Brevi notazioni sulla questione della Sindone

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Brevi notazioni sulla questione della Sindone
                                          di Lawrence M.F. Sudbury
                                          (sudbury@bgc-milan.com)

Da più di seicento anni, i cristiani di tutto il mondo venerano un lenzuolo rettangolare robusto e
consistente, di lino un po' ingiallito. Le sue dimensioni nelle pubblicazioni ufficiali sono date come
437 per 111 cm. Lo spessore del tessuto è di circa 34 centesimi di millimetro, ma rimane morbido al
tatto e pieghevole e il peso, valutato approssimativamente, è di kg 2,4501. Su questo lenzuolo è
impressa, in forma presuntamente acheropita2, la figura di un uomo che avrebbe subito le stesse
angherie a cui, stando al racconto evangelico, Yeshua sarebbe stato sottoposto. Per tale ragione, la
Sindone è riconosciuta come la sola immagine dell'Uomo-Dio del cristianesimo.
In realtà, però, da pressoché altrettanto tempo, con la Chiesa che non si è mai espressa in forma
dogmatica nell'uno o nell'altro senso, il mondo, cristiano e non, discute sull'autenticità o meno di
quella che potrebbe, a ragione, essere considerata la reliquia più santa della storia della Cristianità.
Sarebbe solo presuntuoso pensare di dare un parere conclusivo a proposito di una questione tanto
incerta e dibattuta.
E', però, possibile ripercorrere brevemente il cammino storico della Sacra Sindone, per poi
esaminare alcuni elementi (sia a favore che contrari ad un'autenticità sindonica) poco conosciuti.
Naturalmente, il punto da cui partire è il racconto neotestamentario forse più esauriente riguardo alla
sepoltura, contenuto nel Vangelo di Giovanni:
 “Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei
 Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il
    corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e
 portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo
avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo
   dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno
     era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei,
poiché quel sepolcro era vicino. Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di
  buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse
 allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno
 portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro
    insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro
   discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per
 terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide
  le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma
                                      piegato in un luogo a parte.”3
Onde sgomberare immediatamente il campo da possibili obiezioni si precisa subito che il termine
“bende” è, in realtà, una traduzione piuttosto forzata. Nell'originale greco troviamo “othonia”, che
significa “generici tessuti di lino”, e il fatto che il termine sia al plurale può riferirsi solo alla
possibilità che si trattasse di un lenzuolo insieme a bende. Se avesse voluto parlare espressamente di
bende, Giovanni avrebbe usato non “othonia” ma “keiriai”, come fa riguardo alla Resurrezione di
Lazzaro4. Si noti, anche, che gli altri tre evangelisti parlano espressamente di un lenzuolo:
                “Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo”5;
  “Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in
      un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro.”6;
 “Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella

1
          Dati tratti da www.sindone.org, sito ufficiale della Diocesi di Torino
2
          Cioè non dipinta da mano umana
3
          Gv. 19:38 – 20:7
4
          Gv. 11:44
5
          Mt. 27:59
6
          Mc. 15:46
quale nessuno era stato ancora deposto”7,
ma non ci dicono di quale tessuto fosse la Sindone di Gesù. Giovanni, che scrive il suo Vangelo per
ultimo, probabilmente vuole solo colmare la lacuna.
Un lenzuolo, dunque, di lino originariamente candido, un lenzuolo che, naturalmente, sparisce
immediatamente di scena con la Resurrezione.
Senza contare i numerosi errori storici che tendono a sovrapporre, piuttosto forzatamente, la
Sindone al Mandalyon , adducendo che il Mandalyon altro non sarebbe stato che la Sindone piegata
in otto parti per evitare di mostrare le nudità del Cristo8 e dimenticando che la tradizione del
Mandalyon ha un cammino profondamente diverso da quello della tradizione sindonica, si può
affermare che il lenzuolo riappare, forse, dal 1147 e, certamente, dal 13569.
Per seguire il suo tortuoso cammino fino ad oggi, tracciamo, sulla scorta di Loconsole10, una
cronologia sindonica minima sulla base dei documenti in nostro possesso.
 1147 Ludovico VII, Re di Francia, in visita a Costantinopoli, venera la Sindone dove è
   custodita.
