BIOACUSTICA E ECOLOGIA ACUSTICA
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ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 803 BIOACUSTICA Capitolo 18 E ECOLOGIA ACUSTICA* La bioacustica studia le emissioni acustiche degli esseri viventi, compreso l’uomo, per com- prenderne i significati, perlopiù nell’ambito della comunicazione e dell’ecolocalizzazione. Nata come complemento dell’etologia, si è rapidamente sviluppata a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, fino a diventare disciplina autonoma e a dare origine a nuovi ambiti come l’ecologia acustica che abbraccia il più ampio campo dei rapporti fra gli es- seri viventi, i loro segnali acustici e l’ambiente in cui vivono. In questa visione entra anche il problema del rumore prodotto dalle attività umane e dell’impatto che può avere anche sugli animali, sia in ambiente terrestre e aereo sia in ambiente acquatico. In anni recenti, grazie allo sviluppo dell’elettronica e dell’informatica, queste discipline hanno assunto un ruolo importante nel monitoraggio dell’ambiente naturale e della biodiversità. 18.1 PREMESSA La bioacustica studia i suoni e i rumori prodotti e percepiti dagli animali e dall’uomo, gli organi di emissione e ricezione, gli aspetti neurofisiologici che ne controllano la produzione, la ricezione e la comprensione, le caratteristiche, i si- gnificati, e anche le possibili utilizzazioni pratiche per le attività e gli interessi umani. Questo capitolo riguarda più propriamente la bioacustica zoologica, la- sciando ad altri specialisti la bioacustica umana, oggetto della fonetica e delle discipline mediche sui disturbi della fonazione e dell’udito (vedi in particolare i Capitoli 16 e 17). È qui opportuno ricordare che il suono è una sensazione creata dal cervello in conseguenza della ricezione da parte del sistema uditivo di variazioni periodiche di pressione rispetto alla pressione atmosferica, in una gamma di frequenza che per l’uomo va da circa 20−30 Hz a circa 15−16 kHz; per essere percepite queste fluttuazioni devono essere superiori alla soglia di udibilità che, come già visto altrove, corrisponde convenzionalmente a una pressione acustica di circa 20 µPa (a 1 kHz). Specie diverse dall’uomo hanno una diversa percezione di ∗ Gianni Pavan.
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 804 804 Acustica queste fluttuazioni su frequenze che spaziano da pochi hertz a quasi 200 kHz, con sensibilità anche molto diverse. Benché in origine il concetto di suono fosse strettamente legato ai limiti percettivi dell’uomo, nell’ambito della bioacustica si intendono come suono tutte le frequenze emesse o percepite da un organismo. In ambito bioacustico si considerano anche i molti organismi che percepiscono le vibrazioni del substrato e in alcuni casi comunicano tramite vibrazioni. Su questi argomenti esiste una vasta letteratura scientifica, in questo capitolo si riportano alcuni riferimenti selezionati relativi a testi sia di importanza storica sia di produzione recente. Nel corso dell’evoluzione, il suono si è affermato nel mondo animale come eccellente strumento di comunicazione nonché di percezione e indagine dell’am- biente. L’uso del suono si è sviluppato negli invertebrati (insetti e crostacei), ma soprattutto nei vertebrati, sia acquatici sia terrestri; in particolare nei pesci, anfibi, uccelli e mammiferi, esclusi i rettili. Rispetto alle altre forme di comunica- zione, chimica, tattile, visiva, con le quali si integra a differenti livelli, il suono consente di modulare con basso dispendio di energia infiniti messaggi che si pro- pagano velocemente in ogni direzione e a grande distanza. Alcuni gruppi animali hanno anche sviluppato la capacità di indagare l’ambiente circostante tramite l’emissione di brevi segnali e l’ascolto dei relativi echi (ecolocalizzazione). La forma di comunicazione più complessa è il linguaggio dell’uomo (Lieberman, 1968; 1980). Nato come esclusivamente sonoro si è anche affermato nella forma scritta, visuale, contribuendo in modo significativo alla sviluppo della cultura umana. Il linguaggio dell’uomo si sviluppa principalmente con l’apprendimento, fatto che consente una evoluzione molto rapida, anche nell’ambito di poche generazioni e offre la possibilità di apprendimento continuo anche di lingue diverse. Negli animali osserviamo una trasmissione genetica delle caratteristiche sonore in insetti, pesci, anfibi e uccelli non canori, mentre negli uccelli canori e nei mammiferi compaiono diverse possibilità di apprendimento (ad esempio l’imprinting, una forma di apprendimento limitata a un breve periodo dopo la nascita), imitazione e anche di innovazione (Gould, Marler, 1986). 18.2 CENNI STORICI Già negli scritti antichi si ritrovano osservazioni sui suoni emessi dagli animali che nell’Ottocento i naturalisti hanno incominciato ad interpretare come linguaggio, cioè a considerarli funzionali alla sopravvivenza delle specie e, in definitiva, parte integrante dei meccanismi che regolano il funzionamento degli ecosistemi. È però con la nascita degli strumenti per registrare, riprodurre e analizzare i suoni che la bioacustica ha potuto avere un effettivo sviluppo sia in campo scientifico sia applicativo, riconoscendo anche l’esistenza di segnali acustici infrasonori e ultrasonori non percepibili dall’uomo. Emblematica è la storia di Lazzaro Spallanzani, il quale nel 1700 osservò la straordinaria capacità dei pipistrelli di volare sia nella completa oscurità sia
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 805 Bioacustica e ecologia acustica 805 accecati, evitando in entrambi i casi sottili fili tesi sul loro percorso (Castellani, 1994). Solo tappando loro i canali uditivi con della cera individuò nell’udito lo strumento che consentiva di evitare gli ostacoli, ma non conoscendo l’esistenza degli ultrasuoni, non udibili dall’orecchio umano, non poté comprendere che i pipistrelli emettono brevissimi impulsi ultrasonici e ascoltano gli echi generati dall’ambiente circostante. Solo nel XX secolo nuovi strumenti rivelarono l’esistenza degli ultrasuoni e anche degli infrasuoni emessi dagli animali (Griffin, 1944). La bioacustica in senso moderno ha cominciato a muovere i primi veri passi con lo sviluppo degli strumenti per registrare e riprodurre i suoni: il fonografo di Edison, successivamente le varie generazioni di registratori magnetici dapprima a filo metallico e poi a nastro, fino ad arrivare alle moderne tecniche digitali che consentono un passaggio diretto dalla registrazione dei segnali alla loro trasmis- sione e analisi, anche in tempo reale. Dopo i sistemi di trascrizione oscillografica dei suoni che consentirono i primi studi di Pierce (1948), il passaggio più signifi- cativo è stato l’applicazione dell’analisi spettrografica alla voce umana e al canto degli uccelli (Koenig et al., 1946; Potter et al., 1947; Thorpe, 1954; Marler, 1955). Grazie agli strumenti di registrazione e analisi, ora diffusi su ampia scala anche a livello amatoriale, la bioacustica si è sviluppata su temi etologici di grande interesse scientifico e di notevole presa sul pubblico, quali i canti degli uccelli, le vocalizzazioni subacquee dei mammiferi marini e, più recentemente, i paesaggi sonori. 