ARCADI VOLODOS pianoforte - SALA VERDI - Fondazione La Società dei Concerti

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ARCADI VOLODOS pianoforte - SALA VERDI - Fondazione La Società dei Concerti
SALA VERDI
2022 - 2023

              ARCADI VOLODOS
                  pianoforte

                  SERIE SMERALDO
ARCADI VOLODOS pianoforte - SALA VERDI - Fondazione La Società dei Concerti
ARCADI VOLODOS pianoforte - SALA VERDI - Fondazione La Società dei Concerti
MER                                                      PROGRAMMA
                                                     SERIE SMERALDO
22
FEB
F. MOMPOU
(Barcellona 1893 – Barcellona 1987)

Scènes d’enfants
1. Cris dans la rue
2. Jeux sur la plage
3. Jeu II
4. Jeu III
5. Jeunes filles au jardin                               10’

F. MOMPOU
Música callada
1. Primer cuaderno - I. Angelico
2. Primer cuaderno - II. Lent
3. Cuarto cuaderno - XXVII. Lento molto
4. Cuarto cuaderno - XXIV. Moderato
5. Cuarto cuaderno - XXV. (untitled)
6. Segundo cuaderno - XI. Allegretto
7. Segundo cuaderno - XV. Lento-plaintif
8. Cuarto cuaderno - XXII. Molto lento e tranquilo
9. Segundo cuaderno - XVI. Calme
10. Primer cuaderno - VI. Lento
11. Tercer cuaderno - XXI. Lento
12. Cuarto cuaderno - XXVIII. Lento                      25’

                                                               Intervallo

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ARCADI VOLODOS pianoforte - SALA VERDI - Fondazione La Società dei Concerti
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    22
    FEB
    A. SCRIABIN
    (Mosca 1872 – Mosca 1915)

    Studio n. 2 in fa diesis min. op. 8
    Studio n. 11 in si bem. min. op. 8
    Preludio n. 14 in mi bem. min. op. 11
    Preludio n. 1 in si magg. op. 16
    Preludio n. 4 in mi bem. min. op. 16
    Preludio n. 3 in si magg. op. 22
    Preludio n. 1 in si bem. min. op. 37
    Poème n. 1: Masque op. 63
    Poème n. 2: Étrangeté op. 63
    Poème n. 2 op. 71
    Danse n. 2: Flammes Sombres op. 73
    Sonata n. 10 op. 70
    Vers la flamme op. 72                       40’

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ARCADI VOLODOS pianoforte - SALA VERDI - Fondazione La Società dei Concerti
ARCADI VOLODOS
                                                  pianoforte
    Volodos possiede immaginazione, sentimento e una tecnica fenomenale che gli
    permettono di realizzare a pieno le sue idee espressive al pianoforte. Il virtuosismo
    sconfinato, il senso del ritmo unico e l’uso poetico dei colori rendono Volodos
    narratore di storie intense dal linguaggio senza limiti!

    Nato a San Pietroburgo nel 1972, Arcadi Volodos ha cominciato i suoi studi
    musicali con lezioni di canto e di direzione orchestrale. A partire dal 1987 ha
    intrapreso lo studio serio e strutturato del pianoforte al Conservatorio di San
    Pietroburgo, perfezionandosi in seguito con Galina Egiazarova al Conservatorio di
    Mosca e successivamente a Parigi e Madrid. Sin dal debutto a New York nel 1996,
    Volodos ha lavorato con le maggiori orchestre tra cui Berliner Philharmoniker,
    Israel Philharmonic, Philharmonia Orchestra di Londra, New York Philharmonic,
    Munich Philharmonic, Royal Concertgebouw, Staatskapelle Dresden, Orchestre
    de Paris, Leipzig Gewandhausorchester, Zurich Tonhalle Orchestra, Boston e
    Chicago Symphony. Numerose le collaborazioni con i più importanti direttori tra
    cui Myung-Whun Chung, Lorin Maazel, Valery Gergiev, James Levine, Zubin Mehta,
    Seiji Ozawa, Jukka-Pekka Saraste, Paavo Järvi, Christoph Eschenbach, Semyon
    Bychkov e Riccardo Chailly. I recital per pianoforte sono sempre stati al centro della
    vita artistica di Volodos. Il suo repertorio include i grandi classici della tradizione
    pianistica tra cui Schubert, Schumann, Brahms, Beethoven, Liszt, Rachmaninov,
    Scriabin, Prokofiev e Ravel, assieme a opere meno note di Mompou, Lecuona e
    de Falla. Volodos si esibisce regolarmente nelle più prestigiose sale da concerto
    europee. Nel 2023 suonerà alla Philharmonie di Parigi, al Concertgebouw di
    Amsterdam, alla Konzerthaus di Vienna, alla Sala Flagey di Bruxelles, all’Auditorio
    Nacional di Madrid, alla Gulbenkian Foundation di Lisbona, al Konzerthuset di
    Stoccolma, al Conservatorio Verdi di Milano, al Teatro Petruzzelli di Bari assieme
    alla partecipazione ai Festival de La Roque d’Antheron, Klavier Festival Ruhr e al
    Festival di Salisburgo. Nel 1999 il disco del suo debutto alla Carnegie Hall di New
    York (Sony Classical) è stato premiato con il Gramophone Award. Da quel momento
    Arcadi Volodos ha inciso numerosi altri album tutti accolti calorosamente dalla
    critica internazionale. Tra questi spiccano Volodos – Schubert, solo piano works,
    un’interpretazione rivelatoria del compositore austriaco, Rachmaninov Concerto n.
    3 con i Berliner Philharmoniker e James Levine e Tchaikovsky Concerto n. 1 con Seiji
    Ozawa e Volodos Plays Listz vincitore di numerosi premi discografici. Nel 2010 viene
    pubblicato il CD/DVD Volodos in Vienna e nel 2013 arriva un altro grande successo
    con l’album Volodos Plays Mompou, dedicato alla musica del compositore spagnolo
    Frederic Mompou, vincitore del Gramophone Award e dell’Echo Preis. Tra le più
    recenti registrazioni discografiche per SONY, Volodos Plays Brahms è considerato un
    punto di riferimento nel panorama musicale e premiato con tre tra i maggiori premi
    discografici: Edison Classical Award, Diapason d’Or e Gramophone Award. Il suo
    ultimo Cd è Volodos Plays Schubert, dedicato alla Sonata in la maggiore D959 ed ai
    Minuetti D334, D335 e D600. Il disco ha ricevuto l’Edison Classical Award 2020.

