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Aspetti costituzionali e comunitari del Green Pass
Autore: Valerio Carlesimo
In: Diritto civile e commerciale

Non viene dimostrato alcun contrasto tra le norme del decreto green pass e il diritto europeo self
executing, contrasto che costituisce l’unico caso che consentirebbe al giudice nazionale di disapplicare la
legge interna per garantire la piena applicazione della norma europea. Nel Regolamento UE che si occupa
del green pass è stato aggiunto il divieto di discriminare chi non è vaccinato (si tratta però di uno dei
“considerando”, cioè dei punti della motivazione, il n. 36 di 64): si invita a «evitare la discriminazione
diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano
nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come
i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere
vaccinate». Non si può non considerare che esso attiene ad un regolamento che intende facilitare la
circolazione tra gli Stati, superando misure restrittive introdotte da ciascuno di essi: il decreto green pass
si occupa invece soltanto della circolazione interna all’Italia e dell’accesso a singoli servizi.

È una questione di ambito di applicazione: il diritto europeo prevale, se adeguatamente dettagliato, sul
diritto interno, imponendone la non applicazione, solo nell’ambito delle competenze proprie dell’Unione
europea: e la circolazione interna agli Stati dei cittadini di quegli Stati non rientra tra le competenze
dell’Unione europea. In assenza di una legge che imponga un obbligo generalizzato di vaccinazione, la
normativa di cui al D.L. 105/2021 non troverebbe valida base legale: tuttavia giova segnalare come allo
stato degli atti la non sicurezza delle conoscenze scientifiche non permetta di imporre un obbligo
generalizzato. Ma il Green Pass non obbliga alla vaccinazione, essendo un documento identificativo
ottenibile anche attraverso la semplice sottoposizione a tampone che risulti poi negativo o dimostrando
l’avvenuta guarigione dal Covid. Neanche può ritenersi violata la riserva dio legge di cui all’art. 32 Cost.
in base alla quale solo la legge può imporre trattamenti sanitari obbligatori. La sottoposizione a
tampone non può essere considerata trattamento sanitario obbligatorio, facendosi riferimento per tale a
procedure mediche più complesse.

Il GREEN PASS ha rilievo anche sotto il profilo degli artt. 3 e 16 Cost. Esso consente la libera circolazione
delle persone in sicurezza rispettando il principio di uguaglianza.

Il D.L. 105/2021 è un atto avente valore di legge che costituisce una legittima limitazione alla libera
circolazione dei cittadini per motivi di sanità pubblica. Il principio di uguaglianza non può dirsi violato in
quanto esso postula di trattare situazioni uguali in maniera uguale e situazioni diverse in maniera diversa.
Chiaro come la condizione di vaccinato è diversa da quella dei non vaccinati: I soggetti vaccinati non sono
uguali ai non vaccinati, perché, se è vero che possono anch’essi positivizzarsi, ammalarsi di Covid-19 e
contagiare gli altri, è altresì vero che, per loro, è meno probabile che ciò accada e, se anche dovesse

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accadere, comunque la malattia per loro produce conseguenze meno pericolose. Dunque, indirettamente, i
vaccinati proteggono i non vaccinati (a) sia perché si ammalano di meno, (b) sia perché, se anche si
ammalano, sono meno contagiosi, (c) sia perché, se anche si ammalano, hanno minore necessità di cure
sanitarie, lasciando le risorse del Servizio sanitario nazionale libere di intervenire a tutela degli altri
malati (di Covid-19 o altre patologie): per tutti questi motivi, dunque, il green pass consente ai vaccinati di
partecipare in relativa sicurezza – e comunque mantenendo sempre attive tutte le precauzioni relative a
mascherine, distanziamento fisico ecc. – ad alcune attività sociali dalle quali è, invece, meglio che siano
esclusi i non vaccinati.

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Rapporto tra diritto interno ed europeo

Una recente sentenza della Corte costituzionale, la 269/2017, introduce un’importante novità in tema di
rapporto tra diritto interno ed europeo. Al lettore non specialistico va premesso un punto. Come deve
comportarsi il giudice italiano innanzi ad un’incompatibilità tra le regole dei due ordinamenti? Se le
norme europee, per la loro conformazione, hanno efficacia diretta – sono cioè sufficientemente precise da
risolvere direttamente il caso concreto, senza l’intervento mediatore del legislatore – il giudice italiano è
tenuto a non applicare la norma nazionale con esse contrastante, garantendo così il primato delle prime.
Se, al contrario, tale diretta efficacia manca, il giudice deve sollevare la questione di legittimità
costituzionale alla Corte costituzionale, la quale valuterà se annullare la norma interna.

