MITO IN PSICOTERAPIA Marco Alexander Danziger - Armando Editore
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Marco Alexander Danziger MITO IN PSICOTERAPIA ARMANDO EDITORE DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 3 15/10/18 14:58
Sommario Introduzione 7 Capitolo primo Che cosa è il mito? 12 1. Mito: Definizione e caratteristiche da una prospettiva 12 antropologica 2. Mito e fiaba a confronto 19 Capitolo secondo Mito e psicologia: I principali contributi teorici 22 1. Il mito per Sigmund Freud 23 2. Il mito per Karl Abraham 28 3. Il mito per Otto Rank 31 4. Il mito per Wilfred Bion 33 5. Il mito per Carl Gustav Jung 37 5.1 La struttura della psiche secondo Jung 38 5.2 Il contenuto dell’Inconscio Collettivo: gli Archetipi junghiani 40 5.3 Il processo di Individuazione attraverso l’integrazione 44 dell’immaginario archetipico 5.4 La funzione del simbolo e l’importanza del mito 49 6. Hillman e la valle del fare anima 53 Capitolo terzo La psicopatologia nel Mito 55 1. Narciso 59 2. Il Rapimento di Kore e l’Anoressia 63 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 5 15/10/18 14:58
3. Cassandra e l’Ipocondria 70 4. Lo smembramento di Osiride e la dissociazione 73 5. L’attacco di Pan 76 6. La Nascita della Coscienza: Il Mito di Marduk 81 7. Il Mito nella Psicologia: L’eroico Viaggio 83 del paziente schizofrenico Capitolo quarto L’utilità clinica del mito per la psicoterapia 89 1. L’uso del mito per l’interpretazione ed integrazione 90 della simbologia inconscia 2. La funzione mitopoietica e di stimolazione dell’attività 94 simbolica inconscia del mito 3. Il mito come modello cognitivo per l’integrazione 96 e organizzazione psichica dell’esperienza 4. Il mito come strumento di ri-narrazione della storia del paziente 98 5. Il mito come espressione del linguaggio metaforico 102 6. La funzione rassicurante ed aggregante del mito 105 Capitolo quinto L’implementazione concreta del mito nella pratica 106 clinica 1. Esposizione passiva al mito dentro e fuori dal setting terapeutico 106 2. Mettere in atto il mito: Lo psicodramma come rito 110 Conclusioni 114 Bibliografia 118 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 6 15/10/18 14:58
Introduzione Mitologia e Psicologia sembrano essere inestricabilmente legate sin dagli albori della psicoanalisi di Sigmund Freud, che proprio dalla mitologia greca attinse per definire due concetti divenuti pilastri del suo metodo: il complesso di Edipo (Freud, 1924/1978) e il Narcisismo (Freud, 1914/1975). Freud (1912/1969) così come il suo collega ed allievo Abra- ham (trad. 1971), si interessò in particolar modo a ricercare nelle narrazioni mitologiche delle popolazioni primitive che ancora abitano la terra, come quelle ad esempio di alcune tribù africane o degli Aborigeni australiani, le prove che avrebbero in qualche modo validato il suo pionieristico modello di funzionamento del- la psiche, giungendo così a sottolineare come i mitologemi fos- sero il frutto della proiezione di contenuti profondi della mente umana, e perciò custodi di processi ed affetti appartenenti ad un regno ctonio, sotterraneo, che oggi il grande mito della psicoana- lisi chiama Inconscio. Freud e Abraham non furono certo i soli ad interessarsene. Come verrà esposto nei capitoli seguenti, infatti, i contribu- ti su questo argomento giungono a noi da molti autori diversi, come Rank (1909/1987), Bion (1951/1962), Jung (1912/1965) e Hillman (1983/1984), che seppur ideatori o seguaci di modelli teorici fondati su presupposti anche radicalmente diversi tra loro, hanno tutti trovato nel mito un elemento che su di essi esercitò una grande fascinazione e a cui attribuirono spesso una notevole rilevanza clinica. 7 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 7 15/10/18 14:58
