al locale, dal locale al globale Vi è una diffusa percezione che contro i grandi proces- si di deterioramento ambientale, in cui rientra pure il riscaldamento globale, poco valgano le azioni locali e individuali. Si ritiene che tali problemi possano essere affrontati solo dai governi dei Paesi che più contano sullo scacchiere internazionale, e/o dai grandi gruppi economici. Ma è una percezione errata. La pressione sugli ecosistemi e sugli equilibri atmosferici e idrologi- ci è infatti frutto della somma di innumerevoli azioni e scelte quotidiane compiute virtualmente da ognuno dei 6.7 miliardi di abitanti del pianeta, in realtà da un loro sottoinsieme più limitato, corrispondente a circa un miliardo di abitanti dei Paesi industrializzati e 3 miliar- di delle economie emergenti asiatiche. Se si eccettuano le spese militari, enormi ed eticamente biasimabili fin che si vuole, ma in effetti poco manovrabili dall’indivi- duo, tutti gli altri processi corrispondono a decisioni che i singoli assumono quotidianamente a livello di: consumo di energia, consumo di prodotti finiti e produ- zione di rifiuti, decisioni sulla mobilità (dove, perché e come spostarsi), decisioni sull’uso del suolo (dove, per- ché e come costruire). Nei Paesi occidentali tutto ciò corrisponde a una rete di decisioni, scelte, interessi, desideri, a volte capricci, che sono il riflesso in parte di reali esigenze per raggiungere un dignitoso livello di vita, e in parte di bisogni indotti da una sfrenata com- petizione economica e da modelli di riconoscimento sociale. Ridurre l’impatto generale delle attività umane sull’ambiente è quindi un fatto culturale, che comincia dal singolo e procede parallelamente alla politica degli enti locali, che da un lato devono favorire lo sviluppo di un nuovo paradigma, dall’altro devono essere sostenu- ti proprio da una coscienza sociale diffusa e condivisa. 1
Il clima della Provincia di Torino: una carta d’identità N Le condizioni climatiche della Provincia di Torino sono fortemente influenzate dalla presenza delle Alpi, la cui orografia è in grado di deviare e sbarra- re il flusso dei venti che le raggiungono. In base alla loro provenienza, la barriera alpina può infatti ridurre le precipitazioni sul versante torinese (effet- to föhn sul versante sottovento, quando le correnti in quota soffiano tra Ovest e Nord), oppure intensi- ficarle (sbarramento dell'aria umida marittima tra- sportata dai venti meridionali, specialmente lo sci- rocco). La pianura chiusa su tre lati da montagne e colline è inoltre un luogo favorevole al ristagno di aria fredda e inquinata nei mesi invernali (inversio- Le Alpi occidentali innevate e la pianura torinese riprese dal satellite ne termica), mentre d'estate le brezze termiche NASA-MODIS il 24.02.2003, h 12:25 UTC. Il rilievo alpino è il più impor- tante fattore di modificazione del clima locale, e cui influisce in partico- locali favoriscono il rimescolamento dei bassi strati lar modo sul regime dei venti e delle precipitazioni. atmosferici. IL CLIMA DELLA PROVINCIA DI TORINO IN CIFRE Luogo più caldo: Torino-città, temperatura media annua 13.1 °C Luogo più freddo (dotato di stazione meteo): Lago della Rossa (2718 m), temperatura media annua -2.0 °C Temperature più basse: -26 °C a Lombriasco il 14 febbraio 1956; -35 °C il 31 gennaio 1963 al Lago della Rossa Temperature più alte: l’11 agosto 2003, 41.6 °C a Torino-Nord, 40.8 °C a Moncalieri Luogo più asciutto: Oulx (Valle di Susa), 612 mm/anno (siccità intralpina) Luogo più piovoso: Succinto (Valchiusella), 2000 mm/anno (esposizione a venti umidi da Sud) Precipitazione più abbondante in 1 giorno: 455 mm il 5 novembre 1994 a Funghera (basse Valli di Lanzo) Precipitazione più abbondante in 1 mese: 964 mm a Locana-Rosone nell’ottobre 2000 (alluvione) Precipitazione più abbondante in 1 anno: 2835 mm a Succinto (Valchiusella) nel 1936 Luogo più nevoso: Lago della Rossa, 830 cm di neve fresca/anno Massimo spessore della neve al suolo: 850 cm al Lago Valsoera (Valle Orco, 2440 m) il 14 marzo 1972 Massima nevicata in 1 giorno: 150 cm al Lago della Rossa il 4 marzo 1936 e a Ceresole Reale il 19 febbraio 1974 2
Le temperature: -26 °C a Lombriasco nel 1956, oltre 40 °C a Torino nel 2003 In Provincia di Torino le temperature medie annue decrescono dai 12-13 °C della pianura fino a raggiungere lo 0 °C mediamente a 2300÷2500 m di quota, secondo un gradiente altitudinale medio di circa 0.6 °C ogni 100 m. La protezione offerta dalle Alpi è evidente con- frontando i valori termici della pianura torinese con quelli delle città della Svizzera e della Savoia: se a Torino la media annua è di 13 °C, a Ginevra La stazione meteorologica installata presso l’Istituto Agrario Salesiano di Lombriasco, nella pianura intorno a Carmagnola. Mantenere invariata nel si sfiorano appena i 10 °C per via della maggiore tempo la posizione degli strumenti è indispensabile per garantire l’omoge- esposizione ai venti settentrionali. neità delle serie di misura. I giorni più freddi dell'anno mediamente si collo- cano nella prima metà di gennaio: il gelo nottur- Alpi piemontesi - Andamento termico medio durante l'anno (°C) no è pressoché quotidiano, se il cielo è sereno, e 25 solitamente almeno una volta nell'anno le tempe- rature scendono attorno a -10 °C nelle campagne 20 fuori Torino. Proprio la prima metà di gennaio nel 15 1985 ha conosciuto l'ultima ondata di gelo straordinario degli anni recenti: in quell'occasio- 10 ne si raggiunsero -13.2 °C all'aeroporto di Caselle °C 5 e -30 °C ai 2275 m del Lago Serrù. In pianura il valore più basso spetta però al febbraio 1956, 0 con -26 °C a Lombriasco, presso Carmagnola, -5 zona soggetta a forti inversioni termiche nelle Ceresole Reale Moncenisio Torino Lago Valsoera notti invernali. -10 L'estate raggiunge il culmine tra fine luglio e ini- 01/01 31/01 02/03 01/04 01/05 31/05 30/06 30/07 29/08 28/09 28/10 27/11 27/12 zio agosto, quando è normale che le massime diurne tocchino i 30 °C in pianura; l'11 agosto Andamento delle temperature medie giornaliere a differenti altitudini in 2003 è stato il giorno più caldo mai registrato Provincia di Torino, periodo 1961-2007. A Torino (linea rossa) il giorno più dall'inizio delle osservazioni meteorologiche, con freddo mediamente è il 6 gennaio, con temperatura media di 2.0 °C, il più caldo è il 29 luglio con 24.7 °C. Ai 2400 m del Lago Valsoera i valori medi punte di 41.6 °C a Torino e 30 °C attorno a 1500 oscillano invece tra i -6.1 °C del 15 febbraio e i 10.0 °C del 5 agosto. m di quota. 3