 1171 Manuele I Comneno mostra ad Amalrico, re dei Latini di Gerusalemme, le reliquie della
   Passione, tra le quali è la Sindone.
 1204 Robert de Clary, cronista della IV Crociata, scrive nella sua opera “La conquête de
   Constantinople” che prima della caduta di Costantinopoli (14 aprile 1204) in mano ai crociati
   occidentali, una Sydoine veniva esposta ogni venerdì nella Chiesa di S. Maria di Blachernae e
   che su quel telo la figura del Cristo era chiaramente visibile; "Ma - aggiunge - nessuno sa ora
   cosa sia avvenuto del Lenzuolo dopo che fu conquistata la città". La Sindone sparisce così da
   Costantinopoli ed è probabile che il timore della scomunica esistente per i ladri di reliquie ne
   abbia provocato l'occultamento. Molti indizi fanno pensare che fu portata in Europa e
   conservata per un secolo e mezzo dai Templari.
 1205 (1 agosto) Atene. Teodoro Angelo, della famiglia del deposto imperatore di Costantinopoli,
   scrive al papa Innocenzo III lamentando le spoliazioni subite dalla città ad opera dei Crociati,
   ed in particolare chiedendo la restituzione della Sindone del Signore, che gli risulta conservata
   ad Atene presso i discendenti di Othon (Ottone) La Roche.
 1208 Pons de la Roche dona ad Amadeus de Tramelay, Arcivescovo di Besançon, la Sindone che
   suo figlio Othon de la Roche, Duca Latino di Atene, gli aveva inviato da Costantinopoli.
 1314 I Templari, ordine cavalleresco crociato, sono condannati al rogo come eretici. I Templari
   sono accusati di praticare un culto segreto ad un misterioso “Volto” somigliante al volto della
   Sindone. Uno di essi si chiamava Geoffroy de Charny.
 1349 Il 6 marzo durante l'incendio della cattedrale di Besançon scompare la Sindone.
 1356 Lirey. Geoffroy del Charny, cavaliere crociato omonimo del precedente, consegna la
   Sindone ai Canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia. Il prezioso telo era in suo possesso da
   almeno tre anni. Sua moglie, Jeanne de Vergy, è una pronipote di Othon de la Roche.
 1389 Pierre d’Arcis, vescovo di Troyes, proibisce l’ostensione della Sindone.
 1453 Chambery. Marguerite de Charny, discendente di Geoffroy, cede il Lenzuolo ad Anna di
   Lusignano, moglie del duca Ludovico di Savoia, che lo custodirà a Chambéry. Fu quindi nel
   1453 che avvenne il trasferimento della Sindone ai Savoia, nell'ambito di una serie di atti
   giuridici intercorsi tra il duca Ludovico e Marguerite.
 A partire dal 1471, Amedeo IX il Beato, figlio di Ludovico, incominciò ad abbellire ed
   ingrandire la cappella del castello di Chambéry, capitale del Ducato, in previsione di una futura
   sistemazione della Sindone. Dopo una iniziale collocazione nella chiesa dei francescani, la
   Sindone venne definitivamente riposta nella Sainte-Chapelle du Saint-Suaire. In questo contesto
   i Savoia richiesero ed ottennero nel 1502 dal Papa il riconoscimento di una festa liturgica
   particolare per la quale fu scelto il 4 maggio.
 1532 (notte fra il 3 e il 4 dicembre) Incendio a Chambéry. L’urna di legno rivestita d’argento

7
          Lc. 23:54
8
          Cfr. M. Loconsole, Sulle tracce della Sacra Sindone, Bari, Ladisa, 1999, pag. 71
9
          Cfr. G. Pagliarino, La misteriosa Sindone di Torino, Morrisville, Lulu Enterprises, 2000, passim
10
          Cfr. M. Loconsole, citato
che custodisce la Sindone ha un lato carbonizzato ed alcune gocce di metallo fuso rovinano i
    diversi strati ripiegati. Due anni dopo le Clarisse riparano le aree della Sindone distrutte dal
    fuoco. Le clarisse usarono la tela d'Olanda come fodera di sostegno.