Interessanti sono per esempio le osservazioni sul mito di Otto Rank (1909/1987), che studiò dettagliatamente gli elementi co- stitutivi del mito dell’eroe, il cui nucleo narrativo di base si ri- propone con qualche variante, nelle narrazioni mitologiche di popolazioni molto diverse tra loro, come quelle greche, sumere o nordiche, ed esprime simbolicamente il percorso dell’Io del bam- bino verso l’emancipazione ed autonomia. Si pensi ancora all’acuta analisi di Fromm (1951/1962), sulle implicazioni mitologiche del passaggio da società matriarcali e quelle di stampo patriarcale. Altre brillanti osservazioni sul mito sono state fatte da Wilfred Bion (1951/1962), che collegò l’uso dei mitologemi in ambito clinico alla nota funzione alfa, costrutto centrale nel suo modello della psiche, che verrà esposto nel capitolo 2. Una parte del medesimo capitolo sarà inoltre dedicata al pen- siero di Carl Gustav Jung, che diede un’importanza psicologica al mito che non ha precedenti. Egli definiva i simboli espressi attraverso il mito come numinosi (Jung, 1967/1980), capaci di esercitare cioè un fascino quasi religioso sulla mente dell’uomo ancora oggi. All’interno della sua teoria degli archetipi dell’in- conscio collettivo, i miti rivestono un ruolo imprescindibile che verrà dettagliatamente analizzato nel corso di questo lavoro. Seguirà all’interno dello stesso capitolo anche una breve di- sanima del pensiero di Hillman, allievo di Jung, che esalta qua- si all’estremo il ruolo del mito e del pensiero immaginale nel- la realizzazione e nella cura della psiche dell’uomo (Hillman, 1989/1996). Lo scopo del presente lavoro, è quello di dimostrare come il mito non sia da intendere meramente nella sua diffusa acce- zione di antica narrazione di fantasia o di finzione, ma andrebbe piuttosto elevato ad una condizione di dignità superiore, recupe- randolo dalla polverosa cantina in cui è stato relegato, a causa dell’imperante pensiero ultra-razionalistico e scientista del no- stro tempo. Non sorprende che siano stati proprio i grandi pio- nieri della psicoanalisi dello scorso secolo a volgere nuovamente 8 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 8 15/10/18 14:58
lo sguardo al mito, forse perché la rivelazione dell’inconscio ha aperto l’uomo ad una ricca e complessa dimensione, in cui all’importanza del ragionare si è affiancata quella del sentire. Il mito potrebbe essere considerato, per l’appunto, un modo di sentire e restituire significato a ciò che con la sola raziona- lità non comprendiamo. Del resto, la parola mito, così come la parola mistero, pare derivare dal verbo greco myo, traducibile come l’atto di chiudere gli occhi. Esso trascenderebbe perciò il regno dell’intelletto e dell’immediatamente visibile, esercitan- do un potere magnetico sull’individuo poiché parla nella lingua dell’inconscio, una lingua eterna ed universale. Si argomenterà di seguito come vi siano buone ragioni per ritenere che esso non sia una narrazione che può passare di moda o cessare di esistere, poiché l’attività mitopoietica sembra essere intrinseca alla natura umana, e veicola, seppure con modalità diverse nel tempo e nello spazio, contenuti che sono perenni. Questi emergono nel quoti- diano vivere dell’individuo, intento da sempre ad esprimere il proprio mito individuale (Campbell, 1988/2012), colmo di prove da fronteggiare e costellato da occasioni di trasformazione e rina- scita. I sogni, la poesia, la pittura e i film, traboccano tutt’oggi di quegli stessi motivi e simboli mitologici che hanno accompagna- to l’uomo millenni fa (Campbell, 2004/2012). Come afferma lo psicoanalista Rollo May (1991): Il mito […] è una verità eterna. A differenza della verità empiri- ca, che può mutare di giorno in giorno con le più recenti scoperte scientifiche, il mito trascende il tempo. Che un uomo chiamato Adamo e una donna chiamata Eva siano realmente esistiti non ha la minima importanza. Il mito di Adamo ed Eva continua a pro- porre un’immagine della nascita e dello sviluppo della coscienza umana che si può applicare a tutti i popoli di tutte le epoche e di tutte le religioni (May, 1991; p. 12). Il mito parla dell’uomo, delle sue sofferenze, ma anche del suo coraggio e della possibilità di redenzione. Ecco perché dopo 9 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 9 15/10/18 14:58