Le precipitazioni: crescenti dalla pianura alle Prealpi La quantità annua di precipitazione cresce avvi- cinandosi dalla pianura alle Alpi, per l'effetto di sollevamento forzato imposto dal rilievo sull'aria umida in arrivo dal Mediterraneo: il raffredda- mento dell'aria che ne consegue e la condensa- zione del vapore si traduce in maggiore nuvolo- sità e precipitazioni. E' per questo motivo che sul territorio della Provincia di Torino si passa dai Sopra, esondazione della Dora Riparia a Bussoleno durante le forti precipi- tazioni del 29.05.2008. circa 750 mm/anno delle colline del Po e delle Sotto, carta delle isoiete annuali in Provincia di Torino (mm di pioggia e neve zone di confine con l'Astigiano agli oltre 1500 mm fusa): tra le colline del Po e il Roero si scende sotto gli 800 mm di precipita- di molte zone prealpine, perfino 2000 mm in zione annua, mentre i rilievi prealpini sono soggetti ad apporti ben più abbondanti, che toccano i 2000 mm in Valchiusella. L’alta Valle di Susa, per Valchiusella. Se invece si penetra più interna- via della sua posizione molto interna alla catena alpina, è pure piuttosto mente alla catena alpina, al contrario l'effetto di asciutta, con valori estesamente inferiori a 800 mm/anno. sbarramento dell'umidità marittima da parte dei Biella 1 monti circostanti genera una diminuzione degli apporti: lungo la Valle di Susa, ad esempio, le precipitazioni annue scendono da circa 1000 mm 150 nella zona di Avigliana a meno di 700 mm intor- 0 no a Oulx. Il numero annuo di giorni piovosi varia da 70 a 90 in pianura e da 90 a 110 sulla 00 maggior parte delle località alpine della Ve 12 Provincia. F. Dora R iparia F. Po Durante l'anno queste quantità si distribuiscono secondo un regime pluviometrico definito come 800 Torino sublitoraneo occidentale, con due massimi in pri- 700 900 1000 mavera e autunno - di cui quello primaverile è prevalente sulle Prealpi - e due minimi in inver- 800 1000 900 no ed estate - di cui quello invernale è quasi a ro ovunque il più importante. Solo a Bardonecchia il Tan mese più asciutto dell'anno è luglio, mentre F. altrove il minimo spetta a gennaio o febbraio. Tra metà aprile e inizio giugno si concentra solita- 80 4
mente il maggior numero di eventi piovosi e la Regime mensile delle precipitazioni (pioggia e neve fusa in mm) maggiore quantità di precipitazione. In particola- 180 re, il mese di maggio riceve in media oltre 150- 160 Balme 200 mm sulla fascia montana tra la Val Pellice, la 140 Torino Val Sangone, le Valli di Lanzo e l'alto Canavese. 120 100 Le condizioni più favorevoli a piogge abbondanti mm 80 sul Torinese sono quelle contraddistinte da una 60 bassa pressione centrata tra la Costa Azzurra, la 40 Sardegna e il Mar Ligure, a cui si associano venti 20 umidi provenienti tra Sud ed Est. E' in queste 0 situazioni che si possono originare piene fluviali Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic e dissesti, specialmente se la durata dei fenome- ni è prolungata dal blocco di un'alta pressione Esempi di regime pluviometrico mensile in Provincia di Torino: Balme e sui Balcani che ostacola l'allontanamento della Torino. In entrambe le località si osservano i massimi di piovosità in mag- perturbazione verso Est. gio, e i minimi in gennaio. Ma a Balme il picco secondario di ottobre egua- Specialmente in autunno si possono rilevare glia quasi quello di maggio. Anche luglio è relativamente asciutto, sebbene punteggiato da temporali più frequenti sulla zona alpina. piogge violente e concentrate, spesso fino ad alta quota per effetto dello scirocco caldo in risalita dal Mediterraneo: soprattutto in montagna, quasi tutti i casi di precipitazione massima giornaliera appartengono agli eventi alluvionali autunnali del novembre 1945 (306 mm a Luserna San Giovanni il giorno 1), settembre 1947 (410 mm a Balme il giorno 26), novembre 1994 (455 mm a Funghera, Valli di Lanzo, il giorno 5), ottobre 2000 (414 mm a Rosone il giorno 14). Al contrario, siccità prolungate si producono più spesso tra gennaio e metà marzo per la persisten- za di zone di alta pressione, oppure per il predo- minio di venti tra Ovest e Nord, che generano condizioni asciutte di föhn sul versante padano delle Alpi. A Torino dal 1° ottobre 1989 al 31 Il quartiere Borgo Po di Torino durante il furioso nubifragio del 20 giugno marzo 1990 caddero appena 36 mm di pioggia, 2007 (f. C. Castellano); il temporale - concentrato tra il centro storico, il Po e quantità minima in un periodo di 6 mesi dal la collina di Superga - ha scaricato 58 mm di pioggia in circa un’ora, una 1802. D'estate è più raro che si verifichino lun- quantità non eccezionale ma vicina al massimo orario noto in città, pari a ghe sequenze di giorni asciutti poiché, special- 65 mm (11 agosto 1938, quartiere Millefonti). Ma probabilmente alcune zone della collina hanno ricevuto quantità superiori. Inondazioni ed erosioni del mente in montagna, i temporali pomeridiani e manto stradale hanno riguardato soprattutto corso Casale e le vie collinari. serali sono frequenti. 5
