Bambini e social network: rischi e rimedi (smartphone giochi dipendenza) - Dott. Fabio Scannella - Psicologo Psicoterapeuta Servizio Cristiano ...
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Bambini e social network: rischi e rimedi (smartphone…giochi…dipendenza) Dott. Fabio Scannella - Psicologo Psicoterapeuta Servizio Cristiano 14/5/2019
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Bambini e social network: rischi e rimedi… • Una volta c’erano le bambole, il pallone, le macchinine. • Poi si è fatta largo un’altra tipologia di gioco in grado stimolare allo stesso modo la mente dei bambini: i videogame. • L’ultima grande rivoluzione nel tempo libero dei più piccoli, infine, è stata l’arrivo di internet: i ragazzi oggi trascorrono molto tempo online davanti al pc, allo smartphone o al tablet. L’imperativo è partecipare, condividere le proprie esperienze, in due parole “essere social”. Con tutti i rischi del caso.
• Lo studio più rilevante su questo tema è quello condotto dalla Commissione europea su 25mila giovani. • Ebbene, il 77% dei ragazzi tra i 13 e i 16 anni gestisce un profilo su un social network. • Nonostante Facebook, il più popolare, vieti l’iscrizione (comunque facilmente aggirabile) ai minori di 13 anni, il 38% di quelli fra i 9 e 12 sono già utenti del web 2.0. • E gli effetti quali sono? ….Non proprio positivi, secondo una ricerca 2013 dell’Osservatorio SIP (la società italiana di pediatria), dal titolo “Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani”. • Lo studio lega la “dipendenza” da internet dei giovani con i loro aspetti comportamentali: si scopre che chi naviga più di tre ore al giorno (il 21,3%) ha abitudini alimentari peggiori, ne ha altre poco salutari come fumare o bere alcolici, legge poco e a scuola ottiene voti mediocri.
• RISCHI? • Certo, la rete e i social network offrono senza dubbio anche grandi opportunità. Ma portano con sé anche pericoli reali. Quali? Partiamo dai più grossi: • la condivisione e la diffusione di informazioni personali e foto. Lo fa il 55% degli adolescenti senza rendersi conto del pericolo di furto d’identità e adescamentI. • il social network può utilizzare i dati dei minori per scopi commerciali, con un conseguente bombardamento pubblicitario • la “dipendenza”: i ragazzi, dopo avere iniziato a utilizzarli, non riescono più a fare a meno dei socia
• … e rimedi • Che cosa possono fare dunque i genitori per contrastare questi rischi • Innanzitutto, per essere credibili agli occhi dei figli, è bene che conoscano questi strumenti: è consigliabile quindi che imparino a utilizzarli, così da spingere i ragazzi a un uso consapevole. • In questo modo, inoltre, potranno chiedere l’amicizia ai figli o diventare loro follower, in modo da tenere monitorata la loro attività online. • Ma in futuro tutto questo potrebbe cambiare: secondo il Wall Street Journal, Facebook sta infatti studiando una tecnologia per “collegare” il profilo del minore a quello dei genitori, in modo che questi possano autorizzare le amicizie dei figli e le applicazioni da usare.
Gli smartphone e i bambini • Smartphone, tablet, computer: ormai quasi tutti i bambini, sin da piccoli, sanno come si usano e ci trascorrono anche parecchio tempo, tra videogiochi, canzoncine e cartoni.
• E’ inevitabile, anche perché siamo noi genitori i primi che ne fanno uso (e spesso abuso!). • Inutile impedirglielo o sequestrare l’oggetto del desiderio: è importante invece condividere con loro, almeno ogni tanto, le attività, così da trasformarle in un’occasione di gioco divertente e formativa al tempo stesso.
• Mamma e papà sono i primi ad usare il cellulare continuamente…“I bambini sono educati dall’esempio dei genitori, ovvero da tutto quello che noi facciamo e non ci rendiamo conto di far vedere ai nostri figli ma che loro registrano nella loro testa, sin da quando sono piccolissimi”.
• “E quel che vedono è un genitore che, una volta ogni tre minuti circa, prende in mano il cellulare, anche senza un motivo preciso, e se lo perde di vista sembra andare nel panico. • Quindi i bambini assorbono da subito il valore che noi adulti diamo a questo oggetto”.