aver trattato i contributi teorici principali su questo argomento, verranno analizzati anche alcuni dei miti più celebri, allo scopo di illustrare come questi antichi costrutti psichici possano essere considerati rappresentanti simbolici di modalità di funzionamen- to evolutive ma anche psicopatologiche che caratterizzano la psi- che, offrendo così utili chiavi di lettura e interessanti spunti di intervento al clinico. Il mito si fa portavoce della sofferenza umana, attraverso le tragiche vicende dei suoi personaggi, vicende non dissimili da quelle che l’uomo moderno racconta sul lettino (Campbell, 2012; Hillman, 1984). Il mito può essere visto come una forma di narrazione este- riorizzata con cui la psiche si racconta, e nelle sue trame, perciò, ritroviamo l’impronta dei processi mentali che lo hanno genera- to. Esso però, come si avrà modo di illustrare nei capitoli 4 e 5, non si limita ad offrirci in forma immaginale una visione sullo scenario inconscio dell’essere umano, così come è stato espli- citato quando ancora la mente versava in uno stato di maggior primitività filogenetica, ma può giocare attivamente nel presente un ruolo decisivo nella relazione clinica col paziente, che si trova aiutato dai grandi miti dell’umanità a realizzare il proprio destino individuale, ricollocandolo in un grande e ciclico processo del divenire, che dona significati ed energia per l’evoluzione della coscienza (Perry, 1974/1980; Campbell 2004/2012; May, 1991). Il linguaggio simbolico del mito può rimettere in contatto l’uomo con la propria profondità, e con i suoi temi di rinascita può con- durlo alla guarigione. Forse uno dei grandi problemi del nostro tempo è stato proprio quello di esserci privati dei grandi miti (Campbell, 2004), di un sistema simbolico da cui il collettivo potesse attingere, per do- nare significato alle proprie esperienze interiori. Essi compaiono nelle nostre produzioni inconsce, ma abbiamo smesso di dar loro ascolto. Eliade (1957/1976) afferma: «Il mondo moderno non ha completamente abolito il comportamento mitico, ne ha soltanto rovesciato il campo d’azione: il mito non è più dominante nei 10 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 10 15/10/18 14:58
settori essenziali della vita, è stato “rimosso” sia nelle zone oscu- re della psiche, sia in attività secondarie o anche irresponsabili della società» (Eliade, 1957/1976; p. 27). Che sia in una seduta individuale o di gruppo, il terapeuta con- sapevole del potere del mito ha uno strumento formidabile a sua disposizione, col quale organizzare il pensiero, donare significati e canalizzare le energie psichiche in una direzione trasformativa. All’interno di questo lavoro, non verrà adottata una specifica prospettiva teorica, ma si analizzeranno le proprietà terapeutiche intrinseche del mito secondo diversi modelli psicologici psico- dinamici, al fine di evidenziare come i miti, anche se adoperati secondo modalità diverse, possano rappresentare un punto di rac- cordo tra modelli psicologici differenti. Sarà inoltre obiettivo di questo lavoro sostenere la tesi secon- do cui un prodotto narrativo così antico come il mito, retaggio di un’umanità ai suoi albori, sia tutt’oggi un valido strumento clinico per il terapeuta, in quanto espressione di contenuti uni- versali della natura umana che ancora oggi trovano modalità di espressione. Sarà però necessario per il clinico tendere l’orecchio, e sentire ciò che gli dei avranno da raccontare. 11 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 11 15/10/18 14:58