La neve: 25 cm all’anno in pianura, 7 m a quota 2500 m In pianura la neve fa la sua comparsa 5-6 volte per inverno, con massima frequenza da dicembre a febbraio, episodi marginali in novembre e marzo, eccezionali in ottobre e aprile. A Torino e sulle pianure circostanti cadono in media circa 25-30 cm di neve fresca all'anno, e la Torino, piazza Cavour sotto i 10 cm di neve del 28.01.2006 (f. V. Acordon). In pianura cadono in media circa 25-30 cm di neve fresca all’anno, quasi permanenza del manto nevoso al suolo è irregola- totalmente concentrati nei mesi da dicembre a febbraio. La permanenza del re e assai discontinua. Nella lunga serie di misu- manto al suolo è però irregolare e discontinua, e raramente il terreno rima- ra della neve iniziata nel 1787, l'episodio più pre- ne imbiancato per più di una settimana. coce si è verificato il 27 ottobre 1979 (5 cm), quel- lo più tardivo il 25 aprile 1972 (3 cm), ma venne segnalata neve in città anche il 1° maggio 1714. Provincia di Torino - Spessore medio del manto nevoso (cm), periodo 1961-2007 Sul settore alpino le quantità annue crescono di 200 Ceresole Reale (1579 m) circa 30 cm ogni 100 m di altitudine, fino a por- 180 Lago Moncenisio (2000 m) tarsi attorno a 350 cm a quota 1500 m e a 7 m a 160 Lago Valsoera (2400 m) Venaus (620 m) 2500 m. Sui rilievi la durata del manto nevoso al 140 120 suolo è molto variabile anche in base all'esposi- zione dei versanti e alla morfologia del territorio: cm 100 80 in media la neve si conserva per 90-100 giorni a 60 1000 m, 130-150 giorni a 1500 m, 190-210 gior- 40 20 ni a 2000 m e 240-270 giorni (8-9 mesi) a 2500 m. 0 1-nov 1-dic 1-gen 1-feb 1-mag 1-giu 1-lug 1-ago 1-set 1-ott 1-mar 1-apr Le nevicate più copiose intervengono con afflussi di aria temperata e umida dal Mediterraneo, e sono in grado di depositare anche oltre 100 cm in Andamento degli spessori medi del manto nevoso durante l’anno, calcolati 24 ore a quote superiori ai 1000 m, mentre i venti sul periodo 1961-2007 (salvo per la stazione di Venaus, per la quale è disponibile il periodo 1961-2001). Sotto i 1500 m di quota la neve raggiun- gelidi da Est - che trasportano aria a basso conte- ge il massimo spessore solitamente entro il mese di febbraio, mentre proce- nuto di vapore in quanto proveniente da zone con- dendo più in altitudine il culmine dell’altezza neve si sposta in primavera, tinentali anziché marittime - di solito producono stagione ancora soggetta a forti nevicate specialmente oltre quota 2000 m. Al Lago Valsoera (2400 m, Valle Orco) il manto cresce fino alla metà di apri- nevicate deboli o moderate, con apporti general- le, e solo in maggio ha inizio la stagione di fusione. mente non superiori a 10-15 cm. 6
Il vento: mediamente debole, ma episodi di forte föhn e burrasche temporalesche La protezione offerta dal rilievo alpino si riflette in una ventosità debole e irregolare. I frequenti venti atlantici, vivaci sulle pianure d'oltralpe (a Parigi la velocità media annua del vento è di 14 km/h), si fanno sentire direttamente per lo più in alta monta- gna, mentre in pianura e a fondovalle dominano le brezze e i venti locali. I pochi giorni con vento forte sono da attribuire al föhn che - specialmente tra l'autunno e la primave- ra - irrompe asciutto e mite dalla cresta principale delle Alpi verso la pianura, con raffiche tra Ovest e Nord localmente superiori a 100 km/h (145 km/h il 19 marzo 2002 a Susa); oppure, nei mesi estivi, a rapide e irregolari burrasche temporalesche, in grado di recare ingenti danni ma su zone limitate. Sulla pianura torinese la velocità media annua del vento è di 5-6 km/h, mentre sale a 10-15 km/h in alcune località delle alte valli alpine (11 km/h a Al collegio Carlo Alberto di Moncalieri le velocità medie mensili del vento variano da un minimo di 4.2 km/h in novembre a un massimo di 7 km/h in Susa, 13 km/h a Oulx): si tratta di valori comunque maggio. La maggiore ventilazione tardo-primaverile è dovuta in parte al fre- troppo bassi per una produzione redditizia di ener- quente passaggio di depressioni atlantiche che rendono l’atmosfera più gia eolica su vasta scala, che al contrario necessita mossa (al massimo di ventosità media corrisponde infatti il minimo di pres- di venti tesi e costanti con medie annue dell'ordine sione atmosferica) e in parte al ruolo delle brezze termiche che riprendono a soffiare tese nelle ore centrali del giorno. Le velocità massime (linea blu di almeno 20 km/h. nel grafico in alto) sono invece più irregolari, e forti raffiche si possono regi- strare in ogni mese dell’anno, in inverno durante gli episodi di föhn, in esta- Quasi ovunque i mesi da marzo ad agosto sono i più te soprattutto durante i temporali. Il grafico qui sopra mostra la distribuzione delle velocità medie orarie del ventilati grazie al contributo delle costanti brezze vento durante il giorno a Moncalieri, nel trimestre invernale e in quello esti- termiche diurne (a Moncalieri media di 7 km/h in vo. Si noti la ripresa diurna delle brezze locali, più marcata in estate rispet- maggio), mentre da settembre a febbraio la vento- to all’inverno: la massima intensità è raggiunta tra le ore 14 e le 15, men- tre l’atmosfera più calma si registra solitamente nelle ultime ore della notte sità media si affievolisce nonostante la presenza e attorno all’alba. irregolare di giornate con forte föhn. 7