Un contrasto non fondato tra normativa interna e normativa
comunitaria

Orbene, è opportuno anzitutto chiarire un primo aspetto: i green pass e le restrizioni disposte per i
soggetti che ne sono sprovvisti sono due cose ben distinte, per quanto correlate.

Una delle tesi sostenute da coloro che lamentano l’illegittimità del green pass, infatti, si basa su una
disposizione recentemente introdotta dal decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, che modifica il comma 8
dell’art. 9 del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, al fine di precisare che «le disposizioni dei commi da 1 a
8 continuano ad applicarsi ove compatibili con i regolamenti (UE) 2021/953 e 2021/954». Da qui la
conclusione secondo cui il green pass sarebbe incompatibile con il regolamento (UE) 2021/953 e quindi
illegittimo, tenuto conto del considerando n. 36 il quale recita nel seguente modo: «È necessario evitare la
discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici,
perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente

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somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere
vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o
di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe
costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di
servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro
mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce
un diritto o un obbligo a essere vaccinati».

La tesi sarebbe in sostanza questa: dal momento che il green pass si applica solo ove compatibile con il
regolamento UE, e dal momento che detto regolamento prevede espressamente che non si possano fare
discriminazioni nei confronti dei soggetti che hanno scelto di non vaccinarsi, ecco che il pass si
rivelerebbe non obbligatorio o addirittura illegittimo.

Tuttavia, il sillogismo non regge. Anzitutto, per il semplice fatto che la disposizione normativa secondo cui
«le disposizioni dei commi da 1 a 8 continuano ad applicarsi ove compatibili con i regolamenti (UE)
2021/953 e 2021/954» si riferisce ai primi otto commi dell’art. 9 del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52. Si
riferisce cioè alle disposizioni normative che disciplinano le Certificazioni verdi (art. 9) e non già a quelle
che prevedono restrizioni nei confronti di chi non ne sia in possesso (art. 9-bis). La distinzione è dirimente.

Pertanto, sono le norme che attualmente dispongono a quali soggetti possa essere conferito il green pass,
nonché la durata della certificazione (9 mesi per i vaccinati, 6 mesi per i guariti e 48 ore per chi si è
sottoposto a tampone) e l’equivalenza con le analoghe certificazioni rilasciante da Stati Ue o extra-Ue ad
essere applicabili solo ove compatibili con le disposizioni contenute nel citato Regolamento (UE)
2021/953, che detta norme in tema di rilascio, verifica ed accettazione dei Certificati COVID-19 al fine di
agevolare la libera circolazione da parte dei loro titolari, nonché nel coevo Regolamento (UE) 2021/954,
che dispone l’applicazione delle norme sulle Certificazioni anche ai cittadini di Paesi terzi regolarmente
soggiornanti o residenti nel territorio degli Stati membri. Non le norme in tema di restrizioni all’accesso a
servizi o attività.

In secondo luogo, il sillogismo si rileva fallace ove sin consideri che il divieto di discriminazione, di cui al
“considerando” n. 36, si riferisce agli spostamenti tra Paesi europei e non a quelli all’interno dei
medesimi, in quanto l’obiettivo è tutelare la libera circolazione dei cittadini in ambito europeo e non già,
come si potrebbe erroneamente pensare, all’interno dei territori dei singoli Stati.

Il testo del “considerando”, chiamato impropriamente in causa, richiama peraltro il solo certificato di
vaccinazione – e non anche quelli di guarigione e di test – e precisa che questo «non dovrebbe costituire
una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi
di trasporto passeggeri transfrontalieri». In sostanza, gli Stati membri non devono – rectius, non
dovrebbero – fare in modo che il certificato di vaccinazione costituisca condizione per circolare tra gli
Stati europei o per utilizzare i mezzi di trasporto transfrontalieri. Nulla a che vedere, come si può notare,
con le restrizioni disposte dal recente decreto-legge.

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A quanto detto si aggiunga inoltre che l’art. 11 del Regolamento (UE) 2021/953 precisa che resta «salva la
competenza degli Stati membri di imporre restrizioni per motivi di salute pubblica» e prevede che,
qualora gli Stati accettino le Certificazioni verdi, non debbano imporre ulteriori restrizioni alla libera
circolazione, quali ulteriori test, quarantena o isolamento, che non siano necessarie e proporzionate al fine
di tutelare la salute pubblica. Il che significa che, ove le condizioni peggiorassero, anche i cittadini
europei dotati di certificazioni potrebbero essere soggetti ad ulteriori restrizioni.