• ... e vengono usati come un’ancora di salvezza… • Altro messaggio che il bambino recepisce è che cellulare e tablet gli vengono consegnati tra le mani quando fa i capricci e fallisce qualunque altro tentativo di placarlo, costringendo per giunta il genitore e giocare con lui proprio perché è un oggetto talmente prezioso che non si può rischiare di perderlo o rovinarlo.
• Un tempo era così con le chiavi di casa, oggi si è passati a qualcosa di più sofisticato. • Ma identico è il significato che arriva al bambino: se mi lagno mamma e papà mi danno l’oggetto amato e per di più stanno con me. Meglio di così!
• ... affascinano… • E poi c’è l’enorme fascino suscitato da un oggetto che sembra una sfera di cristallo: cellulare o tablet che sia, ci si può fare di tutto e si può vedere tutto: giochi, cartoni, musica, telefonate, tutto colorato e tutto in movimento.
• Si possono fare più operazioni nello stesso momento: parlare al telefono e scrivere messaggi, ascoltare musica e giocare. • E per di più è un oggetto interattivo e portatile, un oggetto del desiderio sempre a portata di mano. • Noi genitori per primi ne siamo stati sedotti sin dal primo modello comparso sul mercato, come potrebbero non esserlo i nostri figli?
• …e sono più efficaci di qualunque baby sitter! • Ammettiamolo: non esistono baby sitter formidabili come qualsiasi apparecchio digitale. • In casa, un figlio davanti al computer non si vede e non si sente; se durante un viaggio in auto ha il cellulare tra le mani è assicurata la totale tranquillità; in una qualunque sala d’attesa tutti i bimbi con il tablet stanno in religioso silenzio.
Il rovescio della medaglia? • Diminuiscono le occasioni di rispecchiamento emotivo con l’adulto. • “Di per sé queste caratteristiche dei vari strumenti digitali non sarebbero negative: il problema è che abbiamo messo in mano certi aggeggi ai nostri figli con una logica molto più ‘sostitutiva’, nel senso che i bambini interagiscono per più tempo con un video che con una persona fisica, che di fatto è stata sostituita da un monitor”. • “Ma questo ha fatto diminuire le occasioni di rispecchiamento emotivo, cioè quelle occasioni in cui ci si guarda negli occhi e ci si rispecchia nell’altro: un’esperienza fondamentale nella prima infanzia per saldare l’acquisizione di nuove competenze e sviluppare la consapevolezza della propria identità.
• Un bambino, quando cammina per la prima volta, dopo un po’ si ferma e cerca lo sguardo di un adulto; quando fa un disegno, lo mostra ai genitori: non lo fa per narcisismo, ma perché ha bisogno di essere visto e pensato e rispecchiarsi nell’adulto
• Stare da solo davanti al video impedisce al bambino di sperimentare le sue emozioni… • “Un altro aspetto che abbiamo notato è che lo schermo ‘scherma’ anche le emozioni”. • “Se due ragazzi chattano al computer, nonostante siano visibili reciprocamente con una webcam, riescono a parlare di argomenti anche imbarazzanti senza che si attivino tutte quelle reazioni emotive come il rossore o la tachicardia, che sono normali in certe situazioni.
• ogni schermo digitale è una barriera contro gli stimoli eccessivi, una difesa dalle emozioni, che invece devono essere vissute affinché il bambino impari ad affrontarle e gestirle”. • A lungo andare, infatti, questa mancata sperimentazione potrebbe indurre fenomeni di ritiro sociale: • ci sono ragazzi che preferiscono chattare con amici virtuali piuttosto che uscire in comitiva o, nei casi più estremi, • che abbandonano la scuola perché hanno difficoltà a reggere le emozioni, ad affrontare un’interrogazione, il confronto con gli insegnanti o con gli amici.