Capitolo primo Che cosa è il mito? All’interno del primo capitolo di questo lavoro, verrà fornita una definizione di mito, una sua contestualizzazione storica e una analisi delle sue caratteristiche principali, in particolar modo da un punto di vista antropologico. Nel capitolo 2 invece verranno trattate le osservazioni fatte sul mito da esponenti della psicolo- gia psicodinamica. Inoltre all’interno di questo capitolo, un breve paragrafo sarà dedicato alla disanima delle differenze e dei punti di contatto tra mito e fiaba, poiché entrambe queste forme narrative sembrano possedere delle proprietà cliniche, e le applicazioni psicoterapeu- tiche documentate in letteratura dell’una, potrebbero influenzare positivamente modalità applicative dell’altra, e viceversa. 1. Mito: Definizione e caratteristiche da una prospettiva antropologica La parola mito deriva dal greco mythos, che significa parola, racconto, discorso (Bertoletti, 1986). Essa indica una forma di narrazione con carattere di sacralità, risalente all’epoca primitiva della storia dell’umanità. Tramandato in forma orale e poi an- che scritta con un linguaggio metaforico e simbolico, descrive un primordiale tempo extratemporale, un passato che attraverso le sue continue ripetizioni si dimostra ciclico ed eterno (Campbell, 12 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 12 15/10/18 14:58
1988/2012). I mitologemi che lo costituiscono, ovvero gli antichi nuclei originari dei miti sui quali questi si sono poi sviluppati, parlano di dei, mostri, eroi, viaggi negli inferi e della creazione dell’universo. Non è semplice stabilire con certezza quando siano nati i miti. Campbell (2004/2012) suddivide la storia dell’umanità e della mitologia in tre grandi periodi. Il primo periodo, quello primiti- vo, si estenderebbe dalla nascita della coscienza, fino alla nascita della scrittura (collocabile all’incirca intorno al 3500 a.C.). Lo- calizzare temporalmente la nascita della coscienza non è tuttavia un’impresa facile. Per comprendere però il grado di antichità del mito può essere utile citare concretamente alcuni esempi, come quello delle narrazioni mitiche delle tribù Aborigene australiane. Alcuni studi (Dixon, 1972), rivelano come molte narrazioni miti- che degli Aborigeni, descrivano aspetti paesaggistici, così come eruzioni vulcaniche, realmente presenti almeno 10000 anni fa sul continente Australiano. Secondo Campbell (1988/2012) inoltre, la prova dell’esistenza di un pensiero di stampo mitico si trova nei riti di sepoltura, attuati già dall’uomo di Neanderthal nel Paleoli- tico. Il secondo periodo storico descritto dall’autore (Campbell, 2004/2012) sarebbe quello che si estende dal 3500 a.C. fino al Rinascimento. È l’epoca della scrittura e della nascita delle gran- di civiltà, come quelle mesopotamiche, indiane, egizie, greche e cinesi con i loro rispettivi repertori mitologici. La terza epoca è quella dello sviluppo del pensiero scientifico, della meccanizza- zione ed industrializzazione con i suoi miti tecnologici. È caratte- rizzato della nascita di una civiltà globale interamente nuova. Secondo il noto mitologo Karoly Kerenyi (1972/2012) il mito è un fenomeno che «per profondità, durata e universalità è pa- ragonabile soltanto alla natura stessa» (Kerenyi, 1972/2012; p. 13). Per l’autore la mitologia è di fatto un’arte, caratterizzata da un’antica massa di materiale narrato e tramandato in forme note, suscettibile però di modificazioni e rinnovamento. La mitologia avrebbe un carattere fondativo, non solo nel limi- tato senso di offrire delle spiegazioni o delle cause agli interrogativi 13 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 13 15/10/18 14:58