18.3 LA BIOACUSTICA La percezione del suono e la comunicazione acustica sono ampiamente diffusi nel regno animale (Hopp et al., 1998). Molti invertebrati e praticamente tutti i vertebrati emettono e percepiscono suoni in diverse bande di frequenza (Fig. 18.3.1). In ambiente acquatico producono suoni alcuni insetti, molti crostacei, i pesci teleostei, generalmente a bassa frequenza e bassa intensità, gli anfibi, alcuni rettili (tartarughe, alligatori), e soprattutto i mammiferi marini (cetacei e pinnipedi). Nei vertebrati terrestri la comunicazione acustica è molto diffusa negli anfibi anuri (rane, rospi), negli uccelli e nei mammiferi, mentre nei rettili è limitata a poche specie (gecki, alligatori, alcune tartarughe). Nei mammiferi si trovano i sistemi acustici più complessi e variati; gli elefanti e le balene (cetacei misticeti) comunicano con infrasuoni (Payne et al., 1986; Watkins et al., 1987), con valori di frequenza prossimi a 20 Hz, mentre i piccoli roditori comunicano con ultrasuoni fino a 100 kHz (Sales, Pye, 1974); pipistrelli e delfini emettono ultrasuoni fino a 200 kHz, per funzioni prevalentemente di ecolocalizzazione (Thomas et al., 2002). In generale, a maggiori dimensioni corrispondono suoni a frequenza più bassa. Anche molti invertebrati, perlopiù insetti (coleotteri, emitteri, imenotteri, ortotteri) (Gerhardt, Huber, 2002; Drosopoulos, Claridge, 2006), ma anche alcuni crostacei (generi Palinurus, Alpheus e Synalpheus), producono suoni e hanno il senso dell’udito o perlomeno recettori che percepiscono variazioni di pressione
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 806 806 Acustica Figura 18.3.1 Gamme di frequenza usate da diversi gruppi zoologici. Il riquadro indica la gamma di massima sensibilità uditiva dell’uomo. e/o vibrazioni del substrato. In alcuni casi, la capacità uditiva si è sviluppata come risposta antipredatoria; ad esempio in alcune farfalle (insetti lepidotteri) per sfuggire all’ecolocalizzazione dei pipistrelli. L’udito infatti non serve solo a recepire i suoni dei propri conspecifici per funzioni di comunicazione, ma assolve una più ampia funzione di percezione dell’ambiente circostante, ad esempio per percepire la vicinanza di un corso d’acqua, o il rumore o i suoni di un possibile predatore in avvicinamento, o ancora per sentire la presenza di una preda e inseguirla. Per questi motivi, la gamma di frequenze udibili da una specie è spesso più ampia della gamma delle frequenze emesse. In casi molto particolari, in alcune farfalle, vi è un apparato uditivo unicamente atto a percepire gli impulsi di ecolocalizzazione dei pipistrelli e un apparato emettitore che emette ultrasuoni per confonderne (jammming) la capacità di ecolocalizzazione (Fullard et al., 1979). Attraverso l’individuazione, la registrazione, la catalogazione e l’analisi dei segnali acustici si cerca di comprendere come gli animali comunicano, come regolano i loro comportamenti individuali e di gruppo e come si riconoscono individualmente e a livello specifico. Le manifestazioni sonore offrono molteplici possibilità per studiare la biologia e il comportamento animale; generalmente hanno caratteristiche specie-specifiche essenziali nel riconoscimento sessuale, e in tale caso possono essere usate anche per la classificazione sistematica degli animali; negli uccelli, ad esempio, specie sistematicamente molto vicine e rassomiglianti si differenziano per il canto che diventa l’unica chiave di riconoscimento specifico. Attraverso lo studio dei loro suoni è possibile conoscerne i legami filogenetici, le pressioni selettive che hanno agito nel corso dell’evoluzione e verificare il loro adattamento all’ambiente e al contesto in cui vivono. Nuove entità tassonomiche
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 807 Bioacustica e ecologia acustica 807 sono state distinte e riconosciute come specie diverse proprio su base acustica e il recente sviluppo di indagini sulla biodiversità sempre più usa i segnali acustici come elemento di riconoscimento specifico. Si tratta di un’area di ricerca altamente interdisciplinare sulla quale convergono etologia, biologia, zoologia, fisiologia, psicologia, nonché acustica, elettroacustica, informatica e analisi numerica. Si considerano anche l’anatomia e fisiologia degli organi di produzione e ricezione dei segnali, le patologie ad essi connesse, la propagazione dei segnali nell’ambiente, le capacità percettive e cognitive sia degli emettitori sia dei ricevitori, il significato dei segnali e la loro elaborazione anche riguardo alle differenti culture e dialetti di popolazioni diverse di una stessa specie animale, le reazioni fisiologiche, comportamentali e culturali indotte dai segnali sia a livello specifico sia eterospecifico. Infine, per la corretta interpretazione dei dati bioacustici e comportamentali è spesso necessario approfondire la conoscenza anche degli altri sistemi di comunicazione, visiva, tattile, chimica ed elettrica, con i quali in molti casi il sistema acustico si integra (Sebeok, 1968). Gli animali utilizzano segnali acustici prevalentemente in situazioni nelle quali il riconoscimento specifico è essenziale, ad esempio nella delimitazione del territorio, nella competizione intra-specifica, nella ricerca e scelta del partner, nell’isolamento riproduttivo, nell’accoppiamento, nella cura della prole. Per molte specie i segnali acustici di richiamo sessuale rappresentano la più significativa chiave di identificazione specifica per l’accoppiamento e quindi per l’isolamento riproduttivo. L’adozione di segnali con caratteristiche specie specifiche comporta importanti vantaggi, tra i quali la non interferenza con altre specie che condividono lo stesso ambiente. Analogamente a quanto avviene nella competizione per altri tipi di risorse, la non interferenza si realizza con segnali chiaramente differenti tra specie e specie, talvolta anche in ambienti, situazioni e ore diversificati. Ciascuna specie si crea cioè una propria nicchia acustica (o comunicativa) che non si sovrappone a quella delle specie simpatriche. Vi sono però anche casi di segnali acustici con caratteristiche simili fra specie diverse pur viventi