   1578 (14 settembre, festa della S. Croce) Torino. Emanuele Filiberto trasferisce la Sindone a
    Torino, per abbreviare il viaggio a san Carlo Borromeo che vuole andare a venerarla per
    sciogliere un voto. Da allora le ostensioni si succedono per particolari celebrazioni di Casa
    Savoia o per Giubilei
   1694 (1° giugno). Sistemazione definitiva della Sindone nella Cappella eretta dall’arch. Guarino
    Guarini, annessa al Duomo di Torino. In quell’anno il beato Sebastiano Valfrè rinforza i
    rattoppi e i rammendi.
   1898 (25 maggio - 2 giugno) Ostensione della Sindone nei giorni tra il 25 e il 28 maggio: viene
    realizzata la prima fotografia della Sindone dall’avv. Secondo Pia. Da quel momento si scoprì
    che l’immagine sindonica è un negativo fotografico. Iniziarono così i primi studi scientifici
    soprattutto di anatomia e di medicina legale.
   1969 (16-18 giugno). Ricognizione della Sindone da parte di una commissione di studio
    nominata dal card. Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino. Prime fotografie a colori,
    eseguite da Giovanni Battista Judica Cordiglia.
   1978 – Celebrazione del IV Centenario del trasferimento della Sindone da Chambéry a Torino,
    con ostensione pubblica dal 26 agosto all’8 ottobre. Al termine dell’ostensione dall’8 al 14
    ottobre, 40 scienziati, prevalentemente statunitensi appartenenti allo Sturp (Shroud of Turin
    Research Project), effettuano misure ed analisi per 120 ore consecutive al fine di compiere
    un’indagine scientifica multidisciplinare.
   1983 (18 marzo). Muore Umberto II di Savoia; per sua disposizione la Sindone è donata al papa
    che ne affida la custodia all’arcivescovo di Torino.
   1988 (21 aprile). Dalla Sindone viene prelevato un campione di tessuto per sottoporlo alla
    datazione con il metodo del Carbonio 14 (diviso in tre è esaminato dai laboratori incaricati di
    Tuxon, Oxford e Zurigo). In base a questa analisi, la Sindone risalirebbe al medioevo, ad un
    periodo compreso tra il 1260 ed il 1390 d.C. Le modalità dell'operazione di prelievo e
    l'attendibilità del metodo per tessuti che hanno subito vicissitudini come quelle della Sindone
    sono però ritenute insoddisfacenti da un numero rilevante di studiosi.
   1997 (notte tra l’11 e il 12 aprile). Un incendio provoca gravissimi danni alla Cappella della
    Sindone. Fortunatamente dal 1993 il Lenzuolo era stato trasferito nel Duomo a causa dei lavori
    di restauro della Cappella. Questo fatto ha permesso ai Vigili del Fuoco di avvicinarsi alla
    speciale teca di cristallo per romperla e salvare la Sindone. Il 14 aprile una commissione di
    esperti, composta anche dal cardinale Giovanni Saldarini, ha esaminato lo stato del Lenzuolo. È
    stato constatato che nessun danno si è verificato.
   2000 (12 agosto 22 ottobre). Ostensione solenne per il grande Giubileo, l’ostensione più lunga
    della storia. Il 6 novembre una seconda teca, sintesi della tecnologia, viene presentata nella sede
    torinese di Alenia all’Arcivescovo Severino Poletto. Qui la Sindone può essere tenuta distesa in
    presenza di un gas inerte. La precedente teca basculante verrà usata solo per le Ostensioni. Dal
    2 al 4 novembre uno scanner, adattato alle necessità, è stato infilato tra la parte posteriore del
    lino della Sindone e il "telo d'Olanda", supporto su cui la Sindone stessa venne cucita dalle
    suore Clarisse di Chambéry dopo l'incendio del 1532. La lettura con lo scanner viene effettuata
    dal prof. Paolo Soardo dell'Istituto Nazionale Galileo Ferraris di Torino. Oltre all'esame con lo
    scanner, è stata effettuata una serie completa di fotografie, in bianco e nero e a colori, destinate
    soprattutto alla comunità scientifica. La Sindone è stata riposta nella nuova teca il 22 dicembre
    2000.
   2002 (20 giugno - 23 luglio). La Sindone è stata sottoposta ad un notevole intervento di restauro
    che ha comportato la rimozione di quello operato dalle suore Clarisse di Chambéry nel 1534.