umani, ma costituirebbe secondo Kerenyi (1972/2012) il fonda- mento del mondo, che riposa tutto sui suoi mitologemi. All’interno di una cultura quindi, il mito incarnerebbe un elemento paradigma- tico rispetto al quale vengono definiti i significati ed i modelli di comportamento sulla base dei quali gli individui pensano ed agi- scono. Come sostiene Hillman (1983/1984) il mito costituisce la trama narrativa che dà significato al modo in cui gli uomini vivono e alle storie che vi si intrecciano. Ogni popolazione che abita questo mondo, che si tratti di quel- la greca, eschimese o indiana, per quanto differente storicamente e geograficamente dalle altre, affonda le proprie radici nel mito (Campbell, 1984/2008): si pensi all’Epopea di Gilgamesh, di ambientazione sumerica, risalente a 4500 anni fa, o ai miti gre- ci come l’Odissea di Omero o quelli della Theogonia di Esiodo, da ricondurre all’VIII secolo a.C. E poi la ricchissima mitologia Egizia, quella Norrena, Celtica, Azteca, Romana e via dicendo. Per queste antiche civiltà, il mito non costituiva la semplice nar- razione di un racconto, ricco di fatti inventati come quelli che si possono leggere in un romanzo, ma una realtà vissuta, caratterizza- ta da episodi che si credeva fossero realmente accaduti e che conti- nuavano a influenzare il destino dell’uomo (Kerenyi, 1972/2012). Brelich (1961/1962 citato in Bertoletti, 1986) sottolinea come i greci, per esempio, avessero due tradizioni distinte di interpre- tazione del mito, una allegorica e una evemerica: quest’ultima in particolare, interpreta il mito come una riproposizione di antiche vicende storiche realmente accadute ma deformate dalla fantasia dei posteri, come una sorta di protostoria. Sempre secondo Brelich (citato in Bertoletti, 1986) i miti narrano specifici eventi e l’origine di ciò che le popolazioni ri- tenevano importante. Tra gli eventi importanti egli annovera le condizioni cosmiche (ad esempio il corso del sole o la distanza tra cielo e terra), le condizioni umane (la morte, la generatività), le condizioni sociali ed economiche (origini della caccia, dell’a- gricoltura, del matrimonio e delle istituzioni) e infine i miti delle istituzioni della società (miti di fondazione, divieti, norme). 14 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 14 15/10/18 14:58
Attraverso il mito dunque le antiche civiltà hanno spiegato i fenomeni della natura e l’esperienza del trascendente, hanno cre- ato significati, valori e profili teologici. Sul mito hanno fondato la società e la propria cultura. Giordano Fossi (1990) individua schematicamente nei miti: –– la descrizione di una realtà, attraverso la quale definire e signi- ficare la dimensione naturale e storica; –– un’espressione del mondo soprannaturale, che mette l’uomo in contatto con l’esperienza sacra dell’ignoto e del trascen- dente; –– una particolare modalità di pensiero (prelogico, metaforico, archetipico), in opposizione alla modalità del logos razionale, causale e deduttivo. Interessanti considerazioni sul mito giungono anche da altri autori. Lo storico delle religioni ed antropologo Mircea Eliade (1956/1973), per esempio, spiega come i miti non siano il con- trario della realtà, intesi nella loro accezione di favola o vicenda fantastica, ma ierofanie, quindi rivelazioni del sacro, che giustifi- cano la realtà esistente per mezzo di esseri e vicende soprannatu- rali (Eliade, 1949 citato in Fossi, 1990). Egli aggiunge inoltre, e in questo si avvicina molto a Jung (1912/1965), che gli archetipi presenti nei temi mitologici si ripresentano nei sogni e nella psi- cologia del profondo, esercitando