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© Marco Borggreve
NOTE AL PROGRAMMA
      Mompou e la “musica taciuta”

      Federico Mompou nasce a Barcellona il 16 aprile 1893, in una Catalogna in
      rapida trasformazione, in cui artisticamente si affermano figure come Picasso,
      Miró e Gaudì. Studia pianoforte a Barcellona presso il Conservatorio Liceu con
      il professor Pedro Serra e, l’anno successivo, folgorato dalla musica di Gabriel
      Fauré, decide di diventare compositore. Nel 1911 arriva a Parigi con una
      lettera di raccomandazione di Granados per entrare al Conservatorio, ma la
      sua timidezza lo fa fuggire prima del suo turno. Entra quindi in Conservatorio
      come uditore e frequenta le lezioni di Louis Diémer (pianoforte) e di Émile
      Pessard (composizione), che giudica troppo formali. Si presenta quindi a Isidor
      Philipp, che lo raccomanda a Ferdinand Motte-Lacroix, con il quale si instaura
      una reciproca amicizia. Nel 1913 il servizio militare lo costringe a tornare a
      Barcellona, dove rimane fino al 1920. È in questo periodo che compone le
      sue prime opere per pianoforte: Impresiones íntimas, Cants Màgics, Scènes
      d’Enfants, Pessebres, Suburbis, Fêtes lointaines, Charmes, Trois variations e L’Hora
      grisa, oltre alla prima Canción y Danza. In questi anni prende forma la sua
      estetica: Mompou si oppone al “cerebralismo” e cerca chiarezza, naturalezza,
      sincerità e una semplicità che potrebbe ricordare il primitivismo di un pittore
      come Puvis de Chavannes.
      Nel 1923 si trasferì a Parigi, dove rimane fino al 1941, vivendo in modo assai
      poco mondano. Fu tuttavia in contatto con personalità delle arti e delle lettere
      come Paul Valéry, di cui utilizzò i testi in alcune composizioni, Heitor Villa-
      Lobos, Francis Poulenc e Darius Milhaud.
      Nel 1941 torna definitivamente a Barcellona, dove la sua creatività viene
      risvegliata dall’incontro con la pianista catalana Carmen Bravo, che sposa nel
      1957. Nel 1978, un’emorragia cerebrale lo costringe a smettere di comporre.
      Nel 1980 gli viene conferita la Medaglia d’Oro al Merito delle Belle Arti.
      Muore il 30 giugno 1987 all’età di 94 anni.
      Le Scènes d’enfants (1918) sono emblematiche della poetica di Mompou:
      lontano da ogni accademismo, il compositore coglie l’immediatezza
      dell’infanzia a partire dal vociare dei bambini (Cris dans la rue), chiedendo
      addirittura all’interprete di cantare “un peu grossièrement” (un po’
      grossolanamente) quando emerge un canto popolare di strada. Più che al
      mondo delle Kinderszenen di Schumann, in cui l’infanzia è fortemente filtrata
      dal punto di vista struggente dell’adulto, siamo vicini a quello di Déodat de
      Sévérac (si pensi al ciclo En vacances): ma se in Sévérac un certo amore per
      l’ingenuità genera una diffusa luminosità, dietro l’apparente semplicità di
      Mompou si cela un metafisico dolore, un senso di solitudine estrema che già il
      bambino – ben prima di diventare adulto – sperimenta. Non è un caso che, fra
      grida, cantilene, guizzi improvvisi (Giochi sulla spiaggia, quasi un’anticipazione
      di quelli britteniani in Death in Venice), Mompou faccia irrompere motivi
      dalla vena pensosa, indicati “triste” et “très triste”. Rispetto a Schumann,
      che sembra immedesimarsi nel punto di vista dell’infanzia, vi è in Mompou,
      in fondo, una distanza irrimediabile da quel mondo pur tanto vividamente
      evocato: simbolica l’indicazione “gai lointain” (felice, lontano), che mostra una
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SALA VERDI
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sorta di poetica della lontananza, sia in termini spaziali che temporali.
Alcune sonorità e indicazioni evidenziano la coscienza della rivoluzione
attuata da Debussy e Ravel nel liberare il timbro da ogni accademismo:
Mompou va persino oltre, in termini di visionarietà e senso sinestetico, per
esempio quando – in Jeunes filles au jardin – chiede: «Chantez avec la fraicheur
de l’herbe humide» (“Cantate con la freschezza dell’erba umida”).
Agli anni fra il 1959 e il 1967 risalgono i quaderni di Musica Callada (talvolta
tradotto con musica “silenziosa”, ma più propriamente “taciuta” o addirittura
“zittita”). Mompou trasse ispirazione dal mistico spagnolo San Juan de
la Cruz (San Giovanni della Croce), che nel suo Cantico Spirituale parla
di “soledad sonora” (solitudine sonora) oltre che di “Musica callada”, per
dare un nome all’ineffabile divino (l’Amato). Rispetto alle Scènes d’enfants,
il compositore rende ancora più essenziale il discorso musicale, quasi a
incarnare quell’ossessione per l’interiorità che è uno fil rouge cruciale dell’arte
spagnola (pensiamo a Calderón de la Barca o a Miguel de Unamuno, ma ancor
più a certi dipinti di Velázquez o Zurbarán). Se nella Sehnsucht dei romantici
l’espressione di un mondo che è “al di là” delle note non impediva la pienezza
sonora e persino l’ipertrofia, Mompou scrive invece il minor numero di note
possibili proprio per sottolineare che il suono è quel che resta del silenzio: e
che solo il silenzio lascia percepire un mondo sonoro che si può intuire ma
non esprimere concretamente.