in simpatria, e addirittura con significati sovraspecifici, cioè compresi da specie diverse (Getschow et al., 2013). Uno degli esempi più studiati è quello dei segnali di allarme negli uccelli passeriformi che, per convergenza evolutiva, hanno acquisito la comune caratteristica di essere difficilmente rilevabili e localizzabili dai predatori (Marler, 1955). L’identificazione specifica, come altre informazioni, può essere codificata in vari aspetti del segnale acustico, anche diversi per ogni specie; negli uccelli vi è la maggior varietà e nei loro canti l’identificazione può essere convogliata da particolari modulazioni di frequenza delle note, dal ritmo, dalla sintassi, o da un insieme di questi aspetti. Lo studio delle caratteristiche acustiche specifiche apre importanti prospettive scientifiche e applicative legate al monitoraggio e alla gestione dell’ambiente e degli equilibri biologici attraverso il riconoscimento dei segnali acustici tipici di ciascuna specie. Se non si è orientati allo studio di un unico tipo di vocalizzazione emesso in
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 808 808 Acustica un determinato contesto, ad esempio la scelta sessuale, ma si vuole tentare di delineare il sistema di comunicazione nel suo complesso, è necessario definire il repertorio della specie, e quindi osservare, registrare e analizzare i comportamenti nei quali vi è emissione acustica e descriverne le caratteristiche. Comprendere il significato dei messaggi, comporne di nuovi e usarli nei rapporti con gli animali apre anche la possibilità di colloquio, o meglio di «interazione co- municativa» fra l’uomo e gli animali. Si possono comporre e riprodurre (playback ) con un altoparlante messaggi artificiali per indurre determinati comportamenti e per verificare sperimentalmente i significati delle espressioni sonore, dei linguaggi e dei dialetti. Un’applicazione riguarda, ad esempio, la difesa delle colture agrarie e degli aeroporti mediante l’emissione di appropriati segnali sonori per allontana- re gli animali che recano danni o per attirarli in «trappole acustiche» allo scopo di deviarli dai loro obiettivi. La bioacustica, nata come complemento dell’etologia per studiare il comporta- mento acustico degli animali, ha raggiunto finalità scientifiche più ambiziose come lo studio degli habitat, il monitoraggio della biodiversità, e lo sviluppo di stra- tegie di conservazione (Laiolo, 2010). Si può infatti stabilire in modo incruento, senza recare danno o disturbo agli animali, la presenza nell’ambiente di deter- minate specie mediante il riconoscimento dei segnali acustici tipici; per alcune specie è addirittura possibile riconoscere dialetti regionali e distinguere i singoli individui (Galeotti, Pavan, 1991). Ciò consente di effettuare censimenti e moni- toraggi ambientali semplicemente registrando e identificando i segnali acustici emessi dagli animali (Obrist et al., 2010) con finalità d’interesse pratico che sono in larga parte ancora da indagare e sviluppare. Sia per le ricerche sia per le applicazioni pratiche hanno grande importanza le «Fonoteche», istituzioni nazionali e internazionali, assimilabili per certi versi ai musei, che si occupano di raccogliere, archiviare e documentare le registra- zioni dei suoni degli animali e dei paesaggi sonori realizzate in tutto il mondo rendendole disponibili alla comunità scientifica, per iniziative di ricerca, didattica e divulgazione, nonché al grande pubblico. Con le stesse finalità, si trovano sul web un numero crescente di siti sui paesaggi sonori, con registrazioni realizzate da ricercatori e da appassionati che portano al grande pubblico l’emozione dell’a- scolto delle voci delle specie più misteriose e degli ambienti naturali più reconditi, ma anche i canti degli uccelli che si possono ascoltare fuori casa, contribuendo a creare una sempre più diffusa consapevolezza delle necessità di conservazione. 18.4 IL PAESAGGIO SONORO Gli ambienti naturali si caratterizzano non solo per ciò che percepiamo visiva- mente, il «paesaggio» come lo intendiamo correntemente, ma anche per i suoni caratteristici generati da fenomeni naturali, quali il vento, lo stormire delle fo- glie, lo scorrere delle acque, e dalle voci degli animali che vi abitano. Insetti, anfibi, uccelli e mammiferi emettono segnali acustici caratteristici che si intrec-
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 809 Bioacustica e ecologia acustica 809 Figura 18.4.1 Spettrogramma di un paesaggio sonoro della foresta amazzonica in cui si evidenziano compo- nenti acustiche di diversi gruppi zoologici (dall’alto: insetti, uccelli, anfibi); 0-12 kHz, 16,8 s (software SeaPro; Pavan 1996-2014). ciano a formare biofonie, caratteristiche per ciascun ecosistema, che si integrano ai rumori provocati dal vento e dallo scorrere delle acque, la cosiddetta geofonia. Biofonia e geofonia si integrano all’antropofonia per costituire il «paesaggio sono- ro» (soundscape), concetto espresso da Murray Schafer nel 1977 (Schafer, 1985) in ambito perlopiù musicale e antropologico (per completezza, vedi Capitolo 27) e poi ampiamente ripreso e sviluppato anche in ambito ecologico e zoologico (Krause, 2002; Dumyahn, Pijanowski, 2011; Pijanowski et al., 2013). Un’ulteriore evoluzione di questo concetto ha portato all’affermarsi dell’ecologia acustica. Con essa viene ampiamente riconosciuta l’importanza scientifica dei paesaggi sonori, della biodiversità acustica e il problema emergente dell’inquinamento acustico prodotto dall’uomo sia in aria sia in acqua. In altre parole, i paesaggi sonori non solo ci trasmettono piacevoli sensazioni avvolgendoci con suoni continuamente mutevoli, caratteristici e riconoscibili, ma rappresentano le caratteristiche, la biodiversità e la ricchezza degli ecosistemi che ci circondano (Pavan, 2012). Un esempio di rappresentazione grafica di paesaggio sonoro e delle sue molteplici componenti biologiche è dato dalla Fig. 18.4.1. Nei paesaggi sonori si possono intrecciare anche i suoni e i rumori dell’uomo, talvolta gradevoli, espressione di lavoro, comunicazione, cultura, ma che possono diventare invasivi. Il concetto di paesaggio sonoro, per i naturalisti confinato al mondo naturale, si estende infatti anche alle realtà in cui emergono i suoni e i rumori dell’uomo; suoni che ne rappresentano le attività e le tradizioni mostrando le differenze fra popoli, culture, religioni, ambienti. Suoni che talvolta diventano rumore, nell’accezione del rumore come elemento negativo di disturbo, che talvolta si integra ai suoni dell’ambiente naturale, ma che talvolta diventa invasivo, che copre e maschera i suoni naturali dell’ambiente, recando danno agli animali che vi vivono.