un intenso fascino sull’uomo, poiché attraverso le narrazioni del mito, egli si sente parte di un mondo articolato e significante. Secondo l’autore (Eliade, 1993 citato in Bertoletti, 1986), i mitologemi delle diverse culture del mondo ripropongono delle costanti mitiche, quali il tema dell’an- drogino, dell’eterno ritorno e della coincidentia oppositorum per esempio, e sarebbero creazioni autonome dello spirito che non dipendono nei loro aspetti nucleari da condizioni storiche e socioculturali. I miti non incarnerebbero perciò il prodotto di una mente arretrata, ma di una dimensione eterna, il cui scheletro invisibile si manifesta nel folklore, nella letteratura e nell’arte, 15 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 15 15/10/18 14:58
formando un’impalcatura che sostiene anche le scienze moderne e i suoi modelli. Levi-Strauss (1958, 1964, 1966, citato in Fossi, 1990), espo- nente dello strutturalismo, vede nel mito una sequenza struttura- le, quasi come nel linguaggio e nella musica, riconducibile a un livello mentale prescientifico. Sarebbe perciò una forma di comu- nicazione umana che fornisce una rappresentazione generalizzata di fatti che accadono nella vita degli uomini come la nascita, la morte, il rapporto tra i sessi ecc. Visione interessante che però rischia di escludere l’aspetto immaginale e simbolico che per altri autori (Campbell, 2004; Hillman, 1979; Jung, 1980; Freud, 1969) è così indissolubilmente legato al mondo del mito. Al contrario di Levi-Strauss invece, un valore quasi infinito viene attribuito alla dimensione simbolica del mito dal noto sag- gista americano Joseph Campbell, che integra all’approccio stori- co e antropologico al mito, delle acute osservazioni psicologiche. Questi (Campbell, 1988/2012) vede il mito come una meta- fora delle potenzialità spirituali dell’uomo, in grado di donare significati alla sua vita e inserirlo in una relazione armonica e vitale con la natura. Tra i suoi innumerevoli contributi alla com- prensione del mito, spicca di certo l’acuta e approfondita analisi del mito dell’eroe, personaggio che come Ulisse, Parsifal o Luke Skywalker nella saga di Guerre Stellari, percorre un viaggio che nei suoi aspetti fondamentali è universale, in quanto rintracciabi- le nei suoi elementi costitutivi nucleari all’interno del patrimonio mitologico delle diverse culture del mondo. L’archetipico viaggio dell’eroe infatti si caratterizza a grandi linee dal fatto che il pro- tagonista nasce in modo misterioso, ha una relazione complicata o conflittuale con la famiglia d’origine o con il padre, abbandona in seguito ad una chiamata la società per apprendere una lezione, spesso aiutato da una guida soprannaturale e infine, ritorna a casa e condivide quanto appreso, talvolta grazie all’uso di un’arma speciale che solo lui può usare (Campbell, 2008/2012). Più in generale, l’autore (Campbell, 2004/2012) attribuisce al mito quattro funzioni principali. La prima è la funzione mistica, 16 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 16 15/10/18 14:58
che consiste nel conciliare la coscienza con le precondizioni della propria esistenza. Con la sua funzione mistica il mito evoca un senso di «piacevole e affermativa soggezione di fronte all’imma- ne mistero dell’esistenza» (Campbell, 2004/2012; p. 19). La seconda funzione è cosmologica: l’esistenza non ha signi- ficato semplicemente è, ma la mente dell’uomo richiede di poter dare senso alle cose, il mito perciò spiega tutto ciò con cui ve- niamo a contatto nell’universo, oltre a fornire un’immagine del cosmo che alimenti la nostra soggezione mistica. La terza funzione è sociologica: convalidare e sostenere un certo sistema sociale basato su un insieme condiviso di correttez- ze e scorrettezze su cui si fonda l’integrità di