Skrjabin, rivoluzionario o decadente?

Skrjabin fu un rivoluzionario o un decadente? I sovietici cercarono di
promuovere l’immagine del compositore come profeta della Rivoluzione, ma
questa mal si conciliava con il ritratto di uno Skrjabin decadente, esoterico,
teosofico, e persino un po’ esaurito e folle. «Miniaturista messianico» lo
definì Martin Cooper, «taumaturgo malato e nevrastenico» secondo Leonid
Sabaneev. I più ferventi stalinisti lo considerarono un formalista degenerato,
e perfino Šostakovič parlò di lui come di un «fenomeno malsano e negativo»,
pur lodando la sua fede nel potere di trasformazione dell’arte e nella sua
capacità di arricchire l’anima dell’uomo. Cosa dava fastidio di Skrjabin, la sua
musica o la sua personalità? Probabilmente soprattutto la seconda. Fra gli
elementi disturbanti per il regime, vi era certamente il cicaleccio sulla sua
bisessualità. Robert Craft, sul New York Times, scrisse che «Skrjabin si rivela
emozionalmente ermafrodita» e Henry-Louis de la Grange arriva addirittura a
parlare di un «complesso di impotenza invertita».
Perché i sovietici cercarono comunque di non cancellare totalmente la figura
di Skrjabin e di trasformarlo in “simbolo del progresso”? Innanzitutto perché
la sua figura di musicista era ritenuta di prima grandezza. Mjaskovskij lo
collocava sullo stesso piano qualitativo di Musorgskij e Čajkovskij; Svjatoslav
Richter considerava l’ascolto della Decima Sonata interpretata da Heinrich
Neuhaus come la più importante esperienza musicale della sua vita; Prokof’ev
lo definì «un grande fiume». Il regime si ingegnò dunque su come far percepire
Skrjabin come un “artista del popolo”. La Sovetskaya Kultura, organo ufficiale
                                                                                       9
SALA VERDI
     GEN-GIU 2022