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 810 810 Acustica I paesaggi sonori hanno via via acquisito sempre maggior interesse anche da parte degli scienziati. Il paesaggio sonoro non è solo pertinenza dell’estetica ma ha molteplici valenze, etiche, culturali, ricreative, e anche scientifiche. Nel momento in cui si riconosce il paesaggio sonoro come espressione della struttura e diversità di un ambiente, i suoni diventano uno strumento di studio e monitoraggio dell’ecosistema. Il tema dei paesaggi sonori è tuttavia spesso oggetto di trattazione non scientifica, orientata alla divulgazione, ma anche orientata ad aspetti psicologici e artistici degli ambienti urbani e degli ambienti chiusi. L’esigenza di ricondurre il tema entro binari scientifici e rigorosi in un preciso ambito naturalistico ha portato allo sviluppo di nuove discipline, come l’ecologia acustica e, all’interno di essa, la soundscape ecology (Pijanowski et al., 2013). 18.5 ECOLOGIA ACUSTICA L’ecologia acustica è una disciplina nata per studiare i paesaggi sonori dal punto di vista scientifico, cioè per studiare le componenti acustiche di un ambiente, le loro relazioni, anche considerando il rumore dell’ambiente fisico e la sempre maggiore invasione del rumore di origine antropica (vedi Capitolo 26). Mentre con la bioacustica si studiano le vocalizzazioni delle singole specie, e solo talvolta si prendono in considerazione i possibili rapporti fra specie diverse, come nel caso dei segnali di allarme e del rapporto preda-predatore, con l’ecologia acustica si studia come le specie si sono adattate alle caratteristiche acustiche dei diversi ambienti e dei diversi insiemi di specie con le quali competere per un canale di comunicazione. L’ecologia acustica studia anche i paesaggi sonori per valutarne in modo oggettivo alcuni parametri che possono fornire indicazioni utili all’ecologo, anche a prescindere dal riconoscimento delle singole specie componenti. Si stanno per questo studiando indici che possano dare una misura della ricchezza biologica e della biodiversità di un ambiente attraverso l’analisi del paesaggio sonoro, per confrontare ambienti diversi, o per studiare l’evoluzione di un ambiente nel tempo o per valutarne l’evoluzione quando sottoposto a pressioni esterne (cambiamenti climatici, antropizzazione, introduzione di specie aliene, inquinamento acustico ecc.) L’ecologia acustica è una disciplina scientifica, non ancora pienamente svi- luppata e codificata, che vuole superare le incertezze degli approcci tradizionali all’analisi del paesaggio sonoro; in questo ambito la soundscape ecology si sta affermando come studio del paesaggio sonoro inteso come espressione dell’in- terazione fra paesaggio naturale e attività dell’uomo. E anche se gli strumenti scientifici a nostra disposizione non consentono ancora un completo approccio analitico per riconoscere e misurare ogni singolo componente sonoro, i ricercatori sono orientati a sviluppare indici e modelli per misurare e comparare i paesaggi sonori (Sueur et al., 2008; Pieretti et al., 2011; Depraetere et al., 2012).
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 811 Bioacustica e ecologia acustica 811 18.6 ECOLOCALIZZAZIONE L’ecolocalizzazione è la capacità di individuare un bersaglio tramite l’emissione di un breve segnale acustico, generalmente ultrasonico, e l’ascolto dell’eco da esso riflesso. Questa capacità, anche chiamata biosonar, si è sviluppata in modo rudimentale in alcuni uccelli cavernicoli dell’America del sud (Griffin, 1953; Brinkløv et al., 2013), ma ha raggiunto una piena funzionalità solo in alcuni mammiferi: nei chirotteri (pipistrelli) (Griffin, 1944; 1953; 1958) e nei cetacei odontoceti (delfini e capodoglio) (Busnel, 1966; Nachtigall, Moore, 1988; Au, 1993; Thomas et al., 2002). L’ecolocalizzazione può anche essere attuata dai non vedenti con brevi schiocchi della lingua (Griffin, 1953; Brinkløv et al., 2013). L’ecolocalizzazione serve a individuare ed evitare ostacoli e orientarsi, ma anche a individuare, inseguire e catturare le prede nella completa oscurità. L’eco- localizzazione è indispensabile per i pipistrelli: sono animali notturni, vivono in colonie all’interno delle grotte o nei sottotetti di vecchi edifici, e quindi volano e cacciano nella completa oscurità. È altrettanto importante per i cetacei che vi- vono in un ambiente nel quale la luce penetra per poche decine di metri dalla superficie e che può essere particolarmente torbido nelle acque costiere e fluviali. Come già accennato all’inizio, fu l’abate Spallanzani il primo a intuire che i pipistrelli dovessero avere una speciale abilità sensoriale per volare, orientarsi ed evitare gli ostacoli nel buio (Castellani, 1994). Pur non avendo i sofisticati strumenti che oggi rivelano gli ultrasuoni emessi dai pipistrelli, ideò e realizzò una serie di esperimenti per studiarne il volo nel buio. Preparò una stanza completamente oscurata e vi tese dei sottili fili collegati a delle campanelle cosı̀ se i pipistrelli li avessero urtati, le campanelle avrebbero suonato. Fece volare dei pipistrelli con gli occhi bendati e questi volarono senza problemi, ma quando fece volare pipistrelli con i canali auricolari tappati con la cera, questi non riuscirono a evitare i fili. Spallanzani immaginò un sesto senso, legato all’udito, strumento essenziale per il volo notturno dei pipistrelli, ma solo dopo il 1940 (Griffin, 1944) si scoprı̀ che i pipistrelli emettono brevi impulsi ultrasonici e con l’ascolto e l’interpretazione dei relativi echi individuano prede e ostacoli. Tali impulsi, nella maggior parte dei casi fra 20 kHz e oltre 100 kHz, non udibili dall’uomo, sono brevi segnali tonali, poche decine di ms di durata, ampiamente modulati in frequenza (FM), emessi in sequenze serrate, ma variabili in funzione del contesto e delle fasi di ricognizione; la Fig. 18.6.1 mostra una sequenza di ricognizione ambientale che termina con la focalizzazione su una preda e poi riprende il normale ritmo della ricognizione. Nei pipistrelli rinolofi sono invece a frequenza quasi costante fra 80 e 120 kHz (CF) e con durata che raggiunge i 100 ms. La struttura tempo-frequenza di questi segnali consente il riconoscimento specifico di alcuni gruppi di specie, tuttavia la convergenza evolutiva ha portato varie specie ad emettere segnali di ecolocalizzazione fra loro molto simili. L’ecolocalizzazione nei cetacei è trattata nel paragrafo seguente.