    Tutti i rappezzi sono stati asportati e tutti i bordi carbonizzati dei fori sono stati raschiati via. I
    fori sono quindi divenuti più grandi e sono stati lasciati scoperti. Sul retro della Sindone è stata
    cucita, con aghi ricurvi e filo di seta, una nuova tela che risale a una cinquantina d'anni fa.
    Inoltre è stata effettuata la scansione digitale completa sia sulla superficie dove è visibile
l'immagine dell'Uomo della Sindone, sia sul retro che è tornato poi ad essere nascosto dalla
    nuova fodera. Infine è stata realizzata una documentazione fotografica completa e sono stati
    operati alcuni prelievi di materiale. Le motivazioni addotte dalla commissione che ha operato
    (non è stato reso noto però un elenco dei membri) riguardano la riduzione del problema delle
    pieghe esistenti sul telo, la tensione irregolare e incontrollata provocata dai punti di cucitura e
    la limitazione dei danni dovuti alla presenza di residui carboniosi. Inoltre le condizioni di
    pulizia della fodera erano ritenute assai preoccupanti e sotto le toppe si erano accumulati per
    quasi cinque secoli polvere e detriti, oltre ai frammenti di tessuto carbonizzato. L'intervento ha
    suscitato notevoli perplessità fra molti studiosi della Sindone: infatti non appariva necessario e
    urgente un intervento così drastico. Probabilmente sono anche andate perdute diverse possibili
    informazioni sull'oggetto.
Cosa si può affermare sulla base di tale cronologia?
Innanzitutto, che le due diverse datazioni della “apparizione” della Sindone in occidente (1147 –
1356) derivano da una possibile confusione, ancora una volta, tra Mandalyon e Sindone.
Formalmente, infatti, in greco “syndon” significa semplicemente “pezzo di stoffa di lino spigato”,
una definizione che si adatterebbe perfettamente ad entrambe le reliquie, ragion per cui nulla ci
permette di affermare con sicurezza che i cronisti medioevali, incluso Robert de Clary, si riferissero
all'uno o all'altro oggetto, mentre solo dalla “donazione” di Geoffroy de Charny possiamo parlare
con certezza della Sacra Sindone così come noi la conosciamo.
In secondo luogo, possiamo chiaramente sgomberare il campo delle curiose teorie, che si
susseguono da secoli, ma che hanno avuto nuovo impulso con le recenti pubblicazioni in materia11,
che vorrebbero una Sindone creata addirittura da Leonardo da Vinci. Ora, tenendo conto che la
donazione di Geoffroy del Charny avviene circa 96 anni prima della nascita del genio vinciano e
che, con completa ed assoluta certezza, la Sindone passò definitivamente ai Savoia quando questi
aveva solo un anno, possiamo dare per piuttosto assurdo ogni accostamento tra il presunto sudario
di Cristo e il grande artista rinascimentale. Per la stessa ragione, appaiono ugualmente paradossali
altre teorie12 che addirittura vorrebbero Leonardo creatore di una tecnica fotografica in grado di
spiegare l'acheropitia sindonica13.
La questione più dibattuta in ambito sindonico rimane, comunque, sempre in relazione alla
cronologia degli eventi, il risultato dell'analisi C14 del 1988. Da alcune parti14 si è parlato
addirittura di un complotto da parte dei ricercatori incaricati che, in accordo con il Vaticano,
avrebbero voluto screditare la Sindone perché “solo un corpo ancora in vita avrebbe potuto produrre
una immagine simile”15 e ciò avrebbe tolto credito della resurrezione del Cristo.
Ovviamente, si tratta di autentiche assurdità: anche se l'ipotesi riguardante la possibilità di lasciare
tracce solo per un corpo vivo avesse una qualche validità (ed è già di per sé molto discutibile), non
si vede la ragione per cui Michael Tite, direttore dei lavori d'analisi, il British Museum, incaricato
delle analisi stesse dal Vaticano e i laboratori che hanno eseguito la datazione avrebbero dovuto
prestarsi ad un gioco illogico, mettendo a repentaglio reputazione e credibilità ineccepibili, per
creare un falso assolutamente evitabile (sarebbe bastato che la Chiesa non avesse dato il nullaosta
per i prelievi per ottenere lo stesso risultato).