Inoltre, il medesimo art. 11 prevede che, qualora uno Stato membro imponga ai titolari di Certificazioni
verdi di sottoporsi a test, quarantena o isolamento dopo l’ingresso nel suo territorio, o qualora imponga
altre restrizioni ai titolari delle certificazioni perché, per esempio, la situazione epidemiologica è
peggiorata, lo Stato stesso debba informare la Commissione e gli altri Stati membri, se possibile 48 ore
prima dell’introduzione di tali nuove restrizioni. Insomma, le restrizioni non soltanto non sono vietate, ma
sono addirittura consentite.

In definitiva, chi sostiene che il green pass non sia obbligatorio o addirittura che sia illegittimo per
contrasto con le norme Ue giunge a conclusioni inesatte.

Quanto al primo aspetto, sebbene il pass non sia effettivamente obbligatorio in senso assoluto, va
evidenziato che esso è obbligatorio per accedere a musei, palestre, ristoranti al chiuso e via dicendo, salvo
nel caso di soggetti esclusi, per ragioni mediche o di età, dalla campagna vaccinale.

Quanto al secondo, occorre osservare che la presunta illegittimità – delle restrizioni, più che del pass in
quanto tale – viene dedotta da una disposizione che si riferisce alle modalità di concessione del pass e non
alle restrizioni per chi ne è sprovvisto, nonché da una disposizione del regolamento (UE) 2021/953,
contenuta in un “considerando”, che si riferisce agli spostamenti transnazionali e non a quelli interni al
territorio di un singolo Stato. Con il che non si vuole asserire, come già detto, che le restrizioni disposte
dal recente decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, siano senza ombra di dubbio conformi al quadro
costituzionale, ma semplicemente che i profili di incostituzionalità di cui si parla insistentemente, e di cui
si è parlato in questo articolo, non sono fondate.

Un considerando, non c’è una norma

Ricordiamo che il diritto comunitario prevale sui diritti nazionali, dunque una norma italiana in contrasto
con una europea sarebbe destinata a soccombere. Perché allora questo non accade col divieto di
discriminazione nei confronti dei non vaccinati?

Come già detto, il n.36 non è una norma ma un considerando e dunque non ha la possibilità di prevalere
sulle norme nazionali. Ma, anche al di là di questo, il considerando n.36 è riferito a un documento europeo
specifico, l’EU Digital COVID Certificate, che ha uno scopo ben delimitato. Come si legge all’articolo 1, il

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regolamento ha lo «scopo di agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione durante la pandemia di
Covid-19» da parte dei titolari del green pass europeo e «contribuisce inoltre ad agevolare la revoca
graduale delle restrizioni alla libera circolazione poste in essere dagli Stati membri».

Dunque se uno Stato decide di imporre un proprio green pass nazionale, eventualmente anche diverso da
quello europeo, ad esempio per accedere ai ristoranti, ai cinema, ai luoghi di lavoro o alle scuole, il
regolamento non c’entra. Ma anche per quanto riguarda i trasporti, che hanno invece a che fare con la
libertà di circolazione, bisogna fare almeno due considerazioni. In primo luogo, la non discriminazione
(circa la libertà di circolazione) di cui parla il considerando n.36 – ci ha confermato ancora Couronne – va
intesa nel senso che anche un non vaccinato, ma che abbia un tampone negativo recente o un test recente
che attesti l’avvenuta guarigione, ha diritto a ottenere il green pass europeo. Non nel senso che un non
vaccinato senza green pass deve avere gli stessi diritti di chi ce l’ha. Il regolamento infatti consente la
discriminazione di chi non ha il green pass europeo (quindi – al netto di chi non ha fatto ancora richiesta –
di chi non è vaccinato, o non ha un tampone negativo o un certificato di guarigione recente). In secondo
luogo, l’articolo 11 del regolamento prevede esplicitamente che gli Stati possano imporre restrizioni
ulteriori alla libertà di circolazione «per motivi di salute pubblica».

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Bibliografia:

Volere La Luna, “Il Green Pass e la Costituzione”, 13/09/2021, Francesco Pallante

La Costituzione.info., “Tra Green Pass e norme UE non c’è contrasto”, 13/08/2021, Alessandro Gigliotti

Questione Giustizia, “Sul dovere comunitario e costituzionale di disapplicazione del decreto Green Pass”,
06/08/2021, Osservatorio per la legalità costituzionale

Ius in itinere, “Pass vaccinale o impasse giuridico?”, 11 maggio 2021, Mirella Circiello

Il sole 24 ore, “Ecco perché il Green Pass è costituzionale e può limitare alcune libertà. 17/07/2021, Carlo
Melzi d’Eril, Giulio Enea Vigevani

Salvis Juribus, “Green Pass, tesi contrapposte”, 23/08/2021, Fausta La Torre

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