Il clima della Terra: una lunga storia di cambiamenti Che il clima terrestre subisca variazioni importanti nel tempo di per sé non dovrebbe stupire, poiché la storia del nostro pianeta ha mostrato ripetute oscil- lazioni tra fasi glaciali e interglaciali, dovute però a cause naturali: variazioni nell’attività solare, nella geometria astronomica (inclinazione dell’asse terre- stre, distanza Terra-Sole, ecc...), eruzioni vulcani- che. L’evoluzione di questi cambiamenti può essere A sinistra, la grande lingua del ghiacciaio Upsala, Patagonia, ripresa dal- ricostruita attraverso l’analisi chimico-fisica dell’a- l’aereo nel 2004, e, a destra, la lussureggiante vegetazione della foresta ria intrappolata nei ghiacci polari (grafico sotto) o dell’Acre in Brasile (f. G. Badino). Due esempi di ambienti che (seppure oggi coesistenti sul pianeta) dominavano il paesaggio terrestre rispettivamente dei sedimenti nei fondali oceanici, e in questo caso durante le glaciazioni, l’ultima delle quali è terminata 11.000 anni fa, e le si possono ottenere informazioni fino a milioni di fasi calde come quella del Cretaceo, periodo geologico terminato 65 milioni anni fa. Per periodi più recenti (secoli-millenni) si di anni fa. Allora la temperatura media della Terra era di 10-12 °C supe- riore a oggi, ma il fatto che in periodo così remoto il clima fosse ben più può invece ricorrere allo studio dei pollini fossili nei caldo di oggi non deve però tranquillizzarci: allora il nostro pianeta era suoli, degli anelli di accrescimento degli alberi, delle molto diverso, e l’uomo non c’era ancora... cronache storiche, dei reperti archeologici. Ai cambiamenti naturali del clima, oggi si sovrappone pericolo- Epica - Dome C (Antartide) - samente l’effetto delle imponenti emissioni antropiche di gas a Concentrazione CO2 e temperatura effetto serra. A lato, sintesi grafica delle ricostruzioni di tempe- ratura e concentrazione del biossido di carbonio (CO2) negli ulti- rapporto isotopico dD %0 più caldo mi 650.000 anni, ottenute grazie al progetto EPICA di perforazio- ne profonda della calotta antartica (www.concordiastation.org). (Temperatura) A fronte di concentrazioni che, prima dell’era industriale, non si erano mai spinte oltre 300 ppmv (parti per milione in volume) + 2 ppmv più freddo anno durante le fasi interglaciali più miti, nel 2007 si è raggiunto un valore di 386 ppmv (curva aggiornata alla situazione attuale in 400 2007: Massimo degli ultimi 650.000 anni base ai dati rilevati all’osservatorio di Monte Mauna Loa, 380 385 Hawaii, vedi anche p. 11), massimo da almeno 650.000 anni. 360 ppmv (ppmv) 340 Questa informazione rende conto della portata epocale dei cam- CO2 320 biamenti che l’uomo sta causando negli equilibri dell’atmosfera Massimo era pre-industriale 300 ppmv 300 terrestre. La freccia tratteggiata indica l’attuale tasso annuale di 280 aumento della concentrazione di CO2 (+ 2 ppmv/anno). 260 240 L’andamento della temperatura (ricostruito tramite i rapporti iso- 220 topici dell’ossigeno) coincide piuttosto fedelmente con quello del 200 biossido di carbonio. Prima dell’utilizzo dei combustibili fossili, i 180 0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 livelli di CO2 variavano in conseguenza di meccanismi bio-geo- chimici naturali e in risposta a variazioni nella quantità di ener- anni dal presente gia solare ricevuta dalla Terra (feedback). 8
Temperatura media regione alpina occidentale negli ultimi 11 000 anni Gli ultimi 10.000 anni: 18 17 Sviluppo torbiera Rutor Limite boschi + 200 m Optimum termico Olocenico (HTM) Optimum termico Età Romana Optimum termico Medievale Clima attuale una relativa stabilità 16 climatica Temperatura °C 15 14 Oscillaz. Episodio Circa 11.500 anni fa termina l’ultima glaciazio- di Palü fresco Oscillazioni Episodio 13 Misox fresche e umide Piora I fresco Episodio freddo Neoglaciale Piccola ne, e nel volgere di un millennio in Europa si Löbben Età 12 Fine ultima e II Göschenen I e II Glaciale instaura un clima complessivamente tempera- Glaciazione - Età Età del 1350-1850 Younger Dryas Ötzi 5400 BP bronzo del to e piuttosto stabile, che ha sicuramente favo- 11 ferro Preboreale Boreale Atlantico Sub-boreale Sub-atlantico rito lo sviluppo della civiltà umana basata sul- 10 l’agricoltura. Tra 6000 e 7000 anni fa circa si è 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 Tempo in migliaia di anni dal presente (BP) manifestato un periodo molto mite, l’Optimum termico olocenico, seguito da fasi più fresche Ricostruzione dell’andamento approssimativo delle temperature medie nella regione alpi- culminate attorno a 2700 anni fa (episodio fred- na occidentale negli ultimi 11.000 anni (Olocene) desunta dai risultati pubblicati da diver- do «Göschenen I») e tra il 1400 e il 1850 (Piccola si Autori, in particolare OROMBELLI (1998), LISTER & al. (1998), HORMES (2001), BURGA (1995), Età Glaciale). Quest’ultimo periodo, contraddi- DAVIS (2003), MOBERG (2005). L’inizio dell’Olocene è stato caratterizzato da un netto aumen- to termico (circa 5°C nell’arco di un millennio), responsabile della fine delle glaciazioni. In stinto da una pronunciata avanzata dei ghiac- seguito il clima si è stabilizzato su un assetto temperato, con fluttuazioni comprese entro ciai, è ben documentato anche dalle fonti stori- 2.5 °C circa, tra l’Optimum termico olocenico di 6.000-7.000 anni fa circa e i minimi degli che, mentre le ricostruzioni climatiche basate episodi Neoglaciali (circa 2500 anni fa) e della Piccola Età Glaciale (1350-1850 d.C.). Le temperature attuali hanno raggiunto, e molto probabilmente ormai superato, i valori già sull’analisi dei proxy data mostrano maggiori miti degli Optimum termici secondari dell’Età romana e del Medioevo, e crescono ancora. incertezze sull’entità e l’estensione geografica del periodo mite medievale, centrato intorno all’anno Mille, la cui importanza e rappresenta- tività è stata ridimensionata dal recente dibat- tito scientifico. Dopo il 1600 i dati divengono più abbondanti e precisi. Con elevato grado di sicurezza si può affermare che gli ultimi decen- ni del XX secolo sono stati i più caldi da alme- no 400 anni, ma secondo MANN et al. (1999) il riscaldamento del XX secolo non avrebbe pre- cedenti almeno negli ultimi 1000 anni nell’emi- sfero boreale, come indicherebbe la maggior parte degli indicatori analizzati. Confronto tra diverse ricostruzioni delle temperature medie globali negli ultimi duemila anni. I dati di ogni ricostruzione sono stati smussati con media mobile pesata. Alla fine del XX secolo le tempe- rature medie terrestri hanno superato i valori già miti dell’Optimum Termico Medievale, risultando dunque le più elevate da almeno duemila anni (http://en. wikipedia.org/wiki/Temperature_record). 9