Anche le presunte ricerche dello scienziato russo Dmitri Kouznetsov che, tra il 1994 e il 1996,
aveva pubblicato numerosi articoli su riviste specializzate, fornendo prove pseudo-scientifiche su
“errori” di datazione nell'esame del 1988, errori che, non tenendo conto della composizione
cellulosica del lenzuolo e delle variazioni isotopiche connesse all'incendio del 1532, se corretti,
11
              Cfr., in particolare, V. Haziel, La Passione secondo Leonardo, Milano, Sperling, 2005, passim
12
               Cfr. L. Picknett, C. Prince, La Rivelazione dei Templari, citato, passim
13
               Tesi, per altro, non nuova: di fotografia aveva parlato già Nicholas Allen (cfr. Nicholas P.L. Allen, An
     Overview of the Photographic Hypothesis for Image Formation as it Applies to the Shroud of Lirey-Chambéry-
     Turin, in AA.VV., Approfondimento Sindone, Pontremoli, Centro Studi Medioevali, Anno II Vol. I, 1998, pgg. 25-
     42) che aveva dimostrato la sostanziale fattibilità tecnica di una fotografia con metodi medioevali, ma che non
     aveva assolutamente spiegato la mancanza di prospettiva sindonica, prospettiva che avrebbe dovuto,
     necessariamente, apparire in ambito fotografico.
14
               H. Kersten , E. R. Gruber, The Jesus Conspiracy, Longmead , Element Books Ltd, 1994, passim
15
               H. Kersten , E. R. Gruber, citato, pag. 16
avrebbero dovuto riportare la datazione originaria del lino più di mille anni indietro, sono state
ampiamente e definitivamente screditate dall'italiano Gian Marco Rinaldi sulla rivista ufficiale del
CICAP16.
Insomma, in definitiva, la datazione ufficiale del 1988 appare sostanzialmente corretta: tutte le
prove sperimentali sono state eseguite correttamente e anche i riscontri con i campioni di controllo
(un frammento di lino del XI-XII secolo trovato in una tomba cristiana in Egitto, un frammento di
sudario tebano del 7 d.C., alcuni fili del piviale di San Luigi d'Angiò del XIII secolo) hanno fornito
dati altamente coerenti con le reali età certe di tali manufatti, convalidando la tesi di una
falsificazione storica della Sindone.
Inutile, però, dire che molti dubbi continuano a sussistere, anche al di là delle analisi scientifiche,
soprattutto in relazione ad alcuni elementi:
1) il tessuto sindonico, con la sua lavorazione a spina di pesce, è pienamente coerente con i sistemi
    di tessitura dell'ambiente siriano-palestinese del I secolo;
2) la composizione del tessuto, con tracce di cotone (non presente in Europa nel periodo coevo), ma
    senza alcuna traccia di fibra di origine animale, appare perfettamente in consonanza con le Leggi
    di purezza17 dell'ambiente ebraico;
3) l'esame dei pollini collima perfettamente con i risultati ottenibili da qualunque tessuto di
    provenienza mediorientale;
4) i segni della crocifissione, con i chiodi infissi nella zona dei polsi, appaiono in linea con le
    necessità biomediche di sostegno di un corpo umano, mentre nel periodo tardo-medioevale si era
    certi (come risulta da tutta l'iconografia coeva) che la crocifissione di Yeshua fosse avvenuta
    piantando chiodi nei palmi delle mani (con una modalità che non avrebbe permesso il sostegno
    del corpo);
5) ) dall'analisi tridimensionale dell'immagine sindonica appare chiaramente che le monete poste a
    chiusura delle palpebre dell'uomo della Sindone furono coniate nel periodo di governo di Ponzio
    Pilato;
6) dal testo evangelico non risulta, contrariamente a quanto normalmente in uso in caso di
    sepoltura giudaica, che il corpo di Yeshua venisse lavato, ma solo cosparso di unguenti ed
    effettivamente, sulla Sindone appaiono grumi di sangue (fattore non riscontrato su altri sudari del
    I secolo) e tracce di unguento (come normale nel periodo in esame).