• … E di sviluppare una sana aggressività. • Stare sempre da solo davanti ad un apparecchio digitale toglie al bambino la possibilità di sviluppare la cosiddetta sana aggressività, che non è desiderio di aggredire l’altro ma è il bisogno naturale che ha ognuno di noi di conquistare e di difendere uno spazio nel mondo: una sperimentazione che da piccoli è strettamente connessa al movimento e all’esplorazione dello spazio reale. • Il bambino capisce lo spazio quando urta contro un mobile, capisce i propri limiti quando li condivide fisicamente con un altro.
• “Se questa aggressività non viene espressa, rimane dentro e si trasforma in rabbia, che col tempo può sfociare in due esiti opposti”: • “o si riflette contro se stessi dando origine a forme depressive, • o crea disturbi psicosomatici nelle occasioni di massima socialità, come la classica febbre il giorno prima della gita scolastica o il mal di pancia prima della cena di fine anno”
La soluzione? Cellulari e computer sì, ma insieme a mamma o papà • Al giorno d’oggi non è possibile rinunciare a internet, sequestrare la play station o vietare l’uso del telefonino. Ma è doveroso, almeno per una parte del tempo, stare insieme ai figli mentre li adoperano.
• Se mamma o papà giocano insieme al bambino, l’esperienza digitale è un’occasione di divertimento, di condivisione, di confronto, formativa come qualunque gioco che potrebbero fare insieme. • Interessiamoci ai videogiochi, senza preconcetti, lasciamoci coinvolgere, giochiamoci insieme ma divertendoci autenticamente, perché i bambini se ne accorgono subito se siamo realmente partecipi o no (e quel punto è meglio non giocarci proprio!)
Computer addiction • Si riferisce ai giochi virtuali (es. Second life, GTA - V) in cui i partecipanti giocano contemporaneamente e interagiscono tra di loro • Consentono di nascondere la vera identità Consentono di nascondere la vera identità
• Per i minori i nuovi mezzi di comunicazione presentano vantaggi e potenziali pericoli •53% dei bambini naviga su Internet al di fuori della supervisione degli adulti •52% frequenta abitualmente le chatline •33% chatta non solo con i coetanei •66% vorrebbe incontrare le persone con cui chatta (Società Italiana di Pediatria)
• CONSEGUENZE •Riduzione dell’ansia tipica che si prova nella relazione faccia a faccia •Relazioni reali di scarsa efficacia e diminuita capacità nella gestione della sfera sociale •Sostituzione del contatto sociale faccia a faccia vs online •Sostituzione di identità vs identità virtuale
Dipendenza da WhatsApp: cause, sintomi e rimedi Tecnologia • Nuove tecnologie generano nuove malattie. E’ il caso della dipendenza da WhatsApp, una vera e propria mania che diventa patologia per il 50% degli utenti che usano questo tipo di servizio. • A rivelarlo è uno studio pubblicato sul The Social Science Journal.
• La dipendenza da WhtasApp si manifesta in primo luogo con un uso quasi ossessivo dell’applicazione. Secondo lo studio, 1 persona su 3 (circa il 33%) utilizza l’App più di 12 volte l’ora per inviare messaggi, foto o video. • Questo, come emerso da diverse indagini, può causare problemi alle relazioni sociali, in particolare quando in mezzo c’è l’amore. • Un uso esagerato di WhatsApp può portare ad ansie e insicurezza nella coppia. • Insieme a Facebook, è diventato uno dei primi ostacoli alla serenità dei partner.
Dipendenza da cellulare: game players • Game players • Eccessivo interesse per i giochi da cellulare • Trasformano il telefonino in una console • Hanno difficoltà a smettere di giocare se non raggiunto il record • Sindrome da cellulare acceso • Hanno il terrore di avere il telefonino spento • Hanno sempre una batteria carica di scorta • Tengono il cellulare acceso anche la notte
WhatsApp: arriva l'incubo chiamato Momo. Ecco cos'è e come evitarlo • Momo non è pericoloso ma su Whatsapp sta creando il panico. • In questo caso Momo non è altro che una nuova catena di Sant'Antonio, corredata da foto, la quale nelle ultime ore sta creando qualche grattacapo sul sistema di messaggistica più famoso al mondo e ai suoi utenti.
• Viene presentata come una maledizione che sarà inflitta a chiunque non prosegua con la condivisione della stessa e purtroppo in tanti, per paura, non fanno che far girare la catena e dunque fare il gioco di chi realmente l'ha messa in origine in giro.
