Beni confiscati alla mafia "La morte di La Torre non sia vana"

Pagina creata da Matteo Fava
 
CONTINUA A LEGGERE
Beni confiscati alla mafia "La morte di La Torre non sia vana"
IL CONVEGNO

Beni confiscati alla
mafia
“La morte di La Torre
non sia vana”
Sabato 19 Settembre 2015 - 11:20 di Erika Intrisano
Articolo letto 425 volte

Allo Sheraton si è parlato delle buone pratiche da
adottare nella gestione dei patrimoni sottratti ai
boss. Sull‟inchiesta della Procura di Caltanissetta
prevale il garantismo. Tra i relatori l‟onorevole Nello
Musumeci e Chiara Barone, presidente Addiopizzo
Catania.

CATANIA. Una volta catturati i boss tra gli obiettivi da
portare a termine si presenta quello di un riutilizzo sociale
dei beni confiscati: ma è una questione tutt’altro che
semplice. La cronaca di questi giorni sta sollevando un caso e
numerosi interrogativi, ma tutto è ancora da provare. Intanto,
ieri a Catania si è parlato delle misure e delle buone pratiche da
adottare secondo i criteri di trasparenza nella gestione dei
patrimoni sottratti ai boss, in occasione del meeting “Le false
società, le nuove opportunità di welfare ed i beni confiscati alla
mafia”. Un evento organizzato dalla sezione provincia di Catania
dell‟Associazione nazionale Consulenti del lavoro. Fra gli
intervenuti Nello Musumeci, deputato regionale e presidente della
commissione regionale Beni confiscati alla mafia. A seguire:
Vincenzo Barbaro, presidente dell‟Ordine dei consulenti del lavoro
di Palermo; Erasmo Palazzotto (Sel), deputato della Camera e
vice presidente della commissione Esteri, Mauro Grasso( Ugl) e
Chiara Barone, presidente di Addiopizzo. A moderare Guido
Sciacca        vice        presidente        nazionale        Ancl.

Un meeting il cui tema assume ancor più rilevanza alla
luce della recente bomba giudiziaria scoppiata a Palermo
riguardo la gestione dei beni confiscati alla mafia,
appunto. Finiti sotto inchiesta diversi nomi di amministratori
giudiziari, fra cui ormai l‟ex presidente della sezione misure di
prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, il marito e
ingegnere Lorenzo Caramma, e Gaetano Cappellano Seminara.
Le accuse contestate dalla procura di Caltanissetta sono pesanti:
corruzione, induzione alla concussione e abuso d'ufficio. Di ieri la
notizia che dalle numerose carte trasmesse a Palermo dalla
procura di Caltanissetta salta fuori anche il nome di Walter Virga,
altro noto amministratore di patrimoni confiscati. L‟inchiesta ha
portato il nucleo di polizia tributaria a sequestrare un ricco
materiale, tra fatture, telefoni e computer all‟interno della
concessionaria Nuova Sport Car con sede a Isole delle femmine.
Ma da Catania in merito alla delicata vicenda prevale la linea
garantista.

Musumeci è cauto e non intende esprimere giudizi
affrettati, sebbene lasci intendere che in generale il tema
non sia una novità. “Non si commentano le inchieste. – dichiara
Nello Musumeci a LiveSicilia - Sono il presidente di una
commissione parlamentare, c‟è un momento in cui ebbene fare
politica di parte ma c‟è un momento in cui si deve rispettare
l‟istituzione che si rappresenta. Da presidente della commissione
Antimafia posso solo dire che ho fiducia nell‟operato della
magistratura”. Ma aggiunge: “La necessità di accendere i riflettori
sulla gestione dei beni confiscati è un tema che la commissione
aveva già proposto lo scorso anno quindi in tempi assolutamente
non sospettabili. Avevamo udito, - prosegue - imprenditori di
aziende confiscate e giornalisti, raccolto degli elementi importanti
che ci avevano portato a denunciare alla stampa l‟esigenza di
fare chiarezza su quel fronte e al contempo investimmo della
vicenda anche il prefetto di Palermo, Umberto Postiglione e il
ministro                        degli                       Interni”.