Forzante radiativa del clima dal 1750 al 2005 Cosa fa cambiare Gas serra con lungo CO2 il clima oggi? periodo di N2O residenza in atmosfera CH4 Alocarburi Ozono Stratosferico Troposferico (-0.05) Se in passato il clima cambiava per cause naturali, la Attività umane Vapor velocità e l’intensità del riscaldamento globale registra- d'acqua stratosferico te dalla fine degli Anni 1980 sono spiegabili solo pren- Albedo della Fuliggine dendo in considerazione le attività umane, quindi il cre- Uso dei suoli superficie sulla neve scente utilizzo di combustibili fossili. La conseguente Effetto massiccia emissione antropica di gas a effetto serra, ini- diretto Aerosol ziata alla fine del 1700, ha cominciato a produrre un totali Effetto sull'albedo delle nubi segnale climatico significativo attorno alla metà del Scie di Novecento. Al forzante radiativo positivo (riscaldamento) condensazione (0.01) dei gas serra se ne accompagnano anche altri negativi, ad esempio quelli dovuti agli aerosol industriali in atmo- Processi Irraggiamento naturali solare sfera, che generano un raffreddamento, ma in ogni caso Somma delle la somma delle attività umane complessivamente pro- attività umane duce un effetto di riscaldamento (figura a lato). I model- -2 -1 0 1 2 li di simulazione climatica possono ricostruire il clima Forzante radiativa (W/m2) passato, ma i risultati restituiscono un andamento coe- rente con le osservazioni reali degli ultimi 50 anni solo Sopra: tra li fattori forzanti radiativi di origine umana sul clima terrestre, alcuni se nel modello vengono considerati anche i forzanti cli- hanno un effetto di riscaldamento (come i gas serra), altri hanno un effetto raf- matici di origine umana (figura qui sotto). freddante (come gli aerosol che aumentano l’albedo delle nubi o schermano parte della radiazione solare). Attualmente però prevale di gran lunga il forznte positi- vo (riscaldamento) indotto dall’aumento antropogenico dei gas serra, che incide sul bilancio radiativo terrestre con +2.64 W/m2. Al netto dell’effetto degli aerosol, ___ valori osservati che mascherano in parte l’aumento di temperatura, e di altri fattori legati a varia- zioni di albedo e all’ozono stratosferico, la somma dei contributi di origine umana ___ valori simulati agisce sul sistema climatico con un forzante pari a +1.6 W/m2. Quanto ai fatto- ri naturali, le variazioni nell’attività solare (solo +0.12 W/m2) non possono spie- gare l’attuale intenso e rapido riscaldamento della superficie terrestre (Fonte: IPCC, 2007; ridis. V. Acordon - SMI). A lato: per testare l’affidabilità di un modello di previsione climatica, gli si può sot- toporre la ricostruzione del clima passato, di cui conosciamo piuttosto bene sia le variazioni (dati strumentali) sia i fattori che le hanno causate (forzanti). Nel caso del riscaldamento degli ultimi decenni, i modelli riproducono correttamente la realtà osservata soltanto se si considerano, oltre ai fattori naturali (attività sola- re, parametri astronomici, attività vulcanica), anche quelli antropici (aumento dei gas serra). Nel grafico, la linea nera indica le osservazioni strumentali (media glo- bale) dal 1900 al 2000, l’area gialla la simulazione del modello, assai simile alla situazione reale (linea rossa = media dei valori simulati). Da IPCC (2007). 10
USA E CANADA 19.4% Gas a effetto serra GIAPPONE, AUSTRALIA 30 Annex I Non Annex I NUOVA ZELANDA 5.2% RUSSIA E ed emissioni 25 EUROPA ORIENTALE t CO2eq pro capite 9.7% Media Stati coinvolti nel Protocollo di Kyoto (Annex I) 16.1 t CO2 eq pro capite EUROPA 20 11.4% Media Stati non coinvolti (Non Annex I): ALTRI NON 15 COINVOLTI 4.2 t CO2 eq pro capite 2.0% 10 MEDIO ORIENTE Esistono diversi gas che in atmosfera svolgono un 3.8% 5 AMERICA LATINA «effetto serra», ovvero assorbono parte della radiazione 10.3% termica riemessa dalla superficie terrestre verso lo 0 NON COINVOLTI ASIA ORIENTALE 17.3% spazio, incrementando la temperatura dell’aria. 0 1 2 3 4 5 6 7 AFRICA L’effetto serra è un fenomeno naturale intensificato Popolazione cumulata in miliardi 7.8% NON COINVOLTI però dalle attività umane degli ultimi due secoli. ASIA MERIDIONALE 13.1% Tra i gas la cui concentrazione è direttamente aumen- tata dall’uomo, il biossido di carbonio (CO2) è quello Emissioni mondiali di gas serra ripartite in percentuale su gruppi di Paesi con analoghe caratteristiche di sviluppo socio-economico, e valori pro capite che contribuisce maggiormente all’attuale riscalda- espressi in tonnellate di CO2 equivalente. I Paesi del gruppo «Annex I» sono mento (63%); oggi ha raggiunto le 385 ppmv (parti per quelli - più avanzati e ricchi - coinvolti dal Protocollo di Kyoto (anche se alcu- milione in volume) e rimane attivo per circa 120 anni. ni di essi non lo hanno ratificato, come gli USA): emettono circa il 50% dei Il metano (CH4), prodotto da fermentazioni anaerobi- gas serra antropici mondiali, mentre la loro popolazione è solo il 20% del totale. USA e Canada da soli liberano un quinto dei gas serra emessi al che nelle coltivazioni di riso e negli allevamenti, contri- mondo, con medie di oltre 25 t/anno per persona. La media europea (e buisce per il 18%. Altri gas sono molto attivi, come l’e- anche italiana) è invece di 10 t/pro capite. I Paesi poveri e le economie emer- safluoruro di zolfo (SF6), ma sono presenti in tracce genti erano state escluse dal Protocollo (gruppo «Non Annex I») per dare modo alle loro economie di sollevarsi in vista di futuri provvedimenti più drastici: infinitesimali. In realtà il vapore acqueo è in assoluto a loro spetta la restante metà di emissioni, distribuite però sull’80% della il gas serra più efficace, ma la sua quantità non è popolazione mondiale; le emissioni medie continentali di Africa e Asia aumentata direttamente dalle attività umane. Meridionale scendono infatti sotto le 5 t/anno pro capite (IPCC, 2007). Il Protocollo di Kyoto, siglato nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, prevede la riduzione entro il periodo Monte Mauna Loa (Hawaii) 2008-12 del 5.2% delle emissioni globali di 6 principa- Concentrazione atmosferica CO2 (1958-2004) li gas serra rispetto ai livelli del 1990 (-6.5% è l’obiet- 2007: 385 ppmv tivo assegnato all’Italia). Ma al momento la sua effica- 390 cia è relativa: tra il 1990 e il 2005 in Italia le emissio- 370 ni sono aumentate del 12%. 