• Dunque nel caso di Momo si viene invitati a rimandare un determinato messaggio contenente la foto raffigurante una donna deforme e mostruosa a tutti i contatti della rubrica, per evitare di essere contattati dalla stessa. • Lo scherzo al momento rimane tale e non porta virus o altro ma di fatto la catena sarebbe realmente partita dal numero (+31 345102539;+521 6681734379) della ragazza della foto, chiaramente fasullo, ma soprattutto con la possibilità che richiamandolo venga prosciugato il credito del proprio conto.
• In questo caso, grazie ad alcune ricerche si è scoperto che l'immagine della ragazza inoltrata nei vari messaggi altro non è che una statua esposta al Vanilla Gallery di Tokyo
cosa fare? • Nello specifico basterà alla ricezione del messaggio da Momo: • Aprire la conversazione con Momo • Tappare sui tre puntini in alto • Tappare su Altro • Tappare su Blocca • Tappare su Segnala e Blocca
GTA 5 sempre più "vietato ai minori", nel videogame sesso con una • GTA5 sempre più coinvolgente e reale, da oggi nel videogame sarà possibile anche fare sesso con le prostitute. • In questo modo il gioco è ancora più vietato ai minori, dopo le immagini di violenza, omicidi, sparatorie, offese arriva anche il sesso nella forma più degradante ed esplicita. • Un utente ha caricato in rete la versione appena rilasciata del gioco disponibile su PS4 e Xbox One in cui si mostra il rapporto sessuale consumato con una prostituta. «Ho un bimbo di 5 anni», commenta il padre, «Non voglio veda queste scene in un videogioco». • La polemica sembra lasciare il tempo che trova visto che il gioco è indicato solo per i maggiori di 18 anni e quindi sconsigliato a bambini così piccoli.
• GTA 5: critiche per il sesso in prima persona • GTA 5 next-gen offre un'inedita visuale in prima persona che sta scatenando nuove polemiche, soprattutto per le scene di sesso in auto con le prostitute. • GTA 5 in versione per PS4 e Xbox One ha debuttato da poco nei negozi con un’inedita modalità in prima persona e la prospettiva differente che offre sta già scatenando numerose polemiche: significa infatti che tutti i crimini e le attività previste dal gioco sono più coinvolgenti e con una grafica più realistica. Incluse le scene di sesso con le prostitute che si trovano per strada.
• Le attività “ricreative” a disposizione sono infatti ancora più violente e più sessualmente esplicite che mai: si può rubare, torturare, uccidere e interagire con prostitute e stripper guardando il tutto con gli occhi del personaggio scelto. Inoltre il comparto sonoro, particolarmente esplicito anche durante le scene sessuali in auto, aggiunge un ulteriore livello di realismo e tutto ciò ha già scatenato una grande reazione in rete
• Il New York Daily News ha definito GTA 5 per PS4 e Xbox One «una versione ancora più grafica». IB Times lo ha chiamato «da incubo». Il Daily Mail ha detto che «è scandaloso» e numerosissime altre testate lo hanno trovato eccessivamente offensivo e immorale. • Probabile che le associazioni dei genitori inizino a muovere presto ulteriori pesanti critiche al videogame di Rockstar Games, ma è importante sottolineare che Grand Theft Auto è da sempre stato indirizzato a un pubblico maggiore di 18 anni. La serie non ha mai avuto una morale e non esistono iterazioni di GTA per minorenni; è probabile che con la modalità in prima persona vi sia un maggiore coinvolgimento, ma il gioco è esattamente quello dello scorso anno – in terza persona.
• Le caratteristiche “drammaturgiche” dei videogame, qui, vengono utilizzate al meglio: impersonare qualcun altro, calarsi in un ruolo, è un atto umanamente pieno di dignità e di gioia. • Quale che sia il ruolo, ciò comporta un distacco critico che in arti di antica tradizione, come il teatro ma anche il cinema, non lascia posto a dubbi: nessuno critica l’attore che ha interpretato splendidamente il ruolo del “cattivo”.
