Addio a Renato Bialetti: il design italiano in un gesto - Amazon S3

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Addio a Renato Bialetti: il design italiano in un gesto - Amazon S3
Addio a Renato Bialetti: il
design italiano in un gesto
La bevanda ricavata dalla pianta del caffè ha una storia con
origini antiche, e anche molto lontane dall’Italia. Tuttavia
nell’iconografia contemporanea post-bellica essa è
praticamente inscindibile da un tòpos tutto italiano, che
dell’Italia non solo ha rappresentato l’ingegno e il design,
ma anche un vero e proprio stile di vita, una distinzione
culturale trasversale: la Moka Express Bialetti, per tutti
la moka.

Distinguibilissima da tutte le imitazioni, naturalmente
inarrivabili, porta su di sé un piccolo segno di
riconoscimento, qualcosa di più di un logo. È
l’identificazione di un mo(n)do, appunto italiano, e ritrae un
“omino coi baffi”, che altri non era che il figlio
dell’inventore della moka, Renato Bialetti. Era, perché l’11
febbraio scorso Renato Bialetti ha salutato il mondo terreno
all’età di 93 anni.
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Renato Bialetti, illustrato da Paul Campani. Questa illustrazione, soprannominata
l’”omino coi baffi”, divenne il logo della Bialetti, e simbolo di tutta l’inventività
del suo eponimo

“Fu Renato a dare il nome di Moka alla caffettiera inventata
da nostro padre”, narra la sorella minore Tina (l’altra
sorella, Germana, moglie di Carlo Alessi, è la madre di
Alberto). “È una varietà di caffè che si coltiva nello Yemen.
Si diceva che mangiando poche bacche della pianta si
acquistasse vigore. Mio fratello rimase così affascinato da
questo racconto che non ebbe dubbi nel battezzare la macchina
del caffè con quel nome.”

Germana Bialetti e Carlo Alessi

Ma l’apporto di Renato Bialetti alla popolarità del marchio,
nonché del prodotto, non si è limitato a inventarne i nomi,
era lui stesso la loro personificazione. Il caricaturista Paul
Campani lo ritrasse buffo e panciuto, con i mustacchi che
tanto caratterizzavano il suo animo ribelle, per farlo
diventare il logo della fabbrica di famiglia. Sin da ragazzo
scelse l’officina alla scuola, che per lui era una prigione
(fuggì dal collegio Rosmini di Domodossola saltando il muro di
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cinta), infrangendo i sogni di chi lo voleva notaio. Ma con un
padre, che alle lamentele della moglie Ada per problemi di
lavoro rispondeva cantandole l’aria Vissi d’arte della Tosca,
Renato non poteva trovare miglior terreno per dare espressione
alla sua insolita verve imprenditoriale.

Nonostante i due lunghissimi anni di prigionia nei campi
tedeschi (anni in cui in famiglia non si avevano sue notizie)
durante la seconda guerra, Renato al ritorno non perse un
briciolo del suo entusiasmo nei confronti del prodotto, e con
strategie di réclame al limite del folle (finse addirittura
un’amicizia con Onassis per convincere i francesi a comprare
la moka), cavalcò l’onda del boom economico a pieno regime.
Corso Sempione a Milano, disseminato di cartelloni pubblicitari Bialetti, cosa
impensabile per l’epoca
Lo stand Bialetti alla Fiera di Milano, con la gigantesca caffettiera che lasciava
tutti col naso all’insù

Fu sempre lui a pretendere che gli uffici, nella nuova
fabbrica (edificio che adesso non c’è più), fossero dotati di
tutti i comfort per i dipendenti, cercando così la risposta a
questa esigenza tra i migliori architetti e designer.
Operazione che non fu proprio indolore dal punto di vista
finanziario, tradotta in innumerevoli notti insonni e
discussioni col padre Alfonso per cercar di far quadrare i
conti, ma che il successo clamoroso del Carosello ripagò
appieno. I tentativi di imitazione furono tanti, e la stessa
Bialetti mise sul mercato una versione no-logo della moka, ad
un prezzo inferiore, ma l'”omino coi baffi”» rimase in cima
alle classifiche di vendita.

Renato Bialetti
Simpatico e burlone, con quell’aria à la Stalin, Renato
Bialetti ha davvero reso tangibile il made-in-Italy attraverso
un gesto (fare il caffè) nei confronti del quale ogni parte
del mondo (pur con tutte le differenze del caso) sarà
eternamente in debito.
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