350 330 Andamento della concentrazione atmosferica di CO 2 misurata ppmv all’Osservatorio situato a 3397 m sul versante settentrionale del Monte 310 Mauna Loa (isole Hawaii) nel periodo 1958-2004 (fonte: 290 www.cdiac.ornl.gov). Si tratta della più lunga serie strumentale al mondo Concentrazione pre-industriale: 288 ppmv di misura del CO2. Le misure vennero avviate nel 1958 da Charles David 270 Keeling, su iniziativa di Roger Revelle (oceanografo, direttore della Scripps 250 Institution of Oceanography, San Diego). La quantità di CO2 è in aumento, e attualmente (2007) si è raggiunto il valore di 385 ppmv. Le regolari oscil- 1958 1962 1966 1970 1974 1978 1982 1986 1990 1994 1998 2002 lazioni stagionali sono dovute al temporaneo assorbimento estivo di CO2 da parte della fotosintesi nelle foreste boreali di caducifoglie. 11
Anomalie termiche globali dal 1850 al 2007 (rispetto a media 1961-90; Fonte: CRU - Univ. East Anglia, UK) Cambiamenti climatici: 0.6 la situazione attuale 0.4 nel mondo 0.2 0.0 A livello planetario, il 2007 si è confermato un °C nuovo anno caldo. Secondo il data-set compilato -0.2 dall'Hadley Center del MetOffice inglese e dalla -0.4 Climate Research Unit (CRU) dell'University of East Anglia (B ROHAN & al., 2006), l'anomalia -0.6 annua globale rispetto alla media 1961-90 ha toc- -0.8 cato i +0.4 °C, collocando il 2007 all'ottavo posto 1850 1860 1870 1880 1890 1900 1910 1920 1930 1940 1950 1960 1970 1980 1990 2000 nell'elenco degli anni più caldi dal 1850. Il IV rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), pubblicato nella primavera Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) il riscalda- mento è ormai inequivocabile, e negli ultimi 100 anni la temperatura glo- 2007, costituisce attualmente la fonte più aggior- bale è salita di 0.7 °C (IPCC, 2007), e i 10 anni più caldi dal 1850 a oggi nata, completa e autorevole in tema di cambia- sono tutti successivi al 1995. Per ora l’anno più caldo è stato il 1998, con mento climatico. Per quanto riguarda gli scenari un’anomalia di +0.53 °C. La tendenza al riscaldamento atmosferico è confermata dalle serie storiche per il futuro, questa edizione del rapporto confer- di dati termometrici delle Alpi e della Provincia di Torino, mentre per ora le ma i risultati emersi in quella precedente del precipitazioni non mostrano ancora segnali evidenti di cambiamento sul 2001, affinandoli tuttavia alla luce delle nuove versante padano delle Alpi occidentali, sebbene i modelli per il futuro pro- spettino un incremento di frequenza dei fenomeni intensi. conoscenze, e riducendo ulteriormente i margini di incertezza delle previsioni. Da tale documento emerge che «l'attuale fase di riscaldamento glo- bale è inequivocabile». CHE COS’È L’IPCC? L’IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change - è un comitato internazionale di ricercatori istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization e dal United Nations Environment Programme. Si occupa di valutare gli studi sul cambiamento climatico e di pro- durre ogni 5 anni un rapporto sullo stato delle cono- scenze e gli scenari futuri, l’ultimo dei quali è stato Il IV rapporto IPCC (2007) è suddiviso in 3 volumi che trattano rispettiva- pubblicato nel 2007, quando al gruppo è stato confe- mente: i fondamenti scientifici di base del cambiamento climatico; gli impatti futuri, l'adattamento e la vulnerabilità; la mitigazione rito il premio Nobel per la pace in ragione dell’impe- (www.ipcc.ch). gno negli studi sul cambiamento clima. www.ipcc.ch 12
Scenari futuri e fonti delle informazioni Il cambiamento climatico è dunque già una realtà, anche in Provincia di Torino, e la scelta degli indi- rizzi gestionali del territorio non può più prescinde- re dall'analisi degli scenari futuri delineati dai modelli numerici di previsione climatica, i cui risultati sono peraltro ampiamente rispettati dalle osservazioni di questi anni. L'IPCC propone una sintesi dei risultati provenienti IPCC 2007: risultati di sintesi ottenuti da numerosi modelli di simulazione da diversi modelli globali di simulazione climatica climatica per diversi scenari di emissione. Pur senza scendere in dettaglio (grafico in alto a sinistra). Pur consci dei limiti sull'entità del riscaldamento, il segnale di aumento termico per il XXI seco- lo è evidente. La linea gialla inferiore è un test nell'ipotesi di blocco delle intrinseci che ancora caratterizzano tali modelli, emissioni climalteranti alla concentrazione dell'anno 2000. La linea blu suscettibili di miglioramenti nei prossimi anni, il intermedia coincide con l'auspicio dell'Unione Europea per un aumento non segnale di riscaldamento emerge con una credi- >2°C entro il 2100. La linea rossa, relativa allo scenario di maggiori emis- sioni, porterebbe l'aumento a fine secolo a circa 4°C. bilità sufficiente a costituire un elemento guida per la pianificazione del futuro. Scenari climatici di dettaglio regionale sono stati ottenuti grazie all'impiego di modelli numerici che operano a scala più limitata, e che prendono mag- giormente in considerazione ad esempio gli effetti dell'orografia. In attesa di risultati specifici per il territorio italia- no (su cui sta lavorando il Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici, www.cmcc.it), per una prima analisi sui cambiamenti climatici che in futuro potranno interessare la Provincia di Torino, abbiamo scelto di fare riferimento alle stime nume- riche desunte dal progetto europeo Prudence (Prediction of Regional scenarios and Uncertainties Variazioni regionali delle precipitazioni attese entro il 2100 in inverno (sini- stra) ed estate (destra): gli apporti potrebbero aumentare alle latitudini ele- for Defining European Climate change risk and vate, mentre nel Mediterraneo si prospettano diminuzioni della piovosità Effects, www.prudence.dmi.dk) per il Sud delle Alpi estiva anche superiori al 20% (IPCC, 2007). svizzere, poste in un'area climatica analoga a quel- 13