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 812 812 Acustica Figura 18.6.1 Spettrogramma di una sequenza di impulsi ultrasonici FM in cui si evidenziano la fase di ricognizione e la fase di focalizzazione su una preda; 0–125 kHz, 1,7 s (software SeaPro). 18.7 BIOACUSTICA SUBACQUEA Come affermato nel Capitolo 5, par. 5.3, l’ambiente acquatico limita la propaga- zione della luce a poche decine di metri dalla superficie, ma è particolarmente favorevole alla propagazione del suono e per questo molti organismi acquatici hanno sviluppato la capacità di usare il suono come strumento di comunicazione. Molti organismi acquatici producono suoni e rumori, invertebrati (perlopiù crostacei, ma anche alcune specie di insetti), pesci, alcuni anfibi, mammiferi acquatici (cetacei e pinnipedi), con frequenze di emissione che spaziano dagli infrasuoni agli ultrasuoni. I loro segnali sonori si integrano al rumore naturale dell’ambiente, formando un insieme acustico complesso (Urick, 1983), al quale contribuisce sempre più anche l’uomo con una forma di inquinamento, quello acustico, che ha profondi impatti sulla loro vita (Richardson, 1995). Considerando che la maggior parte delle specie acquatiche che producono suoni vive in ambienti marini, è molto sviluppata la bioacustica marina (Tavolga, 1964; 1967; Au, Hastings, 2008). La produzione di suoni nei crostacei e nei pesci è diffusa, ma poco studiata; tra i pesci teleostei, più di 50 famiglie comprendono specie produttrici di suoni (Hawkins, Myrberg, 1983; Webb et al., 2008), generalmente con frequenze al di sotto di 2 kHz e con intensità limitate che confinano il ruolo della comunicazione alle brevi distanze. Fra i mammiferi marini, i cetacei e i pinnipedi hanno sviluppato notevoli ca- pacità acustiche; sono tuttavia i cetacei odontoceti e misticeti ad avere sviluppato specifici adattamenti per sfruttare al meglio il suono come strumento di comu- nicazione su grandi distanze nonché di visione subacquea alternativa (Bradley, Stern, 2008). In questi, la comunicazione acustica ha acquisito un ruolo diffuso e privilegiato rispetto ad altre forme di comunicazione. Gli organi per la ricezione e la produzione dei suoni si sono evoluti e diversificati con l’acquisizione anche della funzione di ecolocalizzazione (biosonar, o biological sonar ), tipica e altamente specializzata negli odontoceti (Au, 1993; Thomas et al., 2002). Nei delfini l’ecolocalizzazione si attua con brevissimi impulsi sia a banda larga sia a banda stretta, generalmente
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 813 Bioacustica e ecologia acustica 813 Figura 18.7.1 Grafico che mostra l’estensione in frequenza dei segnali emessi dagli organismi acquatici e del rumore di origine antropica. chiamati click, con durata di 30−300 µs. Tali impulsi, prodotti nell’ultimo tratto del canale respiratorio, al di sotto dello sfiatatoio, vengono proiettati frontalmente attraverso il melone, una struttura lipidica e muscolare di forma lenticolare che funge da lente acustica; posta frontalmente al cranio dà al capo dei delfini forme caratteristiche. I primi ad ascoltare i suoni e i rumori sotto la superficie del mare sono stati i militari, per individuare navi e sottomarini dal rumore dei loro propulsori. Ma il mare ha anche una musica più lieta, fatta di voci di animali che comunicano fra loro tessendo complessi motivi, come i canti dei maschi di megattera (Megaptera novaeangliae) che nella stagione riproduttiva chiamano le femmine con melodiose canzoni che possono essere ascoltate anche a centinaia di chilometri di distanza. O i ticchettii dei capodogli che navigano anche a oltre 1000 metri di profondità, nel buio assoluto, usando solo il suono come guida. Tuttavia, per anni le voci delle balene sono state classificate come «rumore biologico» dagli addetti ai SONAR passivi che invece volevano sentire navi, sottomarini e SONAR. Successivamente i biologi hanno cominciato a studiarle, considerando suoni le voci degli animali e rumore quanto prodotto da macchine e motori. Come è rappresentato in Fig. 18.7.1, la produzione di segnali acustici nei cetacei è molto varia, sia per l’ecolocalizzazione negli odontoceti, con segnali impulsivi che si estendono fino a 200 kHz, sia per i segnali di comunicazione, continui e a frequenza più bassa, generalmente inferiore a 25 kHz negli odontoceti e a 5 kHz nei misticeti (balene e balenottere). In alcune specie di misticeti di grandi dimensioni, i segnali di comunicazione sono sequenze a frequenze estremamente basse (fra 10 e 50 Hz) che possono propagarsi su grandi distanze (Watkins et al., 1987). È da considerare che questi segnali, oltre ad avere funzione comunicativa, potrebbero anche consentire di rilevare, tramite gli echi, macrostrutture dei bacini
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 814 814 Acustica oceanici e forse anche la presenza di masse d’acqua a temperatura diversa (Clark, Ellison, 2004). I livelli di pressione acustica emessi sono nell’ordine di 190−230 dB di picco per gli impulsi di ecolocalizzazione, e di 160−180 dB per i segnali tonali (misurati frontalmente a 1 m, riferiti a 1 µPa, come usuale in acustica subacquea). La distanza di rilevamento di questi suoni è molto variabile: dipende dalla frequenza - la trasmissione in acqua è migliore al diminuire della frequenza - e dalla struttura del segnale, dalla potenza e direzionalità della sorgente, dalle caratteristiche di propagazione locali e dal rumore dell’ambiente, sia naturale sia dovuto alle attività dell’uomo. Nei delfini, il raggio d’azione dei segnali di ecolocalizzazione può raggiungere poche centinaia di metri, mentre i fischi modulati, con frequenze generalmente inferiori a 25 kHz, come quelli emessi dalla stenella (Stenella coeruleoalba), molto comune nel Mediterraneo, sono rilevabili entro alcuni chilometri. Il capodoglio (Physeter macrocephalus), l’odontocete di maggiori dimensioni, può raggiungere 18−20 m di lunghezza, compie lunghe immersioni, generalmente di 40−50 minuti, e riemerge, appena visibile, tradito solo dal caratteristico soffio inclinato in avanti e a sinistra. Ma in immersione emette particolari e potenti impulsi di ecolocalizzazione (100 Hz – 30 kHz), ripetuti in lunghe sequenze che possono essere captate anche a più di 15 km e che ne rivelano inequivocabilmente la presenza. Prima che la bioacustica ne rivelasse il mistero, i complessi ticchettii e schiocchi rilevati dagli operatori SONAR si riteneva fossero prodotti da un fantomatico pesce falegname (Carpenter fish). Le distanze di propagazione dei segnali a bassa frequenza dei misticeti sono invece maggiori, nell’ordine delle decine di km; superiori a 100 km per la me- gattera e ancora di più per le specie che usano segnali stereotipati a frequenza infrasonica, come ad esempio la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) e la balenottera comune (Balaenoptera physalus), unico misticete costantemente presente in Mediterraneo. Acustica e bioacustica hanno un ruolo rilevante nelle attività di protezione (Laiolo, 2010) di questi animali e dell’ambiente marino: riconoscere i segnali tipici di ciascuna specie consente infatti l’identificazione specifica e in alcuni casi il rilevamento e il censimento degli animali anche a grande distanza o in mancanza di osservazione diretta, ad esempio di notte o in condizioni meteomarine sfavorevoli. Il rilevamento acustico integra pertanto le tecniche d’indagine tradizionali offrendo l’opportunità di rivelare e di avvicinare specie altrimenti difficilmente osservabili. In alcuni odontoceti si riconosce la presenza dei cosiddetti «fischi firma» diversi da individuo a individuo. Nel capodoglio l’accurata analisi acustica dei segnali consente di stimare le dimensioni dell’individuo emettitore. Molti studi sulle fini capacità di ecolocalizzazione caratteristiche degli Odon- toceti sono condotti per perfezionare i SONAR navali e civili e, in relazione al grave problema delle catture accidentali di cetacei nelle reti da pesca, per svi- luppare dispositivi attivi che consentano di allertare i delfini sulla presenza delle reti (i cosiddetti pinger, che emettono suoni che dovrebbero disturbare o aller-
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 815 Bioacustica e ecologia acustica 815 tare i delfini) (Barlow, Cameron, 2003), o riflettori acustici che rendano le reti stesse più percepibili tramite il biosonar di cui sono naturalmente dotati. Con la bioacustica e l’ecologia acustica, inoltre, si studia il problema dell’impatto sui ce- tacei del rumore di origine antropica e le possibili strategie di mitigazione o di riduzione, argomento che ha avuto ampio sviluppo negli ultimi quindici anni. 18.8 METODI E STRUMENTI PER LA REGISTRAZIONE E L’ANALISI DEI SUONI Negli anni Quaranta del secolo scorso iniziano i primi studi di bioacustica con strumenti pionieristici (microfoni, registratori, amplificatori, registratori grafici, oscilloscopi, altoparlanti), talvolta appositamente progettati e costruiti (Pierce, 1948). Il primo completo e flessibile strumento di analisi dei suoni è stato il Kay- SonaGraph TM (Koenig et al., 1946; Potter et al., 1947; Thorpe, 1954; Marler, 1955), che consentiva per la prima volta di superare i limiti dell’oscilloscopio e di registrare graficamente e in dettaglio la struttura dei suoni attraverso la rappre- sentazione grafica spettrale in funzione del tempo (Fig. 18.8.1). Questo strumento, sviluppato per applicazioni in campo militare, ha consentito le prime ricerche sui canti degli uccelli negli anni Cinquanta e si è successivamente affermato come strumento fondamentale per la bioacustica (oltre che per la fonetica sperimentale e altre discipline). Le prime attrezzature erano limitate nelle prestazioni, complesse e costose Figura 18.8.1 Esempio di spettrogramma di una vocalizzazione territoriale di allocco (Strix aluco) prodotto dal KaySonaGraph (0-2 kHz, durata 4,7 s, filtro wide band 75 Hz). Le modulazioni di frequenza della terza nota consentono il riconoscimento individuale.