          del Ministero della Cultura, intitolò così un articolo monografico su di
          lui: «Sono venuto a dire al popolo che esso è potente e forte». Niente
          effeminatezza e decadenza, nessun’ombra, dunque, ma forza, orgoglio,
          patriottismo, trionfo della luce sull’oscurità.
          Se è vero che vi è nella musica e nel pensiero di Skrjabin una dimensione
          utopica, l’immagine data dai sovietici era decisamente parziale. Forse nessun
          altro compositore è sensuale e perfino erotico come Skrjabin (che nelle sue
          partiture inserisce spesso espressioni attinenti alla sfera dell’eros esplicito,
          come “con voglia”): eppure il realismo socialista non parlò mai di questa
          dimensione, su cui gravava un anatema. E così, rimase solo l’aspetto sano e
          progressista.
          Quando iniziò una sorta di rivalutazione veritiera della musica e della figura
          di Skrjabin? Certamente quando le monolitiche ideologie novecentesche
          iniziarono a sgretolarsi, aprendo la via a una lettura più sfaccettata di questa
          affascinante e complessa personalità. Dagli anni sessanta e settanta, i
          giovani iniziarono a non percepire il conflitto fra misticismo, sensualità e
          rivoluzione. La generazione post-sessantottina, con i suoi paradisi artificiali,
          iniziò a rileggere Skrjabin come colui che aveva aperto le porte di un’estasi
          trasversale a ogni etichetta. Marina Skrjabina, figlia del compositore, disse che
          la musica del padre incarnava «un tentativo di sfuggire alla mediocrità della
          vita quotidiana, una tormentata ricerca di vita spirituale assente dal mondo di
          oggi»; e, pur parlando di un’arte che vuole trasformare e sublimare, riprendeva
          le considerazioni sull’erotismo fatte da Schloezer affermando che «nella
          visione della fine dell’universo, Skrjabin immaginava una specie di grandioso
          atto sessuale».
          Oggi possiamo finalmente considerare Skrjabin senza smembrare la parte
          corporea da quella spirituale. «IO SONO IL MAGO DI UNA POTENTE
          ARMONIA CELESTE» scriveva il compositore a caratteri cubitali, «che
          profonde sogni amorevoli all’umanità». Con la «POTENZA DELL’AMORE»
          Skrjabin voleva creare quella “primavera della vita” a cui forse ogni essere
          umano aspira.

          Luca Ciammarughi
          Pianista, scrittore, conduttore radiofonico

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I bis del concerto del 1 febbraio:                I bis del concerto del 15 febbraio:

Concerto pomeridiano: Chiara Sannicandro          Seong-Jin Cho ha eseguito G.F.Händel,
(violino), Giuseppe Russo Rossi (viola),          Minuetto in sol min. HWV 434
Ludovica Rana (violoncello), Massimo Spada        (arrangiamento di W.Kempff)
(pianoforte) hanno eseguito J.Brahms, dal
Quartetto n.1 in sol min. op.25: Rondò alla
Zingarese
Concerto serale: Davide Cabassi ha eseguito
E. Delucchi, Lullaby for Chiara; R.Schumann, da
Carnaval op.9, Chiarina, Chopin                                                           13
I PROSSIMI CONCERTI
0RE 20:30                                              0RE 17:00 - SERIE ZAFFIRO POMERIDIANA
AUDITORIUM LATTUADA                                    SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

                                                                     SUDWESTDEUTSCHE
LUN           ANTONIO ALESSANDRI
              pianoforte                               MER           PHILHARMONIE
27                                                     01            GABRIEL VENZAGO
                                                                     direttore

FEB                                                    MAR           ANTONIO CHEN GUANG
                                                                     pianoforte
La meglio gioventù                                     “Concerto Imperatore”
F.Chopin, T.Adès, S.Rachmaninov                        L. van Beethoven

0RE 20:45 - SERIE RUBINO                               0RE 20:30
SALA VERDI DEL CONSERVATORIO                           AUDITORIUM LATTUADA
              SUDWESTDEUTSCHE
MER           PHILHARMONIE                             LUN           CINZIA MILANI
                                                                     chitarra
01            GABRIEL VENZAGO
              direttore                                06
MAR           ANTONIO CHEN GUANG
              pianoforte                               MAR
“Concerto Imperatore”                                  Maestri!
M. Del Soldà, J.Haydn, L. van Beethoven                J.W. Duarte, A.Ramirez, A.Logoya, C.Milani….e altri…

0RE 20:30                                              0RE 20:45 - SERIE SMERALDO
AUDITORIUM LATTUADA                                    SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

LUN           MATIAS ANTONIO GLAVINIC
              pianoforte                               MER           PAUL LEWIS
                                                                     pianoforte

13            MASSIMO URBAN
              pianoforte
                                                       15
MAR                                                    MAR
Serie Winners : Pianotalents                           “Dedicato a Schubert – parte 1°”
F.Chopin, F.Liszt, C.Debussy, A.Ginastera              F.Schubert

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