la torinese, e riportate in FREI (2004). Temperatura media inverno, 2071-2100: Questi scenari di variazione dei parametri climati- proiezioni 10 modelli regionali (scenario A2) ci (temperatura e precipitazioni), che verranno riportati nelle pagine seguenti, peraltro si avvicina- no a quelli ottenuti dalle elaborazioni condotte da Météo France (http://climat.science-et-vie.com /carte /carte.php), che tratteggiano l'evoluzione cli- matica non solo per i dipartimenti francesi ma anche per le vicine valli italiane delle Alpi occiden- tali. Temperatura media estate, 2071-2100: proiezioni 10 modelli regionali (scenario A2) Il rapporto sui cambiamenti climatici attesi in Svizzera entro il 2050, pubbli- cato nel giugno 2007 e basato sui risultati del progetto Prudence, conferma le criticità legate al cambiamento climatico nell'ambito dell'agricoltura, delle Le proiezioni di 10 modelli a scala regionale basati sullo scenario IPCC- foreste e degli ecosistemi naturali, del turismo alpino, della stabilità dei SRES A2 prospettano evoluzioni di ulteriore riscaldamento, con - verso versanti, della sicurezza dei trasporti, ed evidenzia al tempo stesso le la fine del secolo (2071-2100) - circa +3.5 °C in inverno e +5 °C in esta- opportunità di mitigazione tramite lo sviluppo della produzione energetica te sul Nord Italia (fonte: Abdus Salam ICTP/Trieste - cortesia Filippo da fonti rinnovabili e l'adozione di tecniche architettoniche volte al risparmio Giorgi). energetico (www.occc.ch/products/ch2050/CH2050-rapport.html). 14
1910 Le temperature in Provincia di Torino: cosa è già cambiato? I segnali del riscaldamento atmosferico sono evi- denti anche in Provincia di Torino, lo si può perce- pire da indicatori sia naturali sia strumentali. Tra gli indicatori naturali, i ghiacciai sono i più efficaci e visibili da parte della popolazione: sono in regresso quasi continuo dalla metà del XIX secolo, e recentemente il loro ritiro si è accentuato soprattut- 2003 to dal 2003. Dal 1850 al 1991 i ghiacciai del Canavese avevano registrato una riduzione areale del 50% (MERCALLI & CAT BERRO, 2005), certamente ampliatasi negli anni seguenti, ma purtroppo al momento manca un aggiornamento delle superfici glaciali del Piemonte. La fronte del ghiacciaio Ciardoney, in Valle Soana, si è ritirata di 315 m dal 1971 al 2007, mentre dal 1992 il ghiacciaio ha per- duto spessori compresi tra 8 e 40 m. Diversi piccoli apparati glaciali a quote più basse ed esposizioni soleggiate sono già scomparsi negli anni recenti in ragione delle minori nevicate invernali e dell’accre- sciuta fusione estiva: è il caso dei ghiacciai della Il forte regresso dei ghiacciai alpini è una delle conseguenze al momento più Porta e di Punta Fourà in alta Valle Orco, e altri come evidenti del riscaldamento atmosferico in Provincia di Torino. Si stima che dalla fine della Piccola Età Glaciale (1820-1850) a oggi sia andato perduto il il Galambra in alta Valle di Susa o il Bertà in Val di 50% della superficie glaciale sulle Alpi, e la fusione di neve e ghiaccio ha Viù si presentano ormai totalmente disarticolati e mostrato un’accelerazione a partire dal 2003, anno dall’estate più calda mai destinati all’estinzione nel volgere di pochi anni. registrata da almeno 250 anni in Piemonte. Qui sopra, un confronto fotografi- co che evidenzia il ritiro del ghiacciaio della Ciamarella (Balme, Valli di Lanzo) avvenuto tra il 1910 circa (autore sconosciuto, archivio SMI) e il 2003 (f. Per quanto riguarda gli indicatori strumentali, la Franco Rogliardo - Comitato Glaciologico Italiano). Il regresso dei ghiacciai non serie termometrica di Torino, recentemente recu- è solo una questione «estetica», ma porta con sé diverse conseguenze impor- perata, omogeneizzata e analizzata da DI NAPOLI & tanti a livello territoriale: alterazione dei regimi torrentizi (fusione inizialmente accelerata, poi minori deflussi estivi con il progressivo depauperamento del MERCALLI (in stampa, con il contributo capitale glaciale), aumento della franosità dei versanti (anche per la scompar- dell'Amministrazione Provinciale di Torino), ben si sa del permafrost, il terreno permanentemente gelato in alta quota), minore presta a un'analisi dell'attuale riscaldamento atmo- attrazione turistica dell’alta montagna, rischi legati alla dinamica glaciale (svuotamento di laghi «effimeri», crollo di fronti glaciali sospese). sferico, data la sua lunghezza (inizio delle misure nel 15
1753) e rappresentatività del terri- Torino - Temperature medie annue (°C) dal 1753 al 2007 torio provinciale maggiormente 15.0 popolato. 14.5 2007, anno più caldo: Tmed 15.0 °C Dalle elaborazioni statistiche dei 14.0 dati emergono i seguenti segnali: 13.5 13.0 - Dalla fine dell’Ottocento è in corso una tendenza al riscalda- °C 12.5 mento che - dopo una temporanea 12.0 pausa negli Anni 1970 - è ripresa 11.5 con maggiore intensità dalla fine 11.0 degli Anni 1980. 10.5 1855, anno più freddo: Tmed 10.6 °C - Specialmente le temperatu- re medie degli anni successivi al 10.0 2000 evidenziano un netto riscal- 1753 1763 1773 1783 1793 1803 1813 1823 1833 1843 1853 1863 1873 1883 1893 1903 1913 1923 1933 1943 1953 1963 1973 1983 1993 2003 damento, valutabile dell'ordine di +2 °C nell'arco di un secolo (gra- fico sotto). Torino - Temperature medie decennali - Il 2007 è stato l'anno più caldo a partire dal 1753, con una 15.0 temperatura media di 15.0 °C (+1.9 14.5 °C di anomalia rispetto al trenten- 14.0 nio standard 1961-90) (grafico in alto). 