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 816 816 Acustica nonché ingombranti, ma hanno comunque aperto una nuova area di conoscenza e di ricerca scientifica e applicativa. Lo sviluppo tecnologico degli ultimi decen- ni, e soprattutto dell’elaborazione digitale dei segnali, ha portato ad un notevole miglioramento delle prestazioni degli strumenti di registrazione, alla loro miniatu- rizzazione, all’abbassamento dei costi e conseguentemente ad una loro più ampia diffusione e utilizzazione. In parallelo, lo sviluppo dell’informatica consente lo svi- luppo di nuovi strumenti di analisi esclusivamente per via software (Pavan, 1985; Sueur et al., 2008; Obrist et al., 2010). Microfoni e idrofoni sono strumenti usualmente utilizzati in ambito bioacustico; generalmente si tratta di modelli utilizzati in ambito musicale o cinematografico, ma per applicazioni speciali si adottano strumenti ad hoc. In casi particolari si usano anche accelerometri, sensori di vibrazioni e interferometri laser per rilevare le vibrazioni del substrato o delle strutture che producono il suono (vedi Capitolo 13, su trasduttori e strumenti di misura). Studiando le vocalizzazioni di animali selvatici è spesso necessario non avvici- narsi per non alterarne il comportamento e pertanto si usano microfoni molto direzionali, sia a interferenza sia equipaggiati con riflettori parabolici per concen- trare il suono sulla capsula microfonica e attenuare suoni e rumori provenienti da altre direzioni. In questi ambiti di studio si usano prevalentemente microfo- ni a condensatore; per studi su insetti e pipistrelli si usano speciali microfoni ultrasonici a condensatore o basati su sensori MEMS. Per applicazioni invece dedicate alla registrazione del paesaggio sonoro sono necessari microfoni e registratori a basso rumore per catturare eventi sonori anche prossimi ai limiti di udibilità dell’uomo (Pavan, 2012). La registrazione stereofonica binaurale è ampiamente usata per conservare un’immagine spaziale del fronte sonoro, ma le esigenze di localizzazione e separazione delle sorgenti sonore portano all’uso di apparati multi-microfonici. Per monitoraggi a lungo termine si usano registratori autonomi programmabili con timer anche agganciati al ciclo solare (Favaretto et al., 2011; Obrist et al., 2010). In ambito marino, le situazioni sono molto più complesse e gli idrofoni (vedi Capitolo 5, par. 5.8) possono essere stazionari, calati da un imbarcazione, montati su una boa galleggiante o su un dispositivo deposto sul fondale o ancorato a una struttura, oppure mobili. Gli idrofoni stazionari possono essere connessi a un registratore autonomo, che deve essere recuperato periodicamente, cablati a una boa di trasmissione o cablati a una stazione ricevente sulla terraferma. Gli idrofoni non stazionari possono essere montati su un veicolo autonomo sia di superficie sia subacqueo (AUV o glider ; Baumgartner et al., 2013), integrati in un dispositivo di registrazione (DTAG) che si applica con ventose sul corpo di un cetaceo (Johnson, Tyack, 2003), o organizzati in schiere lineari (cortine idrofoniche) o in strutture tridimensionali trainate da una imbarcazione di superficie o da un veicolo subacqueo. Le cortine idrofoniche consentono l’applicazione delle tecniche di beamforming, mentre per la precisa localizzazione delle sorgenti nello spazio circostante sono necessari sensori in configurazioni 3D (Zimmer, 2014). I sistemi di ascolto subacqueo, oltre che per lo studio della fauna marina, sono utilizzati per
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 817 Bioacustica e ecologia acustica 817 la mitigazione dei rischi derivanti dall’uso di sorgenti sonore di elevata potenza (Pavan, 2007; Pavan et al., 2009). In bioacustica la scelta degli idrofoni dipende dalla banda di frequenza alla quale si è interessati (fino a pochi kHz per pesci e misticeti, fino a 200 kHz per gli odontoceti) e ai livelli di pressione acustica; ad esempio, per studiare in ambiente controllato i segnali di ecolocalizzazione emessi dai delfini bisogna essere preparati a ricevere livelli di pressione acustica fino a 240 dB a 1m, mentre per registrare i delfini in ambiente naturale anche a chilometri di distanza è necessario avere una catena di acquisizione in grado di ricevere segnali prossimi al livello del rumore di fondo dell’ambiente. Lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni consente di registrare su supporti digitali con grande fedeltà una ampia gamma di frequenze con un range dina- mico prossimo a 120 dB; anche con strumenti consumer di costo relativamente basso si può registrare da 10 Hz a oltre 80 kHz con oltre 90 dB di dinamica, men- tre per frequenze superiori sono necessari strumenti specifici, dedicati al settore professionale. Superati i limiti dei sistemi di registrazione analogici, la registra- zione digitale consente enormi vantaggi, tra i quali la possibilità di registrare per lunghi periodi, anche mesi, con più sensori contemporaneamente, e di avere poi a disposizione i dati in formato digitale direttamente elaborabili su computer. Le tecniche di analisi sono molteplici, in parte riconducibili a tecniche tradizionali, come la visualizzazione dell’inviluppo, della forma d’onda e dello spettro, istanta- neo o mediato, del