Allo stesso modo, però, è anche vero che esistono numerose ricerche, sia scientifiche che storico-
filologiche, i cui risultati, al di là della datazione C14, possono instillare ulteriori perplessità sulla
autenticità del telo:
1) stranamente non sono state trovate tracce di polline d'ulivo, cioè della pianta più presente
    nell'area di Gerusalemme del I secolo18;
2) esami balistici e biologico-ematici, condotti da Alan Mills19, hanno dimostrato che le traiettorie
    del sangue coagulato presente sulla Sindone non sono compatibili con una classica crocefissione
    romana. Le braccia, infatti, non risultano essere disposte “in linea”: il braccio destro doveva
    essere sollevato, più o meno perpendicolarmente rispetto alla posizione del braccio sinistro, cosa
    possibile solo nel caso in cui l'uomo della Sindone fosse stato inchiodato non ad una croce, ma
    ad un'asse rettangolare.
3) esami empirici condotti da Knight e Lomas20 hanno dimostrato che, per ottenere per
    autossidazione21 una immagine come quella della Sindone, il corpo non poteva essere stato
16
                Cfr. Scienza e Paranormale, N.42, maggio-giugno 2002
17
                Cfr. Det. 22, 11
18
                Cfr. J. Nickel, Inquest on the Shroud of Turin: Latest Scientific Findings, Amherst, Prometheus Books,
     1998, pgg. 112-121
19
                Cfr. A.Mills, Image Formation on the Shroud of Turin , Interdisciplinary Science Reviews, December
     1995, 20(4):319-327
20
                Cfr. C.Knight, R. Lomas, Il secondo Messia, Milano, Mondadori, 1998, pgg. 178-184
21
                Il processo di formazione dell'immagine acherotipa più accreditato da vari studiosi. Certamente è da
     rigettare l'ipotesi di Isabel Piczek (cfr. I. Piczek, Is the Shroud of Turin a Painting?, www.shroud.com) che
     l'immagine sindonica possa in qualche modo essere stata ottenuta attraverso più mani di colore progressivamente
     scrostate.
deposto su una superficie liscia (come nel caso di un sepolcro ebraico scavato nella roccia), ma
    su una superficie morbida (un letto, dei cuscini...), il che contrasta completamente con la
    versione evangelica della sepoltura (anche in caso di rigor mortis che, comunque, seguendo la
    tempistica biblica, non avrebbe potuto ancora essere presente al momento della deposizione nel
    sepolcro). Ciò non significa, comunque, che si possa conferire validità all'ipotesi, fantasiosa,
    improbabile e strumentale, dei due autori, di una Sindone che, in realtà, sarebbe stata solo un
    lenzuolo usato per ricoprire Jacques de Molay, ultimo sfortunato Gran Maestro dei Templari,
    dopo le torture ricevute dagli sgherri di Filippo il Bello;
Come è possibile rilevare dalle notazioni precedenti, il caso è, anche al di là della datazione
radiocarbonica, ancora aperto e misterioso.
Di fatto, però, a conclusione di queste brevi note, è utile sottolineare un elemento di estrema
importanza.
I Vangeli, per le loro interpolazioni, stratificazioni e, ovviamente, per le loro narrazioni a tesi,
possono essere solo parzialmente utilizzati come fonti storiche totalmente attendibili. In particolare,
riguardo al processo di Yeshua, il racconto si pone evidentemente in chiave anti-storica, non fosse
altro, al di là di altre questioni di natura politica e storica su cui non è in questa sede il caso di
soffermarsi, che per il fatto che una doppia condanna (fustigazione e crocefissione) era
rigorosamente vietata dalla legislazione romana coeva, così come lo era la tortura (corona di spine
conficcata nel capo di Yeshua) inflitta ai condannati a morte in fase immediatamente precedente
all'esecuzione22.
Ebbene, analizzando quanto emerge dell'esame dell'immagine sindonica, non si può fare a meno di
notare che essa collima perfettamente con il racconto evangelico. Nel momento in cui, però, tale
racconto risulta storicamente inverosimile ed evidentemente alterato per sottolineare alcuni aspetti
teologici e storici “a tesi”, anche la verosimiglianza della raffigurazione sindonica dovrebbe venire a
cadere, in quanto prodotto di un processo, sicuramente ancora misterioso nei suoi contorni fattuali,
posteriore alla redazione dei Testi a cui fa riferimento.

Http://www.lawrence.altervista.org

22
           Cfr. C. Applewhite, De iure romano, Oxford, O.L.S.P., 1993, pgg. 453-455.
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