13.5 - Calcolando, per ciascun °C 13.0 giorno dell'anno, le temperature 12.5 medie del periodo recente 1990- 2007, e confrontandole con quelle 12.0 del precedente periodo di riferi- 11.5 mento 1961-1989, si nota come 11.0 specialmente i mesi da gennaio a 1753-59 1760-69 1770-79 1780-89 1790-99 1800-09 1810-19 1820-29 1830-39 1840-49 1850-59 1860-69 1870-79 1880-89 1890-99 1900-09 1910-19 1920-29 1930-39 1940-49 1950-59 1960-69 1970-79 1980-89 1990-99 2000-07 marzo, nonché quelli da maggio ad agosto, abbiano registrato vistosi aumenti di temperatura rispetto al In alto, temperature medie annue a Torino dal 1753 al 2007. La tendenza al riscaldamento è inizia- passato, pari a +1.0 °C di tempe- ta alla fine dell’Ottocento, ma è divenuta importante dalla fine degli Anni 1980, ed è culminata per ratura media in inverno, +1.1 °C ora nel 2007, anno più caldo dall’inizio delle misure in città nel 1753. in primavera e +1.2 °C in estate; Qui sopra, temperature medie decennali a Torino dal 1753 al 2007. E' evidente il brusco riscaldamen- to a partire dagli Anni 1990. Il periodo 2000-2007 ha registrato un valor medio di 14.3 °C, di circa 2 invece, per il momento, il riscalda- °C superiore alla media dei periodi antecedenti il 1900. mento appare più moderato in 16
autunno, pari a +0.6 °C (grafico a lato e tabella a fondo pagina). Per rendere conto della situazione osservata in area alpina, quest’ultima analisi è stata ripetuta per la stazione meteorologica del Lago Serrù (2275 m, alta Valle Orco), gestita da IRIDE Energia (ex-AEM): il riscaldamento è confermato con valori del medesi- mo ordine di grandezza sulle temperature medie (+0.9 °C a livello annuo a Torino, +1.0 °C al Lago Serrù), ma - contrariamente a quanto evidenziato sulla pianura torinese - in alta montagna le tempera- ture minime sembrano essere maggiormente respon- sabili del riscaldamento (al Serrù +1.7 °C sulle mini- me a livello annuo e solo +0.4 °C sulle massime, rispettivamente +0.7 °C e +1.2 °C a Torino; vedi Lago Serrù (2275 m) - Confronto tra le temperature medie tabella sotto). giornaliere, periodi 1961-89 e 1990-2007 Il riscaldamento si evince anche dalla minore fre- 15 quenza dei forti geli: a Torino il numero di giorni senza disgelo (Tmax
Cosa accadrà in futuro alle temperature L'IPCC, nel quarto rapporto del 2007, ha indivi- duato una famiglia di scenari futuri che si tradur- rebbero in un aumento di temperatura globale previsto tra 1.8 °C e 4.0 °C entro il 2100, rispetto al 1990 (vedi grafico a p. 13). Tuttavia sono disponibili dati da simulazioni più dettaglia- te a scala regionale, come quelli ottenuti nell'am- In Provincia di Torino la temperatura media primaverile potrà salire di circa 2 °C bito del progetto europeo Prudence coordinato entro il 2050, ma il pericolo di gelate tardive rimarrà pur sempre presente. dall'Istituto Meteorologico Danese (http://pruden- INV 2071-2100 PRI 2071-2100 EST 2071-2100 AUT 2071-2100 Media dei risultati delle simulazioni condotte nell’ambito del progetto Prudence sugli aumenti stagionali di temperatura previsti in Europa per il trentennio 2071- 2100. L’estate sarebbe la stagione destinata a sperimentare il maggiore riscaldamento, anche superiore a 5 °C rispetto al 1990, verso la fine del XXI secolo. 18
ce.dmi.dk/ index.html), già ripresi da F REI (2004) e Previsione aumento temperature medie stagionali (°C) da B ENISTON (2004), e cui si è fatto riferimento in entro il 2050 (da Progetto Prudence, in Frei, 2004) questo lavoro. Nella tabella in alto sono riportati, Stagione Livello probabilità 0.5 secondo diversi livelli di probabilità, i valori di aumento termico medio stagionale previsti per il Inv 1.8 2050 nel Sud della Svizzera. Possiamo ritenere Pri 1.8 che i valori previsti per il Canton Ticino siano Svizzera Sud applicabili anche alla Provincia di Torino, che è Est 2.8 influenzata dai medesimi regimi climatici, pertan- Aut 2.2 to questi sono stati impiegati per le considerazio- ni riportate in questa sede. Lo scenario più pro- Sopra: aumenti medi stagionali di temperatura previsti sulla Svizzera babile vede incrementi termici di 1.8 °C in meridionale entro il 2050. I dati sono desunti dal progetto Prudence, e inverno e primavera, 2.8 °C in estate e 2.2 °C riportati in FREI (2004). Lo scenario più probabile (P = 0.5) indica aumen- in autunno. Questi risultati derivano da 16 diver- ti compresi tra 1.8 °C in inverno e primavera, e 2.8 °C in estate. Tuttavia, non sono da escludere incrementi ben più forti, fino a 5 °C in estate, seb- se combinazioni di modelli, ciascuna contenente bene con livelli di probabilità molto bassi (P = 0.975, vale a dire probabi- un modello globale, un modello regionale e uno lità inferiore al 2.5%). scenario di emissione di gas serra. La base model- Sotto: esempio di simulazione dell’aumento di temperatura media massi- ma estiva previsto entro il 2050 nei dipartimenti francesi (Météo France). listica comprendeva quattro modelli globali, e otto Prendendo in considerazione uno scenario moderato (B2), i risultati sono modelli regionali con risoluzione di 50 km (F REI , analoghi a quelli ottenuti con il progetto Prudence: nelle zone di confine 2004). Per ragioni di praticità si considera qui lo tra Savoia, Queyras e Provincia di Torino sono attesi incrementi dell’or- scenario più probabile, ma si tenga presente l'esi- dine di 2.5 °C, ma anche superiori a 3 °C sulle Alpi Marittime. stenza anche di scenari più ottimistici e più pes- simistici; secondo questi ultimi, vi sarebbe il 2.5% di probabilità che l'aumento termico estivo rag- giunga i 4.9 °C entro il 2050, mentre lo scenario più ottimistico prevederebbe comunque un aumento non trascurabile di 1.5 °C in estate, del- l'ordine di quanto già osservato finora sulle Alpi dalla fine della Piccola Età Glaciale. 19
Puoi anche leggere