segnale. Date le caratteristiche di non stazionarietà dei segnali biologici e la necessità di analizzare lunghe sequenze di segnali, nuove forme di rappresentazione grafica si sono affermate grazie alle possibilità di calcolo e di vi- sualizzazione dei moderni computer. La forma di rappresentazione grafica più affermata in ambito bioacustico è lo spettrogramma (Fig. 18.4.1, Fig. 18.6.1 e Fig. 18.8.1), o sonogramma, in inglese sonogram ma anche sonagram dal nome del primo strumento analogico, il summenzionato Kay SonaGraph, utilizzato per questo scopo. Sui sonogrammi ci si sofferma diffusamente nel Capitolo 17 sulla voce umana. Lo spettrogramma è un grafico che mostra la struttura di un evento acustico, sia udibile sia non udibile, come infrasuoni e ultrasuoni. Lo spettrogramma mostra il suono scomposto nelle sue componenti in frequenza in funzione del tempo. In ambito bioacustico sull’asse x è rappresentato il tempo e sull’asse y la frequenza; l’intensità delle varie componenti nel piano tempo-frequenza è dato dal colore o da differenti livelli di grigio. In altri ambiti il tempo è rappresentato in verticale e il display che si produce è chiamato waterfall. In origine prodotto da costosi e lenti strumenti analogici, poi con strumenti digitali dedicati, quali ad esempio il Kay-SonaGraph DSP 5500 (Catchpole, 1990), ora lo spettrogramma si produce in tempo reale con software che analizzano il suono acquisito in forma digitale su un qualsiasi computer (Strong, Palmer, 1975; Pavan, 1985; Pavan et al., 2009; Zimmer, 2011), ma anche con smartphone e tablet, con tecniche perlopiù basate sull’analisi di Fourier (vedi Capitoli 13 e 14). Le tecniche digitali consentono grande accuratezza e flessibilità nella scelta dei
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 818 818 Acustica parametri di analisi e visualizzazione. Oltre che variare la risoluzione temporale e spettrale è possibile usare scale lineari o logaritmiche per rappresentare frequenza e intensità, quest’ultima anche con differenti scale di colore. Nuove opportunità nascono dalle tecniche di digital signal processing per filtrare i segnali ed estrarre le informazioni di interesse sia nella ricerca di dettagli su brevi intervalli temporali sia su serie temporali estese anche ore, giorni, e mesi. Nell’analisi spettrale dei suoni si è comunque vincolati al principio di indeterminazione delle misure tempo- frequenza secondo il quale risoluzione in frequenza e risoluzione temporale sono inversamente proporzionali (Watkins, 1967; Beecher, 1988). I sonogrammi sono classicamente realizzati in due differenti modi: a banda stretta (narrow band, 45 Hz per la gamma 0−8 kHz) per ottenere elevata risoluzione in frequenza e bassa discriminazione temporale oppure a banda larga (wide band, 300 Hz per la banda 0−8 kHz) per ottenere elevata risoluzione temporale a scapito della discriminazione in frequenza. I termini banda stretta e larga derivano dalla larghezza del filtro di analisi impiegato dagli strumenti analogici; benché con strumenti digitali i parametri di analisi siano determinati da differenti parametri numerici (dimensione della finestra sul segnale, passo di scansione, curva di pesatura, dimensione della FFT), questi termini continuano a essere impiegati per designare i due tipi fondamentali di sonogramma. In molti casi non è sufficiente un singolo spettrogramma e la comprensione della reale struttura del segnale può richiedere l’integrazione di informazioni rica- vabili da differenti forme di analisi e visualizzazione (Fig. 18.8.2), spettrogrammi realizzati con differenti larghezze di banda, oscillogramma, inviluppo, analisi del cepstrum (Childers et al., 1977), analisi zero-crossing, spettro istantaneo, spettro mediato su un intervallo temporale, o da più avanzate forme di analisi. Con certe tipologie di segnali, soprattutto quando caratterizzati da rapide modulazioni del- la frequenza, la trasformata di Fourier può essere inadeguata e si ricorre ad altre tecniche quali l’analisi Wavelet e la trasformata di Wigner-Ville. La trasformata di Hilbert e l’analisi del Cepstrum sono altre tecniche in uso in bioacustica; per la definizione di cepstrum vedi Capitolo 2, par. 2.14. Qualora i software disponibili non siano adeguati alle necessità di analisi, diventa necessaria la programmazio- ne diretta (Zimmer, 2011), in ambienti di sviluppo quali Matlab o R, per il quale è disponibile una libreria (seewave) specializzata per la bioacustica (Sueur et al., 2008). La rappresentazione grafica dei suoni è un aspetto particolarmente importante negli studi di bioacustica; in questo modo si rendono visibili e misurabili tutte le caratteristiche di un segnale acustico anche quando non percepibili dall’orecchio umano, come gli infrasuoni e gli ultrasuoni, o le rapide modulazioni di frequenza dei canti di molte specie di uccelli. Il canto dell’allodola, per esempio, è costituito da note con modulazioni di frequenza molto rapide, ben percepibili dall’orecchio di un conspecifico, ma non percepibili dal nostro che è mediamente 10 volte più lento. La rappresentazione grafica è quindi essenziale per riconoscere le strutture acustiche e le caratteristiche specie-specifiche, ma anche per individuare varianti regionali e caratteristiche individuali.