L’onorevole inoltre risponde a tono chi, a suo dire,
tenderebbe con troppa facilità a scagliarsi contro la
politica. Non ci sta a sentirsi un bersaglio nel mirino di quanti
invece dovrebbero, a suo avviso, riconoscere parte di
responsabilità in merito alle scelte fatte dentro le urne.
L‟onorevole parla chiaro e contraccambia il colpo. “Credo che
questa realtà abbia molti punti deboli. – spiega – Siamo chiamati
in causa tutti, certamente: magistrati e politici. Ma noi siamo il
vostro specchio - precisa - siamo quello che voi avete scelto di
avere. La politica è indispensabile, ma smettiamola con
l‟antipolitica e iniziamo a distinguere la politica pulita da quelle
sporca”. Sulle buone pratiche di riutilizzo delle confische, “Il
legislatore nazionale - dice - sta perdendo tempo. All‟Ars ci
stiamo sforzando perché s‟intraprenda un nuovo corso. Se il bene
viene concepito come qualcosa da conservare è sbagliato.
Occorre salvare le aziende sane secondo un chiaro modello di
selezione. In ogni sede di Corte d‟appello - fa presente - se si
istituisse un pool atto a conoscere la natura dell‟azienda: se
questa è sana o è nata solo per coprire gli affari sporchi della
mafia. Ci sono molti casi in cui a vincere non è mai lo Stato, ma
la mafia purtroppo, come è accaduto in molti Comuni sciolti. E‟
necessario - dice - rivedere la normativa e adottare un sistema
più sofisticato di governance. Ridare dignità alle aziende
confiscate alla mafia. Gli esempi ci sono, non sempre e non
ovunque lo Stato alza bandiera bianca. C‟è il caso dell‟Hotel San
Paolo di Palermo: continuano ad assumere e gli utili sono in
attivo. A Palermo coi sono quartieri come lo Zen dove una
volante della polizia non può neanche entrare. Sono migliaia le
famiglie che occupano abusivamente alloggi popolari: ebbene ci
si convinca che la lotta alla mafia non può essere solo una lotta
armata. I comuni sciolti alla mafia, gli imprenditori colpiti
dall‟estorsioni: c‟è un lasso di tempo – conclude – in cui ci si
gioca la partita”.

Ma dissente da buona parte delle parole di Nello
Musumeci, Chiara Barone, presidente AddioPizzo Catania,
che battagliera afferma: “E‟ inaccettabile parlare di „lotta tra
mafia e stato‟. Dire che se lo Stato commette un errore,
inevitabilmente a vincere la partita è la mafia, significa mettere la
mafia già allo stesso livello dello Stato. E‟ non è così. Lo Stato è
molto di più, deve esserlo. La mafia non può essere considerata
così forte, è un messaggio sbagliato. Le „offerte di lavoro‟
derivanti dal sistema mafioso sono solo delle illusioni”. Ma in
merito ai commercianti che a Catania denunciano il pizzo riporta
dati                        poco                          confortanti.

“Addiopizzo - prosegue Barone - spesso nelle sue attività
antiracket si sente impotente. Catania ha una storia
diversa rispetto a Palermo. Ha sempre avuto le associazioni
antiracket fin dagli anni „90. Eppure qui si denuncia ancora poco
rispetto a Palermo. Quella è una città che ha vissuto le stragi
sulla sua pelle, ha visto il sangue. E‟ più incline a denunciare il
pizzo. A Catania la voce della coscienza sociale si sente con
maggiore fatica. Chi ha il potere di fare le cose perde tempo e
non fa nulla. Che senso ha parlare di legalità? Pio La Torre, da cui
abbiamo ereditato una normativa, direbbe di essere morto per
nulla”.

Puntare sulla semplificazione attraverso una normativa
più      snella    è    invece     la    formula      di   Erasmo
Palazzotto. “Adottare - spiega - un testo unico sui beni
confiscati alla mafia sarebbe utile in termini di semplificazione.
Dal periodo di sequestro dei beni fino al vero e proprio
affidamento le aziende finiscono sempre per fallire. Ecco perché
sarebbe utile istituire, per esempio, un fondo con gli stessi soldi
che vengono confiscati per rimettere in moto le aziende. Si
potrebbero applicare le leggi che ci sono, per esempio”. In merito
invece alla decisione del presidente del Tribunale di Palermo,
Salvatore Di Vitale, che ha deciso di istituire l‟albo degli
amministratori giudiziari in assenza di uno nazionale, seppur
previsto dalla normativa, afferma, “Ma l‟argomento sarà
affrontato al più presto. – dichiara – L‟albo degli amministratori è
indubbiamente uno strumento importante , ma l‟istituzione
dell‟albo dovrebbe essere in armonia con quello nazionale, al
momento inesistente. Dunque, co chiediamo come sia partito
l‟iter”.

“La gestione delle aziende tolte alla mafia va condotta
adottando appieno gli strumenti e capire quando non ci si
trova di fronte a condizioni antieconomiche. Occorre sempre
valutare se ci sono le condizioni per il proseguo dell‟attività
economica. In assenza dei requisiti questa va immediatamente
indirizzata nell‟ambito del Welfare, specie per salvare i lavoratori.
Creare meccanismi d‟incentivazioni perché il personale venga
riutilizzato altrove, per esempio attraverso la mobilità
territoriale”, ha detto infine nel suo intervento Vincenzo Barbaro,
presidente dell‟Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo.
Puoi anche leggere