un gruppo sociale. Infine la quarta funzione del mito (Campbell, 2004/2012), quella che varia di meno da cultura a cultura, è psicologica. Il mito deve trasportare l’uomo attraverso le diverse fasi della vita, dalla nascita e l’iniziale stato di dipendenza, alla separazione e realiz- zazione di sé con le relative responsabilità che comporta, sino alla morte, preparandolo così al grande viaggio. Il tutto in accordo con l’ordine sociale del gruppo, perché il cosmo e il grande mistero sono così come li intende il gruppo. È una funzione che è rimasta sostanzialmente invariata nei secoli, infatti i problemi associati al periodo della giovinezza e dell’adolescenza, quelli connessi al passaggio alla maturità, così come le sfide che accompagnano il processo di invecchiamento e di accettazione della morte, e il pro- blema mistico dell’universo, della trascendenza e del rapporto col divino, sono ancora presenti nel nostro mondo. Per Campbell (2004/2012) il fatto che l’evidenza storica con- futi i miti sul piano della realtà oggettiva, non ci priva però del loro inestimabile valore simbolico. «Questi originano dalla psi- che; parlano dello spirito e allo spirito. Sono i veicoli di comuni- cazione tra le profondità più profonde della nostra vita spirituale e lo strato relativamente sottile della coscienza, con cui gestiamo la nostra vita diurna» (Campbell, 2004/2012; p. 37). I miti come i sogni perciò originano dall’immaginazione, e l’uomo ripetendo i miti e partecipando ad essi attraverso i riti 17 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 17 15/10/18 14:58
trovava un suo centro, si riempiva di significati, si rendeva, come dice Campbell (2004/2012), «trasparente alla trascendenza» (Campbell, 2004/2012; p. 3). Le divinità diventavano così mo- delli e guide da seguire. È proprio per questa sua capacità di donare senso e restituire si- gnificati a un livello più profondo che, nonostante le sue antichissime origini, la mitologia ancora oggi riesce a destare un’attrazione razio- nalmente inspiegabile nell’uomo. Essa sembra in grado con il suo particolare linguaggio, di raccontare profonde verità che, per certi versi, sono imperscrutabili dalla sola ragione e dalla scienza, che con le sue modalità comunicative anzi rischia talvolta di snaturare l’aspetto numinoso (Jacobi, 1944/1965) dei simboli che esercitano una così forte attrazione sugli uomini di ogni tempo e di ogni età. Oggi il mito trova perciò il modo di riproporsi nelle più sva- riate forme. Si pensi al cinema per esempio, dove il culto per i supereroi ha rimpiazzato quello per gli dei, e dove eventi e vicissitudini raccontate nei film, altro non sono che una moderna riscrittura dell’archetipico viaggio dell’eroe, come quello compiuto dall’U- lisse di omerica memoria. L’arte in generale, infatti, ha sempre veicolato in varie forme temi mitologici nel corso della storia. Si pensi solo per esempio alla ricca produzione artistica di stampo mitologico del Rinasci- mento, ma anche ad opere più moderne, come il dipinto di Satur- no che divora i suoi figli di Goya, o le opere classiche di Wagner dedicate al ciclo dei Nibelunghi o a Lohengrin e Parsifal, cavalie- ri del ciclo Arturiano. Il mito, presentando temi e vicende del tutto simili in varie culture, spesso così distanti anche geograficamente, sembra po- ter essere espressione di contenuti universali presenti nell’uomo (Campbell, 1988/2012). I parricidi, gli incesti, il ritorno dall’ol- tretomba, le imprese dell’eroe, si ritrovano nei miti delle più di- sparate popolazioni (Campbell, 1988/2012), e ancora oggi eserci- tano sull’uomo un impatto che non sembra essere stato soppresso dal passare dei secoli. 18 DANZIGER-Mito in psicoterapia 14 x 20.indd 18 15/10/18 14:58
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