• Questo è il “meccanismo culturale” che giustifica, narrativamente, anche un gioco come GTA. • Che a ciò aggiunge risorse e fattura da mille e una notte. Quindi, tutt’altro che una fesseria. • Restano due fatti. Il primo: un bambino o un ragazzino non ha, semplicemente, le risorse culturali per mantenere quel distacco critico nel “farsi un altro” che invece in un adulto è auspicabile ci sia. • Il secondo: se poi a un adulto non piace – come pure è molto possibile, perché davvero non c’è risparmio di contenuti sgradevoli – addossarsi il ruolo del delinquente per gioco, libero di non comprare GTA e di sconsigliarlo. Ma non di sottovalutarlo.
Hikikomori, la sindrome dei ragazzi che si chiudono in camera e rifiutano ogni aiuto • Molto diffusa in Giappone, colpisce tanti adolescenti anche in Italia. Non è depressione, non è dipendenza dai videogames, non è solo un disturbo d'ansia.
• In giapponese significa “stare in disparte” e colpisce più adolescenti (anche italiani) di quanto si possa immaginare. • Non li vediamo perché la loro vita si svolge interamente in una stanza: la loro camera da letto. Si rifiutano di uscire, di vedere gente e di avere rapporti sociali. In quella stanza leggono, disegnano, dormono, giocano con i videogiochi e navigano su Internet.
• Ma soprattutto proteggono loro stessi dal giudizio del mondo esterno. • Chi attribuisce la colpa del disagio alle nuove tecnologie sbaglia di grosso. • Le cause sono molteplici e il fenomeno è sorto prima dell’avvento del pc. • Di noto c’è che l’isolamento può durare alcuni mesi o anni, ma una cosa, sostengono gli esperti, è certa: non si risolve mai spontaneamente.
• L’hikikomori è un meccanismo di difesa messo in atto come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale tipiche delle società capitalistiche economicamente più sviluppate. • “L’hikikomori è il frutto si una società che esercita sui ragazzi una serie di pressioni che vanno dai buoni voti scolastici, alla realizzazione personale, alla bellezza fino alla moda”. • Ragazzi e ragazze si trovano così a dover colmare virtualmente il gap che si viene a creare tra la realtà e le aspettative di genitori, insegnanti e coetanei.
• Quando questo gap diventa troppo grande si sperimentano sentimenti di impotenza, perdita di controllo e di fallimento. • A loro volta questi sentimenti negativi possono portare ad un atteggiamento di rifiuto verso quelle che sono le fonti di tali aspettative sociali. • E siccome queste fonti sono rappresentate, come detto, dai genitori, dagli insegnanti, dai coetanei e, più in generale dalla società, il ragazzo tenderà spontaneamente ad allontanarsene e a rifugiarsi nella propria camera dove è immune al sentimento della vergogna.
• Come si riconoscono gli hikikomori? • I primi segnali arrivano generalmente dalla fase pre-adolescenza fino a quella adulta, don due passaggi chiave: l’inizio e la fine delle scuole superiori. • “Le prime perché il ragazzo a confrontarsi con insegnanti e compagni di classe nuovi. • La seconda perché è il momento in cui bisogna tracciare la strada che si vuole seguire nella vita”. • Spesso la chiusura non è netta: il primo segnale preoccupante sono le frequenti assenze a scuola, tanto che l’assenteismo – che può durare anche anni – è frequentissima nei casi di hikikomori.
• Tra gli altri principali campanelli d’allarme ci sono: • l’inversione del ritmo sonno-veglia • l’auto-reclusione in camera da letto • la preferenza per le attività solitari
• in Giappone ci sono di oltre 500.000 casi accertati • Nel nostro Paese, secondo Hikikomori Italia, alcune stime (non ufficiali) riportano almeno 100.000 casi. • “La maggior parte dei ragazzi hanno tra i 15 e i 25 anni, ma non mancano casi più giovani o più adulti. • Provengono da famiglie benestanti e spessissimo sono figli unici in quanto subiscono le maggiori aspettative genitoriali. • In moltissimi casi sono figli di genitori separati. • Sono ragazzi molto intelligenti, che non hanno alcun problema a livello scolastico e che hanno poco in comune con i compagni di classe”.
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