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 819 Bioacustica e ecologia acustica 819 Figura 18.8.2 Analisi dei segnali stridulatori prodotti da un coleottero (Copris incertus). Il suono è prodotto dal movimento alternato di un plectrum che sfrega su una superficie zigrinata, la pars stridens. L’oscillogramma, in basso, mostra gli impulsi generati dal contatto del plectrum sui dentelli dalla pars stridens; gli impulsi sono caratterizzati da fase opposta nei due movimenti di andata e ritorno (CIBRA software). L’analisi spettrografica è infine essenziale per mostrare e misurare l’intreccio di differenti strutture acustiche dei paesaggi sonori. Nel caso di registrazioni sonore multicanale è anche possibile identificare la posizione di singole sorgenti sonore, attraverso l’applicazione di opportune tecniche di cross-correlazione del segnale ricevuto dai diversi sensori, per valutarne ritardi relativi (TDOA – Time Difference Of Arrival ), ma solo con gli strumenti di visione acustica, ancora oggi costosi e impiegati quasi esclusivamente in ambito industriale, si potrà in futuro vedere la distribuzione spaziale delle sorgenti sonore che compongono un paesaggio sonoro. 18.9 IMPATTO DEL RUMORE SULL’AMBIENTE TERRESTRE Come il rumore è fastidioso e dannoso per l’uomo (vedi Capitoli 16 e 26), lo è ancora di più per quegli animali che fanno del suono uno strumento essenziale per sopravvivere, per comunicare, per trovare un partner, per riconoscere ed evitare gli ostacoli, per cacciare le prede di cui si nutrono (Barber et al., 2011). È ormai dimostrato che il rumore antropico ha un impatto significativo sulla fauna sia in ambienti naturali sia in ambienti antropizzati; è ad esempio provato che certe specie di uccelli in città cantano con frequenze più elevate per meglio sovrastare
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 820 820 Acustica il rumore a bassa frequenza del traffico cittadino (Slabbekoorn, den Boer-Vissen, 2006). La misura del rumore antropico diventa sempre più necessaria, non solo per preservare la qualità degli ambiti vissuti dall’uomo, ma anche per valutare la qualità dell’ambiente nel suo complesso, a prescindere dalla presenza dell’uomo. Il concetto di wilderness si basa sull’assenza di segni prodotti dalla presenza umana e quindi implica l’assenza di rumore antropico. Il controllo del rumore negli ambienti naturali dovrebbe diventare pratica comune per garantire un adeguato comfort acustico sia alle comunità animali sia ai visitatori che ne desiderano fruire. È purtroppo da notare che anche lontano dalle aree urbanizzate il rumore può essere presente e invasivo. I voli aerei sono una fonte di rumore pressochè ubiquitaria e particolarmente invasiva, soprattutto sui principali corridoi di volo; nelle vicinanze degli aereoporti i corridoi di decollo e atterraggio sono distribuiti per minimizzare il disturbo sulle aree urbane e spesso si concentrano sulle aree non urbanizzate, in alcuni casi aree agricole, ma in altri casi aree di alto pregio naturalistico che si trovano costantemente investite dal rumore aereo con effetti ancora poco studiati. Gli animali che vocalizzano a bassa frequenza possono esserne colpiti; si osserva ad esempio che nel periodo riproduttivo i cervi diventano molto attivi vocalmente per delimitare il proprio territorio e competere vocalmente per l’accoppiamento, ma quando sentono un aereo in avvicinamento, se molto rumoroso, smettono di bramire e aspettano che passi. 18.10 IMPATTO DEL RUMORE SULL’AMBIENTE MARINO Il tema della bioacustica subacquea è di sviluppo relativamente recente e de- stinato a importanti sviluppi futuri. Il timore che il rumore potesse avere un effetto negativo nasce negli anni Settanta, con la preoccupazione che l’esperimen- to ATOC (Acoustic Tomography of Ocean Climate; Munk, Wunsch, 1979) potesse rappresentare un pericolo per i cetacei, in particolare per i misticeti che comuni- cano con suoni a bassa frequenza. Ulteriori sviluppi di questa attenzione hanno portato a comprendere l’importanza dell’acustica per i cetacei e successivamente anche per altri gruppi zoologici marini. Nel corso dell’evoluzione, i cetacei si sono adattati alle caratteristiche acustiche dell’ambiente, tra cui il rumore dovuto a fenomeni idroacustici e geosismici, ma ora si trovano ad affrontare un ambiente alterato dalle attività umane anche nelle caratteristiche acustiche. In passato, molte specie di cetacei sono state a rischio di estinzione a causa dell’industria baleniera che ha fatto stragi di balene, balenottere e capodogli. La protezione dei cetacei attuata negli ultimi decenni ha consentito ad alcune specie prossime all’estinzione di superare la soglia critica per la sopravvivenza, tuttavia nuovi problemi ambientali pongono ora nuove minacce. I cetacei sono ai vertici della catena alimentare e per questo sono colpiti dalle molte sostanze tossiche che riversiamo in mare o risentono delle alterazioni dell’ambiente marino prodotte sia direttamente che indirettamente dalle attività umane, includendo anche i
ManualeDiAcustica 2 aprile 2015 17:54 Page 821 Bioacustica e ecologia acustica 821 cambiamenti climatici e le loro conseguenze sugli ecosistemi, terrestri e marini. Il depauperamento delle risorse dovuto alla pesca eccessiva, le reti derivanti e certi sistemi di pesca che provocano la morte di molti odontoceti e anche di misticeti, che se intrappolati nelle reti non possono emergere per respirare, sono altre cause di pericolo per i cetacei. Anche i materiali di plastica non biodegradabile (bottiglie, imballaggi, reti, sacchetti ecc.) abbandonati in mare rappresentano un pericolo: persistono nell’ambiente decine di anni e se ingeriti possono provocare la morte degli animali. È acquisizione recente che anche il rumore subacqueo possa essere un pericolo per i mammiferi marini ed essere considerato un inquinante a tutti gli effetti. Sott’acqua si intrecciano sempre nuovi rumori e segnali, dagli infrasuoni agli ultrasuoni, prodotti dal traffico navale, dalle nuove tecnologie per individuare navi e sottomarini, per cercare relitti, per trasmettere informazioni, per sondare i fondali marini, per misurare la temperatura delle acque, per individuare i banchi di pesci, per studiare la crosta terrestre e per effettuare prospezioni petrolifere e minerarie. Il rumore prodotto dall’uomo si sovrappone alle bande di frequenza usate dagli animali acquatici (Fig. 18.7.1) e può interferire con i loro comportamenti. Le categorie di produzione di rumore da parte dell’uomo spaziano da sorgenti puntuali di alta potenza come SONAR navali, esercitazioni militari, esplosioni per demolire strutture offshore, brillamento di ordigni bellici, airgun usati nelle prospezioni geosismiche, che possono essere letali a breve distanza, a sorgenti più o meno discontinue come la costruzione di opere offshore e sulla costa, a emissioni costanti e diffuse, come con il traffico navale, gli impianti industriali offshore, che, seppur non immediatamente letali, possono avere un impatto significativo sul comportamento e sul benessere dei singoli individui e conseguentemente un impatto negativo a livello di popolazione. Le ricerche di bioacustica degli ultimi due decenni sono state per lo più orientate alla protezione dei cetacei rispetto al rumore di elevata potenza, in particolare degli airgun e dei SONAR navali, ma ora si sta affermando una maggiore attenzione su tutte le problematiche indotte dal rumore anche a livelli subletali. Lo stesso ambiente è certamente una fonte di rumore; il moto ondoso, il vento, la pioggia, i microsismi del fondale sono sorgenti di segnali acustici di differenti caratteristiche, vedasi in proposito le curve di Wenz (1962), ma a questo rumore gli animali si sono adattati nel corso dell’evoluzione sviluppando una curva di sensibilità uditiva e schemi di comunicazione adeguati. Il rumore e le vibrazioni prodotte in mare dalle attività umane, ormai ricono- sciute come «inquinamento acustico», possono interferire in vario modo con la vita animale (Richardson et al., 1995; Popper 2003; Simmonds et al., 2004; Pop- per et al., 2004; Agardy et al., 2007; Weilgart 2007; Clark et al., 2009; Tyack 2009) e per questo sono sempre più prese in considerazione anche a livello legisla- tivo (McCarthy, 2004; Pavan, 2007; 2008; Weir, Dolman, 2007) e di gestione delle strategie di conservazione (Agardy et al., 2004; Pavan, 2007; 2008). Dopo esse-
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